Angina instabile e infarto miocardico senza

1222
CAPITOLO
56 Angina instabile e infarto
miocardico senza
sopraslivellamento del tratto ST
Christopher P. Cannon e Eugene Braunwald
DEFINIZIONE, 1222
Reperti coronarografici, 1225
FISIOPATOLOGIA, 1222
Trombosi, 1222
Attivazione e aggregazione piastrinica, 1223
STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO, 1227
Sistemi di stratificazione del rischio, 1227
Valutazione del rischio mediante punteggi combinati, 1228
PRESENTAZIONE CLINICA, 1223
Esame clinico, 1223
Elettrocardiogramma, 1223
Marcatori di necrosi cardiaca, 1224
Esami di laboratorio, 1224
Esami non invasivi, 1224
Classificazione clinica, 1225
Diagnostica per immagini, 1225
TERAPIA MEDICA, 1229
Misure generali, 1229
Terapia antitrombotica, 1230
Anticoagulanti, 1235
STRATEGIE DI TRATTAMENTO E INTERVENTI, 1237
Indicazioni per le strategie di gestione invasive
vs conservative, 1238
Ogni anno, circa un milione di pazienti negli Stati Uniti viene ricoverato
per angina instabile o per infarto miocardico senza sopraslivellamento
del tratto ST (UA/NSTEMI), una condizione definita anche sindrome
coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-SCA).1,2
L’occlusione totale acuta di un’arteria coronaria solitamente provoca
lo STEMI (Cap. 54), mentre l’UA/NSTEMI molto più frequentemente deriva dall’ostruzione grave – ma non dall’occlusione totale – dell’arteria
coronaria colpevole (“culprit”).
L’incidenza dell’NSTE-SCA, sia in assoluto sia rispetto allo STEMI, è
in aumento, probabilmente a causa delle modificazioni demografiche
nella popolazione, tra cui il costante aumento del numero di persone
anziane e l’elevato tasso di diabete.3
© 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.
Definizione
L’angina pectoris stabile si manifesta tipicamente come un fastidio intenso e scarsamente localizzato al torace o al braccio (raramente descritto
come dolore), che si innesca in modo riproducibile con l’esercizio fisico
o gli stress emotivi e che si allevia entro 5-10 minuti con il riposo o con la
somministrazione di nitroglicerina sublinguale (Capp. 53 e 54). L’angina
instabile viene invece definita come angina pectoris (o un tipo equivalente di disturbo ischemico) con almeno una delle seguenti caratteristiche:
(1) si verifica a riposo (o dopo sforzi lievi) e di solito dura >20 minuti (se
non interrotta dalla somministrazione di nitrato o di un analgesico); (2) è
grave e viene generalmente descritta come dolore franco; (3) si verifica
secondo un pattern ingravescente (ossia dolore che risveglia il paziente
dal sonno o che è più grave, prolungato o frequente rispetto al passato).
Circa due terzi dei pazienti con angina instabile presentano evidenza di
necrosi del miocardio documentata da innalzamenti dei marcatori sierici
cardiaci, come le troponine T e I e l’isoenzima CK-MB della creatinchinasi
specifici per il miocardio, e pertanto riceve una diagnosi di NSTEMI.
Dato che le misurazioni della troponina stanno diventando sempre
più sensibili, una percentuale crescente di pazienti con NSTE-SCA
mostra un rilascio di troponina, quindi questi devono essere considerati casi di NSTEMI, con una reciproca riduzione della percentuale di
pazienti affetti da angina instabile.
Fisiopatologia
Cinque processi fisiopatologici possono contribuire allo sviluppo di
UA/NSTEMI (Fig. 56.1A):4
C0280.indd 1222
Altre terapie, 1238
Riepilogo: gestione acuta dell’UA/NSTEMI, 1239
Prevenzione secondaria a lungo termine
dopo UA/NSTEMI, 1239
ANGINA VARIANTE DI PRINZMETAL, 1241
Meccanismi, 1241
Reperti clinici e di laboratorio, 1241
Trattamento, 1242
Prognosi, 1243
BIBLIOGRAFIA, 1243
LINEE GUIDA, 1246
1. rottura o erosione della placca con trombo sovrapposto non
occlusiva (ciò provoca la stragrande maggioranza di casi di UA/
NSTEMI);
2. ostruzione dinamica causata da
a. spasmo di un’arteria coronaria epicardica, come nel caso
dell’angina variante di Prinzmetal;
b. costrizione delle piccole arterie coronarie muscolari intramurali, ossia i vasi coronarici di resistenza;5
c. vasocostrittori locali, come il trombossano A2, rilasciato dalle
piastrine;
d. disfunzione dell’endotelio coronarico;
e. stimoli adrenergici, tra cui il freddo e la cocaina;
3. grave restringimento del lume coronarico causato dalla progressiva aterosclerosi coronarica o per restenosi post intervento
percutaneo sulla coronaria;
4. infiammazione;
5. angina instabile secondaria, ossia grave ischemia miocardica
correlata all’aumento della domanda di ossigeno da parte del
miocardio o alla ridotta offerta di ossigeno (ad es. tachicardia,
febbre, ipotensione o anemia).
I singoli pazienti possono presentare molti di questi processi coesistenti quale causa di UA/NSTEMI. Diversi marcatori sierici si prestano
a essere efficacemente utilizzati per identificare questi processi fisiopatologici e, come spiegato più avanti, costituiscono il fondamento
della “strategia multimarker” per la valutazione e la stratificazione del
rischio (Fig. 56.1B).
Trombosi
Sei condizioni di osservazione supportano il ruolo centrale della trombosi dell’arteria coronaria nella patogenesi dell’UA/NSTEMI: (1) il
riscontro, all’autopsia, di trombi nelle arterie coronarie, solitamente
localizzati in corrispondenza del sito di rottura o di erosione di una
placca coronarica;6 (2) la dimostrazione nei campioni ottenuti mediante aterectomia coronarica da pazienti con UA/NSTEMI di un’elevata
incidenza di lesioni trombotiche rispetto ai pazienti con angina stabile;
(3) il frequente riscontro di un trombo all’angioscopia coronarica; (4)
la dimostrazione alla coronarografia (Fig. 56.2), all’ecografia intracoronarica, alla tomografia a coerenza ottica e all’angio-TC di ulcerazione
della placca o di irregolarità indicative di trombo o di rottura di placca;
6/29/12 1:31:55 PM
1223
Trombo
non occlusivo
su una placca
preesistente
Ostruzione
meccanica
progressiva
A
UA secondaria
(↑MVO2)
Infiammazione
Necrosi miocitaria
Troponina
Infiammazione
hsPCR
Stress
emodinamico
BNP, NT-proBNP
Aterosclerosi
accelerata
B
Hb A1c
Glicemia
Danno vascolare
ClCr
Microalbuminuria
FIGURA 56.1 A. Rappresentazione schematica delle cause di angina instabile
(UA). MVO2 = consumo miocardico di O2. (Da Braunwald E: Unstable angina: An
etiologic approach to management. Circulation 98:2219, 1998.) B. Strategia multimarcatore per la valutazione dell’eziologia e della prognosi dell’UA/NSTEMI. È
stato recentemente dimostrato che tali fattori sono anche marcatori indipendenti
di prognosi avversa. BNP = peptide natriuretico di tipo B; ClCr = clearance della
creatinina; Hb A1c = emoglobina A1c; hsPCR = proteina C reattiva ad alta sensibilità;
NT-proBNP = frammento N-terminale del proBNP; UA/NSTEMI = angina instabile
o infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST. (Modificata da Morrow
DA, Braunwald E: Future of biomarkers in acute coronary syndromes: Moving toward
a multimarker strategy. Circulation 108:250, 2003.)
(5) l’innalzamento di diversi marcatori sierici di attività piastrinica e
di formazione di fibrina; (6) il miglioramento della prognosi clinica in
seguito a terapia con antiaggreganti e antitrombotici.
Attivazione e aggregazione piastrinica
Le piastrine giocano un ruolo chiave nella trasformazione di una placca
aterosclerotica stabile in una lesione instabile (Fig. 56.3). Spesso, la
rottura o l’ulcerazione di una placca aterosclerotica espone la matrice subendoteliale (ad es. il collagene o il fattore tissutale) al sangue
circolante.
Il primo passo nella formazione del trombo è l’adesione piastrinica per mezzo del legame della glicoproteina (GP) Ib piastrinica al
fattore di von Willebrand e del legame della GP VI al collagene. La
successiva attivazione piastrinica determina (1) una modificazione
della forma delle piastrine (da una conformazione discoide liscia a
una aghiforme, che aumenta l’area di superficie sulla quale si verifica
la formazione di trombina); (2) la degranulazione dei granuli densi e
degli -granuli piastrinici, che rilasciano trombossano A2, serotonina e
altri agenti piastrinici proaggreganti e chemotattici; (3) un incremento
dell’espressione del recettore per la GP IIb/IIIa sulla superficie piastrinica seguito da una modificazione conformazionale del recettore che
ne migliora l’affinità per il fibrinogeno; (4) l’aggregazione piastrinica,
C0280.indd 1223
FIGURA 56.2 Trombosi dell’arteria coronaria in un paziente di 60 anni con
angina instabile. La coronarografia mostra un difetto di riempimento irregolare
mal definito nell’arteria discendente anteriore sinistra a livello del secondo ramo
diagonale (freccia). Il mezzo di contrasto circonda il trombo sferico, che si estende
nel ramo diagonale.
durante la quale il fibrinogeno si lega all’inibitore della GP IIb/IIIa
del fibrinogeno attivato dalle piastrine, inducendo lo sviluppo del
tappo piastrinico.
EMOSTASI SECONDARIA . Contemporaneamente alla formazione
del tappo piastrinico, si attiva il sistema della coagulazione plasmatica.
Il fattore tissutale innesca la maggior parte delle trombosi delle arterie
coronarie (Capp. 43 e 87). Alla fine, viene attivato il fattore X (a fattore
Xa), che conduce alla formazione di trombina (fattore IIa, il quale svolge un ruolo centrale nella trombosi arteriosa). Anche la trombina, che
converte il fibrinogeno a fibrina, rappresenta un potente stimolante
dell’aggregazione piastrinica; essa attiva il fattore XIII, che determina
la formazione di legami crociati di fibrina e la stabilizzazione del
coagulo. Le molecole di trombina vengono incorporate nei trombi
coronarici e possono costituire il substrato per la retrotrombosi.
Presentazione clinica
Tra i pazienti con SCA, a presentarsi più di frequente con angina instabile
sono le donne, che rappresentano dal 30 al 45% dei soggetti con tale condizione (mentre è di sesso femminile il 25-30% dei pazienti con NSTEMI e
soltanto il 20% dei pazienti con STEMI).7 Rispetto ai pazienti con STEMI,
i pazienti con UA/NSTEMI sono più anziani e presentano un tasso più
elevato di precedente infarto miocardico (IM), angina stabile, diabete,
pregressa rivascolarizzazione coronarica e vasculopatia extracardiaca
rispetto ai pazienti con STEMI.7 In effetti, circa l’80% dei pazienti con UA/
NSTEMI ha una storia di coronaropatia (CAD) prima dell’evento acuto.8
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
Ostruzione
dinamica
Esame clinico
L’esame clinico può essere normale o può suffragare la diagnosi di ischemia
cardiaca.Sono indizi di interessamento ischemico di una vasta porzione di
ventricolo sinistro la presenza di sudorazione,cute pallida,tachicardia sinusale,un terzo o un quarto tono cardiaco e rantoli basali all’esame obiettivo
polmonare. In alcuni pazienti, l’ischemia di un’ampia area di miocardio
induce la disfunzione del ventricolo sinistro e provoca ipotensione.
Elettrocardiogramma
Il sottoslivellamento del tratto ST (o il temporaneo sopraslivellamento) e
le modificazioni dell’onda T si verificano in una percentuale di pazienti
con UA/NSTEMI che può arrivare al 50% (Cap. 13).9 Uno slivellamento de
novo (o presunto tale) del tratto ST ≥0,1 mV rappresenta un’utile stima
di ischemia e di prognosi. Quando sono disponibili elettrocardiogrammi
6/29/12 1:31:55 PM
1224
1. Adesione piastrinica
Piastrina
CAPITOLO 56
GP Ib
2. Attivazione piastrinica
Rottura della placca
ASA/P2Y12 Clopidogrel
GP IIb/IIIa attivata
dalle piastrine
3. Aggregazione piastrinica
Inibitori della GP IIb/IIIa
FIGURA 56.3 Adesione (1), attivazione (2) e aggregazione piastrinica (3). Le piastrine danno inizio al processo
trombotico nel sito di rottura o di erosione della placca: il primo stadio è l’adesione piastrinica (1) attraverso l’interazione tra il recettore della GP Ib e il fattore di von Willebrand. Segue l’attivazione piastrinica (2), che comporta
una modificazione della forma delle piastrine, la degranulazione dei granuli e dei granuli densi e l’espressione
dei recettori della GP IIb/IIIa sulla superficie delle piastrine con attivazione del recettore, in modo che possa legare
il fibrinogeno. Lo stadio finale consiste nell’aggregazione piastrinica (3), durante la quale il fibrinogeno (in giallo)
si lega ai recettori per la GP IIb/IIIa attivati di due piastrine. L’acido acetilsalicilico (ASA) e il clopidogrel agiscono
riducendo l’attivazione delle piastrine (si veda il testo per una descrizione dettagliata), mentre gli inibitori della
GP IIb/IIIa inibiscono lo stadio finale dell’aggregazione piastrinica. GP = glicoproteina. (Si veda Fig. 87.3.)
anteriori all’evento acuto, l’ulteriore sottoslivellamento del tratto ST di soli
0,05 mV costituisce un reperto sensibile – benché poco specifico – di
UA/NSTEMI.9 Il transitorio sopraslivellamento del tratto ST (<20 minuti),
che si verifica in circa il 10% dei pazienti con UA/NSTEMI, prelude a un
elevato rischio di eventi cardiaci successivi. Le modificazioni dell’onda
T sono indicatori sensibili ma non specifici di ischemia acuta, a meno
che non siano marcate (>0,3 mV) (Fig. 56.4).
M O N I TO R AG G I O E L ET T RO C A R D I O G R A F I CO CO N T I NUO. Nell’UA/NSTEMI il monitoraggio elettrocardiografico continuo
ha due scopi: (1) identificare le aritmie e (2) identificare le deviazioni
ricorrenti del tratto ST, che sono indicative di ischemia. Lo slivellamento ricorrente del tratto ST è un forte marcatore indipendente di esito
infausto,10 anche in presenza di rilascio di troponina.
Marcatori di necrosi cardiaca
Tra i pazienti che si presentano con sintomi compatibili per UA/NSTEMI,
l’innalzamento dei marcatori di necrosi miocardica (CK-MB, troponina
T e I) identifica i pazienti con diagnosi di NSTEMI. Con l’utilizzo delle
troponine, più sensibili rispetto alla CK-MB, una percentuale maggiore
di pazienti viene classificata nel quadro di NSTEMI, quadro che, al pari
dell’innalzamento persistente della troponina dopo un evento acuto, è
associato a prognosi clinica peggiore.11,12
Benché il cut-off appropriato per valutare la positività di un innalzamento
della troponina I abbia generato delle controversie, un crescente consenso
ha centrato l’attenzione sull’utilizzo del 99° percentile di una popolazione
normale (circa 0,10 ng/mL) con un coefficiente di variazione (una stima
C0280.indd 1224
della riproducibilità del test) non superiore al
10% e con una sensibilità (livello più basso di
rilevazione) di 0,02 ng/mL. Dato che sono stati
sviluppati test per la troponina più sensibili, si
renderà necessaria una revisione di tali caratteristiche. Anche minimi innalzamenti della
troponina cardiaca preludono a un rischio
più elevato di morte o di eventi ischemici
ricorrenti.11,12
Dato che le varie metodiche differiscono,
ogni ospedale deve riconsiderare i cut-off
specifici per il test in uso. La maggior parte
dei point-of-care test (POCT) per la troponina
fornisce un risultato dicotomico (positivo o
negativo), mentre altri forniscono un risultato
quantitativo, benché solo di recente la sensibilità e l’accuratezza diagnostica di alcuni di questi
test siano divenute equiparabili a quelle dei
test laboratoristici di attuale generazione.
Nonostante la disponibilità di test sempre
più accurati, sono stati riscontrati degli innalzamenti dei livelli di troponina chiaramente
falsi positivi, come dimostrato dalla successiva
esclusione di stenosi epicardiche dimostrabili
all’angiografia coronarica.13 Tali innalzamenti
derivano da una diagnosi alternativa, come
un’insufficienza cardiaca congestizia, nella
quale l’innalzamento della troponina in assenza di CAD depone per una prognosi sfavorevole. Un’analisi dello studio TACTICS-TIMI
1814,15 ha sollevato anche un avvertimento: gli
innalzamenti dei livelli di troponina in pazienti
senza stenosi coronariche non devono essere
scartati a priori come falsi positivi. I pazienti
con UA/NSTEMI nei quali era stato riscontrato
un innalzamento della troponina in assenza di
un’evidente CAD all’angiografia avevano una
prognosi significativamente peggiore rispetto
a quelli con troponina negativa senza coronaropatia, con un tasso di mortalità o di IM a sei
mesi rispettivamente del 5,3% e dello 0%.14
Esami di laboratorio
Una radiografia del torace può essere utile
per identificare una congestione o un edema polmonare, più probabile nei pazienti con UA/NSTEMI nei quali
l’ischemia coinvolga una porzione significativa del ventricolo sinistro o
in quelli con precedente disfunzione del ventricolo sinistro. La presenza
di congestione depone per una prognosi avversa.
L’ottenimento di un profilo lipidico del siero che comprenda le lipoproteine a bassa densità (LDL), quelle ad alta densità (HDL) e i trigliceridi è
utile per l’identificazione di importanti fattori di rischio per l’aterotrombosi coronarica e per il successivo trattamento dopo la dimissione ospedaliera. Dato che i livelli sierici di colesterolo totale e HDL si riducono del
30-40% a 24 ore dall’UA/NSTEMI o dallo STEMI, la misurazione andrebbe
fatta al momento del ricovero. Se si dispone soltanto di un campione
tardivo, il clinico deve essere consapevole che i valori del colesterolo
totale e LDL possono essere inferiori del 30-40% rispetto alla reale concentrazione basale del paziente (Cap. 47). Nelle pagine che seguono
verranno presentati altri marcatori circolanti di aumentato rischio. In
pazienti selezionati può essere appropriata anche la valutazione di altre
cause secondarie di UA/NSTEMI16 (ad es. valutazione della funzionalità
tiroidea in pazienti con UA/NSTEMI e tachicardia persistente).
Esami non invasivi
Nella gestione dell’UA/NSTEMI vengono impiegati esami non invasivi
per diversi scopi: (1) al ricovero, solitamente in pronto soccorso, per
diagnosticare la presenza o l’assenza di CAD (Cap. 53); (2) per valutare
l’estensione dell’ischemia residua dopo l’avvio della terapia medica e
per impostare l’ulteriore terapia nel contesto di una strategia “conservativa precoce”; (3) per valutare la funzionalità del ventricolo sinistro; (4)
per la stratificazione del rischio. I marcatori di rischio elevato compren-
6/29/12 1:31:57 PM
1225
aVR
V1
V4
II
aVL
V2
V5
III
aVF
V3
V6
V1
II
V5
25mm/s
10mm/mV
40Hz
005C
12SL 254
CID: 27
EID:610 EDT: 17:40 13-JAN-2005 ORDER:
FIGURA 56.4 Elettrocardiogramma che mostra la profonda inversione simmetrica dell’onda T nelle derivazioni inferolaterali con slivellamento di 1 mm del tratto ST.
Tali reperti elettrocardiografici si associano frequentemente a stenosi critiche di un’arteria coronaria (benché sia spesso difficile localizzare l’arteria interessata). Questi
dati costituiscono anche un marcatore utile per individuare i pazienti esposti a un alto rischio di successiva morte o infarto miocardico.
dono: evidenza di ischemia grave o di tachiaritmia ventricolare al monitoraggio elettrocardiografico continuo o al test da sforzo e lo sviluppo di
disfunzione ventricolare sinistra, a riposo o indotta dall’esercizio.
La sicurezza dell’esecuzione di un test da sforzo precoce nei pazienti
con UA/NSTEMI è stata oggetto di dibattito, ma osservazioni raccolte in
diversi studi hanno suggerito che il test con sollecitazione farmacologica
o fisica è sicuro dopo un periodo di stabilizzazione di almeno 24 ore.17
Le controindicazioni all’esecuzione di un test da sforzo sono un recente
(meno di 24 ore) episodio di dolore a riposo, soprattutto se associato a
modificazioni elettrocardiografiche, o altri segni di instabilità emodinamica
o di aritmia.
Dal raffronto delle varie modalità di test da sforzo, è emerso che la
scintigrafia miocardica perfusionale sotto sforzo con sestamibi o l’ecocardiografia sotto sforzo sono leggermente più sensibili rispetto al semplice
test ergometrico e possiedono un valore prognostico più elevato, ma è
stato dimostrato che la scintigrafia miocardica perfusionale presenta un
profilo di costo-efficacia favorevole soltanto nei pazienti a più elevato
rischio. Un approccio utile consiste nell’individualizzare la scelta sulla base
delle caratteristiche del paziente, della disponibilità locale e dell’esperienza
nell’interpretazione dei dati. Per la maggior parte dei pazienti il test ergometrico è raccomandato se l’elettrocardiogramma a riposo non presenta
significative anomalie del tratto ST. Qualora invece si riscontrassero delle
anomalie del tratto ST a riposo, si raccomanda l’esecuzione di una scintigrafia miocardica perfusionale o di un’ecocardiografia da sforzo. In generale,
si raccomanda l’esecuzione di un test ergometrico, a meno che il paziente
non riesca a camminare a sufficienza per raggiungere un carico di lavoro
significativo, nel qual caso l’esame da stress farmacologico rappresenta
un’alternativa (Capp. 14 e 50).
Classificazione clinica
Dato che l’UA/NSTEMI comprende un gruppo di pazienti estremamente eterogeneo, diventano utili degli schemi di classificazione
basati sulle caratteristiche cliniche. Una classificazione clinica dell’UA/
NSTEMI (Tab. 56.1)16 fornisce uno strumento utile per la stratificazione del rischio. I pazienti vengono inseriti in tre gruppi a seconda
delle circostanze cliniche dell’episodio di ischemia acuta: (1) angina
instabile primitiva causata da riduzioni della perfusione miocardica,
C0280.indd 1225
(2) angina instabile secondaria (ad es. con ischemia correlata a fattori precipitanti come l’anemia o un IM acuto) e (3) angina instabile
postinfartuale. Contestualmente, i pazienti vengono classificati in base
alla gravità dell’ischemia. Tale classificazione fornisce preziose informazioni prognostiche (l’angina postinfartuale a riposo è associata
alla prognosi peggiore).
Diagnostica per immagini
L’ecografia intravascolare (IVUS) è stata la prima tecnica di diagnostica
per immagini a dimostrare come i pazienti con una recente sindrome
coronarica acuta presentassero delle placche disgregate che denotavano un rimodellamento più positivo (ossia un impegno minore del
lume coronarico) e delle aree di placca più grandi rispetto ai pazienti
con CAD cronica stabile. L’angiografia con tomografia computerizzata
(angio-TC) ha anche dimostrato che le placche disgregate erano caratterizzate da un rimodellamento vascolare positivo, da una bassa densità
di placca e da saltuarie calcificazioni. Nei pazienti che si presentano
in pronto soccorso senza tali caratteristiche si potrebbe scartare la
diagnosi di SCA con elevata affidabilità.18,19 Motoyama et al.20 hanno
dimostrato che l’angio-TC con contrasto potrebbe anche identificare le
placche vulnerabili che, pur non essendosi ancora rotte, sono a rischio
di rottura. In futuro, questo interessante approccio potrebbe consentire
di identificare i pazienti nei quali la prevenzione della rottura di placca
mediante interventi invasivi potrebbe costituire un’opzione da considerare.21 La risonanza magnetica cardiaca (RMC) T2-pesata, la valutazione
dello spessore parietale del ventricolo sinistro, la perfusione miocardica
e la rilevazione di enhancement tardivo consentono un’accurata valutazione della SCA così come dell’IM acuto e cronico22 (Fig. 56.5; si
vedano anche Figg. 18.4 e 54.18).
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
I
Reperti coronarografici
Nei pazienti con UA/NSTEMI assegnati mediante randomizzazione al
braccio invasivo dello studio TACTICS-TIMI 18 e sottoposti sistematicamente a coronarografia è stato osservato lo scenario seguente in
6/29/12 1:31:57 PM
1226
TABELLA 56.1
Classificazione clinica dell’UA/NSTEMI secondo Braunwald
MORTE O IM
A 1 ANNO* (%)
CAPITOLO 56
CLASSE
DEFINIZIONE
Gravità
Classe I
Classe II
Classe III
Nuova insorgenza di angina grave o di angina ingravescente; assenza di dolore a riposo
Angina a riposo nel mese precedente, ma non nelle ultime 48 ore (angina a riposo, subacuta)
Angina a riposo nelle precedenti 48 ore (angina a riposo)
7,3
10,3
10,8†
Si sviluppa in presenza di una condizione extracardiaca che intensifica l’ischemia miocardica
Si sviluppa in assenza di una condizione extracardiaca
Si sviluppa entro due settimane dall’infarto acuto del miocardio
I pazienti con angina instabile possono anche essere divisi in tre gruppi a seconda che essa si verifichi:
(1) in assenza di trattamento per angina cronica stabile, (2) durante il trattamento per angina cronica stabile
o (3) nonostante una terapia farmacologica anti-ischemica massimale. I tre gruppi possono essere designati
con l’indicazione 1, 2 o 3 in pedice.
I pazienti con angina instabile possono essere ulteriormente suddivisi in pazienti con o senza modificazioni
temporanee del tratto ST-T durante la sintomatologia.
14,1
8,5
18,5‡
Circostanze cliniche
A. Angina secondaria
B. Angina primitiva
C. Angina postinfartuale
Intensità del trattamento
Modificazioni
elettrocardiografiche
*Dal registro TIMI III: Scirica BM, Cannon CP, McCabe CH, et al.: Prognosis in the thrombolysis in myocardial ischemia III registry according to the Braunwald unstable angina pectoris classification.
Am J Cardiol 90:821, 2002.
Da Braunwald E: Unstable angina: A classification. Circulation 80:410, 1989.
UA/NSTEMI = angina instabile/infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST.
†
P = 0,057.
‡
P = 0,001.
relazione all’estensione della CAD epicardica: il 34% presentava un’ostruzione
significativa (stenosi del diametro luminale >50%) di tre vasi, il 28% presentava
malattia di due vasi, il 26% aveva malattia
di un singolo vaso e il 13% non presentava stenosi coronarica >50%. Circa il 10%
ha mostrato una stenosi >50% del tronco
comune della coronaria sinistra.16 Rilievi
simili sono stati segnalati nei registri di
pazienti con UA/NSTEMI non selezionati.
Le donne e gli uomini non bianchi con
UA/NSTEMI presentano una coronaropatia meno estesa rispetto alle controparti,7
mentre i pazienti con NSTEMI presentano una patologia coronarica più estesa
alla coronarografia rispetto a quelli che
mostrano soltanto angina instabile.
Una percentuale elevata di pazienti con sintomatologia compatibile per UA/NSTEMI
senza CAD epicardica è costituita da donne e da soggetti non bianchi: ciò induce
a ipotizzare che alla base della presentazione clinica vi sia un diverso meccanismo
fisiopatologico ed evidenzia la difficoltà nel
porre una diagnosi sicura di UA/NSTEMI in
questi gruppi di pazienti.7 Circa un terzo dei
soggetti con UA/NSTEMI senza ostruzione
epicardica critica mostra un flusso coronarico alterato all’angiografia, a suggerire che
la disfunzione del microcircolo coronarico
abbia un ruolo fisiopatologico. In questo
gruppo di pazienti con UA/NSTEMI senza
evidenza angiografica di malattia epicardica
la prognosi a breve termine è eccellente.23
Nell’UA/NSTEMI, la lesione colpevole
mostra tipicamente una stenosi eccentrica con margini frastragliati o sporgenti e
un colletto ristretto (Cap. 21). Tali reperti
angiografici possono rappresentare una
rottura della placca aterosclerotica, un
trombo o entrambi. Caratteristiche indicative della presenza di un trombo comprendono masse globose intraluminali con
C0280.indd 1226
A
B
C
D
FIGURA 56.5 Esempio di paziente con NSTEMI. La RMC, eseguita in un uomo di 63 anni un’ora dopo il suo arrivo
al pronto soccorso con marcatori cardiaci inizialmente nella norma, ha rivelato una piccola area di iperintensità in T2
(A) in corrispondenza della parete inferolaterale (edema miocardico) con una tenue ipocinesi associata (B), un difetto
di perfusione a riposo (C) e iperenhancement ritardato (D) (necrosi miocardica) nella stessa area (frecce). I livelli di
troponina si sono innalzati sette ore dopo l’esecuzione della RMC. L’angiografia invasiva ha rivelato una malattia trivasale con stenosi del 95% del ramo posterolaterale. (Da Cury RC, Shash K, Nagurney JT, et al: Cardiac magnetic resonance
with T2-weighted imaging improves detection of patients with acute coronary syndrome in the emergency department.
Circulation 118:837, 2008.)
6/29/12 1:32:00 PM
1227
forma arrotondata o polipoide (si veda Fig. 56.2). L’aspetto “indistinto” di una
lesione suggerisce la presenza del trombo, ma tale reperto non è specifico. I
pazienti con trombo visualizzabile all’angiografia hanno un’alterazione del
flusso coronarico ed esiti clinici peggiori rispetto ai pazienti senza trombo.
Indicatori clinici di rischio aumentato
nell’UA/NSTEMI
Anamnesi
Età avanzata (>70 anni)
Diabete mellito
Angina postinfartuale
Precedenti vasculopatie periferiche
Precedenti malattie cerebrovascolari
Presentazione clinica
Classe II o III di Braunwald (dolore a riposo acuto o subacuto)
Classe B di Braunwald (angina instabile secondaria)
Insufficienza cardiaca o ipotensione
Episodi ripetuti di dolore in un arco di 24 ore
Elettrocardiogramma
Slivellamento del tratto ST ≥0,05 mV
Inversione dell’onda T ≥0,3 mV
Blocco di branca sinistra
Marcatori cardiaci
Aumento della troponina T o I o della creatinchinasi-MB
Aumento della proteina C reattiva o della conta leucocitaria
Aumento del peptide natriuretico di tipo B
Creatinina elevata
Livelli elevati di glicemia o di emoglobina A1c
Angiogramma
Trombo
Patologia multivasale
Disfunzione ventricolare sinistra
UA/NSTEMI = angina instabile/infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST.
Sistemi di stratificazione del rischio
VARIABILI CLINICHE
Sottogruppi clinici a rischio elevato
La summenzionata classificazione dell’angina instabile (si veda
Tab. 56.1) si è rivelata clinicamente utile in diversi studi ai fini dell’identificazione dei pazienti a rischio elevato, specialmente quelli con
dolore a riposo in atto o ricorrente, con angina instabile postinfartuale
o con angina instabile secondaria.15 L’aumento dell’età si associa a
un incremento significativo degli esiti sfavorevoli.24 I pazienti con UA/
NSTEMI e con diabete mellito o patologia vascolare extracardiaca
(patologia cerebrovascolare o arteriopatia ostruttiva periferica) possiedono indicativamente il 50% di rischio in più rispetto ai pazienti
senza tali comorbilità, anche dopo il controllo per altre differenze alle
caratteristiche di base (Tab. 56.2). Come nel caso dello STEMI, anche
i pazienti con UA/NSTEMI che si presentano con evidenza di insufficienza cardiaca congestizia (classe Killip ≥II) hanno un aumentato
rischio di morte.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO MEDIANTE ELETTROCARDIOGRAMMA. Nel registro TIMI III relativo a pazienti con UA/NSTEMI, i
fattori predittivi indipendenti di mortalità o di sviluppo di IM a 1 anno
comprendevano il blocco di branca sinistra (rischio relativo 2,8) e lo
slivellamento del tratto ST >0,05 mV (rischio relativo 2,45), con P <0,001
per entrambi.9 Sembra esservi un gradiente di rischio basato sul grado
di slivellamento del tratto ST.25
VALUTAZIONE DEL RISCHIO MEDIANTE MARCATORI
CARDIACI (Tab. 56.3)
Marcatori di necrosi miocitaria
I pazienti con NSTEMI, per definizione associati a livelli elevati di un
biomarcatore di necrosi (CK-MB o troponina), hanno una prognosi
a lungo termine peggiore rispetto ai pazienti con angina instabile.26
Oltre alla positività o alla negatività del test, vi è un rapporto lineare tra
i livelli circolanti di troponina T o I e il conseguente rischio di morte.27
In diversi studi tuttavia è stato osservato un rischio più elevato di IM (o
di IM ricorrente) anche con piccoli innalzamenti positivi dei livelli di
troponine.11,28
C0280.indd 1227
Proteina C reattiva e altri marcatori
di infiammazione (Capp. 44 e 49)
Elevate concentrazioni di PCR correlano con un aumentato rischio di
morte, di IM e con la necessità di rivascolarizzazione urgente. Essendo
un reagente di fase acuta, la PCR si innalza in corso di IM, con o senza
sopraslivellamento del tratto ST. Ne consegue che le concentrazioni
di PCR nei pazienti con SCA molto recente sono circa cinque volte
superiori rispetto a quelle dei pazienti stabili.25 Anche fra i pazienti con
troponina I negativa, la PCR è in grado di differenziare un gruppo ad alto
rischio e uno a basso rischio. Quando vengono utilizzate sia la PCR sia
la troponina T, la mortalità può essere stratificata nel seguente modo:
0,4% nei pazienti con entrambi i marcatori negativi, 4,7% se la PCR o la
troponina sono positive, 9,1% se entrambe risultano positive.29 La PCR
misurata dopo la stabilizzazione post-SCA è un forte fattore predittivo
degli esiti tra i 3 e i 12 mesi.30
Studi su altri marcatori dell’infiammazione hanno offerto prove convincenti di un’associazione tra infiammazione sistemica ed eventi avversi
ricorrenti, comprese l’amiloide A sierica, la proteina chemotattica per i
monociti-1 (MCP-1)30a e l’interleuchina-6 (IL-6). È stato dimostrato che la
neopterina, un marcatore di attivazione monocitaria, sia un predittore
indipendente di esiti avversi a lungo termine.31 Gli elevati livelli di tale
biomarcatore di infiammazione (al pari della PCR) possono essere ridotti
da dosi elevate di statine potenti (ad es. 80 mg/die di atorvastatina o
40 mg/die di rosuvastatina). Questi studi, nel complesso, indicano che
l’infiammazione è correlata all’instabilità del paziente e a un aumentato
rischio di eventi cardiaci.
CONTA LEUCOCITARIA. La conta leucocitaria è un indicatore di infiammazione addirittura più semplice e generalmente disponibile, anche se
non specifico. Diversi studi condotti su pazienti con UA/NSTEMI32 hanno
osservato che i pazienti con conta leucocitaria elevata sono esposti a un
rischio più elevato di mortalità e di IM ricorrente. Tale associazione è indipendente dai valori di PCR, a suggerire che nessun marcatore è in grado
di catturare tutte le informazioni relative all’influenza dell’infiammazione
sugli esiti, nemmeno la PCR.
M IELOPEROSSIDASI . La mieloperossidasi (MPO) è un’emoproteina
rilasciata durante la degranulazione dei neutrofili e di alcuni monociti
che genera acido ipocloroso, un potente agente pro-ossidante. Elevate concentrazioni in pazienti con rischio significativamente più alto
di SCA ricorrente sono state associate a un aumento a breve termine
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO
RISCHIO DOPO SINDROME CORONARICA ACUTA. Un importante concetto
emergente è che il rischio di eventi ischemici ricorrenti sia legato più alla
presenza di lesioni multifocali che alla lesione colpevole dell’evento acuto
di SCA. Studi sull’anatomia coronarica mediante angiografia, IVUS o angioscopia hanno mostrato la presenza di placche attive multiple in aggiunta
alla lesione colpevole. Considerato, dunque, che gli approcci interventistici
aggressivi vengono utilizzati con crescente successo nel trattamento della
lesione colpevole, spesso sono le placche residue a provocare eventi ricorrenti. La percentuale di pazienti con più di una placca attiva all’angiografia
correla con un crescente livello basale di proteina C reattiva (PCR),23 un
marcatore di infiammazione. Ciò indica un importante legame fisiopatologico tra infiammazione, CAD attiva più estesa ed eventi cardiaci ricorrenti
nei mesi o negli anni successivi un evento clinico di SCA.
STORIA NATURALE. I pazienti con angina instabile hanno una mortalità
a breve termine inferiore (dall’1,5 al 2,0% dall’esordio a 30 giorni) rispetto
ai pazienti con NSTEMI o STEMI; il rischio di mortalità precoce per i due
tipi di IM è simile e si attesta tra il 3 e il 5%. Il rischio di mortalità precoce
nell’UA/NSTEMI si correla con l’estensione del danno miocardico e con la
conseguente compromissione emodinamica ed è inferiore rispetto a quello dei pazienti con STEMI. L’outcome a lungo termine – sia per la mortalità
sia per gli eventi non fatali – è invece peggiore per i pazienti con UA/NSTEMI
rispetto agli STEMI. Probabilmente, ciò deriva dalla maggiore probabilità di
ricorrenza di SCA nei pazienti con UA/NSTEMI oltre che dalla loro età più
avanzata, dalla maggiore estensione della coronaropatia, da precedenti
IM e da comorbilità come il diabete e l’insufficienza renale.
TABELLA 56.2
6/29/12 1:32:00 PM
1228
TABELLA 56.3
Biomarcatori emergenti nella sindrome coronarica acuta
POSSIBILE MECCANISMO
CAPITOLO 56
Marcatori in grado di predire lo sviluppo di SCA
Fattore di von Willebrand1
Media l’adesione piastrinica,
l’aggregazione (a elevate tensioni
di taglio) e stabilizza il fattore VIIIc
Aumenta la risposta infiammatoria
Interleuchina-8 adesa alla
quando rilasciata dalla membrana
membrana eritrocitaria2
eritrocitaria durante l’emorragia
intraplacca
Glicoproteina (GP) VI piastrinica
Aumenta l’aggregabilità piastrinica
con funzione di recettore
per il collagene3
Fattore 1 piastrinico stromaPotenzialmente implicato nel
derivato4
rimodellamento o nella rigenerazione
vascolare e miocardica
Acido linoleico5
Varia in maniera inversamente
proporzionale alle lipoproteine a bassa
densità
Altro meccanismo non definito
Isomero trans dell’acido oleico6
Effetti sfavorevoli sul profilo lipidico,
sulla funzione endoteliale
e sui marcatori di infiammazione
Marcatori dotati di valore prognostico nei pazienti con SCA
Proteina precursore del trombo7
Riflette l’aumento dell’attivazione
sistemica della cascata
della coagulazione
Inotropismo negativo, induzione
Cromogranina A8
dell’apoptosi, inibizione della secrezione
delle catecolamine, vasodilatazione
Omocisteina libera plasmatica9
Provoca danno e disfunzione endoteliale
REPERTI PRINCIPALI
OR = 3,0 per il 4° quartile rispetto al 1° quartile nei pazienti
che sviluppano SCA
L’aumento di 1 DS è stato associato a una probabilità 5,1 volte
superiore di avere una SCA (rispetto all’angina cronica stabile),
corretta per le caratteristiche basali e per altri marcatori
Un’intensità media di fluorescenza al di sopra del cut-off di 18,6
(un elevato livello di espressione della GP VI superficiale) è stata
associata a un rischio relativo di 1,4 per lo sviluppo di SCA
Un livello 1,4 volte più elevato nei pazienti con SCA rispetto a quelli
con angina stabile
La riduzione di 1 DS è stata associata a un aumento >3 volte
delle probabilità che si tratti di SCA rispetto ai controlli
L’aumento di 1 DS è stato associato a un OR di 1,2 per la probabilità
di SCA rispetto ai controlli
Elevati livelli risultano indipendentemente associati all’aumento
del rischio di morte, di reIM o di ischemia ricorrente (HR, 1,5) e di morte
o IM (HR, 1,6), corretti per le caratteristiche basali e per altri biomarcatori
L’aumento di 1 DS è associato a un incremento della mortalità
(1,3 volte) e dei ricoveri per CHF (1,2 volte) dopo correzione
per i marcatori di rischio cardiovascolari tradizionali
Un livello >4,11 μmol/L (quintile più elevato) è stato indipendentemente
associato a un aumento del rischio di morte per cause cardiovascolari,
di IM o di ictus (HR, 2,3) dopo un follow-up mediano di 2,7 anni
Da Giugliano RP, Braunwald E: The year in non-ST-segment elevation acute coronary syndrome. J Am Coll Cardiol 54:1544, 2009. Si veda l’articolo per i rimandi riportati nella tabella.
CHF = insufficienza cardiaca congestizia; DS = deviazione standard; HR = hazard ratio; OR = odds ratio; reIM = infarto ricorrente; SCA = sindrome coronarica acuta.
di eventi ischemici ricorrenti.33 Innalzamenti delle concentrazioni di
MPO si verificano perfino nelle arterie coronarie lontane dalla lesione
colpevole dell’episodio di UA/NSTEMI. 33,34 Pertanto, nei pazienti con
SCA l’attivazione dei leucociti sembra andare al di là della lesione della
singola coronaria.
PEPTIDI NATRIURETICI (BNP E NT-PROBNP). Il peptide natriuretico di
tipo B (BNP) è un neurormone sintetizzato nel miocardio ventricolare
e rilasciato in risposta a un aumento della tensione parietale (Cap. 25).
Esso svolge diverse azioni, tra cui quella natriuretica, vasodilatatrice, di
inibizione dell’attività del sistema nervoso simpatico e del sistema reninaangiotensina-aldosterone. Il BNP costituisce un utile marcatore diagnostico
e prognostico nei pazienti con insufficienza cardiaca e possiede inoltre
valore prognostico in tutta la gamma di pazienti affetti da SCA, compresi
quelli con UA/NSTEMI. Nello studio OPUS-TIMI 16, i pazienti con livelli
elevati di BNP (>80 pg/mL) o di NT-proBNP risultavano presentare un
rischio di morte a 10 mesi da due a tre volte maggiore,35 un risultato che
è stato successivamente confermato.36,37 Insieme, questi dati suggeriscono
che la misurazione dei peptidi natriuretici nei pazienti con UA/NSTEMI
aggiunge un’importante informazione all’attuale armamentario per la
stratificazione del rischio.
CREATININA. Un altro semplice strumento per la stratificazione del
rischio è l’utilizzo della creatinina o il calcolo della clearance della creatinina.38 Il rischio conferito dall’alterata funzione renale sembra essere
indipendente dagli altri classici fattori di rischio, come l’aumento della
troponina. Una ridotta funzione renale può giocare un ruolo anche nella
ridotta clearance dei farmaci, il che indica la necessità di aggiustare verso
il basso i dosaggi dei farmaci utilizzati di frequente nel trattamento della
SCA, come l’eparina a basso peso molecolare (Low-Molecular-Weight Heparin, LMWH) o le piccole molecole che inibiscono la GP IIb/IIIa (eptifibatide
e tirofiban).
GLUCOSIO. Elevate concentrazioni di glucosio o di emoglobina A1c al
ricovero predicono esiti avversi tra i pazienti diabetici e non diabetici con
UA/NSTEMI rispetto a quelli senza iperglicemia (Cap. 64).39 È stata anche
descritta una relazione sinergica tra iperglicemia e infiammazione.40 Il
rischio associato a iperglicemia è risultato essere amplificato nei pazienti
con elevati livelli di PCR rispetto a quelli con valori normali.
C0280.indd 1228
PROTEINA PRECURSORE DEL TROMBO. Questo polimero solubile di fibrina
è un precursore della formazione di fibrina insolubile che, nei pazienti con
IM acuto, può presentarsi in concentrazioni aumentate. È stata descritta
una correlazione significativa tra i livelli di proteina precursore del trombo
e l’incidenza di esiti clinici avversi nei pazienti con SCA.41
Valutazione del rischio mediante punteggi combinati
Integrando tutti questi fattori, diversi gruppi hanno sviluppato dei punteggi
di rischio globali basati su variabili cliniche e reperti ricavabili dall’elettrocardiogramma o dai marcatori cardiaci sierici.42,43 Il punteggio di rischio TIMI ha
identificato sette fattori di rischio indipendenti: età >65 anni, >3 fattori di
rischio per CAD, CAD documentata al cateterismo, slivellamento del tratto
ST >0,5 mm, >2 episodi di angina nelle ultime 24 ore, assunzione di acido
acetilsalicilico (ASA) nella settimana precedente e aumento dei marcatori cardiaci. Questo sistema di punteggio ha consentito la stratificazione
del rischio lungo un gradiente che va da un valore di 4,7 a 40,9% (P <0,001)
(Fig. 56.6A). Ancora più importante, questo punteggio di rischio è in grado di
predire la risposta a diverse terapie per l’UA/NSTEMI. I pazienti con punteggio
di rischio TIMI più elevato presentavano riduzioni significative degli eventi se
trattati con enoxaparina vs eparina non frazionata,43 con l’inibitore della GP
IIb/IIIa vs placebo e con una strategia invasiva vs conservativa (Fig. 56.6B).
Anche il Global Registry of Acute Coronary Events (registro GRACE) ha
identificato fattori associati in modo indipendente a mortalità aumentata;
i fattori più importanti associati a maggiore mortalità al momento del ricovero erano: età avanzata, classe Killip, aumento della frequenza cardiaca,
sottoslivellamento del tratto ST, segni di insufficienza cardiaca, bassa pressione sistolica, arresto cardiaco al ricovero e aumento dei livelli di creatinina sierica o dei marcatori cardiaci.44 Nuovi marcatori cardiaci continuano a
essere individuati e i punteggi di rischio globali probabilmente arriveranno
a includerli non appena essi diverrano più ampiamente disponibili nella
pratica clinica, come dimostrato in diversi studi che hanno utilizzato tre
marcatori secondo una “strategia di valutazione multimarcatore” per la
predizione della mortalità45 o degli eventi non fatali.46
A partire dal registro CRUSADE è stato inoltre sviluppato un punteggio
di rischio per la predizione delle emorragie gravi. I pazienti con peggio-
6/29/12 1:32:00 PM
1229
I pazienti con UA/NSTEMI a rischio intermedio o elevato devono essere
ricoverati in un reparto di terapia intensiva o subintensiva coronarica; i
pazienti a basso rischio devono essere ricoverati in un letto monitorato,
preferibilmente in un reparto di terapia subintensiva coronarica.2 In
queste circostanze, il monitoraggio continuo elettrocardiografico (telemetrico) viene utilizzato per il rilevamento di tachiaritmie, di alterazioni
della conduzione atrioventricolare e intraventricolare e di modificazioni
dello slivellamento del tratto ST. All’inizio andrebbe prescritto il riposo
a letto. La deambulazione, quando tollerata, è ammessa se il paziente è
stabilizzato e non presenta oppressione toracica ricorrente da almeno
12-24 ore. È opportuno fornire un supplemento di ossigeno ai pazienti
con cianosi o con rantoli rilevanti e quando la saturazione arteriosa di
ossigeno, misurata all’ossimetria, scende al di sotto del 90%.
Uno degli scopi iniziali del trattamento è alleviare il dolore toracico.
Nei pazienti con dolore persistente nonostante terapia con nitrati e
-bloccanti (si veda oltre) può essere somministrata morfina solfato in
bolo endovenoso in dosi da 2 a 5 mg. Controindicazioni all’utilizzo della
morfina comprendono l’ipersensibilità al farmaco, nel qual caso verrà
sostituita con la meperidina, e l’ipotensione. Previo attento monitoraggio
della pressione arteriosa, possono essere somministrate dosi ripetute
ogni 5-30 minuti. La morfina può agire sia come analgesico sia come
ansiolitico, ma i suoi effetti venodilatatori possono produrre effetti emodinamici benefici riducendo il precarico ventricolare, che è particolarmente utile in presenza di congestione polmonare. La morfina, tuttavia,
può causare anche ipotensione, e se ciò accade, la pressione arteriosa
va ristabilita mettendo il paziente in posizione supina e somministrando
soluzione fisiologica per via endovenosa; i farmaci ipertensivanti sono
necessari solo di rado. Se si sviluppa depressione respiratoria, può essere
somministrato naloxone (da 0,4 a 2,0 mg).
NITRATI. I nitrati sono dei vasodilatatori endotelio-indipendenti che
incrementano il flusso sanguigno miocardico inducendo vasodilatazione coronarica e riducono la domanda di ossigeno del miocardio.
Quest’ultimo effetto deriva dalla dilatazione arteriolare e venosa che
comporta una riduzione del postcarico, del precarico miocardico
e della tensione di parete ventricolare. Se il paziente avverte dolore
ischemico, i nitrati vanno somministrati inizialmente per via sublinguale
o mediante spray orale (da 0,3 a 0,6 mg). Se il dolore persiste dopo tre
compresse sublinguali (o spruzzi orali) somministrate a intervalli di
5 minuti, si raccomanda la somministrazione di nitroglicerina per via
endovenosa utilizzando deflussori non assorbenti (da 5 a 10 g/min).
La velocità dell’infusione di nitroglicerina può essere incrementata
fino a 10 g/min ogni 3-5 minuti fino alla scomparsa dei sintomi o
alla riduzione della pressione arteriosa a valori inferiori a 100 mmHg.2
Sebbene non vi sia un dosaggio massimo assoluto, una dose di 200 g/
min viene solitamente utilizzata come limite massimo.
Controindicazioni all’utilizzo dei nitrati sono l’ipotensione e l’utilizzo
di sildenafil o di altri inibitori della fosfodiesterasi-5 nelle 24-48 ore
precedenti. Se il paziente è asintomatico per angor da almeno 12-24 ore
possono essere utilizzati i nitrati topici o per via orale a lunga durata di
azione. Il dosaggio dei nitrati dipende dalla formulazione, ma si deve
cercare di lasciare un periodo finestra di 8-10 ore al giorno per evitare
lo sviluppo di tolleranza. Spesso, nella gestione a lungo termine dei
pazienti la terapia cronica con nitrati può essere gradualmente ridotta,
a condizione che non sviluppino angina cronica stabile (Cap. 57).
L’effetto dei nitrati sulla mortalità è stato valutato nello studio ISIS-4,
un grande studio clinico randomizzato per pazienti con sospetto di
IM (sia STEMI sia NSTEMI).49 Non è stato osservato alcun effetto sulla
mortalità né nella popolazione totale né nel sottogruppo di pazienti
con NSTEMI.
C0280.indd 1229
M/IM/RU entro 14 giorni (%)
Misure generali
P <0,001 χ2 per il trend
50
40,9
40
30
26,2
19,9
20
13,2
8,3
10
4,7
0
0/1
A
2
3
4
5
6/7
PUNTEGGIO DI RISCHIO (n. di fattori di rischio TIMI)
Fattori di rischio TIMI:
• Età ≥65 anni
• ≥3 fattori di rischio
per CAD
• CAD nota
(stenosi >50%)
35
OR = 0,55
IC (0,33, 0,91)
CONS
INV
OR = 0,75
IC (0,57, 1,00)
30
25
20
15
• Precedente assunzione di ASA
• ≥2 episodi anginosi
nelle precedenti 24 ore
• Slivellamento del tratto ST ≥0,5 mm
sull’ECG di presentazione
• ↑ Marcatori cardiaci
30,6
20,3
19,5
16,1
11,8
12,8
10
5
0
Basso 0-2
Intermedio 3-4
Alto
5-7
Punteggio di rischio TIMI
% di pazienti 25%
60%
15%
B
FIGURA 56.6 A. Punteggio di rischio TIMI per l’angina instabile o per l’infarto
miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI). I fattori di rischio
vengono specificati in basso, mentre il rischio di morte (M), di infarto miocardico
(IM) o di rivascolarizzazione in urgenza (RU) viene indicato lungo l’asse verticale.
ASA = acido acetilsalicilico. B. Utilizzo del punteggio di rischio TIMI per UA/NSTEMI
nel predire il beneficio di una strategia invasiva precoce. In un’analisi definita
in modo prospettico, il punteggio di rischio TIMI è stato utilizzato nello studio
TACTICS-TIMI 18 (Treat Angina with Aggrastat and determine Cost of Therapy
with an Invasive or Conservative Strategy). Come illustrato, il 75% dei pazienti ha
avuto un punteggio di rischio ≥3 ed è stato osservato un beneficio significativo in
seguito a strategia invasiva in questi pazienti. CAD = coronaropatia; CONS = conservativa; ECG = elettrocardiogramma; IC = intervallo di confidenza; INV = invasiva;
OR = odds ratio; SCA = sindrome coronarica acuta. ([A] modificata da Antman EM,
Cohen M, Bernink PJLM, et al: The TIMI risk score for unstable angina/non-ST elevation
MI: A method for prognostication and therapeutic decision-making. JAMA 284:835,
2000. [B] da Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA, et al: Comparison of early
invasive and conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes treated with the glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofiban. N Engl J Med 344:1879, 2001.)
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
Terapia medica
60
M/IM/RIOSP SCA (%)
ramento della clearance della creatinina, le donne, i diabetici, i pazienti
con ipotensione arteriosa e quelli con frequenza cardiaca più alta hanno avuto tassi di sanguinamento più elevati.47 Inoltre, quando la dose
degli agenti antitrombotici non è stata corretta per la funzione renale o
per il peso, il tasso di sanguinamento è stato di 2-3 volte maggiore.48
␤-BLOCCANTI. Studi preliminari controllati con placebo in pazienti
con UA/NSTEMI hanno dimostrato il beneficio dei -bloccanti nel ridurre successivi episodi di IM o di ischemia ricorrente.46 Nei pazienti con
IM acuto (sia STEMI sia NSTEMI) è stato dimostrato che i -bloccanti
sono in grado di ridurre gli episodi di reinfarto e di fibrillazione ventricolare (Cap. 57).50 Restano invece da chiarire i meccanismi della
6/29/12 1:32:01 PM
1230
CAPITOLO 56
riduzione della mortalità ottenuta dai -bloccanti in tempi più recenti
(XXI secolo).51
I -bloccanti per via orale alle dosi utilizzate per l’angina cronica
stabile (Cap. 57) devono essere iniziati a 24 ore dall’esordio e continuati
fino alla dimissione nei pazienti con UA/NSTEMI senza controindicazioni. La terapia con -bloccanti per via orale va iniziata entro le prime
24 ore nei pazienti che non hanno alcuno dei seguenti: (1) segni di
insufficienza cardiaca, (2) evidenza di stato a bassa gittata, (3) aumentato rischio di shock cardiogeno o (4) altre controindicazioni all’uso
di -bloccanti (intervallo PR >0,24 secondi, blocco atrioventricolare di
secondo o terzo grado, asma in fase attiva o storia di broncospasmo). I
-bloccanti possono essere somministrati a bassi dosaggi nei pazienti
con insufficienza cardiaca una volta stabilizzati. Se l’ischemia e il
dolore toracico sono in atto nonostante la terapia endovenosa con
nitrati, i -bloccanti possono essere somministrati con prudenza per
via endovenosa, seguiti dalla somministrazione orale. La scelta del bloccante può essere individualizzata sulla base della farmacocinetica
del farmaco, del costo e dell’esperienza del medico. Tuttavia, è opportuno evitare i -bloccanti con attività simpatico-mimetica intrinseca,
come il pindololo.
CALCIO-ANTAGONISTI. I calcio-antagonisti possiedono effetti vasodilatanti e ipotensivanti. Alcuni, come il verapamil e il diltiazem,
rallentano anche la frequenza cardiaca e riducono la contrattilità del
miocardio. Studi preliminari suggeriscono che i calcio-antagonisti
riducono l’IM ricorrente.52
I calcio-antagonisti possono essere utilizzati nei pazienti con ischemia persistente nonostante il trattamento con nitrati a piena dose e
-bloccanti, nei pazienti con controindicazioni ai -bloccanti (si veda il
paragrafo precedente) e in quelli con ipertensione.Tali soggetti devono
essere trattati con calcio-antagonisti ad attività cronotropa negativa (ad
es. diltiazem o verapamil). Le dosi orali di diltiazem e verapamil variano dai 30-90 mg quattro volte al giorno ai 360 mg una volta al giorno
per le formulazioni a lunga durata di azione. È stato dimostrato che la
nifedipina (a breve durata di azione), agente che accelera la frequenza
cardiaca, è deleteria nei pazienti con IM acuto se non somministrata
insieme a un -bloccante.
Il trattamento a lungo termine con farmaci a lunga durata di azione (amlodipina e felodipina) non è stato associato ad alcun danno
nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra documentata e
CAD,53 a indicare che tali agenti possono essere utilizzati con sicurezza nei pazienti con UA/NSTEMI e con disfunzione ventricolare
sinistra.
Due recenti studi hanno inoltre documentato il beneficio dell’amlodipina nei pazienti con ipertensione e CAD stabile.54,55
Terapia antitrombotica (Cap. 87)
ANTIAGGREGANTI. Considerata l’importanza delle piastrine nella
patogenesi dell’UA/NSTEMI – argomento che è già stato oggetto di
trattazione – la terapia antiaggregante gioca un ruolo centrale nella
gestione di tale condizione.
Acido acetilsalicilico (ASA)
Questo principio attivo acetila la ciclossigenasi-1 piastrinica (COX-1),
inibendo così la sintesi e il rilascio di trombossano A2, un attivatore
delle piastrine (Fig. 56.7). L’ASA riduce dunque l’aggregazione piastrinica complessiva e la formazione di trombi arteriosi. Dato che
questa inibizione della COX-1 è irreversibile, gli effetti antiaggreganti
durano per tutta la vita delle piastrine, ossia circa 7-10 giorni. Diversi
Collagene
ADP
Ticlopidina,
clopidogrel,
prasugrel
ATP
TxA2
TPβ
ART
GPV1
P2X1
TPα
×
Metabolismo
del CYP-450
P2Y1
↑Ca2+
PAR1
PAR4
↑Adenilato
ciclasi
↓cAMP
Trombina
P2Y12
×
Ticagrelor,
cangrelor
ATTIVAZIONE
COX-1
TxA2
ATP, ADP,
Ca2+
×
ASA
GP IIb/IIIa*
Secrezione
dei granuli densi
GP IIb/IIIa
Secrezione
Modificazione
degli
α-granuli conformazionale
Mediatori
AMPLIFICAZIONE proinfiammatori dei fattori
della coagulazione
Inibitore
della GP IIb/IIIa
×
Fibrinogeno AGGREGAZIONE
STABILE
GP IIb/IIIa*
AGGREGAZIONE
TRANSITORIA
FIGURA 56.7 Meccanismi di attivazione piastrinica e bersagli del blocco attuato dalle terapie antiaggreganti. L’attivazione piastrinica viene avviata da agonisti solubili, come la trombina, il trombossano A2, la 5HT, l’ADP (tramite P2Y1) e l’ATP, e dai ligandi di adesione come il collagene e il fattore di von Willebrand. La conseguente
secrezione dei granuli densi degli agonisti piastrinici e la secrezione di trombossano A2 (per effetto dell’attivazione della fosfolipasi A2) conduce all’amplificazione
dell’attivazione piastrinica e alle risposte associate. Il recettore P2Y12 svolge un ruolo primario nell’amplificazione dell’attivazione piastrinica, sostenuta anche dalla via
di segnalazione esterna-interna mediata dal recettore IIb3 (GP IIb/IIIa). Il blocco combinato dei recettori P2Y12 e IIb3, pertanto, esercita effetti additivi sull’attivazione piastrinica e sulle risposte piastriniche associate. Per una trattazione più dettagliata si rimanda al testo. ADP = adenosina; cAMP = adenosinmonofosfato ciclico;
COX = ciclossigenasi difosfato; GP = glicoproteina; TxA2 = trombossano A2. Cangrelor non è disponibile in Italia. (Modificata da Storey RF: Biology and pharmacology of the
platelet P2Y12 receptor. Curr Pharm Des 12:1255, 2006. Per gentile concessione di Wallentin L: P2Y12 inhibitors: Differences in properties and mechanisms of action and potential
consequences for clinical u se. Eur Heart J 30:1964, 2009.)
C0280.indd 1230
6/29/12 1:32:01 PM
1231
ANTAGONISTI DELL’ADP
15
10,1
12,9
20
15
17,1
Tienopiridine
Questi agenti (ticlopidina, clopidogrel e
prasugrel) sono dei profarmaci convertiti
15
10
10
8
a metaboliti attivi attraverso l’ossidazione
del sistema del citocromo epatico P-45061
10
6,2*
5*
(Fig. 56.9). I metaboliti attivi inibiscono
6,5*
l’aggregazione piastrinica inibendo irre5
5
4
3,3*
5
versibilmente il legame dell’adenosina difosfato (ADP) ai recettori P2Y12 piastrinici
e aumentano il tempo di sanguinamento
0
0
0
0
(si veda Fig. 56.7).
Plac.
ASA
Plac.
ASA
Plac.
ASA
Plac.
ASA
CLOPIDOGREL. Questo farmaco evita
N = 397 399
118
121
279
276
155
178
in gran parte le complicanze ematoloLewis et al.
Cairns et al.
Theroux et al.
Gruppo RISC
giche associate alla ticlopidina, il primo
agente tienopiridinico utilizzato su vasta
*P = 0,0012
*P = 0,008
*P = 0,0005
*P = 0,0001
scala. Oggi la ticlopidina viene prescritta
raramente a causa dell’occasionale sviFIGURA 56.8 Quattro studi randomizzati documentano il beneficio ottenuto con la somministrazione di acido
luppo di neutropenia o, ancora più di rado,
acetilsalicilico nell’UA/ NSTEMI; l’incidenza di morte o IM è stata ridotta di oltre il 50% in ciascuno dei quattro studi.
di porpora trombotica trombocitopenica.
Le dosi di acido acetilsalicilico sono state di 325 mg, 1.300 mg, 650 mg e 75 mg al giorno: l’acido acetilsalicilico ha
L’associazione di clopidogrel e acido acedimostrato pari efficacia con tutti i dosaggi. ASA = acido acetilsalicilico; Plac. = placebo. (Da Lewis HD, et al.: N Engl J
tilsalicilico sembra essere efficace quanto
Med 309:396, 1983; Cairns JA, et al.: N Engl J Med 313:1369, 1985; Theroux P, et al.: N Engl J Med 319:1105, 1988; RISC Group:
la combinazione di ticlopidina e acido
Lancet 349:827, 1990.)
acetilsalicilico nella prevenzione della
trombosi intrastent.57 Una volta assorbito,
studi hanno dimostrato che l’ASA produce evidenti effetti benefici
circa l’85% del clopidogrel viene idrolizzato dalle esterasi presenti nel
nei pazienti con UA/NSTEMI56 (Fig. 56.8). Oltre a ridurre gli eventi
torrente circolatorio e reso inattivo. Il clopidogrel rimanente deve essere
clinici avversi precocemente nel corso del trattamento dell’UA/NSTEossidato dal sistema del citocromo epatico P-450 per generare i metaboMI, l’ASA fornisce anche protezione dagli eventi ischemici ricorrenti
liti attivi che bloccano il recettore P2Y12 (si veda Fig. 56.9).
in prevenzione secondaria. In studi randomizzati compiuti sull’ASA
Nello studio CURE, gli effetti dell’aggiunta di clopidogrel all’acido acetilvs placebo, dosi di acido acetilsalicilico variabili da 75 a 1.300 mg/
salicilico sono stati analizzati in 12.562 pazienti con UA/NSTEMI trattati
die hanno prodotto una riduzione del 25% circa della mortalità o
con ASA (75-325 mg), eparina non frazionata o a basso peso molecolare
dell’insorgenza di IM,56 a suggerire che l’acido acetilsalicilico non
e altre terapie standard e randomizzati a ricevere una dose di carico di
abbia un’efficacia dose-dipendente.57 Nel caso di pazienti con UA/
300 mg di clopidogrel seguita da una dose quotidiana di 75 mg o plaNSTEMI, dopo una dose di carico di 162-325 mg, dosi di 75 o 81 mg/
cebo.62 L’associazione del clopidogrel all’ASA, definita duplice terapia
die sembrano essere efficaci e provocare meno irritazione gastroinantiaggregante, ha determinato una riduzione del 20% della mortalità per
testinale o sanguinamento rispetto a dosaggi più elevati. Lo studio
cause cardiovascolari, del tasso di IM o del tasso di ictus rispetto all’acido
OASIS-7 ha assegnato 25.087 pazienti con SCA (UA/NSTEMI 70,8%;
acetilsalicilico in monoterapia, sia nei pazienti a basso rischio sia in quelli a
rischio elevato con UA/NSTEMI, e indipendentemente dal fatto che fossero
STEMI 29,2%) al trattamento con dosi elevate (da 300 a 325 mg/die)
gestiti con terapia medica, con intervento coronarico percutaneo (PCI)
o basse (da 75 a 100 mg/die) di acido acetilsalicilico per 30 giorni (e
o mediante bypass aortocoronarico (CABG) (Fig. 56.10).62 Il beneficio è
alla somministrazione di clopidogrel ad alto dosaggio o a dosaggio
stato
osservato addirittura dopo 24 ore, con le curve di Kaplan-Meier che
regolare; si veda il paragrafo “Clopidogrel”). I risultati preliminari non
cominciano a divergere appena dopo 2 ore,63 ed è perdurato per tutto
hanno rilevato differenze in termini di rischio di morte cardiovascolal’anno di trattamento dello studio. Il trattamento si è dimostrato benefico
re, IM o ictus e non è stata osservata alcuna differenza nel tasso globale
anche prima del PCI, con una riduzione del 31% degli eventi cardiaci a 30
di emorragia grave, 2,3% in ciascun gruppo. Questo confronto a breve
giorni e a 1 anno nei pazienti con UA/NSTEMI randomizzati alla duplice
termine sul dosaggio dell’acido acetilsalicilico richiederà pertanto
terapia antiaggregante, rispetto all’ASA in monoterapia.64
un’analisi più dettagliata.
In una metanalisi compiuta su tre studi, il pretrattamento con clopidogrel è stato associato a una significativa riduzione del 29% della mortalità per
Le controindicazioni alla terapia con ASA comprendono l’allergia
cause cardiovascolari o di IM dopo PCI rispetto all’assenza di pretrattamento,
documentata (ad es. asma), sanguinamento in atto e un disturbo noto
benefici conseguiti con o senza il concomitante utilizzo degli inibitori della
delle piastrine. La dispepsia e altri sintomi gastrointestinali in assoGP IIb/IIIa.65 Nelle linee guida ACC/AHA ciò ha indotto una raccomandaciazione a terapia a lungo termine con ASA (intolleranza all’acido
zione di Classe IA per il trattamento con clopidogrel prima di un PCI.66 Tale
acetilsalicilico) solitamente non precludono la terapia nel breve terraccomandazione conferma l’utilità di avviare la terapia con clopidogrel il
mine. Nei pazienti con allergia o che non riescono a tollerare l’acido
prima possibile dopo l’esordio della sintomatologia. Tra i pazienti sottoposti
2
acetilsalicilico, è raccomandato l’uso di clopidogrel. Nel corso della
a CABG, quelli che hanno ricevuto clopidogrel nei cinque giorni precedenti
58,59
terapia cronica può insorgere “resistenza all’acido acetilsalicilico”.
la chirurgia hanno dimostrato un rischio aumentato di emorragia grave,
Piccoli studi hanno identificato una percentuale di pazienti (2-8%) in
necessità di reintervento per risolvere l’emorragia e una degenza ospedaliera di più lunga durata,67 ragione per cui si raccomanda, ove possibile,
cui il trattamento con ASA sembra possedere un limitato effetto andi
sospendere il trattamento con clopidogrel almeno cinque giorni prima
tiaggregante (ossia minime modificazioni del grado di aggregazione
dell’intervento chirurgico.2 Tra i pazienti sottoposti a CABG, quelli che hanno
piastrinica). Questi pazienti tendono a esibire un rischio maggiore
ricevuto clopidogrel nei cinque giorni precedenti la chirurgia hanno dimodi eventi cardiaci ricorrenti. 60 Un numero crescente di evidenze
strato un rischio aumentato di emorragia grave, necessità di reintervento
corroborano l’ipotesi che la cosiddetta resistenza all’acido acetilsaper risolvere l’emorragia e una degenza ospedaliera di più lunga durata,67
licilico si correli spesso alla scarsa compliance, mentre altre cause
ragione per cui si raccomanda, ove possibile, di sospendere il trattamento
comprendono lo scarso assorbimento, l’interazione con l’ibuprofene
con clopidogrel almeno cinque giorni prima dell’intervento chirurgico.2
e l’iperespressione dell’mRNA di COX-2. Resta da dimostrare con
Nel tempo sono emerse due strategie prevalenti per l’avvio della
ampi studi o l’analisi di grandi registri se il monitoraggio di routine
terapia con clopidogrel nei pazienti con UA/NSTEMI: (1) iniziare la
degli effetti antiaggreganti mediante aggregometria a trasmissione
somministrazione di clopidogrel al momento dell’esordio o del ricodi luce o attraverso dispositivi point-of-care con correzione della
vero in ospedale e (2) posticipare il trattamento con clopidogrel fino a
dose sia una strategia efficace, ma sembrerebbe essere un possibile
che non sia stata eseguita la coronarografia e quindi somministrare il
valido approccio.
C0280.indd 1231
11,9
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
PERCENTUALE DI PAZIENTI
INCIDENZA DI DECESSO O IM SUCCESSIVO
12
6/29/12 1:32:01 PM
1232
O
CH3
O
C
O
N
S
O
Profarmaco
Cl
CAPITOLO 56
85% di metaboliti
inattivi
C
O
S
O
N
S
F
CYP:
3A
2B6
2C9
2C19
CH3
Ossidazione
(citocromo P-450)
T
G
C T A
G A T
G
G
A
T
O
SNP
N
HOOC
*HS
O
Intestino
CYP:
3A
2B6
2C9
2C19
OCH3
Cl
F
Prasugrel
O
CYP:
1A2
2B6
2C19
N
S
hCE2
hCE1
Idrolisi
(esterasi)
hCE1
O
N
O
CH3
Clopidogrel
O
C
Cl
T
Metabolita attivo
G
A
T T
A A T
G
HOOC
*HS
G
A
T
Kurihara A. et al. Drug Metab. Rev. 37(S2): 99 (2005)
Tang M. et al. JPET 319: 1467–1476 (2006)
N
F
Metabolita attivo
Farid N.A. et al. Drug Metab. Dispos. 35: 1096–1104 (2007)
Rehmel J.L.F. et al. Drug Metab. Dispos. 34: 600–607 (2006)
Williams E.T. et al. Drug Metab. Rev. 39(S1): 254 (2007)
Tutti i pazienti
0,14
0,12
0,10
0,08
0,06
0,04
0,02
0,00
Placebo
(n = 6.303)
RRR 20%
Clopidogrel
(n = 6.259)
P <0,001
N = 12.562
0
3
6
9
TASSI DI RISCHIO
CUMULATIVI
TASSI DI RISCHIO
CUMULATIVI
FIGURA 56.9 Formazione dei metaboliti attivi di clopidogrel (a sinistra) e di prasugrel (a destra). hCE1 = carbossilesterasi umana 1; hCE2 = carbossilesterasi umana
2; CYP = citocromo P-450. (Per gentile concessione del Dr. E. Antman.)
Gruppo rx medico
0,20
0,15
Placebo
0,10
Clopidogrel
0,05
RR: 0,80 (0,69-0,92)
0,00
12
0
Gruppo PCI
0,20
0,15
Placebo
0,10
Clopidogrel
0,05
RR: 0,72 (0,57-0,90)
0,00
0
100
200
300
GIORNI DI FOLLOW-UP
100
200
300
GIORNI DI FOLLOW-UP
TASSI DI RISCHIO
CUMULATIVI
TASSI DI RISCHIO
CUMULATIVI
MESI DI FOLLOW-UP
Gruppo CABG
0,20
0,15
Placebo
0,10
Clopidogrel
0,05
RR: 0,89 (0,71-1,11)
0,00
0
100
200
300
GIORNI DI FOLLOW-UP
FIGURA 56.10 Beneficio ottenuto con la somministrazione di clopidogrel in termini di riduzione del decesso per cause cardiovascolari, di IM o di ictus a un anno
nello studio CURE condotto su pazienti con UA/NSTEMI e su pazienti gestiti con terapia medica, con PCI o CABG. RR = rischio relativo; RRR = riduzione del rischio relativo.
(Da Yusuf S, Zhao F, Mehta SR, e coll: Effects of clopidogrel in addition to aspirin in patients with acute coronary syndromes without ST-segment elevation. N Engl J Med 345:494,
2001; e Fox KA, Mehta SR, Peters R, et al.: Benefits and risks of the combination of clopidogrel and aspirin in patients undergoing surgical revascularization for non-ST-elevation
acute coronary syndrome: The Clopidogrel in Unstable angina to prevent Recurrent ischemic Events [CURE] Trial. Circulation 110:1202, 2004.)
C0280.indd 1232
6/29/12 1:32:02 PM
1233
C0280.indd 1233
DECESSO PER CAUSA
CARDIOVASCOLARE, IM O ICTUS (%)
Come già sottolineato, le tienopiridine devono subire una biotrasformazione in metaboliti attivi da parte degli enzimi del citocromo P-450,
e sono questi metaboliti attivi a esercitare l’effetto antiaggregante.61 Gli
alleli dei geni che interferiscono con tale biotrasformazione possono
interferire con l’inibizione del P2Y12. L’enzima CYP2C19 è fondamentale
in questa biotrasformazione. Si osservano polimorfismi del CYP2C19 in
circa un terzo dei soggetti bianchi, apparentemente con una maggiore
frequenza nei soggetti asiatici. Tali polimorfismi, soprattutto quello dell’allele *C2, un “allele a funzione ridotta”, interferiscono con l’inibizione
clopidogrel-indotta dell’aggregazione piastrinica e nello studio TRITONTIMI 3881 sono stati associati a un aumento degli esiti clinici avversi nei
pazienti trattati con clopidogrel (Fig. 56.11). In altri studi, tale polimorfismo è stato associato a un aumento della trombosi intrastent.82-85
La presenza di questo allele a funzione ridotta in circa il 30% dei
bianchi e il 50% degli asiatici spiega, almeno in parte, l’iporesponsività
al clopidogrel discussa in precedenza: esso riduce infatti la concentrazione del metabolita attivo e pertanto compromette l’inibizione
dell’aggregazione piastrinica.
La valutazione di tali polimorfismi nei pazienti candidati al trattamento
con tienopiridine può identificare i pazienti che probabilmente non
risponderanno al clopidogrel o che risponderanno in modo insufficiente
e che sono candidati alla sostituzione farmacologica con prasugrel o ticagrelor quando quest’ultimo diverrà disponibile (si veda oltre). Le comuni
varianti genetiche funzionali del CYP non influenzano i livelli di farmaco
metabolicamente attivo, l’inibizione dell’aggregazione piastrinica o i tassi
di eventi clinici cardiovascolari nei pazienti trattati con prasugrel.86
PRASUGREL. Questa tienopiridina, come la ticlopidina o il clopidogrel, è un profarmaco il cui metabolita attivo si comporta da inibitore
irreversibile del recettore P2Y12 delle piastrine e, quindi, dell’aggregazione piastrinica. Benché i metaboliti attivi di clopidogrel e di prasugrel
abbiano profili di efficacia in vitro sovrapponibili in termini di effetto
antiaggregante, la produzione del metabolita di prasugrel è circa 10
volte maggiore rispetto ai livelli ottenuti con la somministrazione di
clopidogrel, il che determina una potenza circa 10 volte maggiore.
Lo studio TRITON-TIMI 38 ha randomizzato 13.608 pazienti con SCA
(di cui 10.074 con UA/NSTEMI) per i quali era programmato un PCI.79 Lo
schema di trattamento prevedeva: (a) per il gruppo prasugrel, una dose
di carico di 60 mg, seguita da una dose di mantenimento giornaliera
di 10 mg; (b) per il gruppo clopidogrel, una dose di carico di 300 mg,
seguita da una dose di mantenimento giornaliera di 75 mg e da un
follow-up di 15 mesi. L’endpoint di efficacia primario (morte per cause
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
Portatori dell’allele
CYP2C19 a funzione ridotta*
12,1
Non portatori
HR 1,53
(IC al 95% 1,07-2,19)
P = 0,014
N = 1.459
0 30
90
8,0
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
farmaco sul tavolo di cateterismo in caso di PCI. La strategia di trattamento precoce consente di ridurre gli eventi ischemici precoci e offre i
benefici associati al pretrattamento ante-PCI, ma al costo di un maggiore
sanguinamento nei pazienti che vengono sottoposti a CABG in sostituzione del PCI o immediatamente dopo il PCI. Quindi, benché esista
un rischio sanguinamento nel caso in cui il CABG precoce non possa
essere posticipato, il rapporto complessivo rischio-beneficio rimane a
favore dell’avvio precoce del trattamento con clopidogrel.68
Nell’UA/NSTEMI, la dose di carico iniziale da 300 a 600 mg di clopidogrel viene seguita da una dose di mantenimento di 75 mg/die. Iniziando
con soli 75 mg/die i livelli bersaglio di inibizione piastrinica verranno
raggiunti dopo 3-5 giorni, mentre la dose di carico da 300 mg consentirà
un’efficace inibizione piastrinica entro 4-6 ore.69 L’utilizzo di una dose
di carico da 600 mg consente di ottenere concentrazioni di inibizione
piastrinica allo steady-state dopo appena due ore. Tale dosaggio è
stato impiegato in diversi studi sul PCI, compreso un confronto diretto
tra l’uso di 300 mg vs 600 mg di clopidogrel. In questo studio su 254
pazienti sottoposti a PCI, pretrattati 4-8 ore prima della procedura, la
dose di carico da 600 mg è stata associata a un tasso significativamente
minore di eventi cardiovascolari maggiori.70
Nello studio OASIS-7, 25.087 pazienti con SCA sono stati randomizzati
a sottoporsi a una strategia invasiva con una dose elevata vs una dose
bassa di acido acetilsalicilico (si veda il precedente paragrafo “Acido
acetilsalicilico”) e due dosi di clopidogrel per una settimana: dose elevata (dose di carico da 600 mg e 150 mg/die per una settimana) vs dose
standard (dose di carico da 300 mg e 75 mg/die) seguite da 75 mg/die
per 30 giorni. I risultati preliminari, basati sullo studio considerato nel
suo complesso, non hanno documentato alcuna differenza in termini
di rischio di morte per cause cardiovascolari, di IM o di ictus (4,2% per
l’alta dose e 4,4% per la dose standard di clopidogrel), ma è stata osservata un’interazione statistica tra le classi di randomizzazione dell’acido
acetilsalicilico e del clopidogrel (P = 0,043) che suggerisce la necessità
di valutare i quattro gruppi separatamente. Nel gruppo a elevato dosaggio di acido acetilsalicilico, il tasso di eventi correlati all’obiettivo
primario di efficacia è stato inferiore nel gruppo con dosaggio elevato
di clopidogrel rispetto al gruppo con dosaggio standard di clopidogrel
(4,6% vs 3,8%; RR, 0,83; IC al 95%, 0,70-0,99; P = 0,036), ma non vi è stata
alcuna differenza tra il gruppo a elevato dosaggio di clopidogrel e il
gruppo a dosaggio standard nella coorte a basso dosaggio di acido
acetilsalicilico. Complessivamente, è stato documentato un rischio più
elevato di emorragia grave secondo la definizione dello studio nel
gruppo a elevato dosaggio di clopidogrel rispetto a quello a dosaggio
standard (2,0% vs 2,5%; P = 0,01). Tali dati possono essere giudicati in
due modi: a sostegno dell’utilizzo di dosaggi più elevati di clopidogrel
per una settimana e di acido acetilsalicilico per un mese, ma si renderà
necessaria un’analisi più completa dei dati dello studio.71
In diversi studi sono stati identificati pazienti “non-responder” o “iporesponder”.72-74 L’iporesponsività è più comune tra i pazienti diabetici
oltreché tra i pazienti obesi, tra i più anziani e tra coloro che possiedono
un polimorfismo genetico del sistema del citocromo P-450 (si veda
oltre).75 Gli ipo-responder al clopidogrel presentano concentrazioni più
basse di metabolita attivo, indice di un’incapacità a effettuare questa
indispensabile conversione. Tuttavia, quando il metabolita attivo del
clopidogrel è stato aggiunto alle piastrine ex vivo, la risposta piastrinica
è stata simile nei soggetti normali e negli ipo-responder, a indicare che
il difetto degli ipo-responder è correlato alle concentrazioni più basse
di metabolita attivo del clopidogrel in vivo.73 Gli ipo-responder hanno
tassi più elevati di eventi cardiaci ricorrenti, compresa la trombosi
intrastent e l’IM acuto.76-78 Alcuni ricercatori stanno mettendo a punto
una strategia di controllo della risposta delle piastrine mediante aggregometria piastrinica o di analisi al letto del paziente per aumentare il
dosaggio del clopidogrel nei pazienti non-responder o ipo-responder,
un approccio che è stato suggerito nel 2005 dalle linee guida ACC/AHA
per le procedure di PCI a rischio elevato.66 Tuttavia, gli esiti nei pazienti
gestiti con tale strategia non sono ancora disponibili.
I pazienti con iporesponsività al clopidogrel possono essere gestiti
aumentando la dose di mantenimento del clopidogrel a 150 mg/die,
convertendoli a prasugrel 10 mg/die (si veda il paragrafo “Prasugrel”)79
o, potenzialmente, aggiungendo cilostazolo, un inibitore selettivo della
fosfodiesterasi.80
180
270
360
450
GIORNI DALLA RANDOMIZZAZIONE
*Portatori ~30% della popolazione
FIGURA 56.11 Associazione tra lo status di portatore di un allele CYP2C19
a funzione ridotta e l’outcome primario di efficacia o la trombosi intrastent nei
soggetti in terapia con clopidogrel. Nei 1.459 soggetti che sono stati trattati con
clopidogrel e che potrebbero essere classificati come portatori o non portatori
del CYP2C19, il tasso dell’outcome primario di efficacia (un outcome composito
di morte per cause cardiovascolari [CV], infarto miocardico [IM] o ictus) è stato
significativamente più elevato nei portatori rispetto ai non portatori.
6/29/12 1:32:03 PM
1234
Ticagrelor
RAPPORTO EFFICACIA-SICUREZZA
15
↓ 138
eventi
12,1 HR 0,81
(0,73-0,90)
9,9 P = 0,0004
NNT = 46
Prasugrel
Clopidogrel
ENDPOINT (%)
Morte CV/IM/ictus
10
5
Sanguinamenti gravi TIMI
in pazienti non CABG
Prasugrel
Clopidogrel
2,4
1,8
↑ 35 eventi
HR 1,32
(1,03-1,68)
P = 0,03
NNH = 167
0
0
30 60 90
180
A
270
360
450
GIORNI
TROMBOSI INTRASTENT
(STABILITA + PROBABILE SECONDO ARC)
3
ENDPOINT (%)
CAPITOLO 56
cardiovascolari, IM e ictus) ha subito una significativa
riduzione del 19% (Fig. 56.12); 12.844 pazienti sono
stati sottoposti a impianto di stent coronarico nel corso
del PCI. Nel gruppo prasugrel, l’incidenza di trombosi
intrastent è risultata dimezzata rispetto al gruppo clopidogrel (si veda Fig. 56.12), una riduzione relativa che
si è dimostrata simile per gli stent medicati e per quelli
non medicati.87
Questi dati di superiorità del prasugrel rispetto al clopidogrel depongono a favore del summenzionato concetto
che la limitata efficacia del clopidogrel rispetto al prasugrel si debba ricercare nella produzione più lenta e meno
efficace di metabolita attivo da parte del clopidogrel81
(si veda Fig. 56.9). In effetti, in uno studio trasversale di
pazienti sottoposti a PCI per angina stabile, Wiviott et al.74
hanno riportato che il carico con 60 mg di prasugrel ha
comportato un’inibizione piastrinica maggiore rispetto
alla dose di carico con 600 mg di clopidogrel. Lo stesso
è stato osservato durante la terapia di mantenimento, in
cui il confronto è stato fatto rispettivamente tra la dose
di 10 mg e quella di 150 mg/die.
Non sorprende il fatto che l’effetto inibitorio piastrinico più marcato del prasugrel sia stato associato con
maggiore frequenza a sanguinamenti gravi. Nello studio
TRITON-TIMI 38 è stata documentata un’incidenza relativa di sanguinamenti gravi più alta (nella misura del
32%), con casi anche fatali. Il rischio di sanguinamento
è stato particolarmente più elevato negli anziani (≥75
anni), categoria per la quale l’utilizzo di prasugrel deve
essere limitato ai soli casi ad alto rischio, e in quelli con
peso corporeo ridotto (<60 kg). Il trattamento di questi
ultimi con prasugrel è da evitarsi a meno che non sussista
un alto rischio di trombosi, ed è consigliabile valutare
una dose di mantenimento di 5 mg anziché di 10 mg.
Il prasugrel è controindicato nei pazienti con storia di
ictus o di attacco ischemico transitorio.79 Ogniqualvolta
possibile, il prasugrel dovrebbe essere sospeso almeno
una settimana prima della chirurgia.
Qualsiasi stent al PCI indice
(N = 12.844)
Clopidogrel
2
↓ 74 eventi
1
Prasugrel
1,1
(68)
HR 0,48
P <0,0001
NNT = 77
0
0 30 60 90
B
2,4
(142)
180
270
360
450
GIORNI
FIGURA 56.12 A. Confronto di efficacia (in alto) e sicurezza (in basso) nello studio TRITON-TIMI
38, che ha messo a paragone il prasugrel con il clopidogrel nei pazienti con SCA sottoposti a PCI.
Diversamente dalle tienopiridine (ticlopidina, clopidogrel
HR = hazard ratio; NNH = numero di pazienti da trattare per osservare un evento avverso (sanguinae prasugrel), i cui metaboliti attivi sono degli inibitori
mento grave TIMI); NNT = numero di pazienti da trattare per evitare un evento dell’endpoint primario.
irreversibili dell’aggregazione piastrinica, il ticagrelor
(Da Wiviott SD, Braunwald E, McCabe CH, et al.: Prasugrel vs clopidogrel in patients with acute coronary
è un inibitore reversibile del recettore P2Y12 delle piasyndromes. N Engl J Med 357:2001, 2007.) B. Confronto tra prasugrel e clopidogrel nello sviluppo di
88,89
strine che agisce direttamente sulle piastrine stesse.
trombosi intrastent. ARC = Academic Research Consortium. (Modificata da Wiviott SD, Braunwald
Nonostante abbia un metabolita attivo, la sua efficacia è
E, McCabe CH, et al.: Intensive oral antiplatelet therapy for reduction of ischaemic events including stent
simile a quella del composto di origine: entrambi vengothrombosis in patients with acute coronary syndromes treated with percutaneous coronary intervention
no escreti nella bile. Come il prasugrel, il ticagrelor può
and stenting in the TRITON-TIMI 38 trial: A subanalysis of a randomised trial. Lancet 371:1356, 2008.)
inibire quasi completamente l’aggregazione piastrinica
mediata dal recettore P2Y12. Il DISPERSE-2 è stato uno studio dose-ranging di fase II90 che ha condotto allo studio cardine di fase
più frequentemente nei pazienti trattati con ticagrelor rispetto a quelli
III (PLATO), il quale ha confrontato l’associazione di ticagrelor (90 mg
trattati con clopidogrel.
due volte al giorno) e di clopidogrel (dose di carico da 300 o 600 mg
I ricercatori dello studio PLATO hanno calcolato che se 1.000 pazienti
e dose di mantenimento da 75 mg al giorno); entrambi i gruppi hanno
ospedalizzati con SCA e trattati con ticagrelor e ASA fossero messi a
ricevuto anche ASA. Lo studio PLATO ha arruolato 18.624 pazienti, 15.381
confronto con un gruppo simile di pazienti trattati con clopidogrel e
(62%) dei quali avevano avuto un’UA/NSTEMI.91 L’endpoint primario
ASA, ci sarebbero 14 morti in meno, 11 IM in meno e dai 6 agli 8 casi in
composito di morte per cause cardiovascolari, IM e ictus ha conosciumeno di trombosi intrastent, con la conversione di 9 pazienti al trattato una significativa riduzione del 16% (Fig. 56.13); altre significative
mento con tienopiridina a causa della dispnea. Dato che il ticagrelor è
diminuzioni hanno riguardato l’IM (calo del 16%) e la morte per cause
un agente reversibile, la terapia con tale farmaco potrebbe essere inicardiovascolari (21%), con una riduzione relativa della mortalità totale
ziata al ricovero al pronto soccorso e continuata sia nei pazienti gestiti
del 22% (1,4% assoluta). L’efficacia clinica superiore di ticagrelor è stata
farmacologicamente sia in quelli destinati a PCI, con la possibilità di
osservata su un’ampia serie di sottogruppi, compresi pazienti precedeninterromperla 48-72 ore prima dell’intervento di CABG.
temente trattati con clopidogrel, pazienti trattati con una strategia non
invasiva e pazienti con STEMI.
INIBITORI DELLA GLICOPROTEINA IIb/IIIa. Questi farmaci blocIn termini di casi totali di emorragia grave non è stata riscontrata
cano la via finale comune dell’aggregazione piastrinica, ossia il legame
alcuna differenza con ticagrelor, trattamento che è stato però associato
crociato delle piastrine mediato dal fibrinogeno (si veda Fig. 56.7). Gli
a significativi incrementi rispettivamente del 19% delle emorragie gravi
inibitori della GP IIb/IIIa interferiscono con l’aggregazione piastrinica
nei pazienti non sottoposti a CABG (P = 0,03) e dell’11% considerando
indotta da qualsiasi tipo di stimolo (ad es. trombina, ADP, collagene,
la sommatoria dei sanguinamenti gravi e minori. Gli episodi di dispnea
serotonina). Attualmente sono disponibili tre agenti di questa classe:
e di pause ventricolari superiori ai cinque secondi si sono verificati
abciximab, un anticorpo monoclonale approvato soltanto nei pazienti
C0280.indd 1234
6/29/12 1:32:03 PM
1235
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
11,7
Clopidogrel
9,8
Ticagrelor
HR 0,84 (IC al 95% 0,77-0,92), P = 0,0003
0
60
120
180
240
300
360
GIORNI DALLA RANDOMIZZAZIONE
FIGURA 56.13 L’endpoint primario dello studio PLATO – un endpoint composito di morte per cause cardiovascolari (CV), infarto miocardico (IM) o ictus – si è
verificato con una frequenza significativamente minore nel gruppo trattato con
ticagrelor rispetto al gruppo clopidogrel (9,8% vs 11,7% a 12 mesi; HR, 0,84; IC al
95%, 0,77-0,92; P <0,001). K-M = Kaplan-Meier; HR = hazard ratio; IC = intervallo
di confidenza. (Da Wallentin L, Becker R, Budaj A, et al.: Ticagrelor vs clopidogrel in
patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 361:1045, 2009.)
sottoposti a PCI, eptifibatide e tirofiban (inibitori a piccole molecole).
Ognuno di questi tre agenti viene somministrato mediante bolo endovenoso seguito da infusione continua. L’azione di blocco recettoriale
esercitata dalle piccole molecole e il rischio di sanguinamento associato calano immediatamente in seguito all’interruzione dell’infusione.
Diversi studi hanno dimostrato un beneficio in seguito all’inibizione
della GP IIb/IIIa nella gestione dei pazienti con UA/NSTEMI.92 Il tirofiban
somministrato in associazione con eparina e ASA ha ridotto in maniera significativa il tasso di mortalità, di IM o di ischemia refrattaria a sette giorni
se confrontato con il regime eparina più ASA. In uno studio condotto su
10.948 pazienti, anche l’eptifibatide ha significativamente ridotto il tasso
di mortalità o di IM a 30 giorni. Tuttavia, l’utilizzo di abciximab nei pazienti
con UA/NSTEMI per i quali fosse stata pianificata una strategia inizialmente conservativa non ha offerto alcun beneficio ed è stato associato a
una mortalità precoce più elevata. Complessivamente, nella metanalisi, il
beneficio dell’inibizione della GP IIb/IIIa ha comportato una significativa
riduzione relativa del 9% della mortalità o di IM a 30 giorni.92
Stratificazione del rischio
e terapia con inibitori della GP IIb/IIIa
Il beneficio conseguente all’inibizione della GP IIb/IIIa sembra essere
maggiore nei pazienti a rischio elevato con UA/NSTEMI, come quelli
con modificazioni del tratto ST o elevate concentrazioni di troponina e
nei diabetici.93,94 Questi sottogruppi esibiscono un maggior quantitativo
di materiale trombotico alla coronarografia e pertanto sono a rischio
più elevato di embolizzazione nel microcircolo a distanza. Il vantaggio
dell’inibizione della GP IIb/IIIa è stato confermato anche in caso di
pretrattamento con clopidogrel93 ed è stato osservato nei pazienti a
rischio elevato indipendentemente dalla rivascolarizzazione.
Anticoagulanti
Oltre alla terapia antiaggregante, come descritto in precedenza, nei
pazienti con UA/NSTEMI si dovrebbe somministrare il prima possibile
dall’esordio anche un anticoagulante.
EPARINA. L’anticoagulazione, tradizionalmente con l’eparina non
frazionata (UFH), è stata un caposaldo della terapia dei pazienti con
UA/NSTEMI.97 Una metanalisi ha documentato una riduzione del 33%
della mortalità o degli IM con un regime UFH più acido acetilsalicilico
rispetto all’acido acetilsalicilico in monoterapia.98 Si ritiene che la
variabilità degli effetti anticoagulanti dell’UFH, che è comune, derivi
dall’eterogeneità dell’UFH e dalla neutralizzazione dell’eparina da
parte di fattori plasmatici circolanti e proteine rilasciate dalle piastrine
attivate.99 Il monitoraggio della risposta anticoagulante mediante il
tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) è raccomandato
con titolazioni eseguite secondo un nomogramma standardizzato, con
lo scopo di raggiungere un APTT compreso tra 50 e 70 secondi o un
valore pari a 1,5-2,5 volte il parametro di riferimento (Tab. 56.4). Sulla
base dei dati disponibili, le linee guida ACC/AHA2 raccomandano una
dose di eparina corretta per il peso (bolo di 60 unità/kg e infusione di
12 unità/kg/ora) associata a monitoraggio frequente dell’APTT (ogni 6
ore fino alla concentrazione bersaglio e, successivamente, ogni 12-24
TABELLA 56.4
Nomogramma standardizzato
per la titolazione dell’eparina*
APTT (S)†
MODIFICAZIONE
INFUSIONE EV
(UNITÀ/KG/ORA)
<35
Bolo di 70 unità/kg
+3
Sicurezza
35-49
Bolo di 35 unità/kg
+2
In una metanalisi su studi controllati con placebo, i tassi di emorragia
grave sono risultati significativamente più elevati nei pazienti trattati
con inibitori della GP IIb/IIIa (2,4% rispetto all’1,4% del placebo).92 La
percentuale di trombocitopenia grave (<50.000/ mm3) è stata dello
0,5% circa nei pazienti trattati con un inibitore della GP IIb/IIIa e con
eparina, rispetto allo 0,3% in quelli che ricevevano soltanto eparina. La
trombocitopenia è stata associata sia ad aumento del sanguinamento
sia a eventi trombotici ricorrenti, evidenze che indicano la necessità di
monitorare la conta piastrinica quotidianamente nel corso dell’infusione degli inibitori della GP IIb/IIIa.
50-70
0
71-90
0
−2
>100
Mantenere l’infusione per 30 min
−3
C0280.indd 1235
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
INCIDENZA CUMULATIVA (%)
STIMA K-M DELL’INTERVALLO DI TEMPO
AL PRIMO EVENTO DI EFFICACIA PRIMARIA
(OUTCOME COMPOSITO DI MORTE CV, IM O ICTUS)
SCELTA DEL MOMENTO OPPORTUNO PER L’INIBIZIONE DELLA GP IIb/IIIa. Sul
momento opportuno per la somministrazione di inibitori della GP IIb/IIIa
l’opinione è divisa. Alcuni sostengono che il trattamento debba essere
avviato al momento del ricovero, mentre altri si riservano di utilizzare tali
farmaci nel corso del PCI. Le linee guida ACC/AHA hanno indicato che
entrambe le strategie sono accettabili.2
Tre studi hanno esaminato la questione. Nello studio ACUITY (Acute Catheterization and Urgent Intervention Triage Strategy) i pazienti
sono stati randomizzati al trattamento con un inibitore della GP IIb/IIIa
(eptifibatide o tirofiban) al pronto soccorso o nella sala di emodinamica.
Quanto all’outcome primario non sono state osservate differenze tra le
due strategie.95
Lo studio EARLY ACS, un trial a doppio cieco condotto su 9.492 pazienti, ha confrontato la doppia dose standard precoce di eptifibatide
(“upstream”), cominciando il trattamento immediatamente dopo l’ospedalizzazione, con un braccio di controllo con eptifibatide temporaneo
somministrato appena prima del PCI a discrezione del medico. L’uso della
terapia standard precoce con eptifibatide non si è dimostrata superiore
alla somministrazione tardiva temporanea, ma è stata associata a un aumento significativo dei casi di sanguinamento grave.94 Lo studio BRIEF96 ha
confrontato un’infusione standard di 18 ore di eptifibatide con un’infusione ridotta, della durata inferiore a due ore. Non sono state riscontrate
differenze significative tra i due gruppi di trattamento sotto il profilo degli
eventi ischemici, anche se i sanguinamenti sono stati significativamente
inferiori nel gruppo a infusione più breve. Considerati nell’insieme, questi
studi suggeriscono che un bolo e, verosimilmente, l’infusione per breve
periodo dell’eptifibatide iniziata appena prima del PCI possano diventare il
trattamento di elezione nei casi di UA/NSTEMI trattati con strategia invasiva
(si veda il paragrafo “Strategie di trattamento e interventi”).
0
*Dose iniziale: bolo di 60 unità/kg e infusione di 12 unità/kg/ora.
†
Il tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) deve essere controllato e l’infusione
corretta a 6, 12 e 24 ore dall’inizio dell’eparina, poi quotidianamente e 4-6 ore dopo ogni
correzione del dosaggio.
Da Becker RC, Ball SP, Eisenberg P, et al.: A randomized, multicenter trial of weight-adjusted
intravenous heparin dose titration and point-of-care coagulation monitoring in
hospitalized patients with active thromboembolic disease. Am Heart J 137:59, 1999.
6/29/12 1:32:04 PM
1236
ore) e a un aggiustamento della dose, se necessario. Gli effetti avversi
comprendono il sanguinamento, soprattutto quando l’APTT risulta
elevato, e la trombocitopenia eparina-indotta, che diventa più frequente
in caso di trattamenti di lunga durata (Cap. 87).100
Eparine a basso peso molecolare
CAPITOLO 56
Queste forme di eparina sono state ampiamente studiate come strumenti in grado di migliorare le capacità anticoagulanti dell’UFH. Le LMWH
associano l’inibizione dei fattori IIa e Xa e presentano diversi potenziali
vantaggi rispetto all’UFH: (1) la loro maggiore attività anti-fattore Xa inibisce la formazione di trombina in maniera più efficace; (2) le LMWH
inducono inoltre un rilascio più elevato di inibitore della via del fattore
tissutale rispetto a quanto faccia l’UFH, e questo non viene neutralizzato
dal fattore piastrinico 4101; (3) le LMWH causano una percentuale di casi
di trombocitopenia inferiore rispetto all’UFH100; (4) l’elevata biodisponibilità delle LMWH ne consente la somministrazione sottocutanea; (5) le
LMWH si legano alle proteine plasmatiche con minore avidità rispetto
all’UFH e possiedono pertanto un effetto anticoagulante più consistente.
Il monitoraggio del grado di anticoagulazione non è necessario. In caso
di sanguinamento, tuttavia, la protamina non è in grado di contrastare
l’effetto anticoagulante dell’LMWH con la stessa efficacia dimostrata
nei confronti dell’UFH. Le LMWH, inoltre, risentono in maggiore misura
di eventuali disfunzioni renali rispetto all’UFH; si deve pertanto considerare una riduzione della dose in pazienti con una clearance della
creatinina <30 mL/min. La dose standard di enoxaparina è 1 mg/kg per
via sottocutanea ogni 12 ore; il dosaggio giornaliero diventa unico nei
pazienti con clearance della creatinina <30 mL/min.
L’LMWH, quando somministrata in associazione ad ASA, si è dimostrata efficace rispetto all’ASA in monoterapia, determinando una riduzione del 66% delle probabilità di morte o di IM.98 Studi preliminari
con enoxaparina hanno mostrato una riduzione del 20% di mortalità,
IM o ischemia ricorrente rispetto all’UFH.102 In due studi più recenti,
l’enoxaparina si è dimostrata non inferiore rispetto all’UFH.103,104 In una
metanalisi su tutti gli studi compiuti in pazienti con SCA, l’enoxaparina
ha prodotto una riduzione statisticamente significativa del 16% delle
probabilità di morte o di IM a 30 giorni.102 L’enoxaparina fornisce un
beneficio significativo rispetto all’UFH nei pazienti con UA/NSTEMI
che vengono gestiti in modo conservativo e ai quali viene tipicamente
somministrata UFH o LMWH per almeno 48 ore, ma non nei pazienti
gestiti in maniera invasiva che vengono avviati al cateterismo coronarografico entro 24 ore.105 Il trattamento con enoxaparina è stato associato
a un eccesso di emorragie gravi rispetto all’UFH.102 Benché siano stati
approvati diversi tipi di LMWH, le evidenze depongono a favore dell’uso
dell’enoxaparina.2
FONDAPARINUX. Il fondaparinux, un pentasaccaride sintetico, è
un inibitore indiretto del fattore Xa e necessita della presenza dell’antitrombina per agire. Lo studio OASIS-5 ha confrontato il fondaparinux,
somministrato a dosaggio relativamente basso (2,5 mg per via sottocutanea una volta al giorno), con un dosaggio standard di enoxaparina
in 20.078 pazienti a elevato rischio di UA/NSTEMI. I tassi di mortalità, di
IM o di ischemia refrattaria per i primi nove giorni di trattamento sono
stati simili.106 È però importante notare che il tasso di sanguinamento
grave è stato significativamente minore – quasi della metà – nel braccio fondaparinux (2,2% vs 4,1%), così come la mortalità a 30 giorni
(2,9% vs 3,5%). Nei pazienti sottoposti a PCI, tuttavia, il fondaparinux
è stato associato a un aumento di tre volte del rischio di trombosi
catetere-correlata, una complicanza osservata anche nei pazienti con
STEMI trattati con fondaparinux.107 Una dose supplementare di UFH al
momento del cateterismo sembra ridurre al minimo il rischio di tale
problematica con il fondaparinux. Quest’ultimo, dunque, nei pazienti
con UA/NSTEMI costituisce un’alternativa associata a un rischio minore
di sanguinamento e raccomandata, in particolar modo, nei pazienti a
elevato rischio di emorragia.2
INIBITORI DIRETTI DELLA TROMBINA. Gli inibitori diretti della trombina
hanno un vantaggio potenziale sugli inibitori indiretti della trombina,
come l’UFH, l’LMWH e il fondaparinux, nel senso che non necessitano
della presenza dell’antitrombina e possono inibire la trombina legata al
coagulo. Essi non interagiscono con le proteine plasmatiche, forniscono un
livello stabile di anticoagulazione e non provocano trombocitopenia. Una
C0280.indd 1236
metanalisi compiuta su tutti gli inibitori diretti della trombina, compresi
l’irudina, la bivalirudina, l’argatroban, l’efegatran o l’inogatran (questi ultimi non disponibili in Italia), ha mostrato una modesta riduzione (del 9%)
della mortalità o dell’IM a 30 giorni, fornendo dunque evidenza a favore
dell’inibitore diretto della trombina rispetto all’eparina non frazionata.108
L’unica attuale indicazione approvata dalla Food and Drug Administration
per lepirudina e argatroban è l’anticoagulazione nei pazienti con trombocitopenia eparina-indotta e associata a patologia tromboembolica.
La bivalirudina si lega reversibilmente alla trombina. Lo studio in
aperto ACUITY ha selezionato 13.819 pazienti con UA/NSTEMI gestiti
con strategia invasiva precoce per randomizzarli a uno dei seguenti tre
trattamenti: (1) UFH o enoxaparina con o senza un inibitore della GP IIb/
IIIa, (2) bivalirudina con un inibitore della GP IIb/IIIa e (3) bivalirudina da
sola. L’endpoint primario consisteva in un outcome composito di morte,
IM, rivascolarizzazione imprevista per ischemia e grave sanguinamento a
30 giorni.109 Dal confronto diretto degli anticoagulanti – ossia dal confronto
di UFH o enoxaparina più un inibitore della GP IIb/IIIa e bivalirudina più
un inibitore della GP IIb/IIIa – non è emersa alcuna differenza in termini di
efficacia o di sanguinamento grave. Nel confronto tra il gruppo trattato con
bivalirudina in monoterapia e il gruppo trattato con UFH o enoxaparina più
un inibitore della GP IIb/IIIa non è stata rilevata alcuna differenza sotto il
profilo dell’efficacia, ma si è riscontrato un tasso significativamente minore
di sanguinamento (3,0% vs 5,7%) con bivalirudina in monoterapia.109 L’utilizzo della bivalirudina in sostituzione dell’UFH o dell’enoxaparina come
anticoagulante in pazienti in trattamento supplementare con inibitori della
GP IIb/IIIa non ha dunque modificato gli esiti di efficacia o di sicurezza,
ma la somministrazione della bivalirudina da sola (senza inibitore della
GP IIb/IIIa) è stata associata a minori casi di sanguinamento rispetto alla
combinazione di un inibitore della GP IIb/IIIa con UFH o con enoxaparina.
Lo studio ISAR-REACT 3110 ha messo a confronto l’UFH con la bivalirudina
in pazienti che avevano ricevuto 600 mg di clopidogrel. Il ridotto tasso di
sanguinamento grave con bivalirudina è stato ampiamente controbilanciato da un incremento degli eventi ischemici.
ANTICOAGULANTI ORALI. Diversi studi hanno analizzato l’anticoagulazione orale con warfarin dopo SCA, partendo dall’assunto che il trattamento
prolungato possa estendere il beneficio di un’anticoagulazione precoce
mediante un agente antitrombinico per via parenterale. Tali studi suggerivano la possibilità, qualora fosse stato raggiunto un grado sufficiente
di anticoagulazione, di ottenere un vantaggio dall’associazione di ASA
più warfarin.111,112 Nello studio WARIS, pazienti con storia di SCA nelle
precedenti otto settimane sono stati randomizzati a warfarin in monoterapia (International Normalized Ratio [INR] target da 2,8 a 4,2), ad ASA in
monoterapia (160 mg/die) o ad acido acetilsalicilico (80 mg/die) associato
a warfarin (INR target 2,0).111 Nel corso del follow-up di quattro anni, il decesso, l’IM o l’ictus tromboembolico si sono verificati nel 20% dei pazienti
in terapia con ASA da sola, nel 16,7% dei pazienti in terapia con warfarin
da solo (P = 0,03) e nel 15% dei pazienti in terapia con warfarin più ASA
(P = 0,001). I tassi di sanguinamento grave sono stati dello 0,62% per anno
di trattamento per entrambi i gruppi in terapia con warfarin e dello 0,17%
nei pazienti in terapia con ASA (P <0,001). Quindi, la combinazione ASA
più warfarin si è dimostrata più efficace rispetto all’acido acetilsalicilico in
monoterapia nella prevenzione secondaria a lungo termine, ma è stata
associata a un aumento dei casi di sanguinamento grave.
Tuttavia, dati i benefici simili osservati con clopidogrel e warfarin in associazione ad ASA, data la mancanza dell’obbligo di monitoraggio dell’INR
e dato il frequente ricorso al PCI e all’impianto di stent nella popolazione
di pazienti in cui l’utilizzo del clopidogrel è ben documentato, l’uso clinico
di ASA più warfarin resta limitato. Tra i pazienti senza stent coronarico ma
con un’altra indicazione al warfarin, come la fibrillazione atriale cronica
o la disfunzione ventricolare sinistra grave, che sono a rischio elevato di
embolizzazione sistemica, la combinazione ASA più warfarin sarebbe da
preferire come strategia antitrombotica a lungo termine. La combinazione
di tutti e tre gli agenti (ASA, clopidogrel e warfarin) a oggi non è stata
valutata su base prospettica, ma può essere associata a un elevato rischio
emorragico nel corso della terapia a lungo termine. L’utilizzo di tale combinazione talvolta è necessario dopo impianto di stent nei pazienti con
UA/NSTEMI con fibrillazione atriale o con altre forti indicazioni al warfarin.
In tali pazienti, si raccomanda di utilizzare l’acido acetilsalicilico a basso
dosaggio (da 75 a 81 mg/die), warfarin (titolato meticolosamente a un INR
compreso tra 2,0 e 2,5) e clopidogrel solo per il periodo di tempo indicato
a seconda del tipo di stent impiantato.2
INIBITORI DEL FATTORE XA. Attualmente sono oggetto di studio di fase III
due potenti inibitori diretti orali del fattore Xa con elevata biodisponibilità.
Nello studio ATLAS ACS-TIMI 46, uno studio dose-finding di fase II con rivaroxaban, l’aggiunta di tale farmaco all’ASA nei pazienti con recente SCA113
è stata associata a una significativa riduzione del 31% degli endpoint “duri”
di mortalità, di IM e di ictus, ma a un aumento del sanguinamento. Nello
studio APPRAISE, eseguito con apixaban (a breve disponibile in Italia; un
6/29/12 1:32:04 PM
1237
Decessi (n)
Conservativa
Follow-up
(mesi)
FRISC-II
45
67
24
TRUCS
3
9
12
TIMI-18
37
39
6
VINO
2
9
6
102
132
60
ISAR-COOL
0
3
1
ICTUS
15
15
12
RITA-3
RR globale (IC al 95%) 0,75 (0,63-0,90)
0,1
1
10
A favore
A favore
della terapia
della terapia
invasiva precoce conservativa
FIGURA 56.14 Metanalisi che dimostra il beneficio offerto dalla strategia invasiva standard rispetto a quella invasiva “selettiva” (conservativa) nei pazienti con angina
instabile o NSTEMI in termini di tasso di mortalità, di infarto miocardico o di riospedalizzazione nel corso del follow-up. FRISC-II = Fragmin and Fast Revascularization
During Instability in Coronary Artery Disease; ICTUS = Invasive Versus Conservative Treatment in Unstable Coronary Syndromes; ISAR-COOL = Intracoronary Stenting
With Antithrombotic Regimen Cooling-Off ; RITA-3 = Randomized Intervention Trial of Unstable Angina; RR = rischio relativo; TACTICS-TIMI 18 = Treat Angina With Aggrastat and Determine the Cost of Therapy With an Invasive or Conservative Strategy-Thrombolysis in Myocardial Infarction; TRUCS = Treatment of Refractory Unstable
Angina in Geographically Isolated Areas Without Cardiac Surgery; VINO = Value of First Day Coronary Angiography/Angioplasty in Evolving Non-ST-Segment Elevation
Myocardial Infarction. (Da Bavry AA, Kumbhani DJ, Rassi AN, et al.: Benefit of early invasive therapy in acute coronary syndromes: A meta-analysis of contemporary randomized
clinical trials. J Am Coll Cardiol 48:1319, 2006.)
inibitore del fattore Xa con caratteristiche simili a quelle del rivaroxaban),
sono stati osservati un incremento dose-correlato del sanguinamento
e una tendenza verso la riduzione degli eventi ischemici.114 In entrambi
gli studi, la riduzione degli eventi ischemici è sembrata essere maggiore
con l’associazione ASA più un inibitore del fattore Xa, mentre i casi di sanguinamento sono stati più numerosi nel gruppo in triplice terapia (ASA,
clopidogrel e inibitore del fattore Xa).
Gli studi di fase III in atto chiariranno il ruolo clinico di questa classe
terapeutica.
ANTAGONISTI DEL RECETTORE ATTIVATO DALLE PROTEASI (PAR-1). La trombina stimola in modo potente le piastrine attivando il PAR-1. L’inibitore del
recettore della trombina vorapaxar (non disponibile in Italia) è capace di
bloccare tale interazione.115-117 Questo antagonista del recettore della trombina è stato testato in uno studio di fase II in pazienti sottoposti a PCI, dimostrando una tendenza a una minore incidenza di morte o di IM ma senza un
aumento del sanguinamento.118 Attualmente è in studio in due grandi trial
di fase III: il primo, ossia lo studio TRACER (Thrombin
Receptor Antagonist for Clinical Events Reduction)
coinvolge pazienti con storia recente di SCA; il secondo
è condotto su pazienti con CAD cronica.119
Strategie di trattamento e
interventi
30
Esistono due approcci generali all’impiego del cateterismo cardiaco e della rivascolarizzazione nell’UA/
NSTEMI: (1) una strategia invasiva precoce, che impiega il cateterismo cardiaco precoce seguito da
PCI, CABG o la prosecuzione della terapia medica, a
seconda dell’anatomia coronarica; (2) un approccio
più conservativo, la cui gestione iniziale è di tipo medico,mentre il cateterismo viene riservato ai pazienti
con ischemia ricorrente a riposo o nel corso di un
test da sforzo a cui può seguire, se l’anatomia è idonea, la rivascolarizzazione. A oggi, i vantaggi relativi
di queste due strategie sono stati studiati in 10 trial
randomizzati. I primi tre e lo studio più recente non
hanno dimostrato una differenza significativa; tuttavia,
sei studi hanno evidenziato un beneficio significativo
con la terapia invasiva precoce (Fig. 56.14).119-121
20
Nello studio FRISC II, il braccio conservativo presentava un’elevata soglia per il cateterismo, pertanto è
C0280.indd 1237
stata osservata un’ampia differenza in termini di tasso di rivascolarizzazione tra la strategia di tipo invasivo e quella di tipo conservativo. Nel corso
del follow-up di cinque anni, la mortalità per tutte le cause o l’incidenza di
IM è stata più bassa, mentre la mortalità si è ridotta significativamente nei
pazienti a rischio elevato al basale ma non in quelli a basso rischio.122
Nello studio TACTICS-TIMI 18 il tasso di mortalità, di IM o di riospedalizzazione per SCA a sei mesi (endpoint primario) è calato significativamente,
dal 19,4% del gruppo conservativo al 15,9% del gruppo invasivo precoce.15
Nei pazienti con livello di troponina I >0,1 ng/mL è stata osservata una
significativa riduzione del 39% del rischio relativo nell’endpoint primario
con la strategia invasiva vs quella conservativa, mentre i pazienti con
troponina negativa hanno avuto esiti simili con entrambe le strategie
(Fig. 56.15). Con il punteggio di rischio TIMI la strategia invasiva precoce
è risultata significativamente vantaggiosa nei pazienti a rischio intermedio
(punteggio da 3 a 4) e nei pazienti ad alto rischio (da 5 a 7), mentre i pazienti a basso rischio (da 0 a 2) hanno presentato esiti simili con entrambe
Morte, IM, Riospedalizzazione per SCA a 6 mesi
P = NS
%
25
15
14,5
P <0,001
24,2
30
P = NS
26,3 P <0,001
25
20
16,9
15,3 15,6
14,8*
16,4*
15
10
10
5
5
0
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
Invasiva
Studio
0
TNT –
TNT +
Nessuna
modificazione ST
Modificazioni
ST
CONS
INV
FIGURA 56.15 Stratificazione del rischio in funzione della troponina (TnT) o delle modificazioni del
tratto ST per determinare il beneficio ottenuto con una strategia invasiva precoce (INV) rispetto a una
strategia conservativa (CONS) nello studio TACTICS-TIMI 18. (Da Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA,
et al.: Comparison of early invasive and conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes
treated with the glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofiban. N Engl J Med 344:1879, 2001.)
6/29/12 1:32:04 PM
1238
CAPITOLO 56
le strategie15 (si veda Fig. 56.6B). È interessante notare
che la strategia invasiva ha anche avuto un buon profilo
di costo-efficacia, con un costo stimato per anno di vita
guadagnato di 12.739 dollari, come riscontrato nello
studio TACTICS-TIMI 18.123
Anche lo studio RITA-3 ha dimostrato un beneficio
della strategia invasiva precoce, con una riduzione relativa del 34% degli endpoint primari di morte, IM o di
angina refrattaria a quattro mesi; tale beneficio è stato
conferito principalmente da una riduzione dell’angina refrattaria. A cinque anni è stata documentata una
significativa riduzione del tasso di mortalità cardiovascolare nel braccio invasivo precoce.124 Nello studio più
recente (ICTUS) che ha esaminato un approccio invasivo rispetto a uno conservativo, tutti i pazienti hanno
ricevuto ASA, enoxaparina e abciximab per PCI, seguiti
da una terapia con statine ad alte dosi. A un anno non
è stata rilevata alcuna differenza significativa nel tasso
degli endpoint primari – decesso, IM o riospedalizzazione per angina.125 In questo studio è stata impiegata una
soglia molto bassa per la definizione di IM periprocedurale, pertanto si è verificato un tasso molto più elevato
di IM periprocedurale rispetto agli studi precedenti, il
che ne spiega, almeno in parte, i risultati contrastanti.
Anche nello studio ICTUS, tuttavia, il rischio di riospedalizzazione è stato significativamente inferiore nel
braccio invasivo.
DONNE
Numero
OR (IC al 95%)
CK-MB o troponina +
1.545
0,73 (0,57-0,93)
CK-MB o troponina −
1.487
0,95 (0,64-1,42)
CK-MB o troponina +
4.597
0,71 (0,52-0,97)
CK-MB o troponina −
2.377
0,77 (0,58-1,02)
0,27
UOMINI
0,70
0,2
1,0
5,0
A favore
A favore
della strategia
della strategia
invasiva
conservativa
Randomizzazione alla fine del follow-up a lungo termine
FIGURA 56.16 Metanalisi relativa al beneficio offerto da una strategia invasiva standard rispetto a
una strategia “selettiva” (conservativa) nei pazienti con angina instabile o NSTEMI in termini di tasso
di mortalità, di infarto miocardico o di riospedalizzazione nel corso del follow-up, con distinzione per
sesso. (Da O’Donoghue M, Boden WE, Braunwald E, et al.: Early invasive vs. conservative treatment strategies
in women and men with unstable angina and non-ST-segment elevation myocardial infarction. A metaanalysis. JAMA 300:71, 2008.)
Una metanalisi degli studi più recenti ha confermato una significativa riduzione complessiva della
mortalità, dell’IM o della riospedalizzazione e della
mortalità nel corso del follow-up (si veda Fig. 56.14).121 Una metanalisi
collaborativa sesso-specifica ha dimostrato il beneficio di una strategia
invasiva in tutti i pazienti maschi e nelle pazienti femmine a rischio elevato, ma non nelle donne a basso rischio, in accordo con le linee guida
del 2007120 (Fig. 56.16; si veda Fig. 81.6). Le analisi dei sottogruppi di
registri e di studi clinici hanno dimostrato il vantaggio di una strategia
invasiva precoce tra le donne,120 gli anziani126 e i pazienti con insufficienza renale cronica127 – gruppi che hanno meno probabilità di essere
sottoposti a coronarografia precoce.
Indicazioni per le strategie di gestione
invasive vs conservative
Sulla base di diversi studi randomizzati e metanalisi eseguiti di recente,
la strategia invasiva precoce risulta essere attualmente raccomandata
nei pazienti con UA/NSTEMI che presentano modificazioni del tratto
ST o positività per la troponina al ricovero o che sviluppano tali caratteristiche di rischio elevato nel corso delle successive 24 ore. Altri
indicatori di rischio elevato, come l’ischemia ricorrente o l’evidenza di
insufficienza cardiaca congestizia, rappresentano ulteriori indicazioni
a una strategia invasiva precoce.Viene inoltre consigliata una strategia
invasiva precoce nei pazienti che sviluppano UA/NSTEMI entro sei
mesi da una precedente PCI e in quelli in cui la causa della SCA possa
essere la restenosi. Un approccio invasivo precoce è indicato anche nei
pazienti interessati da UA/NSTEMI con pregresso CABG.2
Lo studio ISAR-COOL (Intracoronary Stenting with Antithrombotic
Regimen Cooling-Off) ha riscontrato che l’avvio di una strategia invasiva
immediata con un tempo medio di sole due ore tra la randomizzazione
e il cateterismo offre un beneficio rispetto alla strategia invasiva ritardata,
nella quale il tempo medio intercorso prima del cateterismo è stato di
quattro giorni.128 Lo studio TIMACS ha confrontato l’angiografia precoce
(mediana = 14 ore dalla randomizzazione) con quella tardiva (mediana = 50 ore dalla randomizzazione),129 dimostrando un trend verso la
riduzione dell’endpoint primario nei pazienti con punteggio GRACE
elevato. L’angiografia precoce è stata inoltre associata a una significativa
riduzione del 28% dell’endpoint secondario di mortalità, IM e ischemia
refrattaria. Entrambi gli studi hanno fornito evidenze a sostegno della strategia invasiva molto precoce, soprattutto nei pazienti a rischio elevato.
INTERVENTO CORONARICO PERCUTANEO (PCI) (Cap. 58). Gli attuali tassi
di successo del PCI sono elevati, in genere >95%, benché la presenza
dell’UA/NSTEMI o la visualizzazione di un trombo possano incrementare
il rischio di complicanze acute, come l’occlusione improvvisa e l’IM. In
C0280.indd 1238
Interazione
della P
tali pazienti, pertanto, l’utilizzo degli inibitori della GP IIb/IIIa o di una
tienopiridina (clopidogrel o prasugrel) migliora sia gli esiti acuti sia quelli
a lungo termine dopo PCI. L’impianto di stent medicati riduce il rischio di
restenosi, ma la procedura implica un rischio di trombosi intrastent tardiva,
soprattutto in caso di sospensione del clopidogrel. Nei pazienti trattati con
tale modalità, questa grave complicanza può essere ridotta con la duplice
terapia antiaggregante (ossia ASA in associazione con una tienopiridina)
a lungo termine (almeno un anno o anche più a lungo).
INTERVENTO CORONARICO PERCUTANEO VS BYPASS AORTOCORONARICO. Diversi studi hanno confrontato PCI e CABG in pazienti con cardiopatia
ischemica cronica, molti dei quali con diagnosi di UA/NSTEMI (Cap. 58).
Sulla base dei risultati, il CABG risulta essere raccomandato nei pazienti con
malattia del tronco comune, oltre che nei soggetti con malattia multivasale
e con disfunzione ventricolare sinistra o diabete mellito. Quanto agli altri
pazienti trattati in maniera invasiva, di norma si ricorre al PCI se l’anatomia
coronarica risulta idonea; in caso contrario, il CABG diventa il trattamento
di scelta. Il PCI si associa a morbilità e mortalità iniziali lievemente inferiori rispetto al CABG, ma richiederà probabilmente la ripetizione della
procedura in futuro.
Altre terapie
INIBITORI DELL’ENZIMA DI CONVERSIONE DELL’ANGIOTENSINA E ANTAGONISTI DEL RECETTORE DELL’ANGIOTENSINA. Grandi trial hanno documentato un beneficio dello 0,5% in termini
di mortalità assoluta in caso di terapia precoce (iniziata entro 24 ore)
con l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) nei pazienti con
IM acuto. Lo studio ISIS-4, tuttavia, non ha dimostrato alcun vantaggio
nei pazienti senza sopraslivellamento del tratto ST.49 L’utilizzo a lungo
termine di ACE-inibitori previene gli eventi ischemici ricorrenti e la
mortalità (Cap. 55). Gli antagonisti del recettore dell’angiotensina (ARB)
possono sostituire gli ACE-inibitori sulla base dello studio VALIANT
(Valsartan in Acute Myocardial Infarction Trial), che ha dimostrato esiti
equivalenti nei pazienti post-IM trattati con l’ACE-inibitore captopril e
l’ARB valsartan.130 Gli ARB sono indubbiamente indicati nei pazienti
che non riescono a tollerare gli ACE-inibitori.
TERAPIA IPOLIPEMIZZANTE. Il trattamento a lungo termine con
la terapia ipolipemizzante, soprattutto con le statine, si è dimostrato
benefico nei pazienti che hanno avuto IM acuto e UA/NSTEMI (Capp. 47
e 55).131 In un sottogruppo prespecificato di oltre 3.200 pazienti con
angina instabile coinvolte nello studio LIPID (Long-Term Intervention
with Pravastatin in Ischemic Disease) la terapia con pravastatina ha
comportato una riduzione significativa del 26% della mortalità totale.132
Sono stati inoltre descritti benefici prognostici a lungo termine rispetto
6/29/12 1:32:04 PM
5
Pravastatina 40 mg
4
3
2
Atorvastatina 80 mg
1
HR = 0,72 (IC 0,52-0,99)
P = 0,046
0
0
5
10
15
20
25
30
GIORNI DALLA RANDOMIZZAZIONE
FIGURA 56.17 Vantaggio offerto da una terapia intensiva con statina avviata
precocemente dopo sindrome coronarica acuta (SCA) nello studio PROVE IT-TIMI
22. È stata osservata una significativa riduzione degli eventi nei primi 30 giorni.
(Modificata da Ray KK, Cannon CP, McCabe C, et al: Early and late benefits of highdose atorvastatin in patients with acute coronary syndromes: Results from the PROVE
IT-TIMI 22 Trial. J Am Coll Cardiol 46:1405, 2005.)
al placebo quando la somministrazione di statine viene avviata in
ospedale nel corso di una SCA.133
Nello studio PROVE IT-TIMI 22, condotto su 4.162 pazienti arruolati
mediamente entro 10 giorni dalla SCA, la terapia ipolipemizzante intensiva con atorvastatina 80 mg ha determinato una riduzione del 16%
dell’endpoint primario e una riduzione del 25% della mortalità, dell’IM
o della rivascolarizzazione urgente rispetto alla terapia ipolipemizzante
moderata con pravastatina (40 mg).134 Un beneficio è emerso soltanto a 30 giorni dalla randomizzazione,135 sottolineando l’importanza
di avviare precocemente la terapia intensiva con statina dopo SCA
(Fig. 56.17). Le concentrazioni medie delle lipoproteine a bassa densità
(LDL) ottenute nei due bracci sono state rispettivamente pari a 62 mg/dL
e 95 mg/dL. In parte sulla base di tali risultati, l’Adult Treatment Panel
III del National Cholesterol Education Program ha rilasciato un aggiornamento in cui si raccomanda un nuovo target terapeutico opzionale
per le LDL <70 mg/dL nei pazienti a rischio elevato con cardiopatia
ischemica cronica, come quelli con storia di SCA.136
Dopo lo studio PROVE IT-TIMI 22, sono stati pubblicati quattro ulteriori studi sulla terapia intensiva vs moderata (standard) con statine, uno
dei quali condotto su pazienti con esperienza di SCA e i restanti tre su
pazienti con CAD stabile. Una metanalisi
dei quattro studi pubblicati ha dimostrato
una riduzione significativa del 16% della
morte per causa coronarica o infartuale
mediante terapia intensiva vs terapia standard con statine (Fig. 56.18).137
Secondo le linee guida ACC/AHA la
PROVE IT-TIMI 22
terapia intensiva con statine dovrebbe
essere avviata almeno al momento della
A-to-Z
dimissione ospedaliera, ma cinque studi
randomizzati di dimensioni medio-piccole
hanno riscontrato un beneficio anche in
TNT
caso di terapia intensiva con statine avviata prima del PCI.138 Ciò suggerirebbe che
IDEAL
la terapia con dosi elevate di statine debba
essere iniziata al momento del ricovero.
Prevenzione secondaria a lungo termine
dopo UA/NSTEMI (Cap. 49)
Il momento della dimissione ospedaliera dopo UA/NSTEMI si delinea
come “momento educativo” per il paziente,139 laddove il medico e il
personale possono riesaminare e ottimizzare il regime terapeutico per
il trattamento a lungo termine. La modificazione dei fattori di rischio
è di fondamentale importanza e comprende la discussione con il paziente (a seconda dei fattori di rischio presenti) circa l’importanza di
abbandonare il fumo, raggiungere un peso corporeo ottimale, praticare
attività fisica, seguire una dieta appropriata, ottenere un buon controllo
della pressione arteriosa, mantenere sotto controllo l’iperglicemia
nei pazienti diabetici e sottoporsi alla terapia intensiva con statine
(Tab. 56.5). Il trattamento a lungo termine deve prevedere sei classi
terapeutiche che hanno dimostrato di migliorare la prognosi dopo UA/
NSTEMI in grandi trial randomizzati, ognuna delle quali può contribuire alla stabilità clinica a lungo termine in modi differenti:
1. Riduzione intensiva del colesterolo LDL con statine a elevato
dosaggio.134,137,140
2. ACE-inibitori o ARB: raccomandati per il trattamento a lungo termine in quanto suscettibili di favorire la stabilizzazione della placca
e ritardare la progressione dell’aterosclerosi.
Odds ratio (IC al 95%)
OR, 0,84
IC al 95%, 0,77-0,91
P = 0,00003
Totale
Riepilogo: gestione acuta
dell’UA/NSTEMI
La valutazione dei pazienti con UA/NSTEMI inizia con l’esame clinico, l’elettrocardiogramma e la misurazione dei biomarcatori cardiaci per la valutazione (1)
della probabilità di CAD e (2) del rischio
di morte o di eventi cardiaci ricorrenti. I
pazienti con una bassa probabilità di UA/
C0280.indd 1239
Numero
Riduzione
eventi/totale (%)
delle
probabilità Alta dose Dose standard
0,66
Alta dose migliore
1
–17%
147/2.099
(7,0)
172/2.063
(8,3)
–15%
205/2.265
(9,1)
235/2.232
(10,5)
–21%
334/4.995
(6,7)
418/5.006
(8,3)
–12%
411/4.439
(9,3)
463/4.449
(10,4)
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
PERCENTUALE DI PAZIENTI
CON MORTE, IM
O RIOSPEDALIZZAZIONE PER SCA
1239
NSTEMI in atto devono essere sottoposti a un “percorso diagnostico”
che preveda elettrocardiogrammi seriati, marcatori cardiaci e un test da
sforzo precoce per la valutazione della CAD. Ciò può essere realizzato
di frequente in un reparto di osservazione o in un ospedale dotato di
pronto soccorso. I pazienti con storia clinica che depone fortemente
per UA/NSTEMI devono essere sottoposti a stratificazione del rischio
mediante un sistema di punteggio clinico, come l’indice di rischio TIMI
o il GRACE,43,44 oltre che alla misurazione della troponina. I soggetti a
basso rischio devono essere trattati con terapia antiaggregante con acido
acetilsalicilico e clopidogrel, ma anche con anticoagulanti, nitrati e bloccanti. Una strategia inizialmente conservativa è adeguata nei pazienti a basso rischio. Nei soggetti a rischio intermedio-elevato (ad es. quelli
con troponina positiva, slivellamento del tratto ST, punteggio di rischio
TIMI >3) devono essere impiegati i farmaci summenzionati, preferendo
una strategia invasiva precoce. L’inibizione della GP IIb/IIIa rappresenta
un utile trattamento supplementare nei pazienti instabili o al momento
del PCI. Il clopidogrel andrebbe somministrato al ricovero. Nei pazienti in
cui si intende utilizzare il prasugrel, si raccomanda di omettere la dose
di carico di clopidogrel al momento della presentazione.
–16% 1.097/13.798 1.288/13.750
(8,0)
(9,4)
1,5
Alta dose peggiore
FIGURA 56.18 Metanalisi degli studi condotti sulla terapia intensiva con statina rispetto a quella standard che mostra
una significativa riduzione del 16% del rischio di morte per cause coronariche o di infarto miocardico (P <0,0001). Studio
A-to-Z = Aggrastat-to-Zocor; studio IDEAL = Incremental Decrease in End Points Through Aggressive Lipid-Lowering;
studio PROVE IT-TIMI 22 = Pravastatin or Atorvastatin Evaluation and Infection Therapy-Thrombolysis In Myocardial
Infarction 22; studio TNT = Treating to New Targets. (Da Cannon CP, Steinberg BA, Murphy SA, et al.: Meta-analysis of
cardiovascular outcomes trials comparing intensive versus moderate statin therapy. J Am Coll Cardiol 48:438, 2006.)
6/29/12 1:32:05 PM
1240
TABELLA 56.5
Check list cardiologica per l’UA/NSTEMI*
CHECK LIST CARDIOLOGICA — RICOVERO
Data del ricovero: _________
CHECK LIST CARDIOLOGICA – DIMISSIONE
Data del ricovero: _________
Nome del paziente: ______________________________________________ Nome del paziente: _____________________________________________
(Nome e cognome)
(Nome e cognome)
CAPITOLO 56
Breve anamnesi: ________________________________________________ Breve anamnesi:________________________________________________
Farmaci:
1. Acido acetilsalicilico………………………………………………
2. Clopidogrel o ticagrelor……………………………………………
3. Eparina, LMWH o altro anticoagulante ……………………………
4. Inibitore della GP IIb/IIIa……………………………………………
5. β-bloccante…………………………………………………………
6. Nitrato………………………………………………………………
7. ACE-inibitore ………………………………………………………
Interventi:
8. Cateterismo/rivascolarizzazione per ischemia ricorrente o nei pazienti
a rischio intermedio/elevato …………………………………………
Modificazione dei fattori di rischio:
9. Controllo e trattamento dell’ipercolesterolemia
secondo necessità……………………………………………………
10. Trattamento degli altri fattori di rischio
(ad es. tabagismo)……………………………………………………
Farmaci:
1. Acido acetilsalicilico (basso dosaggio)……………………………
2. Clopidogrel/prasugrel/ticagrelor…………………………………
3. Statina (elevato dosaggio)…………………………………………
4. ACE-inibitore………………………………………………………
5. β-bloccante………………………………………………………
Interventi:
6. Controllo dell’LDL………………………………………………
7. Controllo della pressione arteriosa………………………………
8. Controllo del diabete……………………………………………
9. Assistenza per l’abolizione del fumo (se del caso) ………………
10. Riabilitazione cardiaca/
modificazione dello stile di vita…………………………………
*Queste semplici liste servono come promemoria per le terapie raccomandate dalle linee guida, come l’acido acetilsalicilico, il clopidogrel, l’eparina o le LMWH. Questa “check list cardiologica”
può essere utilizzata in due modi: il medico può serbarne una copia in un piccolo schedario o su un palmare e consultarla quando esegue il ricovero dei pazienti, oppure può essere utilizzata
per sviluppare procedure codificate per l’UA/NSTEMI – in formato cartaceo o elettronico. Si consulti il testo per indicazioni più dettagliate sulle specifiche indicazioni e controindicazioni
ai farmaci.
ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; GP = glicoproteina; LDL = lipoproteina bassa densità; LMWH = eparina a basso peso molecolare.
3. -bloccanti: indicati per la terapia anti-ischemica, possono aiutare
a ridurre i fattori di innesco dell’IM nel corso del follow-up.
4. Terapia antiaggregante: l’associazione di una bassa dose di acido
acetilsalicilico con un inibitore del recettore P2Y12 per almeno un
anno conferisce un beneficio clinico, prevenendo o attenuando la
gravità di eventuali trombosi secondarie a rottura di una placca e
riducendo l’entità della trombosi in caso di impianto di stent. Una
duplice terapia antiaggregante di più lunga durata può risultare
appropriata nei pazienti a rischio elevato di eventi ischemici
ricorrenti e viene generalmente raccomandata nei pazienti con
stent medicati.
5. Programmi di abolizione del fumo: provvedimenti che possono
contemplare centri antifumo, cerotti o gomme alla nicotina, somministrazione dell’ansiolitico bupropione o dell’agonista parziale
dell’acetilcolina vareniclina, vanno caldamente incoraggiati.141
6. Programmi di riabilitazione cardiologica basata sull’esercizio
associati a informazioni sul controllo del peso corporeo, sulla
dieta e sull’aderenza ai farmaci.
Nel contesto della terapia medica a lungo termine, le varie componenti dell’aterotrombosi possono pertanto essere gestite con un
approccio multifattoriale.
ESPERIENZE DEI REGISTRI. Un problema significativo ravvisato
nella pratica clinica è che una grande percentuale di pazienti dopo
UA/NSTEMI non viene sottoposta a terapie coerenti con le raccomandazioni delle linee guida. Molti ampi registri, negli Stati Uniti e in tutto
il mondo, hanno documentato che dal 10 al 15% dei pazienti non riceve alcuna terapia antitrombotica e dal 40 al 50% dei pazienti gestiti
farmacologicamente non riceve clopidogrel, nonostante l’esistenza
di raccomandazioni di classe I.142,143 Questi dati suggeriscono che in
aggiunta allo sviluppo di linee guida e alla formazione professionale,
occorrono strumenti specifici per assicurare che le raccomandazioni
delle linee guida vengano implementate nel singolo paziente. L’aspetto
più importante è che la mancata aderenza alle linee guida si associa
a esiti avversi.144 Paradossalmente, i pazienti a elevato rischio di eventi
ricorrenti (gli anziani e i pazienti con diabete mellito, disfunzione renale
e insufficienza cardiaca) avevano una minore probabilità rispetto ai
pazienti a basso rischio di ricevere terapie coerenti con le raccomandazioni delle linee guida.145
C0280.indd 1240
ALGORITMI CRITICI E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ. Gli
algoritmi critici e il processo di miglioramento continuo della qualità
(CQI) rappresentano strumenti utili per perseguire il miglioramento
delle cure (Cap. 5).146,147 Gli algoritmi critici sono protocolli standardizzati per la gestione di specifiche patologie (ad es. la SCA) il cui scopo
è quello di ottimizzare e semplificare il trattamento del paziente.148 In
generale, tali algoritmi comprendono set codificati di procedure (“order
set”), anche su supporto informatico, o semplici schede tascabili, promemoria o liste delle terapie appropriate. Il processo di implementazione
degli algoritmi comprende solitamente un’adeguata formazione del
personale medico e infermieristico, ivi incluse presentazioni in riunione
plenaria, nel servizio corrente e altri incontri a finalità educativa in tutta
l’istituzione coinvolgendo le persone implicate nell’assistenza. Un altro
elemento chiave per un progetto globale di CQI è la valutazione dell’impiego effettivo delle terapie raccomandate dalle linee guida.148
MIGLIORAMENTO DEGLI ESITI CON GLI ALGORITMI CRITICI.
Attualmente esistono diversi studi di qualità i quali dimostrano che
l’utilizzo di algoritmi critici è in grado di migliorare il livello delle cure.
Il programma GWTG (Get With The Guidelines) dell’American Heart
Association ha l’obiettivo di sostenere e favorire il miglioramento della
qualità dell’assistenza ai pazienti affetti da patologie cardiovascolari. Il
programma GWTG-CAD comprende sessioni di apprendimento, sessioni
didattiche, condivisione di best-practice, gruppi di studio interattivi,
follow-up post meeting e un software di gestione pazienti basato su
internet che consente la raccolta dati e un riscontro sui dati ospedalieri
in tempo reale e fornisce un supporto alle decisioni cliniche in modo
da consentire un miglioramento rapido del ciclo, oltre a includere un
programma di identificazione delle prestazioni.147 La partecipazione al
programma GWTG-CAD migliora l’utilizzo di terapie quali ASA, -bloccanti, ACE-inibitori e statine al momento della dimissione ospedaliera.
Anche il programma GAP (Guidelines Applied in Practice) sponsorizzato dall’American College of Cardiology ha fornito importanti
dati multicentrici a sostegno dell’efficacia degli algoritmi critici.149 Una
migliore aderenza all’utilizzo delle terapie raccomandate dalle linee
guida si associa a minore mortalità (Fig. 56.19). Nel programma GAP, i
pazienti le cui documentazioni cliniche dimostravano l’utilizzo di algoritmi e strumenti critici hanno registrato i tassi più elevati di trattamento
con le terapie raccomandate e una prognosi migliore.149
6/29/12 1:32:05 PM
8
7
6
5
4
3
2
1
0
1
2
3
4
QUARTILI DI ADERENZA OSPEDALIERA
COMPLESSIVA ALLE LINEE GUIDA
FIGURA 56.19 Associazione tra aderenza ospedaliera alle linee guida e mortalità intraospedaliera. Gli ospedali nel primo quartile hanno avuto l’aderenza più
scarsa. (Modificata da Peterson ED, Roe MT, Mulgund J, et al.: Association between
hospital process performance and outcomes among patients with acute coronary
syndromes. JAMA 295:1912, 2006.)
Angina variante di Prinzmetal
Nel 1959, Prinzmetal et al. hanno descritto una sindrome caratterizzata
da dolore ischemico che si verificava a riposo, associata a sopraslivellamento del tratto ST.150 Questa sindrome, nota come angina variante di
Prinzmetal (AVP), può essere associata a IM acuto, tachicardia o fibrillazione ventricolare e morte cardiaca improvvisa. L’incidenza dell’AVP
è sempre stata più elevata in Giappone rispetto ai Paesi occidentali, ma
nel mondo l’incidenza sembra essere calata drasticamente nel corso
degli ultimi trent’anni; tale declino può essere correlato, in parte, all’uso
più aggressivo dei calcio-antagonisti per l’ipertensione.151
Meccanismi
L’ipotesi iniziale di Prinzmetal et al. era che l’angina variante derivasse da
aumenti temporanei del tono vasomotorio coronarico, o vasospasmo. Il
vasospasmo coronarico nell’AVP non va confuso con la vasocostrizione
generalizzata sia dei grandi sia dei piccoli vasi coronarici, una normale risposta a stimoli come l’esposizione al freddo; quest’ultima risposta, benché
molto estesa nel letto vascolare coronarico, è molto meno intensa.
I precisi meccanismi responsabili dell’AVP non sono chiari, ma prevale l’ipotesi di una riduzione della produzione di ossido nitrico da parte
dell’endotelio dell’arteria coronaria o di uno sbilanciamento tra fattori di
rilassamento e di contrattilità prodotti dall’endotelio.152 È stata documentata anche un’aumentata attività della fosfolipasi C (PLC). Dato che la PLC
(attraverso l’attivazione della via dell’inositolo trifosfato) mobilizza il Ca2+
dalle scorte intracellulari, essa può incrementare la contrazione delle cellule
muscolari lisce.153
Un’origine infiammatoria è invece sostenuta dal riscontro in molti pazienti di elevati livelli di hsPCR sierica.154 Anche i polimorfismi del recettore
2 presinaptico e 2 postsinaptico possono associarsi all’AVP.155
Reperti istologici di pazienti con AVP sottoposti ad aterectomia coronarica suggeriscono che un vasospasmo coronarico ripetitivo possa
provocare una lesione vascolare e condurre alla formazione di iperplasia
neointimale in corrispondenza del sito iniziale dello spasmo, che a sua
volta in alcuni pazienti è in grado di determinare una rapida progressione
della stenosi coronarica. La diagnostica per immagini con metaiodobenzilguanidina marcata con iodio 123 (123I-MIBG) ha dimostrato la presenza
di denervazione simpatica regionale miocardica nell’area di distribuzione
del vaso in cui si sviluppa il vasospasmo.156
Reperti clinici e di laboratorio
I pazienti con AVP di solito sono più giovani dei pazienti con angina
cronica stabile o con angina instabile secondaria ad aterosclerosi
coronarica e molti di essi non esibiscono i classici fattori di rischio
coronarici, tranne che per il fatto di essere spesso forti fumatori di
sigarette. Il dolore anginoso è di frequente estremamente severo e può
accompagnarsi a sincope correlata a blocco atrioventricolare, asistolia
o tachiaritmie ventricolari.156
C0280.indd 1241
ELETTROCARDIOGRAMMA. La chiave della diagnosi dell’AVP è il rilevamento di uno sopraslivellamento sporadico del tratto ST, spesso
accompagnato da dolore toracico severo, che di solito insorge a riposo
(Fig. 56.20). Molti pazienti mostrano anche episodi ripetuti di sopraslivellamento asintomatico (silente) del tratto ST. Le deviazioni del tratto ST
possono presentarsi in ogni derivazione, a seconda dell’arteria coinvolta.
Talvolta, in seguito a test pressorio a freddo ("cold pressor test") si scatenano gravi aritmie. Durante gli episodi di ischemia possono verificarsi
disturbi transitori della conduzione. Nei pazienti con attacchi prolungati
di AVP può prodursi un danno miocardiocitario in assenza di modificazioni
persistenti all’elettrocardiogramma. Casi di STEMI indotto da vasospasmo
coronarico in assenza di CAD ostruttiva angiograficamente dimostrabile
sono stati ben documentati.159
La prova da sforzo nei pazienti con AVP può determinare risposte variabili. Una percentuale di pazienti approssimativamente uguale mostra sottoslivellamento del tratto ST, nessuna modificazione o sopraslivellamento
del tratto ST. Tali alterazioni riflettono la presenza di sottostante CAD fissa
in alcuni pazienti, l’assenza di lesioni significative in altri e l’induzione di
vasospasmo secondario a esercizio nei rimanenti. Il monitoraggio elettrocardiografico ambulatoriale o l’utilizzo di un trasmettitore telefonico
possono essere di aiuto nella registrazione di sopraslivellamenti del tratto
ST nel corso di episodi sintomatici.
Gravi casi di aritmie sono stati descritti, compresi disfunzione del
nodo del seno determinante asistolia o sincope, blocco atrioventricolare
completo, tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare e morte cardiaca improvvisa.160,161 L’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore
automatico può talora rivelarsi necessario.162
CORONAROGRAFIA (Cap. 21). Lo spasmo di un’arteria coronaria prossimale con conseguente ischemia transmurale e anomalie della funzionalità
del ventricolo sinistro rappresentano i capisaldi diagnostici dell’AVP (si veda
Fig. 56.20). I pazienti con lieve occlusione coronarica fissa o senza tale condizione tendono a sperimentare un decorso più benigno rispetto a quelli
con AVP associata a gravi lesioni ostruttive.163 Il processo vasospastico quasi
sempre interessa ampi segmenti dei vasi epicardici in una singola sede,
ma in tempi differenti possono essere colpite altre aree. L’arteria coronaria
destra è la sede più frequente, seguita dall’arteria coronaria discendente
anteriore. Il vasospasmo contemporaneo di tutte e tre le principali arterie
coronarie può simulare la malattia aterosclerotica dei tre vasi.164
TEST PROVOCATIVI
ERGONOVINA. Sono stati sviluppati diversi test per la valutazione del
vasospasmo coronarico. Di questi, il test all’ergonovina è il più sensibile.
L’ergonovina maleato, un alcaloide della segale cornuta, stimola sia i recettori -adrenergici sia quelli serotoninergici, pertanto esercita un effetto
vasocostrittore diretto sulla muscolatura cellulare liscia, potendo indurre
vasospasmo coronarico.
Quando viene somministrata per via endovenosa in boli crescenti
da 0,05 a 0,20 mg, l’ergonovina fornisce un test sensibile e specifico per
la provocazione dello spasmo dell’arteria coronaria. La maggior parte
dei pazienti sviluppa una risposta all’ergonovina a una dose inferiore ai
0,20 mg. A basse dosi, e in condizioni cliniche attentamente controllate,
l’ergonovina è un farmaco relativamente sicuro, ma un vasospasmo coronarico prolungato indotto dall’uso di ergonovina può causare IM. A volte
si sviluppano disturbi della conduzione (blocchi cardiaci) o tachiaritmie
gravi. A causa di questi rischi, si raccomanda di somministrare l’ergonovina
soltanto a pazienti nei quali la coronarografia abbia dimostrato delle coronarie normali o quasi normali e di aumentare il dosaggio gradualmente,
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
MORTALITÀ INTRAOSPEDALIERA (%)
1241
Gli attacchi di AVP tendono a insorgere tra la mezzanotte e le otto
del mattino157 e spesso si verificano in gruppi di due o tre entro 30-60
minuti. Sebbene la tolleranza all’esercizio sia generalmente preservata
nei pazienti con AVP, in alcuni di essi si evidenzia precordialgia tipica
e sopraslivellamenti del tratto ST non solo a riposo ma anche durante
o dopo l’esercizio. I pazienti con associazione di AVP e grave coronaropatia ostruttiva possono sviluppare sia angina indotta dall’esercizio
con sottoslivellamento del tratto ST sia episodi di angina a riposo con
sopraslivellamento del tratto ST. In alcuni pazienti si può osservare
una chiara relazione tra stress emotivi ed episodi di vasospasmo coronarico, in linea con quanto documentato da alcuni studi i quali
ipotizzano che nei pazienti con AVP lo sbilanciamento simpato-vagale
possa precipitare il vasospasmo. In casi rari, l’AVP si sviluppa in seguito a rivascolarizzazione mediante bypass aortocoronarico e può
verificarsi in prossimità di uno stent medicato;158 a volte, l’AVP sembra
essere una manifestazione di un disordine vasospastico generalizzato
associato all’emicrania o al fenomeno di Raynaud. L’AVP può verificarsi
anche in associazione all’asma ASA-indotta e alla somministrazione di
5-fluorouracile e ciclofosfamide.
6/29/12 1:32:05 PM
1242
Derivazione DII
8:02:48
CAPITOLO 56
8:03:18
8:03:48
8:04:18
8:04:48
8:05:18
A
B
C
FIGURA 56.20 Elettrocardiogramma continuo di un uomo di 39 anni con angina di Prinzmetal. A. Nel corso di un episodio di angina è stato notato un sopraslivellamento temporaneo del tratto ST (nella derivazione DII) durante il monitoraggio telemetrico continuo. B. Occlusione totale dell’arteria circonflessa sinistra prossimale
indotta dall’iperventilazione (visibile all’angiografia in proiezione obliqua anteriore destra caudale). C. Lo spasmo si è risolto con la somministrazione per via intracoronarica di nitroglicerina e diltiazem. I sintomi del paziente sono stati controllati con nitrati e calcio-antagonisti per via orale nel corso di un follow-up di due anni. (Da
Chen HSV, Pinto DS: Prinzmetal angina. N Engl J Med 349:e1, 2003.)
cominciando da una dose bassissima. I nitrati intracoronarici e i calcioantagonisti in genere sono efficaci nel fornire un sollievo immediato dallo
spasmo indotto dal farmaco. Controindicazioni assolute al test all’ergonovina comprendono: gravidanza, grave ipertensione, grave disfunzione del
ventricolo sinistro, stenosi aortica da moderata a grave e stenosi del tronco
comune emodinamicamente significativa.
ACETILCOLINA. La stimolazione dei recettori dell’acetilcolina produce una
dilatazione uniforme endotelio-dipendente delle arterie coronarie normali,
ma determina vasocostrizione quando la funzione endoteliale è compromessa. Nei pazienti con AVP, le iniezioni intracoronariche di acetilcolina
possono produrre grave vasospasmo coronarico e riprodurre la sindrome
clinica.165 Questo spasmo focale non deve essere confuso con la costrizione
lieve e diffusa che l’acetilcolina induce nei pazienti con alterazione dell’endotelio coronarico. L’acetilcolina viene infusa nell’arteria coronaria nell’arco
di un minuto secondo dosi crescenti di 10, 25, 50 e 100 g separate da
intervalli di cinque minuti. Anche l’istamina, la dopamina e la serotonina
possono indurre spasmo delle arterie coronarie. L’esercizio, il cold pressor
test e l’alcalosi indotta dall’iperventilazione166 possono tutti provocare
vasospasmo coronarico nei pazienti con AVP, ma nessuno di questi test è
sensibile quanto l’ergonovina o l’acetilcolina.
Trattamento
I pazienti con AVP devono essere esortati a smettere di fumare. Il caposaldo
della terapia è un calcio-antagonista da solo o in associazione a nitrato a
lunga durata d’azione. Vi sono diverse analogie e differenze tra il trattamento ottimale dell’AVP e quello dell’angina classica (stabile e instabile).
C0280.indd 1242
1. Sia i pazienti con AVP sia quelli con angina tipica di solito rispondono bene ai nitrati; spesso, la nitroglicerina per via endovenosa
o sublinguale risolve rapidamente gli attacchi di AVP, mentre i
nitrati a lunga durata d’azione sono utili per la prevenzione dei
medesimi. I calcio-antagonisti si sono dimostrati estremamente
efficaci nella prevenzione dello spasmo delle arterie coronarie
nei pazienti con AVP,167 per cui dovrebbero essere prescritti di
routine alle massime dosi tollerate e a lungo termine. Dato che i
calcio-antagonisti agiscono attraverso un meccanismo differente
da quello dei nitrati, queste due classi di farmaci possono esercitare degli effetti vasodilatanti additivi. Tutti i calcio-antagonisti
di prima e seconda generazione possiedono un’efficacia simile
(∼90%) nell’alleviare la sintomatologia e possono risolvere anche
l’ischemia asintomatica.
2. La risposta ai -bloccanti nei pazienti con AVP è variabile.168,169
Alcuni, soprattutto quelli con lesioni stabilite associate, mostrano una riduzione della frequenza di attacchi di angina indotta
dall’esercizio causati principalmente dall’aumento del fabbisogno miocardico di ossigeno. In altri, tuttavia, i -bloccanti non
selettivi possono in realtà essere dannosi in quanto il blocco
dei recettori 2, che mediano la dilatazione coronarica, rende
incontrastata la vasocostrizione coronarica mediata dai recettori ; in questi pazienti, la durata degli episodi di angina
vasospastica può essere prolungata dalla somministrazione di
-bloccanti.
6/29/12 1:32:05 PM
1243
Prognosi
Molti pazienti con AVP passano attraverso una fase attiva acuta, con
frequenti episodi di angina e di eventi cardiaci nel corso dei primi sei
mesi successivi alla diagnosi. L’entità e la gravità della CAD sottostante
e la velocità di progressione della sindrome hanno un effetto importante sull’incidenza della mortalità e dell’IM tardivi. I pazienti con AVP
che sviluppano gravi aritmie (tachicardia ventricolare, fibrillazione
ventricolare, blocco atrioventricolare di grado elevato o asistolia) nel
corso di episodi spontanei di dolore presentano un rischio maggiore
di morte cardiaca improvvisa, a meno che non venga impiantato un
dispositivo di cardioversione-defibrillazione. Nella maggior parte dei
pazienti che sopravvive a un infarto o al periodo iniziale di 3-6 mesi in
cui si verificano episodi ischemici ricorrenti, la condizione si stabilizza
e la sintomatologia e gli eventi cardiaci tendono a diminuire con il
tempo.173 Nei pazienti che sperimentano tale remissione, si può tentare
una graduale riduzione dei calcio-antagonisti. In una casistica, il 16% dei
pazienti ha mostrato un remissione spontanea tre mesi dopo la sospensione della terapia, il 44% ha continuato ad avere sintomi nonostante
il trattamento con calcio-antagonisti e nitrati, il restante 40% è risultato
libero da angina ma proseguiva la terapia. La remissione si è verificata
più frequentemente nei pazienti senza stenosi significative delle arterie
coronarie e in quelli che avevano smesso di fumare.174
Per ragioni che non sono chiare, alcuni pazienti, dopo un periodo di
relativa quiescenza di mesi o addirittura anni, presentano una recrudescenza dell’attività vasospastica con episodi di ischemia frequenti e
gravi. Fortunatamente, questi pazienti di solito rispondono a un nuovo
trattamento con calcio-antagonisti o con nitrati.
BIBLIOGRAFIA
Epidemiologia e fisiopatologia
1. Lloyd-Jones D, Adams R, Carnethon M, et al: Heart disease and stroke statistics—2009 update:
A report from the American Heart Association Statistics Committee and Stroke Statistics
Subcommittee. Circulation 119:480, 2009.
2. Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 guidelines for the management of
patients with unstable angina/non–ST-elevation myocardial infarction: Executive summary.
A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on
Practice Guidelines. Circulation 116:803, 2007.
3. Giugliano RP, Braunwald E: The year in non–ST-segment elevation acute coronary syndrome. J
Am Coll Cardiol 54:1544, 2009.
4. Braunwald E: Unstable angina: An etiologic approach to management. Circulation 98:2219,
1998.
5. Ong P, Athanasiadis A, Hill S, et al: Coronary artery spasm as a frequent cause of acute coronary
syndrome: The CASPAR (Coronary Artery Spasm in Patients with Acute Coronary Syndrome)
study. J Am Coll Cardiol 52:523, 2008.
6. Davies MJ: The composition of coronary-artery plaques. N Engl J Med 336:1312, 1997.
7. Hochman JS, Tamis JE, Thompson TD, et al: Sex, clinical presentation, and outcome in patients
with acute coronary syndromes. N Engl J Med 341:226, 1999.
8. Khot UN, Khot MB, Bajzer CT, et al: Prevalence of conventional risk factors in patients with
coronary heart disease. JAMA 290:898, 2003.
9. Cannon CP, McCabe CH, Stone PH, et al: The electrocardiogram predicts one-year outcome of
patients with unstable angina and non–Q wave myocardial infarction: Results of the TIMI III
Registry ECG Ancillary Study. J Am Coll Cardiol 30:133, 1997.
C0280.indd 1243
10. Scirica BM, Morrow DA, Budaj A, et al: Ischemia detected on continuous electrocardiography
following acute coronary syndrome: Observations from the MERLIN-TIMI 36 trial. J Am Coll
Cardiol 53:1411, 2009.
Biomarcatori
11. Morrow DA, Cannon CP, Rifai N, et al: Ability of minor elevations of troponin I and T to predict
benefit from an early invasive strategy in patients with unstable angina and non–ST elevation
myocardial infarction: Results from a randomized trial. JAMA 286:2405, 2001.
12. Eggers KM, Lagerqvist B, Venge P, et al: Persistent cardiac troponin I elevation in stabilized
patients after an episode of ACS predicts long-term mortality. Circulation 116:1907, 2007.
13. Fleming SM, O’Byrne L, Finn J, et al: False-positive cardiac troponin I in a routine clinical
population. Am J Cardiol 89:1212, 2002.
14. Dokainish H, Pillai M, Murphy S, et al: Prognostic implications of elevated troponin in patients
with suspected acute coronary syndromes but no epicardial coronary disease. J Am Coll Cardiol
45:19, 2005.
15. Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA, et al: Comparison of early invasive and
conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes treated with the
glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofiban. N Engl J Med 344:1879, 2001.
16. Braunwald E: Unstable angina: A classification. Circulation 80:410, 1989.
17. Karha J, Cannon CP, Murphy S, et al: Safety of stress testing following an acute coronary
syndrome. Am J Cardiol 94:1534, 2004.
18. Hollander JE, Chang AM, Shofer F, et al: Coronary computed tomographic angiography for
rapid discharge of low-risk patients with potential acute coronary syndromes. Ann Emerg Med
53:295, 2009.
19. Hoffman U, Bamberg F, Chae CU, et al: Coronary computed tomography angiography for early
triage of patients with acute chest pain. J Am Coll Cardiol 53:1642, 2009.
20. Motoyama S, Sarai M, Harigaya H, et al: Computed tomographic angiography characteristics of
atherosclerotic plaques subsequently resulting in acute coronary syndrome. J Am Coll Cardiol
54:49, 2009.
21. Braunwald E: Noninvasive detection of vulnerable coronary plaques: Locking the barn door
before the horse is stolen. J Am Coll Cardiol 54:58, 2009.
22. Cury RC, Shash K, Nagurney JT, et al: Cardiac magnetic resonance with T2-weighted imaging
improves detection of patients with acute coronary syndrome in the emergency department.
Circulation 118:837, 2008.
23. Zairis MN, Papadaki OA, Manousakis SJ, et al: C-reactive protein and multiple complex coronary
artery plaques in patients with primary unstable angina. Atherosclerosis 164:355, 2002.
Trattamento
24. Bach RG, Cannon CP, Weintraub WS, et al: The effect of routine, early invasive management on
outcome for elderly patients with non–ST segment elevation acute coronary syndromes. Ann
Intern Med 141:186, 2004.
25. Westerhout CM, Fu Y, Lauer MS, et al: Short- and long-term risk stratification in acute coronary
syndromes: The added value of quantitative ST-segment depression and multiple biomarkers. J
Am Coll Cardiol 48:939, 2006.
26. Kleiman N, Lakkis N, Cannon C, et al: Prospective analysis of creatine kinase muscle-brain
fraction and comparison with troponin T to predict cardiac risk and benefit of an invasive
strategy in patients with non–ST elevation acute coronary syndromes. J Am Coll Cardiol
40:1044, 2002.
27. Antman EM, Tanasijevic MJ, Thompson B, et al: Cardiac-specific troponin I levels to predict the
risk of mortality in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 335:1342, 1996.
28. Kastrati A, Mehilli J, Neumann FJ, et al: Abciximab in patients with acute coronary syndromes
undergoing percutaneous coronary intervention after clopidogrel pretreatment: The ISARREACT 2 randomized trial. JAMA 295:1531, 2006.
29. Morrow DA, Rifai N, Antman EM, et al: C-reactive protein is a potent predictor of mortality
independently and in combination with troponin T in acute coronary syndromes: A TIMI 11A
substudy. J Am Coll Cardiol 31:1460, 1998.
30. Morrow DA, de Lemos JA, Sabatine MS, et al: Clinical relevance of C-reactive protein during
follow-up of patients with acute coronary syndromes in the Aggrastat-to-Zocor Trial.
Circulation 114:281, 2006.
30a. de Lemos JA, Morrow DA, Sabatine MS, et al: Association between plasma levels of monocyte
chemoattractant protein-1 and long-term clinical outcomes in patients with acute coronary
syndromes. Circulation 107:690, 2003.
31. Ray KK, Morrow DA, Sabatine MS, et al: Long-term prognostic value of neopterin: A novel marker
of monocyte activation in patients with acute coronary syndrome. Circulation 115:3071, 2007.
32. Sabatine MS, Morrow DA, Cannon CP, et al: Relationship between baseline white blood cell
count and degree of coronary artery disease and mortality in patients with acute coronary
syndromes: A TACTICS-TIMI 18 substudy. J Am Coll Cardiol 40:1761, 2002.
33. Baldus S, Heeschen C, Meinertz T, et al: Myeloperoxidase serum levels predict risk in patients
with acute coronary syndromes. Circulation 108:1440, 2003.
34. Buffon A, Biasucci LM, Liuzzo G, et al: Widespread coronary inflammation in unstable angina. N
Engl J Med 347:5, 2002.
35. de Lemos JA, Morrow DA, Bentley JH, et al: The prognostic value of B-type natriuretic peptide in
patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 345:1014, 2001.
36. Omland T, de Lemos JA, Morrow DA, et al: Prognostic value of N-terminal pro-atrial and probrain natriuretic peptide in patients with acute coronary syndromes. Am J Cardiol 89:463, 2002.
37. Morrow DA, de Lemos JA, Sabatine MS, et al: Evaluation of B-type natriuretic peptide for risk
assessment in unstable angina/non–ST-elevation myocardial infarction: B-type natriuretic
peptide and prognosis in TACTICS-TIMI 18. J Am Coll Cardiol 41:1264, 2003.
38. Gibson CM, Pinto DS, Murphy SA, et al: Association of creatinine and creatinine clearance
on presentation in acute myocardial infarction with subsequent mortality. J Am Coll Cardiol
42:1535, 2003.
39. Bhadriraju S, Ray KK, DeFranco AC, et al: Association between blood glucose and long-term
mortality in patients with acute coronary syndromes in the OPUS-TIMI 16 trial. Am J Cardiol
97:1573, 2006.
40. Ray KK, Cannon CP, Morrow DA, et al: Synergistic relationship between hyperglycemia and
inflammation with respect to clinical outcomes in non–ST elevation acute coronary syndromes:
Analyses from OPUS-TIMI 16 and TACTICS-TIMI 18. Eur Heart J 28:806, 2007.
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
3. Anche la prazosina, un inibitore selettivo del recettore -adrenergico, può avere un ruolo nel trattamento dei pazienti con AVP.170
Sembra inoltre essere efficace anche il nicorandil, un vasodilatatore coronarico che agisce attivando il canale del potassio.171 Questo
agente è stato approvato in Europa, ma non negli Stati Uniti.
4. L’ASA, utile nell’angina instabile, può teoricamente aggravare gli
episodi ischemici nei pazienti con AVP perché inibisce la biosintesi della prostaciclina, un vasodilatante coronarico naturale.
5. Il PCI e occasionalmente il CABG possono essere utili nei pazienti
con AVP e lesioni ostruttive prossimali stabilite e distinte. Lo spasmo può tuttavia svilupparsi in un sito diverso dal quello della
stenosi iniziale; pertanto, nei pazienti con AVP i calcio-antagonisti
dovrebbero essere continuati per almeno sei mesi dopo una
rivascolarizzazione efficace. PCI e CABG sono controindicati nei
pazienti con spasmo coronarico isolato senza malattia ostruttiva
stabilita.
6. I pazienti che hanno subito ischemia associata a fibrillazione
ventricolare e che continuano a manifestare ischemia nonostante una terapia medica massimale dovrebbero essere sottoposti
all’impianto di un defibrillatore automatico.162,172
6/29/12 1:32:06 PM
1244
CAPITOLO 56
41. Mega JL, Morrow DA, de Lemos JA, et al: Thrombus precursor protein and clinical outcomes in
patients with acute coronary syndromes. J Am Coll Cardiol 51:2422, 2008.
42. Boersma E, Pieper KS, Steyerberg EW, et al: Predictors of outcome in patients with acute
coronary syndromes without persistent ST-segment elevation. Results from an international
trial of 9461 patients. Circulation 101:2557, 2000.
43. Antman EM, Cohen M, Bernink PJ, et al: The TIMI risk score for unstable angina/non–ST
elevation MI: A method for prognostication and therapeutic decision making. JAMA 284:835,
2000.
44. Granger CB, Goldberg RJ, Dabbous O, et al: Predictors of hospital mortality in the global registry
of acute coronary events. Arch Intern Med 163:2345, 2003.
45. Sabatine MS, Morrow DA, de Lemos J, et al: Multimarker approach to risk stratification in non–
ST elevation acute coronary syndromes: Simultaneous assessment of troponin I, C-reactive
protein, and B-type natriuretic peptide. Circulation 105:1760, 2002.
46. Gottlieb SO, Weisfeldt ML, Ouyang P, et al: Effect of the addition of propranolol to therapy
with nifedipine for unstable angina: A randomized, double-blind, placebo-controlled trial.
Circulation 73:331, 1986.
47. Subherwal S, Bach RG, Chen AY, et al: Baseline risk of major bleeding in non–ST-segment
elevation myocardial infarction: The CRUSADE bleeding score. Circulation 119:1873, 2009.
48. Alexander KP, Chen AY, Roe MT, et al: Excess dosing of antiplatelet and antithrombin agents in
the treatment of non–ST-segment elevation acute coronary syndromes. JAMA 294:3108,
2009.
49. ISIS-4 (Fourth International Study of Infarct Survival) Collaborative Group): Randomized
factorial trial assessing early oral captopril, oral mononitrate, and intravenous magnesium
sulphate in 58,050 patients with suspected acute myocardial infarction. Lancet 345:669, 1995.
50. Yusuf S, Peto R, Lewis J, et al: Beta-blockade during and after myocardial infarction: An
overview of the randomized trials. Prog Cardiovasc Dis 27:335, 1985.
51. Chen ZM, Pan HC, Chen YP, et al: Early intravenous then oral metoprolol in 45,852 patients with
acute myocardial infarction: Randomised placebo-controlled trial. Lancet 366:1622, 2005.
52. The Multicenter Diltiazem Postinfarction Trial Research Group: The effect of diltiazem on
mortality and reinfarction after myocardial infarction. N Engl J Med 319:385, 1998.
53. Cohn JN, Ziesche S, Smith R, et al: Effect of the calcium antagonist felodipine as supplementary
vasodilator therapy in patients with chronic heart failure treated with enalapril: V-HeFT III.
Circulation 96:856, 1997.
54. Jamerson K, Weber MA, Bakris GL, et al: Benazepril plus amlodipine or hydrochlorothiazide for
hypertension in high-risk patients. N Engl J Med 359:2417, 2008.
55. Nissen SE, Tuzcu EM, Libby P, et al: Effect of antihypertensive agents on cardiovascular events in
patients with coronary disease and normal blood pressure: The CAMELOT study: A randomized
controlled trial. JAMA 292:2217, 2004.
56. Antithrombotic Trialists’ Collaboration: Collaborative meta-analysis of randomised trials of
antiplatelet therapy for prevention of death, myocardial infarction, and stroke in high risk
patients. BMJ 324:71, 2002.
57. Bhatt DL, Bertrand ME, Berger PB, et al: Meta-analysis of randomized and registry comparisons
of ticlopidine with clopidogrel after stenting. J Am Coll Cardiol 39:9, 2002.
58. Patrono C, Rocca B: Aspirin, 110 years later. J Thromb Haemost 7(Suppl 1):258, 2009.
59. Frelinger AL 3rd, Furman MI, Linden MD, et al: Residual arachidonic acid–induced platelet
activation via an adenosine diphosphate–dependent but cyclooxygenase-1– and
cyclooxygenase-2–independent pathway: A 700-patient study of aspirin resistance. Circulation
113:2888, 2006.
60. Eikelboom JW, Hirsh J, Weitz JI, et al: Aspirin-resistant thromboxane biosynthesis and the risk of
myocardial infarction, stroke, or cardiovascular death in patients at high risk for cardiovascular
events. Circulation 105:1650, 2002.
61. Cattaneo M: New P2Y12 blockers. J Thromb Haemost 7(Suppl 1):262, 2009.
62. Clopidogrel in Unstable Angina to Prevent Recurrent Events Trial Investigators: Effects of
clopidogrel in addition to aspirin in patients with acute coronary syndromes without STsegment elevation. N Engl J Med 345:494, 2001.
63. Yusuf S, Mehta SR, Zhao F, et al: Early and late effects of clopidogrel in patients with acute
coronary syndromes. Circulation 107:966, 2003.
64. Mehta SR, Yusuf S, Peters RJ, et al: Effects of pretreatment with clopidogrel and aspirin followed
by long-term therapy in patients undergoing percutaneous coronary intervention: The PCICURE study. Lancet 358:527, 2001.
65. Sabatine MS, Cannon CP, Gibson CM, et al: Effect of clopidogrel pretreatment before
percutaneous coronary intervention in patients with ST-elevation myocardial infarction treated
with fibrinolytics: The PCI-CLARITY study. JAMA 294:1224, 2005.
66. Smith SC Jr, Feldman TE, Hirshfeld JW Jr, et al: ACC/AHA/SCAI 2005 Guideline Update for
Percutaneous Coronary Intervention—Summary Article: A Report of the American College
of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (ACC/AHA/SCAI
Writing Committee to Update the 2001 Guidelines for Percutaneous Coronary Intervention). J
Am Coll Cardiol 47:216, 2006.
67. Fox KAA, Mehta SR, Peters R, et al: Benefits and risks of the combination of clopidogrel and
aspirin in patients undergoing surgical revascularization for non–ST-elevation acute coronary
syndrome: The Clopidogrel in Unstable angina to prevent Recurrent ischemic Events (CURE)
trial. Circulation 110:1202, 2004.
68. Berger JS, Frye CB, Harshaw Q, et al: Impact of clopidogrel in patients with acute coronary
syndromes requiring coronary artery bypass surgery: A multicenter analysis. J Am Coll Cardiol
52:1693, 2008.
69. Montalescot G, Sideris G, Meuleman C, et al: A randomized comparison of high clopidogrel
loading doses in patients with non–ST-segment elevation acute coronary syndromes: The
ALBION (Assessment of the Best Loading Dose of Clopidogrel to Blunt Platelet Activation,
Inflammation, and Ongoing Necrosis) trial. J Am Coll Cardiol 48:931, 2006.
70. Patti G, Colonna G, Pasceri V, et al: Randomized trial of high loading dose of clopidogrel
for reduction of periprocedural myocardial infarction in patients undergoing coronary
intervention: Results from the ARMYDA-2 (Antiplatelet therapy for Reduction of MYocardial
Damage during Angioplasty) study. Circulation 111:2099, 2005.
71. OASIS 7. Mehta S, presented at the European Society of Cardiology, Barcelona, 2009.
72. Gurbel PA, Bliden KP, Hayes KM, et al: The relation of dosing to clopidogrel responsiveness and
the incidence of high post-treatment platelet aggregation in patients undergoing coronary
stenting. J Am Coll Cardiol 45:1392, 2005.
C0280.indd 1244
73. Erlinge D, Varenhorst C, Braun OO, et al: Patients with poor responsiveness to thienopyridine
treatment or with diabetes have lower levels of circulating active metabolite, but their platelets
respond normally to active metabolite added ex vivo. J Am Coll Cardiol 52:1968, 2008.
74. Wiviott SD, Trenk D, Frelinger AL, et al: Prasugrel compared with high loading- and
maintenance-dose clopidogrel in patients with planned percutaneous coronary intervention.
The Prasugrel in Comparison to Clopidogrel for Inhibition of Platelet Activation and
Aggregation–Thrombolysis in Myocardial Infarction 44 trial. Circulation 116:2923, 2007.
75. Cuisset T, Frere C, Quilici J, et al: Relationship between aspirin and clopidogrel responses in
acute coronary syndrome and clinical predictors of non response. Thromb Res 123:597, 2009.
76. Matetzky S, Shenkman B, Guetta V, et al: Clopidogrel resistance is associated with increased risk
of recurrent atherothrombotic events in patients with acute myocardial infarction. Circulation
109:3171, 2004.
77. Marcucci R, Gori AM, Paniccia R, et al: Cardiovascular death and nonfatal myocardial infarction
in acute coronary syndrome patients receiving coronary stenting are predicted by residual
platelet reactivity to ADP detected by a point-of-care assay: A 12-month follow-up. Circulation
119:237, 2009.
78. van Werkum JW, Heestermans AA, Zomer AC, et al: Predictors of coronary stent thrombosis: The
Dutch Stent Thrombosis Registry. J Am Coll Cardiol 53:1399, 2009.
79. Wiviott SD, Braunwald E, McCabe CH, et al: Prasugrel versus clopidogrel in patients with acute
coronary syndromes. N Engl J Med 357:2001, 2007.
80. Han Y, Li Y, Wang S, et al: Cilostazol in addition to aspirin and clopidogrel improves longterm outcomes after percutaneous coronary intervention in patients with acute coronary
syndromes: A randomized, controlled study. Am Heart J 157:733, 2009.
81. Mega JL, Close SL, Wiviott SD, et al: Cytochrome p-450 polymorphisms and response to
clopidogrel. N Engl J Med 360:354, 2009.
82. Simon T, Verstuyft C, Mary-Krause M, et al: Genetic determinants of response to clopidogrel and
cardiovascular events. N Engl J Med 360:363, 2009.
83. Collet J-P, Hulot J-S, Pena A, et al: Cytochrome P450 2C19 polymorphism in young patients
treated with clopidogrel after myocardial infarction: A cohort study. Lancet 373:309, 2009.
84. Sibbing D, Stegherr J, Latz W, et al: Cytochrome P450 2C19 loss-of-function polymorphism and
stent thrombosis following percutaneous coronary intervention. Eur Heart J 30:916, 2009.
85. Trenk D, Hochholzer W, Fromm MF, et al: Cytochrome P450 2C19 681G > A polymorphism
and high on-clopidogrel platelet reactivity associated with adverse 1-year clinical outcome of
elective percutaneous coronary intervention with drug-eluting or bare-metal stents. J Am Coll
Cardiol 51:1925, 2008.
86. Mega JL, Close SL, Wiviott SD, et al: Cytochrome P450 genetic polymorphisms and the response
to prasugrel. Relationship to pharmacokinetic, pharmacodynamic, and clinical outcomes.
Circulation 119:2553, 2009.
87. Montalescot MM, Wiviott SD, Braunwald E, et al: Prasugrel compared with clopidogrel in
patients undergoing percutaneous coronary intervention for ST-elevation myocardial infarction
(TRITON-TIMI 38): Double-blind, randomized controlled trial. Lancet 373:723, 2009.
88. Husted S, Emanuelsson H, Heptinstall S, et al: Pharmacodynamics, pharmacokinetics, and safety
of the oral reversible P2Y12 antagonist AZD6140 with aspirin in patients with atherosclerosis: A
double-blind comparison to clopidogrel with aspirin. Eur Heart J 27:1038, 2006.
89. Wallentin L: P2Y12 inhibitors: Differences in properties and mechanisms of action and potential
consequences for clinical use. Eur Heart J 30:1964, 2009.
90. Storey RF, Husted S, Harrington RA, et al: Inhibition of platelet aggregation by AZD6140, a
reversible oral P2Y12 receptor antagonist, compared with clopidogrel in patients with acute
coronary syndromes. J Am Coll Cardiol 50:1852, 2007.
91. Wallentin L, Becker R, Budaj A, et al: Ticagrelor versus clopidogrel in patients with acute
coronary syndromes. N Engl J Med 361:1045, 2009.
92. Boersma E, Harrington RA, Moliterno DJ, et al: Platelet glycoprotein IIb/IIIa inhibitors in acute
coronary syndromes: A meta-analysis of all major randomised clinical trials. Lancet 359:189,
2002.
93. Kastrati A, Mehilli J, Neumann FJ, et al: Abciximab in patients with acute coronary syndromes
undergoing percutaneous coronary intervention after clopidogrel pretreatment: The ISARREACT 2 randomized trial. JAMA 295:1531, 2006.
94. Giugliano RP, White JA, Bode C, et al: Early versus delayed, provisional eptifibatide in acute
coronary syndromes. N Engl J Med 360:2176, 2009.
95. Stone GW, Bertrand ME, Moses JW, et al: Routine upstream initiation vs deferred selective use
of glycoprotein IIb/IIIa inhibitors in acute coronary syndromes: The ACUITY Timing trial. JAMA
297:591, 2007.
96. Fung AY, Saw J, Starovoytov A, et al: Abbreviated infusion of eptifibatide after successful
coronary intervention: The BRIEF-PCI (Brief Infusion of Eptifibatide Following Percutaneous
Coronary Intervention) randomized trial. J Am Coll Cardiol 53:837, 2009.
97. Theroux P, Ouimet H, McCans J, et al: Aspirin, heparin or both to treat unstable angina. N Engl J
Med 319:1105, 1988.
98. Eikelboom JW, Anand SS, Malmberg K, et al: Unfractionated heparin and low-molecular-weight
heparin in acute coronary syndrome without ST elevation: A meta-analysis. Lancet 355:1936,
2000.
99. Rich JD, Maraganore JM, Young E, et al: Heparin resistance in acute coronary syndromes. J
Thromb Thrombolysis 23:93, 2007.
100. Warkentin TE, Kelton JG: Temporal aspects of heparin-induced thrombocytopenia. N Engl J Med
344:1286, 2001.
101. Hirsh J, Warkentin TE, Shaughnessy SG, et al: Heparin and low-molecular-weight heparin:
Mechanisms of action, pharmacokinetics, dosing, monitoring, efficacy, and safety. Chest
119:64S, 2001.
102. Murphy SA, Gibson CM, Morrow DA, et al: Efficacy and safety of the low-molecular weight
heparin enoxaparin compared with unfractionated heparin across the acute coronary
syndrome spectrum: A meta-analysis. Eur Heart J 28:2077, 2007.
103. Blazing MA, de Lemos JA, White HD, et al: Safety and efficacy of enoxaparin vs unfractionated
heparin in patients with non–ST-segment elevation acute coronary syndromes who receive
tirofiban and aspirin: A randomized controlled trial. JAMA 292:55, 2004.
104. Ferguson JJ, Califf RM, Antman EM, et al: Enoxaparin vs unfractionated heparin in high-risk
patients with non–ST-segment elevation acute coronary syndromes managed with an
intended early invasive strategy: Primary results of the SYNERGY randomized trial. JAMA
292:45, 2004.
6/29/12 1:32:06 PM
1245
C0280.indd 1245
139. Fonarow GC: In-hospital initiation of statins: Taking advantage of the “teachable moment.”
Cleve Clin J Med 70:502, 504, 2003.
140. Baigent C, Keech A, Kearney PM, et al: Efficacy and safety of cholesterol-lowering treatment:
Prospective meta-analysis of data from 90,056 participants in 14 randomised trials of statins.
Lancet 366:1267, 2005.
141. Tonstad S, Tonnesen P, Hajek P, et al: Effect of maintenance therapy with varenicline on smoking
cessation: A randomized controlled trial. JAMA 296:64, 2006.
142. Fox KA, Steg PG, Eagle KA, et al: Decline in rates of death and heart failure in acute coronary
syndromes, 1999-2006. JAMA 297:1892, 2007.
143. Tricoci P, Roe MT, Mulgund J, et al: Clopidogrel to treat patients with non–ST-segment elevation
acute coronary syndromes after hospital discharge. Arch Intern Med 166:806, 2006.
144. Peterson ED, Roe MT, Mulgund J, et al: Association between hospital process performance and
outcomes among patients with acute coronary syndromes. JAMA 295:1912, 2006.
145. Roe MT, Peterson ED, Newby LK, et al: The influence of risk status on guideline adherence for
patients with non–ST-segment elevation acute coronary syndromes. Am Heart J 151:1205, 2006.
146. Cannon CP, O’Gara PT: Goals, design and implementation of critical pathways in cardiology.
In Cannon CP, O’Gara PT, (eds): Critical Pathways in Cardiology, Philadelphia, 2001, Lippincott
Williams & Wilkins, pp 3–6.
147. Califf RM, Peterson ED, Gibbons RJ, et al: Integrating quality into the cycle of therapeutic
development. J Am Coll Cardiol 40:1895, 2002.
148. Cannon CP, Hand MH, Bahr R, et al: Critical pathways for management of patients with acute
coronary syndromes: An assessment by the National Heart Attack Alert Program. Am Heart J
143:777, 2002.
149. Eagle KA, Montoye CK, Riba AL, et al: Guideline-based standardized care is associated with
substantially lower mortality in Medicare patients with acute myocardial infarction: The
American College of Cardiology’s Guidelines Applied in Practice (GAP) Projects in Michigan. J
Am Coll Cardiol 46:1242, 2005.
Angina variante di Prinzmetal
150. Prinzmetal M, Kennamer R, Merliss R, et al: A variant form of angina pectoris. Am J Med 27:375,
1959.
151. Sueda S, Kohno H, Fukuda H, Uraoka T: Did the widespread use of long-acting calcium
antagonists decrease the occurrence of variant angina?Chest 124:2074, 2003.
152. Mayer S, Hillis LD: Prinzmetal’s variant angina. Clin Cardiol 21:243, 1998.
153. Okumura K, Osanai T, Kosugi T, et al: Enhanced phospholipase C activity in the cultured skin
fibroblast obtained from patients with coronary spastic angina: Possible role for enhanced
vasoconstrictor response. J Am Coll Cardiol 36:1847, 2000.
154. Hung MJ, Cherng WJ, Yang NI, et al: Relation of high-sensitivity C-reactive protein level with
coronary vasospastic angina pectoris in patients without hemodynamically significant
coronary artery disease. Am J Cardiol 96:1484, 2005.
155. Park JS, Zhang SY: Jo SH, et al: Common adrenergic receptor polymorphisms as novel risk
factors for vasospastic angina. Am Heart J 151:864, 2006.
156. Sakata K, Miura F, Sugino H, et al: Assessment of regional sympathetic nerve activity in
vasospastic angina: Analysis of iodine 123–labeled metaiodobenzylguanidine scintigraphy. Am
Heart J 133:484, 1997.
157. Kawano H, Motoyama T, Yasue H, et al: Endothelial function fluctuates with diurnal variation in the
frequency of ischemic episodes in patients with variant angina. J Am Coll Cardiol 40:266, 2002.
158. Abe M, Yoshida A, Otsuka Y: Intractable Prinzmetal’s angina three months after implantation of
sirolimus-eluting stent. J Invasive Cardiol 20:E306, 2008.
159. Lip GY, Gupta J, Khan MM, Singh SP: Recurrent myocardial infarction with angina and normal
coronary arteries. Int J Cardiol 51:65, 1995.
160. Ledakowicz-Polak A, Ptaszynski P, Polak L, Zielinska M: Prinzmetal’s variant angina associated with
severe heart rhythm disturbances and syncope: A therapeutic dilemma. Cardiol J 16:269, 2009.
161. Hung M-J, Cheng CW, Yang NI, et al: Coronary vasospasm–induced acute coronary syndrome
complicated by life-threatening cardia arrhythmias in patients without hemodynamically
significant coronary artery disease. Int J Cardiol 117:37, 2007.
162. Meisel SR, Mazur A, Chetboun I, et al: Usefulness of implantable cardioverter-defibrillators
in refractory variant angina pectoris complicated by ventricular fibrillation in patients with
angiographically normal coronary arteries. Am J Cardiol 89:1114, 2002.
163. Crea F: Variant angina in patients without obstructive coronary atherosclerosis: A benign form
of spasm. Eur Heart J 17:980, 1996.
164. Ahooja V, Thetai D: Multivessel coronary vasospasm mimicking triple-vessel obstructive
coronary artery disease. J Invasive Cardiol 19:E178, 2007.
165. Hirano Y, Uehara H, Nakamura H, et al: Diagnosis of vasospastic angina: Comparison of
hyperventilation and cold-pressor stress echocardiography, hyperventilation and cold-pressor
stress coronary angiography, and coronary angiography with intracoronary injection of
acetylcholine. Int J Cardiol 116:331, 2007.
166. Nakao K, Ohgushi M, Yoshimura M, et al: Hyperventilation as a specific test for diagnosis of
coronary artery spasm. Am J Cardiol 80:545, 1997.
167. Antman E, Muller J, Goldberg S, et al: Nifedipine therapy for coronary artery spasm. Experience
in 127 patients. N Engl J Med 302:1269, 1980.
168. De Cesare N, Cozzi S, Apostolo A, et al: Facilitation of coronary spasm by propranolol in
Prinzmetal’s angina: Fact or unproven extrapolation?Coron Artery Dis 5:323, 1994.
169. Petrov D, Sardowski S, Gesheva M: “Silent” Prinzmetal’s ST elevation related to atenolol
overdose. J Emerg Med 33:123, 2007.
170. Tzivoni D, Keren A, Benhorin J, et al: Prazosin therapy for refractory variant angina. Am Heart J
105:262, 1983.
171. Kaski JC: Management of vasospastic angina—role of nicorandil. Cardiovasc Drugs Ther
9(Suppl 2):221, 1995.
172. Al-Sayegh A, Shukkur AM, Akbar M: Automatic implantable cardioverter defibrillator for the
treatment of ventricular fibrillation following coronary artery spasm: A case report. Angiology
58:122, 2007.
173. Tashiro H, Shimokawa H, Koyanagi S, Takeshita A: Clinical characteristics of patients with
spontaneous remission of variant angina. Jpn Circ J 57:117, 1993.
174. Bory M, Pierron F, Panagides D, et al: Coronary artery spasm in patients with normal or near
normal coronary arteries. Long-term follow-up of 277 patients. Eur Heart J 17:1015,
1996.
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
105. de Lemos JA, Blazing MA, Wiviott SD, et al: Enoxaparin versus unfractionated heparin in
patients treated with tirofiban, aspirin and an early conservative initial management strategy:
Results from the A phase of the A-to-Z trial. Eur Heart J 25:1688, 2004.
106. Yusuf S, Mehta SR, Chrolavicius S, et al: Comparison of fondaparinux and enoxaparin in acute
coronary syndromes. N Engl J Med 354:1464, 2006.
107. Yusuf S, Mehta SR, Chrolavicius S, et al: Effects of fondaparinux on mortality and reinfarction in
patients with acute ST-segment elevation myocardial infarction: The OASIS-6 randomized trial.
JAMA 295:1519, 2006.
108. Direct Thrombin Inhibitor Trialists’ Collaborative Group: Direct thrombin inhibitors in acute
coronary syndromes: Principal results of a meta-analysis based on individual patients’ data.
Lancet 359:294, 2002.
109. Stone GW, McLaurin BT, Cox DA, et al: Bivalirudin for patients with acute coronary syndromes. N
Engl J Med 355:2203, 2006.
110. Kastrati A, Neumann F-J, Mehilli J, et al: Bivalirudin versus unfractionated heparin during
percutaneous coronary intervention. N Engl J Med 359:688, 2008.
111. Hurlen M, Abdelnoor M, Smith P, et al: Warfarin, aspirin, or both after myocardial infarction. N
Engl J Med 347:969, 2002.
112. van Es RF, Jonker JJC, Verheugt FWA, et al: Aspirin and coumadin after acute coronary
syndromes (the ASPECT-2 study): A randomised controlled trial. Lancet 360:109, 2002.
113. Mega J, Braunwald E, Mohanavelu S, et al: Rivaroxaban versus placebo in patients with acute
coronary syndromes (ATLAS ACS–TIMI 46): A randomized, double blind, phase II trial. Lancet
374:29, 2009.
114. APPRAISE Steering Committee and Investigators: Apixaban, an oral, direct, selective factor Xa
inhibitor, in combination with antiplatelet therapy after acute coronary syndrome: Results of
the Apixaban for Prevention of Acute Ischemic and Safety Events (APPRAISE) trial. Circulation
119:2877, 2009.
115. Becker RC, Smyth S: The evolution of platelet-directed pharmacotherapy. J Thromb Haemost
7:266, 2009.
116. Chakalamannil S, Wang Y, Greenlee WJ, et al: Discovery of a novel, orally active himbacinebased thrombin receptor antagonist (SCH 530348) with potent antiplatelet activity. J Med
Chem 51:3061, 2008.
117. Smuth SS, Woulfe DS, Weitz CG, et al: G-protein coupled receptors as signaling targets for
antiplatelet therapy. Arterioscler Thromb Vasc Biol 29:449, 2009.
118. Becker RC, Moliterno DJ, Jennings LK, et al: Safety and tolerability of SCH 530348 in patients
undergoing non-urgent percutaneous coronary intervention: A randomised, double-blind,
placebo-controlled phase II study. Lancet 373:919, 2009.
119. Morrow DA, Scirica BM, Fox KA, et al: Evaluation of a novel antiplatelet agent for secondary
prevention in patients with a history of atherosclerotic disease: Design and rationale for the
Thrombin-Receptor Antagonist in Secondary Prevention of Atherothrombotic Ischemic Events
(TRA 2 P)–TIMI 50 trial. Am Heart J 158:335, 2009.
120. O’Donoghue M, Boden WE, Braunwald E, et al: Early invasive vs. conservative treatment
strategies in women and men with unstable angina and non–ST-segment elevation myocardial
infarction. A meta-analysis. JAMA 300:71, 2008.
121. Bavry AA, Kumbhani DJ, Rassi AN, et al: Benefit of early invasive therapy in acute coronary syndromes:
A meta-analysis of contemporary randomized clinical trials. J Am Coll Cardiol 48:1319, 2006.
122. Lagerqvist B, Husted S, Kontny F, et al: 5-Year outcomes in the FRISC-II randomised trial of an
invasive versus a non-invasive strategy in non–ST-elevation acute coronary syndrome: A followup study. Lancet 368:998, 2006.
123. Mahoney EM, Jurkovitz CT, Chu H, et al: Cost and cost-effectiveness of an early invasive versus
conservative strategy for the treatment of unstable angina and non–ST elevation myocardial
infarction. JAMA 288:1851, 2002.
124. Fox KA, Poole-Wilson P, Clayton TC, et al: 5-Year outcome of an interventional strategy in
non–ST-elevation acute coronary syndrome: The British Heart Foundation RITA 3 randomised
trial. Lancet 366:914, 2005.
125. de Winter RJ, Windhausen F, Cornel JH, et al: Early invasive versus selectively invasive
management for acute coronary syndromes. N Engl J Med 353:1095, 2005.
126. Bauer T, Koeth O, Junger C, et al: Effect of an invasive strategy on in-hospital outcome in elderly
patients with non–ST-elevation myocardial infarction. Eur Heart J 28:2873, 2007.
127. Charytan DM, Wallentin L, Lagerqvist B, et al: Early angiography in patients with chronic kidney
disease: A collaborative systematic review. Clin J Am Soc Nephrol 4:1032, 2009.
128. Neumann FJ, Kastrati A, Pogatsa-Murray G, et al: Evaluation of prolonged antithrombotic
pretreatment (“cooling-off ” strategy) before intervention in patients with unstable coronary
syndromes: A randomized controlled trial. JAMA 290:1593, 2003.
129. Mehta SR, Granger CB, Boden WE, et al: Early versus delayed invasive intervention in acute
coronary syndromes. N Engl J Med 360:2165, 2009.
130. Pfeffer MA, McMurray JJ, Velazquez EJ, et al: Valsartan, captopril, or both in myocardial infarction
complicated by heart failure, left ventricular dysfunction, or both. N Engl J Med 349:1893, 2003.
131. Heart Protection Study Collaborative Group: MRC/BHF Heart Protection Study of cholesterol
lowering with simvastatin in 20,536 high-risk individuals: A randomised placebo controlled
trial. Lancet 360:7, 2002.
132. Tonkin AM, Colquhoun D, Emberson J, et al: Effects of pravastatin in 3260 patients with
unstable angina: Results from the LIPID study. Lancet 356:1871, 2000.
133. Hulten E, Jackson JL, Douglas K, et al: The effect of early, intensive statin therapy on acute coronary
syndrome: A meta-analysis of randomized controlled trials. Arch Intern Med 166:1814, 2006.
134. Cannon CP, Braunwald E, McCabe CH, et al: Intensive versus moderate lipid lowering with
statins after acute coronary syndromes. N Engl J Med 350:1495, 2004.
135. Ray KK, Cannon CP, McCabe C, et al: Early and late benefits of high-dose atorvastatin in patients
with acute coronary syndromes: Results from the PROVE IT–TIMI 22 Trial. J Am Coll Cardiol
46:1405, 2005.
136. Grundy SM, Cleeman JI, Merz CNB, et al: Implications of recent clinical trials for the National
Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel III Guidelines. Circulation 110:227, 2004.
137. Cannon CP, Steinberg BA, Murphy SA, et al: Meta-analysis of cardiovascular outcomes trials
comparing intensive versus moderate statin therapy. J Am Coll Cardiol 48:438, 2006.
138. Di Sciascio G, Patti G, Pasceri V, et al: Efficacy of atorvastatin reload in patients on chronic statin
therapy undergoing percutaneous coronary intervention: Results of the ARMYDA-RECAPTURE
(Atorvastatin for Reduction of Myocardial Damage During Angioplasty) randomized trial. J Am
Coll Cardiol 54:558, 2009.
6/29/12 1:32:06 PM
1246
LINEE GUIDA
CHRISTOPHER P. CANNON E EUGENE BRAUNWALD
Angina instabile e infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST
CAPITOLO 56
Le linee guida aggiornate per la gestione dell’angina instabile e dell’infarto
miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI) dell’American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) sono
state pubblicate nel 2007.1
Le raccomandazioni contenute in tali linee guida per quanto concerne
la valutazione iniziale del paziente con dolore toracico acuto sono riportate nel Capitolo 53, mentre altre raccomandazioni di rilievo per questo
argomento sono state pubblicate nelle linee guida relative agli interventi
coronarici percutanei (PCI), presentate nel Capitolo 58. Analogamente ad
altre linee guida ACC/AHA, anche in questo caso le raccomandazioni sono
state classificate secondo il sistema ACC/AHA standard:
classe I: condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso unanime
riguardo all’utilità e all’efficacia del trattamento
classe II: condizioni per le quali le evidenze riguardo l’utilità/efficacia del
trattamento sono conflittuali e/o vigono pareri discordanti
classe IIa: le evidenze o le opinioni pendono a favore dell’utilità o dell’efficacia
classe IIb: l’utilità o l’efficacia non è ben stabilita dall’evidenza/opinione
classe III: condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso unanime circa il fatto che il trattamento non è utile o efficace e in alcuni casi
può risultare nocivo
Le evidenze su cui si fondano le raccomandazioni vengono classificate in
tre livelli. Le raccomandazioni di livello A si basano sui dati raccolti da più
studi clinici randomizzati; le raccomandazioni di livello B derivano da un
unico studio randomizzato o da studi non randomizzati; le raccomandazioni
di livello C si basano sul consenso degli esperti.
STRATIFICAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO E GESTIONE
La valutazione iniziale dei pazienti con UA/NSTEMI implica la stratificazione del rischio, definita dalle linee guida “un prerequisito fondamentale
per il processo decisionale”, per la quale vengono implementati due alberi
decisionali correlati ma, di fatto, distinti. La prima valutazione è di natura
diagnostica e si prefigge di stimare la probabilità che la causa dei sintomi di
presentazione sia una coronaropatia ostruttiva, rispondendo alla domanda: “Il paziente manifesta sintomi correlati a ischemia acuta secondaria a
coronaropatia?”. A tale scopo, nelle linee guida viene riportata in forma
tabellare una selezione di elementi che presagiscono una probabilità elevata,
intermedia o bassa che la presentazione del paziente sia dovuta a ischemia
TABELLA 56L.1
CARATTERISTICHE
(Tab. 56L.1). Per i pazienti con una probabilità bassa e, in taluni casi, intermedia, esiste un algoritmo diagnostico utile a stabilire rapidamente se il
paziente ha una sindrome coronarica acuta (Fig. 56L.1).
La seconda parte della stratificazione mira a valutare il rischio che un paziente con UA/NSTEMI abbia un infarto miocardico o vada incontro al decesso
nelle settimane immediatamente successive. I fattori associati a un rischio
maggiore sono elencati nella Tabella 56L.2. Nelle linee guida si precisa
che la stratificazione del rischio è utile ai fini (1) della selezione del sito di
trattamento (unità coronarica, unità di terapia semi-intensiva monitorizzata
o contesto ambulatoriale) e (2) della selezione della terapia, ad esempio con
inibitori della glicoproteina (GP) IIb/IIIa e strategia di trattamento invasiva
piuttosto che conservativa.
CURE OSPEDALIERE
Secondo quanto raccomandato dalle linee guida, i pazienti ricoverati per
sindromi coronariche acute con perdurare della sintomatologia o dell’instabilità emodinamica, o di entrambi, devono rimanere in degenza per almeno
24 ore in un’unità coronarica caratterizzata da un rapporto infermieri/
pazienti sufficiente a garantire il monitoraggio continuo del ritmo e una
rianimazione tempestiva con defibrillazione in caso di necessità. Qualora
i sintomi o l’instabilità emodinamica non persistano, il paziente può essere ricoverato in unità di terapia semi-intensiva. Le linee guida del 2007
raccomandano, quale secondo step dopo la stratificazione del rischio, di
selezionare una strategia di trattamento (Tab. 56L.3) e, quindi, di procedere
con la scelta della terapia antitrombotica, in quanto le opzioni differiscono
leggermente in funzione della strategia adottata.
Una strategia invasiva precoce implica una coronarografia tempestiva
(entro 48 ore circa) seguita da rivascolarizzazione quando l’anatomia lo
consente ed è raccomandata nei pazienti con caratteristiche di rischio elevato
secondo quanto indicato nelle Tabelle 56L.2 e 56L.3 e nella Figura 56L.2.
Per i pazienti a basso rischio, invece, si raccomanda generalmente una
strategia conservativa precoce, in cui i pazienti sono stabilizzati mediante
terapia farmacologica, riservando l’angiografia ai casi di ischemia o sintomi ricorrenti, insufficienza cardiaca o grave aritmia. Come illustrato nella
Figura 56L.3, i pazienti gestiti con una strategia conservativa precoce devono essere sottoposti a una valutazione della funzionalità ventricolare sinistra
e a un test da sforzo; un’angiografia deve inoltre essere eseguita in presenza
di una frazione di eiezione <40% oppure se il risultato del test da sforzo
Probabilità che i segni e i sintomi siano l’espressione di una sindrome coronarica acuta secondaria a coronaropatia
PROBABILITÀ ELEVATA
PROBABILITÀ INTERMEDIA
PROBABILITÀ BASSA
Uno o più dei seguenti elementi:
Assenza di caratteristiche
di probabilità elevata e presenza
di uno o più dei seguenti elementi:
Assenza di caratteristiche
di probabilità elevata o
intermedia, ma presenza di:
Anamnesi
Dolore o fastidio al torace o al braccio
sinistro quale sintomo prodromico
predominante di un’angina
documentata
Storia nota di CAD, compreso IM
Dolore o fastidio al torace
o al braccio sinistro quale
sintomo predominante
Età >70 anni
Sesso maschile
Diabete mellito
Probabili sintomi di ischemia
in assenza di caratteristiche
di probabilità intermedia
Recente uso di cocaina
Esame
Soffio da RM transitorio, ipotensione,
diaforesi, edema polmonare
o rantoli
Vasculopatia extracardiaca
Fastidio al torace inducibile mediante
palpazione
ECG
Deviazione transitoria del tratto ST
(≥1 mm), nuova o presumibilmente
tale, oppure inversione dell’onda T
in derivazioni precordiali multiple
Onde Q fisse
Sottoslivellamento del tratto ST da
0,5 a 1 mm o inversione dell’onda T
>1 mm
Appiattimento dell’onda T
o inversione <1 mm nelle
derivazioni con onde R dominanti
ECG normale
Indicatori cardiaci
TnI, TnT, o CK-MB cardiache elevate
Normali
Normali
Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American
College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–
ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society
of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.
CAD = coronaropatia; CK-MB = isoenzima MB della creatinchinasi; ECG = elettrocardiogramma; IM = infarto miocardico; RM = rigurgito mitralico; TnI = troponina I; TnT = troponina T.
C0280.indd 1246
6/29/12 1:32:06 PM
1247
C0280.indd 1247
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
ottenere un controllo della condizione o
nei soggetti con congestione polmonare,
Sintomi indicativi di SCA
grave stato di agitazione o entrambi. La
terapia con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) deve
essere avviata quando l’ipertensione arteDiagnosi non
Possibile
SCA
Angina cronica
riosa persiste nonostante la terapia anticardiaca
SCA
conclamata
stabile
ischemica o nei pazienti con disfunzione
sistolica ventricolare sinistra o diabete.
Le linee guida del 2007 hanno introdotTrattamento
Si vedano
Senza
Con
to una nuova raccomandazione stando
in base
le linee guida
sopraslivellamento
sopraslivellamento
alla quale, fatta eccezione per l’acido
alla diagnosi
dell’ACC/AHA
di ST
di ST
acetilsalicilico, la somministrazione di
alternativa
per l’angina
farmaci antinfiammatori non steroidei,
cronica stabile
siano essi agenti non selettivi o inibitori
Alterazioni del tratto
ECG non diagnostico
selettivi della ciclossigenasi-2, deve essere
Livelli sierici
ST e/o dell’onda T
interrotta nel momento in cui un paziendei biomarcatori
Dolore in atto
te presenta un quadro di UA/NSTEMI in
cardiaci inizialmente
Biomarcatori cardiaci positivi
normali
considerazione degli aumentati rischi di
Anomalie emodinamiche
mortalità, reinfarto, ipertensione, scompenso cardiaco e rottura del miocardio
Osservazione
associati al loro uso.
per 12 ore o più ore dall’esordio dei sintomi
L’acido acetilsalicilico risulta indicato
per entrambe le strategie di trattamento,
a una dose iniziale di 160-325 mg/die.
Nelle linee guida si precisa inoltre che
Valutare
Dolore ischemico
Assenza
per terapia
ricorrente o studi
di dolore ricorrente;
per tutti pazienti deve essere istituita una
riperfusiva
di follow-up positivi
studi di follow-up
terapia anticoagulante. L’approccio innegativi
vasivo prevede quattro opzioni: eparina
Diagnosi di SCA
non frazionata (UFH), enoxaparina, biconfermata
Si vedano
valirudina o fondaparinux. Per quanto rile linee guida
guarda la terapia antipiastrinica aggiuntiStudio sotto sforzo per indurre ischemia
dell’ACC/AHA
va, le linee guida del 2007 raccomandano
per l’infarto
di somministrare, prima dell’angiografia
Considerare un esame della funzionalità
miocardico con
diagnostica, un agente a scelta tra clopidel VS in presenza di ischemia
sopraslivellamento
dogrel o un inibitore della GP IIb/IIIa ev.
(da eseguire prima della dimissione
del tratto ST
L’uso di entrambi gli agenti è ammesso e
o ambulatorialmente)
giustificato dall’impossibilità di eseguire immediatamente un’angiografia, da
indicatori di rischio elevato e da dolore
ischemico ricorrente precoce.
Ricovero ospedaliero
Negativo
Positivo
Per i pazienti gestiti con una strategia
Gestione con algoritmo
Diagnosi potenziali:
Diagnosi di SCA
iniziale conservativa (si veda Fig. 56L.3),
per ischemia acuta
dolore non ischemico;
confermata
le linee guida ACC/AHA raccomandano,
SCA a basso rischio
o altamente
oltre alla somministrazione di acido aceprobabile
tilsalicilico, l’istituzione di una terapia
anticoagulante, limitando però la scelta
a tre sole opzioni: enoxaparina, fondaOrganizzazione
parinux o UFH, con una preferenza per
del follow-up ambulatoriale
enoxaparina e fondaparinux sc rispetto
a UFH quale raccomandazione di classe
FIGURA 56L.1 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per la sindrome coronarica acuta (SCA).
IIa. Nei pazienti con un rischio aumentato di emorragia, fondaparinux è da preferirsi per il minore rischio di sanguinacolloca il paziente nella categoria a rischio intermedio o elevato. Per i sogmento associato. La somministrazione di clopidogrel deve essere avviata al
getti a basso rischio di sesso femminile, le linee guida del 2007 forniscono
momento della presentazione nei pazienti gestiti in maniera conservativa.
una raccomandazione di classe I per un approccio conservativo precoce.
Le linee guida ACC/AHA del 2007 sottolineano l’importanza di vaLa terapia farmacologica anti-ischemica dovrebbe includere la sommilutare nuovamente la terapia farmacologica dopo l’esame angiografico
nistrazione di nitrati e, in assenza di controindicazioni, -bloccanti (Tab.
(Fig. 56L.4). Qualora si preveda un intervento di bypass aortocoronarico
56L.4). Le linee guida ACC/AHA 2007 ribadiscono tuttavia la necessità di
(CABG), la somministrazione di acido acetilsalicilico e UFH dovrà essere
avviare un trattamento con -bloccanti orali (anziché iniettabili) entro le
proseguita, mentre sarà necessario interrompere il trattamento con clopiprime 24 ore in pazienti che non presentino nessuna delle seguenti condidogrel, inibitori della GP IIb/IIIa e anticoagulanti diversi dall’UFH. Per i
zioni: segni di insufficienza cardiaca, evidenza di uno stato di bassa gittata,
pazienti gestiti mediante terapia farmacologica, si consiglia di ri-valutare
rischio di shock cardiogeno aumentato o altre controindicazioni relative
la somministrazione di clopidogrel dimodoché, qualora non sia stata istiai -bloccanti (intervallo PR >0,24 secondi, blocco cardiaco di secondo o
tuita prima dell’angiografia (poiché il medico desiderava preventivamente
terzo grado, asma attiva o malattia reattiva delle vie respiratorie). Laddove
valutare l’anatomia coronarica), tale terapia venga avviata nel momento
esista una controindicazione alla terapia con -bloccanti, ai pazienti con
in cui l’esame dovesse fornire conferma della coronaropatia. L’utilizzo di
ischemia ricorrente è possibile somministrare un calcio-antagonista non
clopidogrel nei pazienti gestiti farmacologicamente è in effetti incluso quadiidropiridinico (ad es. verapamil o diltiazem). La morfina solfato deve essere
le parametro “di prova” nell’elenco dei parametri delle prestazioni stilato
utilizzata nei pazienti in cui la somministrazione di nitrati non consente di
dall’ACC/AHA nel 2008 relativamente all’infarto miocardico.2
6/29/12 1:32:08 PM
1248
TABELLA 56L.2
Sistema raccomandato dall’ACC/AHA per la stratificazione del rischio in pazienti con angina instabile
CARATTERISTICHE
CAPITOLO 56
RISCHIO ELEVATO
RISCHIO INTERMEDIO
RISCHIO BASSO
Almeno una delle seguenti caratteristiche:
Assenza di caratteristiche di rischio
elevato ma presenza di una qualsiasi
delle seguenti:
Nessuna caratteristica di rischio
elevato o intermedio ma presenza
di una qualsiasi delle seguenti:
Anamnesi
Aumentata frequenza dei sintomi ischemici
nelle precedenti 48 ore
Pregresso IM, malattia cerebrovascolare
o periferica o CABG; pregresso uso
di acido acetilsalicilico
Caratteristiche del dolore
Dolore a riposo di lunga durata (>20 min)
Angina a riposo prolungata, attualmente
risoltasi, con moderata o alta probabilità
di CAD
Angina a riposo <20 min o alleviata
con il riposo o NTG sublinguale
Reperti clinici
Edema polmonare, molto probabilmente
secondario a ischemia
Soffio da RM nuovo o peggiorato
S3 o rantoli ingravescenti di nuova insorgenza
Ipotensione, bradicardia, tachicardia
Età >75 anni
Età >70 anni
ECG
Angina a riposo con transitorie alterazioni
del tratto ST >0,05 mV
Blocco di branca, di nuova insorgenza
o presunto tale
Tachicardia ventricolare sostenuta
Inversioni dell’onda T >0,2 mV
Onde Q patologiche
ECG normale o invariato durante
un episodio di dolore toracico
Indicatori cardiaci
Elevati
Leggermente elevati
Normali
Angina di classe CCS III o IV, di nuova
insorgenza o progressiva, nelle 2
settimane precedenti senza dolore
prolungato a riposo ma con
probabilità moderata o alta di CAD
Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American
College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–
ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of
Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.
CABG = bypass aortocoronarico; CAD = coronaropatia; CCS = Canadian Cardiovascular Society; ECG = elettrocardiogramma; IM = infarto miocardico; NTG = nitroglicerina; RM = rigurgito mitralico.
TABELLA 56L.3
STRATEGIA
PREFERITA
Raccomandazioni tratte dalle linee guida
dell’ACC/AHA per la selezione della strategia
di trattamento iniziale: strategia invasiva
vs conservativa
CARATTERISTICHE DEL PAZIENTE
Invasiva
Angina ricorrente o ischemia a riposo o a basso carico
di lavoro, nonostante una terapia farmacologica
intensiva
Indicatori cardiaci elevati (TnT o TnI)
Sottoslivellamento del tratto ST di nuova insorgenza
o presunto tale
Segni o sintomi di HF o rigurgito mitralico ingravescente
o di nuova insorgenza
Indici di rischio elevato con indagini non invasive
Instabilità emodinamica
Tachicardia ventricolare sostenuta
PCI negli ultimi 6 mesi
Pregresso CABG
Punteggio di rischio elevato (ad es. TIMI, GRACE)
Ridotta funzionalità ventricolare sinistra (LVEF <40%)
Conservativa
Punteggio di rischio basso (ad es. TIMI, GRACE)
Secondo la preferenza del paziente o del medico
in assenza di caratteristiche di rischio elevato
Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management
of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of
the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice
Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management
of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed
in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for
Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons
endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation
and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.
CABG = bypass aortocoronarico; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra;
GRACE = Global Registry of Acute Coronary Events; HF = insufficienza cardiaca;
PCI = intervento coronarico percutaneo; TIMI = trombolisi nell’infarto miocardico;
TnI = troponina I; TnT = troponina T.
C0280.indd 1248
STRATIFICAZIONE TARDIVA DEL RISCHIO E GESTIONE
Nella Tabella 56L.5 vengono riportate le raccomandazioni fornite dalle
linee guida ACC/AHA per la stratificazione del rischio prima della dimissione. Come illustrato nella Figura 56L.1, nei pazienti a basso rischio è
prevista l’esecuzione iniziale di una prova da sforzo (si veda Tab. 56L.2 per
la definizione della categoria di rischio), mentre nei pazienti a rischio intermedio gestiti con un approccio conservativo precoce la prova da sforzo può
essere eseguita dopo un periodo minimo di 2-3 giorni senza ischemia o insufficienza cardiaca. La prima opzione da valutare nell’ambito dei test non
invasivi è l’elettrocardiogramma sotto sforzo. Le tecnologie di diagnostica
per immagini e i test di provocazione farmacologica devono essere utilizzati
per quei sottogruppi di pazienti per i quali sussiste un’elevata probabilità
che l’elettrocardiogramma sotto sforzo fornisca dati inadeguati. I dati ottenuti dai test non invasivi possono essere utilizzati per la ristratificazione dei
pazienti in gruppi a rischio elevato, intermedio o basso (Tab. 56L.6).
Per i pazienti che necessitano di rivascolarizzazione coronarica, i criteri
per la scelta tra CABG e PCI sono simili a quelli utilizzati per i pazienti con
angina cronica stabile (Cap. 57). Le linee guida raccomandano il CABG
rispetto al PCI nei pazienti con significativa coronaropatia del tronco comune e nei pazienti con patologia multivasale e ridotta frazione di eiezione
o diabete (Fig. 56L.5). CABG e PCI sono entrambi considerati indicati
per i pazienti con malattia bivasale (Tab. 56L.7).3 Le linee guida per l’UA/
NSTEMI e i criteri di appropriatezza dell’ACC/AHA del 2009 supportano
in una certa misura la rivascolarizzazione con CABG o PCI per i pazienti
con malattia limitata all’arteria coronaria discendente anteriore sinistra
prossimale.
DIMISSIONE OSPEDALIERA E ASSISTENZA POSTDIMISSIONE
Le linee guida dell’ACC/AHA enfatizzano l’importanza della riduzione aggressiva dei fattori di rischio e dell’educazione dei pazienti sulla gestione degli
episodi ischemici (Tab. 56L.8). A tale scopo cinque classi di farmaci risultano
indicate: acido acetilsalicilico, clopidogrel, -bloccanti, ACE-inibitori e statine. Le linee guida del 2007 raccomandano la somministrazione di statine al
momento della dimissione, indipendentemente dal livello delle lipoproteine a
bassa densità. Alcune raccomandazioni per la terapia antitrombotica sono fornite nella Figura 56L.6. Il dosaggio raccomandato dell’acido acetilsalicilico per
6/29/12 1:32:08 PM
1249
ASA (classe I, LDE: A)
Clopidogrel se intollerante
all’ASA (classe I, LDE: A)
Selezione della strategia
di gestione
Strategia
conservativa
Strategia invasiva
Avviare terapia antitrombotica (classe I, LDE: A)
Opzioni accettabili: (classe I, LDE: A) enoxaparina,
fondaparinux o UFH; (classe I, LDE: B) bivalirudina
Procedere con angiografia
Fattori che giustificano l’aggiunta di un’ulteriore
terapia upstream con antiaggreganti piastrinici:
• Posticipazione dell’angiografia
• Caratteristiche di rischio elevato
• Dolore ischemico ricorrente precoce
Angiografia diagnostica
FIGURA 56L.2 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per i pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia iniziale invasiva. ASA = acido acetilsalicilico;
LDE = livello di evidenza; UFH = eparina non frazionata.
C0280.indd 1249
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
Diagnosi di UA/NSTEMI
probabile o conclamata
6/29/12 1:32:09 PM
1250
Diagnosi di UA/NSTEMI probabile o conclamata
ASA (classe I, LDE: A)
Clopidogrel se intollerante all’ASA (classe I, LDE: A)
CAPITOLO 56
Per una strategia
invasiva,
si veda Fig. 56L.2
Selezione della strategia di gestione
Strategia conservativa
Avviare terapia anticoagulante (classe I, LDE: A):
Opzioni accettabili: (classe I, LDE: A) enoxaparina,
fondaparinux o UFH, ma enoxaparina
e fondaparinux sono preferibili (classe IIA, LDE: A)
Avviare terapia con clopidogrel (classe I, LDE: A)
Valutare l’aggiunta di eptifibatide o tirofiban (classe IIb, LDE: B)
Successivi eventi che richiedano un’angiografia?
Si veda
Fig. 56L.2
(Classe IIa, LDE: B)
Sì
No
Valutare FEVS
FE ≤0,40
FE >0,40
(Classe I,
LDE: C)
(Classe IIa,
LDE: B)
Test
da sforzo
Non a basso
rischio
A basso
rischio
(Classe I,
LDE: A)
Proseguire con ASA
Proseguire con clopidogrel (classe I, LDE A)
Interrompere GP IIb/IIIa ev se precedentemente avviata
Interrompere antitrombina
FIGURA 56L.3 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per i pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia iniziale conservativa. ASA = acido acetilsalicilico; ev = endovenoso; FE = frazione di eiezione; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; GP = glicoproteina; LDE = livello di evidenza; UFH = eparina non
frazionata.
C0280.indd 1250
6/29/12 1:32:09 PM
1251
TABELLA 56L.4
Raccomandazioni dell’ACC/AHA di classe I e III per la terapia anti-ischemica
Classe III
1. I nitrati non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI che presentino una pressione arteriosa sistolica <90 mmHg o ≥30 mmHg al di sotto
del basale, grave bradicardia (<50 battiti/min), tachicardia (>100 battiti/min) in assenza di HF sintomatica, o infarto del ventricolo destro (livello di evidenza: C)
2. La nitroglicerina o altri nitrati non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI che abbiano ricevuto un inibitore della fosfodiesterasi
per il trattamento della disfunzione erettile nelle 24 ore successive alla somministrazione di sildenafil o nelle 48 ore successive alla somministrazione
di tadalafil. La corretta tempistica per la somministrazione di nitrati dopo vardenafil non è ancora stata definita (livello di evidenza: C)
3. I calcio-antagonisti diidropiridinici a rilascio immediato non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI in assenza di un β-bloccante
(livello di evidenza: A)
4. Gli ACE-inibitori ev non devono essere somministrati nelle 24 ore immediatamente successive a un episodio di UA/NSTEMI a causa dell’aumentato rischio
di ipotensione (possono fare eccezione i pazienti con ipertensione refrattaria) (livello di evidenza: B)
5. La somministrazione di β-bloccanti ev può essere dannosa in pazienti con UA/NSTEMI che presentino controindicazioni per i β-bloccanti, segni di HF
o uno stato di bassa gittata ovvero altri fattori di rischio* per lo shock cardiogeno (livello di evidenza: A)
6. I farmaci antinfiammatori non steroidei (fatta eccezione per l’acido acetilsalicilico), siano essi agenti non selettivi o inibitori selettivi della COX-2, non devono
essere somministrati nei pazienti ricoverati per UA/NSTEMI a causa dell’aumento del rischio di mortalità, reinfarto, ipertensione, HF o rottura del miocardio
associato al loro uso (livello di evidenza: C )
*Fattori di rischio per lo shock cardiogeno (il rischio di sviluppare uno shock cardiogeno aumenta proporzionalmente al numero di fattori di rischio presenti): età >70 anni, pressione arteriosa
sistolica <120 mmHg, tachicardia sinusale >110 o frequenza cardiaca <60, aumento della frequenza in seguito all’esordio dei sintomi di UA/NSTEMI.
Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American
College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–
ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society
of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.
ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; ARB = bloccante del recettore dell’angiotensina; COX-2 = ciclossigenasi-2; ev = endovenoso; HF = insufficienza cardiaca; FEVS = frazione
di eiezione ventricolare sinistra; IM = infarto miocardico; NTG = nitroglicerina; PCI = intervento coronarico percutaneo; VS = ventricolo sinistro.
Angiografia diagnostica
Selezionare una strategia di gestione postangiografia
CABG
PCI
Proseguire con ASA
Proseguire con ASA
Dose di carico di clopidogrel
se non somministrato pre-angio
(classe I, LDE: A)
e
GP IIb/IIIa ev se non somministrata
pre-angio (classe I, LDE: A)
Interrompere clopidogrel 5-7 giorni
prima del CABG in elezione
Interrompere la GP IIb/IIIa ev 6-12
ore prima del CABG
Proseguire con UFH; interrompere
l’enoxaparina 12-24 ore prima del Interrompere la terapia anticoagulante
CABG; interrompere fondaparinux dopo PCI e nei casi non complicati
(classe I, LDE: B)
24 ore prima del CABG;
interrompere bivalirudina 3 ore
prima del CABG e avviare
la somministrazione di UFH secondo
il protocollo previsto dalla struttura
Terapia farmacologica
Assenza
di CAD
ostruttiva
significativa
all’angiografia
Terapia
antipiastrinica
e
anticoagulante
a discrezione
del medico
CAD all’angiografia
Proseguire con ASA
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
Classe I
1. Riposo a letto/in poltrona con monitoraggio ECG continuo
2. NTG 0,4 mg per via sublinguale ogni 5 min per un totale di 3 dosi; successivamente, valutare la necessità di NTG ev
3. NTG ev per le prime 48 ore dopo UA/NSTEMI per il trattamento dell’ischemia persistente, dell’HF o dell’ipertensione
4. La scelta di somministrare NTG ev e la dose non devono precludere il trattamento con altri interventi di riduzione della mortalità quali ad esempio i β-bloccanti
e gli ACE-inibitori
5. -bloccanti (per via orale) entro 24 ore in assenza di controindicazioni (ad es. HF) indipendentemente dall’esecuzione concomitante di un PCI
6. Quando i -bloccanti risultano controindicati, si somministrerà un calcio-antagonista non diidropiridinico (ad es. verapamil o diltiazem) come terapia iniziale
in assenza di grave disfunzione ventricolare sinistra o di altre controindicazioni
7. ACE-inibitore (per via orale) entro le prime 24 ore in caso di congestione polmonare o FEVS ≤0,40 in assenza di ipotensione (pressione arteriosa sistolica
<100 mmHg o <30 mmHg al di sotto del basale) o di controindicazioni note per tale classe di farmaci
8. Gli ARB devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI intolleranti agli ACE-inibitori e con segni clinici o radiologici di insufficienza cardiaca
o FEVS ≤0,40. Valsartan e candesartan si sono dimostrati efficaci per tale indicazione.
Dose di carico di clopidogrel
se non somministrato pre-angio
(classe I, LDE A)
Interrompere GP IIb/IIIa ev
per almeno 12 ore se avviata
pre angio
Proseguire con UFH ev
per almeno 48 ore
o
con enoxaparina o fondaparinux
per la durata della degenza:
interrompere il trattamento
con bivalirudina o proseguire
alla dose di 0,25 mg/kg/h per max
72 ore a discrezione del medico
FIGURA 56L.4 Linee guida dell’ACC/AHA per la gestione di pazienti con UA/NSTEMI dopo angiografia diagnostica. ASA = acido acetilsalicilico; CABG = bypass
aortocoronarico; CAD = coronaropatia; ev = endovenoso; GP = glicoproteina; LDE = livello di evidenza; PCI = intervento coronarico percutaneo; pre angio = prima
dell’esame angiografico; UFH = eparina non frazionata.
C0280.indd 1251
6/29/12 1:32:09 PM
1252
TABELLA 56L.5 Linee guida dell’ACC/AHA per la stratificazione
del rischio prima della dimissione in pazienti
con sindromi coronariche acute
Classe I
CAPITOLO 56
1. Un test da sforzo non invasivo è raccomandato nei pazienti a basso
rischio che non presentino sintomi di ischemia a riposo o a basso carico
di lavoro né sintomi di HF da almeno 12-24 ore (livello di evidenza: C )
2. Un test da sforzo non invasivo è raccomandato nei pazienti a rischio
intermedio che non presentino sintomi di ischemia a riposo o a basso
carico di lavoro né sintomi di HF da almeno 12-24 ore (livello di evidenza: C )
3. La scelta del test da sforzo è basata sull’ECG a riposo, sulla capacità
di eseguire lo sforzo, sul grado di esperienza locale e sulle tecnologie
disponibili. Il test su treadmill è adatto ai pazienti in grado di eseguire
l’esercizio nei quali l’ECG sia privo di anomalie basali del tratto ST, blocco
di branca, ipertrofia del VS, difetti di conduzione intraventricolare, ritmo
da pacemaker, pre-eccitazione o effetti da digossina (livello di evidenza: C )
4. Una tecnica di diagnostica per immagini viene aggiunta nei pazienti con
sottoslivellamento del tratto ST a riposo (≥0,1 mV), ipertrofia del VS, blocco
di branca, difetto della conduzione intraventricolare, pre-eccitazione
o digossina. Nei pazienti sottoposti a test con basso carico di lavoro, la
diagnostica per immagini può aumentare la sensibilità (livello di evidenza: B)
5. Un test di provocazione farmacologica associato a diagnostica per
immagini è raccomandato quando le limitazioni fisiche (ad es. artrite,
amputazione, grave vasculopatia periferica, grave broncopneumopatia
cronica ostruttiva o stato di debilitazione generale) impediscono la
corretta esecuzione di una prova da sforzo (livello di evidenza: B)
6. Un’angiografia tempestiva senza stratificazione del rischio non invasiva
deve essere eseguita qualora non sia possibile stabilizzare il paziente
con una terapia farmacologica intensiva (livello di evidenza: B)
7. Un test non invasivo (ecocardiogramma o angiogramma con
radionuclidi) è raccomandato per valutare la funzionalità del VS in pazienti
con SCA conclamato per i quali non sia prevista una coronarografia
e una ventricolografia sinistra (livello di evidenza: B)
Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management
of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of
the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice
Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management
of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed
in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for
Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons
endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and
the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.
ECG = elettrocardiogramma; HF = insufficienza cardiaca; SCA = sindrome coronarica acuta;
VS = ventricolo sinistro.
TABELLA 56L.6
Stratificazione non invasiva del rischio
secondo l’ACC/AHA
Rischio elevato (tasso di mortalità annuo >3%)
1. Grave disfunzione del VS a riposo (FEVS <0,35)
2. Indice di rischio elevato al test su treadmill (punteggio ≤− 11)
3. Grave disfunzione del VS sotto sforzo (FEVS sotto sforzo <0,35)
4. Esteso difetto di perfusione indotto da stress (in particolare se anteriore)
5. Difetti multipli di perfusione di entità moderata indotti da stress
6. Esteso difetto fisso di perfusione con dilatazione del VS o aumentata
captazione polmonare (tallio 201)
7. Moderato difetto di perfusione indotto da stress con dilatazione del VS
o aumentata captazione polmonare (tallio 201)
8. Anomalia della cinetica parietale all’ecocardiografia (con interessamento
di >2 segmenti) che insorge a basse dosi di dobutamina (≤10 mg/kg/
min) oppure a una bassa frequenza cardiaca (<120 battiti/min)
9. Evidenza di ischemia estesa all’ecocardiografia sotto sforzo
Rischio intermedio (tasso di mortalità annuo dell’1-3%)
1. Lieve/moderata disfunzione del VS a riposo (FEVS 0,35-0,49)
2. Indice di rischio intermedio al test su treadmill (punteggio > − 11 e <5)
3. Moderato difetto di perfusione indotto da stress senza dilatazione del VS
o aumentata captazione polmonare (tallio 201)
4. Lieve ischemia all’ecocardiografia sotto sforzo con alterazione
della cinetica parietale solo ad alte dosi di dobutamina
con il coinvolgimento di uno o due segmenti
Rischio basso (tasso di mortalità annuo <1%)
1. Indice di rischio basso al test su treadmill (punteggio ≥5)
2. Risposta normale o piccolo difetto di perfusione miocardica a riposo
o sotto sforzo
3. Cinetica parietale normale all’ecocardiografia sotto sforzo o nessuna
modifica durante l’esercizio in presenza di lievi anomalie della cinetica
parietale a riposo
Da Gibbons RJ, Chatterjee K, Daley J, et al: ACC/AHA/ACP-ASIM guidelines for the
management of patients with chronic stable angina. J Am Coll Cardiol 33:2092, 1999.
FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; VS = ventricolo sinistro.
Cateterismo cardiaco
Dimissione
secondo
l’algoritmo
No
Coronaropatia
Sì
Malattia del tronco comune
CABG
Sì
No
FIGURA 56L.5 Linee guida dell’ACC/AHA relative alla strategia di rivascolarizzazione in pazienti con UA/NSTEMI. CABG = bypass aortocoronarico; LAD =
arteria coronaria discendente anteriore sinistra; PCI = intervento coronarico
percutaneo.
Malattia monoo bivasale
Malattia tri- o bivasale
con coinvolgimento
della LAD prossimale
Terapia
farmacologica
PCI o CABG
Disfunzione
del ventricolo sinistro
o diabete in trattamento
Sì
CABG
No
PCI o CABG
C0280.indd 1252
6/29/12 1:32:09 PM
1253
TABELLA 56L.7
Valutazione dell’adeguatezza dei diversi metodi di rivascolarizzazione secondo l’ACC/AHA
CABG
DIABETE
Coronaropatia bivasale con stenosi
della LAD prossimale
A
A
Coronaropatia trivasale
A
A
PCI
FEVS DEPRESSA
ASSENZA
DI DIABETE E
FEVS NORMALE
DIABETE
FEVS DEPRESSA
A
A
A
A
A
D
D
D
Stenosi isolata del tronco comune
A
A
A
I
I
I
Stenosi del tronco comune
con coronaropatia aggiuntiva
A
A
A
I
I
I
Da Patel MR, Dehmer GJ, Hirshfeld JW, et al: ACCF/SCAI/STS/AATS/AHA/ASNC 2009 Appropriateness Criteria for Coronary Revascularization: A report by the American College of Cardiology
Foundation Appropriateness Criteria Task Force, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of Thoracic Surgeons, American Association for Thoracic Surgery,
American Heart Association, and the American Society of Nuclear Cardiology Endorsed by the American Society of Echocardiography, the Heart Failure Society of America, and the Society of
Cardiovascular Computed Tomography. J Am Coll Cardiol 53:530, 2009.
CABG = bypass aortocoronarico; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; LAD = arteria coronaria discendente anteriore sinistra; PCI = intervento coronarico percutaneo. A = appropriato;
D = dubbio; I = inappropriato.
TABELLA 56L.8
Farmaci utilizzati per la stabilizzazione di pazienti con UA/NSTEMI
FARMACI ANTI-ISCHEMICI E ANTITROMBOTICI/
ANTIAGGREGANTI PIASTRINICI
AZIONE
CLASSE/LIVELLO DI EVIDENZA
Acido acetilsalicilico
Antiaggregante piastrinico
I/A
Clopidogrel* o ticlopidina
Antiaggregante piastrinico quando l’acido
acetilsalicilico risulta controindicato
I/A
β-bloccanti
Anti-ischemica
I/B
ACE-inibitori
FE <0,40 o FE nell’HF >0,40
I/A, IIa/A
Nitrati
Antianginosa
I/C per i sintomi ischemici
Calcio-antagonisti (l’uso di antagonisti
diidropiridinici ad azione rapida va evitato)
Antianginosa
I per i sintomi ischemici; quando i β-bloccanti
risultano inefficaci (B) o controindicati
oppure quando causano effetti collaterali non
accettabili (C)
Dipiridamolo
Antiaggregante piastrinico
III/A
FARMACI PER LA PREVENZIONE SECONDARIA
E ALTRE INDICAZIONI
FATTORE DI RISCHIO
CLASSE/LIVELLO DI EVIDENZA
Inibitori dell’HMG-CoA reduttasi
Colesterolo LDL >70 mg/dL
Ia
Fibrati
Colesterolo HDL <40 mg/dL
IIa/B
Niacina
Colesterolo HDL <40 mg/dL
IIa/B
Niacina o fibrato
Trigliceridi 200 mg/dL
IIa/B
Antidepressivi
Trattamento degli stati depressivi
IIb/B
Antipertensivi
Pressione arteriosa >140/90 mmHg
o >130/80 mmHg in presenza di epatopatia
o diabete
I/A
Terapia ormonale (avvio)†
Stato di postmenopausa
III/A
Antidiabetici
HbA1c >7%
I/B
Terapia ormonale (prosecuzione)
†
Stato di postmenopausa
III/B
Inibitore della COX-2 o FANS
Dolore cronico
IIa/C, IIb/C o III/C
Vitamine C, E, β-carotene; acido folico, B6, B12
Effetto antiossidante; riduzione dei livelli
di omocisteina
III/A
ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
ASSENZA
DI DIABETE E
FEVS NORMALE
*Da preferirsi alla ticlopidina.
†
Per ridurre il rischio di coronaropatia.
Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. a report of the
American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With
Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography
and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency
Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.
ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; COX-2 = ciclossigenasi-2; FANS = farmaco antinfiammatorio non steroideo; FE = frazione di eiezione; HDL = lipoproteine ad alta densità;
HF = insufficienza cardiaca; HMG-CoA = idrossimetilglutaril-coenzima A; LDL = lipoproteine a bassa densità.
C0280.indd 1253
6/29/12 1:32:09 PM
1254
Gruppi di pazienti
con UA/NSTEMI in dimissione
CAPITOLO 56
Terapia farmacologica
senza stent
Gruppo stent
metallico
Gruppo stent
medicato
ASA 75-162 mg/die
indefinitamente
(classe I LDE: A)
e
clopidogrel 75 mg/die
per almeno 1 mese
(classe I LDE: A)
e fino a 1 anno
(classe I LDE: B)
ASA 75-325 mg/die per almeno
1 mese, a seguire
75-162 mg/die indefinitamente
(classe I LDE: A)
e
clopidogrel 75 mg/die
per almeno 1 mese e fino a 1 anno
(classe I LDE: B)
ASA 75-325 mg/die
per almeno 3-6 mesi,
a seguire 75-162 mg/die
indefinitamente
(classe I LDE: A)
e
clopidogrel 75 mg/die
per almeno 1 anno
(classe I LDE: B)
Indicazione all’anticoagulazione?
Sì
Aggiungere warfarin (INR 2,0-3,0)
(classe IIb LDE: B)
No
Proseguire con duplice terapia
antipiastrinica come sopra
FIGURA 56L.6 Linee guida dell’ACC/AHA per la selezione di una terapia antitrombotica a lungo termine alla dimissione dopo UA/NSTEMI. ASA = acido acetilsalicilico;
INR = International Normalized Ratio; LDE = livello di evidenza.
i pazienti trattati con terapia farmacologica è di 81-162 mg; in seguito a PCI, si
raccomanda una dose leggermente più alta (162-325 mg) per un periodo di 1, 3
o 6 mesi, a seconda del tipo di stent, da ridursi successivamente. Se indicato, si
aggiungerà warfarin adottando una titolazione basata su un INR di 2,0-2,5; è
inoltre raccomandata la somministrazione di acido acetilsalicilico 81 mg/die.
BIBLIOGRAFIA
1. Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 guidelines
for the management of patients with unstable angina/non–ST-elevation
myocardial infarction: A report of the American College of Cardiology/
American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing
Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients
With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed
in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the
Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of
Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular
C0280.indd 1254
and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency
Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.
2. Masoudi FA, Bonow RO, Brindis RG, et al: ACC/AHA 2008 statement on
Performance Measurement and Reperfusion Therapy: A report of the ACC/
AHA Task Force on Performance Measures (Work Group to address the
challenges of Performance Measurement and Reperfusion Therapy). J Am
Coll Cardiol 52:2100, 2008.
3. Patel MR, Dehmer GJ, Hirshfeld JW, et al: ACCF/SCAI/STS/AATS/AHA/
ASNC 2009 Appropriateness Criteria for Coronary Revascularization: A
report by the American College of Cardiology Foundation Appropriateness
Criteria Task Force, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions,
Society of Thoracic Surgeons, American Association for Thoracic Surgery,
American Heart Association, and the American Society of Nuclear Cardiology
Endorsed by the American Society of Echocardiography, the Heart Failure
Society of America, and the Society of Cardiovascular Computed Tomography.
J Am Coll Cardiol 53:530, 2009.
6/29/12 1:32:10 PM