Scheda di lettura - Diocesi di Verona

Scheda di lettura
PALA D'ALTARE CON ADORAZIONE DEI MAGI
di Alessandro Turchi detto l'Orbetto
Olio su tela, cm 219x117
Verona, Museo di Castelvecchio
(inv. 5794-1B1402)
La provenienza della pala è sconosciuta. Dopo il restauro, eseguito da Sergio Marinelli, viene
attribuita ad Alessandro Turchi, detto l'Orbetto.
Alessandro Turchi nasce a Verona nel 1578. Figlio primogenito di Silvestro, spadaio, e di sua moglie Elisabetta fu un maestro che ottenne, al suo tempo, significativi riconoscimenti da committenti
internazionali ecclesiastici e privati. Fu il solo artista del Seicento veronese rimasto famoso dentro e
fuori Verona anche nel secolo successivo.
Turchi cresce artisticamente nella bottega di Felice Brusasorzi dove realizza soprattutto cicli di ritratti, contemporanei e storici, che le grandi famiglie nobili commissionavano ed esibivano per
ostentare la loro importanza sociale.
Intorno al 1613/1614 si trasferisce a Roma dove la sua fama cresce. Qui egli continua a realizzare
opere per il mondo ecclesiastico di Verona. Proprio ai primi anni del soggiorno romano (1620 ca.)
viene fatta coincidere la realizzazione della bella pala che rappresenta l'Adorazione dei Magi.
In questa opera risaltano le caratteristiche peculiari dell'arte del Turchi:
 la maestosità dei personaggi
 l'ottimo disegno
 la vivacità del colore
 la genialità della composizione.
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Analisi Iconografica e interpretazione Iconologica
Alessandro Turchi segue la narrazione del Vangelo di Matteo:
«Ed ecco la stella, che [i Magi] avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò
sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il Bambino con
Maria sua Madre e, prostratisi, lo adorarono.
Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,9-11).
All'interno di un tempio diroccato, sopra un gradino, l'autore pone Maria che sorregge il Bambino,
formando un trono con il suo corpo. Alle spalle di Maria il pittore ha posto S. Giuseppe. Questo
gruppo occupa la parte sinistra della composizione.
A destra sono disposti, in semicerchio attorno al Bambino, i Magi in adorazione.
Dietro ai Magi si vedono i servitori, che sorreggono gli scrigni con i doni, ed un cavallo bianco che
spicca tra le figure umane e che è cavalcato da un uomo con un copricapo che ricorda
l'abbigliamento turco.
Quasi a formare una scena a sé stante, in alto, si vedono due uomini che, contrariamente a tutti gli
altri, guardano in una direzione diversa. Con i loro gesti, però, rimandano alla scena principale.
La lettura dell'opera parte proprio da questi personaggi con lo sguardo rivolto alla stella che ha
guidato i Magi in quel luogo e che è segno premonitore della venuta di un Re per Israele come è
scritto nel Libro dei numeri: «... una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele...»
(Nm 24,17).
La cornice del tempio diroccato simboleggia la fine del tempo degli idoli e degli dei, perché è nato
Gesù, Figlio di Dio, che porterà la Salvezza e ristabilirà una Nuova Alleanza con Israele.
Il personaggio in piedi, vestito in modo semplice, potrebbe rappresentare i pastori i cui volti, come
si legge nel Protovangelo di Giacomo «erano rivolti a guardare in alto»1. Il gesto della sua mano
esprime testimonianza e stupore-assenso per l'evento divino.
Sotto di lui il personaggio sdraiato e seminudo rappresenta un chiaro rimando alla figura del profeta
dell'Antico Testamento. In particolare egli può essere identificato con Michea che aveva
preannunciato la venuta del Messia con queste parole: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per
essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele»
(Michea 5,1).
1 Protovangelo di Giacomo, n. 18,2, in Apocrifi del Nuovo Testamento I, o.c.
2
Egli indica con il dito l'avverarsi della profezia e sposta l'attenzione di chi guarda sulla scena
sottostante: la SACRA FAMIGLIA.
MARIA indossa un mantello blu, simbolo della contemplazione, e una veste di colore rosso chiaro.
Essa porge il bambino all'adorazione dei Magi ed è chiaramente presentata come figura della
Chiesa che porge il Cristo all'adorazione dei popoli.
In piedi, dietro a Maria, c'è S. GIUSEPPE. Egli è rappresentato con il volto di un anziano, infatti
nello Pseudo Matteo Giuseppe è definito «vecchio»2; è curvo, ha la testa rivolta al Bambino e il suo
sguardo è pensieroso.
GESU’ emana una luce intensa che rischiara e illumina i personaggi che lo circondano: “veniva nel
mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” [Gv 1,9].
“ Cristo è luce, e la luce non può oscurare, ma solo illuminare, rischiarare, rivelare […] Dio si è
rivelato nella storia come luce del mondo, per guidare e introdurre finalmente l’umanità nella terra
promessa, dove regnano libertà, giustizia e pace. E vediamo sempre più che non possiamo da soli
promuovere la giustizia e la pace, se non ci si manifesta la luce di un Dio che ci mostra il suo volto,
che ci appare nella mangiatoia di Betlemme, che ci appare sulla Croce” .
Il BAMBINO guarda il MAGIO più anziano che con le mani sembra sfiorargli i piedini e che si è
tolto la corona ponendola ai suoi piedi in segno di umiltà e rispetto.
I tre MAGI hanno chiaramente età diverse e appartengono a popoli diversi. Fin dal III sec. la
tradizione ha stabilito che il numero tre dei Magi va rapportato alle tre età della vita: infanziagiovinezza, età adulta e vecchiaia. Inoltre l'appartenere a razze diverse, i continenti anticamente
conosciuti erano Europa, Asia e Africa, simboleggia l'intera umanità, di tutti i tempi e di tutti i
luoghi, che riconosce e adora Cristo.
2 Cf Pseudo Matteo, n. 8,3, in Apocrifi del Nuovo Testamento I, o.c.
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I popoli simboleggiati dai Magi offrono a Cristo oro, incenso e mirra che rappresentano la sua
natura regale, sacerdotale e pasquale.
L'uomo a cavallo potrebbe essere un QUARTO RE venuto ad adorare il bambino. In questo caso
verrebbe accentuata ulteriormente la dimensione universale della chiamata alla fede che
costantemente Cristo ci rivolge.
L’AUTORE ha voluto rappresentarsi, nel personaggio semicoperto dagli altri e mostra solo una
parte del viso, quasi ad alludere al suo soprannome Orbetto, datogli, perché in giovane età
accompagnava il padre cieco. In questo modo si rende partecipe dell’evento e può essere un invito
anche all’osservatore a partecipare attivamente al cammino dei Magi.
Uno spunto alla riflessione su questa pala di Alessandro Turchi ci viene dall'omelia di Sua Santità
Benedetto XVI nella solennità dell'Epifania (6 gennaio 2007):
«Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore» (cfr Mt 2,2). Quello
che ogni volta ci stupisce, ascoltando queste parole dei Magi, è che essi si prostrarono in
adorazione di fronte a un semplice bambino in braccio a sua madre, non nella cornice di un
palazzo regale, bensì nella povertà di una capanna a Betlemme. Come è stato possibile? Che cosa
ha convinto i Magi che quel bambino era “il re dei Giudei” e il re dei popoli? Li ha certamente
persuasi il segno della stella, che essi avevano visto “nel suo sorgere” e che si era fermata proprio
sopra il luogo dove si trovava il Bambino. Ma anche la stella non sarebbe bastata, se i Magi non
fossero stati persone intimamente aperte alla verità. A differenza del re Erode, preso dai suoi
interessi di potere e di ricchezza, i Magi erano protesi verso la meta della loro ricerca, e quando la
trovarono, benché fossero uomini colti, si comportarono come i pastori di Betlemme: riconobbero
il segno e adorarono il Bambino, offrendogli i doni preziosi e simbolici che avevano portato con
sé.3
3 Omelia di Sua Santità Benedetto XVI nella solennità dell'Epifania del Signore, 6 gennaio 2007
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