Lavoro Di Maturità
Fisica quantistica
Quantum Erasure
Autore:
Moreno Colombo
Docente responsabile:
Prof. Christian Ferrari
Liceo Cantonale Di Locarno, Anno 2011
.
Anyone who is not shocked by quantum theory has not understood it.
Niels Bohr
Ringraziamenti
La realizzazione del lavoro che vi apprestate a leggere è stata possibile
soprattutto grazie al prof. Christian Ferrari, che ha contribuito ad
avvicinarmi allo strano mondo della fisica quantistica. I miei ringraziamenti vanno quindi a lui, che con la sua grande competenza
in materia ha sempre saputo darmi importanti suggerimenti e aiuti.
Ci tengo anche a ringraziare mio fratello Simone, che è riuscito ad
aiutarmi a risolvere alcuni problemi sorti durante la realizzazione di
questo lavoro.
Indice
1 Interferenze quantistiche
1
1.1
Gli elementi della fisica classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
1.2
I quanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
1.3
Alcune interferenze quantistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4
1.3.1
Interferenza di neutroni
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4
1.3.2
Interferenza di molecole di carbonio 60 . . . . . . . . . . .
6
L’interferometro di Mach-Zehnder . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
1.4.1
Prima esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
1.4.2
Seconda esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9
1.4.3
Interferometro di Mach-Zehnder . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.4
2 Interferenza a una particella
13
2.1
Principi della fisica quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2
L’interferometro di Mach-Zehnder . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.3
Which-way detector . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3 Which-way entangler
3.1
18
Which-way entangler con fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.1.1
Esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.1.2
Descrizione dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
INDICE
3.1.3
3.2
3.3
Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
Which-way entangler con atomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.2.1
Esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.2.2
Descrizione dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.2.3
Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Entanglement . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
4 Quantum eraser
4.1
4.2
iv
24
Quantum eraser con fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
4.1.1
Esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
4.1.2
Descrizione dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
4.1.3
Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
Quantum eraser con atomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
4.2.1
Esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
4.2.2
Descrizione dell’esperienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.2.3
Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
5 Conclusione
31
A Basi matematiche
32
A.1 Il campo dei numeri complessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
A.2 Lo spazio di Hilbert Cn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
A.3 Prodotto tensoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
B Polarizzazione
36
Bibliografia
38
Capitolo 1
Interferenze quantistiche
Questo primo capitolo è atto ad avvicinare il lettore al mondo delle interferenze quantistiche a una particella, un fenomeno straordinario della fisica
quantistica. Sfrutteremo alcune esperienze svolte nel passato e ne osserveremo le
conclusioni totalmente controintuitive. Per cominciare è però bene comprendere
di cosa si sta parlando quando si sente nominare la fisica quantistica.
1.1
Gli elementi della fisica classica
Per arrivare a parlare della fisica quantistica, dobbiamo prima vedere alcuni
aspetti di quella classica. Per la fisica classica, fino alla fine del XIX secolo, si
può descrivere tutto ciò che accade grazie a due tipi di concetti. Il primo è il
punto materiale. Un punto materiale modellizza un qualsiasi oggetto come un
oggetto puntiforme, ovvero senza estensione, avente una massa. Il modello del
punto materiale è la base di tutta la meccanica classica, permette di sviluppare
il concetto di traiettoria e l’idea di forza, di descrivere il moto, sia sul nostro
pianeta che nello spazio.
Per spiegare alcuni movimenti particolari di materia, come le onde sull’acqua o
il suono nell’aria, si usa la nozione di onda. Invece di descrivere il movimento
di ciascuno degli atomi dell’aria o dell’acqua, l’onda permette di descrivere semplicemente il movimento di questi nel loro insieme. Grazie al concetto di onda
si svilupperà poi l’elettromagnetismo con le sue onde elettromagnetiche (luce,
onde radio, raggi X). Abbiamo visto che le onde sonore si propagano nell’aria,
ma qual’è il mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche? Si ipotizza allora un mezzo nel quale le onde elettromagnetiche si propagano: il famoso etere.
Per far sı̀ che tutto funzioni, bisogna dotare questo mezzo di proprietà estreme
e contraddittorie: deve essere molto rigido per spiegare l’altissima velocità della
GLI ELEMENTI DELLA FISICA CLASSICA
2
luce e allo stesso tempo molto morbido per occupare tutti gli spazi fra la materia. Si finisce per rinunciare all’etere, dicendo che le onde elettromagnetiche sono
composte da un campo elettrico e da uno magnetico, oscillanti su piani tra loro
ortogonali, e a loro volta ortogonali alla direzione di propagazione dell’onda. Ma
che cos’è un campo?
Facciamo un salto indietro nel tempo.
È il 1687 e Newton pubblica i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica,
nei quali descrive la legge della gravitazione universale e solleva un importante
problema: quello dell’interazione fra corpi. Infatti il fisico inglese formula la
sua teoria, secondo la quale l’intensità della forza di gravità varia come l’inverso
del quadrato della distanza, ma non sa spiegare quale sia la natura della forza
che agisce a distanza fra due corpi, e lo ammette, scrivendo la famosa frase
Hypotheses non fingo (Non formulo ipotesi ). Quando due corpi sono in
contatto, è facile capire perché uno ha un influsso sull’altro, mentre se sono
separati (dal vuoto nel caso della Terra e della Luna!), come fa uno a modificare
delle proprietà dell’altro?
Per risolvere questo enigma , nel XIX secolo nasce il concetto di campo. La
fisica classica è composta principalmente da questi due concetti: le particelle
(idealizzate come punti materiali) e i campi. Se le particelle rappresentano gli
elementi della materia, i campi servono da mediatori per le loro interazioni. E
allora perché la Terra ha un’influenza sulla Luna, che le ruota attorno? Semplice,
perché la Terra genera un campo gravitazionale attorno a sé. L’azione non è
quindi più a distanza, ma è locale; infatti è il campo gravitazionale terrestre a
fare una forza sulla Luna, non la Terra direttamente.
Prima di arrivare a parlare dei quanti, vediamo le differenze fra campi e particelle
per quanto riguarda la loro quantità e la loro spazialità.
Le particelle possono essere contate, dunque la loro quantità è discreta. Allo
stesso modo, occupano nello spazio dei punti ben precisi e separati fra loro; sono
quindi discrete anche dal punto di vista della spazialità.
I campi, al contrario delle particelle, sono continui sia sul piano della spazialità che su quello della quantità. Infatti l’intensità di un campo può assumere
qualsiasi valore, e come abbiamo visto prima, il campo tende per definizione ad
occupare tutto lo spazio.
Riassumiamo il tutto nella Tabella 1.1
Un insieme di
elementi isolati
è detto
discreto,
mentre infiniti
elementi senza
spazi vuoti tra
uno e l’altro
formano un
insieme
continuo.
I QUANTI
Quantità
3
Spazialità
Particella
discreta
discreta
Campo
continua
continua
Tabella 1.1: Quantità e spazialità degli elementi classici.
1.2
I quanti
La teoria dei quanti ha preso vita quando Max Planck, nel 1900, durante le
sue ricerche sulla radiazione del corpo nero, avanzò l’ipotesi che la radiazione non
viene emessa sotto forma di onda continua, ma di pacchetti discreti detti quanta,
o quanti.
I quanti sono discreti nella loro quantità, infatti sono una quantità di energia
finita. Non è però possibile localizzarli in un punto preciso, visto che i quanti
tendono ad occupare tutto lo spazio, la loro spazialità è dunque continua. I
quanti dunque, mostrano una certa analogia con le particelle per ciò che riguarda
la quantità, ma anche con i campi riguardo la loro spazialità. Ci si è dunque
accorti che le onde elettromagnetiche non sono veramente delle onde, perché non
posseggono una continuità sul piano della quantità. Però, questi granelli di luce,
chiamati in seguito fotoni, non sono nemmeno particelle classiche, visto che la
loro spazialità è continua. Aggiorniamo la tabella precedente per mostrare le
differenze fra quanti, campi e particelle (vedi Tabella 1.2).
Quantità
Spazialità
Particella
discreta
discreta
Campo
continua
continua
Quanto
discreta
continua
Tabella 1.2: Confronto fra particelle, campi e quanti.
Quando si scopre che anche l’elettrone, che si pensava fosse una particella classica,
presenta una continuità spaziale, si dice che anch’esso, come il fotone, è un
quanto.
Alla struttura dualista delle onde (o dei campi) e delle particelle succede una
struttura composta dal solo concetto di quanto della teoria quantistica. All’inizio
ALCUNE INTERFERENZE QUANTISTICHE
4
della teoria quantistica si parlava di dualità onda-particella descrivendo i quanti.
Si pensava infatti che i quanti fossero allo stesso tempo particelle e onde, ma
non è possibile che lo stesso oggetto sia due cose differenti, quasi opposte, allo
stesso tempo. Dopo qualche anno ci si decide dunque a trarre la conclusione che
i quanti non sono né onde né particelle, anche se in alcune condizioni possono
comportarsi similmente alle onde o alle particelle.
1.3
Alcune interferenze quantistiche
Nel 1920 si compiono esperienze di interferenza con dei quanti (elettroni), e si
scopre che il loro comportamento è simile a quello dei raggi X. Questa è una cosa
sorprendente, visto che fino a poco prima le interferenze e la diffrazione erano
fenomeni puramente ondulatori. Ma non è ancora la cosa più strabiliante.
Per i ricercatori diventa importante provare le medesime
che i risultati sperimentali possano essere confrontati con
nell’apparato sperimentale sia presente un quanto alla
seguito alcune esperienze di interferenze quantistiche a una
1.3.1
esperienze in modo
quelli teorici, e che
volta. Vediamo di
particella.
Interferenza di neutroni
In un reattore nucleare avviene la fissione di atomi di uranio 235 e vengono
prodotti i neutroni che sono guidati verso l’apparecchio
sperimentale. Sappiamo
√
che la quantità di moto dei neutroni vale p = 2mkB T . Utilizzando la relazione
che stabilisce la lunghezza d’onda di de Broglie troviamo la lunghezza d’onda
associata al neutrone, che vale
λ= √
h
2mkB T
Nell’esperienza i neutroni vengono raffreddati a circa 25 K, in modo che la loro
lunghezza d’onda aumenti e valga circa λ ≈ 19 Å. I neutroni sono inviati nell’interferometro (I nella figura) e poi sono rilevati sulla schermo (S). I risultati
sperimentali dell’esperienza di interferenza da doppia fenditura coincidono con
quelli teorici ottenuti grazie alla conoscenza di λ, a = 22 µm e d = 104 µm. Il
risultato è mostrato nella Figura 1.2.
ALCUNE INTERFERENZE QUANTISTICHE
S
I
n
5
d
D = 5m
Figura 1.1: Interferometro per neutroni.
Figura 1.2: Interferenza di neutroni da doppia fenditura. La linea continua rappresenta il risultato
teorico.[6]
Dobbiamo notare che tra questa esperienza di interferenza e quelle classiche c’è una differenza molto importante:
• nelle esperienze classiche, la figura di interferenza si ottiene facendo passare
molti fotoni alla volta nell’apparecchio, l’interferenza si spiega grazie al
principio di sovrapposizione delle onde ed è istantanea;
• in questa esperienza, e in tutte quelle della fisica quantistica, la figura di
interferenza è costruita dopo l’esperienza, sovrapponendo i punti d’impatto di ciascun neutrone; infatti l’esperienza è costruita in modo che sulla
schermo arrivi un solo neutrone alla volta. Questo fenomeno si chiama interferenza a una particella. Contrariamente al caso classico, allora,
questo tipo di interferenza non è instantaneo, basti pensare che per ottenere
i risultati dell’esperienza di interferenza ci sono volute 210 ore [3].
ALCUNE INTERFERENZE QUANTISTICHE
6
Figura 1.3: Sovrapponendo i punti d’impatto dei quanti, si ottiene una figura d’interferenza
(esperienza realizzata con fotoni).[7]
1.3.2
Interferenza di molecole di carbonio 60
Nel 1999 un gruppo di ricercatori di Vienna ha compiuto un’esperienza per vedere se è possibile avere degli effetti di interferenza quantistica anche utilizzando
grandi molecole. Usarono delle molecole di carbonio 60 (C60 ), detto fullerene,
che è circa 720 volte più pesante del neutrone.
Figura 1.4: Composizione del fullerene (C60 ).[9]
L’interferometro è formato da un reticolo con fenditure di larghezza 50 nm e distanziate di 100 nm, e la lunghezza d’onda di de Broglie del fullerene è 2.5 pm.
Anche nel caso di grandi molecole si osserva l’interferenza, e si può vedere dai
risultati sperimentali che coincide con il calcolo teorico.
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
I
7
S
n
Figura 1.5: Interferometro usato per l’esperienza col C60 .
Figura 1.6: Interferenza di molecole di C60 .[10]
1.4
L’interferometro di Mach-Zehnder
Un modello semplice per comprendere meglio le interferenze quantistiche è l’interferometro di Mach-Zehnder. Prima di arrivare all’interferenza quantistica vera
e propria vediamo come funziona, facendo diverse piccole esperienze atte a comprendere bene proprio il funzionamento dell’interferometro. In questa sezione
ci occuperemo soprattutto dei risultati stupefacenti dell’esperienza, in contrasto
con la fisica classica.
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
1.4.1
8
Prima esperienza
L’esperienza consiste nell’inviare una alla volta una grande quantità di particelle
su uno specchio semitrasparente, questo riflette o lascia passare le particelle
in modo aleatorio. Nel nostro caso, la particella che lo raggiunge viene trasmessa
o riflessa con una probabilità di 21 . Due detettori posti dopo il separatore indicano
quale delle due vie è stata presa (T=trasmessa o R=riflessa).
BS
S
T
R
Figura 1.7: Esperienza che mostra il funzionamento di uno specchio semitrasparente.
Ci accorgiamo di due cose interessanti:
• i due detettori collocati ai due lati del BS non si attivano mai contemporaneamente, ciò vuol dire che ogni particella viene o riflessa o trasmessa,
ma non fa entrambe le cose nello stesso momento.
• ciascuno dei due detettori riceve esattamente la metà delle particelle inviate
inizialmente.
Uno specchio
semitrasparente
(BS), separa un
fascio di
particelle in due
parti.
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
1.4.2
9
Seconda esperienza
Per familiarizzarsi un po’ di più con gli specchi separatori, può essere utile complicare un po’ la prima esperienza. Questa volta, a ciascuna uscita del primo BS
piazzeremo un altro specchio separatore. In questo caso sarà quindi necessario
mettere quattro detettori invece dei due della prima esperienza. Ogni detettore ci
indicherà che percorso è stato preso da ogni particella. Ci sono quattro possibili
tragitti:
• TT, ovvero trasmessa da entrambi gli specchi;
• TR, trasmessa dal primo specchio e riflessa dal secondo;
• RT, riflessa dal primo specchio e trasmessa dal secondo;
• RR, riflessa da entrambi gli specchi.
S
TT
TR
RR
RT
Figura 1.8: Apparecchio con tre separatori, che definiscono quattro possibili cammini.
In quali detettori verranno rilevate le particelle?
È difficile rispondere a questa domanda senza fare l’esperienza, però ci sarebbero
due possibilità:
• le particelle potrebbero contenere delle informazioni che le fanno comportare in un determinato modo quando incontrano un BS, in questo caso metà
delle paticelle verrebbe rilevata in TT e l’altra metà in RR, ma nessuna in
RT e TR;
• le particelle si comportano in modo casuale quando si trovano di fronte un
BS, la probabilità di essere riflessa o trasmessa è quindi uguale indipendentemente dallo specchio separatore; in ciascuno dei detettori verrà rilevato
un quarto delle particelle.
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
10
Una volta formulate queste due ipotesi, siamo pronti a verificare quale delle due
corrisponde alla realtà, eseguendo l’esperienza.
Dopo aver inviato una grande quantità di particelle, si osserva il risultato dell’esperimento e si scopre che in tutti e quattro i sensori è arrivato esattamente
un quarto delle particelle totali. Da ciò si evince che la particella non contiene informazioni che fanno sı̀ che venga sempre riflessa o trasmessa; questa si
comporta in modo aleatorio.
1.4.3
Interferometro di Mach-Zehnder
RT o TR
TT o RR
Figura 1.9: Interferometro di Mach-Zehnder.
Vediamo ora l’interferometro di Mach-Zehnder equilibrato.
L’apparecchio è composto da due specchi semitrasparenti come quelli delle esperienze precedenti e da due specchi perfetti, che permettono di reindirizzare le
particelle uscite dal primo BS verso il secondo. In questa maniera, una delle due
uscite del secondo separatore corrisponde ai cammini RT o TR, l’altro corrisponde ai cammini RR o TT (vedi Figura 1.9).
Conoscendo l’esperienza 2, questo interferometro non sembra porre problemi:
visto che nel cammino RT era stato rilevato il 25% delle particelle, cosı̀ come
nel cammino TR, allora all’uscita RT o TR dell’interferometro ci aspetteremo di
trovare 25% + 25% = 50% delle particelle. Naturalmente, l’altro 50% si troverà
all’uscita TT o RR.
Riassumendo:
Previsione : 50% delle particelle verranno captate all’uscita RT o TR, mentre
l’altro 50% prenderà l’uscita TT o RR.
Ora, se si esegue l’esperienza, si nota che questa previsione non si avvera!
Uno specchio
perfetto è uno
specchio che
riflette tutte le
particelle che lo
colpiscono.
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
11
Ciò che si osserva è insolito:
Osservazione : tutte le particelle vengono rilevate all’uscita RT o TR. Come
ci si può spiegare questa situazione?
Dato che si invia una particella dopo l’altra è impossibile che il risultato sia
determinato da degli scontri fra le particelle, e uno scontro non è sicuramente
avvenuto tra delle mezze particelle, dato che nell’esperienza 1 abbiamo visto che
le particelle non sono divisibili.
Non possiamo trovare una risposta a questa domanda. Però si può eseguire un’altra esperienza per potersi avvicinare alla risposta.
Nell’esperienza della Figura 1.9, i percorsi che può prendere la particella sono di
lunghezza uguale. Proviamo ora a modificare la lunghezza di uno dei cammini
come nella Figura 1.10.
RT o TR
TT o RR
Figura 1.10: Interferometro di Mach-Zehnder con allungamento di un percorso.
Appena la lunghezza dei due percorsi differisce di poco, qualche particella (pochissime se la differenza di percorso è molto piccola) comincia a prendere il
cammino TT o RR. Più si aumenta la differenza del percorso, e più particelle si
troveranno in TT o RR. Quando i due percorsi differiscono di una certa lunghezza L, tutte le particelle prenderanno l’uscita TT o RR. Se dovessimo continuare
ad aumentare questa lunghezza, si avrebbe l’effetto inverso, una volta raggiunta
una differenza di percorso di 2L, tutte le particelle si troverebbero in RT o TR,
e cosı̀ via se si allunga ancora il percorso.
Questo è un risultato sconvolgente, e viene da chiedersi come è possibile che
modificando uno solo dei due cammini, si riesce a modificare il comportamento
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
12
di tutte le particelle? Come hanno fatto le particelle che sono passate dal percorso
non modificato ad accorgersi del mutamento? Eppure è proprio ciò che si osserva.
Conclusione : Dobbiamo concludere che ogni particella è informata, non
si sa come, su tutti i percorsi che potrebbe prendere; come se percorresse entrambi i cammini, ma abbiamo visto nella prima esperienza che ciò non accade.
Ora, una cosa ancora più sconcertante di questa è che, se cerchiamo di scoprire
quale percorso è stato preso da una particella, allora lo strano effetto che abbiamo appena visto scompare, e si ottiene ancora come risultato 50% delle particelle
in TR o RT e 50% in TT o RR, indipendentemente dalla differenza di percorso.
Questo bizzarro comportamento delle particelle ha un nome. Si parla di interferenza a una particella o del fatto che la particella interferisce con sé
stessa.
Principio d’indiscernibilità
Gran parte degli studiosi ha rinunciato a spiegare il genere di fenomeni visti
nelle ultime esperienze; però tutti sono d’accordo su un principio che si limita a
descrivere ciò che si osserva, ovvero il principio d’indiscernibilità. Il principio
dice che
Le interferenze appaiono quando una particella può percorrere più
cammini per arrivare allo stesso detettore e quando il suo tragitto è
indiscernibile dopo la rilevazione.
Cerchiamo di capire questo principio sulla base di ciò che abbiamo visto fin’ora.
Nelle prime due esperienze, c’è solo un cammino che porta a ciascun detettore;
quindi, una volta rilevata una particella, sappiamo esattamente quale percorso
ha seguito.
⇒ Il percorso è discernibile, e non si ha nessun fenomeno d’interferenza.
Nelle esperienze con l’interferometro di Mach-Zehnder invece, una volta che la
particella è stata rilevata dopo il secondo specchio semitrasparente, non possiamo
in alcun modo sapere da quale cammino è passata, dato che per ogni detettore
sono possibili due percorsi.
⇒ I due percorsi sono indiscernibili, e si notano dei fenomeni di interferenza.
Abbiamo anche visto che se nelle esperienze 3 e 4 rileviamo la presenza di una
particella in uno dei due cammini, l’interferenza sparisce. Questo accade perché
i cammini non sono più indiscernibili.
Capitolo 2
Interferenza a una particella
Vedremo ora in maniera più approfondita l’interferenza a una particella sull’interferometro di Mach-Zehnder, di cui abbiamo già parlato nel Capitolo 1.4.3;
per fare ciò utilizzeremo il formalismo di Dirac.
2.1
Principi della fisica quantistica
Per descrivere ciò che accade nell’interferometro di Mach-Zehnder necessitiamo
di:
1. Una notazione per descrivere “la particella si propaga lungo l’asse x”e “la
particella si propaga lungo l’asse y”, questo corrisponde a descrivere lo
stato della particella in relazione alla proprietà direzione di propagazione;
2. Una descrizione degli specchi separatori (o beam-splitters) e degli specchi perfetti, questo corrisponde a descrivere l’evoluzione dello stato delle
particelle in presenza degli specchi;
3. Un modo per descrivere la differenza di percorso, questo corrisponde a
descrivere l’evoluzione dello stato delle particelle in presenza di una
modifica del cammino;
4. Una regola che ci permetta di calcolare le probabilità che hanno le particelle
di essere rilevate in un rilevatore o nell’altro, ossia nel detettore associato
alla propagazione nella direzione x e quello per la direzione y.
1. Lo stato di propagazione : noteremo con |xi la particella si propaga
lungo l’asse x e con |yi la particella si propaga lungo l’asse y. Questi
La
differenza
di percorso
è detta
anche fase.
PRINCIPI DELLA FISICA QUANTISTICA
14
due stati, ortogonali tra loro per costruzione, costituiscono una base di
Hprop = C2 , lo spazio degli stati di propagazione. Uno stato generale è una
combinazione lineare di |xi e |yi.
2. Evoluzione con gli specchi : ciò che compie uno specchio si descrive
nel seguente modo:
√
√
|xi −→ t|xi + i r|yi
√
√
|yi −→ t|yi + i r|xi
i numeri t e r sono rispettivamente le probabilità che la particella ha di
essere trasmessa o riflessa quando raggiunge uno specchio separatore. Queste probabilità devono soddisfare t + r = 1.
Uno specchio perfetto (che riflette completamente le particelle) si descrive
quindi nel modo seguente, dato che t = 0 e r = 1:
|xi −→ i|yi
|yi −→ i|xi
Se consideriamo il BS dell’esperienza vista nel Capitolo 1.4.3, ovvero un
BS equilibrato, avremo t = r = 21 ; quindi:
1
|xi −→ √ (|xi + i|yi)
2
1
|yi −→ √ (|yi + i|xi)
2
3. Evoluzione con modifica del percorso : una differenza di cammino
all’interno dell’interferometro si traduce in un fattore di fase eiφ inserito
nell’espressione matematica rappresentante il percorso modificato. Se è il
cammino x si ottiene
|xi −→ eiφ |xi
|yi −→ |yi
Il valore della fase φ è proporzionale alla lunghezza L della differenza di
percorso.
4. Probabilità di detezione : la probabilità che la particella venga rilevata nel sensore orientato lungo x, rispettivamente y, corrisponde al modulo
al quadrato del numero complesso che moltiplica |xi, rispettivamente |yi,
cosa che abbiamo già usato per descrivere la probabilità di trasmissione t
e di riflessione r nella descrizione dello specchio separatore. Se è dato lo
stato
|ψi = α|xi + β|yi
Un
BS
equilibrato è
un BS che
trasmette
esattamente la
metà
delle particelle
e riflette le
altre.
eiφ
è
un
numero
complesso di
modulo 1.
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
15
si ottiene
Prob(x) = kP|xi|ψik2 = k|xihx||ψik2 = k|xik2 khx|ψik2 = |α|2
Prob(y) = kP|yi |ψik2 = k|yihy||ψik2 = k|yik2khy|ψik2 = |β|2
2.2
L’interferometro di Mach-Zehnder
BS1
M
f ase
M
BS2
Figura 2.1: Interferometro di Mach-Zehnder.
Il percorso seguito dalla particella partita dal cammino x, ossia nello stato |xi,
si può descrivere nel seguente modo:
|xi
BS1
→
f ase
→
M
→
BS2
→
=
(∗)
=
1
√ (|xi + i|yi)
2
1 iφ
√ (e |xi + i|yi)
2
1 iφ
√ (e i|yi − |xi)
2
1
1 iφ
(e i|yi − eiφ |xi) − (|xi + i|yi)
2
2
1
1
(−1 − eiφ )|xi + (−1 + eiφ )i|yi
2
2
−eiφ/2 cos (φ/2)|xi + eiφ/2 sin (φ/2)|yi
Dove per (∗) è stato utilizzato cos α = 21 (eiα + e−iα ) e sin α = 12 i(e−iα − eiα ). Si
può riassumere ciò che abbiamo appena visto dicendo che lo stato della particella
si modifica nell’interferometro di Mach-Zehnder nel modo seguente:
M −Z
|xi → −eiφ/2 cos (φ/2)|xi + eiφ/2 sin (φ/2)|yi
(⋆)
L’INTERFEROMETRO DI MACH-ZEHNDER
16
Infine le probabilità di osservare la particella nei detettori Dx e Dy sono:
1 + cos φ
2
1
−
cos φ
Prob(y) = sin2 (φ/2) =
2
Prob(x) = cos2 (φ/2) =
Possiamo notare che:
1. Con φ = 0, come nel risultato sperimentale, tutte le particelle prendono
l’uscita x;
2. Variando φ la probabilità di una particella di trovarsi in y aumenta gradualmente finché si ottiene Prob(y)= 1 e poi diminuisce ancora.
Figura 2.2: Variazione della probabilità di detezione in funzione di φ. Prob(x), Prob(y)
.
Ed ecco descritta, secondo il formalismo di Dirac, l’esperienza eseguita con
l’interferometro di Mach-Zehnder riguardante l’interferenza a una particella.
Si osserva che l’effetto d’interferenza è dovuto al fatto che dopo il primo BS
la particella si trova nello stato di sovrapposizione √12 (|xi + i|yi), ciò coincide
all’esplorazione dei due cammini e produce poi, dopo il ricongiungimento dei
cammini in BS2, lo stato finale di sovrapposizione (⋆).
WHICH-WAY DETECTOR
2.3
17
Which-way detector
Per poter conoscere il percorso che è stato preso dalla particella, si possono porre
dei sensori DA e DB (vedi Figura 2.3).
DA
DB
Figura 2.3: Esperienza del which-way detector.
In questo caso, anche se i detettori non modificano in alcun modo lo stato della
particella, l’effetto di interferenza quantistica sparisce. Infatti la conoscenza del
percorso coincide con la certezza che la particella si trova ad esempio in DA , in
tal caso il suo stato non è più lo stato di sovrapposizione √12 (|xi + i|yi) bensı̀
diventa |xi, e quindi dopo il secondo BS si ha
BS2 1
|xi → √ (|xi + i|yi)
2
da cui troviamo le probabilità Prob(x) = Prob(y) = √12 . Analogamente se la
particella è rilevata in DB . La conoscenza del percorso e l’interferenza quantistica
sono due aspetti che non possono essere osservati nello stesso momento.
Capitolo 3
Which-way entangler
Come abbiamo visto, nel caso in cui poniamo dei sensori che rilevano direttamente la presenza di una particella in un dato cammino, l’interferenza quantistica
sparisce. Per conoscere il percorso preso da una particella, senza compiere direttamente delle misure sulla stessa, possiamo misurarlo indirettamente, usando
un modello chiamato which-way entangler, nel quale la misura effettiva (nel
senso di conoscerne il risultato) non è necessaria. Sarà la semplice possibilità di
ottenere questa informazione che sarà all’origine della perdita delle interferenze.
Queste misure si possono effettuare in diversi modi, vedremo di seguito come
compierle nel caso di un fotone prima (sfruttando la sua polarizzazione) e in
quello di un atomo poi (sfruttando il suo livello di energia). In questo capitolo
cercheremo di scoprire se il fatto che la conoscenza del percorso e l’interferenza
quantistica sono eventi complementari è dovuto al modo di misurare il passaggio
di una particella in un dato punto o se è una cosa che avviene indipendentemente
dal metodo di misura.
3.1
Which-way entangler con fotoni
Vediamo un which-way entangler usato per conoscere il percorso di un fotone, e
quindi per fare esperienze utilizzando la luce. Alcuni concetti sulla polarizzazione
del fotone sono riportati nell’Capitolo B.
3.1.1
Esperienza
Per cercare di scoprire il percorso imboccato da ciascun fotone, compiamo l’esperienza illustrata di seguito (Figura 3.1) con l’interferometro di Mach-Zehnder.
WHICH-WAY ENTANGLER CON FOTONI
19
Abbiamo un interferometro di Mach-Zehnder, come nel Capitolo 1.4.3, su uno
dei percorsi aggiungiamo però un rotatore di polarizzazione, in modo che si
potranno distinguere i percorsi presi dai fotoni. Infatti, se un fotone passa dal
tragitto sul quale è stato piazzato il rotatore di polarizzazione, alla fine avrà una
polarizzazione diversa da quella iniziale.
Rotatore di polarizzazione α
Figura 3.1: Interferometro di Mach-Zehnder con rotatore di polarizzazione.
3.1.2
Descrizione dell’esperienza
Descriviamo il percorso di un fotone tenendo conto anche della polarizzazione
dello stesso. Possiamo scrivere lo stato iniziale del fotone con polarizzazione
orizzontale come
|ψin i = |xi ⊗ |Hi
con |xi: direzione di propagazione (asse x) e
|Hi: polarizzazione (orizzontale).
Vediamo ora l’evoluzione dello stato del fotone nell’apparecchio:
|xi ⊗ |Hi
BS1
→
M
→
α
→
BS2
→
=
1
√ (|xi + i|yi) ⊗ |Hi
2
1
√ (i|yi − |xi) ⊗ |Hi
2
1
√ (i|yi ⊗ |αi − |xi ⊗ |Hi)
2
1
[i|yi ⊗ (|αi − |Hi) − |xi ⊗ (|αi + |Hi)]
2
1
[−|xi(|⊗iα + |Hi) + i|yi ⊗ (|αi − |Hi)]
2
WHICH-WAY ENTANGLER CON FOTONI
20
E otteniamo quindi che
1
Prob(x) = kP|xi |ψout ik2 = k|xihx| ⊗ I|ψout ik2 = k|xi ⊗ (|αi + |Hi)k2 =
4
1
1
1
2
k|αi + |Hik = (2 + 2 cos α) = (1 + cos α)
=
4
4
2
1
2
2
Prob(y) = kP|yi |ψout ik = k|yihy| ⊗ I|ψout ik = k|yi ⊗ (|αi − |Hi)k2 =
4
1
1
1
2
k|αi − |Hik = (2 − 2 cos α) = (1 − cos α)
=
4
4
2
Si definisce la visibilità delle frange d’interferenza come
V =
Prob(x) − Prob(y)
= cos α
Prob(x) + Prob(y)
e si nota che V = 1 quando α = 0, ossia |αi = |Hi e V = 0 quando α = π2 , ossia
|αi = |V i.
3.1.3
Conclusione
Gli stati |Hi e |V i sono perfettamente distinguibili e la misura della polarizzazione permette di risalire alla traiettoria del fotone.
Vediamo che, se α = π/2, |αi = |V i = |π/2i, allora
Prob(x) = Prob(y) =
1
2
e la visibilità è nulla, dunque le interferenze quantistiche sono completamente
perse.
Se invece α = 0, |αi = |Hi = |0i, allora
Prob(x) = 1 e Prob(y) = 0
e la visibilità è 1, le interferenze sono quelle già trovate nel Capitolo 2.2.
Notiamo che non è possibile conoscere con certezza il percorso intrapreso dal
fotone e allo stesso tempo dove arriva. Infatti, se conosciamo con certezza che
ha una polarizzazione |V i oppure |Hi, l’interferenza quantistica sparisce completamente. Se invece sappiamo con certezza che il fotone arriva all’uscita TR o
RT (interferenza), non potremo sapere il percorso preso da esso.
Nel caso α 6= π2 , l’interferenza sarà solo parziale e la visibilità compresa tra 0 e
1.
WHICH-WAY ENTANGLER CON ATOMI
21
Anche in questo caso si può dire che i concetti di interferenza quantistica e conoscenza del percorso sono complementari, ciò non dipende quindi dal metodo
di misura del cammino intrapreso. Si può quindi enunciare il principio di
complementarietà come segue:
In determinate situazioni, due o più informazioni non possono in
alcun modo essere conosciute contemporaneamente; o se ne conosce
una, o si conosce l’altra. Queste informazioni sono dette complementari.
3.2
Which-way entangler con atomi
Siccome la polarizzazione è una caratteristica specifica della luce, il modello del
which-way entangler con la polarizzazione visto precedentemente, non funziona
con tutte le particelle. Vediamo ora un metodo che funziona nel caso di atomi.
3.2.1
Esperienza
Prendiamo come base l’interferometro visto nel Capitolo 2.3, ma con una piccola
modifica: i sensori DA e DB non rilevano direttamente il passaggio di una particella, ma fanno sı̀ che questa emetta un fotone quando li attraversa, e rilevano
il fotone emesso.
Per fare ciò, la particella viene emessa dalla sorgente in uno stato eccitato,
quando questa attraversa uno dei due sensori DA o DB , viene rilassata al suo
stato fondamentale, tramite l’emissione di un fotone.
DA
DB
Figura 3.2: Which-way entangler con particelle.
WHICH-WAY ENTANGLER CON ATOMI
3.2.2
22
Descrizione dell’esperienza
Notiamo lo stato del fotone emesso come |Ai o |Bi, a dipendenza dal sensore che
l’ha rilevato, |0i significa che il fotone non è ancora stato emesso.
Lo stato |ei sta ad indicare che la particella si trova nel suo stato eccitato,
mentra |gi significa che è nel suo stato fondamentale. Descriviamo l’evoluzione
dello stato della particella. Lo stato iniziale sarà
|ψin i = |xi ⊗ |0i ⊗ |ei
|xi ⊗ |0i ⊗ |ei
BS1
→
DA,B
→
M
→
BS2
→
=
1
√ (|xi + i|yi) ⊗ |0i ⊗ |ei
2
1
√ (|xi ⊗ |Ai + i|yi ⊗ |Bi) ⊗ |gi
2
1
√ (i|yi ⊗ |Ai − |xi ⊗ |Bi) ⊗ |gi
2
1
[(i|yi − |xi) ⊗ |Ai − (|xi + i|yi) ⊗ |Bi] ⊗ |gi
2
1
[i|yi ⊗ (|Ai − |Bi) − |xi ⊗ (|Ai + |Bi)] ⊗ |gi
2
E otteniamo quindi che
1
1
Prob(x) = k|Ai + |Bik2 = (1 + 1) =
4
4
1
1
Prob(x) = k|Ai − |Bik2 = (1 + 1) =
4
4
3.2.3
1
2
1
2
Conclusione
Come nel caso del which-way entangler con la polarizzazione, anche qui il percorso è perfettamente conosciuto, e la figura d’interferenza sparisce completamente.
Anche in questo caso si può parlare di complementarietà: dal momento che si
conosce esattamente il percorso preso dalla particella, l’interferenza sparisce, e
se si vuole avere l’interferenza, bisogna rinunciare a conoscere il percorso della
particella.
ENTANGLEMENT
3.3
23
Entanglement
Nelle esperienze del which-way entangler abbiamo visto chel’interferenza viene
distrutta ogniqualvolta è possibile differenziare i percorsi presi dalle particelle; nel
caso del fotone quando la sua polarizzazione viene diversificata nei due differenti
cammini, mentre in quello dell’atomo quando il fotone emesso viene rilevato,
permettendo di risalire al punto nel quale si è rilassato l’atomo.
Possiamo notare che la caratteristica dello stato del fotone riguardante la sua
polarizzazione ci fornisce informazioni anche sul percorso preso dallo stesso e
viceversa, mentre il fotone liberato dall’atomo contiene informazioni riguardanti
al cammino intrapreso dall’atomo e viceversa.
In entrambi i casi si parla di stato intrecciato: nel primo fra polarizzazione e
direzione di propagazione, mentre nel secondo fra atomo e fotone.
Ciò significa che nei casi:
1. non possiamo più scrivere lo stato semplicemente come
|ψi = |direzionei ⊗ |polarizzazionei
ma dobbiamo tener conto del fatto che la polarizzazione dipende dalla direα
zione di propagazione, e viceversa. Infatti in → la direzione di propagazione
e la polarizzazione sono nello stato di sovrapposizione degli stati |xi ⊗ |Hi
e |yi ⊗ |αi;
2. come nel primo caso non possiamo scrivere lo stato come
|ψi = |atomoi ⊗ |f otonei
ma dobbiamo tener conto del fatto che lo stato della particella dipende da
DA,B
quello del fotone, e viceversa. Infatti in → il fotone e la particella sono
nello stato di sovrapposizione degli stati |xi ⊗ |Ai ⊗ |gi e |yi ⊗ |Bi ⊗ |gi.
Questo fenomeno è chiamato entanglement quantistico e gli stati combinazione lineare citati sono detti stati entangled (o stati intrecciati ).
Capitolo 4
Quantum eraser
Abbiamo visto che la conoscenza del percorso preso dalla particella e l’effetto
d’interferenza quantistica sono due fenomeni complementari, e dunque la conoscenza totale del percorso ottenuta mediante l’uso del which-way entangler
fa sı̀ che l’interferenza non si manifesti. Vediamo ora come cancellare le informazioni concernenti il cammino intrapreso dalla particella con un’ulteriore
estensione dell’interferometro di Mach-Zehnder, chiamata quantum eraser, o
gomma quantistica. Anche in questo capitolo vedremo l’esperienza del quantum
eraser nei due casi precedenti, ovvero con i fotoni e con gli atomi.
4.1
4.1.1
Quantum eraser con fotoni
Esperienza
L’apparecchio di Mach-Zehnder è uguale a quello utilizzato per conoscere il percorso di ogni singolo fotone, tranne per il fatto che bisogna aggiungere dei polarizzatori dopo ciascuna uscita del secondo beam-splitter, con un angolo di
polarizzazione β uguale per entrambe le uscite. In questo modo è possibile cancellare le informazioni sul percorso seguito da ogni fotone, infatti tutti quelli
che attraversano il polarizzatore hanno una polarizzazione |βi, uguale all’asse
preferenziale di questo, tutti i fotoni con polarizzazione |β ⊥ i saranno assorbiti o
riflessi dal polarizzatore.
QUANTUM ERASER CON FOTONI
25
Rotatore di polarizzazione α
Polarizzatore β
Figura 4.1: Esperienza del quantum eraser con polarizzazione.
4.1.2
Descrizione dell’esperienza
Descriviamo il percorso del fotone e l’evoluzione del suo stato. Lo stato iniziale
del fotone è |ψin i = |xi ⊗ |Hi. Visto che con α = π2 l’interferenza sparisce
completamente, fissiamo l’angolo del rotatore di polarizzazione α = π2 , e quindi
α
la sua azione sarà |Hi → |V i.
|xi ⊗ |Hi
BS1
→
M
→
α
→
BS2
→
1
√ (|xi + i|yi) ⊗ |Hi
2
1
√ (i|yi − |xi) ⊗ |Hi
2
1
√ (i|yi ⊗ |V i − |xi ⊗ |Hi)
2
h
i
1
(i|yi − |xi) ⊗ |V i − (|xi + i|yi) ⊗ |Hi
2
E fino a qui è tutto uguale all’esperienza del which-way entangler, ora bisogna
descrivere l’azione del polarizzatore, che agisce da filtro: più l’angolo di polarizzazione (α) del fotone è diverso dall’angolo (β) del polarizzatore, e meno è
la probabilità che un fotone passi. Con Prob(α ⊥ β) = 0 e Prob(α k β) = 1.
Visto che nel nostro caso le due polarizzazioni sono |V i e |Hi, le probabilità che
passino dal filtro polarizzatore e quindi che cambino la loro polarizzazione in |βi
è
Prob(V ) = sin2 (β)
Prob(H) = cos2 (β)
QUANTUM ERASER CON FOTONI
26
e dunque l’azione del polarizzatore è
β
|V i → sin(β)|βi
β
|Hi → cos(β)|βi
Otteniamo quindi
β
→
=
1
[(i|yi − |xi) ⊗ (sin(β)|βi) − (|xi + i|yi) ⊗ (cos(β)|βi)]
2
i
1h
− (sin β + cos β) ⊗ |xi + i(sin β − cos β)|yi ⊗ |βi
2
E troviamo le probabilità
1
Prob(x) = | (sin β + cos β)|2k|xik2 k|βik2 =
2
1
Prob(y) = | (sin β − cos β)|2 k|yik2k|βik2 =
2
1
(1 + 2 cos β sin β)
4
1
(1 − 2 cos β sin β)
4
Osserviamo che le probabilità che calcoliamo sono condizionate al fatto che i
fotoni oltrepassano il polarizzatore β. Poiché in ogni caso la metà di essi è
assorbita, la somma delle probabilità sarà 12 e solo condizionandola al passaggio
si otterrà 1.
4.1.3
Conclusione
Se il polarizzatore è in posizione orizzontale (β = 0) oppure verticale (β = π2 )
Prob(x) = Prob(y) =
1
4
e quindi non abbiamo l’interferenza. Questo accade perché è ancora possibile
sapere che percorso è stato preso da ogni fotone che è arrivato al detettore ( 12
viene assorbito o riflesso dal polarizzatore), infatti se β = 0, passano solo i fotoni
polarizzati |Hi, e viceversa se β = π2 .
Se invece ci avviciniamo al valore dove passa lo stesso numero di fotoni con
polarizzazioni |Hi e |V i, ossia β = π4 , vediamo che il fenomeno di interferenza
aumenta, fino a essere completa quando l’informazione sul cammino intrapreso
è cancellata completamente.
1
1
(1 + 2 cos( π4 ) sin( π4 )) =
4
2
1
Prob(y) =
(1 − 2 cos( π4 ) sin( π4 )) = 0
4
Prob(x) =
QUANTUM ERASER CON FOTONI
27
Si ricorda che la probabilità è Prob(x)= 12 perché l’altra metà dei fotoni viene
assorbita o riflessa dal polarizzatore e quindi non raggiunge alcuna uscita; se si
calcola Prob(x) condizionalmente solo sui fotoni che oltrepassano il polarizzatore,
si ottiene
Prob(x|passato) = 1
Prob(y|passato) = 0
Si noti che la stessa esperienza può essere compiuta mettendo i sensori prima del
quantum eraser, in modo che essi lascino passare i fotoni dopo aver rilevato il
loro passaggio e la polarizzazione venga cambiata dopo il rilevamento.
0110
1010
101011
00
00
101011
00 Rotatore di polarizzazione α
11
00
101011
00
11
1010 Dx
1010
00
11
00
11
10
00
11
00
11
010
Dy 1
00
11
00
11
10
1010
Polarizzatore β
111
000
1111
1010 0000
Figura 4.2: Esperienza del delayed choice quantum eraser.
Anche in questo caso il fenomeno di interferenza ricompare, come se i fotoni
sapessero che c’è il quantum eraser sul loro percorso già prima di passare dal
sensore. Questa esperienza è chiamata delayed choice quantum eraser.
QUANTUM ERASER CON ATOMI
4.2
28
Quantum eraser con atomi
Anche nel caso in cui facciamo l’esperienza del which-way entangler usando delle
particelle diverse dai fotoni possiamo cancellare semplicemente le informazioni
sul cammino percorso da queste.
4.2.1
Esperienza
Come per il caso della polarizzazione, anche in questo caso l’esperienza del quantum eraser è una semplice estensione dell’interferometro di Mach-Zehnder già
utilizzato per l’esperimento del which-way entangler.
Abbiamo bisogno di un quantum eraser che ci permetta di cancellare le informazioni sul cammino intrapreso da ogni atomo. Per fare ciò bisogna fare in modo
che il fotone emesso dall’atomo quando passa dallo stato eccitato |ei a quello fondamentale |gi venga assorbito, in modo che non possa essere rilevato il cammino
dal quale è partito. L’esperienza prevede di collocare un’ulteriore particella ε in
un punto fra i sensori, come nella figura. ε sarà il nostro quantum eraser.
DA
c
DB
c
ε
Figura 4.3: Esperienza del quantum eraser con particelle.
Nel caso in cui il fotone emesso è assorbito dal quantum eraser, l’informazione
sul percorso è completamente persa, e secondo le previsioni dovrebbe verificarsi
un’interferenza quantistica.
QUANTUM ERASER CON ATOMI
4.2.2
29
Descrizione dell’esperienza
La descrizione dell’esperienza è molto simile al caso del which-way entangler. Ci
serve però una notazione per descrivere lo stato del quantum eraser ε. Noteremo
|εi il quantum eraser nel suo stato eccitato (ha assorbito il fotone) e |γi il quantum
eraser nel suo stato fondamentale. Consideriamo l’evoluzione del sistema il cui
stato iniziale è
|ψin i = |xi ⊗ |0i ⊗ |ei ⊗ |γi
Se facciamo in modo che il fotone emesso non raggiunga il quantum eraser bloccando il percorso c, otteniamo lo stesso risultato dell’esperienza del which-way
entangler
|xi ⊗ |0i ⊗ |ei ⊗ |γi
BS1
→
DA,B
→
M
→
BS2
→
1
√ (|xi + i|yi) ⊗ |0i ⊗ |ei ⊗ |γi
2
1
√ (|xi ⊗ |Ai + i|yi ⊗ |Bi) ⊗ |gi ⊗ |γi
2
1
√ (i|yi ⊗ |Ai − |xi ⊗ |Bi) ⊗ |gi ⊗ |γi
2
1
[i|yi ⊗ (|Ai − |Bi) − |xi ⊗ (|Ai + |Bi)] ⊗ |gi ⊗ |γi
2
e quindi
1
(⋆)
2
Se invece lasciamo aperto il cammino c, il fotone viene assorbito dalla particella
soltanto in alcuni casi, ha quindi una certa probabilità di essere assorbito. Se
non viene assorbito otteniamo lo stesso risultato di (⋆). Se invece il fotone viene
assorbito sappiamo che il primo pezzo del percorso è uguale a prima
Prob(x)=Prob(y) =
|xi ⊗ |0i ⊗ |ei ⊗ |γi
BS1
→
1
√ (|xi + i|yi) ⊗ |0i ⊗ |ei ⊗ |γi
2
DA,B
In → il fotone viene assorbito dal quantum eraser, quindi sappiamo che
DA,B
→
M
→
BS2
→
=
1
√ (|xi + i|yi) ⊗ |0i ⊗ |gi ⊗ |εi
2
1
√ (i|yi − |xi) ⊗ |0i ⊗ |gi ⊗ |εi
2
1
[i|yi − |xi − |xi − i|yi] ⊗ |0i ⊗ |gi ⊗ |εi
2
−|xi ⊗ |0i ⊗ |gi ⊗ |εi
E dunque si può trovare la probabilità che la particella esca in x e y nel caso in
cui il fotone venga assorbito dal quantum eraser.
QUANTUM ERASER CON ATOMI
30
Le probabilità Prob(x) e Prob(y) sono quindi sostituite dalle probabilità condizionali Prob(x|abs) e Prob(y|abs).
Otteniamo
Prob(x|abs) = | − 1|2k|xik2 k|0ik2 k|gik2k|εik2 = 1
Prob(y|abs) = 0
4.2.3
Conclusione
Vediamo che la cancellazione delle informazioni riguardanti il percorso della particella restaurano completamente il fenomeno di interferenza quantistica nell’interferometro di Mach-Zehnder. Possiamo dunque confermare che le informazioni
riguardanti il percorso e quelle riguardanti l’interferenza sono complementari.
Osserviamo però che le interferenze si osservano solo sul sottoinsieme delle particelle per le quali il fotone è stato assorbito dal quantum eraser, cosa che abbiamo
espresso calcolando le probabilità condizionali.
Capitolo 5
Conclusione
Durante il mio lavoro, ho mostrato delle semplici esperienze con lo scopo di
comprendere meglio le interferenze quantistiche a una particella, le loro differenze
rispetto alle interferenze classiche e alcuni loro comportamenti bizzarri.
Inizialmente abbiamo parlato delle interferenze quantistiche in generale, e abbiamo visto che un’interferenza quantistica appare solo quando una particella arriva
a un certo punto dove può scegliere due percorsi differenti per arrivare a un detettore, cammini che devono essere indiscernibili dopo la rilevazione (principio
di indiscernibilità).
Inoltre abbiamo visto che l’informazione sul cammino intrapreso dalla particella
quantistica è ottenuta sfruttando l’entanglement sussistente fra la stessa e un
detettore presente sul percorso. La conoscenza del percorso fa sparire l’interferenza quantistica, dunque l’entanglement fra questi due elementi modifica lo
stato della particella, che ora è correlato con quello del detettore, essendo in uno
stato intrecciato.
Uno dei punti che spero di aver sottolineato col mio lavoro, è il fatto che l’interferenza quantistica può essere ripristinata mediante un quantum eraser, uno
strumento che disintreccia gli stati della particella e del detettore. In questo modo
si ottiene dunque il cancellamento di ogni informazione sul cammino preso dalla
particella quantistica (si perdono le informazioni which-way ), e l’interferenza riappare, ma solo condizionatamente ad alcune caratteristiche dell’esperienza
(trasmissione di fotoni nel primo caso o assorbimento del fotone nel secondo). Si
può dunque concludere che, come ripetuto già più volte, le informazioni riguardanti il percorso della particella e quelle riguardanti l’uscita presa dalla particella,
ossia gli effetti d’interferenza, sono due proprietà complementari.
Appendice A
Basi matematiche
Per poter capire a fondo i dettagli di calcolo di questo lavoro, è necessario avere
delle conoscenze base in matematica. In questo capitolo verranno introdotti
alcuni concetti fondamentali.
A.1
Il campo dei numeri complessi
Nel campo dei numeri reali R, l’equazione
x2 + 1 = 0
non possiede soluzioni. Per trovare una soluzione a questa equazione, si può
estendere R.
Questa estensione
è possibile, e possiamo trovare una soluzione al problema della
√
forma a + −1b con a, b ∈ R (nel caso di x2 + 1 = 0, la soluzione si ha con a = 0,
b = 1).
L’insieme dei numeri della forma
√
a + −1b
a, b ∈ R
forma
√ il campo dei numeri complessi, notato C. Per comodità notiamo
i ≡ −1, dunque
C = {z = a + ib | a, b ∈ R}
IL CAMPO DEI NUMERI COMPLESSI
33
Definizione 1 Sia z = a + ib un numero complesso, il numero a ∈ R si chiama
parte reale di z, notato Re z = a; mentre il numero b ∈ R si chiama parte
immaginaria di z, e si nota Im z = b.
Definizione 2 L’applicazione in C che ad ogni numero z = a + ib associa il
numero z̄ = a − ib, si chiama coniugazione complessa.
Definizione
√ 3 Il modulo di un numero complesso z ∈ C, notato |z|, è definito
come |z| = zz̄.
Gli spazi vettoriali C e R2 sono isomorfi :
ψ : C → R2
a + ib = z 7→ ψ(z) = (a, b).
Introduciamo il piano complesso, dove sull’asse orizzontale è rappresentata la
parte reale del numero complesso z e sull’asse verticale è rappresentata la parte
immaginaria. Come si vede dalla figura, il numero complesso z 6= 0 può essere
Im(z)
ψ(z)
r
θ
Re(z)
Figura A.1: Rappresentazione di z sul piano complesso.
descritto con un numero positivo r (distanza tra 0 e ψ(z)) e un angolo θ chiamato
argomento (misurato partendo dal primo vettore della base canonica di R2 ).
Il numero z si può scrivere come
z = a + ib oppure z = r(cos θ + i sin θ) = reiθ
dove
a = r cos θ
e
r=
√
e b = r sin θ
b
a2 + b2 = |z| e θ = arctan ∩] − π, π[= arg z se a < 0
a
LO SPAZIO DI HILBERT CN
A.2
34
Lo spazio di Hilbert Cn
Definizione 4 Lo spazio vettoriale Cn sul campo dei numeri complessi C,
munito di un prodotto scalare
Cn × Cn → C
(|ψi, |ϕi) 7→ hψ|ϕi
è chiamato spazio di Hilbert Cn , notato anche H.
I vettori su uno spazio di Hilbert, notati |ψi, si chiamano ket e rappresentano
fisicamente una proprietà di un sistema.
Definizione 5 La norma indotta dal prodotto scalare h·|·i è l’applicazione
Cn → R+
p
ψ 7→ kψk = hψ|ψi
e soddisfa le proprietà seguenti:
1. k|ψi + |ϕik ≤ k|ψik + k|ϕik ∀|ψi, |ϕi ∈ Cn (disuguaglianza triangolare)
2. kλ|ψik = |λ|k|ψik ∀λ ∈ C, |ψi ∈ Cn
3. k|ψik = 0 ⇔ |ψi = |0i
Definizione 6 Due vettori |ψi, |ϕi sono detti ortogonali se
hψ|ϕi = 0
Definizione 7 Il proiettore ortogonale sul vettore normalizzato |ϕi è l’operatore
P|ϕi = |ϕihϕ|
che soddisfa la proprietà di idempotenza (P ◦ P = P ) e che a |ψi associa un
vettore con direzione |ϕi e lunghezza hϕ|ψi.
A.3
Prodotto tensoriale
Definizione 8 Per poter creare uno spazio di Hilbert adatto a descrivere più
proprietà di una particella o più particelle con una proprietà, si usa il prodotto
tensoriale ⊗. Lo spazio di Hilbert cosı̀ costruito usando gli spazi H1 e H2 si
nota H1 ⊗ H2 .
PRODOTTO TENSORIALE
Definizione 9 Il prodotto scalare fra due elementi |ψi1 ⊗ |ψi2,
|ϕi1 ⊗ |ϕi2 ∈ H1 ⊗ H2 è definito come
(|ψi1 ⊗ |ψi2 , |ϕi1 ⊗ |ϕi2)H1 ⊗H2 = hψ1 |ϕ1 iH1 hψ2 |ϕ2 iH2
dove h·|·iHi è il prodotto scalare in Hi . Ne deriva quindi la norma
k|ψi1 ⊗ |ψi2 kH1 ⊗H2 = k|ψi1 kH1 k|ψi2 kH2
35
Appendice B
Polarizzazione
~ e in uno magnetico B
~ tra loro ortogonali,
La luce consiste in un campo elettrico E
che possono oscillare in qualsiasi direzione perpendicolare alla direzione di propagazione. La polarizzazione della luce indica la direzione dell’oscillazione del
Figura B.1: La polarizzazione è la direzione di oscillazionedel campo elettrico.[11]
campo elettrico. Matematicamente, una direzione può essere descritta mediante
l’uso di un vettore. Si ha quindi la possibilità di descrivere la polarizzazione
con un vettore ~e ∈ R2 , composizione dei vettori di base e~H (orizzontale) e e~V
(verticale), con {e~H , e~V } ∈ R2 .
La polarizzazione di angolo α rispetto a e~H è descritta da
e~α = cos(α)e~H + sin(α)e~V
Conoscendo la polarizzazione di un fascio di luce polarizzato, si può risalire alla
polarizzazione del fotone, visto che è uguale per tutti i fotoni componenti il
Visto che la
polarizzazione è
definita come
una direzione, i
vettori ~e e −~e
descrivono la
stessa
polarizzazione.
37
fascio. Lo stato di un fotone di un’onda elettromagnetica di polarizzazione e~α
sarà descritto dal vettore
|αi = cos(α)|Hi + sin(α)|V i
dove |Hi e |V i sono gli stati detti di polarizzazione orizzontale e verticale, che
formano una base di Hpol = C2 , lo spazio degli stati di polarizzazione.
Ci sono diversi modi per misurare la polarizzazione del fotone, vediamone alcuni:
• Un polarizzatore è un materiale con un struttura cristallina con un asse
preferenziale, che agisce da filtro per i fotoni. Abbiamo visto che la polarizzazione è rappresentata da un vettore, il polarizzatore ne trasmette la
componente parallela al suo asse e riflette o assorbe quella perpendicolare.
• Un polarizing beam splitter è un materiale che permette di separare
i fotoni con polarizzazione diversa. Esso è simile agli specchi semitrasparenti dell’interferometro di Mach-Zehnder, ma trasmette i fotoni con
polarizzazione |αi e riflette quelli con polarizzazione |α⊥ i.
• Un rotatore di polarizzazione è un materiale che permette di ruotare
la polarizzazione del fotone che lo attraversa di un angolo −α.
Bibliografia
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2006.
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[3] C. Ferrari, Fisica quantistica una presentazione moderna, Liceo di Locarno,
2011.
[4] V. Scarani, Initiation à la physique quantique:
phénomènes, Vuibert, 2003.
La matière et ses
[5] A. Weis, Light: wawes or particles?, presentazione dell’11 febbraio 2011.
[6] A. Zeilinger et al., Single- and double-slit diffraction of neutrons, Reviews
of Modern Physics, vol 60, 1988.
[7] A. Weis, T. L. Dimitrova, Wave-particle duality of light for the classroom,
Communications de la Societé Suisse de Physique, No. 27, 2009.
[8] Immagine di copertina: http://www.condmat.uni-oldenburg.de/teaching.html
[9] http://it.wikipedia.org/wiki/File:Fullerene-C60.png
[10] http://www.mineman.eu/continui/fullerene.html
[11] http://mysite.du.edu/~ lconyers/SERDP/Figure5.htm