FarmaDay - n.312 - Ordine dei Farmacisti di Napoli

Anno II – Numero 312
Giovedì 19 Dicembre 2013, S. Fausta, Dario
Proverbio di oggi……..
oggi……..
Notizie in Rilievo
Campagna
Informativa
1. Campagna locandina
informativa per la
prevenzione dell’epatite
A
Scienza e Salute
2. Con questi cibi il colon
si «irrita» anche di più
3. Donne, per chi è felice
in amore il peso non
conta
4. Usare troppo il
cellulare fa diventare
ansiosi e meno felici
Prevenzione e
Salute
5. Che cosa fa alzare la
pressione arteriosa?
6. Salute: perdita dei
denti, la metà è dovuta a
cattiva igiene
7. Creme vitamina A
efficaci antirughe,
ma possono irritare
cute
Cattivo bastone non fa buon cane.
CAMPAGNA LOCANDINA INFORMATIVA
PER LA PREVENZIONE DELL’EPATITE A
Il Ministero della Salute ha predisposto una locandina
informativa che riporta alcune regole di igiene e sul corretto
utilizzo degli alimenti per ridurre il rischio di epatite A.
Il Ministero
ritiene
fondamentale
il
coinvolgimento
dei
Farmacisti
per la
diffusione
capillare di
tale messaggio
nella
considerazione
dell’importante
punto di
riferimento che
tali
professionisti
della salute
rivestono nei
confronti dei
cittadini.
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno II – Numero 312
PREVENZIONE E SALUTE
CHE COSA FA ALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA?
Rene e cervello sono i principali «imputati» per l'ipertensione
Almeno 2 adulti su 10 sono ipertesi, cioè hanno la pressione arteriosa troppo alta, ma metà di loro lo
ignora perché questa condizione di solito non dà disturbi, ma, al
massimo, piccoli segnali non sempre facili da cogliere. «L'ipertensione
si sviluppa quando le pareti delle arterie perdono la loro elasticità
naturale, diventano rigide e i vasi più piccoli si restringono - spiega il
prof. Fabio Magrini, direttore di Medicina cardiovascolare
dell'Ospedale Policlinico di Milano -.
Esistono diverse linee di pensiero su perché ciò accada.
Da una parte c'è il "partito del sale e dell'acqua" che sostiene che
questo avvenga perché il rene fa fatica a scambiare il sodio con il potassio, favorendo così l'accumulo
di sodio e acqua che, a sua volta, si insinuerebbe nelle pareti delle arterie, restringendone il calibro.
Poi c'è il "partito del sistema nervoso centrale", ovvero di coloro che mettono in primo piano il ruolo
dello stress, responsabile della secrezione di adrenalina e altre sostanze che causano modificazioni a
livello dei vasi sanguigni. Infine c'è il "partito del mosaico" che va per la maggiore e che vede
l'ipertensione come una malattia multifattoriale in cui le singole cause cambiano ed evolvono nel
tempo».
Quali sono i segnali della pressione è alta?: «A volte chi non ha mai avuto mal di testa inizia a
soffrirne oppure bastano piccoli sforzi per fa venire il fiato corto o, ancora, ci si alza spesso di notte per
urinare, mentre fino a poco tempo prima si tirava fino al mattino.
Detto questo, l'unico modo per capire se la pressione è stabilmente alta è misurarla con uno
sfigmomanometro, tenendo magari un diario dei valori per un paio di settimane.
La pressione arteriosa è normale quando il valore sistolico (massima) è inferiore a 140 mmHg
(millimetri di mercurio) e quello diastolico (minima) inferiore a 90 mmHg.
Ideali per la salute sono, però, valori inferiori a 130/85 mmHg».
Quando va misurata la pressione? «La pressione varia nelle 24 ore, di notte scende e al risveglio
inizia a salire. Il momento più indicativo dell'andamento pressorio è il tramonto. La si può misurare dal
medico, in farmacia o a casa. I 18-20 anni sono considerati un buon momento per iniziare a misurarla
una volta l'anno.
Nelle donne la pressione va controllata soprattutto in gravidanza (la pressione dovrebbe abbassarsi),
durante l'assunzione della pillola anticoncezionale e la menopausa (la pressione tende a oscillare).
Passati i 40 anni sarà il medico nei singoli casi a indicare la frequenza ottimale dei controlli, a seconda
anche della presenza o meno di fattori di rischio cardiovascolare come fumo, colesterolo alto, storia
familiare di malattie cardiovascolari, sovrappeso e obesità».
Come si cura la pressione alta? «Ridurre il sovrappeso, fare esercizio, non eccedere con il sale: sono
tutti accorgimenti che possono evitare o posticipare l'ipertensione. Una volta che la condizione si è
instaurata nella maggior parte dei casi, si rende necessario il ricorso a farmaci antipertensivi.
Ne esistono di diversi tipi e non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo a tutti e anche gli effetti
collaterali possono variare da persona a persona. La cura va quindi personalizzata». (Salute, Corriere)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno II – Numero 312
ALIMENTI E SALUTE
CON QUESTI CIBI IL COLON SI «IRRITA» ANCHE DI PIÙ
Nuove indicazioni da una ricerca australiana. Una dieta anti-gonfiore ma da fare
solo con il controllo degli esperti
Questa sigla misteriosa, o meglio questo acronimo, FODMAP (che
prende origine dalle parole inglesi: fermentabili, oligosaccaridi,
disaccaridi, monosaccaridi e polioli), potrebbe presto diventare
familiare a chi soffre di colon irritabile, a volte chiamato in modo
improprio “colite”. Disturbo molto frequente soprattutto fra le
donne, caratterizzato da alvo alterno (stipsi e diarrea alternate),
gonfiore e dolore addominale, specie dopo i pasti.
CARBOIDRATI A CATENA CORTA - I FODMAP sono carboidrati a catena corta che, essendo poco
assorbiti nel piccolo intestino (la prima parte dell’intestino, deputata alla digestione e all’assorbimento
dei nutrienti) passano nel colon dove vengono rapidamente fermentati dai batteri intestinali, con
conseguente produzione di idrogeno e distensione intestinale. Fenomeno che nelle persone con colon
irritabile, potrebbe acuire i disturbi. Questa ipotesi, formulata da tempo da un gruppo di ricerca della
Monash University di Melbourne, trova ora conferma in uno studio pubblicato su Gastroenterology.
LO STUDIO - Nello studio, trenta pazienti affetti da sindrome del colon irritabile e otto soggetti sani,
utilizzati come gruppo di “controllo”, hanno seguito, a rotazione, per tre settimane, una dieta a basso
contenuto di FODMAP e, per altre tre settimane, una dieta con normale contenuto di FODMAP.
I problemi gastrointestinali venivano poi valutati giornalmente dai partecipanti alla ricerca attraverso
una “scala” che prevedeva, per ciascuno dei principali sintomi, l’attribuzione di un punteggio da 0 a
100. Risultato: con la dieta a basso contenuto di FODMAP i pazienti hanno constatato che i disturbi
gastrointestinali risultavano significativamente ridotti - arrivando addirittura a un dimezzamento del
punteggio medio nella valutazione dei sintomi - già a partire dalla seconda settimana di dieta. Nel
gruppo di controllo, invece, non si sono osservate differenze con le due diete.
LA DIETA - «È da un po’ di tempo che si parla dei potenziali vantaggi di una dieta a basso contenuto di
FODMAP - commenta Silvio Danese, responsabile del Centro di ricerca e cura delle malattie
infiammatorie croniche intestinali dell’Ist. Humanitas di Rozzano - e questo studio clinico controllato
rappresenta senza dubbio una conferma interessante. Occorre considerare, però, che i FODMAP
comprendono diversi composti presenti in molti comuni alimenti: per esempio i fruttani che si trovano
nel grano e nell’aglio; il lattosio cioè lo zucchero del latte; il fruttosio cioè lo zucchero della frutta,
quando è presente in quantità superiore rispetto al glucosio (come si verifica in mele, pere, miele).
Quindi, bisogna essere consapevoli dei possibili rischi che potrebbero derivare da una dieta restrittiva
non ben pianificata». «Al momento, - conclude Danese - lo studio pubblicato su Gastroenterology è
dunque una tappa importante, ma è necessario valutare l’effetto a lungo termine delle restrizioni
suggerite sui sintomi del colon irritabile; inoltre va ribadito che prima di intraprendere una dieta di
questo tipo è sempre necessaria una valutazione da parte di un gastroenterologo e un nutrizionista,
per non rischiare di creare, nel tempo, dei deficit nutrizionali». (Salute, Corriere)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
DONNE, PER CHI
CONTA
Anno II – Numero 312
È FELICE IN AMORE IL PESO NON
Un cuore soddisfatto conta più dell'ago della bilancia
Per abbandonare ogni preoccupazione nei confronti della bilancia basta essere felici in amore. O,
almeno, è questa la regola che sembra valere nel caso delle donne.
Uno studio dell'Università di Tallin, presentato ad una
conferenza della British Psychological Society, ha infatti
svelato che le donne che vivono una relazione felice
accettano il proprio peso anche se non corrisponde al
loro ideale di forma fisica, hanno un'autostima più
elevata e si sento più a proprio agio con loro stesse.
Le partecipanti, tutte sposate o conviventi e di età
compresa tra i 20 e i 45 anni, hanno risposto a domande
sulla loro soddisfazione emotiva, sessuale e intellettuale,
sugli interessi condivisi con il compagni e sul proprio
peso.
In particolare, è stato loro chiesto se fossero soddisfatte
del proprio peso e quale fosse il loro peso ideale. I dati
raccolti in questo modo “suggeriscono che la nostra
soddisfazione per il nostro peso corporeo, per la forma
del nostro fisico e per il nostro peso abbia più a che fare
con quanto siamo felici in aspetti importanti della nostra
vita, come le nostre relazioni sentimentali, che con
quanto dice la bilancia che abbiamo in bagno”, ha
spiegato Sabina Vatter, autrice dello studio.
A confermare questa ipotesi sarebbe anche il fatto che le donne infelici del loro rapporto possono
trasferire le proprie preoccupazioni sul peso.
In questo caso ad alimentare il desiderio di migliorare la propria forma fisica sarebbero le pressioni
esercitate dal proprio compagno.
Tuttavia, Vatter ha ricordato “le donne non devono essere troppo ossessionate dal loro peso. La cosa
più importante è mangiare in modo sano e fare un'attività fisica regolare”. Quest'ultima, ha concluso la
ricercatrice, può aiutare a migliorare l'autostima dando la sensazione di fare qualcosa di buono per il
proprio corpo. (salute, Sole 24ore)
SALUTE: PERDITA DEI DENTI, LA METÀ È DOVUTA A
CATTIVA IGIENE
Tra le cause che portano alla perdita di uno o più denti la mancata cura dell’igiene
orale (47%) è quasi sovrapponibile all’incidenza delle malattie parodontali (49%).
E' quanto emerge da un'indagine condotta su oltre mille dentisti italiani e presentata da Andi
(l'Associazione nazionale dei dentisti italiani).
Dallo studio emerge anche che il comportamento dei pazienti davanti a questa problematica si divide
in due tipologie: poco più della metà si preoccupa (54%), mentre gli altri non affrontano il problema,
comportando che il 31,5% dei pazienti portatori di ponti mobili diventa frequentemente portatore di
protesi totale. (salute, Sole 24ore)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno II – Numero 312
USARE TROPPO IL CELLULARE FA DIVENTARE ANSIOSI E
MENO FELICI
Aumenta il senso di isolamento e i voti peggiorano
Il telefonino, usato troppo, fa diventare ansiosi e meno felici; inoltre riduce anche le performance
accademiche per gli studenti.
Sono le conclusioni di uno studio su un campione di 500
giovani condotto presso la Kent State University in Ohio e
pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior.
Gli esperti hanno chiesto agli studenti di dire quanto
avessero usato in media negli ultimi 12 mesi il proprio
cellulare o smartphone.
Poi di compilare un questionario per valutarne grado di
felicità, soddisfazione e livelli di ansia.
Infine i ricercatori hanno visto i voti conseguiti nell'ultimo
anno dagli studenti.
E' emerso che più aumentava il tempo trascorso a usare il cellulare, più crescevano i livelli di ansia e di
insoddisfazione. L'uso del cellulare sembrava incidere negativamente sui voti conseguiti.
Il telefonino aiuta interagire e fa sentire meno soli o isolati, ma quando è usato eccessivamente e si è
incapaci di disconnettersi, allora dal piacere si passa alla frustrazione.
Sembra dunque divenire un mezzo che deconcentra e aumenta lo stress, ingenerando ansia,
concludono i ricercatori. (Salute e Benessere)
CREME VITAMINA A EFFICACI ANTIRUGHE,
MA POSSONO IRRITARE CUTE
Reale l'azione biologica del retinolo. Carenti studi su sicurezza
Promosse con riserva, le creme antirughe alla vitamina A, presente come
retinolo o retinil palmitato. Hanno una azione biologica riconosciuta e non
mancano le prove cliniche di efficacia: rendono la pelle davvero più liscia e attenuano le rughe, ma
sono necessari più studi di valutazione sui possibili effetti collaterali,
soprattutto irritazioni della pelle.
Lo sostiene il Norwegian scientific committee for food safety in un dossier
di valutazione del rischio sulla vitamina A e i suoi derivati usati in ambito
dermatologico, pubblicato i giorni scorsi.
“I retinoidi possono agire contro alcuni disturbi della pelle, come psoriasi,
ipercheratosi, acne, rughe e foto invecchiamento. Applicati per via topica
possono bloccare la degradazione del collagene del derma e migliorare lo
stato della pelle, lasciandola più liscia”.
Gli esperti del comitato norvegese quindi promuovono la vitamina A ma sostengono anche che ”l'uso
del retinolo e derivati può indurre a reazioni avverse, soprattutto irritazioni cutanee, ma non ci sono
ricerche sufficienti per valutare la relazione fra potenziale irritativo e concentrazione degli ingredienti
per stabilirne un eventuale limite nell'uso''.
I ricercatori sono arrivati a tali conclusioni basandosi su una analisi di 12 studi, 10 fatti sull'uomo e 2
sulle cavie di laboratorio. (ANSA)