COMPARAZIONE TRA LA FED E LA BCE. La Bce è la banca principale dell’Unione Europea, La Fed è la banca principale degli Stati Uniti. Negli anni 2000, durante la crisi finanziaria e la successiva crisi economica mondiale, la Federal Reserve ha iniziato a far ricorso alla politica di alleggerimento quantitativo, cd. quantitative easing, consistente in una politica monetaria espansionistica, ossia nella creazione di nuova moneta, allo scopo di stimolare la crescita economica e l’occupazione, attraverso la quale si coinvolge le banche centrali nell’acquisto di titoli governativi con scadenza a breve termine, per abbassare gli interessi medi di breve termine presenti sul mercato. Per avere quindi denaro per sostenere la loro economia, i loro servizi e le loro attività, gli stati emettono titoli che possono essere acquistati dai cittadini e dalle imprese. Tra i principali acquirenti di questi titoli ci sono le banche, che hanno quindi grandi quantità di denaro immobilizzate perché investono nei titoli (non solo di stato). Per creare moneta, e cioè fare in modo che ci sia più denaro in circolazione per ottenere prestiti dalle banche e attivare investimenti più facilmente, una banca centrale può decidere di ricorrere al QE. In pratica propone alle banche di ricomprarsi i titoli, di solito a condizioni vantaggiose, sperando che con il denaro ottenuto dalla vendita i singoli istituti bancari rendano più semplice l’accesso al credito, cioè la possibilità per i loro clienti – cittadini e imprese – di prendere denaro in prestito più facilmente e a tassi di interesse più bassi. Il Quantitative Easing ha diverse conseguenze, di solito legate al contesto economico in cui viene realizzato. Tra le più comuni c’è l’impatto sull’andamento del costo della vita e del potere di acquisto della moneta. In breve: mettendo più denaro in circolazione con operazioni come il QE si riduce il valore della moneta (si svaluta: ce n’è di più e questo incide sulla domanda) e di conseguenza i prezzi aumentano perché il denaro con cui si fanno gli acquisti vale meno. Per questo motivo sale l’inflazione: una cosa generalmente percepita come negativa, perché fa aumentare i prezzi, ma le banche centrali sanno bene che un minimo di inflazione è positivo per evitare che si finisca in deflazione, cioè a una progressiva diminuzione dei prezzi. Oggi per l’UE e l’eurozona lo scenario è sicuramente la deflazione, più che l’inflazione. La deflazione è molto rischiosa perché innesca un circolo vizioso dannoso per l’economia: consumatori e aziende rimandano i loro acquisti non indispensabili perché vedono che i prezzi continuano a scendere e si aspettano quindi altri cali, di conseguenza la domanda si mantiene debole e i produttori di beni e servizi riducono ulteriormente i prezzi, sperando che qualcuno acquisti. Le imprese di conseguenza registrano meno ricavi, avviano tagli e provano a ridurre i costi partendo da quelli che più influiscono sui loro bilanci, che di solito sono i dipendenti. 1 Il QE è una politica seguita dalla Federal Reserve con la quale si immette liquidità nel sistema, che ha causato si l’aumento dell’inflazione, ma non ha mai superato il 4% anno su anno ed è riuscita a imprimere una svolta alla crisi negli Stati Uniti. A una politica monetaria espansiva – attuabile grazie al Qe – corrisponde una politica fiscale espansiva, ossia l’abbassamento delle tasse e gli investimenti statali. La BCE, invece, al fine di perseguire il suo primario obiettivo statutario (stabilità dei prezzi e tasso di inflazione non superiore al 2%), inizialmente decise di non ricorrere a operazioni di alleggerimento quantitativo, limitandosi ad acquisti minimi di attività finanziarie (soprattutto bond), sostenuti attraverso aste di liquidità e non attraverso l'emissione di nuova moneta. Tuttavia, a fine 2011, anche la BCE ha iniziato a effettuare operazioni di rifinanziamento a lungo termine, cosiddette "LTRO", in due aste, aperte alle banche commerciali, per un totale di circa mille miliardi di euro. A differenza però dell’alleggerimento quantitativo vero e proprio, la moneta creata dal nulla per i LTRO aveva una scadenza (al massimo tre anni): questo perché le operazioni di rifinanziamento rese disponibili alle banche contemplavano la restituzione dei prestiti, e la conseguente diminuzione delle dimensioni del bilancio della BCE. Per il persistere, però, di condizioni di stagnazione, e l'aggiunta del rischio di deflazione, nel corso del 2014 la BCE ha considerato con sempre maggiore forza la possibilità di iniettare liquidità netta: questo dapprima si è verificato con un finanziamento bancario a lungo termine questa volta finalizzato al supporto creditizio di imprese del settore non finanziario (dell'”economia reale”), i cui risultati sono però stati minori delle attese. A questo punto, visto il persistere della stretta creditizia e l'esaurimento delle politiche monetarie convenzionali (abbassamento dei tassi di interesse allo zero, tasso di interesse negativo per i depositi presso la stessa BCE), è stato considerato con sempre maggior consenso la decisione di un vero alleggerimento quantitativo nell'Eurozona. Nel 2015 il governatore Mario Draghi tramite la BCE ha iniziato l’acquisto di titoli di debito pubblici e privati al ritmo di 60 miliardi di euro/mese, fino a quando il tasso di inflazione nell’eurozona non fosse tornato ad avvicinarsi al 2%, proseguito nel 2016. In estrema sintesi possiamo dire che sono diversi i risultati ottenuti dai due diversi istituti, infatti, la Fed agisce con una maggiore autonomia rispetto alla Banca Centrale Europea. Il risultato di una politica monetaria più accorta, più libera da vincoli, quella della Banca Centrale Americana, ha permesso di creare ben due milioni di posti di lavoro. È proprio quest’ultima questione il nocciolo del problema dove si cela la profonda differenza costituzionale tra la Fed e la Bce. Lo scopo della Federal Reserve come da atto costitutivo è quello di ottenere la piena occupazione, non solo di lottare contro l'inflazione. 2 Quindi la Federal Reserve ha come compito principale quello della piena occupazione, a differenza della Banca Centrale Europea che da un peso maggiore invece al controllo dell’inflazione. CONTROVERSIE LEGALI SULLE POLITICHE “NON CONVENZIONALI” Quando nel 2012 diversi paesi del Sud Europa apparivano prossimi al default, il Presidente della Bce Mario Draghi assicurò che la Bce era pronta a “fare tutto il necessario per salvare l'Euro” e a tal fine attivava l’OMT, un programma che consisteva nella promessa di acquistare un numero potenzialmente illimitato di titoli di Stato, senza operare come creditore privilegiato, e soltanto per quei paesi dell’Eurozona che, in difficoltà finanziaria, accettavano di sottoporsi ad un programma di risanamento stipulato con il Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) . Poiché le politiche convenzionali della Bce non potevano funzionare efficacemente, l’OMT rappresenta un atto atipico in cui gli acquisti di titoli di stato infatti non sono mai avvenuti, dato che la semplice promessa di una loro eventuale acquisizione ha calmato le turbolenze finanziarie all’interno della Zona Euro. La Corte Costituzionale tedesca ha messo apertamente in dubbio la legalità del programma, effettuando per la prima volta nella sua storia un rinvio pregiudiziale di interpretazione alla Corte di Giustizia di compatibilità con l’art. 123 Trattato che vieta alla Bce l’acquisto di titoli nel mercato primario, cioè direttamente dagli Stati al momento dell’emissione. Il programma OMT consiste nella promessa di acquistare titoli sovrani nel mercato secondario, cioè da prenditori diversi dagli Stati emittenti, permessi dall’art. 18 dello Statuto. La Corte di Giustizia ha giudicato il programma in questione compatibile con i Trattati ritenendo che le “garanzie” predisposte dalla Banca fossero sufficienti ad evitare un illegale aggiramento dell’art. 123 TFUE. L’Istituto promette infatti di comprare unicamente titoli di breve durata, i meno idonei a modificare il valore di mercato dei titoli, e senza mai annunciare ex ante la quantità dei prodotti da acquistare. In questo modo gli agenti privati non potranno mai essere sicuri del riacquisto da parte della Bce. Il programma OMT aveva uno scopo ulteriore e più importante rispetto a quello di assicurare l’efficacia delle operazioni convenzionali della Bce: influenzare in maniera diretta il tasso d’interesse dei titoli di stato dei paesi in maggiore difficoltà (Grecia, Spagna, Portogallo ed Italia) con il fine di impedire la bancarotta di questi ultimi e salvaguardare la stabilità finanziaria dell’Eurozona. Mentre infatti i titoli di stato inglesi, americani o giapponesi sono sempre assicurati dalla banca centrale del rispettivo paese, all’interno della Zona Euro tale garanzia è vietata dall’art. 123 TFUE, che proibisce espressamente alla Bce di esercitare questo ruolo. Gli agenti privati tengono in grande 3 considerazione questa mancanza, non potendo essere sicuri che, una volta arrivati a scadenza, i titoli acquistati verranno effettivamente pagati. La Bce è quindi intervenuta per sanare un vizio genetico dell’Unione Economica e Monetaria, promettendo di operare come prestatore di ultima istanza e assicurando gli investitori sulla irreversibilità della moneta unica. In base ai Trattati, l’obiettivo della stabilità finanziaria non rientra tra i compiti istituzionali della Bce, che persegue principalmente la stabilità dei prezzi, ma degli Stati membri. Tuttavia ci sono numerose ragioni per considerarla anche un obiettivo implicito dell’Istituto. La Bce ha infatti il compito di contribuire alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi ed alla stabilità del sistema finanziario nonché quello di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. La Corte di Giustizia e la Corte Costituzionale tedesca hanno fornito due interpretazioni diverse del mandato monetario della Bce. Rifiutandosi infatti di effettuare un sindacato sostanziale delle scelte monetarie della Bce, i giudici europei accettano che la stessa sia totalmente indipendente non solo dall’influenza politica delle Istituzioni europee e nazionali (come previsto dai Trattati), ma anche dal controllo giudiziale della Corte. La Corte costituzionale tedesca arriva, invece, a conclusioni totalmente opposte. Secondo i giudici la Bce è dotata di un elevatissimo grado di autonomia nei confronti delle Istituzioni democratiche europee e nazionali in virtù del proprio mandato monetario, cioè in virtù dell’esclusivo obbligo di salvaguardare la stabilità dei prezzi nella Zona Euro. Se tale mandato venisse interpretato in maniera estensiva, permettendo di conseguenza alla Bce di utilizzare poteri o strumenti non espressamente previsti dai Trattati, questo equivarrebbe ad un vulnus democratico irreparabile per la democrazia tedesca. Il Parlamento ed il Governo avevano infatti accettato di cedere la propria sovranità monetaria ad una Istituzione Europea per un mandato ben preciso, che secondo i giudici equivarrebbe esclusivamente agli strumenti monetari ordinari. Questa interpretazione ha come conseguenza quella di impedire alla Bce di intervenire a salvaguardia della stabilità finanziaria dell’Eurozona. Secondo i giudici tedeschi, infatti, ogni forma di acquisto (compreso quelli all’interno del QE) sarebbe contrario all’art. 125 TFUE, che vieta l’automatica assunzione di responsabilità da parte dell’Unione o degli Stati membri per passività contratte da un singolo paese. 4