Il fenomeno della ‘non località’ in fisica quantistica Intorno agli anni ‘20, nasce una nuova branca della fisica che si occupa di studiare i fenomeni che avvengono nel mondo subatomico (più piccolo dell’atomo). Questa nuova scienza fu chiamata fisica quantistica o meccanica quantistica. Con ‘quanto’ si definisce la porzione più piccola e indivisibile di energia ottenuta dalla continua divisione della materia in parti sempre più piccole. Fin dai primi studi iniziarono le perplessità degli scienziati riguardo allo strano mondo in cui si erano imbattuti. Tutti i concetti di realtà classica a cui siamo abituati e di cui abbiamo esperienza sensoriale ogni giorno, sembrano non avere più senso nel mondo infinitesimale delle particelle subatomiche. Uno tra i fenomeni più strani che troviamo in fisica quantistica è quello della ‘non località’ o anche chiamato ‘entanglement’, termine coniato nel 1935 da Erwin Schrodinger che fu il primo ad ipotizzare questo fenomeno definendolo con le seguenti affermazioni: «Quando due sistemi, dei quali conosciamo gli stati sulla base della loro rispettiva rappresentazione, subiscono una interazione fisica temporanea dovuta a forze note che agiscono tra di loro, e quando, dopo un certo periodo di mutua interazione, i sistemi si separano nuovamente, non possiamo più descriverli come prima dell’interazione, cioè dotando ognuno di loro di una propria rappresentazione» In pratica se 2 particelle interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo, e se successivamente vengono separate, mantengono un legame che gli consente di acquisire le informazioni che vengono trasferite nella controparte in maniera immediata, al di la del tempo e dello spazio. Esempio: 1) 2 particelle che chiameremo A e B, vengono fatte interagire tra loro per un certo periodo di tempo variabile. 2) In seguito la particella A viene spedita su un ipotetico laboratorio al di fuori del sistema solare a milioni di km dalla Terra, mentre la particella B viene mantenuta nel laboratorio sulla Terra. 3) Non contenti, gli scienziati chiudono le particelle in stanze schermate da qualsiasi segnale radio. 4) Sulla terra gli scienziati trasferiscono nella particella B un informazione riguardante un cambio di direzione nella sua traiettoria rettilinea, cosi la particella B naturalmente cambierà la sua direzione. 5) Nello stesso preciso istante, nel laboratorio fuori del sistema solare, a milioni di km dalla Terra, la particella A cambia la sua direzione ricalcando perfettamente l’informazione trasferita nella particella B sulla Terra. Conclusione: La particella A acquisisce dalla particella B informazioni da qualsiasi luogo nell’universo in maniera immediata trascendendo tutti i concetti classici di spazio, tempo e velocità. Quali potrebbero essere le spiegazioni? Lo stesso Einstein si oppose fortemente a questo principio che violava le leggi fisiche che lui stesso aveva formulato, affermando che il fenomeno era dovuto ad errori e al fatto che lo studio dei fenomeni quantistici fosse incompleto. Cosi passò il resto dei suoi giorni cercando di sviluppare una teoria in grado di unificare i concetti della fisica classica con quelli della quantistica senza però riuscirvi. Oggi esiste una teoria molto affascinante chiamata ‘teoria delle stringhe’ che cerca di mettere un po d’ordine nel mondo subatomico, senza però risolverne i paradossi rilevati dalle nostre menti classiche. Nel 1982, grazie agli esperimenti di Alain Aspect, fu definitivamente confermata la teoria quantistica della ‘non località’, stabilendo che il realismo locale che percepiamo non è una legge della natura. L’esperimento di Aspect è paragonabile a quello che ho riportato nell’esempio, solo che si è svolto tutto sulla Terra e le particelle erano distanti una decina di metri (per una particella equivale ad una distanza astronomica). A questo punto difficilmente si riesce a non sconfinare nella filosofia o nella metafisica e nascono spontanee affermazioni del tipo: ‘A e B sono la stessa cosa, ‘Lo spazio e il tempo sono inconsistenti ed esistono solo a livello percettivo’, ‘Esiste un profondo legame indivisibile e perenne tra due sistemi che entrano in contatto’, ‘Tutto è qui ed ora’ ecc. ecc. Io credo che siano tutte affermazioni vere e che questo apra le porte su di una più profonda conoscenza dell’universo e di noi stessi. L’esperimento di Aspect ci ha dimostrato che tra le particelle esiste questa interazione che va al di la dello spazio-tempo. Da queste constatazioni si arriva facilmente a riflettere sul fatto che tutto l’universo è formato da particelle, compresi noi stessi. Il fenomeno della ‘non località’ può avvenire anche tra oggetti più grandi o addirittura persone? Qualcun’ altro se le chiesto e grazie ad un esperimento eseguito su 2 studenti volontari, si è riuscito a confermare che esiste questo legame anche tra individui che interagiscono tra loro per un periodo di tempo. Mike Wright ce lo spiega in modo efficace nel video ‘Non località e l’osservatore’. Quindi l’esperimento in questione ha provato anche che il nostro cervello possiede l’hardware necessario per instaurare una comunicazione telepatica. Non che l’essere umano sappia usare consapevolmente la telepatia, ma che il nostro cervello ha tutto ciò che gli serve per farlo. Nel 1600 Galileo Galilei rivelò al mondo che era la terra a girare intorno al sole e non viceversa. Da questa osservazione scoprì anche che il pianeta dove vivevano era rotondo e non piatto come pensavano. In quell’epoca avevano un concetto ben radicato del sopra e del sotto e la scoperta di Galileo prese tutti alla sprovvista perché da quel momento il sopra e il sotto non erano più concetti assoluti ma solo punti di vista. Quella scoperta, che per noi oggi è la normalità, all’epoca fu una totale rivoluzione e per molti fu l’inizio di una nuova era e di un nuovo modo di vedere le cose. L’uomo, che si vedeva al centro dell’universo, si è trovato ad essere un granello di polvere che gira intorno al sole disperso chissà dove nella galassia. Oggi la fisica quantistica ci suggerisce che il centro dell’universo non è da nessuna parte la fuori, ma è qui dentro la nostra mente.