ST. AUGUSTINE, De beata vita, ed. by Giuseppe Balido (M. Malatesta)

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Metalogicon (2003) XVI, 2
Recensioni
ST. AUGUSTINE
De beata vita
ed. by G. Balido
[La felicità, a cura di Giuseppe Balido]
Roma, Città Nuova, 2003, 100 pp.
Nell’agile collana “Piccola Biblioteca Agostiniana”, fondata da
Agostino Trapè ed egregiamente diretta da Remo Piccolomini, è apparsa
ultimamente una rigorosa traduzione del De beata vita dell’Ipponense. Si
segnala l’opera non solo perché corregge i numerosi fraintendimenti che
contraddistinguevano precedenti traduzioni, ma anche per le numerose note a
pie’ pagina che chiarificano i vari punti del dialogo.
Piace soprattutto sottolineare la chiara e pregevole introduzione con
cui si apre il lavoro. Il tema del rapporto piacere-virtù-felicità viene esaminato
a partire dai presocratici (Pitagorici, Eraclito, Empedocle). Seguono le
posizioni di Socrate, di Platone, di Aristotele, di Epicuro, dei Megarici, dei
Cinici, dei Cirenaici, di Speusippo, di Teofrasto, degli Stoici antichi con
Zenone, dello Scetticismo pirroniano, della Seconda e della Terza Accademia.
Chiude la carrellata storica l’esame delle posizioni di Filone e di Plotino.
Chiarito il retroterra culturale in cui si inquadra la problematica
agostiniana della felicità, il Balido passa all’analisi del dialogo mettendo a
fuoco la posizione dei vari interlocutori nonché i molti problemi che si
connettono col problema centrale che dà poi il nome al dialogo.
Degne di considerazione sono le conclusioni alle quali perviene lo
studioso: «Attraverso una sottile analisi semantica, che conduce ai significati di
temperanza, modestia e sobrietà, si arriva alla connotazione della massima
virtù…». (p. 25) «Con esemplare chiarezza Agostino ha concluso la sua opera:
la felicità consiste in una condizione che ha in Dio il suo fondamento ultimo, in
Cristo la misura a cui ispirarsi e rapportarsi…». (p. 26) «…il testo del De beata
vita è l’espressione di una nuova epoca culturale e umana… anche se sono
innumerevoli i luoghi presenti nel De beata vita in cui è possibile individuare
nelle posizioni di Agostino la ripresa di temi platonici e neoplatonici, il fine
che si prefigura l’Ipponense è radicalmente diverso». (p. 27).
Le considerazioni ora riportate si ricollegano ad un’impostazione
critica dell’esegesi dell’opera di Agostino, fatta direttamente sui testi senza
omettere un rigo e senza saltare i passi di difficile interpretazione,
impostazione rigorosa che ha trovato recentemente in Madec, Cipriani e
Pacioni i più validi esponenti ed i più convincenti assertori. La lettura integrale
dell’opera omnia di Agostino, non mediata da luoghi comuni che si ripetono
per forza di inerzia sulla base di vieti paradigmi, libera gli studiosi da cliché
stereotipati che vengono sbandierati acriticamente anche da cc.dd. grandi
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maestri, anzi soprattutto da cc.dd. grandi maestri. Grandi … nel ripetere
madornali bestialità!
Testi alla mano, si ricava che il mito di un Agostino platonico o
neoplatonico ha fatto il suo tempo.
Michele Malatesta
JOHN R. SEARLE
Mind, Language and Society
[Mente, linguaggio, società. La filosofia nel mondo reale]
Milano, Raffaello Cortina Editore, 200, 189 pp.
“Ho parlato [...] delle pressioni esercitate sulla intelligenza
dalla affettività e dalle potenze oscure che assillano la volontà, e
che impediscono anche a dei veri filosofi di essere grandi
filosofi. Vorrei aggiungere che vi è un caso particolarmente
tipico, quello in cui un ego reso tanto più dominatore quanto più
è impigliato in complessi inconsci cerca di compensare le sue
frustrazioni attraverso e nel sistema di concetti che elabora”.
J. MARITAIN
In sei densi capitoli l’A. affronta una problematica a largo raggio che,
già rilevante dal punto di vista scientifico, lo è ancora di più da quello
strettamente filosofico.
L’analisi searleana parte dalla crisi culturale (teoria della relatività,
paradosso della classe delle classi, irrazionalismo psicoanalitico, toremi di Kurt
Gödel, meccanica quantistica, epistemologia kuhniana e feyerabendiana) che
ha caratterizzato il secolo scorso, per chiarire il senso della crisi stessa e
ridimensionare le interpretazioni catastrofiche che se ne vogliono dedurre.
Inoltre il filosofo americano scorge nell’autoinganno e nella volontà di potenza
le fonti effettive degli errori filosofici.Qui le considerazioni di Searle si
incontrano e fanno da complemento a quelle di Maritain sopra riportate. (Cfr.
«Approches sans entraves» scritti di filosofa cristiana, II, Roma, 1978, p. 18
Searle chiama “posizioni predefinite” le visioni che assumiamo in modo
acritico come: c’è un mondo reale che esiste indipendentemente da noi; noi
abbiamo un accesso percettivo a questo mondo; le parole del nostro linguaggio
come coniglio e albero si riferiscono a oggetti reali del mondo; i nostri
enunciati sono normalmente veri o falsi; la causazione è una relazione reale tra
gli oggetti e gli eventi del mondo. Siffatte posizioni predefinite fanno parte di
quello che il filosofo statunitense chiama Sfondo del nostro pensiero e del
nostro linguaggio. Buona parte della storia della filosofia consiste in una serie
di attacchi alle posizioni predefinite: si pensi, tanto per fare qualche nome, a
Berkeley e a Hume.
Gli argomenti più comuni contro il realismo sono il prospettivismo
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