CAPITOLO 4
PRECANCEROSI GASTRICHE
Le precancerosi gastriche vengono oggi distinte in due categorie separate, le condizioni e le lesioni
precancerose.
La condizione precancerosa esprime uno “stato” della mucosa gastrica in cui le possibilità che si sviluppi il
cancro sono statisticamente superiori al normale (1); sono state quindi assimilate alle “condizioni a rischio” (2).
La lesione precancerosa è invece una alterazione istopatologica della mucosa con aspetti molto simili e talora
sovrapponibili a quelli del carcinoma in situ, ma che non soddisfa mai precisamente i criteri istologici di
malignità.
CONDIZIONI PRECANCEROSE
1. La gastrite cronica atrofica
Malattia pauci o asintomatica, frequente al di sopra dei 50 anni, è caratterizzata da progressiva atrofia della
mucosa gastrica cui si associano quasi inevitabilmente fenomeni di metaplasia intestinale. L’epitelio di
rivestimento dello stomaco tende così a trasformare le sue caratteristiche di mucosa secernente in quelle di
mucosa assorbente, alterando in maniera sostanziale la sua resistenza agli agenti esterni (3), grazie sopratutto alla
notevole riduzione della secrezione cloridro-peptica. Ne deriva una condizione in cui la probabilità di insorgenza
del cancro risulta significativamente superiore al normale, come dimostrano numerosi studi epidemiologici e di
coorte (4, 5).
L’alta incidenza di gastrite cronica atrofica in soggetti di gruppo sanguigno A (5, 6) e frequenti osservazioni
di precedenti familiari, ne hanno fatto ipotizzare una predisposizione congenita.
Di recente (7) è stato individuato un gene autosomico recessivo in grado di influenzare l’insorgenza della
gastrite con una penetranza modulata dall’età.
I fattori esogeni e lo stimolo nocivo sulla mucosa gastrica sono tuttavia ancora considerati il fattore più
importante: l’uso di spezie, di cibi troppo caldi, la masticazione insufficiente, l’abuso di alcoolici , di farmaci
gastrolesivi, del fumo di sigaretta sono quelli a tutt’oggi più noti (6, 8). Frequente l’associazione con altre malattie
quali gastrite acuta ricorrente, ulcera peptica, cirrosi, colelitiasi, pancreatite, elmintiasi, uremia, emopatie.
Strickland (9) ha individuato due tipi principali di gastrite atrofica associati entrambi ad alto rischio di
insorgenza di neoplasia.
La gastrite di tipo A, interessa la mucosa del corpo e del fondo, lasciando intatto l’antro. Nei 2/3 prossimali
dello stomaco è presente una fitta rete di ghiandole nelle quali, assieme a cellule di superficie, mucosecernenti,
progenitrici ed endocrine, sono presenti le cellule parietali, secernenti acido cloridrico e le cellule principali,
secernenti il pepsinogeno.
La gastrite di tipo A si caratterizza per l’ipo o anacloridia da riduzione elettiva delle cellule parietali, come
confermato da studi di cinetica cellulare (10).
I valori della gastrinemia sono di solito piuttosto elevati.
La peculiare distribuzione topografica, la frequente associazione con l’anemia perniciosa, il reperto della
elettiva riduzione delle cellule parietali acido secernenti, ne hanno fatto ipotizzare una genesi autoimmune .
La presenza di anticorpi anti frazioni microsomiche di cellule parietali e anti fattore intrinseco è stata più volte
segnalata nel siero di pazienti affetti da questa forma di gastrite (11, 12, 13); inoltre nella mucosa gastrica stessa è
possibile evidenziare un alto numero di immunociti e di immunoglobuline (IgA).
La reazione immune potrebbe essere scatenata da antigeni cellulari alterati dal danno mucoso, oppure da
proteine esogene con struttura antigenica simile a quella delle cellule gastriche.
L’anemia perniciosa è la patologia più frequentemente associata alla gastrite cronica di tipo A; tuttavia essa è
stata riscontrata anche in pazienti con altre malattie di tipo autoimmune come la tiroidite di Hashimoto e la
sindrome di Sjogren (13, 14, 15). La presenza di autoanticorpi contro le cellule gastriche non è però sempre
correlata con lo stato di malattia; d’altra parte non tutti i casi di gastrite di tipo A mostrano presenza di
autoanticorpi.
Frequente è l’associazione con la metaplasia intestinale anch’essa presente solo nei due terzi prossimali dello
stomaco con il caratteristico aspetto “a chiazze”.
La gastrite di tipo B interessa l’antro; inizia di solito alla giunzione tra 1/3 medio e 1/3 inferiore, lungo la
piccola curva. È molto frequente nelle popolazioni ad alto rischio per ulcera gastrica e cancro; nei suoi aspetti
iniziali mostra una spiccata multifocalità. Ciascun focolaio tende a crescere con il tempo, a coprire superfici più
ampie e a divenire confluente con i foci vicini fino a coinvolgere aree più vaste di antro e corpo. È spesso
associata con metaplasia intestinale tendente anch’essa ad essere confluente.
Gli autoanticorpi sono di solito assenti, la riduzione della secrezione cloridro-peptica è di minore entità, la
gastrinemia è bassa.
La gastrite di tipo B appare dunque legata principalmente all’azione di fattori esogeni gastrolesivi: di recente è
stata identificata una correlazione significativa con la presenza di Campylobacter pylorii.
Sono stati successivamente identificati tre sottogruppi nell’ambito della classificazione di Strickland (16).
La gastrite cronica autoimmune, frequente nell’Europa del Nord, ha tutte la caratteristiche della gastrite
cronica di tipo A. È quasi sempre associata a metaplasia intestinale, è soggetta a mutamenti displasici e comporta
un rischio elevato di cancro.
La gastrite cronica ipersecretiva presenta localizzazione antrale, si osserva nei pazienti affetti da ulcera
duodenale e pilorica, è presumibilmente scatenata da meccanismi psicosomatici o neurogeni.
Una delle caratteristiche di questa forma è la sua localizzazione topografica nei confronti dell’ulcera: se questa
è duodenale, la gastrite è limitata all’antro mentre il corpo e il fondo restano morfologicamente normali o
mostrano minima flogosi superficiale. Se l’ulcera è localizzata nello stomaco, la gastrite è presente nell’antro ma
può estendersi al corpo perché solitamente interessa l’area immediatamente circostante l’ulcera.
Istologicamente questo tipo di gastrite è caratterizzato da cellule epiteliali rigenerate con marcato infiltrato
linfocitario;l’atrofia e la metaplasia intestinale non le sono abitualmente associate (solo eccezionalmente è dato
osservare foci di metaplasia). La displasia non è presente e il rischio di cancro non è elevato; per questi motivi la
gastrite ipersecretiva non viene considerata un precursore del cancro.
La gastrite cronica ambientale è la condizione precancerosa oggi più nota; molto frequente nelle popolazioni
che mostrano un’alta incidenza di carcinoma gastrico, è rara in quelle a basso rischio; si correla positivamente
anche con l’ulcera gastrica.
La distribuzione delle lesioni sulla mucosa gastrica è caratteristica: fondamentalmente plurifocale, interessa
l’antro e il corpo. Nei suoi aspetti iniziali si presenta con piccoli foci multipli a livello della giunzione
corpo-antro. Ogni focolaio successivamente cresce, copre una superficie più ampia e diviene confluente con i foci
vicini fino a coinvolgere aree piu vaste di antro, corpo e fondo.
Istologicamente si contraddistingue per la presenza costante di fenomeni di atrofia, metaplasia, diplasia.
Le lesioni presenti in questo tipo di gastrite non sono dovute alla iperincrezione cloridropeptica, ma
all’indebolimento della mucosa stessa in presenza di secrezione gastrica di caratteristiche normali.
Più recentemente, grazie al miglioramento delle metodiche immunoistochimiche, la gastrite cronica non viene
più considerata come una singola entità, ma piuttosto come una combinazione di vari quadri patologici e clinici
che comunque mostrano una tendenza cronica e progressiva.
Attualmente se ne riconoscono tre stadi evolutivi (13):
- la gastrite superficiale, caratterizzata da segni di flogosi a carico della tonaca propria con desquamazione di
ampie zone di epitelio e diminuzione della secrezione di HCl e pepsina.
- la gastrite atrofica, nella quale si evidenziano, accanto alla flogosi e ai più spiccati fenomeni degenerativi
della mucosa, una tipica riduzione delle cellule parietali e principali di tutta la regione corpo fundica e delle
ghiandole antropiloriche. Caratteristica è l’alternanza dei suoi periodi di quiescenza e di riacutuzzazione.
- l’atrofia gastrica, in cui la mucosa è diventata sottile, ricoperta da semplici cellule cubiche senza cellule
parietali o principali evidenti, e totale assenza di ghiandole antropiloriche. Sono spesso presenti aree di
degenerazione cistica e caratteristiche infiammatorie meno pronunciate.
2. La metaplasia intestinale
La metaplasia intestinale è caratterizzata dalla sostituzione delle cellule epiteliali gastriche di tipo ghiandolare
e di superficie con cellule simili a quelle della mucosa intestinale.
La sua frequenza aumenta con l’età ed interessa sopratutto l’area pilorica, mentre si presenta in forma molto
grave a livello del fondo nei portatori di anemia perniciosa.
Le caratteristiche istologiche principali consistono nella presenza di abbondanti cellule mucino secernenti e
cellule di Paneth. La struttura delle cripte è conservata e le cellule colonnari mostrano microvilli sul margine
libero, espressione tipica dell’epitelio intestinale. Nonostante le somiglianze strutturali e funzionali, le cellule
gastriche metaplasiche presentano caratteristiche molto diverse da quelle della normale mucosa del tenue: i
microvilli hanno una distribuzione “a cespuglio”, sono presenti cisti intracitoplasmatiche e ciglia con caratteri
displasici; sono presenti inoltre in alcuni casi irregolarità architetturali della mucosa ed una attività mitotica
esuberante.
Tutti questi fenomeni vengono considerati l’espressione di processi rigenerativi alterati in una mucosa gastrica
particolarmente esposta a ripetuti insulti infiammatori (13).
Molti antigeni gastrici sono sostituiti da antigeni intestinali o embrionali; la comparsa di antigeni fetali è un
segno importante dell’insorgere della displasia (17).
La metaplasia intestinale è stata studiata anche dal punto di vista biochimico: alcuni enzimi (fosfatasi alcalina,
aminopeptidasi) sono presenti nella mucosa intestinale ma assenti nella mucosa gastrica; per altri (B glicuronidasi,
tiaminopirofosfatasi) si registra un notevole incremento in caso di metaplasia. Su questa base la metaplasia
intestinale viene oggi suddivisa in due sottotipi: completa (o di tipo I) se sono presenti tutti gli enzimi contenuti
normalmente nella mucosa intestinale, incompleta (di tipo II), se è presente soltanto una limitata quantità dei
medesimi enzimi.
Nella metaplasia intestinale di tipo I le cellule metaplasiche hanno forte rassomiglianza con quelle della
mucosa del tenue, con villi più corti e arrotondati e con la permenenza in alcune zone delle ghiandole gastriche;
sono di frequente
riconoscibili le cellule di Paneth. La sequenza di cellule cilindriche non mucosecernenti è
interrotta dalla presenza di cellule caliciformi, secernenti sialomucine del tipo N-acetilato o O-acetilato, raramente
solfomucine.
La metaplasia intestinale di tipo II (incompleta) è caratterizzata dalla presenza di cellule caliciformi e cellule
colonnari, e presenta a sua volta due varianti:
- il tipo IIA, nel quale le cellule caliciformi secernono esclusivamente N-acetil-sialomucine e mucine neutre.
Le solfomucine sono assenti;
- il tipo IIB (o metaplasia colica) nel quale le cellule colonnari secernono grandi quantità di solfomucine.
In questo tipo di metaplasia si riscontrano frequenti irregolarità architetturali della mucosa (cripte allungate,
tortuose, ramificate, formazioni papillari e atipie cellulari): l’associazione con il carcinoma gastrico di tipo
intestinale è frequente e significativa.
Le atipie cellulari e le distorsioni dell’architettura mucosa presenti in questo tipo di metaplasia soddisfano
pienamente i criteri della displasia lieve, confermando la sequenza gastrite cronica-metaplasia
intestinale-displasia-carcinoma gastrico di tipo intestinale (18).
La metaplasia intestinale potrebbe essere quindi un precursore diretto del carcinoma gastrico o potrebbe al
contrario agire indirettamente creando un microambiente in grado di favorire la formazione endogena dei
carcinogeni (19, 20)
Anche le cellule metaplasiche mostrano tendenza a modificazioni displasiche, il che suggerisce l’ipotesi
dell’origine diretta del carcinoma dal tessuto metaplasico.
Va però sottolineato che talora il carcinoma gastrico origina in assenza di metaplasia e talora, anche in
presenza di essa, si sviluppa in zone non metaplasiche.
3. Polipi
Ming identifica 2 tipi basilari di polipo gastrico: il polipo iperplastico (o rigenerativo) e il polipo
adenomatoso.
Un piccolo numero di polipi iperplastici può degenerare (0,4%) o può diventare adenomatoso (5%).
I polipi iperplastici costituiscono la grande maggioranza dei polipi gastrici. Sono delle lesioni di 1-2 cm di
diametro, spesso multipli, senza un peduncolo definito, circondati da mucosa non atrofica. Sono più frequenti nei
2/3 distali dello stomaco. In superficie sono presenti profonde cripte tappezzate da cellule superficiali che possono
mostrare aree di degenerazione cistica. Al di sotto di esse sono presenti ghiandole gastriche immerse in una
abbondante quota di collageno e fibre muscolari lisce provenienti dalla muscolaris mucosae. Infiltrati
infiammatori parvicellulari sono frequenti.
I polipi gastrici sono chiaramente differenti dai polipi iperplasici del colon che sono piccoli, sessili e composti
da cellule mature. Autori giapponesi (22, 23) hanno riportato alta frequenza di poliposi gastrica in pazienti con
poliposi colica familiare.
Modifiche identiche a quelle dei polipi iperplasici sono comunemente trovate nella mucosa gastrica ai margini
delle gastro entero anastomosi (24, 25, 26).
Sebbene la causa dell’iperplasia mucosa ai margini delle anastomosi non sia stata identificata, la loro
localizzazione rende ragione a chi ne attribuisce la genesi all’azione dei sali biliari legata al reflusso.
Sono frequentemente associati a gastrite cronica di tipo A e a ipergastrinemia che potrebbe essere coinvolta
nella loro patogenesi (27).
Studi sperimentali sui ratti suggeriscono che il processo potrebbe essere una risposta ad uno stimolo umorale.
(28).
I polipi adenomatosi sono meno frequenti ma presentano una forte tendenza alla degenerazione neoplastica.
Sono di solito formazioni piatte o leggermente rilevate, insorgono ubiquitariamente , possono essere unici o
multipli, possono assumere configurazione sessile, papillare o tubulare.
Sono generalmente costituiti da ghiandole con epitelio di tipo intestinale esito per lo più di una gastrite
atrofica con metaplasia intestinale. Sono di solito composti da cellule displasiche. Sono frequentemente associati a
vaste aree di metaplasia intestinale estese dal corpo all’antro.
4. Ulcera gastrica
La frequenza con la quale l’ulcera gastrica presenta degenerazione neoplastica è riportata in letteratura tra lo
0,5 e il 6% (25, 30, 31).
Questa grande disparità è dovuta in parte alle difficoltà di stabilire quale sia la lesione insorta primitivamente,
se si tratti cioé di un carcinoma sviluppatosi sui bordi dell’ulcera o se al contrario si tratti di una neoplasia
sviluppatasi come tale e che si sia ulcerata succesivamente. Alcune identificazioni di sequenze ulcera-cancro sono
da riferire a tumori in fase early coinvolgenti solo una parte di una ulcera cronica con una grossa componente
cicatriziale. In realtà non esistono prove certe che l’ulcera gastrica sia un precursore della neoplasia: d’altra parte
l’ulcera si associa molto spesso ad altre condizioni e lesioni precancerose che potrebbero rappresentare il
momento di trasformazione delle cellule da normali in neoplastiche.
La displasia può essere rinvenuta sui bordi dell’ulcera: d’altra parte l’incidenza della displasia stessa viene
riportata come molto inferiore a quella del carcinoma gastrico; di conseguenza l’evento della cancerizzazione
dell’ulcera gastrica deve essere considerato come un fenomeno raro. Anche la metaplasia intestinale si può
associare all’ulcera gastrica: rimane oscuro il perché, in una zona più o meno vasta di metaplasia che rappresenta
un terreno predisposto all’insorgenza della neoplasia, questa insorge inizialmente su una limitata porzione del
bordo dell’ulcera (32).
Un’altra fonte di disaccordo risiede nella grande differenza nella frequenza che l’ulcera gastrica mostra nelle
varie popolazioni. (33). Alcune popolazioni ad alto rischio per ulcera antrale sono ad alto rischio anche per il
carcinoma gastrico, probabilmente perché entrambe le condizioni si sviluppano in aree di metaplasia intestinale
antrale. Studi di morfologia e di cinetica cellulare della mucosa ai margini delle ulcere gastriche benigne e del
loro epitelio di rigenerazione indicano che le ghiandole adiacenti all’ulcera mostrano un aumentato numero di
cellule in fase S del ciclo mitotico.
Nagayo (34) riporta che carcinomi inferiori a 5 mm si accompagnano ad ulcera gastrica nell’84.5% dei casi e
che nel 40% questi tumori sono situati in tutta prossimità di un’ ulcera in fase attiva.
5. Stomaco Operato
La patogenesi del cancro dello stomaco operato è molto controversa: non è ancora chiaro infatti se la
situazione fisiopatologica generata all’intervento chirurgico sia un fattore casuale nella cancerogenesi o se al
contrario rappresenti solo un fatto incidentale.
La cancerogenesi sperimentale fornisce al riguardo dati attendibili: numerosi Autori (35, 36) hanno dimostrato
che l’inondazione biliare dello stomaco o di parte di esso stimola la mucosa gastrica alla trasformazione in senso
neoplastico; inoltre la somministrazione orale di acidi biliari e di carcinogeni iniziatori aumenta la tendenza alla
produzione di tessuto neoplastico da parte dello stomaco operato.
Così, almeno sperimentalmente, la chirurgia dello stomaco sembra essere coinvolta direttamente nella
cancerogenesi in quanto responsabile dell’inondazione biliare della mucosa gastrica.
La cancerogenesi dello stomaco operato, segue fondamentalmente tre schemi dei quali i primi due in comune
con il carcinoma gastrico propriamente inteso ed il terzo invece peculiare alla nuova situazione fisiopatologica
generata dalla resezione gastrica:
1) sviluppo di erosioni seguite da iperplasia nodulare superficiale e talvolta profonda con formazione di
adenomi, nei quali si può sviluppare un carcinoma (37);
2) sviluppo del carcinoma attraverso la degenerazione di lesioni displasiche (38);
3) tipico della regione anastomotica, prevede la dislocazione di ghiandole gastriche o intestinali nella
sottomucosa o nella muscolare attraverso un percorso forse tracciato da fili di sutura non assorbibili. Questo
quadro è caratterizzato dalla dilatazione cistica delle ghiandole gastriche dislocate che sporgono sul bordo
anastomotico talora formando polipi o adenomi.
Lo sviluppo di adenomi con vari gradi di displasia si verifica sopratutto nella dislocazione delle ghiandole
gastriche e della mucosa antrale e del corpo, raramente in quelle del fondo.
L’instaurarsi della neoplasia gastrica deriva per lo più dell’azione combinata di diversi meccanismi
cancerogenetici; la mucosa all’apice della dilatazione ghiandolare cistica è infatti soggetta non solo all’azione
dell’agente cancerogeno, ma anche a continui traumatismi meccanici, chimici (reflusso biliare), tossici
(contaminazione batterica) in grado di causare erosioni e mutazioni in senso proliferativo.
Tutti i fattori sottoelencati sono stati osservati e descritti nello stomaco operato umano (39, 40):
a) l’acloridria o l’ipocloridria, condizioni alle quali tendono tutti gli interventi sullo stomaco per patologia
ulcerosa, e il conseguente innalzamento del ph intragastrico promuovono la crescita dei batteri nitroriducenti (E.
Coli, Proteus); questi sono in grado di trasformare i nitrati in nitriti e di generare N-Nitrosocomposti cancerogeni
associandoli alle amine provenienti dalla dieta. Tuttavia, mentre è dimostrato che l’innalzamento del ph favorisce
la proliferazione batterica e l’aumento dei nitriti, non c’e evidenza di aumentata formazione di nitrosamine e di
N-Nitrosocomposti (41, 42, 43). L’iperproliferazione batterica è inoltre responsabile di processi flogistici della
mucosa che possono dar luogo a gastrite superficiale e quindi cronica fino all’atrofia e di deconiugazione dei sali
biliari in acidi biliari a loro volta gastrolesivi e cancerogeni;
b) il reflusso biliare, la cui azione nella cancerogenesi gastrica si può esplicare attraverso diversi meccanismi.
Il materiale refluito infatti può contenere i nitroderivati o gli acidi glico e taurocolico dimostratisi cancerogeni
iniziatori nel retto (44); il reflusso biliare può inoltre agire come fattore di promozione aumentando la
permeabilità della mucosa ai carcinogeni iniziatori. Gli acidi biliari, le lisolecitine e la tripsina sono in grado di
digerire il muco e di aumentare il backflow degli ioni idrogeno producendo gastrite atrofica (45, 46). La
concentrazione degli acidi biliari gastrolesivi (ac. desossicolico) e mutageni (ac. litocolico) è inoltre aumentata
in presenza di overgrowth batterica che è in grado di catalizzare la deconiugazione dei sali biliari e di trasformare
gli acidi biliari e il colesterolo in dimetil-nitrosoamina cancerogena (47, 48). Così attraverso la degradazione del
muco e indirettamente causando flogosi interstiziale e atrofia della mucosa gastrica, il reflusso può facilitare
l’assorbimento di grosse molecole intraluminali;
c) scomparsa del fattore trofico: l’atrofia della mucosa gastrica è anche conseguenza diretta della chirurgia
resettiva in quanto la mucosa corpo-fundica viene privata dello stimolo trofico rappresentato dalla gastrina
antrale.
LESIONI PRECANCEROSE
Displasia
Ne esistono oggi varie definizioni tutte tendenti a descrivere una lesione istologica caratterizzata da atipie
citologiche e disordine della normale struttura citoarchitettonica del rivestimento epiteliale dello stomaco.
Ming definisce displasia lesioni individuate da: presenza di atipie cellulari, anomalie di differenziazione,
disorganizzazione dell’architettura mucosa (49, 50). L’epitelio displastico è quindi caratterizzato da:
- aumento della proliferazione cellulare;
- anormalità morfologiche e pleiomorfismo cellulare;
- completa disorganizzazione dell’architettura ghiandolare;
- modificazioni stromali con connettivo ricco di cellule flogistiche e linfociti.
Per la WHO-UICC (51, 52) il termine displasia indica una anormalità istopatologica caratterizzata da atipia
cellulare, differenziazione cellulare anomala, disorganizzazione dell’architettura mucosa.
Anche secondo Nagayo (53) la displasia è caratterizzata da atipie cellulari e anormalità citoarchitetturali e
rappresenta una lesione avviata alla trasformazione in senso neoplastico ma che non soddisfa pienamente i criteri
istologici di malignità (aumento del rapporto nucleo/citoplasma, pleiomorfismo nucleare, perdita della polarità
cellulare).
Le varie definizioni descrivono con termini diversi una lesione in cui predominano in forma ingravescente
disordini architetturali e atipie citologiche: i pareri diventano contrastanti quando si paragonano le forme più
avanzate di displasia severa con il carcinoma in situ, definito a sua volta come lesione caratterizzata da evidenza
di neoplasia pur se strettamente limitata all’epitelio di rivestimento senza invasione della membrana basale.
Questo ha portato alla creazione di nuove categorie che hanno dato luogo a non poca confusione come nel
caso delle lesioni “Borderline” o del “probabile carcinoma” (54).
Morson (1980) suggerisce di definire con il termine di displasia severa le lesioni con i caratteri suddescritti
ancora confinate nell’epitelio con membrana basale indenne e con quello di carcinoma intramucoso i quadri
istologici in cui predomina l’infiltrazione della membrana basale con invasione della lamina propria.
Questa definizione, se ha il merito della chiarezza, non è applicabile alla interpretazione delle biopsie
endoscopiche nelle quali l’eventuale infiltrazione della membrana basale non è valutabile sull’intera lesione ma
solo su una parte di essa.
Tuttavia l’opinione corrente è che la definizione di carcinoma in situ andrebbe abolita; la Displasia Severa
così comprenderebbe le lesioni con atipie citomorfologiche ed architettuali strettamente confinate al di sopra della
membrana basale ed in assenza di un suo interessamento; il termine di carcinoma andrebbe riservato a quadri
istologici con evidenza di invasione della tonaca propria, classificati come Early Gastric Cancer.
Di grande importanza è la differenza tra la displasia vera e la displasia rigenerativa, osservabile nelle
gastropatie da reflusso alcalino o nello stomaco resecato: è presente in quest’ultima notevole iperplasia cellulare,
con ghiandole allungate e tortuose e riduzione della secrezione di muco e notevoli fenomeni flogistici nella lamina
propria. Sono assenti il pleiomorfismo e le atipie cellulari.
La displasia viene oggi classificata in tre gradi:
Lieve: caratterizzata da lesioni rigenerative ipo o iperplastiche senza evidenti atipie. Coesiste alta
probabilità di ritornare allo stato di normalità sebbene, specie in assenza di metaplasia, possano trasformarsi in
displasia moderata o severa.
Moderata: presente soprattutto nelle lesioni sopraelevate e larga base d’impianto. Le ghiandole sono rivestite
da cellule immature. L’attività mucosecernente è scarsa ed irregolare. Può diventare irreversibile o mantenere gli
stessi caratteri macroscopici ed istologici per lungo tempo. Molto frequente nell’adenoma tubolare.
Severa: lesione instabile, caratterizzata da chiare atipie nucleari e numerose mitosi: il processo proliferativo
atipico coinvolge anche l’epitelio superficiale. Il disordine citoarchitettonico è notevole con focolai di
accrescimento nodulare a gemme verso l’interno del lume. La secrezione mucosa è assente. Frequente in lesioni
depresse e negli adenomi.
Cuello e Correa (55) individuano in una popolazione a rischio di insorgenza di carcinoma gastrico quattro tipi
di displasia: iperplastica lieve, iperplastica severa, adenomatosa lieve, adenomatosa severa. Essi sostengono che i
cambiamenti displastici insorgono in mucosa già con fenomeni di metaplasia, ipotizzando una continuità di
mutazioni morfologiche dalla gastrite atrofica alla metaplasia, alla displasia e finalmente alla neoplasia.
Sono fenomeni estremamente lenti e per questo pressoché impossibili da dimostrare in vivo essendo stato
stimato, sulla base di studi di cinetica cellulare, che le lesioni preneoplastiche impiegano circa 24 anni per
svilupparsi. Hermanek (17 Hotz e col.) riconosce tre forme anatomo-patologiche di lesioni precancerose tutte
caratterizzate istologicamente dalla displasia:
1) lesioni piatte, come nella gastrite atrofica con metaplasia intestinale incompleta e nel moncone gastrico con
gastrite atrofica sempre presente;
2) lesioni polipoidi per lo più in forma di adenoma e solo raramente in forma di displasia localizzata in un
polipo iperplastico;
3) malattia di Menetriere.
I MARKERS BIOLOGICI NEL FOLLOW-UP
DELLE PRECANCEROSI GASTRICHE
Nel tracciare le tappe evolutive del cancro dello stomaco, di grande interesse biologico e clinico è lo stabilire
il punto di passaggio dalla condizione di precancerosi alla neoplasia conclamata, il momento in cui cioé la cellula
metaplasica o displasica diventa chiaramente neoplastica.
La comparsa dell’atrofia, cioé della perdita del tessuto ghiandolare, appare essere il limite oltre il quale le
lesioni precancerose diventano irreversibili; alto rischio di insorgenza di neoplasia è infatti generalmente associato
a gastrite con segni più o meno evidenti di atrofia (gastrite di tipo A).
Dal momento che l’atrofia e la metaplasia intestinale tendono a diventare più estese e severe con l’età, è
possibile ottenere una stima ancorché grossolana del rischio di insorgenza del carcinoma valutando l’estensione e
la gravità di queste condizioni precancerose.
Esistono alcuni markers che consentono di testare clinicamente l’evoluzione qualitativa e quantitativa delle
precancerosi nel corso della loro lenta trasformazione in tessuto neoplastico.
Per quanto riguarda l’atrofia, l’indicatore più attendibile è rappresentato dal pepsinogeno.
Il pepsinogeno I è prodotto principalmente dalle cellule principali del corpo gastrico, mentre il pepsinogeno II
è prodotto dalle ghiandole antrali. Con la progressione dell’atrofia, si verifica una progressiva distruzione di un
sempre maggior numero di cellule principali della mucosa gastrica, che porta ad un decremento progressivo nella
secrezione del PG I . I livelli ematici di PG I ed il rapporto PGI/PGII sono quindi eccellenti indicatori del grado di
gastrite atrofica.
Un livello di PG I inferiore a 20 microgrammi / litro ed un rapporto PGI/PGII inferiore a 20 è significativo di
massiva perdita di ghiandole del corpo gastrico (56).
Dal momento che i cambiamenti displasici sono assai frequenti in corso di atrofia, la determinazione dei livelli
ematici di pepsinogeno risultano di grande aiuto nel follow up della gastrite atrofica e nell’individuare pazienti ad
alto rischio di insorgenza di neoplasia gastrica.
Anche l’ipergastrinemia è oggi considerata un marker della gastrite atrofica: infatti, per motivi non ancora ben
noti, il livello ematico di gastrina tende ad aumentare con l’estendersi dell’atrofia.
Questo tuttavia non si verifica in tutti i pazienti. Al momento sembrerebbe che la presenza di ipergastrinemia
possa indicare alto rischio di displasia gastrica , ma che livelli ematici di gastrina normali o bassi non
garantiscono per un basso rischio (56).
Un altro metodo di individuazione dei soggetti ad alto rischio di trasformazione neoplastica nei portatori di
gastrite atrofica consiste nelle indagini sulle reazione di nitrosazione; presupponendo che i soggetti portatori di
condizioni precancerose producano concentrazioni più elevate di N-Nitroso composti rispetto a soggetti normali,
sono state proposte varie metodiche di dosaggio dei metaboliti di queste sostanze nelle urine, che peraltro non
sono risultate molto attendibili (57, 58, 59).
Per quanto riguarda la metaplasia intestinale di tipo I, non esistono a tutt’oggi markers disponibili nel sangue
o nei liquidi biologici, in grado di dare una stima dell’estensione della lesione.
La metaplasia colica o di tipo III è caratterizzata dalla secrezione di solfomucine che può essere identificata
nel succo gastrico con test alla beta glicuronidasi e latticodeidrogenasi (56). Questi tests tuttavia richiedono un
sondaggio gastrico e non son eseguiti molto di frequente.
Le caratteristiche istochimiche delle mucine cambiano con il progredire del processo precanceroso: le mucine
neutre prodotte dall’epitelio superficiale foveolare normale sono gradualmente sostituite dapprima da sialomucine
acide caratteristiche dell’intestino tenue e successivamente da solfomucine, normalmente osservabili sulla mucosa
del colon (60).
Un’altra alterazione riconoscibile nella secrezione delle mucine è l’anomala comparsa nel loro ambito degli
antigeni propri dei gruppi sanguigni, ed in particolare degli antigeni di Lewis (61).
La presenza dell’associazione solfomucine - antigeni di Lewis nelle mucine rappresenta un eccellente fattore
predittivo del rischio di trasformazione in senso neoplastico delle lesioni precancerose più avanzate (62); la
presenza contemporanea di entrambi questi fattori è in grado di definire con grande affidabilità i soggetti ad alto
rischio.
Gli antigeni embrionali (CEA e Alfafetoproteina) sono stati trovati soltanto in cellule metaplasiche associate a
cellule neoplastiche, ma non in casi di metaplasia isolata; di conseguenza questi markers non sono di utilità
nell’identificare i fenotipi della metaplasia intestinale (59, 63).
Per quanto riguarda il follow-up dei pazienti con displasia gastrica gli antigeni fetali sembrano essere
attendibii: il CEA dei campionamenti di biopsie endoscopiche e quello testato nel succo gastrico si sono correlati
in maniera significativa alla progressione delle lesioni displasiche (64).
Espressioni anomale nel sistema degli antigeni di Lewis possono essere messe in evidenza in campioni
bioptici, sopratutto nel passaggio dallo stadio di atrofia a quello di metaplasia e successivamente di displasia (65).
Tra i metodi basati sul riconoscimento di anormalità nucleari, il più interessante e quello della determinazione
quantitativa degli organizzatori nucleolari (NOR) con il nitrato d’argento: i NOR (Nucleolar Organizer Regions)
sono frammenti di DNA nucleolare normalmente fusi nel nucleolo che, in caso di alterazione cellulare, sono
riconoscibili in forma dispersa all’interno del nucleo (56).
Il valore della ploidia cellulare determinata con la citometria a flusso è ancora molto dibattuto nelle
precancerosi (66, 67); risultati promettenti hanno dato la determinazione immunoistologica dell’espressione degli
oncogeni p21 ras e p26c-myc (68, 69).
* * *
In conclusione, le implicazioni cliniche della patologia delle precancerosi sono:
- pazienti con anemia perniciosa dovrebbero essere sottoposti ad esame endoscopico ogni 5 anni;
- pazienti con metaplasia intestinale estesa istologicamente confermata della regione antropilorica: esame
endoscopico ogni 5 anni;
- pazienti con polipi adenomatosi o displasia comprovata sono ad alto rischio di sviluppare carcinoma
gastrico. Le lesioni dovrebbero essere rimosse se possibile; altrimenti dovrebbero essere attentamente seguite con
endoscopie e biopsie annuali o ad intervalli più ravvicinati;
- pazienti con polipi iperplastici multipli o adenomatosi multipli sono ad alto rischio per poliposi colica.
Dovrebbero essere sottoposti a colonscopia per escludere questa possibilità;
- pazienti portatori di una gastroenteroanastomosi da più di 20 anni dovrebbero essere sottoposti a
gastroscopia ogni 5 anni.
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