Ernia iatale: inquadramento clinico, diagnosi e trattamento

Ernia iatale: inquadramento clinico, diagnosi e trattamento
Paolo Buracco, DVM, Dipl. ECVS
Roberta Caccamo, DVM, PhD
Dipartimento di Patologia Animale, Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino
Via Leonardo da Vinci 44, 10095 Grugliasco (TO)
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L’ernia iatale è un patologia poco comune nei cani e nei gatti e consiste nella protrusione di parte di
contenuto addominale nel mediastino caudale attraverso lo iato esofageo del diaframma. Le forme
congenite sono le più frequenti e conseguono ad un’anomalia dello iato esofageo unitamente ad una
lassità del legamento frenicoesofageo; le forme acquisite possono essere secondarie a traumi, ad
ostruzione delle alte vie respiratorie, e associarsi a vomito o a tetano. La classificazione in quattro
tipi di ernia iatale descritta in medicina umana è stata applicata anche ai piccoli animali. Il tipo più
frequente è l’ernia iatale da scivolamento o assiale (tipo I) in cui si ha dislocazione della porzione
addominale dell’esofago, della giunzione gastroesofagea e di parte dello stomaco in cavità toracica.
Nell’ernia iatale paraesofagea o da rotolamento (tipo II) la giunzione gastroesofagea rimane in
posizione normale mentre parte dello stomaco (generalmente il fondo) ernia nel mediastino caudale,
parallelamente all’esofago. Il tipo III è una combinazione delle due precedenti forme, mentre il tipo
IV è una forma complicata dalla concomitante erniazione di altri organi (milza, fegato, intestino).
L’ernia iatale ha eziologia e patofisiologia complesse e multifattoriali, non ancora completamente
chiarite: spostamento dello sfintere esofageo inferiore (LES) con perdita di competenza e
conseguente reflusso gastroesofageo, variazioni dell’angolo di inserzione dell’esofago nello
stomaco, anomalia anatomica dello iato esofageo del diaframma, lassità del legamento
frenicoesofageo, problemi di motilità esofagea, fattori predisponenti di origine respiratoria,
neurologica e neuromuscolare, probabile ereditarietà. La presenza di ipomotilità esofagea e
megaesofago può essere primaria o secondaria. Negli Sharpei sembra esserci una condizione
ereditaria; sono frequentemente colpiti i Bulldog Inglesi e i gatti comuni europei.
La maggior parte dei soggetti presenta segni clinici allo svezzamento o prima dell’anno di età, ma
esistono manifestazioni tardive; nelle forme acquisite la presentazione può avvenire ad ogni età.
Alcuni soggetti possono essere asintomatici, mentre le ernie intermittenti possono causare segni
clinici intermittenti. I segni clinici sono principalmente attribuibili all’esofagite da reflusso (tipo I),
ma anche all’aspirazione polmonare o all’interferenza nella funzionalità cardiorespiratoria causata
da ernie di grandi dimensioni o dal tipo II. I pazienti possono presentare rigurgito, vomito,
ipersalivazione, disfagia, problemi respiratori, intolleranza all’esercizio, accrescimento stentato,
ematemesi, anoressia, perdita di peso, cachessia o segni di polmonite ab ingestis.
La diagnosi può essere emessa sulla base di radiografie dirette che evidenziano nel mediastino
caudodorsale la presenza di una massa di tessuto molle con all’interno gas; solitamente è utile un
esofagogramma per confermarne la presenza. Il possibile andamento intermittente dell’ernia può
rendere la diagnosi difficoltosa e necessari molteplici studi radiografici. L’esame radiografico
permette anche di rilevare eventuali megaesofago, polmonite ab ingestis o stenosi esofagee
cicatriziali. La fluoroscopia con contrasto è utile per evidenziare un’ernia iatale intermittente e
reflusso gastroesofageo e per verificare la motilità esofagea. L’endoscopia fornisce indicazioni sullo
stato della mucosa esofagea (infiammazione, erosioni, stenosi…) e sul reflusso esofageo; può anche
confermare la presenza dell’ernia ed aiutare ad escludere altre cause di rigurgito.
Esistono controversie su quando impiegare il trattamento medico o chirurgico. Le ernie
paraesofagee rappresentano sicuramente una patologia chirurgica insieme a quelle da scivolamento
di grandi dimensioni. È stato suggerito che le ernie da scivolamento (nei casi stabili) vengano
trattate con terapia medica per un mese, limitando l’intervento chirurgico nei soggetti che non
rispondono entro tale periodo. Negli Sharpei è raccomandato un intervento chirurgico precoce. Le
ernie asintomatiche possono non essere trattate. La decisione di eseguire chirurgia dovrebbe essere
valutata per ogni singolo caso. Il non trattare animali sintomatici potrebbe esitare in esofagite da
reflusso persistente, stenosi esofagee, polmonite ab ingestis o strozzamento dei visceri incarcerati.
La terapia medica è volta al trattamento dell’esofagite da reflusso (e del megaesofago associato).
Per aumentare il tono del LES, favorire lo svuotamento gastrico, diminuire le secrezioni gastriche e
proteggere la mucosa esofagea vengono utilizzati farmaci procinetici (metoclopramide, cisapride),
antiacidi (antagonisti dei recettori H2-cimetidina, ranitidina- o inibitori della pompa protonicaomeprazolo-), ed agenti citoprotettori (sucralfato, alluminio fosfato). L’alimentazione è preferibile
avvenga su piano rialzato (3-4 pasti con cibo a basso contenuto di grassi).
Nell’ernia paraeosofagea la chirurgia è volta alla riduzione dell’ernia e alla chiusura dello iato,
mentre nelle ernie da scivolamento l’obiettivo è restaurare una normale funzionalità del LES. Le
tecniche chirurgiche volte a tali finalità comprendono: riduzione dell’ernia mediante
riposizionamento dell’ultima parte dell’esofago in addome (non più soggetto in tal modo alla
pressione negativa intratoracica), chiusura parziale dello iato esofageo (plicazione dello iato,
frenoplastica); sutura dell’esofago ai bordi dello iato (esofagopessi – attenzione ai nervi vaghi di
entrambi i lati, rami dorsale e ventrale), e gastropessi del fondo dello stomaco alla parete
addominale sinistra. Soprattutto quest’ultima rappresenta un passo fondamentale in quanto aiuta ad
aumentare la pressione del LES e può essere eseguita con sondino gastrostomico per permettere
l’alimentazione nei casi con grave esofagite. La disfagia prolungata nel post-operatorio può indicare
una chiusura eccessiva dello iato. Le procedure antireflusso (fondoplicazione secondo Nissen e
tecnica modificata) utilizzate in umana sono esitati in risultati insoddisfacenti negli animali a causa
delle gravi complicanze (dilatazione e/o necrosi gastrica, ri-erniazione, morte improvvisa). Alcuni
ne ipotizzano l’impiego quando i segni clinici non si risolvono con le altre tecniche chirurgiche.
La prognosi è generalmente favorevole, sia nei casi rispondenti alla terapia medica sia in quelli
sottoposti a chirurgia. È importante a tal fine anche la monitorizzazione della potenziale polmonite
ab ingestis.
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