S. Ferri-11-e-12-ottobre

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COMPARAZIONE TRA LA FED E LA BCE.
La Bce è la banca principale dell’Unione Europea, La Fed è la banca principale degli Stati Uniti.
Negli anni 2000, durante la crisi finanziaria e la successiva crisi economica mondiale, la Federal
Reserve ha iniziato a far ricorso alla politica di alleggerimento quantitativo, cd. quantitative easing,
consistente in una politica monetaria espansionistica, ossia nella creazione di nuova moneta, allo
scopo di stimolare la crescita economica e l’occupazione, attraverso la quale si coinvolge le banche
centrali nell’acquisto di titoli governativi con scadenza a breve termine, per abbassare gli interessi
medi di breve termine presenti sul mercato.
Per avere quindi denaro per sostenere la loro economia, i loro servizi e le loro attività, gli stati
emettono titoli che possono essere acquistati dai cittadini e dalle imprese.
Tra i principali acquirenti di questi titoli ci sono le banche, che hanno quindi grandi quantità di
denaro immobilizzate perché investono nei titoli (non solo di stato). Per creare moneta, e cioè fare
in modo che ci sia più denaro in circolazione per ottenere prestiti dalle banche e attivare
investimenti più facilmente, una banca centrale può decidere di ricorrere al QE. In pratica propone
alle banche di ricomprarsi i titoli, di solito a condizioni vantaggiose, sperando che con il denaro
ottenuto dalla vendita i singoli istituti bancari rendano più semplice l’accesso al credito, cioè la
possibilità per i loro clienti – cittadini e imprese – di prendere denaro in prestito più facilmente e a
tassi di interesse più bassi.
Il Quantitative Easing ha diverse conseguenze, di solito legate al contesto economico in cui viene
realizzato. Tra le più comuni c’è l’impatto sull’andamento del costo della vita e del potere di
acquisto della moneta. In breve: mettendo più denaro in circolazione con operazioni come il QE si
riduce il valore della moneta (si svaluta: ce n’è di più e questo incide sulla domanda) e di
conseguenza i prezzi aumentano perché il denaro con cui si fanno gli acquisti vale meno. Per questo
motivo sale l’inflazione: una cosa generalmente percepita come negativa, perché fa aumentare i
prezzi, ma le banche centrali sanno bene che un minimo di inflazione è positivo per evitare che si
finisca in deflazione, cioè a una progressiva diminuzione dei prezzi. Oggi per l’UE e l’eurozona lo
scenario è sicuramente la deflazione, più che l’inflazione.
La deflazione è molto rischiosa perché innesca un circolo vizioso dannoso per l’economia:
consumatori e aziende rimandano i loro acquisti non indispensabili perché vedono che i prezzi
continuano a scendere e si aspettano quindi altri cali, di conseguenza la domanda si mantiene debole
e i produttori di beni e servizi riducono ulteriormente i prezzi, sperando che qualcuno acquisti. Le
imprese di conseguenza registrano meno ricavi, avviano tagli e provano a ridurre i costi partendo da
quelli che più influiscono sui loro bilanci, che di solito sono i dipendenti.
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Il QE è una politica seguita dalla Federal Reserve con la quale si immette liquidità nel sistema, che
ha causato si l’aumento dell’inflazione, ma non ha mai superato il 4% anno su anno ed è riuscita a
imprimere una svolta alla crisi negli Stati Uniti. A una politica monetaria espansiva – attuabile
grazie al Qe – corrisponde una politica fiscale espansiva, ossia l’abbassamento delle tasse e gli
investimenti statali.
La BCE, invece, al fine di perseguire il suo primario obiettivo statutario (stabilità dei prezzi e tasso
di inflazione non superiore al 2%), inizialmente decise di non ricorrere a operazioni di
alleggerimento quantitativo, limitandosi ad acquisti minimi di attività finanziarie (soprattutto bond),
sostenuti attraverso aste di liquidità e non attraverso l'emissione di nuova moneta.
Tuttavia, a fine 2011, anche la BCE ha iniziato a effettuare operazioni di rifinanziamento a lungo
termine, cosiddette "LTRO", in due aste, aperte alle banche commerciali, per un totale di circa mille
miliardi di euro. A differenza però dell’alleggerimento quantitativo vero e proprio, la moneta creata
dal nulla per i LTRO aveva una scadenza (al massimo tre anni): questo perché le operazioni di
rifinanziamento rese disponibili alle banche contemplavano la restituzione dei prestiti, e la
conseguente diminuzione delle dimensioni del bilancio della BCE.
Per il persistere, però, di condizioni di stagnazione, e l'aggiunta del rischio di deflazione, nel corso
del 2014 la BCE ha considerato con sempre maggiore forza la possibilità di iniettare liquidità netta:
questo dapprima si è verificato con un finanziamento bancario a lungo termine questa volta
finalizzato al supporto creditizio di imprese del settore non finanziario (dell'”economia reale”), i cui
risultati sono però stati minori delle attese. A questo punto, visto il persistere della stretta creditizia
e l'esaurimento delle politiche monetarie convenzionali (abbassamento dei tassi di interesse allo
zero, tasso di interesse negativo per i depositi presso la stessa BCE), è stato considerato con sempre
maggior consenso la decisione di un vero alleggerimento quantitativo nell'Eurozona.
Nel 2015 il governatore Mario Draghi tramite la BCE ha iniziato l’acquisto di titoli di debito
pubblici e privati al ritmo di 60 miliardi di euro/mese, fino a quando il tasso di inflazione
nell’eurozona non fosse tornato ad avvicinarsi al 2%, proseguito nel 2016.
In estrema sintesi possiamo dire che sono diversi i risultati ottenuti dai due diversi istituti, infatti, la
Fed agisce con una maggiore autonomia rispetto alla Banca Centrale Europea. Il risultato di una
politica monetaria più accorta, più libera da vincoli, quella della Banca Centrale Americana, ha
permesso di creare ben due milioni di posti di lavoro. È proprio quest’ultima questione il nocciolo
del problema dove si cela la profonda differenza costituzionale tra la Fed e la Bce. Lo scopo della
Federal Reserve come da atto costitutivo è quello di ottenere la piena occupazione, non solo di
lottare contro l'inflazione.
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Quindi la Federal Reserve ha come compito principale quello della piena occupazione, a differenza
della Banca Centrale Europea che da un peso maggiore invece al controllo dell’inflazione.
CONTROVERSIE LEGALI SULLE POLITICHE “NON CONVENZIONALI”
Quando nel 2012 diversi paesi del Sud Europa apparivano prossimi al default, il Presidente della
Bce Mario Draghi assicurò che la Bce era pronta a “fare tutto il necessario per salvare l'Euro” e a tal
fine attivava l’OMT, un programma che consisteva nella promessa di acquistare un numero
potenzialmente illimitato di titoli di Stato, senza operare come creditore privilegiato, e soltanto per
quei paesi dell’Eurozona che, in difficoltà finanziaria, accettavano di sottoporsi ad un programma di
risanamento stipulato con il Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM) .
Poiché le politiche convenzionali della Bce non potevano funzionare efficacemente, l’OMT
rappresenta un atto atipico in cui gli acquisti di titoli di stato infatti non sono mai avvenuti, dato che
la semplice promessa di una loro eventuale acquisizione ha calmato le turbolenze finanziarie
all’interno della Zona Euro.
La Corte Costituzionale tedesca ha messo apertamente in dubbio la legalità del programma,
effettuando per la prima volta nella sua storia un rinvio pregiudiziale di interpretazione alla Corte di
Giustizia di compatibilità con l’art. 123 Trattato che vieta alla Bce l’acquisto di titoli nel mercato
primario, cioè direttamente dagli Stati al momento dell’emissione. Il programma OMT consiste
nella promessa di acquistare titoli sovrani nel mercato secondario, cioè da prenditori diversi dagli
Stati emittenti, permessi dall’art. 18 dello Statuto.
La Corte di Giustizia ha giudicato il programma in questione compatibile con i Trattati ritenendo
che le “garanzie” predisposte dalla Banca fossero sufficienti ad evitare un illegale aggiramento
dell’art. 123 TFUE. L’Istituto promette infatti di comprare unicamente titoli di breve durata, i meno
idonei a modificare il valore di mercato dei titoli, e senza mai annunciare ex ante la quantità dei
prodotti da acquistare. In questo modo gli agenti privati non potranno mai essere sicuri del
riacquisto da parte della Bce.
Il programma OMT aveva uno scopo ulteriore e più importante rispetto a quello di assicurare
l’efficacia delle operazioni convenzionali della Bce: influenzare in maniera diretta il tasso
d’interesse dei titoli di stato dei paesi in maggiore difficoltà (Grecia, Spagna, Portogallo ed Italia)
con il fine di impedire la bancarotta di questi ultimi e salvaguardare la stabilità finanziaria
dell’Eurozona.
Mentre infatti i titoli di stato inglesi, americani o giapponesi sono sempre assicurati dalla banca
centrale del rispettivo paese, all’interno della Zona Euro tale garanzia è vietata dall’art. 123 TFUE,
che proibisce espressamente alla Bce di esercitare questo ruolo. Gli agenti privati tengono in grande
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considerazione questa mancanza, non potendo essere sicuri che, una volta arrivati a scadenza, i titoli
acquistati verranno effettivamente pagati.
La Bce è quindi intervenuta per sanare un vizio genetico dell’Unione Economica e Monetaria,
promettendo di operare come prestatore di ultima istanza e assicurando gli investitori sulla
irreversibilità della moneta unica.
In base ai Trattati, l’obiettivo della stabilità finanziaria non rientra tra i compiti istituzionali della
Bce, che persegue principalmente la stabilità dei prezzi, ma degli Stati membri.
Tuttavia ci sono numerose ragioni per considerarla anche un obiettivo implicito dell’Istituto. La Bce
ha infatti il compito di contribuire alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi ed alla stabilità del
sistema finanziario nonché quello di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di
pagamento.
La Corte di Giustizia e la Corte Costituzionale tedesca hanno fornito due interpretazioni diverse del
mandato monetario della Bce. Rifiutandosi infatti di effettuare un sindacato sostanziale delle scelte
monetarie della Bce, i giudici europei accettano che la stessa sia totalmente indipendente non solo
dall’influenza politica delle Istituzioni europee e nazionali (come previsto dai Trattati), ma anche
dal controllo giudiziale della Corte.
La Corte costituzionale tedesca arriva, invece, a conclusioni totalmente opposte. Secondo i giudici
la Bce è dotata di un elevatissimo grado di autonomia nei confronti delle Istituzioni democratiche
europee e nazionali in virtù del proprio mandato monetario, cioè in virtù dell’esclusivo obbligo di
salvaguardare la stabilità dei prezzi nella Zona Euro. Se tale mandato venisse interpretato in
maniera estensiva, permettendo di conseguenza alla Bce di utilizzare poteri o strumenti non
espressamente previsti dai Trattati, questo equivarrebbe ad un vulnus democratico irreparabile per la
democrazia tedesca. Il Parlamento ed il Governo avevano infatti accettato di cedere la propria
sovranità monetaria ad una Istituzione Europea per un mandato ben preciso, che secondo i giudici
equivarrebbe esclusivamente agli strumenti monetari ordinari. Questa interpretazione ha come
conseguenza quella di impedire alla Bce di intervenire a salvaguardia della stabilità finanziaria
dell’Eurozona.
Secondo i giudici tedeschi, infatti, ogni forma di acquisto (compreso quelli all’interno del QE)
sarebbe contrario all’art. 125 TFUE, che vieta l’automatica assunzione di responsabilità da parte
dell’Unione o degli Stati membri per passività contratte da un singolo paese.
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