L`olivo - Cantook.net

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Estratto della pubblicazione
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
Azienda certificata dal 2003 con sistema qualità ISO 14001: 2004
Consulenza agronomica del dott. Tullio Esposito
Si ringraziano per il contributo offerto alla ricerca di ricette
nuove e tradizionali: Firminia e Giuseppina Gargiulo
del Ristorante Antico Franceschiello di Massalubrense (NA),
Amalia d’Anna, Alessandra Santagiustina, Stefano Ionescu.
Finito di stampare nel mese di novembre 2007
dalle «Arti Grafiche Italo Cernia» - Via Capri, 67 - Casoria – Napoli
per conto della «ESSELIBRI S.p.A.» - Via F. Russo, 33/d - 80123 - Napoli
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
Estratto della pubblicazione
PREMESSA
Se un tempo l’olio costituiva un unico tipo di prodotto, che al
massimo si poteva differenziare in olio d’oliva e olio extravergine
di oliva, oggi sono sempre più numerose le aziende produttrici che
propongono oli aromatizzati. Le essenze variano, secondo la latitudine e le tradizioni gastronomiche delle zone di produzione, e vanno dalle profumazioni al tartufo del Piemonte e dell’Umbria, a quelle
al peperoncino o agli agrumi, prevalenti nelle regioni del sud Italia.
Le confezioni di oli aromatizzati, da quelli piuttosto diffusi al
peperoncino o al rosmarino ai raffinati oli al cedro o al pompelmo
della tenuta di Villa Angelina, nella penisola sorrentina, sono accolte sempre con entusiasmo dai consumatori, attratti dai profumi e
dai colori e soprattutto sono considerati un’idea regalo di sicuro
successo. Il dubbio assale al momento di usarli. Oltre ad essere
consumati sulla consueta bruschetta, come possono essere utilizzate in cucina queste fantasiose interpretazioni del più amato dei condimenti? Quali alimenti abbinare un olio al mandarino o alla menta? E quale tra i tanti aromi può dare un sapore diverso alla solita
insalata?
Questo libro, che vuol essere un omaggio all’olivo e all’olio come
simboli della cultura mediterranea, fornisce circa cento ricette facili da realizzare. Alcune appartengono alla cucina regionale italiana, altre a quella etnica dei paesi che si affacciano sul mediterraneo (cucina greca, libanese, marocchina ecc.), altre ancora ispirate
alla novelle cousine o inventate appositamente per esaltare i sapori degli oli aromatizzati.
Estratto della pubblicazione
Estratto della pubblicazione
L’olivo: l’albero simbolo del mediterrano
L’olivo (Olea europaea) è un albero sempreverde, alto in
media dai cinque agli otto metri, anche se alcuni esemplari
raggiungono i quindici metri di altezza e i sei metri di circonferenza del tronco.
I fiori, di color bianco, odorosi, formano infiorescenze a
grappolo che fanno la loro apparizione verso la tarda primavera (mignolatura).
I frutti, drupe di forma ovale, dapprima si presentano verdi, poi di color rosso-violaceo e infine neri.
La maturazione avviene tra ottobre e dicembre e le olive si
utilizzano, a seconda della varietà, per la spremitura nella
produzione dell’olio, oppure per il consumo da tavola.
L’Olea Europaea è tra le specie arboree più antiche coltivate
nel bacino del mediterraneo, un’area che ancora oggi copre il
95% circa della produzione mondiale di olive. L’olivo appartiene
alla famiglia delle Oleaceae, che comprende circa 30 generi e
600 specie distribuite in varie regioni a clima caldo e freddo.
L’Italia è il secondo produttore europeo di olio, preceduta
dalla Spagna, con un’olivicoltura distribuita
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Estratto della pubblicazione
su circa due milioni di ettari. L’olivo è considerato
l’albero-tipo del clima mediterraneo al punto che i
limiti settentrionali e occidentali della coltura
sono stati scelti dai fitografi per definire la “regione mediterranea”. Le origini di quest’albero sono
remote. Tracce fossili delVincent van Gogh Uliveto
l’olivo spontaneo, nella
zona mediterranea, portano la data di milioni di anni fa, prima cioè della comparsa dell’uomo. Sull’area di provenienza
dell’olivo sono state elaborate diverse ipotesi. La più probabile
patria d’origine sarebbe l’Asia Minore da dove si è diffuso nel
corso dei millenni, trovando nelle zone costiere del bacino del
mediterraneo il suo habitat ideale. Alcuni sostengono che l’olivo abbia avuto origine nell’area geografica compresa tra l’Acrocoro armeno, il Turkestan e il Pamir; altri, sulla base dei numerosi ritrovamenti di fossili di
ulivo selvatico in diverse aree del mediterraneo, ipotizzano che la pianta fosse indigena
di questo territorio anche prima dell’introduzione dell’ulivo da olio; altri ancora, infine,
ritengono che entrambe le varietà, quella selvatica e quella domestica, provengano dalle
terre attraversate dal corso superiore del Nilo.
Fiori di olivo
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Estratto della pubblicazione
L’olivo nel mondo antico
Il bosco sacro di Atena
I primi a comprendere quanto fosse preziosa la pianta dell’olivo furono gli Ateniesi, o più precisamente la dea Atena,
che regalò l’albero alla città vincendo una
gara con Poseidone, il dio del mare.
Le due divinità, infatti, si contendevano il predominio sull’Attica; per decidere
a chi spettasse il possesso sulla regione fu
chiesto l’intervento di Zeus. Il re degli dei
stabilì che avrebbe vinto chi avesse fatto
agli uomini il dono più utile. Atena offrì
Atena in una pittura
vascolare
l’olivo, Poseidone il cavallo. Vinse l’olivo
benché il cavallo fosse importante per il lavoro, il trasporto e
la guerra. E ciò confermò l’importanza che i Greci attribuivano a questa pianta, considerata sacra e dedicata ad Atena. Il
bosco sacro di Pallade era, infatti, un uliveto.
Di un’altra disputa, questa volta tra due piante, alloro e
ulivo, ci parla Callimaco. Alloro e olivo si contendevano il
primato di importanza, il primo per le sue fronde, utilizzate
per incoronare poeti ed eroi, il secondo, per i suoi frutti, preziosi per l’alimentazione umana; tra Atena e Apollo, creatore
dell’alloro, la vittoria andò anche questa volta all’olivo.
Nel mondo antico l’olivo, e il prezioso liquido estratto dalle
sue drupe, aveva grande importanza economica, ma anche
religiosa, oltre a una rilevanza simbolica. Era, infatti, il simbolo della pace e della prosperità. Ancora oggi portare a qualcuno un ramoscello d’olivo — come avviene per esempio in
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Estratto della pubblicazione
occasione della domenica delle Palme — significa scambiarsi
un segno di pace così come la presenza dell’albero di olivo in
un giardino costituisce augurio di prosperità per la casa.
L’albero simbolo della Grecia popola anche i paesaggi e le vicende
dell’Odissea omerica. La rivelazione che il letto di Ulisse, nella
reggia di Itaca, è ricavato da un
tronco di olivo diventa la prova per
il riconoscimento definitivo da
parte di Penelope del marito dal
Nave di Ulisse
ritorno dalla guerra di Troia. Il giaciglio di Ulisse e di Penelope era infatti un albero d’olivo privato della chioma e scavato al suo interno, attorno al quale
l’eroe aveva costruito la sua casa.
Di legno di olivo è, inoltre, la clava brandita da Polifemo, dalla
quale Ulisse trae una scheggia per accecare il Ciclope.
L’olivo prospera anche nell’orto del palazzo del re dei Feaci,
Alcinoo, a Corfù:
“Fuori, poi, dal cortile, era un grande orto, presso le porte, di quattro iugeri; corre tutt’intorno una siepe. Alti alberi là dentro, in pieno rigoglio, peri e granati e meli dai
frutti lucenti, e fichi dolci e floridi olivi ...
Là anche una vigna feconda era piantata ... Più in là,
lungo l’estremo filare, aiole ordinate d’ogni ortaggio verdeggiano, tutto l’anno ridenti e due fonti vi sono: una per
tutto il giardino si spande, l’altra all’opposto corre fin sotto il cortile”. (Odissea, libro VII).
Tale descrizione è particolarmente interessante in quanto ci
svela le originarie caratteristiche del giardino mediterraneo,
il quale, al riparo di un muro o di una siepe, raccoglie alberi
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da frutta, ulivi, viti e colture di ortaggi, e dove non mancano
mai le fontane, condizione essenziale alla vegetazione per sopravvivere all’aridità del clima mediterraneo. Questo modello
si ritrova, pressoché immutato, nei giardini romani di Capua,
in quelli moreschi di Granada, nella Sicilia di Federico II, e
nella Provenza medioevale.
Il testo omerico documenta come otto
secoli prima di Cristo il giardino mediterraneo fosse già definito nelle sue essenziali caratteristiche architettoniche e
agronomiche.
Nel mondo classico e in quello islamico la composizione del giardino ha una
valenza simbolica che si richiama al paradiso. Alcune piante rappresentano personificazioni divine e poteri magici (palma, sicomoro, loto), altre, come l’ulivo,
l’alloro, la vite, la quercia, impersonano
Giardini a Ischia
virtù, aspirazioni e sentimenti umani.
L’acqua (fonte, pozzo o zampillo) evoca il fluire e rinnovarsi
della presenza della vita in senso materiale e spirituale. Pietre e
rocce sono simboli della forza creatrice della natura.
Con la caduta dell’Impero romano, l’importanza dello spazio coltivato si ridimensiona e l’ideale del giardino sopravvive
solo nel chiuso dei chiostri o degli orti delle abbazie (“hortus
conclusus”). Più che luogo di contemplazione meditativa, il
giardino dei monaci, che raccoglie in prevalenza piante officinali, costituisce un laboratorio medicinale, ultimo baluardo di
un sapere agricolo quasi dimenticato. Sono i monasteri, infatti, a continuare la coltura dell’olivo nel clima di devastazione
che segue le invasioni barbariche.
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Un albero dalla straordinaria longevità
La sua origine divina, la sua caratteristica di pianta sempreverde, il suo
legame con Zeus e Atena sottolineano il valore simbolico dell’olivo. È un
albero da frutto che non perde mai le
foglie e che le conserva verdi in ogni
stagione.
“Senza posa, l’olivo sostituisce
con foglie nuove le foglie cadute;
come la città resta eternamente
vivo”
Olivo secolare
scrive lo storico Plutarco nel I secolo d.C. rimarcando la valenza politica connessa alla pianta.
Per tutta l’antichità, all’albero è attribuita una straordinaria longevità: duecento anni secondo alcuni, più di mille secondo altri.
La tecnica di riproduzione che consisteva nell’innesto di giovani ramoscelli su un vecchio tronco, ci conferma tale immortalità, rivelando un aspetto sorprendente dell’olivo: il tronco
su cui viene praticato l’innesto può morire, ma il ceppo innestato resta sempre vivo in quanto la pianta può continuare a
rinnovarsi incessantemente dal suo ceppo. Si sono visti germogliare virgulti di olivo da alberi sradicati da oltre 50 anni. La
storia miracolosa dell’olivo dell’Acropoli ateniese, la comparsa cioè sul ceppo dell’albero distrutto dal fuoco dei Persiani di
un virgulto all’indomani stesso dell’incendio, diventa la metafora dell’eternità di questa pianta.
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Estratto della pubblicazione
Sembra che in Nord Africa, per tradizione, le donne offrissero libagioni d’olio su altari di pietra grezza e gli uomini oliassero il vomere dell’aratro prima di affondarlo nella terra.
Simbolo della forza fertilizzante, di colore solare, l’offerta
dell’olio richiama la fecondità della terra sui solchi aperti. Il
vomere oliato che penetra il suolo propizia il rito di fecondazione che rappresenta l’unione dei sessi.
Nelle pratiche di magia, gli amuleti e le statuette fabbricate
con legno di olivo con il proposito di attirare l’anima gemella,
vengono unte con l’olio di oliva, impiegato in questo caso come
messaggero tra il mondo materiale e quello dell’invisibile.
L’olivo e la polis
L’olivo sacro ateniese, posto sotto la protezione di Zeus e di
Atena, era l’albero immortale al quale erano legati sia il destino di Atene che la vita dei suoi abitanti.
Il legame tra la comunità urbana e l’olivo si affermava nella tradizionale protezione giuridica dell’albero. Infatti, ad Atene i dodici polloni dell’olivo sacro del giardino di Academo
erano posti sotto il diretto controllo dell’Areopago ed era proprio tale tribunale ad occuparsi della raccolta dei frutti e della
produzione di olio, una raccolta rituale regolata da rigide
prescrizioni, il cui prodotto era
riservato esclusivamente ai
vincitori dei Giochi delle Panatenee.
Alcune pitture vascolari
mostrano la dea Atena che sovrintende personalmente alla
Il Partenone
raccolta delle olive.
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Estratto della pubblicazione
Ciascun neonato di sesso maschile riceveva, al momento
della nascita, un ramoscello d’olivo che veniva appeso sulla
porta della casa.
Il vincitore della prova di atletica riceveva, insieme all’olio
di Atena, una corona di olivo; i vecchi ateniesi partecipavano
alle Panatenee portando rami d’olivo.
Nelle tre età della vita, dunque, il cittadino ateniese conservava un legame costante con l’albero definito esplicitamente
“albero della città”, in quanto rappresentativo dell’insieme di
tutti i cittadini.
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Per Sofocle ne L’Edipo a Colono è
“albero invitto che da sé rinasce.
Cresce in gran copia la glauca
foglia dell’olivo nutritore dei nostri figli”.
Ad Atene la legge proibiva assolutamente di tagliare olivi,
se non per il servizio di un santuario o della collettività e in
ogni caso fino ad un massimo di due l’anno. La multa era di
200 dracme per ogni olivo estirpato, come testimonia Demostene nell’orazione Contro Macartato. Gli olivi sacri, comunque, non potevano essere né tagliati né sradicati in nessun
caso.Chi commetteva tale reato si macchiava di sacrilegio e
veniva giudicato dall’Aeropago, il supremo tribunale di Atene, che nei tempi più antichi aveva competenze per tutti i delitti di ordine religioso.
Nella Costituzione degli Ateniesi di Aristotele si legge:
“Se qualcuno avrà sradicato o avrà abbattuto un olivo,
sia di proprietà dello Stato sia di proprietà privata, sarà
giudicato dal Tribunale, e se sarà riconosciuto colpevole
verrà punito con la pena di morte.” (Costituzione A LX,2)
In seguito, intorno al V sec a.C., come testimoniato dall’orazione Per l’olivo sacro di Lisia, ogni anno vi erano delle ispezioni:
“Prenderò dunque come testimoni di questi fatti proprio
voi, che ve ne date cura ogni mese e mandate ispettori
ogni anno” (25)
Dall’orazione di Lisia si evince che chiunque avesse abbattuto uno degli olivi sacri, diretti discendenti di quello che Atena aveva donato alla città, sarebbe stato condannato all’esilio
con la confisca dei beni.
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Estratto della pubblicazione
Ma l’estrema attenzione nel tutelare le piante di olivo era
dovuta non solo al significato politico-religioso della pianta,
ma anche per gli svariati usi che ne facevano i Greci.
Oltre che per l’alimentazione e per celebrare i riti sacri,
l’olio serviva per la cura del corpo, come farmaco o combustibile.
Esisteva anche una sorta di controllo qualitativo, simile al
moderno “DOP”. L’olio di Atene veniva commercializzato in
un’anfora detta sos che garantiva agli acquirenti la qualità e
la quantità del prodotto.
Prima omnium arborum
A partire dall’VIII secolo a.C., con la colonizzazione greca
dell’Italia meridionale, la coltura dell’olivo venne introdotta
nella Magna Grecia.
In Campania la coltivazione dell’olivo era fiorente già nel periodo della colonizzazione greca. La Penisola Sorrentina, in particolare, era consacrata alla dea Atena, la quale, secondo i Greci
aveva donato agli uomini l’olivo e quindi l’olio:
”… oleaeque Minerva inventrix…”
così la definisce Virgilio.
Lungo il percorso verso il santuario della dea, che sorgeva
sulla punta estrema del promontorio del Capo di Massa, i pellegrini acquistavano l’olio, che si produceva in abbondanza,
per farne offerta alla divinità. Da allora il culto dell’olivo non
ha più abbandonato questi luoghi dando fortuna e lunga vita
a chi ne sapesse conservare le piante.
I Romani conobbero l’olivo a partire dal VI secolo a.C., durante il regno di Tarquinio Prisco, e ne estesero la coltivazione
a tutti i territori conquistati (Umbria, Toscana ecc).
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Estratto della pubblicazione
In età romana la tecnologia olearia fu perfezionata, come
testimoniano le numerose opere latine di agronomia scritte a
partire dal II secolo a.C. La più antica è il Liber de agricoltura di Marco Porcio Catone in cui si legge:
“…olea ubi lecta siet, oleat fiat in continuo, ne corrumpatur
cogitato quot annis tempesta magnas venire et oleam
deicere solere:si cito sustuleris et vasa parata erunt, damni
nihil erit ex tempestate et olea viridis et melius fiat. Si in
terra et tabulato olea nimium diu erit, putescet, oleum
fetidum fiet.”
(libro III,2-4)
“Per evitare che riscaldi, bisogna subito estrarre l’olio dalle
olive, appena raccolte. Pensa alle intemperie grandi che
ogni anno avvengono e sogliono far cadere le olive. Se fai
presto la raccolta, e i recipienti sono pronti, nessun danno viene da esse, mentre l’olio sarà più verde e migliore.
Se rimangono troppo a terra o su un tavolato, le olive
cominciano a putrefare e l’olio avrà cattivo odore”.
Altra importante testimonianza
nel 60 a.C. ci è data dal De Re
Rustica di Columella dove l’olivo è definito “prima omnium arborum”, il primo fra tutti gli alberi.
L’olio è presente nella vita quotidiana dei Romani non solo come ingrediente di prelibate ricette. Virgilio nelle Georgiche scrive delle varie tipologie di olive: “…orchades radii et amara pausia baca…”
(“…le ovali, le lunghe, la pausia dalla bacca amarognola…” ),
Orazio in una satira elogia l’ottimo olio d’oliva di Venafrum
e Catone, Columella e Gaio Plinio il Giovane ci danno testimonianza delle diverse qualità della pianta.
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Estratto della pubblicazione
In epoca imperiale altamente elogiato è l’olio umbro inviato per via fluviale a Roma dal cosiddetto “porto
dell’olio” sito nella città di Otricoli,
nell’Umbria meridionale.
Il prezioso liquido veniva utilizzato anche per l’illuminazione domestica; infatti a Roma, ancor più che
Lucerne a olio romane
fiaccole o candele, si utilizzavano
le lampade a olio, le cosiddette lucernae, rinvenute in diversi
scavi archeologici: recipienti oblunghi terminanti da una parte con uno o più beccucci e dall’altra con un manico. Le lucerne potevano essere a mano o pensili e venivano utilizzate nelle
varie stanze della casa romana.
La produzione dell’olio a Roma
I Romani perfezionarono le tecniche per la spremitura e la
conservazione dell’olio.
Il metodo per l’estrazione dell’olio non differiva molto da quello
usato fino al secolo scorso. La frangitura delle olive avveniva o
per mezzo del trapetum o con la mola olearia che era formata
da una parte fissa, il bacino o sottomola sulla quale girava,
imperniata su di un palo orizzontale che si inseriva su di uno
verticale alloggiato nel bacino e azionata da animali. La pasta
ricavata dalla frangitura veniva posta all’ interno dei fiscoli
che erano dei cesti intrecciati con giunchi od altre fibre vegetali
e premuta con il torchio (torcular). I torchi erano a leva e potevano essere di due tipi: a verricello o a vite. Quello a vite era
usato molto per la torchiatura delle vinacce. Il torchio ad ancoraggio fisso era costituito da due pali verticali (arbores) infissi
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in due incassi di norma scavati in
un blocco di pietra. Tra i due pali
veniva inserito l’albero del torchio
(prelum), collegato poi alla vite che
insieme ad altri congegni provocava l’abbassamento dell’orbis in legno, che premeva a sua volta sui fiscoli. L’ara costituiva la superficie
di premitura e poteva essere in pieMacina
tra locale o in mattoncini disposti a
spina di pesce (opus spicatum). Sul suo bordo vi era di solito un
solo canale che serviva a convogliare per mezzo di un becco
l’olio misto all’acqua di vegetazione in vari contenitori, dove
poi si separavano i due liquidi per successive decantazioni.
L’olio veniva poi conservato nella cella olearia
dove era suddiviso per qualità. Divenuti “intenditori” di questo prodotto, i Romani classificavano i
diversi tipi di olio secondo il momento della raccolta:
Oleum ex albis ulivis, l’olio ricavato dalla spremitura delle olive verdi;
Olive viride, quello proveniente dalle olive raccolte a uno stadio più avanzato di maturazione;
Oleum maturum, quello proveniente dalla spremitura di olive mature;
Oleum caducum, proveniente da olive cadute a
terra;
Oleum cibarium, ricavato da olive quasi passite e destinato all’alimentazione degli schiavi.
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Anfora
olearia
L’olivocoltura era uno dei settori più sviluppati dell’economia agricola romana. Esisteva una categoria di mercanti, i
negotiatores oleari, riuniti in collegi, che si occupavano del
commercio dell’olio. Le contrattazioni delle partite avvenivano nell’arca olearia, una specie di borsa specializzata.
La ripresa del commercio oleario
Il mercato oleario ebbe un momento di grande splendore
fino al secondo secolo dell’impero, quando subì un calo a causa delle invasioni barbariche.
Soltanto nel tardo Medioevo il commercio dell’olio riprese
in tutta la penisola italica e soprattutto in Toscana, dove i
Medici, per promuovere la coltivazione di oliveti e vigneti concessero ai Comuni alcuni terreni collinari al fine di affittarli a
prezzi minimi. In quest’epoca l’olio veniva commercializzato
per mare da Genova e Venezia. I Genovesi incoraggiarono la
coltura di olive in patria, in Provenza e in Spagna mentre i
Veneziani impiantarono oliveti in Puglia, in Dalmazia e in
tutte le isole del Mediterraneo.
Nel Medioevo l’agricoltura era diversa, impegnata più per il
sostentamento quotidiano che per il commercio; si tentava di
recuperare i terreni migliori per produrre cereali di base, e si
preferiva usare come condimento i grassi animali che si conservano più a lungo a posto dell’olio; l’olio d’oliva divenne
assai raro e prezioso, e fu utilizzato addirittura come moneta
per gli scambi.
A partire dal V secolo, furono gli ordini religiosi a possedere la maggior parte degli olivi ancora coltivati e l’olio si trovava solo alla mensa dei ricchi e degli ecclesiastici; la sua destinazione principale durante il Medioevo non era più quindi
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Estratto della pubblicazione
quella alimentare, ma
quella liturgica.
Fu con la ripresa dell’anno Mille che l’olivo
tornò ad essere, grazie
soprattutto agli ordini
religiosi, una coltura
diffusa e importante, e
gli uliveti tornarono a
popolare le colline della
nostra penisola, grazie
Chiostro della Certosa di Padula
anche alla borghesia
commerciale che scoprì nel commercio dell’olio una notevole
fonte di guadagno.
Una testimonianza della ripresa della produzione olearia
nella Firenze dei Medici è un canto carnascialesco del XV secolo, cioè una di quelle canzoni a doppio senso tipiche del
Carnevale: questi versi venivano cantati durante le feste, nelle
giostre, nelle sfilate di calendimaggio e intonati dalle varie
categorie di lavoratori che sfilavano sui carri allegorici. Ne
rimangono numerosi esempi, tra cui La canzone degli uccellatori alle starne, Il canto dei naviganti, Il canto di donne maestre di far cacio, e appunto Il canto dei facitori d’olio che così
recita:
Donne, noi siam dell’olio i facitori
né mai versianne una gocciola fori.
Ciascun di noi ha la sua masserizia
in punto bene e con assai letizia;
compiam nost’opra e dell’olio a dovizia
sappiamo di nostre ulive cavar fori.
Se mai avessi donne a macinare
olive in quantità per olio fare,
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Estratto della pubblicazione
Indice
Filetti di trota salmonata al cognac ...........
Purè libanese ..........................................
Uova con salsa di sgombri e sedano .........
Cima alla genovese ..................................
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Olio Extravergine d’Oliva al Limone ...
Cozze gratinate .......................................
Tagliolini al limone .................................
Foglie di cavolo ripiene ............................
Polpette in foglie di limone ......................
Pollo al limone ........................................
Radicchio alla piastra ..............................
Marinata di alici al lime ...........................
Pizza con provola e limone ......................
Salsa di melanzane ..................................
Insalata russa ..........................................
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76
76
77
77
78
79
79
80
81
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Olio Extravergine d’Oliva al Mandarino
Limoni ripieni al mandarino ....................
Involtini di salmone e radicchio ...............
Tagliatelle al sapore di agrumi ..................
Paccheri con scampi e radicchio ...............
Insalata di formaggio e olive ....................
Arista di maiale al mandarino ..................
Tagliata di polpo .....................................
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84
85
86
86
87
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Olio Extravergine d’Oliva alla Menta ...
Trofie zucchine e menta ...........................
Risotto menta e mandorle .......................
Farro con fiori di zucchine .......................
Alici e melanzane alla Federico II .............
Agnello alla menta ..................................
Zucchini alla scapece ...............................
Pollo tandoori (ricetta indiana) ................
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90
90
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92
92
93
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Olio Extravergine d’Oliva al Peperoncino 95
Spaghetti aglio, olio e peperoncino ........... 96
Paccheri con cozze e patate ...................... 96
Fusilli con melanzane e cucunzi ...............
Totani e patate ........................................
Friarielli ..................................................
Farro con cotiche ....................................
Barchette di melanzane ............................
Ripieni alla genovese ...............................
Pizza alla diavola ....................................
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98
99
100
100
101
102
Olio Extravergine d’Oliva al Pompelmo
Riso con ananas e polpa di granchio ........
Risotto con salmone e gamberi ................
Risotto di radicchio e pompelmo .............
Insalata di spinaci e arance ......................
Salmone marinato con insalata di pompelmo
Insalata di tonno al pompelmo ................
Insalata primaverile di cruditè ..................
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105
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106
107
108
108
Olio Extravergine d’Oliva al Prezzemolo 109
Risotto con zucca e gamberi .................... 110
Zuppa di pesce con frutti di mare ............. 111
Pesce spada al caviale di melanzane ......... 112
Carpaccio di baccalà ............................... 113
Tagliata di tonno al miele ........................ 113
Insalata di funghi crudi ............................ 114
Nasello alla francese ................................ 114
Saltimbocca di Sorrento ........................... 115
Cappon magro alla genovese ................... 116
Torta pasqualina ..................................... 117
Olio Extravergine d’Oliva Rosmarino .
Risotto al limone e rosmarino ..................
Patate gratinate al rosmarino ...................
Gnocchi con il pecorino ..........................
Agnello al rosmarino ...............................
Barbecue aromatico .................................
Tonno al rosmarino e rucola ....................
Fesa di tacchino in crosta .........................
Spigola al cartoccio .................................
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