17 gennaio2003 CHIRURGIA Si sente spesso parlare di ernia iatale: cos’è? Nel prossimo numero esamineremo diagnosi, prognosi e terapia Si sente spesso parlare di ernia iatale soprattutto in seguito alla sempre maggior diffusione della gastroscopia e del “digerente per os”, una indagine radiologica classica eseguita con l’ausilio di un mezzo di contrasto che viene fatto ingerire al paziente al momento opportuno. Spesso rappresenta un reperto collaterale non degno di nota e asintomatico, emerso nel corso di questi accertamenti, altre volte viene invece specificatamente ricercato proprio in base alla particolare sintomatologia riferita dal paziente. Il termine ernia iatale indica una dislocazione intratoracica di una porzione dello stomaco attraverso lo iato esofageo del diaframma. Il muscolo diaframma separa infatti la cavità addominale dalla gabbia toracica e necessariamente deve lasciarsi attraversare da alcune strutture come per esempio i grossi vasi o appunto l’esofago. Questi “fori” vengono definiti iati e i propri bordi sono costituiti da fibre muscolari e connettivali che con il tempo, in certi soggetti e in determinate condizioni, possono andare incontro ad un processo di sfiancamento così da far diventare lo iato più largo e beante. È da questo presupposto che origina l’ernia iatale. Si distinguono fondamentalmente tre tipi di ernia iatale: quella da “scivolamento” o assiale, quella paraesofagea o pagina precedente da rotazione e quella da brachiesofago. L’ernia da scivolamento è la più comune e rappresenta il 90-95% dei casi di ernia iatale; è caratterizzata dallo scivolamento del cardias nel torace pur conservando l’esofago una lunghezza normale. La sua presenza è spesso intermittente, in parte o del tutto riducibile e può essere evocata con i cambiamenti di postura o con l’aumento della pressione addominale. La frequenza nella popolazione non è ben definibile in quanto si tratta di una diagnosi radiologica e perciò la sua incidenza sarà tanto più elevata quanto più il radiologo la ricerca. Basta ricordare che con specifiche manovre come la variazione del decubito o la compressione addominale, si può riuscire a dimostrare una piccola ernia iatale da scivolamento nel 50-80% dei soggetti studiati. La frequenza globale di tale affezione nel mondo occidentale si attesta comunque intorno al 5-10% della popolazione. L’età maggiormente colpita è la medio alta con massima incidenza a partire dalla 5a decade di vita e incide maggiormente nelle donne. Nel caso invece dell’ernia paraesofagea si assiste alla formazione di una sacca gastrica toracica che si insinua nello iato lateralmente all’esofago. La porzione gastrica erniata è solitamente rappresentata dal fondo dello stomaco (cioè la zona più alta). La differenza di pressione tra addome e torace fa sì che con il tempo questa ernia si ingrandisca sempre di più determinando un allargamento dello iato, condizionando anche la risalita della giunzione esofago-gastrica e dando vita ad una ernia mista. Addirittura nei casi più avanzati nell’ampio sacco erniario possono finire altri organi come il colon, il piccolo intestino e la milza. La frequenza di questa varietà è comunque bassa (5-10%) anche se può essere responsabile di importanti manifestazioni sintomatologiche e di complicanze. Infine, estremamente rara, ma per completezza da menzionare, va ricordata l’ernia da brachiesofago legata ad una co nge n ita b r e v ità dell’esofago per cui parte dello stomaco è sin dalla nascita stirata all’interno del torace. In linea di massima l’ernia itale è sicuramente favorita da aumenti della pressione endoaddominale; potrebbe quindi essere influenzata ad esempio da gravidanze multiple, dall’obesità, dai busti, dalla cifoscoliosi. Per certi versi è stato tirato in causa anche il consumo di una dieta raffinata e poco ricca di scorie con formazione di feci dure che condizionerebbero un aumento della pressione endoaddominale durante l’evacuazione. È comunque vero che la grande maggioranza dei pazienti con ernia iatale sono asintomatici. Certi soggetti lamentano pirosi dopo un eccesso alimentare o una sensazione di ingombro epigastrico postprandiale o di “intrappolamento d’aria” o di temporaneo impattamento di bolo alimentare a livello dell’esofago distale. Da non trascurare la possibilità di sindromi dolorose toraciche anginoidi e di disturbi del ritmo cardiaco causati da stimoli vagali con spasmi coronarici riflessi a stiramenti diaframmatici, a compressione diretta da parte di grosse ernie che subiscono una improvvisa distensione. Ben diverso è il discorso quando invece all’ernia iatale si associa la presenza di una esofagite per reflusso gastroesofageo patologico. Si tratta di una evenienza non trascurabile se si pensa che il 32% dei soggetti con esofagite presenta un’ernia iatale e che il 20% circa dei pazienti con ernia iatale sviluppa una esofagite. In questo caso compariranno il bruciore retrosternale, un eventuale rigurgito, la scialorrea, la disfagia e raramente, l’odinofagia (dolore alla deglutizione). Nelle ernie paraesofagee è invece raro il reflusso gastroesofageo in quanto la giunzione gastroesofagea non subisce variazioni, mentre invece sono più temibili i problemi di ordine meccanico come la disfagia da compressione esofagea. Altre complicanze degne di nota sono le emorragie che solo raramente possono essere così gravi da dare ematemesi o melena. Sicuramente più probabili e meno pericolosi gli stillicidi con conseguente anemia sideropenica microcitica da aree di ulcerazione gastrica o di semplice con- gestione flogistica della mucosa. Nelle ernie di grosse dimensioni si può verificare il volvolo, che si produce per rotazione dello stomaco lungo l’asse longitudinale: è una situazione che può comportare gravi a lte r a z ion i vas colari e l’ostruzione completa di una porzione gastrica con drammatica sintomatologia dolorosa toracica da sovradistension e c he può s f ociare nell’infarto del viscere con perforazione, mediastinite e peritonite. Nel prossimo incontro completeremo l’argomento esaminando la diagnosi, la prognosi e la terapia dell’ernia iatale e completeremo così il capitolo “ernie” che ci ha visto affrontare le sue più comuni forme, dall’ernia inguinale, a quella ombelicale fino a forme più particolari ma altrettanto diffuse come appunto l’ernia iatale. Vi ricordo infine che il problema di uno può essere quello di molti e in questo senso invito i lettori a suggerire gli argomenti che desiderano trattare in modo da creare un filo diretto che possa essere il più proficuo possibile. dott. Marco Marranci medico chirurgo specialista in chirurgia dellapparato digerente ed endoscopia chirurgica digestiva e-mail: [email protected] informazioni presso la redazione: tel. 055340811 e-mail: [email protected] pagina successiva