AMA SOLO CHI CONOSCE, CONOSCE SOLO CHI AMA. -Agostino d’Ippona- 1 INDICE Introduzione 3 1.0 Il dettaglio 4 1.1 In cosa consista l’appagamento dell’animo 4 2.0 In cosa consista l’idea di felicità 5 2.1 Horror amoris 5 3.0 Circa la componente di responsabilità nella decisione 6 3.1 Nos fecisti ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te 6 3.2 Simposio sull’amore 6 4.0 Mania 7 Conclusione 9 Bibliografia 10 2 INTRODUZIONE Alla luce del concorso Romanae Disputationes, che vede posto al centro il macro tema della ragione umana con tutto ciò che concerne la sua natura e le sue possibilità, abbiamo scelto di trattare, proprio a ragione dell’interesse che la lezione accademica introduttiva tenuta dal professore Esposito e che le tematiche trattate hanno acceso in noi, un aspetto particolarmente vivo del più generico concetto di ragione umana, ossia che cosa spinga l’uomo ad aprirsi alla conoscenza, ciò che lo attragga. Ed è proprio sul concetto di attrazione che abbiamo deciso di puntare i riflettori, dando grande importanza alla suddetta dinamica attrattiva in sé, che ci vede spinti verso i cardini dei nostri interessi e insieme a ciò che può rendere la ragione unica in se stessa, propria del genere umano e incomparabile. Non è infatti la possibilità di apprendere che la rende non generica ma speciale,altresì quell’aspetto peculiare della conoscenza che la muove e la scuote: la dimensione affettiva. E dunque chi, se non noi, studentesse e prima ancora ragazze adolescenti, poteva scegliere di approfondire questo tema, il tema dell’amore? Oggi, qui, trattiamo di filosofia in modo del tutto nuovo, non appartiene alla nostra scelta stilistica il trovare compiacimento e insieme quasi incomprensione in logiche sofistiche, anzi, con estrema chiarezza e semplicità, trarremo spunto dal concorso per dare una nuova rilettura alle nostre giovani vite, tutte rivolte a ciò da cui più sono interessate. Si tratta per noi di una vera e propria sfida, non tra studenti, né con i nostri libri di filosofia tanto amati e odiati, solo e soltanto con noi stesse, una sfida dunque tutta personale volta alla possibilità di indagare su amore, con l’obiettivo di comprenderne le dinamiche come amarsi e sentirsi amate, come identificare il proprio oggetto del desiderio e sentirsi tali per qualche d’un altro. Lanciamo questa sfida anche al possibile lettore: che sappia tra queste righe riscoprirsi interamente. “Sapere aude!”significa per noi avere il coraggio di vivere e di essere se stessi. Conoscere è atto così interiore proprio e soggettivo che lo vediamo come dimensione del tutto peculiare di ognuno di noi, tale è la ragione per la quale, vogliamo cogliere discorrendo di amore e felicità del sapere, quei tratti che rendono codesto atto sì unico e sì importante. Vediamo nell’amare e nell’esprimere affetto quelle espansioni all’animo dell’uomo che lo distinguono dalle altre essenze proprio in quanto tale, che ne caratterizzano in modo incisivo il crescere, il filosofare, il conoscere, il sentire, il vivere. Scegliamo di appoggiarci sulle spalle del nostro caro Agostino, amico non scelto, tuttavia grandemente apprezzato; è proprio alla sua figura che in gran parte ci rifaremo, come la più universale e moderna, la più vicina a noi, la più “sempre eterna e sempre viva”; rendiamo omaggio così a quella filosofia tardo antica che ha saputo prestarsi ai tempi più lontani: i nostri e i futuri, con la speranza umile che essa possa essere, in questa nostra stesura, apprezzata di per sé e nel suo confronto con il contemporaneo. 3 1.0 Il dettaglio “Perché le membra della pulce sono disposte in modo mirabile e ordinato, e intanto la vita umana è sconvolta e fluttuante, nella sua inconsistenza travagliata da innumerevoli turbamenti.”1 Cosa, quindi, muove il nostro animo e ci fa sentire il cambiamento? Cosa ci permette di dare uno scopo ad ogni nostra azione se non l’amore? Come la pulce esalta ogni sua parte “in modo mirabile e ordinato”, mettendo in evidenza tutte le sue qualità migliori, così anche l’uomo. Non è forse vero che indossiamo particolari vestiti, trucchiamo i nostri occhi in modo appariscente e portiamo i nostri capelli seguendo l’ultima moda? Quando sorge, spontaneo in noi, il desiderio di essere diversi e insostituibili? Durante l’adolescenza. Tutto ciò non è semplicemente a scopo personale, per sentirsi in armonia con se stessi; è un atto volontario per attrarre l’attenzione dell’altro, il cui culmine è lo sguardo. Questa complicità di interesse provoca piacere soprattutto se si è i distinti tra la moltitudine, tra la molteplicità. La meraviglia davanti ad un particolare notato contribuisce a quella sorta di dispersione mentale: la cosiddetta sensazione della ‘’ testa fra le nuvole’’, che induce la persona alla ricerca dell’altro, della sua metà mancante. Non si accoglie in cuore il dettaglio, non perché non se ne è colpiti, perché per natura si preferisce avere la persona che possiede quella qualità piuttosto che quella sola scintilla tra le mani, motivo di attrazione. Essa, la persona, sta al di fuori, all’esterno. Questo cuore ne viene semplicemente assediato e diviso. Complice dello sguardo è il sorriso, quella peculiarità il cui ricordo è eterno. Roberta De Monticelli, filosofa contemporanea, nel libro “L’allegria della mente”, lo descrive come “quell’assenza di sforzo e quel diffondersi irradiante, “espressivo”, senza intenzione, che ci ricorda piuttosto uno stato di grazia”2. Esso, come i fiori propagano il proprio profumo, emana felicità. Il sorriso è un atto apparentemente involontario e, in quanto tale, comune all’animale, tuttavia poiché solo l’uomo è in grado di sorridere, ed essendo lo stesso dotato di volontà e intelligenza, concludiamo che è identificativo dell’uomo ed effetto di una necessità, detta anche causa innata, quale la felicità. 1.1 In cosa consista l’appagamento dell’animo “La felicità è amore, nient'altro. Felice è chi sa amare. Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa sente se stessa e percepisce la propria vita. Felice è dunque chi è capace di amare molto. Ma amare e desiderare non sono la stessa cosa: l'amore è desiderio fattosi saggio. L'amore non vuole avere, vuole soltanto dare.”3 Come sostiene Hermann Hesse, felicità e amore sono strettamente collegati, infatti il sentimento della felicità si prova nel momento in cui la necessità di altro, il vuoto da noi provato, viene colmato da Amore. Cos’è Amore? Cos’è Felicità? Secondo il pensiero antico, l’atto di amare è definito nei termini di appetere qualcosa, ricercando la felicità in ciò di cui sentiamo la mancanza, che colmi il desiderio di completezza. Amore è sintomo di non-autosufficienza, di ricerca continua verso ciò che trova al di là di sé la propria realizzazione. Agostino declinava principalmente l’amore nell’ottica eterna, rivolgendosi a Dio: l’amore per le cose terrene porta l’uomo a disperdersi e vagare in attrattive vane, l’unica possibilità di completezza è quella divina, quella che l’uomo può raggiungere solo nell’attimo in cui si rivolge a Dio e trova in lui l’oggetto del desiderio. “Ritenete, soggiunsi, che sia felice chi non ha l’oggetto del suo desiderio?[…] Se l’uomo desidera e consegue il bene è felice; se poi desidera il male, ancorché lo raggiunga, è infelice.” “Ogni uomo che non ha ciò che desidera è infelice”4. Ricercare la felicità nel bene materiale non è di per sé un male, dal momento che con materiale o terreno, indichiamo ciò che è stato creato da Dio, al tempo stesso però l’animo non potrà mai trovarvi pieno appagamento, poiché esso privo di 1 Agostino, De ordine Roberta De Monticelli, L’allegria della mente: dialogando con Agostino. 3 Hermann Hesse, Sull’amore 4 Agostino, La Felicità 2 4 stabilità fugge via, fatto “da qui e fin qui”. “I sensi sono sufficienti allo scopo per cui sono fatti” direbbe Agostino. Tutta la materia sensibile invecchia, si corrompe e muore, ma non sempre i nostri sensi sono capaci di cogliere questa materialità, poiché non hanno la stessa natura dell’anima. 2.0 In cosa consista l’idea di felicità Da sempre si ritiene che l’uomo possa sperimentare una felicità durevole solo se appagato da bisogni e desideri in maniera altrettanto durevole. La felicità non è da attribuire a momenti di particolare pienezza, non si identifica con istanti precisi in cui ci sentiamo “al di sopra di tutto”, è un obiettivo da ricercare nella sua saldezza e inalterabilità. La vita felice è solo quella di colui che conosce i propri desideri e agisce per appagarli; non solo,è colui che fa continuamente ricerche,desideroso di conoscere la verità. “Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”5 disse il saggio Socrate. Felicità quindi è il punto di arrivo e Amore è l’unico mezzo possibile a disposizione per raggiungerlo. Il pensiero di Platone secondo il quale l’animo conosca la felicità già in precedenza e in seguito dimenticata, è comune anche ad Agostino: tutti infatti comprendono il concetto di felicità. Se mai ci chiedessero se volessimo trovarla, senza ombra di dubbio risponderemmo affermativamente. Chi vuole raggiungerla per una strada, chi per un’altra, tutti ne miriamo al possesso incondizionato, e trattandosi di una cosa di cui nessuno può dire di non averne fatto esperienza, se solo la assaporiamo per un istante, la riconosciamo nella memoria. 2.1 Horror amoris Ma chi ci ha donato la facoltà di amare? Da dove deriva? Agostino direbbe -da Dio- per la salvezza e la completezza della nostra anima. Come il corpo vive per l’anima, l’anima vive per l’amore divino. “Ama e fa’ ciò che vuoi: se tu taci, taci per amore. Se tu parli, parla per amore. Se tu correggi, correggi per amore. Se tu perdoni, perdona per amore”6. Sempre Agostino ci tramanda la regola più importante: “La misura dell’amore è amare senza misura”. Ritornando a quanto citato da Hermann Hesse, “Felice è chi sa amare”7. Ma chi, tra noi giovani d’oggi, può dirsi felice per il solo fatto di saper amare? Sebbene agli adulti l’adolescenza sembri un gioco, uno stato transitorio e poco influente della vita, a noi appare come un periodo fondamentale. Noi adolescenti sfruttiamo questi anni per crescere, conoscere noi stessi e comprendere come il tutto si muova secondo meccanismi chiari e distinti, pur essendoci tuttavia ignoti. Ciò che è diverso o estraneo provoca paura e a ciò non esiste neppure una spiegazione. Da sempre una paura irrazionale occupa un posto nell'immaginario collettivo. Ragion per cui l’approccio ad un’altra persona è un percorso graduale, non bisogna lasciar spazio all’impulso di agire, è la ragione che deve predominare. Questa è la conclusione di un percorso razionale difficile da compiere in ogni ambito, impossibile in quello dell’amore. Infatti è facile parlarne a mente lucida ed essendone emotivamente distaccati; la paura, ossimoro ad amore, accompagna l’uomo nella ricerca della sua metà mancante. Essa si prova allo scambiarsi dei primi sguardi poiché non si conosce chi si ha davanti, viene soppiantata dalla felicità nel momento in cui si è nel vivo della relazione, tuttavia resta celata dietro i buoni propositi che una coppia si pone in onore della durevolezza del loro amore. Ingenui, siamo noi, quando pensiamo che il primo amore sia per sempre, ma “se adotto abitualmente questa strategia di neutralizzazione del sentire, avrò presto perduto il contatto con il fondo di me stesso. Sarò diventato […] una persona che, a furia di difendersi dalla paura di 5 Platone, Apologia di Socrate Agostino, Ama e fa’ ciò che vuoi 7 Hermann Hesse, Sull’Amore 6 5 soffrire, è capace di ridursi allo strato impersonale dell’affettività, lo strato sensoriale e umorale,ma anche lo strato delle passioni fredde, ossia stranamente vuoto di sentire, dissociate dal sentimento di ciò che a uno sta veramente a cuore, prive di ogni capacità di consentire in proprio a un ordine di priorità assiologia, a un ordine del cuore.”8 Come convivere con il timore? Utilizzare la ragione in modo da poter prendere sagge decisioni sfruttando il dono del libero arbitrio, senza però dare meno importanza all’esperienza, a quanto si è accumulato. 3.0 Circa la componente di responsabilità nella decisione La decisione, come scrive la professoressa De Monticelli, “ è l’atto che trasforma un motivo possibile in un motivo efficace”. Sicuramente la scelta più importante in una storia d’ amore è avere il coraggio di dire “ Sì, forse è lui la persona giusta.” Con queste poche parole si passa dal motivo possibile al motivo efficace o come direbbe Aristotele, dalla potenza all’atto. Mentre prima c’era una sola vaga possibilità di avere un approccio con la persona desiderata e il massimo a cui si aspirava erano dei piccoli gesti, quali un contatto accidentale o uno sguardo fugace, ora il tutto diventa più solido, più vero. La vita non è altro che un susseguirsi di decisioni:“ Le decisioni erano soltanto l’inizio di qualcosa. Quando si prendeva una decisione, in realtà si cominciava a scivolare in una forte corrente che ti portava verso un luogo mai neppure sognato al momento di decidere.”9 Le scelte, per essere responsabili, devono avere delle basi tanto solide e ferme da poter sostenere il peso dell’influenza della decisione in sé. Ciò che permette alle fondamenta di essere tali è la conoscenza. Quando Amore e Conoscenza si incontrano? Quando vi è una stretta relazione tra sentimento e intelletto? 3.1 Nos fecisti ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te Noi uomini non siamo esseri perfetti, non descriviamo un cerchio chiuso, siamo proiettati verso l’esterno. La nostra incompletezza ci porta alla ricerca dell’altro, tuttavia, tra le tante, qual è la nostra parte mancante? Come la riconosciamo? Per poter trovare il nostro simile dobbiamo conoscere noi stessi e capire cosa ci appartenga e di cosa siamo, infine, sprovvisti. Le realtà dell'uomo sono diverse da quelle delle altre creature. Romano Guardini spiega: “queste si radicano nella loro natura, sono basate su se stesse e ritornano in sé. La figura della loro esistenza è il cerchio che si chiude in se stesso, quella dell'uomo è invece l'arco che è gettato oltre ciò che incontra.10”: solo l'uomo è proteso a non trovare all'interno di sé la propria realizzazione, è incapace di porre fine all’inquietudine che lo pervade, sempre in cerca di qualcosa, assetato come un arco. Questa inquietudine, non è una maledizione, ma è la cosa più preziosa che abbiamo perchè è la strada che porta a Dio; è stata la volontà di superare questo senso di insoddisfazione, che è insito in ogni uomo, il punto di partenza di Agostino, per il quale ha goduto il raggiungimento di una felicità totale e piena. Dalla sua celebre frase: "Nos fecisti ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te" si evince che il cuore umano non sarà mai tranquillo fino al momento in cui non troverà ciò per cui è stato fatto; è di conseguenza l'incapacità di acquietarsi o per così dire di "accontentarsi" il sigillo che Dio ha posto nell’animo umano, per essere ricercato. “Questa è la legge della sua esistenza, e ne dà una testimonianza una inquietudine profonda che non scompare mai. Essa può essere fraintesa, ma non può essere eliminata. Quando l'uomo se ne accorge, allora essa diventa un tormento; quando l'accetta, allora essa lo conduce alla calma essenziale, cioè al compimento del suo essere”.11 8 9 Roberta De Monticelli, L’allegria della mente: dialogando con Agostino Paulo Coelho, L’alchimista 10 11 Romano Guardini, L’alleanza tra scienza e sapienza. Discorsi all’Università Luigi Giussani, Perché la Chiesa, Volume 2 6 Secondo Agostino gli uomini ancora prima di essere affascinati dal mondo esterno si stupiscono della propria complessità e, crescendo, ignorano questa inspiegabile grandezza dell'animo e cercano la meraviglia nel contemplare le vette delle montagne, i flutti vasti del mare, la ampie correnti dei fiumi, l'immensità dell'oceano, il corso degli astri, e non pensano a se stessi, forse semplicemente per il fatto che non è piacevole guardare a quest'inquietudine, tortura dell'animo. Possiamo ricondurre il tentativo, nato dal convivere con essa, di proiettarci all'esterno del cerchio imperfetto in cui ci identifichiamo, al meccanismo che scatta in noi nel momento in cui avvertiamo la necessità di completarci, di trovare la nostra metà. 3.2 Simposio sull’Amore È stato il saggio Platone, per primo, a rendere noto quel desiderio dell'individuo di ritornare in possesso di qualcosa che gli era proprio, solo per il semplice fatto che un tempo gli apparteneva. All'interno del Simposio, Platone, per voce del commediografo Aristofane ci offre un mito, "il mito degli androgeni", che giustifica la nascita del genere umano e l'insanabile smania amorosa che la spinge a ricongiungersi con la sua “metà” perduta. Il commediografo racconta che all'inizio dei tempi gli uomini erano per così dire "doppi", ovvero dotati di quattro braccia e quattro gambe; il corpo poteva essere composto da due donne, due uomini o una donna e un uomo (in questo caso erano chiamati androgini). Ma questi, poiché dotati di un eccessivo potere, furono divisi da Zeus, che così diede origine a singoli uomini e donne che da quel momento, sentendosi incompleti e necessitando di ritornare all’unione originaria, cercarono spinti dalla nostalgia di ritrovare la metà mancante. Non solo per Platone l'eros rappresenta la condizione generale di chi desidera il bene e il bello, ma non lo possiede in modo stabile e definitivo, bensì, si dimostra che, per la sua particolare natura, l'eros ha un rapporto molto stretto con la filosofia. Filosofia infatti significa amore per il sapere, e perciò, il filosofo vive una in una situazione intermedia tra quella degli Dei e quella degli uomini non filosofi. Amore è interposto tra Dio e l'uomo, così come il filosofo lo è tra il sapiente e l'ignorante. Di fatto, il filosofo tra il dogma e la doxa. Eros è un vero e proprio ricercatore avventuriero, allo stesso modo il filosofo è un cacciatore di sapienza, e per questo un amante: la filosofia, in sé, possiede una grandissima accezione affettiva, poiché si conosce perché si ama. Non è infatti un caso che il verbo "studere" in latino abbia senso di "desiderare". Alla conclusione del banchetto, Socrate interviene spiegando agli altri convitati che non è affatto corretto lodare Eros come se fosse assolutamente bello e perfetto. Sebbene generato alla festa di Afrodite (per questo si ricollega alla bellezza) da Penìa (Povertà) e Poro (Espediente), Eros non è un dio, ma un demone, ossia un essere intermedio tra uomini e dei. Conclude la critica agli altri presenti evidenziando come amore non sia da identificare come ciò di più bello, avendo sbagliato nel confondere l'amore, né bello, né brutto, con l'oggetto dell'amore, che invece è indubbiamente bello. “Tu hai creduto [...] che Amore fosse l'amato, non l'amante. Per questo, credo, Amore ti appariva bellissimo. E infatti l'oggetto dell'amore è ciò che è realmente bello, grazioso, perfetto e invidiabilmente beato, mentre l'amante ha un altro aspetto, quale quello che ho esposto” 12. 4.0 Mania La bellezza ci stupisce, per questo la riconosciamo più facilmente tra le altre qualità, essendo l'idea più manifesta, luminosa ed attraente. È più forte di noi resistervi, precisamente Platone afferma che l'Eros è una sorta di pazzia fisiologica, ma non una pazzia in senso negativo; vi sono infatti altre forme di mania benefica, una di queste è quella erotica: vuole in questo modo mettere in luce il fatto che un desiderio naturale e non filosofico come l'amore per la bellezza, anche quando si presenta all'inizio come amore per il corpo, contiene in sé qualcosa di nobile, che può elevare l'anima al di là 12 Platone, Simposio 7 delle pure gratificazioni materiali. L'intenzione di Platone è piuttosto quella di mostrare che la percezione della bellezza, da un punto di vista psicologico, è probabilmente l'esperienza migliore per introdurre nell'uomo il sospetto che al di là del mondo materiale esista una realtà pura, perfetta, assoluta. È infatti attraverso l'amore, che l'uomo può "mettere le ali" ed elevarsi al cielo, per ricongiungersi al principio che l'ha generato. Allo stesso modo per Agostino l'amore è ciò che spinge l'uomo a penetrare nel mistero di Dio, poiché chi vive nell'amore vive in Dio e chi conosce l'amore conosce Dio. L'amore, non essendo tale senza la conoscenza, per essere vero, raggiunge la sua perfezione solo quando è corrisposto dalla persona amata: ricongiungendosi con questa, amore e conoscenza vengono a coincidere, così come il dare e il ricevere liberamente. “Il dato inconfutabile è che la coscienza di sé (e degli altri) è lungi dall'essere conoscenza di sé (e degli altri). Perché, pur essendo dati immediatamente a sé stessi è tanto difficile conoscersi, e tanto facile sbagliarsi, ignorarsi e illudersi? E che cosa vuol dire, in effetti, conoscersi?”13 13 Roberta De Monticelli, L’allegria della mente:dialogando con Agostino 8 CONCLUSIONE Agostino viene considerato un pensatore originale per il semplice fatto che l'oggetto della speculazione all'interno delle Confessioni non è né il cosmo, né Dio, né l'uomo, ma se stesso. Attraverso un percorso introspettivo, e in questo vi è la componente di novità, Agostino indaga se stesso, e per rispondere alla fondamentale domanda "Chi sono io?", non produce un elenco dei suoi umori, esamina i suoi amori. Sono infatti le prese di posizione affettive che ci aiutano a conoscere noi stessi. Proprio come Agostino, anche noi, attraverso questo nostro breve percorso, abbiamo voluto illustrare come si possa arrivare alla piena conoscenza di noi stessi, non solo misurandoci con il nostro io, ma mettendoci in relazione con l’altro, vedendo come l’attrazione amorosa possa indurci a conoscere. L’attenzione al dettaglio, nostro punto di partenza, è indice del fatto che, in primis, sentiamo il bisogno di osservare, con un’acuta osservazione è possibile infatti cominciare a “farsi un’idea” di chi si ha di fronte. Una volta veduto e con i sensi e con la mente il soggetto in questione, ci si può riferire a quali vantaggi si possa trarre da questo interessamento, ovvero l’appagamento dell’animo e la felicità. Una conoscenza più approfondita quindi può provocare timore, si è nel dubbio, -è davvero la persona giusta?-, l’animo è inquieto, non sembra essere appagato, la metà mancante non è ancora stata trovata e ciò provoca una certa follia, una mania. Giunti a questo punto, ci conosciamo? Una delle massime della sapienza greca, incisa sul frontone del tempio di Delfi e attribuita da varie tradizioni allo stesso dio Apollo, ammonisce “Conosci te stesso”. Certamente il motto delfico spinge gli uomini a diventare migliori, anzi i migliori possibili, e Socrate, partendo da quest'idea, crede che per diventare migliori e conoscere se stessi, sia indispensabile riuscire a "prendersi cura di sé". Noi, in effetti, crediamo di conoscerci, eppure non ci conosciamo affatto; crediamo di comprendere i nostri simili, ma non è così. L'amore ha vari gradi e molte sfumature, per questo motivo il termine ha molti significati, spesso contrastanti e disparati. L'amore è un sentimento attivo, non passivo; è una conquista, non una resa. Il conoscere, in quanto aspetto dell'amore, non si ferma alla superficie ma penetra nell'intimo ed è quindi tramite . “Nell'altro essere trovo me stesso, scopro me stesso, scopro tutti e due, scopro l'uomo”14 . Concludiamo presentando una verità del tutto oggettiva: questi filosofi, benché molto lontani da noi, parlano con un'immediatezza e una profondità senza precedenti tanto che hanno scritto e tramandato testi in cui noi stessi ci riconosciamo ancora oggi. Il "cuore inquieto" di Sant'Agostino, punto di partenza della coraggiosa autoanalisi sul confine tra religione e cultura, gli permette di rileggere la propria vita alla luce di un'intensa esperienza di fede; anche il nostro cuore moderno è alle prese con la domanda più antica del mondo: l'uomo è artefice della propria felicità? Chiunque potrebbe riconoscere in Sant'Agostino un fratello intimissimo; chi non condivide con lui il desiderio essenziale di conoscere e il bisogno assoluto di essere amati? “Nutre la mente solo ciò che la rallegra”: è ciò che ci dà gioia, che più ha a che fare con la nostra anima, che muove la nostra attenzione, il nostro cuore, la nostra mente; è Agostino a insegnarci che conoscere vuol dire anche mettere a nudo le proprie emozioni, le insoddisfazioni e i desideri che vivono nel nostro animo. Vi è il continuo bisogno da parte di ognuno di noi, così necessario e impellente, di intraprendere un percorso di grande ricerca, di grande filosofia: "Una grande filosofia non è quella che dà una regola alle domande, una volta per tutte, ma è quella che le pone. Non è quella che sentenzia, ma quella che chiede. Una grande filosofia non è quella che pronuncia giudizi definitivi, che instaura una verità definitiva. é quella che introduce una inquietudine, che provoca uno scossone".15 14 15 E. Fromm, L’arte di amare Pèguy, Bergson e la filosofia bergsoniana 9 BIBLIOGRAFIA HERMANN HESSE, Sull’amore, ARNOLDO MONDADORI EDITORE, 1988 AA.VV., Le dimensioni dell'uomo, spirito, anima, corpo, EDIZIONI STUDIO DOMENICANO ROBERTA DE MONTICELLI, L’allegria della mente:dialogando con Agostino, PARAVIA BRUNO MONDADORI EDITORI, 2004 PAULO COELHO, L’alchimista, BOMPIANI, 2012 ANTONELLO LA VERGATA, FRANCO TRABATTONI, Filosofia cultura cittadinanza, La filosofia antica e medievale, LA NUOVA ITALIA, 2011 ERICH FROMM, L’arte di amare, MONDADORI, 2002 CHARLES PÉGUY, Bergson e la filosofia Bergsoniana, C. LARDO, 2012 AGOSTINO D’IPPONA, De ordine, La felicità, Ama e fa’ ciò che vuoi, Le Confessioni PLATONE, Simposio, Apologia di Socrate, La Repubblica 10