Cultura e spettacoli
LIBERTÀ lunedì
Lunedì 13 dicembre 2010
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Quelle note trascinanti
d’amore e d’allegria
Fiorenzuola: grande successo per “Al cavallino bianco”
con Teatro Musica Novecento e l’orchestra Cantieri d’Arte
▼ARTISTI DELL’ANNO
Toni e Peppe Servillo
premiati a Capri
ROMA - Toni Servillo e il fratel-
lo Peppe “artisti dell’anno” a
Capri, Hollywood: saranno
premiati il 27 e 28 dicembre
all’ International film festival
quali “Attore dell’anno” e “Artista cult”: lo annuncia il regista danese Bille August,
premio Oscar, e socio onorario dell’Istituto Capri nel
mondo. Toni Servillo riceverà il 28 dicembre il riconoscimento che, ricordano gli
organizzatori, «in passato ha
aperto la strada all’Oscar a
Geoffrey Rush (Shine) e Forest Whitaker (L’ultimo re di
Scozia) e all’Emmy per Armand Assante (Gotti).
Vera e propria icona dell’arte italiana nel mondo,
con le opere di Sorrentino e
Garrone, Servillo è reduce da
una stagione strepitosa con
ben tre film: Gorbaciof di
Stefano Incerti, Una vita
tranquilla di Claudio Cupellino (miglior attore al Festival del film di Roma) e Noi
credevamo di Mario Martone».
Attualmente sta girando Il
gioiellino, sul crac Parmalat
in cui veste i panni del braccio destro di Calisto Tanzi,
con la regia di Andrea Molaioli ed è nel cast di Un balcon sur le mer di Nicole Garcia in uscita in Francia il 15
dicembre.
Peppe Servillo, “una vita
per lo spettacolo di qualità
tra il cinema, il teatro e la
musica con gli Avion Travel”
si legge nella motivazione, è
tra i protagonisi del film di
John Turturro, Passione e di
Into paradiso di Paola Randi,
rivelazione a Venezia 2010 Controcampo (in uscita a
febbraio 2011).
A lui il premio già attribuito a Harvey Keitel, Val Kilmer
e Goran Bregovic. «Siamo
particolarmente orgogliosi
di poter accogliere Toni e
Peppe Servillo a Capri - dichiara Pascal Vicedomini,
produttore del Festival - perché sono due tra le maggiori
espressioni artistiche e di
moralità che il nostro Paese
può vantare nel mondo.
Quest’anno sempre più Capri, Hollywood sarà un momento di rilancio dell’immagine della Campania nel
mondo, un’occasione per riflettere sull’importanza della
cultura e quindi del cinema e
della musica in particolare,
per spingere tanti giovani del
Mezzogiorno verso attività
positive, ma segnerà anche
l’inizio delle celebrazioni artistiche del 150° dell’Unità
d’Italia. Siamo convinti che
in Italia non ci sia nessuno
meglio di Toni e Peppe Servillo che possa esprimere
tutto ciò».
Il festival presieduto da
Pupi Avati con Lina Wertmuller, Marina Cicogna e
Tony Renis, ospiterà il Simposio Più cultura = meno criminalità, a cui interverranno anche i registi Abel Ferrara, Jerzy Skolimowski, Antonio Capuano, Mimmo Calopresti, gli scrittori Valerio
Massimo Manfredi, Andrea
Purgatori e Marcello Veneziani, il sociologo Domenico
De Masi.
FIORENZUOLA - Per il quarto anno
consecutivo l’operetta trionfa a
Fiorenzuola. Il secondo appuntamento della stagione concertistica 2010-2011 allestita dall’amministrazione comunale
della città sull’Arda con la consulenza artistica del contrabbassista Fabio Torrembini che si è
svolto l’altra sera nel Teatro Verdi ha entusiasmato il foltissimo
pubblico che non ha voluto perdersi una tra le operette più rappresentate al mondo: Al cavallino bianco di Ralph Bénatzky. E
va anzitutto sottolineato che il
successo della serata è dovuto
senza ombra di dubbio alla bravura, alla verve comica e alla
professionalità dei protagonisti,
la Compagnia Teatro Musica Novecento e l’Orchestra Cantieri
d’Arte diretta da Stefano Giaroli,
presenti per il quarto anno consecutivo a Fiorenzuola, che hanno decretato il trionfo della serata. Un abbinamento di attori e
musicisti che ormai i fiorenzuolani hanno preso non solo in
simpatia ma che addirittura
sembrano adorare, tanto è stato
l’entusiasmo e la complicità manifestata dal pubblico di un Verdi quasi esaurito, sia alla fine dello spettacolo sia durante tutto il
tempo della rappresentazione. E
che anche chi scrive condivide
appieno.
Come è noto, l’operetta nasce
Due scene
dell’operetta
“Al cavallino
bianco”, sopra
l’orchestra e il
teatro Verdi
gremito
(foto Lunardini)
per divertire e far sognare, muovendo “ad arte” gli eterni elementi di passione dell’animo umano: l’amore, la felicità, il desiderio di lieto fine. Esattamente
come in una fiaba, nell’operetta
l’amore che dapprima non è corrisposto alla fine trionfa, le situazioni all’apparenza più intricate
e ai limiti dell’impossibile si risolvono felicemente, le liti e i
contrasti sono solo buffe finzioni perché tutti si riconciliano e
anche le coppie che sembrano
divise da liti, tradimenti e incomprensioni alla fine si sposa-
no e vivono felici per il resto della vita, perché forse, come recita
Renato Zero in una delle sue più
belle canzoni, gli innamorati
non si sono mai davvero lasciati.
E il tutto all’insegna di deliziosi
balletti, canzoni e arie da salotto,
caricature, battute e divertimento e un’ambientazione che nobilitata dalla presenza di duchi,
baroni, arciduchi e principesse.
Ingredienti-base certamente
essenziali, che però da soli non
basterebbero a tradursi in una
rappresentazione di successo se
non fossero abilmente “miscela-
ti” da una compagine teatrale e
musicale di prim’ordine, come
appunto sono gli attori e i musicisti che si sono esibiti a Fiorenzuola. E venendo ai valori aggiunti dei protagonisti dell’altra
sera possiamo citare l’irresistibile comicità di Alessandro Brachetti e di Silvia Felisetti (rispettivamente Sigismondo e Claretta), l’inossidabile presenza scenica di Giuliano Scaramella (nei
panni dell’industriale Zanetto
Pesamenole), la simpatia di
Francesco Mei (lo strampalato
professor Hinzelman, inventore
Guinga e Taufic, un matrimonio vincente
Applausi al Fillmore per le belle interpretazioni, in scaletta anche Jobim
CORTEMAGGIORE - «Geniao. Io a-
mo Taufic». E l’altro: «Guinga
oggi è il più grande compositore sul pianeta, la sua musica fa
bene al cuore». Hanno parlato
poco e suonato tanto, anche se
avrebbero potuto proseguire
per ore, ma con quella reciproca dichiarazione senza riserve
i due fuoriclasse brasiliani della chitarra hanno esplicitato il
segreto profondo del loro inedito e toccante concerto al Fillmore di Cortemaggiore: intesa
e stima profonde, rispetto e devozione abissali per lo strumento e per la musica, propensione al guizzo, al gioco e
alla trovata fantasiosa senza
tradire solennità e purezza di
sentimenti corroborate da una
tecnica superba che sgorga dal
cuore più che dalla testa. Se
Guinga incontra Roberto Taufic è un orgasmo a dodici corde.
È nata sotto una buona stella la nuova avventura (infrasettimanale a cadenza mensile,
ma l’appuntamento di gennaio
è ancora “top secret”) “Fillmore Jazz Club”, felice sodalizio
del ritrovo magiostrino di Davide Corsi con il “Piacenza Jazz
Club” di Gianni Azzali, Angelo
Bardini e soci. Matrimonio riuscito: una formula per palati fini, ma senza spocchia. Un Fillmore in abito da sera che torna teatro mostrando il suo lato
salottiero, caldo e accogliente,
coi posti a sedere sotto al palco
e i tavolini per cenare a lume di
candela ai piedi del bancone:
atmosfera incantata e curata
nei dettagli (che si ripeterà anche giovedì prossimo con il gospel degli americani Focus).
Tra Morricone, Gato Barbieri e composizioni originali, come il calypso gioioso e ticchettante di Carpe diem, il concerto introduttivo del pastoso Trio
guidato dal pianista cremonese Giovanni Guerretti, con En-
Due momenti
del bel
concerto al
Fillmore, che ha
segnato il
sodalizio tra il
locale ed il
Piacenza Jazz
Club, a fianco il
pubblico
(foto Lunardini)
zo Frassi al contrabbasso, Paolo Mozzoni alla batteria e Gianni Azzali ai sassofoni e al flauto come ospite d’eccezione, si
è rivelato un antipasto gustoso
e appropriato, di alto livello.
Poi, largo a Guinga e Taufic, alla loro sconfinata espressività.
Tra arpeggi e duetti, rarefatti
tappeti armonici articolati e
complessi eppur spiegati e
cantabili, tra elettrizzante percussività, impeti ritmici e sfumature impercettibili, è autentica poesia quella che trasuda
dal continuo abbracciarsi, rincorrersi e comporsi in infinite
combinazioni di quelle scintillante dodici corde, capaci di far
breccia nei meandri più intimi
e reconditi dell’essere umano.
Ogni singola nota delle composizioni di Guinga proposte
in concerto veicola l’umanità
semplice e straordinaria dei
due musicisti. Non c’è affettazione, solo incontenibile e viscerale sentimento. E quando
Guinga in punta di anima canta Vocé vocè, scritta a quattro
mani con Chico Buarque, e
Contenda dal disco “Casa de
Villa”, quella voce che dal di
dentro sgorga pura, vibrante,
sacrale e salmodiante, trafigge.
Commuove. Al calore devoto e
dolce del languido racconto
d’amore di Valsa pra Leila e alla mestizia sussurrata di Choro
pro Zé si alternano i ritmi latini focosi e i saliscendi vertiginosi all’unisono di Cheio de
Dedos, la serrata, ipnotica cavalcata di Còco do còco, la solare e turbinosa malia incantatrice di Jogo de compadre e l’abbraccio aggraziato e cullante di
Par constante, note che sanno
prima scintillare sommessamente come lucciole e poi
schizzare su e giù per il pentagramma come cellule jazz impazzite. Per l’acclamato bis, un
omaggio alla bossa più famosa
del mondo, quella Garota de Ipanema di Moraes e Jobim che
così genialmente ricostruita e
impreziosita da splendide variazioni è sembrata quasi irriconoscibile, a suggello di una
serata semplicemente speciale. Di quelle capaci di salvarci
dal vuoto fragore di tutti i giorni, destinate conficcarsi nella
memoria per la loro unicità.
Pietro Corvi
dell’agitatore di coda per cani
stanchi). E ancora le convincenti prove di Fulvio Massa (Leopoldo), di Graziella Barbacini (Gioseffa) di Silvia Spruzzala (Ottilia)
e di Claudio Corradi (l’avvocato
Bellati).
Molte come sempre le battute
e le attualizzazioni della vicenda: il lungo e complicato cognome austriaco dell’ostessa Gioseffa che viene storpiato in “Signora Loacker”, l’impacciata e buffa
Claretta che a causa di un difetto labiale non riesce a pronunciare le “esse” senza inondare di
saliva l’interlocutore e che viene
definita “Uragano Jennifer”. Da
urlo poi la comicità del duo Brachetti-Felisetti, che nel secondo
atto si scatena con una serie di
gag e battute irresistibili: «Il mio
volto è patrimonio dell’Unesco»
dichiara il narciso e giovane
dandy Sigismondo, che si specchia in continuazione e si dichiara «posseduto dalla propria
beltà». Esilarante il “tormentone” del “pollo alla cacciatora”,
piatto del giorno dell’Hotel: «Cosa si mangia oggi? - chiede nel
primo atto l’avvocato Bellati -.
Pollo alla cacciatora» risponde il
cameriere Leopoldo. «Ah, come
l’anno scorso» commenta Bellati. «Dell’anno scorso! » precisa il
maître provocando un fiume di
risate.
Belle e riuscite le coreografie ideate da Costanza Chiapponi,
tra le quali ricordiamo la danza
del temporale che chiude il primo atto e la festa tirolese nella
seconda parte della rappresentazione, ben realizzate dalla
compagnia di ballo “Accademia”.
Belli i costumi di Artemio Cabassi e discrete le performance vocali, con due voci con una marcia in più, quelle di Claudio Corradi e soprattutto quella di Silvia
Spruzzola. E degna di merito, come sempre, la prestazione della
piccola ma formidabile Orchestra Cantieri d’Arte abilmente diretta da Stefano Giaroli.
La serata, tra applausi e ovazioni, si è conclusa con un dolce
White Christmas suonato e cantato dagli interpreti che hanno
voluto salutare il pubblico del
Verdi. Con un appuntamento al
prossimo anno.
Mauro Bardelli