1222 CAPITOLO 56 Angina instabile e infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST Christopher P. Cannon e Eugene Braunwald DEFINIZIONE, 1222 Reperti coronarografici, 1225 FISIOPATOLOGIA, 1222 Trombosi, 1222 Attivazione e aggregazione piastrinica, 1223 STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO, 1227 Sistemi di stratificazione del rischio, 1227 Valutazione del rischio mediante punteggi combinati, 1228 PRESENTAZIONE CLINICA, 1223 Esame clinico, 1223 Elettrocardiogramma, 1223 Marcatori di necrosi cardiaca, 1224 Esami di laboratorio, 1224 Esami non invasivi, 1224 Classificazione clinica, 1225 Diagnostica per immagini, 1225 TERAPIA MEDICA, 1229 Misure generali, 1229 Terapia antitrombotica, 1230 Anticoagulanti, 1235 STRATEGIE DI TRATTAMENTO E INTERVENTI, 1237 Indicazioni per le strategie di gestione invasive vs conservative, 1238 Ogni anno, circa un milione di pazienti negli Stati Uniti viene ricoverato per angina instabile o per infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI), una condizione definita anche sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-SCA).1,2 L’occlusione totale acuta di un’arteria coronaria solitamente provoca lo STEMI (Cap. 54), mentre l’UA/NSTEMI molto più frequentemente deriva dall’ostruzione grave – ma non dall’occlusione totale – dell’arteria coronaria colpevole (“culprit”). L’incidenza dell’NSTE-SCA, sia in assoluto sia rispetto allo STEMI, è in aumento, probabilmente a causa delle modificazioni demografiche nella popolazione, tra cui il costante aumento del numero di persone anziane e l’elevato tasso di diabete.3 © 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. Definizione L’angina pectoris stabile si manifesta tipicamente come un fastidio intenso e scarsamente localizzato al torace o al braccio (raramente descritto come dolore), che si innesca in modo riproducibile con l’esercizio fisico o gli stress emotivi e che si allevia entro 5-10 minuti con il riposo o con la somministrazione di nitroglicerina sublinguale (Capp. 53 e 54). L’angina instabile viene invece definita come angina pectoris (o un tipo equivalente di disturbo ischemico) con almeno una delle seguenti caratteristiche: (1) si verifica a riposo (o dopo sforzi lievi) e di solito dura >20 minuti (se non interrotta dalla somministrazione di nitrato o di un analgesico); (2) è grave e viene generalmente descritta come dolore franco; (3) si verifica secondo un pattern ingravescente (ossia dolore che risveglia il paziente dal sonno o che è più grave, prolungato o frequente rispetto al passato). Circa due terzi dei pazienti con angina instabile presentano evidenza di necrosi del miocardio documentata da innalzamenti dei marcatori sierici cardiaci, come le troponine T e I e l’isoenzima CK-MB della creatinchinasi specifici per il miocardio, e pertanto riceve una diagnosi di NSTEMI. Dato che le misurazioni della troponina stanno diventando sempre più sensibili, una percentuale crescente di pazienti con NSTE-SCA mostra un rilascio di troponina, quindi questi devono essere considerati casi di NSTEMI, con una reciproca riduzione della percentuale di pazienti affetti da angina instabile. Fisiopatologia Cinque processi fisiopatologici possono contribuire allo sviluppo di UA/NSTEMI (Fig. 56.1A):4 C0280.indd 1222 Altre terapie, 1238 Riepilogo: gestione acuta dell’UA/NSTEMI, 1239 Prevenzione secondaria a lungo termine dopo UA/NSTEMI, 1239 ANGINA VARIANTE DI PRINZMETAL, 1241 Meccanismi, 1241 Reperti clinici e di laboratorio, 1241 Trattamento, 1242 Prognosi, 1243 BIBLIOGRAFIA, 1243 LINEE GUIDA, 1246 1. rottura o erosione della placca con trombo sovrapposto non occlusiva (ciò provoca la stragrande maggioranza di casi di UA/ NSTEMI); 2. ostruzione dinamica causata da a. spasmo di un’arteria coronaria epicardica, come nel caso dell’angina variante di Prinzmetal; b. costrizione delle piccole arterie coronarie muscolari intramurali, ossia i vasi coronarici di resistenza;5 c. vasocostrittori locali, come il trombossano A2, rilasciato dalle piastrine; d. disfunzione dell’endotelio coronarico; e. stimoli adrenergici, tra cui il freddo e la cocaina; 3. grave restringimento del lume coronarico causato dalla progressiva aterosclerosi coronarica o per restenosi post intervento percutaneo sulla coronaria; 4. infiammazione; 5. angina instabile secondaria, ossia grave ischemia miocardica correlata all’aumento della domanda di ossigeno da parte del miocardio o alla ridotta offerta di ossigeno (ad es. tachicardia, febbre, ipotensione o anemia). I singoli pazienti possono presentare molti di questi processi coesistenti quale causa di UA/NSTEMI. Diversi marcatori sierici si prestano a essere efficacemente utilizzati per identificare questi processi fisiopatologici e, come spiegato più avanti, costituiscono il fondamento della “strategia multimarker” per la valutazione e la stratificazione del rischio (Fig. 56.1B). Trombosi Sei condizioni di osservazione supportano il ruolo centrale della trombosi dell’arteria coronaria nella patogenesi dell’UA/NSTEMI: (1) il riscontro, all’autopsia, di trombi nelle arterie coronarie, solitamente localizzati in corrispondenza del sito di rottura o di erosione di una placca coronarica;6 (2) la dimostrazione nei campioni ottenuti mediante aterectomia coronarica da pazienti con UA/NSTEMI di un’elevata incidenza di lesioni trombotiche rispetto ai pazienti con angina stabile; (3) il frequente riscontro di un trombo all’angioscopia coronarica; (4) la dimostrazione alla coronarografia (Fig. 56.2), all’ecografia intracoronarica, alla tomografia a coerenza ottica e all’angio-TC di ulcerazione della placca o di irregolarità indicative di trombo o di rottura di placca; 6/29/12 1:31:55 PM 1223 Trombo non occlusivo su una placca preesistente Ostruzione meccanica progressiva A UA secondaria (↑MVO2) Infiammazione Necrosi miocitaria Troponina Infiammazione hsPCR Stress emodinamico BNP, NT-proBNP Aterosclerosi accelerata B Hb A1c Glicemia Danno vascolare ClCr Microalbuminuria FIGURA 56.1 A. Rappresentazione schematica delle cause di angina instabile (UA). MVO2 = consumo miocardico di O2. (Da Braunwald E: Unstable angina: An etiologic approach to management. Circulation 98:2219, 1998.) B. Strategia multimarcatore per la valutazione dell’eziologia e della prognosi dell’UA/NSTEMI. È stato recentemente dimostrato che tali fattori sono anche marcatori indipendenti di prognosi avversa. BNP = peptide natriuretico di tipo B; ClCr = clearance della creatinina; Hb A1c = emoglobina A1c; hsPCR = proteina C reattiva ad alta sensibilità; NT-proBNP = frammento N-terminale del proBNP; UA/NSTEMI = angina instabile o infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST. (Modificata da Morrow DA, Braunwald E: Future of biomarkers in acute coronary syndromes: Moving toward a multimarker strategy. Circulation 108:250, 2003.) (5) l’innalzamento di diversi marcatori sierici di attività piastrinica e di formazione di fibrina; (6) il miglioramento della prognosi clinica in seguito a terapia con antiaggreganti e antitrombotici. Attivazione e aggregazione piastrinica Le piastrine giocano un ruolo chiave nella trasformazione di una placca aterosclerotica stabile in una lesione instabile (Fig. 56.3). Spesso, la rottura o l’ulcerazione di una placca aterosclerotica espone la matrice subendoteliale (ad es. il collagene o il fattore tissutale) al sangue circolante. Il primo passo nella formazione del trombo è l’adesione piastrinica per mezzo del legame della glicoproteina (GP) Ib piastrinica al fattore di von Willebrand e del legame della GP VI al collagene. La successiva attivazione piastrinica determina (1) una modificazione della forma delle piastrine (da una conformazione discoide liscia a una aghiforme, che aumenta l’area di superficie sulla quale si verifica la formazione di trombina); (2) la degranulazione dei granuli densi e degli -granuli piastrinici, che rilasciano trombossano A2, serotonina e altri agenti piastrinici proaggreganti e chemotattici; (3) un incremento dell’espressione del recettore per la GP IIb/IIIa sulla superficie piastrinica seguito da una modificazione conformazionale del recettore che ne migliora l’affinità per il fibrinogeno; (4) l’aggregazione piastrinica, C0280.indd 1223 FIGURA 56.2 Trombosi dell’arteria coronaria in un paziente di 60 anni con angina instabile. La coronarografia mostra un difetto di riempimento irregolare mal definito nell’arteria discendente anteriore sinistra a livello del secondo ramo diagonale (freccia). Il mezzo di contrasto circonda il trombo sferico, che si estende nel ramo diagonale. durante la quale il fibrinogeno si lega all’inibitore della GP IIb/IIIa del fibrinogeno attivato dalle piastrine, inducendo lo sviluppo del tappo piastrinico. EMOSTASI SECONDARIA . Contemporaneamente alla formazione del tappo piastrinico, si attiva il sistema della coagulazione plasmatica. Il fattore tissutale innesca la maggior parte delle trombosi delle arterie coronarie (Capp. 43 e 87). Alla fine, viene attivato il fattore X (a fattore Xa), che conduce alla formazione di trombina (fattore IIa, il quale svolge un ruolo centrale nella trombosi arteriosa). Anche la trombina, che converte il fibrinogeno a fibrina, rappresenta un potente stimolante dell’aggregazione piastrinica; essa attiva il fattore XIII, che determina la formazione di legami crociati di fibrina e la stabilizzazione del coagulo. Le molecole di trombina vengono incorporate nei trombi coronarici e possono costituire il substrato per la retrotrombosi. Presentazione clinica Tra i pazienti con SCA, a presentarsi più di frequente con angina instabile sono le donne, che rappresentano dal 30 al 45% dei soggetti con tale condizione (mentre è di sesso femminile il 25-30% dei pazienti con NSTEMI e soltanto il 20% dei pazienti con STEMI).7 Rispetto ai pazienti con STEMI, i pazienti con UA/NSTEMI sono più anziani e presentano un tasso più elevato di precedente infarto miocardico (IM), angina stabile, diabete, pregressa rivascolarizzazione coronarica e vasculopatia extracardiaca rispetto ai pazienti con STEMI.7 In effetti, circa l’80% dei pazienti con UA/ NSTEMI ha una storia di coronaropatia (CAD) prima dell’evento acuto.8 ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Ostruzione dinamica Esame clinico L’esame clinico può essere normale o può suffragare la diagnosi di ischemia cardiaca.Sono indizi di interessamento ischemico di una vasta porzione di ventricolo sinistro la presenza di sudorazione,cute pallida,tachicardia sinusale,un terzo o un quarto tono cardiaco e rantoli basali all’esame obiettivo polmonare. In alcuni pazienti, l’ischemia di un’ampia area di miocardio induce la disfunzione del ventricolo sinistro e provoca ipotensione. Elettrocardiogramma Il sottoslivellamento del tratto ST (o il temporaneo sopraslivellamento) e le modificazioni dell’onda T si verificano in una percentuale di pazienti con UA/NSTEMI che può arrivare al 50% (Cap. 13).9 Uno slivellamento de novo (o presunto tale) del tratto ST ≥0,1 mV rappresenta un’utile stima di ischemia e di prognosi. Quando sono disponibili elettrocardiogrammi 6/29/12 1:31:55 PM 1224 1. Adesione piastrinica Piastrina CAPITOLO 56 GP Ib 2. Attivazione piastrinica Rottura della placca ASA/P2Y12 Clopidogrel GP IIb/IIIa attivata dalle piastrine 3. Aggregazione piastrinica Inibitori della GP IIb/IIIa FIGURA 56.3 Adesione (1), attivazione (2) e aggregazione piastrinica (3). Le piastrine danno inizio al processo trombotico nel sito di rottura o di erosione della placca: il primo stadio è l’adesione piastrinica (1) attraverso l’interazione tra il recettore della GP Ib e il fattore di von Willebrand. Segue l’attivazione piastrinica (2), che comporta una modificazione della forma delle piastrine, la degranulazione dei granuli e dei granuli densi e l’espressione dei recettori della GP IIb/IIIa sulla superficie delle piastrine con attivazione del recettore, in modo che possa legare il fibrinogeno. Lo stadio finale consiste nell’aggregazione piastrinica (3), durante la quale il fibrinogeno (in giallo) si lega ai recettori per la GP IIb/IIIa attivati di due piastrine. L’acido acetilsalicilico (ASA) e il clopidogrel agiscono riducendo l’attivazione delle piastrine (si veda il testo per una descrizione dettagliata), mentre gli inibitori della GP IIb/IIIa inibiscono lo stadio finale dell’aggregazione piastrinica. GP = glicoproteina. (Si veda Fig. 87.3.) anteriori all’evento acuto, l’ulteriore sottoslivellamento del tratto ST di soli 0,05 mV costituisce un reperto sensibile – benché poco specifico – di UA/NSTEMI.9 Il transitorio sopraslivellamento del tratto ST (<20 minuti), che si verifica in circa il 10% dei pazienti con UA/NSTEMI, prelude a un elevato rischio di eventi cardiaci successivi. Le modificazioni dell’onda T sono indicatori sensibili ma non specifici di ischemia acuta, a meno che non siano marcate (>0,3 mV) (Fig. 56.4). M O N I TO R AG G I O E L ET T RO C A R D I O G R A F I CO CO N T I NUO. Nell’UA/NSTEMI il monitoraggio elettrocardiografico continuo ha due scopi: (1) identificare le aritmie e (2) identificare le deviazioni ricorrenti del tratto ST, che sono indicative di ischemia. Lo slivellamento ricorrente del tratto ST è un forte marcatore indipendente di esito infausto,10 anche in presenza di rilascio di troponina. Marcatori di necrosi cardiaca Tra i pazienti che si presentano con sintomi compatibili per UA/NSTEMI, l’innalzamento dei marcatori di necrosi miocardica (CK-MB, troponina T e I) identifica i pazienti con diagnosi di NSTEMI. Con l’utilizzo delle troponine, più sensibili rispetto alla CK-MB, una percentuale maggiore di pazienti viene classificata nel quadro di NSTEMI, quadro che, al pari dell’innalzamento persistente della troponina dopo un evento acuto, è associato a prognosi clinica peggiore.11,12 Benché il cut-off appropriato per valutare la positività di un innalzamento della troponina I abbia generato delle controversie, un crescente consenso ha centrato l’attenzione sull’utilizzo del 99° percentile di una popolazione normale (circa 0,10 ng/mL) con un coefficiente di variazione (una stima C0280.indd 1224 della riproducibilità del test) non superiore al 10% e con una sensibilità (livello più basso di rilevazione) di 0,02 ng/mL. Dato che sono stati sviluppati test per la troponina più sensibili, si renderà necessaria una revisione di tali caratteristiche. Anche minimi innalzamenti della troponina cardiaca preludono a un rischio più elevato di morte o di eventi ischemici ricorrenti.11,12 Dato che le varie metodiche differiscono, ogni ospedale deve riconsiderare i cut-off specifici per il test in uso. La maggior parte dei point-of-care test (POCT) per la troponina fornisce un risultato dicotomico (positivo o negativo), mentre altri forniscono un risultato quantitativo, benché solo di recente la sensibilità e l’accuratezza diagnostica di alcuni di questi test siano divenute equiparabili a quelle dei test laboratoristici di attuale generazione. Nonostante la disponibilità di test sempre più accurati, sono stati riscontrati degli innalzamenti dei livelli di troponina chiaramente falsi positivi, come dimostrato dalla successiva esclusione di stenosi epicardiche dimostrabili all’angiografia coronarica.13 Tali innalzamenti derivano da una diagnosi alternativa, come un’insufficienza cardiaca congestizia, nella quale l’innalzamento della troponina in assenza di CAD depone per una prognosi sfavorevole. Un’analisi dello studio TACTICS-TIMI 1814,15 ha sollevato anche un avvertimento: gli innalzamenti dei livelli di troponina in pazienti senza stenosi coronariche non devono essere scartati a priori come falsi positivi. I pazienti con UA/NSTEMI nei quali era stato riscontrato un innalzamento della troponina in assenza di un’evidente CAD all’angiografia avevano una prognosi significativamente peggiore rispetto a quelli con troponina negativa senza coronaropatia, con un tasso di mortalità o di IM a sei mesi rispettivamente del 5,3% e dello 0%.14 Esami di laboratorio Una radiografia del torace può essere utile per identificare una congestione o un edema polmonare, più probabile nei pazienti con UA/NSTEMI nei quali l’ischemia coinvolga una porzione significativa del ventricolo sinistro o in quelli con precedente disfunzione del ventricolo sinistro. La presenza di congestione depone per una prognosi avversa. L’ottenimento di un profilo lipidico del siero che comprenda le lipoproteine a bassa densità (LDL), quelle ad alta densità (HDL) e i trigliceridi è utile per l’identificazione di importanti fattori di rischio per l’aterotrombosi coronarica e per il successivo trattamento dopo la dimissione ospedaliera. Dato che i livelli sierici di colesterolo totale e HDL si riducono del 30-40% a 24 ore dall’UA/NSTEMI o dallo STEMI, la misurazione andrebbe fatta al momento del ricovero. Se si dispone soltanto di un campione tardivo, il clinico deve essere consapevole che i valori del colesterolo totale e LDL possono essere inferiori del 30-40% rispetto alla reale concentrazione basale del paziente (Cap. 47). Nelle pagine che seguono verranno presentati altri marcatori circolanti di aumentato rischio. In pazienti selezionati può essere appropriata anche la valutazione di altre cause secondarie di UA/NSTEMI16 (ad es. valutazione della funzionalità tiroidea in pazienti con UA/NSTEMI e tachicardia persistente). Esami non invasivi Nella gestione dell’UA/NSTEMI vengono impiegati esami non invasivi per diversi scopi: (1) al ricovero, solitamente in pronto soccorso, per diagnosticare la presenza o l’assenza di CAD (Cap. 53); (2) per valutare l’estensione dell’ischemia residua dopo l’avvio della terapia medica e per impostare l’ulteriore terapia nel contesto di una strategia “conservativa precoce”; (3) per valutare la funzionalità del ventricolo sinistro; (4) per la stratificazione del rischio. I marcatori di rischio elevato compren- 6/29/12 1:31:57 PM 1225 aVR V1 V4 II aVL V2 V5 III aVF V3 V6 V1 II V5 25mm/s 10mm/mV 40Hz 005C 12SL 254 CID: 27 EID:610 EDT: 17:40 13-JAN-2005 ORDER: FIGURA 56.4 Elettrocardiogramma che mostra la profonda inversione simmetrica dell’onda T nelle derivazioni inferolaterali con slivellamento di 1 mm del tratto ST. Tali reperti elettrocardiografici si associano frequentemente a stenosi critiche di un’arteria coronaria (benché sia spesso difficile localizzare l’arteria interessata). Questi dati costituiscono anche un marcatore utile per individuare i pazienti esposti a un alto rischio di successiva morte o infarto miocardico. dono: evidenza di ischemia grave o di tachiaritmia ventricolare al monitoraggio elettrocardiografico continuo o al test da sforzo e lo sviluppo di disfunzione ventricolare sinistra, a riposo o indotta dall’esercizio. La sicurezza dell’esecuzione di un test da sforzo precoce nei pazienti con UA/NSTEMI è stata oggetto di dibattito, ma osservazioni raccolte in diversi studi hanno suggerito che il test con sollecitazione farmacologica o fisica è sicuro dopo un periodo di stabilizzazione di almeno 24 ore.17 Le controindicazioni all’esecuzione di un test da sforzo sono un recente (meno di 24 ore) episodio di dolore a riposo, soprattutto se associato a modificazioni elettrocardiografiche, o altri segni di instabilità emodinamica o di aritmia. Dal raffronto delle varie modalità di test da sforzo, è emerso che la scintigrafia miocardica perfusionale sotto sforzo con sestamibi o l’ecocardiografia sotto sforzo sono leggermente più sensibili rispetto al semplice test ergometrico e possiedono un valore prognostico più elevato, ma è stato dimostrato che la scintigrafia miocardica perfusionale presenta un profilo di costo-efficacia favorevole soltanto nei pazienti a più elevato rischio. Un approccio utile consiste nell’individualizzare la scelta sulla base delle caratteristiche del paziente, della disponibilità locale e dell’esperienza nell’interpretazione dei dati. Per la maggior parte dei pazienti il test ergometrico è raccomandato se l’elettrocardiogramma a riposo non presenta significative anomalie del tratto ST. Qualora invece si riscontrassero delle anomalie del tratto ST a riposo, si raccomanda l’esecuzione di una scintigrafia miocardica perfusionale o di un’ecocardiografia da sforzo. In generale, si raccomanda l’esecuzione di un test ergometrico, a meno che il paziente non riesca a camminare a sufficienza per raggiungere un carico di lavoro significativo, nel qual caso l’esame da stress farmacologico rappresenta un’alternativa (Capp. 14 e 50). Classificazione clinica Dato che l’UA/NSTEMI comprende un gruppo di pazienti estremamente eterogeneo, diventano utili degli schemi di classificazione basati sulle caratteristiche cliniche. Una classificazione clinica dell’UA/ NSTEMI (Tab. 56.1)16 fornisce uno strumento utile per la stratificazione del rischio. I pazienti vengono inseriti in tre gruppi a seconda delle circostanze cliniche dell’episodio di ischemia acuta: (1) angina instabile primitiva causata da riduzioni della perfusione miocardica, C0280.indd 1225 (2) angina instabile secondaria (ad es. con ischemia correlata a fattori precipitanti come l’anemia o un IM acuto) e (3) angina instabile postinfartuale. Contestualmente, i pazienti vengono classificati in base alla gravità dell’ischemia. Tale classificazione fornisce preziose informazioni prognostiche (l’angina postinfartuale a riposo è associata alla prognosi peggiore). Diagnostica per immagini L’ecografia intravascolare (IVUS) è stata la prima tecnica di diagnostica per immagini a dimostrare come i pazienti con una recente sindrome coronarica acuta presentassero delle placche disgregate che denotavano un rimodellamento più positivo (ossia un impegno minore del lume coronarico) e delle aree di placca più grandi rispetto ai pazienti con CAD cronica stabile. L’angiografia con tomografia computerizzata (angio-TC) ha anche dimostrato che le placche disgregate erano caratterizzate da un rimodellamento vascolare positivo, da una bassa densità di placca e da saltuarie calcificazioni. Nei pazienti che si presentano in pronto soccorso senza tali caratteristiche si potrebbe scartare la diagnosi di SCA con elevata affidabilità.18,19 Motoyama et al.20 hanno dimostrato che l’angio-TC con contrasto potrebbe anche identificare le placche vulnerabili che, pur non essendosi ancora rotte, sono a rischio di rottura. In futuro, questo interessante approccio potrebbe consentire di identificare i pazienti nei quali la prevenzione della rottura di placca mediante interventi invasivi potrebbe costituire un’opzione da considerare.21 La risonanza magnetica cardiaca (RMC) T2-pesata, la valutazione dello spessore parietale del ventricolo sinistro, la perfusione miocardica e la rilevazione di enhancement tardivo consentono un’accurata valutazione della SCA così come dell’IM acuto e cronico22 (Fig. 56.5; si vedano anche Figg. 18.4 e 54.18). ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST I Reperti coronarografici Nei pazienti con UA/NSTEMI assegnati mediante randomizzazione al braccio invasivo dello studio TACTICS-TIMI 18 e sottoposti sistematicamente a coronarografia è stato osservato lo scenario seguente in 6/29/12 1:31:57 PM 1226 TABELLA 56.1 Classificazione clinica dell’UA/NSTEMI secondo Braunwald MORTE O IM A 1 ANNO* (%) CAPITOLO 56 CLASSE DEFINIZIONE Gravità Classe I Classe II Classe III Nuova insorgenza di angina grave o di angina ingravescente; assenza di dolore a riposo Angina a riposo nel mese precedente, ma non nelle ultime 48 ore (angina a riposo, subacuta) Angina a riposo nelle precedenti 48 ore (angina a riposo) 7,3 10,3 10,8† Si sviluppa in presenza di una condizione extracardiaca che intensifica l’ischemia miocardica Si sviluppa in assenza di una condizione extracardiaca Si sviluppa entro due settimane dall’infarto acuto del miocardio I pazienti con angina instabile possono anche essere divisi in tre gruppi a seconda che essa si verifichi: (1) in assenza di trattamento per angina cronica stabile, (2) durante il trattamento per angina cronica stabile o (3) nonostante una terapia farmacologica anti-ischemica massimale. I tre gruppi possono essere designati con l’indicazione 1, 2 o 3 in pedice. I pazienti con angina instabile possono essere ulteriormente suddivisi in pazienti con o senza modificazioni temporanee del tratto ST-T durante la sintomatologia. 14,1 8,5 18,5‡ Circostanze cliniche A. Angina secondaria B. Angina primitiva C. Angina postinfartuale Intensità del trattamento Modificazioni elettrocardiografiche *Dal registro TIMI III: Scirica BM, Cannon CP, McCabe CH, et al.: Prognosis in the thrombolysis in myocardial ischemia III registry according to the Braunwald unstable angina pectoris classification. Am J Cardiol 90:821, 2002. Da Braunwald E: Unstable angina: A classification. Circulation 80:410, 1989. UA/NSTEMI = angina instabile/infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST. † P = 0,057. ‡ P = 0,001. relazione all’estensione della CAD epicardica: il 34% presentava un’ostruzione significativa (stenosi del diametro luminale >50%) di tre vasi, il 28% presentava malattia di due vasi, il 26% aveva malattia di un singolo vaso e il 13% non presentava stenosi coronarica >50%. Circa il 10% ha mostrato una stenosi >50% del tronco comune della coronaria sinistra.16 Rilievi simili sono stati segnalati nei registri di pazienti con UA/NSTEMI non selezionati. Le donne e gli uomini non bianchi con UA/NSTEMI presentano una coronaropatia meno estesa rispetto alle controparti,7 mentre i pazienti con NSTEMI presentano una patologia coronarica più estesa alla coronarografia rispetto a quelli che mostrano soltanto angina instabile. Una percentuale elevata di pazienti con sintomatologia compatibile per UA/NSTEMI senza CAD epicardica è costituita da donne e da soggetti non bianchi: ciò induce a ipotizzare che alla base della presentazione clinica vi sia un diverso meccanismo fisiopatologico ed evidenzia la difficoltà nel porre una diagnosi sicura di UA/NSTEMI in questi gruppi di pazienti.7 Circa un terzo dei soggetti con UA/NSTEMI senza ostruzione epicardica critica mostra un flusso coronarico alterato all’angiografia, a suggerire che la disfunzione del microcircolo coronarico abbia un ruolo fisiopatologico. In questo gruppo di pazienti con UA/NSTEMI senza evidenza angiografica di malattia epicardica la prognosi a breve termine è eccellente.23 Nell’UA/NSTEMI, la lesione colpevole mostra tipicamente una stenosi eccentrica con margini frastragliati o sporgenti e un colletto ristretto (Cap. 21). Tali reperti angiografici possono rappresentare una rottura della placca aterosclerotica, un trombo o entrambi. Caratteristiche indicative della presenza di un trombo comprendono masse globose intraluminali con C0280.indd 1226 A B C D FIGURA 56.5 Esempio di paziente con NSTEMI. La RMC, eseguita in un uomo di 63 anni un’ora dopo il suo arrivo al pronto soccorso con marcatori cardiaci inizialmente nella norma, ha rivelato una piccola area di iperintensità in T2 (A) in corrispondenza della parete inferolaterale (edema miocardico) con una tenue ipocinesi associata (B), un difetto di perfusione a riposo (C) e iperenhancement ritardato (D) (necrosi miocardica) nella stessa area (frecce). I livelli di troponina si sono innalzati sette ore dopo l’esecuzione della RMC. L’angiografia invasiva ha rivelato una malattia trivasale con stenosi del 95% del ramo posterolaterale. (Da Cury RC, Shash K, Nagurney JT, et al: Cardiac magnetic resonance with T2-weighted imaging improves detection of patients with acute coronary syndrome in the emergency department. Circulation 118:837, 2008.) 6/29/12 1:32:00 PM 1227 forma arrotondata o polipoide (si veda Fig. 56.2). L’aspetto “indistinto” di una lesione suggerisce la presenza del trombo, ma tale reperto non è specifico. I pazienti con trombo visualizzabile all’angiografia hanno un’alterazione del flusso coronarico ed esiti clinici peggiori rispetto ai pazienti senza trombo. Indicatori clinici di rischio aumentato nell’UA/NSTEMI Anamnesi Età avanzata (>70 anni) Diabete mellito Angina postinfartuale Precedenti vasculopatie periferiche Precedenti malattie cerebrovascolari Presentazione clinica Classe II o III di Braunwald (dolore a riposo acuto o subacuto) Classe B di Braunwald (angina instabile secondaria) Insufficienza cardiaca o ipotensione Episodi ripetuti di dolore in un arco di 24 ore Elettrocardiogramma Slivellamento del tratto ST ≥0,05 mV Inversione dell’onda T ≥0,3 mV Blocco di branca sinistra Marcatori cardiaci Aumento della troponina T o I o della creatinchinasi-MB Aumento della proteina C reattiva o della conta leucocitaria Aumento del peptide natriuretico di tipo B Creatinina elevata Livelli elevati di glicemia o di emoglobina A1c Angiogramma Trombo Patologia multivasale Disfunzione ventricolare sinistra UA/NSTEMI = angina instabile/infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST. Sistemi di stratificazione del rischio VARIABILI CLINICHE Sottogruppi clinici a rischio elevato La summenzionata classificazione dell’angina instabile (si veda Tab. 56.1) si è rivelata clinicamente utile in diversi studi ai fini dell’identificazione dei pazienti a rischio elevato, specialmente quelli con dolore a riposo in atto o ricorrente, con angina instabile postinfartuale o con angina instabile secondaria.15 L’aumento dell’età si associa a un incremento significativo degli esiti sfavorevoli.24 I pazienti con UA/ NSTEMI e con diabete mellito o patologia vascolare extracardiaca (patologia cerebrovascolare o arteriopatia ostruttiva periferica) possiedono indicativamente il 50% di rischio in più rispetto ai pazienti senza tali comorbilità, anche dopo il controllo per altre differenze alle caratteristiche di base (Tab. 56.2). Come nel caso dello STEMI, anche i pazienti con UA/NSTEMI che si presentano con evidenza di insufficienza cardiaca congestizia (classe Killip ≥II) hanno un aumentato rischio di morte. VALUTAZIONE DEL RISCHIO MEDIANTE ELETTROCARDIOGRAMMA. Nel registro TIMI III relativo a pazienti con UA/NSTEMI, i fattori predittivi indipendenti di mortalità o di sviluppo di IM a 1 anno comprendevano il blocco di branca sinistra (rischio relativo 2,8) e lo slivellamento del tratto ST >0,05 mV (rischio relativo 2,45), con P <0,001 per entrambi.9 Sembra esservi un gradiente di rischio basato sul grado di slivellamento del tratto ST.25 VALUTAZIONE DEL RISCHIO MEDIANTE MARCATORI CARDIACI (Tab. 56.3) Marcatori di necrosi miocitaria I pazienti con NSTEMI, per definizione associati a livelli elevati di un biomarcatore di necrosi (CK-MB o troponina), hanno una prognosi a lungo termine peggiore rispetto ai pazienti con angina instabile.26 Oltre alla positività o alla negatività del test, vi è un rapporto lineare tra i livelli circolanti di troponina T o I e il conseguente rischio di morte.27 In diversi studi tuttavia è stato osservato un rischio più elevato di IM (o di IM ricorrente) anche con piccoli innalzamenti positivi dei livelli di troponine.11,28 C0280.indd 1227 Proteina C reattiva e altri marcatori di infiammazione (Capp. 44 e 49) Elevate concentrazioni di PCR correlano con un aumentato rischio di morte, di IM e con la necessità di rivascolarizzazione urgente. Essendo un reagente di fase acuta, la PCR si innalza in corso di IM, con o senza sopraslivellamento del tratto ST. Ne consegue che le concentrazioni di PCR nei pazienti con SCA molto recente sono circa cinque volte superiori rispetto a quelle dei pazienti stabili.25 Anche fra i pazienti con troponina I negativa, la PCR è in grado di differenziare un gruppo ad alto rischio e uno a basso rischio. Quando vengono utilizzate sia la PCR sia la troponina T, la mortalità può essere stratificata nel seguente modo: 0,4% nei pazienti con entrambi i marcatori negativi, 4,7% se la PCR o la troponina sono positive, 9,1% se entrambe risultano positive.29 La PCR misurata dopo la stabilizzazione post-SCA è un forte fattore predittivo degli esiti tra i 3 e i 12 mesi.30 Studi su altri marcatori dell’infiammazione hanno offerto prove convincenti di un’associazione tra infiammazione sistemica ed eventi avversi ricorrenti, comprese l’amiloide A sierica, la proteina chemotattica per i monociti-1 (MCP-1)30a e l’interleuchina-6 (IL-6). È stato dimostrato che la neopterina, un marcatore di attivazione monocitaria, sia un predittore indipendente di esiti avversi a lungo termine.31 Gli elevati livelli di tale biomarcatore di infiammazione (al pari della PCR) possono essere ridotti da dosi elevate di statine potenti (ad es. 80 mg/die di atorvastatina o 40 mg/die di rosuvastatina). Questi studi, nel complesso, indicano che l’infiammazione è correlata all’instabilità del paziente e a un aumentato rischio di eventi cardiaci. CONTA LEUCOCITARIA. La conta leucocitaria è un indicatore di infiammazione addirittura più semplice e generalmente disponibile, anche se non specifico. Diversi studi condotti su pazienti con UA/NSTEMI32 hanno osservato che i pazienti con conta leucocitaria elevata sono esposti a un rischio più elevato di mortalità e di IM ricorrente. Tale associazione è indipendente dai valori di PCR, a suggerire che nessun marcatore è in grado di catturare tutte le informazioni relative all’influenza dell’infiammazione sugli esiti, nemmeno la PCR. M IELOPEROSSIDASI . La mieloperossidasi (MPO) è un’emoproteina rilasciata durante la degranulazione dei neutrofili e di alcuni monociti che genera acido ipocloroso, un potente agente pro-ossidante. Elevate concentrazioni in pazienti con rischio significativamente più alto di SCA ricorrente sono state associate a un aumento a breve termine ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO RISCHIO DOPO SINDROME CORONARICA ACUTA. Un importante concetto emergente è che il rischio di eventi ischemici ricorrenti sia legato più alla presenza di lesioni multifocali che alla lesione colpevole dell’evento acuto di SCA. Studi sull’anatomia coronarica mediante angiografia, IVUS o angioscopia hanno mostrato la presenza di placche attive multiple in aggiunta alla lesione colpevole. Considerato, dunque, che gli approcci interventistici aggressivi vengono utilizzati con crescente successo nel trattamento della lesione colpevole, spesso sono le placche residue a provocare eventi ricorrenti. La percentuale di pazienti con più di una placca attiva all’angiografia correla con un crescente livello basale di proteina C reattiva (PCR),23 un marcatore di infiammazione. Ciò indica un importante legame fisiopatologico tra infiammazione, CAD attiva più estesa ed eventi cardiaci ricorrenti nei mesi o negli anni successivi un evento clinico di SCA. STORIA NATURALE. I pazienti con angina instabile hanno una mortalità a breve termine inferiore (dall’1,5 al 2,0% dall’esordio a 30 giorni) rispetto ai pazienti con NSTEMI o STEMI; il rischio di mortalità precoce per i due tipi di IM è simile e si attesta tra il 3 e il 5%. Il rischio di mortalità precoce nell’UA/NSTEMI si correla con l’estensione del danno miocardico e con la conseguente compromissione emodinamica ed è inferiore rispetto a quello dei pazienti con STEMI. L’outcome a lungo termine – sia per la mortalità sia per gli eventi non fatali – è invece peggiore per i pazienti con UA/NSTEMI rispetto agli STEMI. Probabilmente, ciò deriva dalla maggiore probabilità di ricorrenza di SCA nei pazienti con UA/NSTEMI oltre che dalla loro età più avanzata, dalla maggiore estensione della coronaropatia, da precedenti IM e da comorbilità come il diabete e l’insufficienza renale. TABELLA 56.2 6/29/12 1:32:00 PM 1228 TABELLA 56.3 Biomarcatori emergenti nella sindrome coronarica acuta POSSIBILE MECCANISMO CAPITOLO 56 Marcatori in grado di predire lo sviluppo di SCA Fattore di von Willebrand1 Media l’adesione piastrinica, l’aggregazione (a elevate tensioni di taglio) e stabilizza il fattore VIIIc Aumenta la risposta infiammatoria Interleuchina-8 adesa alla quando rilasciata dalla membrana membrana eritrocitaria2 eritrocitaria durante l’emorragia intraplacca Glicoproteina (GP) VI piastrinica Aumenta l’aggregabilità piastrinica con funzione di recettore per il collagene3 Fattore 1 piastrinico stromaPotenzialmente implicato nel derivato4 rimodellamento o nella rigenerazione vascolare e miocardica Acido linoleico5 Varia in maniera inversamente proporzionale alle lipoproteine a bassa densità Altro meccanismo non definito Isomero trans dell’acido oleico6 Effetti sfavorevoli sul profilo lipidico, sulla funzione endoteliale e sui marcatori di infiammazione Marcatori dotati di valore prognostico nei pazienti con SCA Proteina precursore del trombo7 Riflette l’aumento dell’attivazione sistemica della cascata della coagulazione Inotropismo negativo, induzione Cromogranina A8 dell’apoptosi, inibizione della secrezione delle catecolamine, vasodilatazione Omocisteina libera plasmatica9 Provoca danno e disfunzione endoteliale REPERTI PRINCIPALI OR = 3,0 per il 4° quartile rispetto al 1° quartile nei pazienti che sviluppano SCA L’aumento di 1 DS è stato associato a una probabilità 5,1 volte superiore di avere una SCA (rispetto all’angina cronica stabile), corretta per le caratteristiche basali e per altri marcatori Un’intensità media di fluorescenza al di sopra del cut-off di 18,6 (un elevato livello di espressione della GP VI superficiale) è stata associata a un rischio relativo di 1,4 per lo sviluppo di SCA Un livello 1,4 volte più elevato nei pazienti con SCA rispetto a quelli con angina stabile La riduzione di 1 DS è stata associata a un aumento >3 volte delle probabilità che si tratti di SCA rispetto ai controlli L’aumento di 1 DS è stato associato a un OR di 1,2 per la probabilità di SCA rispetto ai controlli Elevati livelli risultano indipendentemente associati all’aumento del rischio di morte, di reIM o di ischemia ricorrente (HR, 1,5) e di morte o IM (HR, 1,6), corretti per le caratteristiche basali e per altri biomarcatori L’aumento di 1 DS è associato a un incremento della mortalità (1,3 volte) e dei ricoveri per CHF (1,2 volte) dopo correzione per i marcatori di rischio cardiovascolari tradizionali Un livello >4,11 μmol/L (quintile più elevato) è stato indipendentemente associato a un aumento del rischio di morte per cause cardiovascolari, di IM o di ictus (HR, 2,3) dopo un follow-up mediano di 2,7 anni Da Giugliano RP, Braunwald E: The year in non-ST-segment elevation acute coronary syndrome. J Am Coll Cardiol 54:1544, 2009. Si veda l’articolo per i rimandi riportati nella tabella. CHF = insufficienza cardiaca congestizia; DS = deviazione standard; HR = hazard ratio; OR = odds ratio; reIM = infarto ricorrente; SCA = sindrome coronarica acuta. di eventi ischemici ricorrenti.33 Innalzamenti delle concentrazioni di MPO si verificano perfino nelle arterie coronarie lontane dalla lesione colpevole dell’episodio di UA/NSTEMI. 33,34 Pertanto, nei pazienti con SCA l’attivazione dei leucociti sembra andare al di là della lesione della singola coronaria. PEPTIDI NATRIURETICI (BNP E NT-PROBNP). Il peptide natriuretico di tipo B (BNP) è un neurormone sintetizzato nel miocardio ventricolare e rilasciato in risposta a un aumento della tensione parietale (Cap. 25). Esso svolge diverse azioni, tra cui quella natriuretica, vasodilatatrice, di inibizione dell’attività del sistema nervoso simpatico e del sistema reninaangiotensina-aldosterone. Il BNP costituisce un utile marcatore diagnostico e prognostico nei pazienti con insufficienza cardiaca e possiede inoltre valore prognostico in tutta la gamma di pazienti affetti da SCA, compresi quelli con UA/NSTEMI. Nello studio OPUS-TIMI 16, i pazienti con livelli elevati di BNP (>80 pg/mL) o di NT-proBNP risultavano presentare un rischio di morte a 10 mesi da due a tre volte maggiore,35 un risultato che è stato successivamente confermato.36,37 Insieme, questi dati suggeriscono che la misurazione dei peptidi natriuretici nei pazienti con UA/NSTEMI aggiunge un’importante informazione all’attuale armamentario per la stratificazione del rischio. CREATININA. Un altro semplice strumento per la stratificazione del rischio è l’utilizzo della creatinina o il calcolo della clearance della creatinina.38 Il rischio conferito dall’alterata funzione renale sembra essere indipendente dagli altri classici fattori di rischio, come l’aumento della troponina. Una ridotta funzione renale può giocare un ruolo anche nella ridotta clearance dei farmaci, il che indica la necessità di aggiustare verso il basso i dosaggi dei farmaci utilizzati di frequente nel trattamento della SCA, come l’eparina a basso peso molecolare (Low-Molecular-Weight Heparin, LMWH) o le piccole molecole che inibiscono la GP IIb/IIIa (eptifibatide e tirofiban). GLUCOSIO. Elevate concentrazioni di glucosio o di emoglobina A1c al ricovero predicono esiti avversi tra i pazienti diabetici e non diabetici con UA/NSTEMI rispetto a quelli senza iperglicemia (Cap. 64).39 È stata anche descritta una relazione sinergica tra iperglicemia e infiammazione.40 Il rischio associato a iperglicemia è risultato essere amplificato nei pazienti con elevati livelli di PCR rispetto a quelli con valori normali. C0280.indd 1228 PROTEINA PRECURSORE DEL TROMBO. Questo polimero solubile di fibrina è un precursore della formazione di fibrina insolubile che, nei pazienti con IM acuto, può presentarsi in concentrazioni aumentate. È stata descritta una correlazione significativa tra i livelli di proteina precursore del trombo e l’incidenza di esiti clinici avversi nei pazienti con SCA.41 Valutazione del rischio mediante punteggi combinati Integrando tutti questi fattori, diversi gruppi hanno sviluppato dei punteggi di rischio globali basati su variabili cliniche e reperti ricavabili dall’elettrocardiogramma o dai marcatori cardiaci sierici.42,43 Il punteggio di rischio TIMI ha identificato sette fattori di rischio indipendenti: età >65 anni, >3 fattori di rischio per CAD, CAD documentata al cateterismo, slivellamento del tratto ST >0,5 mm, >2 episodi di angina nelle ultime 24 ore, assunzione di acido acetilsalicilico (ASA) nella settimana precedente e aumento dei marcatori cardiaci. Questo sistema di punteggio ha consentito la stratificazione del rischio lungo un gradiente che va da un valore di 4,7 a 40,9% (P <0,001) (Fig. 56.6A). Ancora più importante, questo punteggio di rischio è in grado di predire la risposta a diverse terapie per l’UA/NSTEMI. I pazienti con punteggio di rischio TIMI più elevato presentavano riduzioni significative degli eventi se trattati con enoxaparina vs eparina non frazionata,43 con l’inibitore della GP IIb/IIIa vs placebo e con una strategia invasiva vs conservativa (Fig. 56.6B). Anche il Global Registry of Acute Coronary Events (registro GRACE) ha identificato fattori associati in modo indipendente a mortalità aumentata; i fattori più importanti associati a maggiore mortalità al momento del ricovero erano: età avanzata, classe Killip, aumento della frequenza cardiaca, sottoslivellamento del tratto ST, segni di insufficienza cardiaca, bassa pressione sistolica, arresto cardiaco al ricovero e aumento dei livelli di creatinina sierica o dei marcatori cardiaci.44 Nuovi marcatori cardiaci continuano a essere individuati e i punteggi di rischio globali probabilmente arriveranno a includerli non appena essi diverrano più ampiamente disponibili nella pratica clinica, come dimostrato in diversi studi che hanno utilizzato tre marcatori secondo una “strategia di valutazione multimarcatore” per la predizione della mortalità45 o degli eventi non fatali.46 A partire dal registro CRUSADE è stato inoltre sviluppato un punteggio di rischio per la predizione delle emorragie gravi. I pazienti con peggio- 6/29/12 1:32:00 PM 1229 I pazienti con UA/NSTEMI a rischio intermedio o elevato devono essere ricoverati in un reparto di terapia intensiva o subintensiva coronarica; i pazienti a basso rischio devono essere ricoverati in un letto monitorato, preferibilmente in un reparto di terapia subintensiva coronarica.2 In queste circostanze, il monitoraggio continuo elettrocardiografico (telemetrico) viene utilizzato per il rilevamento di tachiaritmie, di alterazioni della conduzione atrioventricolare e intraventricolare e di modificazioni dello slivellamento del tratto ST. All’inizio andrebbe prescritto il riposo a letto. La deambulazione, quando tollerata, è ammessa se il paziente è stabilizzato e non presenta oppressione toracica ricorrente da almeno 12-24 ore. È opportuno fornire un supplemento di ossigeno ai pazienti con cianosi o con rantoli rilevanti e quando la saturazione arteriosa di ossigeno, misurata all’ossimetria, scende al di sotto del 90%. Uno degli scopi iniziali del trattamento è alleviare il dolore toracico. Nei pazienti con dolore persistente nonostante terapia con nitrati e -bloccanti (si veda oltre) può essere somministrata morfina solfato in bolo endovenoso in dosi da 2 a 5 mg. Controindicazioni all’utilizzo della morfina comprendono l’ipersensibilità al farmaco, nel qual caso verrà sostituita con la meperidina, e l’ipotensione. Previo attento monitoraggio della pressione arteriosa, possono essere somministrate dosi ripetute ogni 5-30 minuti. La morfina può agire sia come analgesico sia come ansiolitico, ma i suoi effetti venodilatatori possono produrre effetti emodinamici benefici riducendo il precarico ventricolare, che è particolarmente utile in presenza di congestione polmonare. La morfina, tuttavia, può causare anche ipotensione, e se ciò accade, la pressione arteriosa va ristabilita mettendo il paziente in posizione supina e somministrando soluzione fisiologica per via endovenosa; i farmaci ipertensivanti sono necessari solo di rado. Se si sviluppa depressione respiratoria, può essere somministrato naloxone (da 0,4 a 2,0 mg). NITRATI. I nitrati sono dei vasodilatatori endotelio-indipendenti che incrementano il flusso sanguigno miocardico inducendo vasodilatazione coronarica e riducono la domanda di ossigeno del miocardio. Quest’ultimo effetto deriva dalla dilatazione arteriolare e venosa che comporta una riduzione del postcarico, del precarico miocardico e della tensione di parete ventricolare. Se il paziente avverte dolore ischemico, i nitrati vanno somministrati inizialmente per via sublinguale o mediante spray orale (da 0,3 a 0,6 mg). Se il dolore persiste dopo tre compresse sublinguali (o spruzzi orali) somministrate a intervalli di 5 minuti, si raccomanda la somministrazione di nitroglicerina per via endovenosa utilizzando deflussori non assorbenti (da 5 a 10 g/min). La velocità dell’infusione di nitroglicerina può essere incrementata fino a 10 g/min ogni 3-5 minuti fino alla scomparsa dei sintomi o alla riduzione della pressione arteriosa a valori inferiori a 100 mmHg.2 Sebbene non vi sia un dosaggio massimo assoluto, una dose di 200 g/ min viene solitamente utilizzata come limite massimo. Controindicazioni all’utilizzo dei nitrati sono l’ipotensione e l’utilizzo di sildenafil o di altri inibitori della fosfodiesterasi-5 nelle 24-48 ore precedenti. Se il paziente è asintomatico per angor da almeno 12-24 ore possono essere utilizzati i nitrati topici o per via orale a lunga durata di azione. Il dosaggio dei nitrati dipende dalla formulazione, ma si deve cercare di lasciare un periodo finestra di 8-10 ore al giorno per evitare lo sviluppo di tolleranza. Spesso, nella gestione a lungo termine dei pazienti la terapia cronica con nitrati può essere gradualmente ridotta, a condizione che non sviluppino angina cronica stabile (Cap. 57). L’effetto dei nitrati sulla mortalità è stato valutato nello studio ISIS-4, un grande studio clinico randomizzato per pazienti con sospetto di IM (sia STEMI sia NSTEMI).49 Non è stato osservato alcun effetto sulla mortalità né nella popolazione totale né nel sottogruppo di pazienti con NSTEMI. C0280.indd 1229 M/IM/RU entro 14 giorni (%) Misure generali P <0,001 χ2 per il trend 50 40,9 40 30 26,2 19,9 20 13,2 8,3 10 4,7 0 0/1 A 2 3 4 5 6/7 PUNTEGGIO DI RISCHIO (n. di fattori di rischio TIMI) Fattori di rischio TIMI: • Età ≥65 anni • ≥3 fattori di rischio per CAD • CAD nota (stenosi >50%) 35 OR = 0,55 IC (0,33, 0,91) CONS INV OR = 0,75 IC (0,57, 1,00) 30 25 20 15 • Precedente assunzione di ASA • ≥2 episodi anginosi nelle precedenti 24 ore • Slivellamento del tratto ST ≥0,5 mm sull’ECG di presentazione • ↑ Marcatori cardiaci 30,6 20,3 19,5 16,1 11,8 12,8 10 5 0 Basso 0-2 Intermedio 3-4 Alto 5-7 Punteggio di rischio TIMI % di pazienti 25% 60% 15% B FIGURA 56.6 A. Punteggio di rischio TIMI per l’angina instabile o per l’infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI). I fattori di rischio vengono specificati in basso, mentre il rischio di morte (M), di infarto miocardico (IM) o di rivascolarizzazione in urgenza (RU) viene indicato lungo l’asse verticale. ASA = acido acetilsalicilico. B. Utilizzo del punteggio di rischio TIMI per UA/NSTEMI nel predire il beneficio di una strategia invasiva precoce. In un’analisi definita in modo prospettico, il punteggio di rischio TIMI è stato utilizzato nello studio TACTICS-TIMI 18 (Treat Angina with Aggrastat and determine Cost of Therapy with an Invasive or Conservative Strategy). Come illustrato, il 75% dei pazienti ha avuto un punteggio di rischio ≥3 ed è stato osservato un beneficio significativo in seguito a strategia invasiva in questi pazienti. CAD = coronaropatia; CONS = conservativa; ECG = elettrocardiogramma; IC = intervallo di confidenza; INV = invasiva; OR = odds ratio; SCA = sindrome coronarica acuta. ([A] modificata da Antman EM, Cohen M, Bernink PJLM, et al: The TIMI risk score for unstable angina/non-ST elevation MI: A method for prognostication and therapeutic decision-making. JAMA 284:835, 2000. [B] da Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA, et al: Comparison of early invasive and conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes treated with the glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofiban. N Engl J Med 344:1879, 2001.) ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Terapia medica 60 M/IM/RIOSP SCA (%) ramento della clearance della creatinina, le donne, i diabetici, i pazienti con ipotensione arteriosa e quelli con frequenza cardiaca più alta hanno avuto tassi di sanguinamento più elevati.47 Inoltre, quando la dose degli agenti antitrombotici non è stata corretta per la funzione renale o per il peso, il tasso di sanguinamento è stato di 2-3 volte maggiore.48 -BLOCCANTI. Studi preliminari controllati con placebo in pazienti con UA/NSTEMI hanno dimostrato il beneficio dei -bloccanti nel ridurre successivi episodi di IM o di ischemia ricorrente.46 Nei pazienti con IM acuto (sia STEMI sia NSTEMI) è stato dimostrato che i -bloccanti sono in grado di ridurre gli episodi di reinfarto e di fibrillazione ventricolare (Cap. 57).50 Restano invece da chiarire i meccanismi della 6/29/12 1:32:01 PM 1230 CAPITOLO 56 riduzione della mortalità ottenuta dai -bloccanti in tempi più recenti (XXI secolo).51 I -bloccanti per via orale alle dosi utilizzate per l’angina cronica stabile (Cap. 57) devono essere iniziati a 24 ore dall’esordio e continuati fino alla dimissione nei pazienti con UA/NSTEMI senza controindicazioni. La terapia con -bloccanti per via orale va iniziata entro le prime 24 ore nei pazienti che non hanno alcuno dei seguenti: (1) segni di insufficienza cardiaca, (2) evidenza di stato a bassa gittata, (3) aumentato rischio di shock cardiogeno o (4) altre controindicazioni all’uso di -bloccanti (intervallo PR >0,24 secondi, blocco atrioventricolare di secondo o terzo grado, asma in fase attiva o storia di broncospasmo). I -bloccanti possono essere somministrati a bassi dosaggi nei pazienti con insufficienza cardiaca una volta stabilizzati. Se l’ischemia e il dolore toracico sono in atto nonostante la terapia endovenosa con nitrati, i -bloccanti possono essere somministrati con prudenza per via endovenosa, seguiti dalla somministrazione orale. La scelta del bloccante può essere individualizzata sulla base della farmacocinetica del farmaco, del costo e dell’esperienza del medico. Tuttavia, è opportuno evitare i -bloccanti con attività simpatico-mimetica intrinseca, come il pindololo. CALCIO-ANTAGONISTI. I calcio-antagonisti possiedono effetti vasodilatanti e ipotensivanti. Alcuni, come il verapamil e il diltiazem, rallentano anche la frequenza cardiaca e riducono la contrattilità del miocardio. Studi preliminari suggeriscono che i calcio-antagonisti riducono l’IM ricorrente.52 I calcio-antagonisti possono essere utilizzati nei pazienti con ischemia persistente nonostante il trattamento con nitrati a piena dose e -bloccanti, nei pazienti con controindicazioni ai -bloccanti (si veda il paragrafo precedente) e in quelli con ipertensione.Tali soggetti devono essere trattati con calcio-antagonisti ad attività cronotropa negativa (ad es. diltiazem o verapamil). Le dosi orali di diltiazem e verapamil variano dai 30-90 mg quattro volte al giorno ai 360 mg una volta al giorno per le formulazioni a lunga durata di azione. È stato dimostrato che la nifedipina (a breve durata di azione), agente che accelera la frequenza cardiaca, è deleteria nei pazienti con IM acuto se non somministrata insieme a un -bloccante. Il trattamento a lungo termine con farmaci a lunga durata di azione (amlodipina e felodipina) non è stato associato ad alcun danno nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra documentata e CAD,53 a indicare che tali agenti possono essere utilizzati con sicurezza nei pazienti con UA/NSTEMI e con disfunzione ventricolare sinistra. Due recenti studi hanno inoltre documentato il beneficio dell’amlodipina nei pazienti con ipertensione e CAD stabile.54,55 Terapia antitrombotica (Cap. 87) ANTIAGGREGANTI. Considerata l’importanza delle piastrine nella patogenesi dell’UA/NSTEMI – argomento che è già stato oggetto di trattazione – la terapia antiaggregante gioca un ruolo centrale nella gestione di tale condizione. Acido acetilsalicilico (ASA) Questo principio attivo acetila la ciclossigenasi-1 piastrinica (COX-1), inibendo così la sintesi e il rilascio di trombossano A2, un attivatore delle piastrine (Fig. 56.7). L’ASA riduce dunque l’aggregazione piastrinica complessiva e la formazione di trombi arteriosi. Dato che questa inibizione della COX-1 è irreversibile, gli effetti antiaggreganti durano per tutta la vita delle piastrine, ossia circa 7-10 giorni. Diversi Collagene ADP Ticlopidina, clopidogrel, prasugrel ATP TxA2 TPβ ART GPV1 P2X1 TPα × Metabolismo del CYP-450 P2Y1 ↑Ca2+ PAR1 PAR4 ↑Adenilato ciclasi ↓cAMP Trombina P2Y12 × Ticagrelor, cangrelor ATTIVAZIONE COX-1 TxA2 ATP, ADP, Ca2+ × ASA GP IIb/IIIa* Secrezione dei granuli densi GP IIb/IIIa Secrezione Modificazione degli α-granuli conformazionale Mediatori AMPLIFICAZIONE proinfiammatori dei fattori della coagulazione Inibitore della GP IIb/IIIa × Fibrinogeno AGGREGAZIONE STABILE GP IIb/IIIa* AGGREGAZIONE TRANSITORIA FIGURA 56.7 Meccanismi di attivazione piastrinica e bersagli del blocco attuato dalle terapie antiaggreganti. L’attivazione piastrinica viene avviata da agonisti solubili, come la trombina, il trombossano A2, la 5HT, l’ADP (tramite P2Y1) e l’ATP, e dai ligandi di adesione come il collagene e il fattore di von Willebrand. La conseguente secrezione dei granuli densi degli agonisti piastrinici e la secrezione di trombossano A2 (per effetto dell’attivazione della fosfolipasi A2) conduce all’amplificazione dell’attivazione piastrinica e alle risposte associate. Il recettore P2Y12 svolge un ruolo primario nell’amplificazione dell’attivazione piastrinica, sostenuta anche dalla via di segnalazione esterna-interna mediata dal recettore IIb3 (GP IIb/IIIa). Il blocco combinato dei recettori P2Y12 e IIb3, pertanto, esercita effetti additivi sull’attivazione piastrinica e sulle risposte piastriniche associate. Per una trattazione più dettagliata si rimanda al testo. ADP = adenosina; cAMP = adenosinmonofosfato ciclico; COX = ciclossigenasi difosfato; GP = glicoproteina; TxA2 = trombossano A2. Cangrelor non è disponibile in Italia. (Modificata da Storey RF: Biology and pharmacology of the platelet P2Y12 receptor. Curr Pharm Des 12:1255, 2006. Per gentile concessione di Wallentin L: P2Y12 inhibitors: Differences in properties and mechanisms of action and potential consequences for clinical u se. Eur Heart J 30:1964, 2009.) C0280.indd 1230 6/29/12 1:32:01 PM 1231 ANTAGONISTI DELL’ADP 15 10,1 12,9 20 15 17,1 Tienopiridine Questi agenti (ticlopidina, clopidogrel e prasugrel) sono dei profarmaci convertiti 15 10 10 8 a metaboliti attivi attraverso l’ossidazione del sistema del citocromo epatico P-45061 10 6,2* 5* (Fig. 56.9). I metaboliti attivi inibiscono 6,5* l’aggregazione piastrinica inibendo irre5 5 4 3,3* 5 versibilmente il legame dell’adenosina difosfato (ADP) ai recettori P2Y12 piastrinici e aumentano il tempo di sanguinamento 0 0 0 0 (si veda Fig. 56.7). Plac. ASA Plac. ASA Plac. ASA Plac. ASA CLOPIDOGREL. Questo farmaco evita N = 397 399 118 121 279 276 155 178 in gran parte le complicanze ematoloLewis et al. Cairns et al. Theroux et al. Gruppo RISC giche associate alla ticlopidina, il primo agente tienopiridinico utilizzato su vasta *P = 0,0012 *P = 0,008 *P = 0,0005 *P = 0,0001 scala. Oggi la ticlopidina viene prescritta raramente a causa dell’occasionale sviFIGURA 56.8 Quattro studi randomizzati documentano il beneficio ottenuto con la somministrazione di acido luppo di neutropenia o, ancora più di rado, acetilsalicilico nell’UA/ NSTEMI; l’incidenza di morte o IM è stata ridotta di oltre il 50% in ciascuno dei quattro studi. di porpora trombotica trombocitopenica. Le dosi di acido acetilsalicilico sono state di 325 mg, 1.300 mg, 650 mg e 75 mg al giorno: l’acido acetilsalicilico ha L’associazione di clopidogrel e acido acedimostrato pari efficacia con tutti i dosaggi. ASA = acido acetilsalicilico; Plac. = placebo. (Da Lewis HD, et al.: N Engl J tilsalicilico sembra essere efficace quanto Med 309:396, 1983; Cairns JA, et al.: N Engl J Med 313:1369, 1985; Theroux P, et al.: N Engl J Med 319:1105, 1988; RISC Group: la combinazione di ticlopidina e acido Lancet 349:827, 1990.) acetilsalicilico nella prevenzione della trombosi intrastent.57 Una volta assorbito, studi hanno dimostrato che l’ASA produce evidenti effetti benefici circa l’85% del clopidogrel viene idrolizzato dalle esterasi presenti nel nei pazienti con UA/NSTEMI56 (Fig. 56.8). Oltre a ridurre gli eventi torrente circolatorio e reso inattivo. Il clopidogrel rimanente deve essere clinici avversi precocemente nel corso del trattamento dell’UA/NSTEossidato dal sistema del citocromo epatico P-450 per generare i metaboMI, l’ASA fornisce anche protezione dagli eventi ischemici ricorrenti liti attivi che bloccano il recettore P2Y12 (si veda Fig. 56.9). in prevenzione secondaria. In studi randomizzati compiuti sull’ASA Nello studio CURE, gli effetti dell’aggiunta di clopidogrel all’acido acetilvs placebo, dosi di acido acetilsalicilico variabili da 75 a 1.300 mg/ salicilico sono stati analizzati in 12.562 pazienti con UA/NSTEMI trattati die hanno prodotto una riduzione del 25% circa della mortalità o con ASA (75-325 mg), eparina non frazionata o a basso peso molecolare dell’insorgenza di IM,56 a suggerire che l’acido acetilsalicilico non e altre terapie standard e randomizzati a ricevere una dose di carico di abbia un’efficacia dose-dipendente.57 Nel caso di pazienti con UA/ 300 mg di clopidogrel seguita da una dose quotidiana di 75 mg o plaNSTEMI, dopo una dose di carico di 162-325 mg, dosi di 75 o 81 mg/ cebo.62 L’associazione del clopidogrel all’ASA, definita duplice terapia die sembrano essere efficaci e provocare meno irritazione gastroinantiaggregante, ha determinato una riduzione del 20% della mortalità per testinale o sanguinamento rispetto a dosaggi più elevati. Lo studio cause cardiovascolari, del tasso di IM o del tasso di ictus rispetto all’acido OASIS-7 ha assegnato 25.087 pazienti con SCA (UA/NSTEMI 70,8%; acetilsalicilico in monoterapia, sia nei pazienti a basso rischio sia in quelli a rischio elevato con UA/NSTEMI, e indipendentemente dal fatto che fossero STEMI 29,2%) al trattamento con dosi elevate (da 300 a 325 mg/die) gestiti con terapia medica, con intervento coronarico percutaneo (PCI) o basse (da 75 a 100 mg/die) di acido acetilsalicilico per 30 giorni (e o mediante bypass aortocoronarico (CABG) (Fig. 56.10).62 Il beneficio è alla somministrazione di clopidogrel ad alto dosaggio o a dosaggio stato osservato addirittura dopo 24 ore, con le curve di Kaplan-Meier che regolare; si veda il paragrafo “Clopidogrel”). I risultati preliminari non cominciano a divergere appena dopo 2 ore,63 ed è perdurato per tutto hanno rilevato differenze in termini di rischio di morte cardiovascolal’anno di trattamento dello studio. Il trattamento si è dimostrato benefico re, IM o ictus e non è stata osservata alcuna differenza nel tasso globale anche prima del PCI, con una riduzione del 31% degli eventi cardiaci a 30 di emorragia grave, 2,3% in ciascun gruppo. Questo confronto a breve giorni e a 1 anno nei pazienti con UA/NSTEMI randomizzati alla duplice termine sul dosaggio dell’acido acetilsalicilico richiederà pertanto terapia antiaggregante, rispetto all’ASA in monoterapia.64 un’analisi più dettagliata. In una metanalisi compiuta su tre studi, il pretrattamento con clopidogrel è stato associato a una significativa riduzione del 29% della mortalità per Le controindicazioni alla terapia con ASA comprendono l’allergia cause cardiovascolari o di IM dopo PCI rispetto all’assenza di pretrattamento, documentata (ad es. asma), sanguinamento in atto e un disturbo noto benefici conseguiti con o senza il concomitante utilizzo degli inibitori della delle piastrine. La dispepsia e altri sintomi gastrointestinali in assoGP IIb/IIIa.65 Nelle linee guida ACC/AHA ciò ha indotto una raccomandaciazione a terapia a lungo termine con ASA (intolleranza all’acido zione di Classe IA per il trattamento con clopidogrel prima di un PCI.66 Tale acetilsalicilico) solitamente non precludono la terapia nel breve terraccomandazione conferma l’utilità di avviare la terapia con clopidogrel il mine. Nei pazienti con allergia o che non riescono a tollerare l’acido prima possibile dopo l’esordio della sintomatologia. Tra i pazienti sottoposti 2 acetilsalicilico, è raccomandato l’uso di clopidogrel. Nel corso della a CABG, quelli che hanno ricevuto clopidogrel nei cinque giorni precedenti 58,59 terapia cronica può insorgere “resistenza all’acido acetilsalicilico”. la chirurgia hanno dimostrato un rischio aumentato di emorragia grave, Piccoli studi hanno identificato una percentuale di pazienti (2-8%) in necessità di reintervento per risolvere l’emorragia e una degenza ospedaliera di più lunga durata,67 ragione per cui si raccomanda, ove possibile, cui il trattamento con ASA sembra possedere un limitato effetto andi sospendere il trattamento con clopidogrel almeno cinque giorni prima tiaggregante (ossia minime modificazioni del grado di aggregazione dell’intervento chirurgico.2 Tra i pazienti sottoposti a CABG, quelli che hanno piastrinica). Questi pazienti tendono a esibire un rischio maggiore ricevuto clopidogrel nei cinque giorni precedenti la chirurgia hanno dimodi eventi cardiaci ricorrenti. 60 Un numero crescente di evidenze strato un rischio aumentato di emorragia grave, necessità di reintervento corroborano l’ipotesi che la cosiddetta resistenza all’acido acetilsaper risolvere l’emorragia e una degenza ospedaliera di più lunga durata,67 licilico si correli spesso alla scarsa compliance, mentre altre cause ragione per cui si raccomanda, ove possibile, di sospendere il trattamento comprendono lo scarso assorbimento, l’interazione con l’ibuprofene con clopidogrel almeno cinque giorni prima dell’intervento chirurgico.2 e l’iperespressione dell’mRNA di COX-2. Resta da dimostrare con Nel tempo sono emerse due strategie prevalenti per l’avvio della ampi studi o l’analisi di grandi registri se il monitoraggio di routine terapia con clopidogrel nei pazienti con UA/NSTEMI: (1) iniziare la degli effetti antiaggreganti mediante aggregometria a trasmissione somministrazione di clopidogrel al momento dell’esordio o del ricodi luce o attraverso dispositivi point-of-care con correzione della vero in ospedale e (2) posticipare il trattamento con clopidogrel fino a dose sia una strategia efficace, ma sembrerebbe essere un possibile che non sia stata eseguita la coronarografia e quindi somministrare il valido approccio. C0280.indd 1231 11,9 ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST PERCENTUALE DI PAZIENTI INCIDENZA DI DECESSO O IM SUCCESSIVO 12 6/29/12 1:32:01 PM 1232 O CH3 O C O N S O Profarmaco Cl CAPITOLO 56 85% di metaboliti inattivi C O S O N S F CYP: 3A 2B6 2C9 2C19 CH3 Ossidazione (citocromo P-450) T G C T A G A T G G A T O SNP N HOOC *HS O Intestino CYP: 3A 2B6 2C9 2C19 OCH3 Cl F Prasugrel O CYP: 1A2 2B6 2C19 N S hCE2 hCE1 Idrolisi (esterasi) hCE1 O N O CH3 Clopidogrel O C Cl T Metabolita attivo G A T T A A T G HOOC *HS G A T Kurihara A. et al. Drug Metab. Rev. 37(S2): 99 (2005) Tang M. et al. JPET 319: 1467–1476 (2006) N F Metabolita attivo Farid N.A. et al. Drug Metab. Dispos. 35: 1096–1104 (2007) Rehmel J.L.F. et al. Drug Metab. Dispos. 34: 600–607 (2006) Williams E.T. et al. Drug Metab. Rev. 39(S1): 254 (2007) Tutti i pazienti 0,14 0,12 0,10 0,08 0,06 0,04 0,02 0,00 Placebo (n = 6.303) RRR 20% Clopidogrel (n = 6.259) P <0,001 N = 12.562 0 3 6 9 TASSI DI RISCHIO CUMULATIVI TASSI DI RISCHIO CUMULATIVI FIGURA 56.9 Formazione dei metaboliti attivi di clopidogrel (a sinistra) e di prasugrel (a destra). hCE1 = carbossilesterasi umana 1; hCE2 = carbossilesterasi umana 2; CYP = citocromo P-450. (Per gentile concessione del Dr. E. Antman.) Gruppo rx medico 0,20 0,15 Placebo 0,10 Clopidogrel 0,05 RR: 0,80 (0,69-0,92) 0,00 12 0 Gruppo PCI 0,20 0,15 Placebo 0,10 Clopidogrel 0,05 RR: 0,72 (0,57-0,90) 0,00 0 100 200 300 GIORNI DI FOLLOW-UP 100 200 300 GIORNI DI FOLLOW-UP TASSI DI RISCHIO CUMULATIVI TASSI DI RISCHIO CUMULATIVI MESI DI FOLLOW-UP Gruppo CABG 0,20 0,15 Placebo 0,10 Clopidogrel 0,05 RR: 0,89 (0,71-1,11) 0,00 0 100 200 300 GIORNI DI FOLLOW-UP FIGURA 56.10 Beneficio ottenuto con la somministrazione di clopidogrel in termini di riduzione del decesso per cause cardiovascolari, di IM o di ictus a un anno nello studio CURE condotto su pazienti con UA/NSTEMI e su pazienti gestiti con terapia medica, con PCI o CABG. RR = rischio relativo; RRR = riduzione del rischio relativo. (Da Yusuf S, Zhao F, Mehta SR, e coll: Effects of clopidogrel in addition to aspirin in patients with acute coronary syndromes without ST-segment elevation. N Engl J Med 345:494, 2001; e Fox KA, Mehta SR, Peters R, et al.: Benefits and risks of the combination of clopidogrel and aspirin in patients undergoing surgical revascularization for non-ST-elevation acute coronary syndrome: The Clopidogrel in Unstable angina to prevent Recurrent ischemic Events [CURE] Trial. Circulation 110:1202, 2004.) C0280.indd 1232 6/29/12 1:32:02 PM 1233 C0280.indd 1233 DECESSO PER CAUSA CARDIOVASCOLARE, IM O ICTUS (%) Come già sottolineato, le tienopiridine devono subire una biotrasformazione in metaboliti attivi da parte degli enzimi del citocromo P-450, e sono questi metaboliti attivi a esercitare l’effetto antiaggregante.61 Gli alleli dei geni che interferiscono con tale biotrasformazione possono interferire con l’inibizione del P2Y12. L’enzima CYP2C19 è fondamentale in questa biotrasformazione. Si osservano polimorfismi del CYP2C19 in circa un terzo dei soggetti bianchi, apparentemente con una maggiore frequenza nei soggetti asiatici. Tali polimorfismi, soprattutto quello dell’allele *C2, un “allele a funzione ridotta”, interferiscono con l’inibizione clopidogrel-indotta dell’aggregazione piastrinica e nello studio TRITONTIMI 3881 sono stati associati a un aumento degli esiti clinici avversi nei pazienti trattati con clopidogrel (Fig. 56.11). In altri studi, tale polimorfismo è stato associato a un aumento della trombosi intrastent.82-85 La presenza di questo allele a funzione ridotta in circa il 30% dei bianchi e il 50% degli asiatici spiega, almeno in parte, l’iporesponsività al clopidogrel discussa in precedenza: esso riduce infatti la concentrazione del metabolita attivo e pertanto compromette l’inibizione dell’aggregazione piastrinica. La valutazione di tali polimorfismi nei pazienti candidati al trattamento con tienopiridine può identificare i pazienti che probabilmente non risponderanno al clopidogrel o che risponderanno in modo insufficiente e che sono candidati alla sostituzione farmacologica con prasugrel o ticagrelor quando quest’ultimo diverrà disponibile (si veda oltre). Le comuni varianti genetiche funzionali del CYP non influenzano i livelli di farmaco metabolicamente attivo, l’inibizione dell’aggregazione piastrinica o i tassi di eventi clinici cardiovascolari nei pazienti trattati con prasugrel.86 PRASUGREL. Questa tienopiridina, come la ticlopidina o il clopidogrel, è un profarmaco il cui metabolita attivo si comporta da inibitore irreversibile del recettore P2Y12 delle piastrine e, quindi, dell’aggregazione piastrinica. Benché i metaboliti attivi di clopidogrel e di prasugrel abbiano profili di efficacia in vitro sovrapponibili in termini di effetto antiaggregante, la produzione del metabolita di prasugrel è circa 10 volte maggiore rispetto ai livelli ottenuti con la somministrazione di clopidogrel, il che determina una potenza circa 10 volte maggiore. Lo studio TRITON-TIMI 38 ha randomizzato 13.608 pazienti con SCA (di cui 10.074 con UA/NSTEMI) per i quali era programmato un PCI.79 Lo schema di trattamento prevedeva: (a) per il gruppo prasugrel, una dose di carico di 60 mg, seguita da una dose di mantenimento giornaliera di 10 mg; (b) per il gruppo clopidogrel, una dose di carico di 300 mg, seguita da una dose di mantenimento giornaliera di 75 mg e da un follow-up di 15 mesi. L’endpoint di efficacia primario (morte per cause 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 Portatori dell’allele CYP2C19 a funzione ridotta* 12,1 Non portatori HR 1,53 (IC al 95% 1,07-2,19) P = 0,014 N = 1.459 0 30 90 8,0 ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST farmaco sul tavolo di cateterismo in caso di PCI. La strategia di trattamento precoce consente di ridurre gli eventi ischemici precoci e offre i benefici associati al pretrattamento ante-PCI, ma al costo di un maggiore sanguinamento nei pazienti che vengono sottoposti a CABG in sostituzione del PCI o immediatamente dopo il PCI. Quindi, benché esista un rischio sanguinamento nel caso in cui il CABG precoce non possa essere posticipato, il rapporto complessivo rischio-beneficio rimane a favore dell’avvio precoce del trattamento con clopidogrel.68 Nell’UA/NSTEMI, la dose di carico iniziale da 300 a 600 mg di clopidogrel viene seguita da una dose di mantenimento di 75 mg/die. Iniziando con soli 75 mg/die i livelli bersaglio di inibizione piastrinica verranno raggiunti dopo 3-5 giorni, mentre la dose di carico da 300 mg consentirà un’efficace inibizione piastrinica entro 4-6 ore.69 L’utilizzo di una dose di carico da 600 mg consente di ottenere concentrazioni di inibizione piastrinica allo steady-state dopo appena due ore. Tale dosaggio è stato impiegato in diversi studi sul PCI, compreso un confronto diretto tra l’uso di 300 mg vs 600 mg di clopidogrel. In questo studio su 254 pazienti sottoposti a PCI, pretrattati 4-8 ore prima della procedura, la dose di carico da 600 mg è stata associata a un tasso significativamente minore di eventi cardiovascolari maggiori.70 Nello studio OASIS-7, 25.087 pazienti con SCA sono stati randomizzati a sottoporsi a una strategia invasiva con una dose elevata vs una dose bassa di acido acetilsalicilico (si veda il precedente paragrafo “Acido acetilsalicilico”) e due dosi di clopidogrel per una settimana: dose elevata (dose di carico da 600 mg e 150 mg/die per una settimana) vs dose standard (dose di carico da 300 mg e 75 mg/die) seguite da 75 mg/die per 30 giorni. I risultati preliminari, basati sullo studio considerato nel suo complesso, non hanno documentato alcuna differenza in termini di rischio di morte per cause cardiovascolari, di IM o di ictus (4,2% per l’alta dose e 4,4% per la dose standard di clopidogrel), ma è stata osservata un’interazione statistica tra le classi di randomizzazione dell’acido acetilsalicilico e del clopidogrel (P = 0,043) che suggerisce la necessità di valutare i quattro gruppi separatamente. Nel gruppo a elevato dosaggio di acido acetilsalicilico, il tasso di eventi correlati all’obiettivo primario di efficacia è stato inferiore nel gruppo con dosaggio elevato di clopidogrel rispetto al gruppo con dosaggio standard di clopidogrel (4,6% vs 3,8%; RR, 0,83; IC al 95%, 0,70-0,99; P = 0,036), ma non vi è stata alcuna differenza tra il gruppo a elevato dosaggio di clopidogrel e il gruppo a dosaggio standard nella coorte a basso dosaggio di acido acetilsalicilico. Complessivamente, è stato documentato un rischio più elevato di emorragia grave secondo la definizione dello studio nel gruppo a elevato dosaggio di clopidogrel rispetto a quello a dosaggio standard (2,0% vs 2,5%; P = 0,01). Tali dati possono essere giudicati in due modi: a sostegno dell’utilizzo di dosaggi più elevati di clopidogrel per una settimana e di acido acetilsalicilico per un mese, ma si renderà necessaria un’analisi più completa dei dati dello studio.71 In diversi studi sono stati identificati pazienti “non-responder” o “iporesponder”.72-74 L’iporesponsività è più comune tra i pazienti diabetici oltreché tra i pazienti obesi, tra i più anziani e tra coloro che possiedono un polimorfismo genetico del sistema del citocromo P-450 (si veda oltre).75 Gli ipo-responder al clopidogrel presentano concentrazioni più basse di metabolita attivo, indice di un’incapacità a effettuare questa indispensabile conversione. Tuttavia, quando il metabolita attivo del clopidogrel è stato aggiunto alle piastrine ex vivo, la risposta piastrinica è stata simile nei soggetti normali e negli ipo-responder, a indicare che il difetto degli ipo-responder è correlato alle concentrazioni più basse di metabolita attivo del clopidogrel in vivo.73 Gli ipo-responder hanno tassi più elevati di eventi cardiaci ricorrenti, compresa la trombosi intrastent e l’IM acuto.76-78 Alcuni ricercatori stanno mettendo a punto una strategia di controllo della risposta delle piastrine mediante aggregometria piastrinica o di analisi al letto del paziente per aumentare il dosaggio del clopidogrel nei pazienti non-responder o ipo-responder, un approccio che è stato suggerito nel 2005 dalle linee guida ACC/AHA per le procedure di PCI a rischio elevato.66 Tuttavia, gli esiti nei pazienti gestiti con tale strategia non sono ancora disponibili. I pazienti con iporesponsività al clopidogrel possono essere gestiti aumentando la dose di mantenimento del clopidogrel a 150 mg/die, convertendoli a prasugrel 10 mg/die (si veda il paragrafo “Prasugrel”)79 o, potenzialmente, aggiungendo cilostazolo, un inibitore selettivo della fosfodiesterasi.80 180 270 360 450 GIORNI DALLA RANDOMIZZAZIONE *Portatori ~30% della popolazione FIGURA 56.11 Associazione tra lo status di portatore di un allele CYP2C19 a funzione ridotta e l’outcome primario di efficacia o la trombosi intrastent nei soggetti in terapia con clopidogrel. Nei 1.459 soggetti che sono stati trattati con clopidogrel e che potrebbero essere classificati come portatori o non portatori del CYP2C19, il tasso dell’outcome primario di efficacia (un outcome composito di morte per cause cardiovascolari [CV], infarto miocardico [IM] o ictus) è stato significativamente più elevato nei portatori rispetto ai non portatori. 6/29/12 1:32:03 PM 1234 Ticagrelor RAPPORTO EFFICACIA-SICUREZZA 15 ↓ 138 eventi 12,1 HR 0,81 (0,73-0,90) 9,9 P = 0,0004 NNT = 46 Prasugrel Clopidogrel ENDPOINT (%) Morte CV/IM/ictus 10 5 Sanguinamenti gravi TIMI in pazienti non CABG Prasugrel Clopidogrel 2,4 1,8 ↑ 35 eventi HR 1,32 (1,03-1,68) P = 0,03 NNH = 167 0 0 30 60 90 180 A 270 360 450 GIORNI TROMBOSI INTRASTENT (STABILITA + PROBABILE SECONDO ARC) 3 ENDPOINT (%) CAPITOLO 56 cardiovascolari, IM e ictus) ha subito una significativa riduzione del 19% (Fig. 56.12); 12.844 pazienti sono stati sottoposti a impianto di stent coronarico nel corso del PCI. Nel gruppo prasugrel, l’incidenza di trombosi intrastent è risultata dimezzata rispetto al gruppo clopidogrel (si veda Fig. 56.12), una riduzione relativa che si è dimostrata simile per gli stent medicati e per quelli non medicati.87 Questi dati di superiorità del prasugrel rispetto al clopidogrel depongono a favore del summenzionato concetto che la limitata efficacia del clopidogrel rispetto al prasugrel si debba ricercare nella produzione più lenta e meno efficace di metabolita attivo da parte del clopidogrel81 (si veda Fig. 56.9). In effetti, in uno studio trasversale di pazienti sottoposti a PCI per angina stabile, Wiviott et al.74 hanno riportato che il carico con 60 mg di prasugrel ha comportato un’inibizione piastrinica maggiore rispetto alla dose di carico con 600 mg di clopidogrel. Lo stesso è stato osservato durante la terapia di mantenimento, in cui il confronto è stato fatto rispettivamente tra la dose di 10 mg e quella di 150 mg/die. Non sorprende il fatto che l’effetto inibitorio piastrinico più marcato del prasugrel sia stato associato con maggiore frequenza a sanguinamenti gravi. Nello studio TRITON-TIMI 38 è stata documentata un’incidenza relativa di sanguinamenti gravi più alta (nella misura del 32%), con casi anche fatali. Il rischio di sanguinamento è stato particolarmente più elevato negli anziani (≥75 anni), categoria per la quale l’utilizzo di prasugrel deve essere limitato ai soli casi ad alto rischio, e in quelli con peso corporeo ridotto (<60 kg). Il trattamento di questi ultimi con prasugrel è da evitarsi a meno che non sussista un alto rischio di trombosi, ed è consigliabile valutare una dose di mantenimento di 5 mg anziché di 10 mg. Il prasugrel è controindicato nei pazienti con storia di ictus o di attacco ischemico transitorio.79 Ogniqualvolta possibile, il prasugrel dovrebbe essere sospeso almeno una settimana prima della chirurgia. Qualsiasi stent al PCI indice (N = 12.844) Clopidogrel 2 ↓ 74 eventi 1 Prasugrel 1,1 (68) HR 0,48 P <0,0001 NNT = 77 0 0 30 60 90 B 2,4 (142) 180 270 360 450 GIORNI FIGURA 56.12 A. Confronto di efficacia (in alto) e sicurezza (in basso) nello studio TRITON-TIMI 38, che ha messo a paragone il prasugrel con il clopidogrel nei pazienti con SCA sottoposti a PCI. Diversamente dalle tienopiridine (ticlopidina, clopidogrel HR = hazard ratio; NNH = numero di pazienti da trattare per osservare un evento avverso (sanguinae prasugrel), i cui metaboliti attivi sono degli inibitori mento grave TIMI); NNT = numero di pazienti da trattare per evitare un evento dell’endpoint primario. irreversibili dell’aggregazione piastrinica, il ticagrelor (Da Wiviott SD, Braunwald E, McCabe CH, et al.: Prasugrel vs clopidogrel in patients with acute coronary è un inibitore reversibile del recettore P2Y12 delle piasyndromes. N Engl J Med 357:2001, 2007.) B. Confronto tra prasugrel e clopidogrel nello sviluppo di 88,89 strine che agisce direttamente sulle piastrine stesse. trombosi intrastent. ARC = Academic Research Consortium. (Modificata da Wiviott SD, Braunwald Nonostante abbia un metabolita attivo, la sua efficacia è E, McCabe CH, et al.: Intensive oral antiplatelet therapy for reduction of ischaemic events including stent simile a quella del composto di origine: entrambi vengothrombosis in patients with acute coronary syndromes treated with percutaneous coronary intervention no escreti nella bile. Come il prasugrel, il ticagrelor può and stenting in the TRITON-TIMI 38 trial: A subanalysis of a randomised trial. Lancet 371:1356, 2008.) inibire quasi completamente l’aggregazione piastrinica mediata dal recettore P2Y12. Il DISPERSE-2 è stato uno studio dose-ranging di fase II90 che ha condotto allo studio cardine di fase più frequentemente nei pazienti trattati con ticagrelor rispetto a quelli III (PLATO), il quale ha confrontato l’associazione di ticagrelor (90 mg trattati con clopidogrel. due volte al giorno) e di clopidogrel (dose di carico da 300 o 600 mg I ricercatori dello studio PLATO hanno calcolato che se 1.000 pazienti e dose di mantenimento da 75 mg al giorno); entrambi i gruppi hanno ospedalizzati con SCA e trattati con ticagrelor e ASA fossero messi a ricevuto anche ASA. Lo studio PLATO ha arruolato 18.624 pazienti, 15.381 confronto con un gruppo simile di pazienti trattati con clopidogrel e (62%) dei quali avevano avuto un’UA/NSTEMI.91 L’endpoint primario ASA, ci sarebbero 14 morti in meno, 11 IM in meno e dai 6 agli 8 casi in composito di morte per cause cardiovascolari, IM e ictus ha conosciumeno di trombosi intrastent, con la conversione di 9 pazienti al trattato una significativa riduzione del 16% (Fig. 56.13); altre significative mento con tienopiridina a causa della dispnea. Dato che il ticagrelor è diminuzioni hanno riguardato l’IM (calo del 16%) e la morte per cause un agente reversibile, la terapia con tale farmaco potrebbe essere inicardiovascolari (21%), con una riduzione relativa della mortalità totale ziata al ricovero al pronto soccorso e continuata sia nei pazienti gestiti del 22% (1,4% assoluta). L’efficacia clinica superiore di ticagrelor è stata farmacologicamente sia in quelli destinati a PCI, con la possibilità di osservata su un’ampia serie di sottogruppi, compresi pazienti precedeninterromperla 48-72 ore prima dell’intervento di CABG. temente trattati con clopidogrel, pazienti trattati con una strategia non invasiva e pazienti con STEMI. INIBITORI DELLA GLICOPROTEINA IIb/IIIa. Questi farmaci blocIn termini di casi totali di emorragia grave non è stata riscontrata cano la via finale comune dell’aggregazione piastrinica, ossia il legame alcuna differenza con ticagrelor, trattamento che è stato però associato crociato delle piastrine mediato dal fibrinogeno (si veda Fig. 56.7). Gli a significativi incrementi rispettivamente del 19% delle emorragie gravi inibitori della GP IIb/IIIa interferiscono con l’aggregazione piastrinica nei pazienti non sottoposti a CABG (P = 0,03) e dell’11% considerando indotta da qualsiasi tipo di stimolo (ad es. trombina, ADP, collagene, la sommatoria dei sanguinamenti gravi e minori. Gli episodi di dispnea serotonina). Attualmente sono disponibili tre agenti di questa classe: e di pause ventricolari superiori ai cinque secondi si sono verificati abciximab, un anticorpo monoclonale approvato soltanto nei pazienti C0280.indd 1234 6/29/12 1:32:03 PM 1235 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 11,7 Clopidogrel 9,8 Ticagrelor HR 0,84 (IC al 95% 0,77-0,92), P = 0,0003 0 60 120 180 240 300 360 GIORNI DALLA RANDOMIZZAZIONE FIGURA 56.13 L’endpoint primario dello studio PLATO – un endpoint composito di morte per cause cardiovascolari (CV), infarto miocardico (IM) o ictus – si è verificato con una frequenza significativamente minore nel gruppo trattato con ticagrelor rispetto al gruppo clopidogrel (9,8% vs 11,7% a 12 mesi; HR, 0,84; IC al 95%, 0,77-0,92; P <0,001). K-M = Kaplan-Meier; HR = hazard ratio; IC = intervallo di confidenza. (Da Wallentin L, Becker R, Budaj A, et al.: Ticagrelor vs clopidogrel in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 361:1045, 2009.) sottoposti a PCI, eptifibatide e tirofiban (inibitori a piccole molecole). Ognuno di questi tre agenti viene somministrato mediante bolo endovenoso seguito da infusione continua. L’azione di blocco recettoriale esercitata dalle piccole molecole e il rischio di sanguinamento associato calano immediatamente in seguito all’interruzione dell’infusione. Diversi studi hanno dimostrato un beneficio in seguito all’inibizione della GP IIb/IIIa nella gestione dei pazienti con UA/NSTEMI.92 Il tirofiban somministrato in associazione con eparina e ASA ha ridotto in maniera significativa il tasso di mortalità, di IM o di ischemia refrattaria a sette giorni se confrontato con il regime eparina più ASA. In uno studio condotto su 10.948 pazienti, anche l’eptifibatide ha significativamente ridotto il tasso di mortalità o di IM a 30 giorni. Tuttavia, l’utilizzo di abciximab nei pazienti con UA/NSTEMI per i quali fosse stata pianificata una strategia inizialmente conservativa non ha offerto alcun beneficio ed è stato associato a una mortalità precoce più elevata. Complessivamente, nella metanalisi, il beneficio dell’inibizione della GP IIb/IIIa ha comportato una significativa riduzione relativa del 9% della mortalità o di IM a 30 giorni.92 Stratificazione del rischio e terapia con inibitori della GP IIb/IIIa Il beneficio conseguente all’inibizione della GP IIb/IIIa sembra essere maggiore nei pazienti a rischio elevato con UA/NSTEMI, come quelli con modificazioni del tratto ST o elevate concentrazioni di troponina e nei diabetici.93,94 Questi sottogruppi esibiscono un maggior quantitativo di materiale trombotico alla coronarografia e pertanto sono a rischio più elevato di embolizzazione nel microcircolo a distanza. Il vantaggio dell’inibizione della GP IIb/IIIa è stato confermato anche in caso di pretrattamento con clopidogrel93 ed è stato osservato nei pazienti a rischio elevato indipendentemente dalla rivascolarizzazione. Anticoagulanti Oltre alla terapia antiaggregante, come descritto in precedenza, nei pazienti con UA/NSTEMI si dovrebbe somministrare il prima possibile dall’esordio anche un anticoagulante. EPARINA. L’anticoagulazione, tradizionalmente con l’eparina non frazionata (UFH), è stata un caposaldo della terapia dei pazienti con UA/NSTEMI.97 Una metanalisi ha documentato una riduzione del 33% della mortalità o degli IM con un regime UFH più acido acetilsalicilico rispetto all’acido acetilsalicilico in monoterapia.98 Si ritiene che la variabilità degli effetti anticoagulanti dell’UFH, che è comune, derivi dall’eterogeneità dell’UFH e dalla neutralizzazione dell’eparina da parte di fattori plasmatici circolanti e proteine rilasciate dalle piastrine attivate.99 Il monitoraggio della risposta anticoagulante mediante il tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) è raccomandato con titolazioni eseguite secondo un nomogramma standardizzato, con lo scopo di raggiungere un APTT compreso tra 50 e 70 secondi o un valore pari a 1,5-2,5 volte il parametro di riferimento (Tab. 56.4). Sulla base dei dati disponibili, le linee guida ACC/AHA2 raccomandano una dose di eparina corretta per il peso (bolo di 60 unità/kg e infusione di 12 unità/kg/ora) associata a monitoraggio frequente dell’APTT (ogni 6 ore fino alla concentrazione bersaglio e, successivamente, ogni 12-24 TABELLA 56.4 Nomogramma standardizzato per la titolazione dell’eparina* APTT (S)† MODIFICAZIONE INFUSIONE EV (UNITÀ/KG/ORA) <35 Bolo di 70 unità/kg +3 Sicurezza 35-49 Bolo di 35 unità/kg +2 In una metanalisi su studi controllati con placebo, i tassi di emorragia grave sono risultati significativamente più elevati nei pazienti trattati con inibitori della GP IIb/IIIa (2,4% rispetto all’1,4% del placebo).92 La percentuale di trombocitopenia grave (<50.000/ mm3) è stata dello 0,5% circa nei pazienti trattati con un inibitore della GP IIb/IIIa e con eparina, rispetto allo 0,3% in quelli che ricevevano soltanto eparina. La trombocitopenia è stata associata sia ad aumento del sanguinamento sia a eventi trombotici ricorrenti, evidenze che indicano la necessità di monitorare la conta piastrinica quotidianamente nel corso dell’infusione degli inibitori della GP IIb/IIIa. 50-70 0 71-90 0 −2 >100 Mantenere l’infusione per 30 min −3 C0280.indd 1235 ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST INCIDENZA CUMULATIVA (%) STIMA K-M DELL’INTERVALLO DI TEMPO AL PRIMO EVENTO DI EFFICACIA PRIMARIA (OUTCOME COMPOSITO DI MORTE CV, IM O ICTUS) SCELTA DEL MOMENTO OPPORTUNO PER L’INIBIZIONE DELLA GP IIb/IIIa. Sul momento opportuno per la somministrazione di inibitori della GP IIb/IIIa l’opinione è divisa. Alcuni sostengono che il trattamento debba essere avviato al momento del ricovero, mentre altri si riservano di utilizzare tali farmaci nel corso del PCI. Le linee guida ACC/AHA hanno indicato che entrambe le strategie sono accettabili.2 Tre studi hanno esaminato la questione. Nello studio ACUITY (Acute Catheterization and Urgent Intervention Triage Strategy) i pazienti sono stati randomizzati al trattamento con un inibitore della GP IIb/IIIa (eptifibatide o tirofiban) al pronto soccorso o nella sala di emodinamica. Quanto all’outcome primario non sono state osservate differenze tra le due strategie.95 Lo studio EARLY ACS, un trial a doppio cieco condotto su 9.492 pazienti, ha confrontato la doppia dose standard precoce di eptifibatide (“upstream”), cominciando il trattamento immediatamente dopo l’ospedalizzazione, con un braccio di controllo con eptifibatide temporaneo somministrato appena prima del PCI a discrezione del medico. L’uso della terapia standard precoce con eptifibatide non si è dimostrata superiore alla somministrazione tardiva temporanea, ma è stata associata a un aumento significativo dei casi di sanguinamento grave.94 Lo studio BRIEF96 ha confrontato un’infusione standard di 18 ore di eptifibatide con un’infusione ridotta, della durata inferiore a due ore. Non sono state riscontrate differenze significative tra i due gruppi di trattamento sotto il profilo degli eventi ischemici, anche se i sanguinamenti sono stati significativamente inferiori nel gruppo a infusione più breve. Considerati nell’insieme, questi studi suggeriscono che un bolo e, verosimilmente, l’infusione per breve periodo dell’eptifibatide iniziata appena prima del PCI possano diventare il trattamento di elezione nei casi di UA/NSTEMI trattati con strategia invasiva (si veda il paragrafo “Strategie di trattamento e interventi”). 0 *Dose iniziale: bolo di 60 unità/kg e infusione di 12 unità/kg/ora. † Il tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) deve essere controllato e l’infusione corretta a 6, 12 e 24 ore dall’inizio dell’eparina, poi quotidianamente e 4-6 ore dopo ogni correzione del dosaggio. Da Becker RC, Ball SP, Eisenberg P, et al.: A randomized, multicenter trial of weight-adjusted intravenous heparin dose titration and point-of-care coagulation monitoring in hospitalized patients with active thromboembolic disease. Am Heart J 137:59, 1999. 6/29/12 1:32:04 PM 1236 ore) e a un aggiustamento della dose, se necessario. Gli effetti avversi comprendono il sanguinamento, soprattutto quando l’APTT risulta elevato, e la trombocitopenia eparina-indotta, che diventa più frequente in caso di trattamenti di lunga durata (Cap. 87).100 Eparine a basso peso molecolare CAPITOLO 56 Queste forme di eparina sono state ampiamente studiate come strumenti in grado di migliorare le capacità anticoagulanti dell’UFH. Le LMWH associano l’inibizione dei fattori IIa e Xa e presentano diversi potenziali vantaggi rispetto all’UFH: (1) la loro maggiore attività anti-fattore Xa inibisce la formazione di trombina in maniera più efficace; (2) le LMWH inducono inoltre un rilascio più elevato di inibitore della via del fattore tissutale rispetto a quanto faccia l’UFH, e questo non viene neutralizzato dal fattore piastrinico 4101; (3) le LMWH causano una percentuale di casi di trombocitopenia inferiore rispetto all’UFH100; (4) l’elevata biodisponibilità delle LMWH ne consente la somministrazione sottocutanea; (5) le LMWH si legano alle proteine plasmatiche con minore avidità rispetto all’UFH e possiedono pertanto un effetto anticoagulante più consistente. Il monitoraggio del grado di anticoagulazione non è necessario. In caso di sanguinamento, tuttavia, la protamina non è in grado di contrastare l’effetto anticoagulante dell’LMWH con la stessa efficacia dimostrata nei confronti dell’UFH. Le LMWH, inoltre, risentono in maggiore misura di eventuali disfunzioni renali rispetto all’UFH; si deve pertanto considerare una riduzione della dose in pazienti con una clearance della creatinina <30 mL/min. La dose standard di enoxaparina è 1 mg/kg per via sottocutanea ogni 12 ore; il dosaggio giornaliero diventa unico nei pazienti con clearance della creatinina <30 mL/min. L’LMWH, quando somministrata in associazione ad ASA, si è dimostrata efficace rispetto all’ASA in monoterapia, determinando una riduzione del 66% delle probabilità di morte o di IM.98 Studi preliminari con enoxaparina hanno mostrato una riduzione del 20% di mortalità, IM o ischemia ricorrente rispetto all’UFH.102 In due studi più recenti, l’enoxaparina si è dimostrata non inferiore rispetto all’UFH.103,104 In una metanalisi su tutti gli studi compiuti in pazienti con SCA, l’enoxaparina ha prodotto una riduzione statisticamente significativa del 16% delle probabilità di morte o di IM a 30 giorni.102 L’enoxaparina fornisce un beneficio significativo rispetto all’UFH nei pazienti con UA/NSTEMI che vengono gestiti in modo conservativo e ai quali viene tipicamente somministrata UFH o LMWH per almeno 48 ore, ma non nei pazienti gestiti in maniera invasiva che vengono avviati al cateterismo coronarografico entro 24 ore.105 Il trattamento con enoxaparina è stato associato a un eccesso di emorragie gravi rispetto all’UFH.102 Benché siano stati approvati diversi tipi di LMWH, le evidenze depongono a favore dell’uso dell’enoxaparina.2 FONDAPARINUX. Il fondaparinux, un pentasaccaride sintetico, è un inibitore indiretto del fattore Xa e necessita della presenza dell’antitrombina per agire. Lo studio OASIS-5 ha confrontato il fondaparinux, somministrato a dosaggio relativamente basso (2,5 mg per via sottocutanea una volta al giorno), con un dosaggio standard di enoxaparina in 20.078 pazienti a elevato rischio di UA/NSTEMI. I tassi di mortalità, di IM o di ischemia refrattaria per i primi nove giorni di trattamento sono stati simili.106 È però importante notare che il tasso di sanguinamento grave è stato significativamente minore – quasi della metà – nel braccio fondaparinux (2,2% vs 4,1%), così come la mortalità a 30 giorni (2,9% vs 3,5%). Nei pazienti sottoposti a PCI, tuttavia, il fondaparinux è stato associato a un aumento di tre volte del rischio di trombosi catetere-correlata, una complicanza osservata anche nei pazienti con STEMI trattati con fondaparinux.107 Una dose supplementare di UFH al momento del cateterismo sembra ridurre al minimo il rischio di tale problematica con il fondaparinux. Quest’ultimo, dunque, nei pazienti con UA/NSTEMI costituisce un’alternativa associata a un rischio minore di sanguinamento e raccomandata, in particolar modo, nei pazienti a elevato rischio di emorragia.2 INIBITORI DIRETTI DELLA TROMBINA. Gli inibitori diretti della trombina hanno un vantaggio potenziale sugli inibitori indiretti della trombina, come l’UFH, l’LMWH e il fondaparinux, nel senso che non necessitano della presenza dell’antitrombina e possono inibire la trombina legata al coagulo. Essi non interagiscono con le proteine plasmatiche, forniscono un livello stabile di anticoagulazione e non provocano trombocitopenia. Una C0280.indd 1236 metanalisi compiuta su tutti gli inibitori diretti della trombina, compresi l’irudina, la bivalirudina, l’argatroban, l’efegatran o l’inogatran (questi ultimi non disponibili in Italia), ha mostrato una modesta riduzione (del 9%) della mortalità o dell’IM a 30 giorni, fornendo dunque evidenza a favore dell’inibitore diretto della trombina rispetto all’eparina non frazionata.108 L’unica attuale indicazione approvata dalla Food and Drug Administration per lepirudina e argatroban è l’anticoagulazione nei pazienti con trombocitopenia eparina-indotta e associata a patologia tromboembolica. La bivalirudina si lega reversibilmente alla trombina. Lo studio in aperto ACUITY ha selezionato 13.819 pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia invasiva precoce per randomizzarli a uno dei seguenti tre trattamenti: (1) UFH o enoxaparina con o senza un inibitore della GP IIb/ IIIa, (2) bivalirudina con un inibitore della GP IIb/IIIa e (3) bivalirudina da sola. L’endpoint primario consisteva in un outcome composito di morte, IM, rivascolarizzazione imprevista per ischemia e grave sanguinamento a 30 giorni.109 Dal confronto diretto degli anticoagulanti – ossia dal confronto di UFH o enoxaparina più un inibitore della GP IIb/IIIa e bivalirudina più un inibitore della GP IIb/IIIa – non è emersa alcuna differenza in termini di efficacia o di sanguinamento grave. Nel confronto tra il gruppo trattato con bivalirudina in monoterapia e il gruppo trattato con UFH o enoxaparina più un inibitore della GP IIb/IIIa non è stata rilevata alcuna differenza sotto il profilo dell’efficacia, ma si è riscontrato un tasso significativamente minore di sanguinamento (3,0% vs 5,7%) con bivalirudina in monoterapia.109 L’utilizzo della bivalirudina in sostituzione dell’UFH o dell’enoxaparina come anticoagulante in pazienti in trattamento supplementare con inibitori della GP IIb/IIIa non ha dunque modificato gli esiti di efficacia o di sicurezza, ma la somministrazione della bivalirudina da sola (senza inibitore della GP IIb/IIIa) è stata associata a minori casi di sanguinamento rispetto alla combinazione di un inibitore della GP IIb/IIIa con UFH o con enoxaparina. Lo studio ISAR-REACT 3110 ha messo a confronto l’UFH con la bivalirudina in pazienti che avevano ricevuto 600 mg di clopidogrel. Il ridotto tasso di sanguinamento grave con bivalirudina è stato ampiamente controbilanciato da un incremento degli eventi ischemici. ANTICOAGULANTI ORALI. Diversi studi hanno analizzato l’anticoagulazione orale con warfarin dopo SCA, partendo dall’assunto che il trattamento prolungato possa estendere il beneficio di un’anticoagulazione precoce mediante un agente antitrombinico per via parenterale. Tali studi suggerivano la possibilità, qualora fosse stato raggiunto un grado sufficiente di anticoagulazione, di ottenere un vantaggio dall’associazione di ASA più warfarin.111,112 Nello studio WARIS, pazienti con storia di SCA nelle precedenti otto settimane sono stati randomizzati a warfarin in monoterapia (International Normalized Ratio [INR] target da 2,8 a 4,2), ad ASA in monoterapia (160 mg/die) o ad acido acetilsalicilico (80 mg/die) associato a warfarin (INR target 2,0).111 Nel corso del follow-up di quattro anni, il decesso, l’IM o l’ictus tromboembolico si sono verificati nel 20% dei pazienti in terapia con ASA da sola, nel 16,7% dei pazienti in terapia con warfarin da solo (P = 0,03) e nel 15% dei pazienti in terapia con warfarin più ASA (P = 0,001). I tassi di sanguinamento grave sono stati dello 0,62% per anno di trattamento per entrambi i gruppi in terapia con warfarin e dello 0,17% nei pazienti in terapia con ASA (P <0,001). Quindi, la combinazione ASA più warfarin si è dimostrata più efficace rispetto all’acido acetilsalicilico in monoterapia nella prevenzione secondaria a lungo termine, ma è stata associata a un aumento dei casi di sanguinamento grave. Tuttavia, dati i benefici simili osservati con clopidogrel e warfarin in associazione ad ASA, data la mancanza dell’obbligo di monitoraggio dell’INR e dato il frequente ricorso al PCI e all’impianto di stent nella popolazione di pazienti in cui l’utilizzo del clopidogrel è ben documentato, l’uso clinico di ASA più warfarin resta limitato. Tra i pazienti senza stent coronarico ma con un’altra indicazione al warfarin, come la fibrillazione atriale cronica o la disfunzione ventricolare sinistra grave, che sono a rischio elevato di embolizzazione sistemica, la combinazione ASA più warfarin sarebbe da preferire come strategia antitrombotica a lungo termine. La combinazione di tutti e tre gli agenti (ASA, clopidogrel e warfarin) a oggi non è stata valutata su base prospettica, ma può essere associata a un elevato rischio emorragico nel corso della terapia a lungo termine. L’utilizzo di tale combinazione talvolta è necessario dopo impianto di stent nei pazienti con UA/NSTEMI con fibrillazione atriale o con altre forti indicazioni al warfarin. In tali pazienti, si raccomanda di utilizzare l’acido acetilsalicilico a basso dosaggio (da 75 a 81 mg/die), warfarin (titolato meticolosamente a un INR compreso tra 2,0 e 2,5) e clopidogrel solo per il periodo di tempo indicato a seconda del tipo di stent impiantato.2 INIBITORI DEL FATTORE XA. Attualmente sono oggetto di studio di fase III due potenti inibitori diretti orali del fattore Xa con elevata biodisponibilità. Nello studio ATLAS ACS-TIMI 46, uno studio dose-finding di fase II con rivaroxaban, l’aggiunta di tale farmaco all’ASA nei pazienti con recente SCA113 è stata associata a una significativa riduzione del 31% degli endpoint “duri” di mortalità, di IM e di ictus, ma a un aumento del sanguinamento. Nello studio APPRAISE, eseguito con apixaban (a breve disponibile in Italia; un 6/29/12 1:32:04 PM 1237 Decessi (n) Conservativa Follow-up (mesi) FRISC-II 45 67 24 TRUCS 3 9 12 TIMI-18 37 39 6 VINO 2 9 6 102 132 60 ISAR-COOL 0 3 1 ICTUS 15 15 12 RITA-3 RR globale (IC al 95%) 0,75 (0,63-0,90) 0,1 1 10 A favore A favore della terapia della terapia invasiva precoce conservativa FIGURA 56.14 Metanalisi che dimostra il beneficio offerto dalla strategia invasiva standard rispetto a quella invasiva “selettiva” (conservativa) nei pazienti con angina instabile o NSTEMI in termini di tasso di mortalità, di infarto miocardico o di riospedalizzazione nel corso del follow-up. FRISC-II = Fragmin and Fast Revascularization During Instability in Coronary Artery Disease; ICTUS = Invasive Versus Conservative Treatment in Unstable Coronary Syndromes; ISAR-COOL = Intracoronary Stenting With Antithrombotic Regimen Cooling-Off ; RITA-3 = Randomized Intervention Trial of Unstable Angina; RR = rischio relativo; TACTICS-TIMI 18 = Treat Angina With Aggrastat and Determine the Cost of Therapy With an Invasive or Conservative Strategy-Thrombolysis in Myocardial Infarction; TRUCS = Treatment of Refractory Unstable Angina in Geographically Isolated Areas Without Cardiac Surgery; VINO = Value of First Day Coronary Angiography/Angioplasty in Evolving Non-ST-Segment Elevation Myocardial Infarction. (Da Bavry AA, Kumbhani DJ, Rassi AN, et al.: Benefit of early invasive therapy in acute coronary syndromes: A meta-analysis of contemporary randomized clinical trials. J Am Coll Cardiol 48:1319, 2006.) inibitore del fattore Xa con caratteristiche simili a quelle del rivaroxaban), sono stati osservati un incremento dose-correlato del sanguinamento e una tendenza verso la riduzione degli eventi ischemici.114 In entrambi gli studi, la riduzione degli eventi ischemici è sembrata essere maggiore con l’associazione ASA più un inibitore del fattore Xa, mentre i casi di sanguinamento sono stati più numerosi nel gruppo in triplice terapia (ASA, clopidogrel e inibitore del fattore Xa). Gli studi di fase III in atto chiariranno il ruolo clinico di questa classe terapeutica. ANTAGONISTI DEL RECETTORE ATTIVATO DALLE PROTEASI (PAR-1). La trombina stimola in modo potente le piastrine attivando il PAR-1. L’inibitore del recettore della trombina vorapaxar (non disponibile in Italia) è capace di bloccare tale interazione.115-117 Questo antagonista del recettore della trombina è stato testato in uno studio di fase II in pazienti sottoposti a PCI, dimostrando una tendenza a una minore incidenza di morte o di IM ma senza un aumento del sanguinamento.118 Attualmente è in studio in due grandi trial di fase III: il primo, ossia lo studio TRACER (Thrombin Receptor Antagonist for Clinical Events Reduction) coinvolge pazienti con storia recente di SCA; il secondo è condotto su pazienti con CAD cronica.119 Strategie di trattamento e interventi 30 Esistono due approcci generali all’impiego del cateterismo cardiaco e della rivascolarizzazione nell’UA/ NSTEMI: (1) una strategia invasiva precoce, che impiega il cateterismo cardiaco precoce seguito da PCI, CABG o la prosecuzione della terapia medica, a seconda dell’anatomia coronarica; (2) un approccio più conservativo, la cui gestione iniziale è di tipo medico,mentre il cateterismo viene riservato ai pazienti con ischemia ricorrente a riposo o nel corso di un test da sforzo a cui può seguire, se l’anatomia è idonea, la rivascolarizzazione. A oggi, i vantaggi relativi di queste due strategie sono stati studiati in 10 trial randomizzati. I primi tre e lo studio più recente non hanno dimostrato una differenza significativa; tuttavia, sei studi hanno evidenziato un beneficio significativo con la terapia invasiva precoce (Fig. 56.14).119-121 20 Nello studio FRISC II, il braccio conservativo presentava un’elevata soglia per il cateterismo, pertanto è C0280.indd 1237 stata osservata un’ampia differenza in termini di tasso di rivascolarizzazione tra la strategia di tipo invasivo e quella di tipo conservativo. Nel corso del follow-up di cinque anni, la mortalità per tutte le cause o l’incidenza di IM è stata più bassa, mentre la mortalità si è ridotta significativamente nei pazienti a rischio elevato al basale ma non in quelli a basso rischio.122 Nello studio TACTICS-TIMI 18 il tasso di mortalità, di IM o di riospedalizzazione per SCA a sei mesi (endpoint primario) è calato significativamente, dal 19,4% del gruppo conservativo al 15,9% del gruppo invasivo precoce.15 Nei pazienti con livello di troponina I >0,1 ng/mL è stata osservata una significativa riduzione del 39% del rischio relativo nell’endpoint primario con la strategia invasiva vs quella conservativa, mentre i pazienti con troponina negativa hanno avuto esiti simili con entrambe le strategie (Fig. 56.15). Con il punteggio di rischio TIMI la strategia invasiva precoce è risultata significativamente vantaggiosa nei pazienti a rischio intermedio (punteggio da 3 a 4) e nei pazienti ad alto rischio (da 5 a 7), mentre i pazienti a basso rischio (da 0 a 2) hanno presentato esiti simili con entrambe Morte, IM, Riospedalizzazione per SCA a 6 mesi P = NS % 25 15 14,5 P <0,001 24,2 30 P = NS 26,3 P <0,001 25 20 16,9 15,3 15,6 14,8* 16,4* 15 10 10 5 5 0 ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Invasiva Studio 0 TNT – TNT + Nessuna modificazione ST Modificazioni ST CONS INV FIGURA 56.15 Stratificazione del rischio in funzione della troponina (TnT) o delle modificazioni del tratto ST per determinare il beneficio ottenuto con una strategia invasiva precoce (INV) rispetto a una strategia conservativa (CONS) nello studio TACTICS-TIMI 18. (Da Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA, et al.: Comparison of early invasive and conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes treated with the glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofiban. N Engl J Med 344:1879, 2001.) 6/29/12 1:32:04 PM 1238 CAPITOLO 56 le strategie15 (si veda Fig. 56.6B). È interessante notare che la strategia invasiva ha anche avuto un buon profilo di costo-efficacia, con un costo stimato per anno di vita guadagnato di 12.739 dollari, come riscontrato nello studio TACTICS-TIMI 18.123 Anche lo studio RITA-3 ha dimostrato un beneficio della strategia invasiva precoce, con una riduzione relativa del 34% degli endpoint primari di morte, IM o di angina refrattaria a quattro mesi; tale beneficio è stato conferito principalmente da una riduzione dell’angina refrattaria. A cinque anni è stata documentata una significativa riduzione del tasso di mortalità cardiovascolare nel braccio invasivo precoce.124 Nello studio più recente (ICTUS) che ha esaminato un approccio invasivo rispetto a uno conservativo, tutti i pazienti hanno ricevuto ASA, enoxaparina e abciximab per PCI, seguiti da una terapia con statine ad alte dosi. A un anno non è stata rilevata alcuna differenza significativa nel tasso degli endpoint primari – decesso, IM o riospedalizzazione per angina.125 In questo studio è stata impiegata una soglia molto bassa per la definizione di IM periprocedurale, pertanto si è verificato un tasso molto più elevato di IM periprocedurale rispetto agli studi precedenti, il che ne spiega, almeno in parte, i risultati contrastanti. Anche nello studio ICTUS, tuttavia, il rischio di riospedalizzazione è stato significativamente inferiore nel braccio invasivo. DONNE Numero OR (IC al 95%) CK-MB o troponina + 1.545 0,73 (0,57-0,93) CK-MB o troponina − 1.487 0,95 (0,64-1,42) CK-MB o troponina + 4.597 0,71 (0,52-0,97) CK-MB o troponina − 2.377 0,77 (0,58-1,02) 0,27 UOMINI 0,70 0,2 1,0 5,0 A favore A favore della strategia della strategia invasiva conservativa Randomizzazione alla fine del follow-up a lungo termine FIGURA 56.16 Metanalisi relativa al beneficio offerto da una strategia invasiva standard rispetto a una strategia “selettiva” (conservativa) nei pazienti con angina instabile o NSTEMI in termini di tasso di mortalità, di infarto miocardico o di riospedalizzazione nel corso del follow-up, con distinzione per sesso. (Da O’Donoghue M, Boden WE, Braunwald E, et al.: Early invasive vs. conservative treatment strategies in women and men with unstable angina and non-ST-segment elevation myocardial infarction. A metaanalysis. JAMA 300:71, 2008.) Una metanalisi degli studi più recenti ha confermato una significativa riduzione complessiva della mortalità, dell’IM o della riospedalizzazione e della mortalità nel corso del follow-up (si veda Fig. 56.14).121 Una metanalisi collaborativa sesso-specifica ha dimostrato il beneficio di una strategia invasiva in tutti i pazienti maschi e nelle pazienti femmine a rischio elevato, ma non nelle donne a basso rischio, in accordo con le linee guida del 2007120 (Fig. 56.16; si veda Fig. 81.6). Le analisi dei sottogruppi di registri e di studi clinici hanno dimostrato il vantaggio di una strategia invasiva precoce tra le donne,120 gli anziani126 e i pazienti con insufficienza renale cronica127 – gruppi che hanno meno probabilità di essere sottoposti a coronarografia precoce. Indicazioni per le strategie di gestione invasive vs conservative Sulla base di diversi studi randomizzati e metanalisi eseguiti di recente, la strategia invasiva precoce risulta essere attualmente raccomandata nei pazienti con UA/NSTEMI che presentano modificazioni del tratto ST o positività per la troponina al ricovero o che sviluppano tali caratteristiche di rischio elevato nel corso delle successive 24 ore. Altri indicatori di rischio elevato, come l’ischemia ricorrente o l’evidenza di insufficienza cardiaca congestizia, rappresentano ulteriori indicazioni a una strategia invasiva precoce.Viene inoltre consigliata una strategia invasiva precoce nei pazienti che sviluppano UA/NSTEMI entro sei mesi da una precedente PCI e in quelli in cui la causa della SCA possa essere la restenosi. Un approccio invasivo precoce è indicato anche nei pazienti interessati da UA/NSTEMI con pregresso CABG.2 Lo studio ISAR-COOL (Intracoronary Stenting with Antithrombotic Regimen Cooling-Off) ha riscontrato che l’avvio di una strategia invasiva immediata con un tempo medio di sole due ore tra la randomizzazione e il cateterismo offre un beneficio rispetto alla strategia invasiva ritardata, nella quale il tempo medio intercorso prima del cateterismo è stato di quattro giorni.128 Lo studio TIMACS ha confrontato l’angiografia precoce (mediana = 14 ore dalla randomizzazione) con quella tardiva (mediana = 50 ore dalla randomizzazione),129 dimostrando un trend verso la riduzione dell’endpoint primario nei pazienti con punteggio GRACE elevato. L’angiografia precoce è stata inoltre associata a una significativa riduzione del 28% dell’endpoint secondario di mortalità, IM e ischemia refrattaria. Entrambi gli studi hanno fornito evidenze a sostegno della strategia invasiva molto precoce, soprattutto nei pazienti a rischio elevato. INTERVENTO CORONARICO PERCUTANEO (PCI) (Cap. 58). Gli attuali tassi di successo del PCI sono elevati, in genere >95%, benché la presenza dell’UA/NSTEMI o la visualizzazione di un trombo possano incrementare il rischio di complicanze acute, come l’occlusione improvvisa e l’IM. In C0280.indd 1238 Interazione della P tali pazienti, pertanto, l’utilizzo degli inibitori della GP IIb/IIIa o di una tienopiridina (clopidogrel o prasugrel) migliora sia gli esiti acuti sia quelli a lungo termine dopo PCI. L’impianto di stent medicati riduce il rischio di restenosi, ma la procedura implica un rischio di trombosi intrastent tardiva, soprattutto in caso di sospensione del clopidogrel. Nei pazienti trattati con tale modalità, questa grave complicanza può essere ridotta con la duplice terapia antiaggregante (ossia ASA in associazione con una tienopiridina) a lungo termine (almeno un anno o anche più a lungo). INTERVENTO CORONARICO PERCUTANEO VS BYPASS AORTOCORONARICO. Diversi studi hanno confrontato PCI e CABG in pazienti con cardiopatia ischemica cronica, molti dei quali con diagnosi di UA/NSTEMI (Cap. 58). Sulla base dei risultati, il CABG risulta essere raccomandato nei pazienti con malattia del tronco comune, oltre che nei soggetti con malattia multivasale e con disfunzione ventricolare sinistra o diabete mellito. Quanto agli altri pazienti trattati in maniera invasiva, di norma si ricorre al PCI se l’anatomia coronarica risulta idonea; in caso contrario, il CABG diventa il trattamento di scelta. Il PCI si associa a morbilità e mortalità iniziali lievemente inferiori rispetto al CABG, ma richiederà probabilmente la ripetizione della procedura in futuro. Altre terapie INIBITORI DELL’ENZIMA DI CONVERSIONE DELL’ANGIOTENSINA E ANTAGONISTI DEL RECETTORE DELL’ANGIOTENSINA. Grandi trial hanno documentato un beneficio dello 0,5% in termini di mortalità assoluta in caso di terapia precoce (iniziata entro 24 ore) con l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) nei pazienti con IM acuto. Lo studio ISIS-4, tuttavia, non ha dimostrato alcun vantaggio nei pazienti senza sopraslivellamento del tratto ST.49 L’utilizzo a lungo termine di ACE-inibitori previene gli eventi ischemici ricorrenti e la mortalità (Cap. 55). Gli antagonisti del recettore dell’angiotensina (ARB) possono sostituire gli ACE-inibitori sulla base dello studio VALIANT (Valsartan in Acute Myocardial Infarction Trial), che ha dimostrato esiti equivalenti nei pazienti post-IM trattati con l’ACE-inibitore captopril e l’ARB valsartan.130 Gli ARB sono indubbiamente indicati nei pazienti che non riescono a tollerare gli ACE-inibitori. TERAPIA IPOLIPEMIZZANTE. Il trattamento a lungo termine con la terapia ipolipemizzante, soprattutto con le statine, si è dimostrato benefico nei pazienti che hanno avuto IM acuto e UA/NSTEMI (Capp. 47 e 55).131 In un sottogruppo prespecificato di oltre 3.200 pazienti con angina instabile coinvolte nello studio LIPID (Long-Term Intervention with Pravastatin in Ischemic Disease) la terapia con pravastatina ha comportato una riduzione significativa del 26% della mortalità totale.132 Sono stati inoltre descritti benefici prognostici a lungo termine rispetto 6/29/12 1:32:04 PM 5 Pravastatina 40 mg 4 3 2 Atorvastatina 80 mg 1 HR = 0,72 (IC 0,52-0,99) P = 0,046 0 0 5 10 15 20 25 30 GIORNI DALLA RANDOMIZZAZIONE FIGURA 56.17 Vantaggio offerto da una terapia intensiva con statina avviata precocemente dopo sindrome coronarica acuta (SCA) nello studio PROVE IT-TIMI 22. È stata osservata una significativa riduzione degli eventi nei primi 30 giorni. (Modificata da Ray KK, Cannon CP, McCabe C, et al: Early and late benefits of highdose atorvastatin in patients with acute coronary syndromes: Results from the PROVE IT-TIMI 22 Trial. J Am Coll Cardiol 46:1405, 2005.) al placebo quando la somministrazione di statine viene avviata in ospedale nel corso di una SCA.133 Nello studio PROVE IT-TIMI 22, condotto su 4.162 pazienti arruolati mediamente entro 10 giorni dalla SCA, la terapia ipolipemizzante intensiva con atorvastatina 80 mg ha determinato una riduzione del 16% dell’endpoint primario e una riduzione del 25% della mortalità, dell’IM o della rivascolarizzazione urgente rispetto alla terapia ipolipemizzante moderata con pravastatina (40 mg).134 Un beneficio è emerso soltanto a 30 giorni dalla randomizzazione,135 sottolineando l’importanza di avviare precocemente la terapia intensiva con statina dopo SCA (Fig. 56.17). Le concentrazioni medie delle lipoproteine a bassa densità (LDL) ottenute nei due bracci sono state rispettivamente pari a 62 mg/dL e 95 mg/dL. In parte sulla base di tali risultati, l’Adult Treatment Panel III del National Cholesterol Education Program ha rilasciato un aggiornamento in cui si raccomanda un nuovo target terapeutico opzionale per le LDL <70 mg/dL nei pazienti a rischio elevato con cardiopatia ischemica cronica, come quelli con storia di SCA.136 Dopo lo studio PROVE IT-TIMI 22, sono stati pubblicati quattro ulteriori studi sulla terapia intensiva vs moderata (standard) con statine, uno dei quali condotto su pazienti con esperienza di SCA e i restanti tre su pazienti con CAD stabile. Una metanalisi dei quattro studi pubblicati ha dimostrato una riduzione significativa del 16% della morte per causa coronarica o infartuale mediante terapia intensiva vs terapia standard con statine (Fig. 56.18).137 Secondo le linee guida ACC/AHA la PROVE IT-TIMI 22 terapia intensiva con statine dovrebbe essere avviata almeno al momento della A-to-Z dimissione ospedaliera, ma cinque studi randomizzati di dimensioni medio-piccole hanno riscontrato un beneficio anche in TNT caso di terapia intensiva con statine avviata prima del PCI.138 Ciò suggerirebbe che IDEAL la terapia con dosi elevate di statine debba essere iniziata al momento del ricovero. Prevenzione secondaria a lungo termine dopo UA/NSTEMI (Cap. 49) Il momento della dimissione ospedaliera dopo UA/NSTEMI si delinea come “momento educativo” per il paziente,139 laddove il medico e il personale possono riesaminare e ottimizzare il regime terapeutico per il trattamento a lungo termine. La modificazione dei fattori di rischio è di fondamentale importanza e comprende la discussione con il paziente (a seconda dei fattori di rischio presenti) circa l’importanza di abbandonare il fumo, raggiungere un peso corporeo ottimale, praticare attività fisica, seguire una dieta appropriata, ottenere un buon controllo della pressione arteriosa, mantenere sotto controllo l’iperglicemia nei pazienti diabetici e sottoporsi alla terapia intensiva con statine (Tab. 56.5). Il trattamento a lungo termine deve prevedere sei classi terapeutiche che hanno dimostrato di migliorare la prognosi dopo UA/ NSTEMI in grandi trial randomizzati, ognuna delle quali può contribuire alla stabilità clinica a lungo termine in modi differenti: 1. Riduzione intensiva del colesterolo LDL con statine a elevato dosaggio.134,137,140 2. ACE-inibitori o ARB: raccomandati per il trattamento a lungo termine in quanto suscettibili di favorire la stabilizzazione della placca e ritardare la progressione dell’aterosclerosi. Odds ratio (IC al 95%) OR, 0,84 IC al 95%, 0,77-0,91 P = 0,00003 Totale Riepilogo: gestione acuta dell’UA/NSTEMI La valutazione dei pazienti con UA/NSTEMI inizia con l’esame clinico, l’elettrocardiogramma e la misurazione dei biomarcatori cardiaci per la valutazione (1) della probabilità di CAD e (2) del rischio di morte o di eventi cardiaci ricorrenti. I pazienti con una bassa probabilità di UA/ C0280.indd 1239 Numero Riduzione eventi/totale (%) delle probabilità Alta dose Dose standard 0,66 Alta dose migliore 1 –17% 147/2.099 (7,0) 172/2.063 (8,3) –15% 205/2.265 (9,1) 235/2.232 (10,5) –21% 334/4.995 (6,7) 418/5.006 (8,3) –12% 411/4.439 (9,3) 463/4.449 (10,4) ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST PERCENTUALE DI PAZIENTI CON MORTE, IM O RIOSPEDALIZZAZIONE PER SCA 1239 NSTEMI in atto devono essere sottoposti a un “percorso diagnostico” che preveda elettrocardiogrammi seriati, marcatori cardiaci e un test da sforzo precoce per la valutazione della CAD. Ciò può essere realizzato di frequente in un reparto di osservazione o in un ospedale dotato di pronto soccorso. I pazienti con storia clinica che depone fortemente per UA/NSTEMI devono essere sottoposti a stratificazione del rischio mediante un sistema di punteggio clinico, come l’indice di rischio TIMI o il GRACE,43,44 oltre che alla misurazione della troponina. I soggetti a basso rischio devono essere trattati con terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico e clopidogrel, ma anche con anticoagulanti, nitrati e bloccanti. Una strategia inizialmente conservativa è adeguata nei pazienti a basso rischio. Nei soggetti a rischio intermedio-elevato (ad es. quelli con troponina positiva, slivellamento del tratto ST, punteggio di rischio TIMI >3) devono essere impiegati i farmaci summenzionati, preferendo una strategia invasiva precoce. L’inibizione della GP IIb/IIIa rappresenta un utile trattamento supplementare nei pazienti instabili o al momento del PCI. Il clopidogrel andrebbe somministrato al ricovero. Nei pazienti in cui si intende utilizzare il prasugrel, si raccomanda di omettere la dose di carico di clopidogrel al momento della presentazione. –16% 1.097/13.798 1.288/13.750 (8,0) (9,4) 1,5 Alta dose peggiore FIGURA 56.18 Metanalisi degli studi condotti sulla terapia intensiva con statina rispetto a quella standard che mostra una significativa riduzione del 16% del rischio di morte per cause coronariche o di infarto miocardico (P <0,0001). Studio A-to-Z = Aggrastat-to-Zocor; studio IDEAL = Incremental Decrease in End Points Through Aggressive Lipid-Lowering; studio PROVE IT-TIMI 22 = Pravastatin or Atorvastatin Evaluation and Infection Therapy-Thrombolysis In Myocardial Infarction 22; studio TNT = Treating to New Targets. (Da Cannon CP, Steinberg BA, Murphy SA, et al.: Meta-analysis of cardiovascular outcomes trials comparing intensive versus moderate statin therapy. J Am Coll Cardiol 48:438, 2006.) 6/29/12 1:32:05 PM 1240 TABELLA 56.5 Check list cardiologica per l’UA/NSTEMI* CHECK LIST CARDIOLOGICA — RICOVERO Data del ricovero: _________ CHECK LIST CARDIOLOGICA – DIMISSIONE Data del ricovero: _________ Nome del paziente: ______________________________________________ Nome del paziente: _____________________________________________ (Nome e cognome) (Nome e cognome) CAPITOLO 56 Breve anamnesi: ________________________________________________ Breve anamnesi:________________________________________________ Farmaci: 1. Acido acetilsalicilico……………………………………………… 2. Clopidogrel o ticagrelor…………………………………………… 3. Eparina, LMWH o altro anticoagulante …………………………… 4. Inibitore della GP IIb/IIIa…………………………………………… 5. β-bloccante………………………………………………………… 6. Nitrato……………………………………………………………… 7. ACE-inibitore ……………………………………………………… Interventi: 8. Cateterismo/rivascolarizzazione per ischemia ricorrente o nei pazienti a rischio intermedio/elevato ………………………………………… Modificazione dei fattori di rischio: 9. Controllo e trattamento dell’ipercolesterolemia secondo necessità…………………………………………………… 10. Trattamento degli altri fattori di rischio (ad es. tabagismo)…………………………………………………… Farmaci: 1. Acido acetilsalicilico (basso dosaggio)…………………………… 2. Clopidogrel/prasugrel/ticagrelor………………………………… 3. Statina (elevato dosaggio)………………………………………… 4. ACE-inibitore……………………………………………………… 5. β-bloccante……………………………………………………… Interventi: 6. Controllo dell’LDL……………………………………………… 7. Controllo della pressione arteriosa……………………………… 8. Controllo del diabete…………………………………………… 9. Assistenza per l’abolizione del fumo (se del caso) ……………… 10. Riabilitazione cardiaca/ modificazione dello stile di vita………………………………… *Queste semplici liste servono come promemoria per le terapie raccomandate dalle linee guida, come l’acido acetilsalicilico, il clopidogrel, l’eparina o le LMWH. Questa “check list cardiologica” può essere utilizzata in due modi: il medico può serbarne una copia in un piccolo schedario o su un palmare e consultarla quando esegue il ricovero dei pazienti, oppure può essere utilizzata per sviluppare procedure codificate per l’UA/NSTEMI – in formato cartaceo o elettronico. Si consulti il testo per indicazioni più dettagliate sulle specifiche indicazioni e controindicazioni ai farmaci. ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; GP = glicoproteina; LDL = lipoproteina bassa densità; LMWH = eparina a basso peso molecolare. 3. -bloccanti: indicati per la terapia anti-ischemica, possono aiutare a ridurre i fattori di innesco dell’IM nel corso del follow-up. 4. Terapia antiaggregante: l’associazione di una bassa dose di acido acetilsalicilico con un inibitore del recettore P2Y12 per almeno un anno conferisce un beneficio clinico, prevenendo o attenuando la gravità di eventuali trombosi secondarie a rottura di una placca e riducendo l’entità della trombosi in caso di impianto di stent. Una duplice terapia antiaggregante di più lunga durata può risultare appropriata nei pazienti a rischio elevato di eventi ischemici ricorrenti e viene generalmente raccomandata nei pazienti con stent medicati. 5. Programmi di abolizione del fumo: provvedimenti che possono contemplare centri antifumo, cerotti o gomme alla nicotina, somministrazione dell’ansiolitico bupropione o dell’agonista parziale dell’acetilcolina vareniclina, vanno caldamente incoraggiati.141 6. Programmi di riabilitazione cardiologica basata sull’esercizio associati a informazioni sul controllo del peso corporeo, sulla dieta e sull’aderenza ai farmaci. Nel contesto della terapia medica a lungo termine, le varie componenti dell’aterotrombosi possono pertanto essere gestite con un approccio multifattoriale. ESPERIENZE DEI REGISTRI. Un problema significativo ravvisato nella pratica clinica è che una grande percentuale di pazienti dopo UA/NSTEMI non viene sottoposta a terapie coerenti con le raccomandazioni delle linee guida. Molti ampi registri, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, hanno documentato che dal 10 al 15% dei pazienti non riceve alcuna terapia antitrombotica e dal 40 al 50% dei pazienti gestiti farmacologicamente non riceve clopidogrel, nonostante l’esistenza di raccomandazioni di classe I.142,143 Questi dati suggeriscono che in aggiunta allo sviluppo di linee guida e alla formazione professionale, occorrono strumenti specifici per assicurare che le raccomandazioni delle linee guida vengano implementate nel singolo paziente. L’aspetto più importante è che la mancata aderenza alle linee guida si associa a esiti avversi.144 Paradossalmente, i pazienti a elevato rischio di eventi ricorrenti (gli anziani e i pazienti con diabete mellito, disfunzione renale e insufficienza cardiaca) avevano una minore probabilità rispetto ai pazienti a basso rischio di ricevere terapie coerenti con le raccomandazioni delle linee guida.145 C0280.indd 1240 ALGORITMI CRITICI E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ. Gli algoritmi critici e il processo di miglioramento continuo della qualità (CQI) rappresentano strumenti utili per perseguire il miglioramento delle cure (Cap. 5).146,147 Gli algoritmi critici sono protocolli standardizzati per la gestione di specifiche patologie (ad es. la SCA) il cui scopo è quello di ottimizzare e semplificare il trattamento del paziente.148 In generale, tali algoritmi comprendono set codificati di procedure (“order set”), anche su supporto informatico, o semplici schede tascabili, promemoria o liste delle terapie appropriate. Il processo di implementazione degli algoritmi comprende solitamente un’adeguata formazione del personale medico e infermieristico, ivi incluse presentazioni in riunione plenaria, nel servizio corrente e altri incontri a finalità educativa in tutta l’istituzione coinvolgendo le persone implicate nell’assistenza. Un altro elemento chiave per un progetto globale di CQI è la valutazione dell’impiego effettivo delle terapie raccomandate dalle linee guida.148 MIGLIORAMENTO DEGLI ESITI CON GLI ALGORITMI CRITICI. Attualmente esistono diversi studi di qualità i quali dimostrano che l’utilizzo di algoritmi critici è in grado di migliorare il livello delle cure. Il programma GWTG (Get With The Guidelines) dell’American Heart Association ha l’obiettivo di sostenere e favorire il miglioramento della qualità dell’assistenza ai pazienti affetti da patologie cardiovascolari. Il programma GWTG-CAD comprende sessioni di apprendimento, sessioni didattiche, condivisione di best-practice, gruppi di studio interattivi, follow-up post meeting e un software di gestione pazienti basato su internet che consente la raccolta dati e un riscontro sui dati ospedalieri in tempo reale e fornisce un supporto alle decisioni cliniche in modo da consentire un miglioramento rapido del ciclo, oltre a includere un programma di identificazione delle prestazioni.147 La partecipazione al programma GWTG-CAD migliora l’utilizzo di terapie quali ASA, -bloccanti, ACE-inibitori e statine al momento della dimissione ospedaliera. Anche il programma GAP (Guidelines Applied in Practice) sponsorizzato dall’American College of Cardiology ha fornito importanti dati multicentrici a sostegno dell’efficacia degli algoritmi critici.149 Una migliore aderenza all’utilizzo delle terapie raccomandate dalle linee guida si associa a minore mortalità (Fig. 56.19). Nel programma GAP, i pazienti le cui documentazioni cliniche dimostravano l’utilizzo di algoritmi e strumenti critici hanno registrato i tassi più elevati di trattamento con le terapie raccomandate e una prognosi migliore.149 6/29/12 1:32:05 PM 8 7 6 5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 QUARTILI DI ADERENZA OSPEDALIERA COMPLESSIVA ALLE LINEE GUIDA FIGURA 56.19 Associazione tra aderenza ospedaliera alle linee guida e mortalità intraospedaliera. Gli ospedali nel primo quartile hanno avuto l’aderenza più scarsa. (Modificata da Peterson ED, Roe MT, Mulgund J, et al.: Association between hospital process performance and outcomes among patients with acute coronary syndromes. JAMA 295:1912, 2006.) Angina variante di Prinzmetal Nel 1959, Prinzmetal et al. hanno descritto una sindrome caratterizzata da dolore ischemico che si verificava a riposo, associata a sopraslivellamento del tratto ST.150 Questa sindrome, nota come angina variante di Prinzmetal (AVP), può essere associata a IM acuto, tachicardia o fibrillazione ventricolare e morte cardiaca improvvisa. L’incidenza dell’AVP è sempre stata più elevata in Giappone rispetto ai Paesi occidentali, ma nel mondo l’incidenza sembra essere calata drasticamente nel corso degli ultimi trent’anni; tale declino può essere correlato, in parte, all’uso più aggressivo dei calcio-antagonisti per l’ipertensione.151 Meccanismi L’ipotesi iniziale di Prinzmetal et al. era che l’angina variante derivasse da aumenti temporanei del tono vasomotorio coronarico, o vasospasmo. Il vasospasmo coronarico nell’AVP non va confuso con la vasocostrizione generalizzata sia dei grandi sia dei piccoli vasi coronarici, una normale risposta a stimoli come l’esposizione al freddo; quest’ultima risposta, benché molto estesa nel letto vascolare coronarico, è molto meno intensa. I precisi meccanismi responsabili dell’AVP non sono chiari, ma prevale l’ipotesi di una riduzione della produzione di ossido nitrico da parte dell’endotelio dell’arteria coronaria o di uno sbilanciamento tra fattori di rilassamento e di contrattilità prodotti dall’endotelio.152 È stata documentata anche un’aumentata attività della fosfolipasi C (PLC). Dato che la PLC (attraverso l’attivazione della via dell’inositolo trifosfato) mobilizza il Ca2+ dalle scorte intracellulari, essa può incrementare la contrazione delle cellule muscolari lisce.153 Un’origine infiammatoria è invece sostenuta dal riscontro in molti pazienti di elevati livelli di hsPCR sierica.154 Anche i polimorfismi del recettore 2 presinaptico e 2 postsinaptico possono associarsi all’AVP.155 Reperti istologici di pazienti con AVP sottoposti ad aterectomia coronarica suggeriscono che un vasospasmo coronarico ripetitivo possa provocare una lesione vascolare e condurre alla formazione di iperplasia neointimale in corrispondenza del sito iniziale dello spasmo, che a sua volta in alcuni pazienti è in grado di determinare una rapida progressione della stenosi coronarica. La diagnostica per immagini con metaiodobenzilguanidina marcata con iodio 123 (123I-MIBG) ha dimostrato la presenza di denervazione simpatica regionale miocardica nell’area di distribuzione del vaso in cui si sviluppa il vasospasmo.156 Reperti clinici e di laboratorio I pazienti con AVP di solito sono più giovani dei pazienti con angina cronica stabile o con angina instabile secondaria ad aterosclerosi coronarica e molti di essi non esibiscono i classici fattori di rischio coronarici, tranne che per il fatto di essere spesso forti fumatori di sigarette. Il dolore anginoso è di frequente estremamente severo e può accompagnarsi a sincope correlata a blocco atrioventricolare, asistolia o tachiaritmie ventricolari.156 C0280.indd 1241 ELETTROCARDIOGRAMMA. La chiave della diagnosi dell’AVP è il rilevamento di uno sopraslivellamento sporadico del tratto ST, spesso accompagnato da dolore toracico severo, che di solito insorge a riposo (Fig. 56.20). Molti pazienti mostrano anche episodi ripetuti di sopraslivellamento asintomatico (silente) del tratto ST. Le deviazioni del tratto ST possono presentarsi in ogni derivazione, a seconda dell’arteria coinvolta. Talvolta, in seguito a test pressorio a freddo ("cold pressor test") si scatenano gravi aritmie. Durante gli episodi di ischemia possono verificarsi disturbi transitori della conduzione. Nei pazienti con attacchi prolungati di AVP può prodursi un danno miocardiocitario in assenza di modificazioni persistenti all’elettrocardiogramma. Casi di STEMI indotto da vasospasmo coronarico in assenza di CAD ostruttiva angiograficamente dimostrabile sono stati ben documentati.159 La prova da sforzo nei pazienti con AVP può determinare risposte variabili. Una percentuale di pazienti approssimativamente uguale mostra sottoslivellamento del tratto ST, nessuna modificazione o sopraslivellamento del tratto ST. Tali alterazioni riflettono la presenza di sottostante CAD fissa in alcuni pazienti, l’assenza di lesioni significative in altri e l’induzione di vasospasmo secondario a esercizio nei rimanenti. Il monitoraggio elettrocardiografico ambulatoriale o l’utilizzo di un trasmettitore telefonico possono essere di aiuto nella registrazione di sopraslivellamenti del tratto ST nel corso di episodi sintomatici. Gravi casi di aritmie sono stati descritti, compresi disfunzione del nodo del seno determinante asistolia o sincope, blocco atrioventricolare completo, tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare e morte cardiaca improvvisa.160,161 L’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore automatico può talora rivelarsi necessario.162 CORONAROGRAFIA (Cap. 21). Lo spasmo di un’arteria coronaria prossimale con conseguente ischemia transmurale e anomalie della funzionalità del ventricolo sinistro rappresentano i capisaldi diagnostici dell’AVP (si veda Fig. 56.20). I pazienti con lieve occlusione coronarica fissa o senza tale condizione tendono a sperimentare un decorso più benigno rispetto a quelli con AVP associata a gravi lesioni ostruttive.163 Il processo vasospastico quasi sempre interessa ampi segmenti dei vasi epicardici in una singola sede, ma in tempi differenti possono essere colpite altre aree. L’arteria coronaria destra è la sede più frequente, seguita dall’arteria coronaria discendente anteriore. Il vasospasmo contemporaneo di tutte e tre le principali arterie coronarie può simulare la malattia aterosclerotica dei tre vasi.164 TEST PROVOCATIVI ERGONOVINA. Sono stati sviluppati diversi test per la valutazione del vasospasmo coronarico. Di questi, il test all’ergonovina è il più sensibile. L’ergonovina maleato, un alcaloide della segale cornuta, stimola sia i recettori -adrenergici sia quelli serotoninergici, pertanto esercita un effetto vasocostrittore diretto sulla muscolatura cellulare liscia, potendo indurre vasospasmo coronarico. Quando viene somministrata per via endovenosa in boli crescenti da 0,05 a 0,20 mg, l’ergonovina fornisce un test sensibile e specifico per la provocazione dello spasmo dell’arteria coronaria. La maggior parte dei pazienti sviluppa una risposta all’ergonovina a una dose inferiore ai 0,20 mg. A basse dosi, e in condizioni cliniche attentamente controllate, l’ergonovina è un farmaco relativamente sicuro, ma un vasospasmo coronarico prolungato indotto dall’uso di ergonovina può causare IM. A volte si sviluppano disturbi della conduzione (blocchi cardiaci) o tachiaritmie gravi. A causa di questi rischi, si raccomanda di somministrare l’ergonovina soltanto a pazienti nei quali la coronarografia abbia dimostrato delle coronarie normali o quasi normali e di aumentare il dosaggio gradualmente, ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST MORTALITÀ INTRAOSPEDALIERA (%) 1241 Gli attacchi di AVP tendono a insorgere tra la mezzanotte e le otto del mattino157 e spesso si verificano in gruppi di due o tre entro 30-60 minuti. Sebbene la tolleranza all’esercizio sia generalmente preservata nei pazienti con AVP, in alcuni di essi si evidenzia precordialgia tipica e sopraslivellamenti del tratto ST non solo a riposo ma anche durante o dopo l’esercizio. I pazienti con associazione di AVP e grave coronaropatia ostruttiva possono sviluppare sia angina indotta dall’esercizio con sottoslivellamento del tratto ST sia episodi di angina a riposo con sopraslivellamento del tratto ST. In alcuni pazienti si può osservare una chiara relazione tra stress emotivi ed episodi di vasospasmo coronarico, in linea con quanto documentato da alcuni studi i quali ipotizzano che nei pazienti con AVP lo sbilanciamento simpato-vagale possa precipitare il vasospasmo. In casi rari, l’AVP si sviluppa in seguito a rivascolarizzazione mediante bypass aortocoronarico e può verificarsi in prossimità di uno stent medicato;158 a volte, l’AVP sembra essere una manifestazione di un disordine vasospastico generalizzato associato all’emicrania o al fenomeno di Raynaud. L’AVP può verificarsi anche in associazione all’asma ASA-indotta e alla somministrazione di 5-fluorouracile e ciclofosfamide. 6/29/12 1:32:05 PM 1242 Derivazione DII 8:02:48 CAPITOLO 56 8:03:18 8:03:48 8:04:18 8:04:48 8:05:18 A B C FIGURA 56.20 Elettrocardiogramma continuo di un uomo di 39 anni con angina di Prinzmetal. A. Nel corso di un episodio di angina è stato notato un sopraslivellamento temporaneo del tratto ST (nella derivazione DII) durante il monitoraggio telemetrico continuo. B. Occlusione totale dell’arteria circonflessa sinistra prossimale indotta dall’iperventilazione (visibile all’angiografia in proiezione obliqua anteriore destra caudale). C. Lo spasmo si è risolto con la somministrazione per via intracoronarica di nitroglicerina e diltiazem. I sintomi del paziente sono stati controllati con nitrati e calcio-antagonisti per via orale nel corso di un follow-up di due anni. (Da Chen HSV, Pinto DS: Prinzmetal angina. N Engl J Med 349:e1, 2003.) cominciando da una dose bassissima. I nitrati intracoronarici e i calcioantagonisti in genere sono efficaci nel fornire un sollievo immediato dallo spasmo indotto dal farmaco. Controindicazioni assolute al test all’ergonovina comprendono: gravidanza, grave ipertensione, grave disfunzione del ventricolo sinistro, stenosi aortica da moderata a grave e stenosi del tronco comune emodinamicamente significativa. ACETILCOLINA. La stimolazione dei recettori dell’acetilcolina produce una dilatazione uniforme endotelio-dipendente delle arterie coronarie normali, ma determina vasocostrizione quando la funzione endoteliale è compromessa. Nei pazienti con AVP, le iniezioni intracoronariche di acetilcolina possono produrre grave vasospasmo coronarico e riprodurre la sindrome clinica.165 Questo spasmo focale non deve essere confuso con la costrizione lieve e diffusa che l’acetilcolina induce nei pazienti con alterazione dell’endotelio coronarico. L’acetilcolina viene infusa nell’arteria coronaria nell’arco di un minuto secondo dosi crescenti di 10, 25, 50 e 100 g separate da intervalli di cinque minuti. Anche l’istamina, la dopamina e la serotonina possono indurre spasmo delle arterie coronarie. L’esercizio, il cold pressor test e l’alcalosi indotta dall’iperventilazione166 possono tutti provocare vasospasmo coronarico nei pazienti con AVP, ma nessuno di questi test è sensibile quanto l’ergonovina o l’acetilcolina. Trattamento I pazienti con AVP devono essere esortati a smettere di fumare. Il caposaldo della terapia è un calcio-antagonista da solo o in associazione a nitrato a lunga durata d’azione. Vi sono diverse analogie e differenze tra il trattamento ottimale dell’AVP e quello dell’angina classica (stabile e instabile). C0280.indd 1242 1. Sia i pazienti con AVP sia quelli con angina tipica di solito rispondono bene ai nitrati; spesso, la nitroglicerina per via endovenosa o sublinguale risolve rapidamente gli attacchi di AVP, mentre i nitrati a lunga durata d’azione sono utili per la prevenzione dei medesimi. I calcio-antagonisti si sono dimostrati estremamente efficaci nella prevenzione dello spasmo delle arterie coronarie nei pazienti con AVP,167 per cui dovrebbero essere prescritti di routine alle massime dosi tollerate e a lungo termine. Dato che i calcio-antagonisti agiscono attraverso un meccanismo differente da quello dei nitrati, queste due classi di farmaci possono esercitare degli effetti vasodilatanti additivi. Tutti i calcio-antagonisti di prima e seconda generazione possiedono un’efficacia simile (∼90%) nell’alleviare la sintomatologia e possono risolvere anche l’ischemia asintomatica. 2. La risposta ai -bloccanti nei pazienti con AVP è variabile.168,169 Alcuni, soprattutto quelli con lesioni stabilite associate, mostrano una riduzione della frequenza di attacchi di angina indotta dall’esercizio causati principalmente dall’aumento del fabbisogno miocardico di ossigeno. In altri, tuttavia, i -bloccanti non selettivi possono in realtà essere dannosi in quanto il blocco dei recettori 2, che mediano la dilatazione coronarica, rende incontrastata la vasocostrizione coronarica mediata dai recettori ; in questi pazienti, la durata degli episodi di angina vasospastica può essere prolungata dalla somministrazione di -bloccanti. 6/29/12 1:32:05 PM 1243 Prognosi Molti pazienti con AVP passano attraverso una fase attiva acuta, con frequenti episodi di angina e di eventi cardiaci nel corso dei primi sei mesi successivi alla diagnosi. L’entità e la gravità della CAD sottostante e la velocità di progressione della sindrome hanno un effetto importante sull’incidenza della mortalità e dell’IM tardivi. I pazienti con AVP che sviluppano gravi aritmie (tachicardia ventricolare, fibrillazione ventricolare, blocco atrioventricolare di grado elevato o asistolia) nel corso di episodi spontanei di dolore presentano un rischio maggiore di morte cardiaca improvvisa, a meno che non venga impiantato un dispositivo di cardioversione-defibrillazione. Nella maggior parte dei pazienti che sopravvive a un infarto o al periodo iniziale di 3-6 mesi in cui si verificano episodi ischemici ricorrenti, la condizione si stabilizza e la sintomatologia e gli eventi cardiaci tendono a diminuire con il tempo.173 Nei pazienti che sperimentano tale remissione, si può tentare una graduale riduzione dei calcio-antagonisti. In una casistica, il 16% dei pazienti ha mostrato un remissione spontanea tre mesi dopo la sospensione della terapia, il 44% ha continuato ad avere sintomi nonostante il trattamento con calcio-antagonisti e nitrati, il restante 40% è risultato libero da angina ma proseguiva la terapia. La remissione si è verificata più frequentemente nei pazienti senza stenosi significative delle arterie coronarie e in quelli che avevano smesso di fumare.174 Per ragioni che non sono chiare, alcuni pazienti, dopo un periodo di relativa quiescenza di mesi o addirittura anni, presentano una recrudescenza dell’attività vasospastica con episodi di ischemia frequenti e gravi. Fortunatamente, questi pazienti di solito rispondono a un nuovo trattamento con calcio-antagonisti o con nitrati. BIBLIOGRAFIA Epidemiologia e fisiopatologia 1. Lloyd-Jones D, Adams R, Carnethon M, et al: Heart disease and stroke statistics—2009 update: A report from the American Heart Association Statistics Committee and Stroke Statistics Subcommittee. Circulation 119:480, 2009. 2. Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 guidelines for the management of patients with unstable angina/non–ST-elevation myocardial infarction: Executive summary. 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Lo spasmo può tuttavia svilupparsi in un sito diverso dal quello della stenosi iniziale; pertanto, nei pazienti con AVP i calcio-antagonisti dovrebbero essere continuati per almeno sei mesi dopo una rivascolarizzazione efficace. PCI e CABG sono controindicati nei pazienti con spasmo coronarico isolato senza malattia ostruttiva stabilita. 6. I pazienti che hanno subito ischemia associata a fibrillazione ventricolare e che continuano a manifestare ischemia nonostante una terapia medica massimale dovrebbero essere sottoposti all’impianto di un defibrillatore automatico.162,172 6/29/12 1:32:06 PM 1244 CAPITOLO 56 41. Mega JL, Morrow DA, de Lemos JA, et al: Thrombus precursor protein and clinical outcomes in patients with acute coronary syndromes. J Am Coll Cardiol 51:2422, 2008. 42. Boersma E, Pieper KS, Steyerberg EW, et al: Predictors of outcome in patients with acute coronary syndromes without persistent ST-segment elevation. Results from an international trial of 9461 patients. 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CANNON E EUGENE BRAUNWALD Angina instabile e infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST CAPITOLO 56 Le linee guida aggiornate per la gestione dell’angina instabile e dell’infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI) dell’American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) sono state pubblicate nel 2007.1 Le raccomandazioni contenute in tali linee guida per quanto concerne la valutazione iniziale del paziente con dolore toracico acuto sono riportate nel Capitolo 53, mentre altre raccomandazioni di rilievo per questo argomento sono state pubblicate nelle linee guida relative agli interventi coronarici percutanei (PCI), presentate nel Capitolo 58. Analogamente ad altre linee guida ACC/AHA, anche in questo caso le raccomandazioni sono state classificate secondo il sistema ACC/AHA standard: classe I: condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso unanime riguardo all’utilità e all’efficacia del trattamento classe II: condizioni per le quali le evidenze riguardo l’utilità/efficacia del trattamento sono conflittuali e/o vigono pareri discordanti classe IIa: le evidenze o le opinioni pendono a favore dell’utilità o dell’efficacia classe IIb: l’utilità o l’efficacia non è ben stabilita dall’evidenza/opinione classe III: condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso unanime circa il fatto che il trattamento non è utile o efficace e in alcuni casi può risultare nocivo Le evidenze su cui si fondano le raccomandazioni vengono classificate in tre livelli. Le raccomandazioni di livello A si basano sui dati raccolti da più studi clinici randomizzati; le raccomandazioni di livello B derivano da un unico studio randomizzato o da studi non randomizzati; le raccomandazioni di livello C si basano sul consenso degli esperti. STRATIFICAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO E GESTIONE La valutazione iniziale dei pazienti con UA/NSTEMI implica la stratificazione del rischio, definita dalle linee guida “un prerequisito fondamentale per il processo decisionale”, per la quale vengono implementati due alberi decisionali correlati ma, di fatto, distinti. La prima valutazione è di natura diagnostica e si prefigge di stimare la probabilità che la causa dei sintomi di presentazione sia una coronaropatia ostruttiva, rispondendo alla domanda: “Il paziente manifesta sintomi correlati a ischemia acuta secondaria a coronaropatia?”. A tale scopo, nelle linee guida viene riportata in forma tabellare una selezione di elementi che presagiscono una probabilità elevata, intermedia o bassa che la presentazione del paziente sia dovuta a ischemia TABELLA 56L.1 CARATTERISTICHE (Tab. 56L.1). Per i pazienti con una probabilità bassa e, in taluni casi, intermedia, esiste un algoritmo diagnostico utile a stabilire rapidamente se il paziente ha una sindrome coronarica acuta (Fig. 56L.1). La seconda parte della stratificazione mira a valutare il rischio che un paziente con UA/NSTEMI abbia un infarto miocardico o vada incontro al decesso nelle settimane immediatamente successive. I fattori associati a un rischio maggiore sono elencati nella Tabella 56L.2. Nelle linee guida si precisa che la stratificazione del rischio è utile ai fini (1) della selezione del sito di trattamento (unità coronarica, unità di terapia semi-intensiva monitorizzata o contesto ambulatoriale) e (2) della selezione della terapia, ad esempio con inibitori della glicoproteina (GP) IIb/IIIa e strategia di trattamento invasiva piuttosto che conservativa. CURE OSPEDALIERE Secondo quanto raccomandato dalle linee guida, i pazienti ricoverati per sindromi coronariche acute con perdurare della sintomatologia o dell’instabilità emodinamica, o di entrambi, devono rimanere in degenza per almeno 24 ore in un’unità coronarica caratterizzata da un rapporto infermieri/ pazienti sufficiente a garantire il monitoraggio continuo del ritmo e una rianimazione tempestiva con defibrillazione in caso di necessità. Qualora i sintomi o l’instabilità emodinamica non persistano, il paziente può essere ricoverato in unità di terapia semi-intensiva. Le linee guida del 2007 raccomandano, quale secondo step dopo la stratificazione del rischio, di selezionare una strategia di trattamento (Tab. 56L.3) e, quindi, di procedere con la scelta della terapia antitrombotica, in quanto le opzioni differiscono leggermente in funzione della strategia adottata. Una strategia invasiva precoce implica una coronarografia tempestiva (entro 48 ore circa) seguita da rivascolarizzazione quando l’anatomia lo consente ed è raccomandata nei pazienti con caratteristiche di rischio elevato secondo quanto indicato nelle Tabelle 56L.2 e 56L.3 e nella Figura 56L.2. Per i pazienti a basso rischio, invece, si raccomanda generalmente una strategia conservativa precoce, in cui i pazienti sono stabilizzati mediante terapia farmacologica, riservando l’angiografia ai casi di ischemia o sintomi ricorrenti, insufficienza cardiaca o grave aritmia. Come illustrato nella Figura 56L.3, i pazienti gestiti con una strategia conservativa precoce devono essere sottoposti a una valutazione della funzionalità ventricolare sinistra e a un test da sforzo; un’angiografia deve inoltre essere eseguita in presenza di una frazione di eiezione <40% oppure se il risultato del test da sforzo Probabilità che i segni e i sintomi siano l’espressione di una sindrome coronarica acuta secondaria a coronaropatia PROBABILITÀ ELEVATA PROBABILITÀ INTERMEDIA PROBABILITÀ BASSA Uno o più dei seguenti elementi: Assenza di caratteristiche di probabilità elevata e presenza di uno o più dei seguenti elementi: Assenza di caratteristiche di probabilità elevata o intermedia, ma presenza di: Anamnesi Dolore o fastidio al torace o al braccio sinistro quale sintomo prodromico predominante di un’angina documentata Storia nota di CAD, compreso IM Dolore o fastidio al torace o al braccio sinistro quale sintomo predominante Età >70 anni Sesso maschile Diabete mellito Probabili sintomi di ischemia in assenza di caratteristiche di probabilità intermedia Recente uso di cocaina Esame Soffio da RM transitorio, ipotensione, diaforesi, edema polmonare o rantoli Vasculopatia extracardiaca Fastidio al torace inducibile mediante palpazione ECG Deviazione transitoria del tratto ST (≥1 mm), nuova o presumibilmente tale, oppure inversione dell’onda T in derivazioni precordiali multiple Onde Q fisse Sottoslivellamento del tratto ST da 0,5 a 1 mm o inversione dell’onda T >1 mm Appiattimento dell’onda T o inversione <1 mm nelle derivazioni con onde R dominanti ECG normale Indicatori cardiaci TnI, TnT, o CK-MB cardiache elevate Normali Normali Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non– ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007. CAD = coronaropatia; CK-MB = isoenzima MB della creatinchinasi; ECG = elettrocardiogramma; IM = infarto miocardico; RM = rigurgito mitralico; TnI = troponina I; TnT = troponina T. C0280.indd 1246 6/29/12 1:32:06 PM 1247 C0280.indd 1247 ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST ottenere un controllo della condizione o nei soggetti con congestione polmonare, Sintomi indicativi di SCA grave stato di agitazione o entrambi. La terapia con inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) deve essere avviata quando l’ipertensione arteDiagnosi non Possibile SCA Angina cronica riosa persiste nonostante la terapia anticardiaca SCA conclamata stabile ischemica o nei pazienti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra o diabete. Le linee guida del 2007 hanno introdotTrattamento Si vedano Senza Con to una nuova raccomandazione stando in base le linee guida sopraslivellamento sopraslivellamento alla quale, fatta eccezione per l’acido alla diagnosi dell’ACC/AHA di ST di ST acetilsalicilico, la somministrazione di alternativa per l’angina farmaci antinfiammatori non steroidei, cronica stabile siano essi agenti non selettivi o inibitori Alterazioni del tratto ECG non diagnostico selettivi della ciclossigenasi-2, deve essere Livelli sierici ST e/o dell’onda T interrotta nel momento in cui un paziendei biomarcatori Dolore in atto te presenta un quadro di UA/NSTEMI in cardiaci inizialmente Biomarcatori cardiaci positivi normali considerazione degli aumentati rischi di Anomalie emodinamiche mortalità, reinfarto, ipertensione, scompenso cardiaco e rottura del miocardio Osservazione associati al loro uso. per 12 ore o più ore dall’esordio dei sintomi L’acido acetilsalicilico risulta indicato per entrambe le strategie di trattamento, a una dose iniziale di 160-325 mg/die. Nelle linee guida si precisa inoltre che Valutare Dolore ischemico Assenza per terapia ricorrente o studi di dolore ricorrente; per tutti pazienti deve essere istituita una riperfusiva di follow-up positivi studi di follow-up terapia anticoagulante. L’approccio innegativi vasivo prevede quattro opzioni: eparina Diagnosi di SCA non frazionata (UFH), enoxaparina, biconfermata Si vedano valirudina o fondaparinux. Per quanto rile linee guida guarda la terapia antipiastrinica aggiuntiStudio sotto sforzo per indurre ischemia dell’ACC/AHA va, le linee guida del 2007 raccomandano per l’infarto di somministrare, prima dell’angiografia Considerare un esame della funzionalità miocardico con diagnostica, un agente a scelta tra clopidel VS in presenza di ischemia sopraslivellamento dogrel o un inibitore della GP IIb/IIIa ev. (da eseguire prima della dimissione del tratto ST L’uso di entrambi gli agenti è ammesso e o ambulatorialmente) giustificato dall’impossibilità di eseguire immediatamente un’angiografia, da indicatori di rischio elevato e da dolore ischemico ricorrente precoce. Ricovero ospedaliero Negativo Positivo Per i pazienti gestiti con una strategia Gestione con algoritmo Diagnosi potenziali: Diagnosi di SCA iniziale conservativa (si veda Fig. 56L.3), per ischemia acuta dolore non ischemico; confermata le linee guida ACC/AHA raccomandano, SCA a basso rischio o altamente oltre alla somministrazione di acido aceprobabile tilsalicilico, l’istituzione di una terapia anticoagulante, limitando però la scelta a tre sole opzioni: enoxaparina, fondaOrganizzazione parinux o UFH, con una preferenza per del follow-up ambulatoriale enoxaparina e fondaparinux sc rispetto a UFH quale raccomandazione di classe FIGURA 56L.1 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per la sindrome coronarica acuta (SCA). IIa. Nei pazienti con un rischio aumentato di emorragia, fondaparinux è da preferirsi per il minore rischio di sanguinacolloca il paziente nella categoria a rischio intermedio o elevato. Per i sogmento associato. La somministrazione di clopidogrel deve essere avviata al getti a basso rischio di sesso femminile, le linee guida del 2007 forniscono momento della presentazione nei pazienti gestiti in maniera conservativa. una raccomandazione di classe I per un approccio conservativo precoce. Le linee guida ACC/AHA del 2007 sottolineano l’importanza di vaLa terapia farmacologica anti-ischemica dovrebbe includere la sommilutare nuovamente la terapia farmacologica dopo l’esame angiografico nistrazione di nitrati e, in assenza di controindicazioni, -bloccanti (Tab. (Fig. 56L.4). Qualora si preveda un intervento di bypass aortocoronarico 56L.4). Le linee guida ACC/AHA 2007 ribadiscono tuttavia la necessità di (CABG), la somministrazione di acido acetilsalicilico e UFH dovrà essere avviare un trattamento con -bloccanti orali (anziché iniettabili) entro le proseguita, mentre sarà necessario interrompere il trattamento con clopiprime 24 ore in pazienti che non presentino nessuna delle seguenti condidogrel, inibitori della GP IIb/IIIa e anticoagulanti diversi dall’UFH. Per i zioni: segni di insufficienza cardiaca, evidenza di uno stato di bassa gittata, pazienti gestiti mediante terapia farmacologica, si consiglia di ri-valutare rischio di shock cardiogeno aumentato o altre controindicazioni relative la somministrazione di clopidogrel dimodoché, qualora non sia stata istiai -bloccanti (intervallo PR >0,24 secondi, blocco cardiaco di secondo o tuita prima dell’angiografia (poiché il medico desiderava preventivamente terzo grado, asma attiva o malattia reattiva delle vie respiratorie). Laddove valutare l’anatomia coronarica), tale terapia venga avviata nel momento esista una controindicazione alla terapia con -bloccanti, ai pazienti con in cui l’esame dovesse fornire conferma della coronaropatia. L’utilizzo di ischemia ricorrente è possibile somministrare un calcio-antagonista non clopidogrel nei pazienti gestiti farmacologicamente è in effetti incluso quadiidropiridinico (ad es. verapamil o diltiazem). La morfina solfato deve essere le parametro “di prova” nell’elenco dei parametri delle prestazioni stilato utilizzata nei pazienti in cui la somministrazione di nitrati non consente di dall’ACC/AHA nel 2008 relativamente all’infarto miocardico.2 6/29/12 1:32:08 PM 1248 TABELLA 56L.2 Sistema raccomandato dall’ACC/AHA per la stratificazione del rischio in pazienti con angina instabile CARATTERISTICHE CAPITOLO 56 RISCHIO ELEVATO RISCHIO INTERMEDIO RISCHIO BASSO Almeno una delle seguenti caratteristiche: Assenza di caratteristiche di rischio elevato ma presenza di una qualsiasi delle seguenti: Nessuna caratteristica di rischio elevato o intermedio ma presenza di una qualsiasi delle seguenti: Anamnesi Aumentata frequenza dei sintomi ischemici nelle precedenti 48 ore Pregresso IM, malattia cerebrovascolare o periferica o CABG; pregresso uso di acido acetilsalicilico Caratteristiche del dolore Dolore a riposo di lunga durata (>20 min) Angina a riposo prolungata, attualmente risoltasi, con moderata o alta probabilità di CAD Angina a riposo <20 min o alleviata con il riposo o NTG sublinguale Reperti clinici Edema polmonare, molto probabilmente secondario a ischemia Soffio da RM nuovo o peggiorato S3 o rantoli ingravescenti di nuova insorgenza Ipotensione, bradicardia, tachicardia Età >75 anni Età >70 anni ECG Angina a riposo con transitorie alterazioni del tratto ST >0,05 mV Blocco di branca, di nuova insorgenza o presunto tale Tachicardia ventricolare sostenuta Inversioni dell’onda T >0,2 mV Onde Q patologiche ECG normale o invariato durante un episodio di dolore toracico Indicatori cardiaci Elevati Leggermente elevati Normali Angina di classe CCS III o IV, di nuova insorgenza o progressiva, nelle 2 settimane precedenti senza dolore prolungato a riposo ma con probabilità moderata o alta di CAD Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non– ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007. CABG = bypass aortocoronarico; CAD = coronaropatia; CCS = Canadian Cardiovascular Society; ECG = elettrocardiogramma; IM = infarto miocardico; NTG = nitroglicerina; RM = rigurgito mitralico. TABELLA 56L.3 STRATEGIA PREFERITA Raccomandazioni tratte dalle linee guida dell’ACC/AHA per la selezione della strategia di trattamento iniziale: strategia invasiva vs conservativa CARATTERISTICHE DEL PAZIENTE Invasiva Angina ricorrente o ischemia a riposo o a basso carico di lavoro, nonostante una terapia farmacologica intensiva Indicatori cardiaci elevati (TnT o TnI) Sottoslivellamento del tratto ST di nuova insorgenza o presunto tale Segni o sintomi di HF o rigurgito mitralico ingravescente o di nuova insorgenza Indici di rischio elevato con indagini non invasive Instabilità emodinamica Tachicardia ventricolare sostenuta PCI negli ultimi 6 mesi Pregresso CABG Punteggio di rischio elevato (ad es. TIMI, GRACE) Ridotta funzionalità ventricolare sinistra (LVEF <40%) Conservativa Punteggio di rischio basso (ad es. TIMI, GRACE) Secondo la preferenza del paziente o del medico in assenza di caratteristiche di rischio elevato Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007. CABG = bypass aortocoronarico; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; GRACE = Global Registry of Acute Coronary Events; HF = insufficienza cardiaca; PCI = intervento coronarico percutaneo; TIMI = trombolisi nell’infarto miocardico; TnI = troponina I; TnT = troponina T. C0280.indd 1248 STRATIFICAZIONE TARDIVA DEL RISCHIO E GESTIONE Nella Tabella 56L.5 vengono riportate le raccomandazioni fornite dalle linee guida ACC/AHA per la stratificazione del rischio prima della dimissione. Come illustrato nella Figura 56L.1, nei pazienti a basso rischio è prevista l’esecuzione iniziale di una prova da sforzo (si veda Tab. 56L.2 per la definizione della categoria di rischio), mentre nei pazienti a rischio intermedio gestiti con un approccio conservativo precoce la prova da sforzo può essere eseguita dopo un periodo minimo di 2-3 giorni senza ischemia o insufficienza cardiaca. La prima opzione da valutare nell’ambito dei test non invasivi è l’elettrocardiogramma sotto sforzo. Le tecnologie di diagnostica per immagini e i test di provocazione farmacologica devono essere utilizzati per quei sottogruppi di pazienti per i quali sussiste un’elevata probabilità che l’elettrocardiogramma sotto sforzo fornisca dati inadeguati. I dati ottenuti dai test non invasivi possono essere utilizzati per la ristratificazione dei pazienti in gruppi a rischio elevato, intermedio o basso (Tab. 56L.6). Per i pazienti che necessitano di rivascolarizzazione coronarica, i criteri per la scelta tra CABG e PCI sono simili a quelli utilizzati per i pazienti con angina cronica stabile (Cap. 57). Le linee guida raccomandano il CABG rispetto al PCI nei pazienti con significativa coronaropatia del tronco comune e nei pazienti con patologia multivasale e ridotta frazione di eiezione o diabete (Fig. 56L.5). CABG e PCI sono entrambi considerati indicati per i pazienti con malattia bivasale (Tab. 56L.7).3 Le linee guida per l’UA/ NSTEMI e i criteri di appropriatezza dell’ACC/AHA del 2009 supportano in una certa misura la rivascolarizzazione con CABG o PCI per i pazienti con malattia limitata all’arteria coronaria discendente anteriore sinistra prossimale. DIMISSIONE OSPEDALIERA E ASSISTENZA POSTDIMISSIONE Le linee guida dell’ACC/AHA enfatizzano l’importanza della riduzione aggressiva dei fattori di rischio e dell’educazione dei pazienti sulla gestione degli episodi ischemici (Tab. 56L.8). A tale scopo cinque classi di farmaci risultano indicate: acido acetilsalicilico, clopidogrel, -bloccanti, ACE-inibitori e statine. Le linee guida del 2007 raccomandano la somministrazione di statine al momento della dimissione, indipendentemente dal livello delle lipoproteine a bassa densità. Alcune raccomandazioni per la terapia antitrombotica sono fornite nella Figura 56L.6. Il dosaggio raccomandato dell’acido acetilsalicilico per 6/29/12 1:32:08 PM 1249 ASA (classe I, LDE: A) Clopidogrel se intollerante all’ASA (classe I, LDE: A) Selezione della strategia di gestione Strategia conservativa Strategia invasiva Avviare terapia antitrombotica (classe I, LDE: A) Opzioni accettabili: (classe I, LDE: A) enoxaparina, fondaparinux o UFH; (classe I, LDE: B) bivalirudina Procedere con angiografia Fattori che giustificano l’aggiunta di un’ulteriore terapia upstream con antiaggreganti piastrinici: • Posticipazione dell’angiografia • Caratteristiche di rischio elevato • Dolore ischemico ricorrente precoce Angiografia diagnostica FIGURA 56L.2 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per i pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia iniziale invasiva. ASA = acido acetilsalicilico; LDE = livello di evidenza; UFH = eparina non frazionata. C0280.indd 1249 ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Diagnosi di UA/NSTEMI probabile o conclamata 6/29/12 1:32:09 PM 1250 Diagnosi di UA/NSTEMI probabile o conclamata ASA (classe I, LDE: A) Clopidogrel se intollerante all’ASA (classe I, LDE: A) CAPITOLO 56 Per una strategia invasiva, si veda Fig. 56L.2 Selezione della strategia di gestione Strategia conservativa Avviare terapia anticoagulante (classe I, LDE: A): Opzioni accettabili: (classe I, LDE: A) enoxaparina, fondaparinux o UFH, ma enoxaparina e fondaparinux sono preferibili (classe IIA, LDE: A) Avviare terapia con clopidogrel (classe I, LDE: A) Valutare l’aggiunta di eptifibatide o tirofiban (classe IIb, LDE: B) Successivi eventi che richiedano un’angiografia? Si veda Fig. 56L.2 (Classe IIa, LDE: B) Sì No Valutare FEVS FE ≤0,40 FE >0,40 (Classe I, LDE: C) (Classe IIa, LDE: B) Test da sforzo Non a basso rischio A basso rischio (Classe I, LDE: A) Proseguire con ASA Proseguire con clopidogrel (classe I, LDE A) Interrompere GP IIb/IIIa ev se precedentemente avviata Interrompere antitrombina FIGURA 56L.3 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per i pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia iniziale conservativa. ASA = acido acetilsalicilico; ev = endovenoso; FE = frazione di eiezione; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; GP = glicoproteina; LDE = livello di evidenza; UFH = eparina non frazionata. C0280.indd 1250 6/29/12 1:32:09 PM 1251 TABELLA 56L.4 Raccomandazioni dell’ACC/AHA di classe I e III per la terapia anti-ischemica Classe III 1. I nitrati non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI che presentino una pressione arteriosa sistolica <90 mmHg o ≥30 mmHg al di sotto del basale, grave bradicardia (<50 battiti/min), tachicardia (>100 battiti/min) in assenza di HF sintomatica, o infarto del ventricolo destro (livello di evidenza: C) 2. La nitroglicerina o altri nitrati non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI che abbiano ricevuto un inibitore della fosfodiesterasi per il trattamento della disfunzione erettile nelle 24 ore successive alla somministrazione di sildenafil o nelle 48 ore successive alla somministrazione di tadalafil. La corretta tempistica per la somministrazione di nitrati dopo vardenafil non è ancora stata definita (livello di evidenza: C) 3. I calcio-antagonisti diidropiridinici a rilascio immediato non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI in assenza di un β-bloccante (livello di evidenza: A) 4. Gli ACE-inibitori ev non devono essere somministrati nelle 24 ore immediatamente successive a un episodio di UA/NSTEMI a causa dell’aumentato rischio di ipotensione (possono fare eccezione i pazienti con ipertensione refrattaria) (livello di evidenza: B) 5. La somministrazione di β-bloccanti ev può essere dannosa in pazienti con UA/NSTEMI che presentino controindicazioni per i β-bloccanti, segni di HF o uno stato di bassa gittata ovvero altri fattori di rischio* per lo shock cardiogeno (livello di evidenza: A) 6. I farmaci antinfiammatori non steroidei (fatta eccezione per l’acido acetilsalicilico), siano essi agenti non selettivi o inibitori selettivi della COX-2, non devono essere somministrati nei pazienti ricoverati per UA/NSTEMI a causa dell’aumento del rischio di mortalità, reinfarto, ipertensione, HF o rottura del miocardio associato al loro uso (livello di evidenza: C ) *Fattori di rischio per lo shock cardiogeno (il rischio di sviluppare uno shock cardiogeno aumenta proporzionalmente al numero di fattori di rischio presenti): età >70 anni, pressione arteriosa sistolica <120 mmHg, tachicardia sinusale >110 o frequenza cardiaca <60, aumento della frequenza in seguito all’esordio dei sintomi di UA/NSTEMI. Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non– ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007. ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; ARB = bloccante del recettore dell’angiotensina; COX-2 = ciclossigenasi-2; ev = endovenoso; HF = insufficienza cardiaca; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; IM = infarto miocardico; NTG = nitroglicerina; PCI = intervento coronarico percutaneo; VS = ventricolo sinistro. Angiografia diagnostica Selezionare una strategia di gestione postangiografia CABG PCI Proseguire con ASA Proseguire con ASA Dose di carico di clopidogrel se non somministrato pre-angio (classe I, LDE: A) e GP IIb/IIIa ev se non somministrata pre-angio (classe I, LDE: A) Interrompere clopidogrel 5-7 giorni prima del CABG in elezione Interrompere la GP IIb/IIIa ev 6-12 ore prima del CABG Proseguire con UFH; interrompere l’enoxaparina 12-24 ore prima del Interrompere la terapia anticoagulante CABG; interrompere fondaparinux dopo PCI e nei casi non complicati (classe I, LDE: B) 24 ore prima del CABG; interrompere bivalirudina 3 ore prima del CABG e avviare la somministrazione di UFH secondo il protocollo previsto dalla struttura Terapia farmacologica Assenza di CAD ostruttiva significativa all’angiografia Terapia antipiastrinica e anticoagulante a discrezione del medico CAD all’angiografia Proseguire con ASA ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Classe I 1. Riposo a letto/in poltrona con monitoraggio ECG continuo 2. NTG 0,4 mg per via sublinguale ogni 5 min per un totale di 3 dosi; successivamente, valutare la necessità di NTG ev 3. NTG ev per le prime 48 ore dopo UA/NSTEMI per il trattamento dell’ischemia persistente, dell’HF o dell’ipertensione 4. La scelta di somministrare NTG ev e la dose non devono precludere il trattamento con altri interventi di riduzione della mortalità quali ad esempio i β-bloccanti e gli ACE-inibitori 5. -bloccanti (per via orale) entro 24 ore in assenza di controindicazioni (ad es. HF) indipendentemente dall’esecuzione concomitante di un PCI 6. Quando i -bloccanti risultano controindicati, si somministrerà un calcio-antagonista non diidropiridinico (ad es. verapamil o diltiazem) come terapia iniziale in assenza di grave disfunzione ventricolare sinistra o di altre controindicazioni 7. ACE-inibitore (per via orale) entro le prime 24 ore in caso di congestione polmonare o FEVS ≤0,40 in assenza di ipotensione (pressione arteriosa sistolica <100 mmHg o <30 mmHg al di sotto del basale) o di controindicazioni note per tale classe di farmaci 8. Gli ARB devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI intolleranti agli ACE-inibitori e con segni clinici o radiologici di insufficienza cardiaca o FEVS ≤0,40. Valsartan e candesartan si sono dimostrati efficaci per tale indicazione. Dose di carico di clopidogrel se non somministrato pre-angio (classe I, LDE A) Interrompere GP IIb/IIIa ev per almeno 12 ore se avviata pre angio Proseguire con UFH ev per almeno 48 ore o con enoxaparina o fondaparinux per la durata della degenza: interrompere il trattamento con bivalirudina o proseguire alla dose di 0,25 mg/kg/h per max 72 ore a discrezione del medico FIGURA 56L.4 Linee guida dell’ACC/AHA per la gestione di pazienti con UA/NSTEMI dopo angiografia diagnostica. ASA = acido acetilsalicilico; CABG = bypass aortocoronarico; CAD = coronaropatia; ev = endovenoso; GP = glicoproteina; LDE = livello di evidenza; PCI = intervento coronarico percutaneo; pre angio = prima dell’esame angiografico; UFH = eparina non frazionata. C0280.indd 1251 6/29/12 1:32:09 PM 1252 TABELLA 56L.5 Linee guida dell’ACC/AHA per la stratificazione del rischio prima della dimissione in pazienti con sindromi coronariche acute Classe I CAPITOLO 56 1. Un test da sforzo non invasivo è raccomandato nei pazienti a basso rischio che non presentino sintomi di ischemia a riposo o a basso carico di lavoro né sintomi di HF da almeno 12-24 ore (livello di evidenza: C ) 2. Un test da sforzo non invasivo è raccomandato nei pazienti a rischio intermedio che non presentino sintomi di ischemia a riposo o a basso carico di lavoro né sintomi di HF da almeno 12-24 ore (livello di evidenza: C ) 3. La scelta del test da sforzo è basata sull’ECG a riposo, sulla capacità di eseguire lo sforzo, sul grado di esperienza locale e sulle tecnologie disponibili. Il test su treadmill è adatto ai pazienti in grado di eseguire l’esercizio nei quali l’ECG sia privo di anomalie basali del tratto ST, blocco di branca, ipertrofia del VS, difetti di conduzione intraventricolare, ritmo da pacemaker, pre-eccitazione o effetti da digossina (livello di evidenza: C ) 4. Una tecnica di diagnostica per immagini viene aggiunta nei pazienti con sottoslivellamento del tratto ST a riposo (≥0,1 mV), ipertrofia del VS, blocco di branca, difetto della conduzione intraventricolare, pre-eccitazione o digossina. Nei pazienti sottoposti a test con basso carico di lavoro, la diagnostica per immagini può aumentare la sensibilità (livello di evidenza: B) 5. Un test di provocazione farmacologica associato a diagnostica per immagini è raccomandato quando le limitazioni fisiche (ad es. artrite, amputazione, grave vasculopatia periferica, grave broncopneumopatia cronica ostruttiva o stato di debilitazione generale) impediscono la corretta esecuzione di una prova da sforzo (livello di evidenza: B) 6. Un’angiografia tempestiva senza stratificazione del rischio non invasiva deve essere eseguita qualora non sia possibile stabilizzare il paziente con una terapia farmacologica intensiva (livello di evidenza: B) 7. Un test non invasivo (ecocardiogramma o angiogramma con radionuclidi) è raccomandato per valutare la funzionalità del VS in pazienti con SCA conclamato per i quali non sia prevista una coronarografia e una ventricolografia sinistra (livello di evidenza: B) Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007. ECG = elettrocardiogramma; HF = insufficienza cardiaca; SCA = sindrome coronarica acuta; VS = ventricolo sinistro. TABELLA 56L.6 Stratificazione non invasiva del rischio secondo l’ACC/AHA Rischio elevato (tasso di mortalità annuo >3%) 1. Grave disfunzione del VS a riposo (FEVS <0,35) 2. Indice di rischio elevato al test su treadmill (punteggio ≤− 11) 3. Grave disfunzione del VS sotto sforzo (FEVS sotto sforzo <0,35) 4. Esteso difetto di perfusione indotto da stress (in particolare se anteriore) 5. Difetti multipli di perfusione di entità moderata indotti da stress 6. Esteso difetto fisso di perfusione con dilatazione del VS o aumentata captazione polmonare (tallio 201) 7. Moderato difetto di perfusione indotto da stress con dilatazione del VS o aumentata captazione polmonare (tallio 201) 8. Anomalia della cinetica parietale all’ecocardiografia (con interessamento di >2 segmenti) che insorge a basse dosi di dobutamina (≤10 mg/kg/ min) oppure a una bassa frequenza cardiaca (<120 battiti/min) 9. Evidenza di ischemia estesa all’ecocardiografia sotto sforzo Rischio intermedio (tasso di mortalità annuo dell’1-3%) 1. Lieve/moderata disfunzione del VS a riposo (FEVS 0,35-0,49) 2. Indice di rischio intermedio al test su treadmill (punteggio > − 11 e <5) 3. Moderato difetto di perfusione indotto da stress senza dilatazione del VS o aumentata captazione polmonare (tallio 201) 4. Lieve ischemia all’ecocardiografia sotto sforzo con alterazione della cinetica parietale solo ad alte dosi di dobutamina con il coinvolgimento di uno o due segmenti Rischio basso (tasso di mortalità annuo <1%) 1. Indice di rischio basso al test su treadmill (punteggio ≥5) 2. Risposta normale o piccolo difetto di perfusione miocardica a riposo o sotto sforzo 3. Cinetica parietale normale all’ecocardiografia sotto sforzo o nessuna modifica durante l’esercizio in presenza di lievi anomalie della cinetica parietale a riposo Da Gibbons RJ, Chatterjee K, Daley J, et al: ACC/AHA/ACP-ASIM guidelines for the management of patients with chronic stable angina. J Am Coll Cardiol 33:2092, 1999. FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; VS = ventricolo sinistro. Cateterismo cardiaco Dimissione secondo l’algoritmo No Coronaropatia Sì Malattia del tronco comune CABG Sì No FIGURA 56L.5 Linee guida dell’ACC/AHA relative alla strategia di rivascolarizzazione in pazienti con UA/NSTEMI. CABG = bypass aortocoronarico; LAD = arteria coronaria discendente anteriore sinistra; PCI = intervento coronarico percutaneo. Malattia monoo bivasale Malattia tri- o bivasale con coinvolgimento della LAD prossimale Terapia farmacologica PCI o CABG Disfunzione del ventricolo sinistro o diabete in trattamento Sì CABG No PCI o CABG C0280.indd 1252 6/29/12 1:32:09 PM 1253 TABELLA 56L.7 Valutazione dell’adeguatezza dei diversi metodi di rivascolarizzazione secondo l’ACC/AHA CABG DIABETE Coronaropatia bivasale con stenosi della LAD prossimale A A Coronaropatia trivasale A A PCI FEVS DEPRESSA ASSENZA DI DIABETE E FEVS NORMALE DIABETE FEVS DEPRESSA A A A A A D D D Stenosi isolata del tronco comune A A A I I I Stenosi del tronco comune con coronaropatia aggiuntiva A A A I I I Da Patel MR, Dehmer GJ, Hirshfeld JW, et al: ACCF/SCAI/STS/AATS/AHA/ASNC 2009 Appropriateness Criteria for Coronary Revascularization: A report by the American College of Cardiology Foundation Appropriateness Criteria Task Force, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of Thoracic Surgeons, American Association for Thoracic Surgery, American Heart Association, and the American Society of Nuclear Cardiology Endorsed by the American Society of Echocardiography, the Heart Failure Society of America, and the Society of Cardiovascular Computed Tomography. J Am Coll Cardiol 53:530, 2009. CABG = bypass aortocoronarico; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; LAD = arteria coronaria discendente anteriore sinistra; PCI = intervento coronarico percutaneo. A = appropriato; D = dubbio; I = inappropriato. TABELLA 56L.8 Farmaci utilizzati per la stabilizzazione di pazienti con UA/NSTEMI FARMACI ANTI-ISCHEMICI E ANTITROMBOTICI/ ANTIAGGREGANTI PIASTRINICI AZIONE CLASSE/LIVELLO DI EVIDENZA Acido acetilsalicilico Antiaggregante piastrinico I/A Clopidogrel* o ticlopidina Antiaggregante piastrinico quando l’acido acetilsalicilico risulta controindicato I/A β-bloccanti Anti-ischemica I/B ACE-inibitori FE <0,40 o FE nell’HF >0,40 I/A, IIa/A Nitrati Antianginosa I/C per i sintomi ischemici Calcio-antagonisti (l’uso di antagonisti diidropiridinici ad azione rapida va evitato) Antianginosa I per i sintomi ischemici; quando i β-bloccanti risultano inefficaci (B) o controindicati oppure quando causano effetti collaterali non accettabili (C) Dipiridamolo Antiaggregante piastrinico III/A FARMACI PER LA PREVENZIONE SECONDARIA E ALTRE INDICAZIONI FATTORE DI RISCHIO CLASSE/LIVELLO DI EVIDENZA Inibitori dell’HMG-CoA reduttasi Colesterolo LDL >70 mg/dL Ia Fibrati Colesterolo HDL <40 mg/dL IIa/B Niacina Colesterolo HDL <40 mg/dL IIa/B Niacina o fibrato Trigliceridi 200 mg/dL IIa/B Antidepressivi Trattamento degli stati depressivi IIb/B Antipertensivi Pressione arteriosa >140/90 mmHg o >130/80 mmHg in presenza di epatopatia o diabete I/A Terapia ormonale (avvio)† Stato di postmenopausa III/A Antidiabetici HbA1c >7% I/B Terapia ormonale (prosecuzione) † Stato di postmenopausa III/B Inibitore della COX-2 o FANS Dolore cronico IIa/C, IIb/C o III/C Vitamine C, E, β-carotene; acido folico, B6, B12 Effetto antiossidante; riduzione dei livelli di omocisteina III/A ANGINA INSTABILE E INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST ASSENZA DI DIABETE E FEVS NORMALE *Da preferirsi alla ticlopidina. † Per ridurre il rischio di coronaropatia. Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007. ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; COX-2 = ciclossigenasi-2; FANS = farmaco antinfiammatorio non steroideo; FE = frazione di eiezione; HDL = lipoproteine ad alta densità; HF = insufficienza cardiaca; HMG-CoA = idrossimetilglutaril-coenzima A; LDL = lipoproteine a bassa densità. C0280.indd 1253 6/29/12 1:32:09 PM 1254 Gruppi di pazienti con UA/NSTEMI in dimissione CAPITOLO 56 Terapia farmacologica senza stent Gruppo stent metallico Gruppo stent medicato ASA 75-162 mg/die indefinitamente (classe I LDE: A) e clopidogrel 75 mg/die per almeno 1 mese (classe I LDE: A) e fino a 1 anno (classe I LDE: B) ASA 75-325 mg/die per almeno 1 mese, a seguire 75-162 mg/die indefinitamente (classe I LDE: A) e clopidogrel 75 mg/die per almeno 1 mese e fino a 1 anno (classe I LDE: B) ASA 75-325 mg/die per almeno 3-6 mesi, a seguire 75-162 mg/die indefinitamente (classe I LDE: A) e clopidogrel 75 mg/die per almeno 1 anno (classe I LDE: B) Indicazione all’anticoagulazione? Sì Aggiungere warfarin (INR 2,0-3,0) (classe IIb LDE: B) No Proseguire con duplice terapia antipiastrinica come sopra FIGURA 56L.6 Linee guida dell’ACC/AHA per la selezione di una terapia antitrombotica a lungo termine alla dimissione dopo UA/NSTEMI. ASA = acido acetilsalicilico; INR = International Normalized Ratio; LDE = livello di evidenza. i pazienti trattati con terapia farmacologica è di 81-162 mg; in seguito a PCI, si raccomanda una dose leggermente più alta (162-325 mg) per un periodo di 1, 3 o 6 mesi, a seconda del tipo di stent, da ridursi successivamente. Se indicato, si aggiungerà warfarin adottando una titolazione basata su un INR di 2,0-2,5; è inoltre raccomandata la somministrazione di acido acetilsalicilico 81 mg/die. BIBLIOGRAFIA 1. Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 guidelines for the management of patients with unstable angina/non–ST-elevation myocardial infarction: A report of the American College of Cardiology/ American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular C0280.indd 1254 and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007. 2. Masoudi FA, Bonow RO, Brindis RG, et al: ACC/AHA 2008 statement on Performance Measurement and Reperfusion Therapy: A report of the ACC/ AHA Task Force on Performance Measures (Work Group to address the challenges of Performance Measurement and Reperfusion Therapy). J Am Coll Cardiol 52:2100, 2008. 3. Patel MR, Dehmer GJ, Hirshfeld JW, et al: ACCF/SCAI/STS/AATS/AHA/ ASNC 2009 Appropriateness Criteria for Coronary Revascularization: A report by the American College of Cardiology Foundation Appropriateness Criteria Task Force, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of Thoracic Surgeons, American Association for Thoracic Surgery, American Heart Association, and the American Society of Nuclear Cardiology Endorsed by the American Society of Echocardiography, the Heart Failure Society of America, and the Society of Cardiovascular Computed Tomography. J Am Coll Cardiol 53:530, 2009. 6/29/12 1:32:10 PM