Anatomia Patologica 05/03/2013 Lezione 33 (Prima ora) Dott.ssa Fanni Gianluca Cadeddu [Attenzione! Il docente non ha ancora fornito il file con le immagini. Laddove il discorso rimanda a un’immagine o a una tabella ho riportato tre asterischi ***. Provvederò a fornirvi una versione completa con immagini integrate appena sarà disponibile il file] Nell’ambito della patologia neoplastica del fegato è possibile essenzialmente distinguere tra lesioni benigne e lesioni maligne. Per lesioni benigne si intendono sia veri e propri tumori benigni, sia condizioni simil-tumorali che costituiscono una massa e che quindi si mostrano come lesioni focali identificabili con la diagnostica per immagini. Per quel che riguarda i tumori maligni, nel caso di un organo come il fegato, si deve pensare sia ai tumori primitivi sia ai tumori secondari: il fegato è infatti sede di metastasi della maggior parte dei tumori che originano in altre sedi. È importante ricordare tutti i distretti corporei, tutti gli organi a partire dai quali si potrebbe avere un’origine metastatica e quindi la possibilità di tumore secondario. Questo è un discorso che vale in particolar modo per il fegato, oltre che per il polmone: sono i due organi che più frequentemente vengono coinvolti da metastasi. Ciò è facile da ricordare in quanto il fegato drena il sangue venoso da tutti gli organi splancnici sottodiaframmatici; pertanto se si pensa anche solo all’altissima incidenza del cancro del colon-retto, per esempio, o ad altri tumori di quel distretto, si comprende con quale frequenza si possono verificare metastasi al fegato, ovviamente per via ematica, attraverso la vena porta. I tumori primitivi del fegato, come incidenza, sono meno frequenti rispetto ai tumori del colon-retto, per cui nel caso in cui si avesse una lesione focale epatica, sospetta per essere una lesione maligna, è importante sempre considerare se si possa trattare di un tumore primitivo o di uno secondario. Un’altra classificazione che può essere utilizzata per inquadrare questo tipo di patologia tiene conto della differenziazione della cellula che sta proliferando. Nel fegato vi sono essenzialmente epatociti, cellule dei dotti biliari e cellule di sponda (cellule endoteliali, cellule di Kupffer e cellule di Ito). I tumori epatocellulari, che sono tumori che danno una proliferazione degli epatociti, vengono distinti in benigni e maligni. Un esempio di tumore benigno è l’adenoma epatocellulare. In quest’ambito devono essere considerate anche lesioni simil-tumorali come l’iperplasia nodulare focale e i noduli displastici (che vengono considerati benigni ma che, in realtà, costituiscono un primo passo verso le neoplasie maligne). Per quanto riguarda le neoplasie maligne si può ricordare essenzialmente l’epatocarcinoma, l’epatocarcinoma fibrolamellare (che meriterebbe un discorso a parte), una combinazione dell’epatocarcinoma con il colangiocarcinoma1. Anche relativamente alle cellule dei dotti biliari sono previste tutta una serie di lesioni similtumorali come il complesso di Von Meyenburg ma anche l’adenoma dei dotti biliari e la sua controparte maligna che è appunto il colangiocarcinoma. 1 Il colangiocarcinoma è un tumore che si differenzia dalle cellule dei dotti biliari. Son ben più rari altri tumori primitivi che insorgono e si differenziano a partire essenzialmente da cellule stromali. Sono abbastanza frequenti gli emoangiomi (se ne riconoscono diversi tipi e tra questi i più frequenti sono l’emoangioma capillare, l’emoangioma cavernoso) e si possono ancora ricordare l’angiosarcoma e l’emoangioendotelioma epitelioide (maligni). Si possono infine citare l’angiomiolinfoma, ematomi di vario tipo e le loro rispettive controparti maligne. Sono tutti tumori mesenchimali che vanno presi in considerazione ma ben più rari rispetto ai tumori di origine epiteliale primitivi e ai tumori secondari. Secondo un altro tipo di classificazione, che si basa su un criterio clinico, si suddividono le lesioni focali in base all’età dei soggetti, all’appartenenza a determinate categorie lavorative o semplicemente in base al genere. Nei bambini e nei giovani adulti sono ben più frequenti tumori di tipo mesenchimale come l’emoangioendotelioma, gli ematomi mesenchimali, l’epatoblastoma (per fortuna non particolarmente frequente). Parlando di tumori maligni è sicuramente più frequente il carcinoma epatocellulare fibrolamellare e il sarcoma embrionale. Nell’uomo è più frequente il carcinoma epatocellulare, mentre nelle donne l’adenoma epatocellulare soprattutto legato a terapia estroprogestinica. Pazienti con cirrosi o comunque con patologia infiammatoria cronica epatica devono essere sorvegliati in maniera molto stretta in quanto hanno un aumentato rischio di sviluppare delle lesioni che sono i noduli displastici che possono poi evolvere verso l’epatocarcinoma: queste lesioni devono venire identificate precocemente e trattate per evitare che il paziente sviluppi un epatocarcinoma conclamato con uno stadio ben più grave. È di notevole rilievo anche l’esposizione ad alcuni farmaci: l’adenoma, come già detto, è associato alla terapia estroprogestinica, l’angiosarcoma è invece associato all’esposizione ad agenti ambientali soprattutto inquinanti. Il colangiocarcinoma è un tumore relativamente al quale si sa ancora poco. Negli ultimi anni è però emerso che una patologia cronica dei dotti biliari, come una cirrosi biliare primitiva o una colangite sclerosante, possono determinare un insulto cronico di tipo infiammatorio che produce anche la proliferazione: sembrerebbe che vi sia quindi un’associazione tra questa condizione e l’insorgenza del colangiocarcinoma. In realtà questo è un tumore abbastanza raro e comunque poco conosciuto, lo si sta studiando soltanto negli ultimi dieci anni. Fino a poco fa si parlava di tumori epatici in senso lato e si intendeva quasi esclusivamente l’epatocarcinoma. Questo tra l’alto in quanto, fino a pochi anni fa, non c’era nemmeno terapia per le epatiti (gli antivirali sono stati introdotti abbastanza recentemente) e di conseguenza i soggetti con epatite virale avevano un alto rischio di andare incontro a cirrosi e infine all’epatocarcinoma che era quindi spesso risultato di una progressione della malattia che non poteva essere interrotta. Oggi invece la si può interrompere e questo un po’ ha modificato anche l’incidenza delle neoplasie. Per quanto concerne invece i tumori associati ad anomalie congenite o a patologie metaboliche c’è da dire che questi riguardano sia l’epatocarcinoma che il colangiocarcinoma. È riportato uno schema *** delle lesioni che verranno trattate relativamente ai tumori epiteliali primitivi del fegato. L’adenoma epatocellulare. Nella stragrande maggioranza dei casi è singolo; in alcuni casi può essere multiplo (si può arrivare anche a dieci lesioni focali nello stesso individuo e questo complica abbastanza la diagnostica differenziale con la sua controparte maligna). Si tratta di una neoplasia benigna che origina nel fegato ed è costituita essenzialmente da epatociti. Questi sono epatociti che somigliano molto a quelli normali epatici, mostrano però delle lievi alterazioni, una lieve atipia. È associato alla terapia contraccettiva orale estroprogestinica. Attualmente però si sa che anche altri ormoni steroidei possono produrre le stesse lesioni come gli steroidi anabolizzanti che vengono spesso utilizzati dagli atleti per favorire l’incremento dei muscoli. C’è anche un’associazione - e questo riguarda una particolare classe di adenomi - con delle patologie legate ad alterazioni congenite: ci si sta riferendo all’accumulo di glicogeno soprattutto legato alla glicogenosi di tipo 1A ma anche di tipo 3 e di tipo 4. Esiste un tipo particolare di adenomi associati all’inattivazione del gene HNF1α. Analizziamo le caratteristiche dell’adenoma. Clinicamente si manifesta come dolore addominale ed emorragia. Questi due sintomi sono strettamente correlati all’aumento volumetrico che determina una distensione della Glissoniana (che quindi dà dolore) e alla rottura dello stesso. In assenza di un aumento volumetrico che avviene in breve tempo e in assenza di rottura potrebbero non esserci sintomi, quindi il paziente (soprattutto di sesso femminile) può essere perfettamente asintomatico e venire a conoscenza di questa lesione casualmente, magari in seguito ad un’indagine ecografica. Solitamente è un nodulo solitario (possono anche essere multipli) e può raggiungere dimensioni notevoli fino a 30 cm. Il colorito è variabile: può essere identico a quello epatico oppure può avere dei viraggi verso il bruno (ad esempio quando ci sono delle emorragie) o verso un colorito giallastro (quando vi è associato un accumulo lipidico che dà una lesione perfettamente identica alla steatosi). Può essere presente della bile e le cellule possono essere più grandi (la cellula è però, generalmente, “aumentata tutta” nel senso che è aumentato anche il citoplasma). Di solito il rapporto nucleo/citoplasma è lievemente incrementato oppure identico a quello degli epatociti normali. Può anche accadere che l’adenoma sia costituito da cellule piccole e questo succede se proliferano rapidamente senza che si abbia il tempo necessario affinché queste cellule possano aumentare di volume come gli epatociti normali. Le atipie sono molto lievi, di solito focali e generalmente associate a dei processi di tipo degenerativo legati alla crescita comunque espansiva della lesione. Queste lesioni possono possedere recettori per ormoni. Si è infatti detto che gli epatociti della lesione sono responsivi alla terapia estroprogestinica ed è questo il motivo per cui crescono. Possono contenere del glicogeno, il citoplasma può apparire pallido, può avere delle inclusioni, ci possono essere corpi di Mallory, lipofuscina, mitocondri giganti, insomma tutte quelle lesioni degenerative di cui si è parlato a proposito della patologia non neoplastica del fegato. Si può trovare anche della necrosi con o senza apoptosi; si può riscontrare eritropoiesi extramidollare; ci può essere fibrosi anche se non prominente. Qual è la differenza rispetto a una patologia non neoplastica del fegato? La prima differenza consiste nel fatto che la lesione è focale e questo può essere evidenziato tramite la diagnostica per immagini. Dal punto di vista istologico si osserva un preparato che è privo di spazi portali, quindi manca un’architettura lobulare e acinare così come ci si aspetterebbe di trovare nel fegato anche qualora questo fosse stravolto dalla fibrosi (come può capitare in un’epatite cronica). Si osservano, invece, delle arterie isolate con parete ispessita: l’arteria dello spazio portare è da sola, manca la vena e manca il dotto biliare. Le arterie isolate sono tra l’altro presenti in piccoli aggregati. Questa è una lesione molto importante da cogliere soprattutto nelle piccolo biopsie dove altrimenti non si avrebbero altri elementi per fare questo tipo di diagnosi ed è ovvio che spesso questa diagnosi va fatta sulle piccole agobiopsie. È estremamente difficile, in questo caso, fare diagnosi differenziale con tutta una serie di lesioni: l’epatocarcinoma precoce (Early Epatocellular Carcinoma), l’epatocarcinoma molto ben differenziato, l’iperplasia focale nodulare, un macronodulo rigenerativo, l’iperplasia rigenerativa della cirrosi (questa lesione può infatti insorgere anche in un fegato che può avere un altro tipo di patologia, magari una patologia metabolica legata all’assunzione di farmaci). È riportata una tabella riassuntiva *** di quelle che sono le lesioni elementari (le più importanti evidenziate in blu). Ricapitolando: - Non ci sono spazi portali; Non ci sono dotti biliari; Presenza di arterie isolate (o non accompagnate); Assenza di invasione stromale e di invasione vascolare (tipica dell’epatocarcinoma). Tutto il resto invece aiuta poco nella diagnosi. - - Per quanto riguarda l’architettura, ad esempio, le travate non devono superare lo spessore di 2 o 3 file di cellule (perché se si arriva a 4 file bisogna già sospettare l’epatocarcinoma), ma nella pratica è abbastanza difficile basare la diagnosi solo su questo elemento; Di solito non c’è nodularità o comunque una lesione abbastanza specifica; L’atipia può essere lieve (ma può essere lieve anche nell’epatocarcinoma ben differenziato); I nucleoli di solito sono assenti; La steatosi può essere presente; Le mitosi di solito non si osservano in questo tipo di lesioni; Ci si attende un basso indice di proliferazione. Esiste anche una classificazione essenzialmente molecolare degli adenomi attualmente utilizzata solo nell’ambito della ricerca che non ha una particolare valenza clinica. Prevede una suddivisione in 4 lesioni: 1. 2. 3. 4. Adenoma tipico; Adenoma con cellule chiare; Adenoma che entra in diagnosi differenziale con l’epatocarcinoma; Adenoma teleangectasico (che entra in diagnosi differenziale con l’iperplasia focale nodulare). In questa classificazione viene compresa anche l’iperplasia focale nodulare in quanto, secondo alcuni autori, questa lesione sarebbe comunque un adenoma anche se - dal punto di vista della biologia molecolare - policlonale, mentre le altre sono monoclonali e tra queste anche l’adenoma legato all’inattivazione del gene HNF1α, l’adenoma legato a una mutazione della β-catenina. Attualmente tali lesioni vengono studiate in questo senso per poterle differenziare e perché sembrerebbe che l’adenoma non sia un’unica patologia, ma diversi tipi di patologia che però morfologicamente si assomigliano parecchio e sono abbastanza difficili da riconoscere. Macroscopicamente si presenta, di solito, come un nodulo unico e compatto. Sul tessuto fresco è difficilmente riconoscibile. Nell’immagine *** si osserva l’adenoma da una parte e dall’altra un bordo di fegato normale. Non è semplice distinguere le due parti, ma in corrispondenza dell’adenoma si può riscontrare emorragia centrale e questo aiuta nella sua individuazione. Nel caso specifico dell’immagine in esame è possibile notare multiple lesioni (sono quelle giallastre) nell’ambito di una lesione più ampia che ha un altro significato. In seguito a fissazione è più semplice distinguere macroscopicamente le due parti. È quindi comprensibile quanto sia importante la fissazione e di come sia opportuno casomai campionare il preparato dopo che è stato fissato. Si può ancora evidenziare la presenza di ampie emorragie e di aree di necrosi. È riportata l’immagine *** relativa all’aspetto istologico di una biopsia. Dal punto di vista morfologico sembrerebbe un fegato normale (gli epatociti sembrano perfettamente identici a quelli di un fegato normale). L’unica caratteristica evidente è che hanno un citoplasma particolarmente pallido, chiaro. Da sola questa immagine non consente di fare diagnosi. La seconda immagine *** invece sì in quanto si osservano le arterie isolate. Questo elemento potrebbe venir confuso con uno spazio portale ma - attenzione! - nello spazio portale è presente la triade (arteria, dotto biliare e vena) mentre in questo caso si possono riscontrare solo arterie. Questa è proprio la lesione elementare di interesse: le arterie isolate con parete ispessita e diametro anche maggiore rispetto a quello atteso. In questo caso si può fare diagnosi facendo molta attenzione alla diagnosi differenziale con l’epatocarcinoma ben differenziato. Possono esserci delle rosette che contengono all’interno della bile; queste da sole non consentono di fare diagnosi ma sono comunque un altro elemento che può aiutare. La lesione elementare, nell’immagine ***, tende ad essere vagamente lobulata (non ha una lobulazione ben certa) e anche ad ingrandimento panoramico mostra una crescita compressiva, non infiltrativa: tende infatti a comprimere il parenchima circostante anche se non c’è una vera e propria capsula ben identificabile. Quindi l’adenoma comprime, non infiltra, a differenza dell’epatocarcinoma. Si può ancora avere la steatosi; si osservano quindi vacuoli otticamente vuoti. Solitamente la steatosi è micro/macrovescicolare o soltanto microvescicolare. Adenomi legati alla mutazione del gene HNF1α. - Possono avere un colorito giallastro e un aspetto lobulato; Alla fissazione la lesione è più evidente; Possono essere multipli. Nell’immagine *** si osserva del parenchima normale e delle aree multinodulari. Quindi alle mutazioni si associano spesso adenomi multipli. - L’architettura è un po’ alterata, distorta (sinusoidi ampliati, rosette). Nel caso degli adenomi associati alla mutazione della β-catenina è possibile utilizzare una metodica immunoistochimica appunto per la β-catenina. In questo tipo di adenomi si ha una positività nucleare e di membrana a differenza del parenchima adiacente che può mostrare soltanto la positività di membrana. La variante teleangectasica è caratterizzata da due aspetti: la dilatazione dei sinusoidi e la presenza di infiammazione. Nella diagnosi differenziale di questa lesione con l’epatocarcinoma, quando si ha un pezzo operatorio, è più facile osservare la crescita espansiva e si riesce ad avere un ampio campionamento di tutta lesione potendo quindi avere un’idea più completa. Nelle piccole agobiopsie è invece molto più complicato anche se ci si può avvalere di tecniche ancillari (le si utilizza nella patologia infiammatoria e anche in quella neoplastica). Si può ancora ricorrere all’immunoistochimica e all’istochimica. Per quanto riguarda l’immunoistochimica le reazioni più importanti riguardano: La citocheratina 7 che mette in evidenza i dotti biliari: i dotti biliari non devono essere presenti perché, come si è già detto, non ci sono spazi portali in questo tipo di lesione ma ci sono solo le arterie isolate o non accompagnate. Il CD34 è un marcatore di endotelio importante per quel che riguarda la diagnosi differenziale con l’epatocarcinoma. L’endotelio fenestrato dei sinusoidi, se normale, non esprime il CD34. Quando l’endotelio dei sinusoidi esprime il CD34 significa che non è più fenestrato e si parla di “arterializzazione o capillarizzazione dei sinusoidi”. Questo si verifica in diverse condizioni patologiche: nelle patologie infiammatorie, nella cirrosi, nelle lesioni benigne simil-tumorali. Di solito, però, questa positività è variabile: alcuni sinusoidi vengono marcati dal CD34 mentre altri no, per cui la positività non è diffusa ma focale (non comprende tutti quanti i sinusoidi) mentre, nell’epatocarcinoma, la positività per il CD34 è diffusa, riguarda tutti i sinusoidi. [Quindi la positività è focale nell’adenoma e in altre lesioni benigne quali cirrosi, noduli displastici, noduli iperplastici, iperplasia focale nodulare]. KE67 è un indice di proliferazione. Per valutare quanto velocemente sta proliferando la neoplasia si potrebbe ad esempio fare la conta delle mitosi, ma trattandosi di lesioni che non crescono molto rapidamente, non ci si aspetta di trovarne mentre, il KE67, consente di evidenziare, con una positività nucleare, tutte le cellule che sono dentro il ciclo cellulare e non solo quelle che si trovano in fase mitotica (la fase mitotica infatti dura solo mezz’ora mentre il ciclo cellulare è molto più lungo). Il KE67 di solito, in queste lesioni, è basso. L’iperplasia focale nodulare. È intesa, dalla maggior parte dei lavori scientifici, come una malformazione simil-tumorale. Non è clonale2 ma policlonale e sembrerebbe essere legata ad un’anormale flusso ematico: ci sono delle aree che hanno un flusso ematico maggiore e che vengono quindi maggiormente stimolate alla rigenerazione. Si trova frequentemente nelle donne giovani-adulte e la sua caratteristica consiste nella presenza di una cicatrice stellariforme centrale. La presenza di tale cicatrice e di noduli circostanti è tra l’altro l’aspetto macroscopico che consente anche al radiologo, nell’ambito della diagnostica per immagini, di riconoscere in maniera quasi inequivocabile l’iperplasia focale nodulare. Per cui spesso la diagnosi è fatta dal radiologo 2 l’adenoma è clonale e per queste ragioni sembra essere una vera e propria neoplasia - sicuramente benigna, ma comunque una vera e propria neoplasia -. e la lesione viene tenuta sotto controllo finché non cresce eccessivamente in quanto anche questa, aumentando di dimensioni, può dare dolore ed emorragia [Quando cresce eccessivamente la lesione viene quindi levata più che altro per il rischio dell’emorragia]. Sembrerebbe che negli individui in cui si forma questo tipo di lesione ci sia un incremento dell’apporto di flusso di tipo arterioso. In alcuni casi può interessare un intero lobo epatico e quindi occupare una grossa parte del fegato. Spesso è associata ad altre lesioni malformative oppure ancora a dei tumori mesenchimali benigni come gli angiomi. Questa lesione non è mai capsulata. A fresco, come si è già detto in precedenza, è più difficile riconoscere certi elementi; nell’immagine *** è comunque abbastanza facile distinguere il parenchima normale dalla lesione ben circoscritta: si può riscontrare infatti centralmente la presenza di tessuto biancastro che tende a sfioccarsi all’interno di aree giallastre e che costituisce quella cicatrice centrale di cui si è parlato. Si può ancora notare come i noduli tendano a protrudere sul taglio mentre la cicatrice centrale si retrae perché il tipo di tessuto è differente ed è di conseguenza differente la loro consistenza: uno è un tessuto fibroso mentre l’altro è un tessuto costituito da epatociti iperplastici. Nella sezione fissata la lesione è più evidente: si osserva meglio la cicatrice centrale da cui originano dei setti che tendono a suddividere dei noduli rigenerativi molto simili a quelli della cirrosi. È importantissimo precisare come questa non sia cirrosi in quanto la lesione è focale, mentre la cirrosi interessa tutto il parenchima epatico. Su una piccola biopsia, se non si hanno tutti gli elementi necessari, si può correre il rischio di dire che si tratta di noduli rigenerativi da cirrosi. Ci sono chiaramente degli elementi che consentono di sospettare che si tratti di iperplasia focale nodulare anche qualora al clinico radiologo fosse sfuggito di comunicare il fatto di aver osservato la presenza della cicatrice centrale. Istologicamente si riscontrano quindi delle bande fibrotiche e si possono ancora riconoscere delle arterie non accompagnate tipiche dell’adenoma. Questo potrebbe quindi porre il dubbio: “è un adenoma o è iperplasia focale nodulare?”. Nel caso dell’iperplasia focale nodulare si ha una proliferazione di duttili che si accompagna ai setti. Vi sono sia spazi portali normali, sia strutture che assomigliano agli spazi portali ma che non lo sono: ci sono quindi sia arterie non accompagnate, sia strutture simili agli spazi portali e dotti che accompagnano la fibrosi. È riportato un esempio ***. In questo caso gli epatociti sono abbastanza simili tra loro, non ci sono grosse differenze, ma vi sono due elementi che fanno pensare a una lesione focale: bisogna solo stabilire se si tratta di adenoma o di iperplasia focale nodulare. Agli angoli dell’immagine si osservano però degli epatociti compressi; gli epatociti al centro sono schiacciati da due noduli rigenerativi. Ci vuole una certa competenza per riconoscere questi aspetti! Oltre all’incremento delle arterie isolate, con la colorazione specifica per citocheratina 7 si evidenzia la presenza dei dotti. Nell’immagine *** si riscontra un dotto ben formato (anche se non si riconosce il lume) e ancora dei dotti non ben formati. Proprio questi ultimi sono il risultato della neoduttulogenesi. In generale si parla di reazione duttulare. Secondo una classificazione proposta da Desmet nel 2011 si distingue tra: Dotti neoformati; Iperplasia delle cellule staminali; Metaplasia colangiocitica degli epatociti. Tornando all’immagine: le cellule più piccole isolate sono quelle del compartimento staminale, mentre altre cellule, più ampie, sono morfologicamente una via di mezzo tra l’epatocita e la cellula duttale perché la cellula staminale dell’epatocita è comune alla cellula staminale da cui derivano le cellule duttali e vi è una continua differenziazione e de-differenziazione verso una parte o verso l’altra in base a tutta una serie di condizioni (bile, ipossia) e ai diversi tipi di patologia. È molto importante sottolineare il fatto che la reazione duttulare vada ad accompagnare l’iperplasia focale nodulare soprattutto in caso di compressione: gli epatociti normali compressi tra due noduli di rigenerazione vengono infatti a trovarsi in condizioni sfavorevoli di ipossia e questo può portare a metaplasia colangiocitica oppure ad attivazione del compartimento staminale o ancora a neoduttulogenesi. Per riconoscere le arterie non accompagnate si può usare l’actina muscolo liscio (che evidenzia la parete delle arterie) o ancora il CD34. Il complesso di Von Meyenburg. È una lesione amartomatosa che può interessare alcuni individui e che si caratterizza per la presenza di fibrosi e di spazi che sono risultato della proliferazione di dotti che si ramificano e si dilatano dando luogo a cisti. Queste lesioni talvolta possono associarsi all’adenoma dei dotti biliari: quando vi è soltanto proliferazione benigna di dotti biliari si parla di adenoma dei dotti biliari mentre quando vi è fibrosi importante si parla invece di complesso di Von Meyenburg. Vengono solo nominati i papillomi dei dotti biliari e le neoplasie cistiche mucinose. Noduli displastici. Sono dei noduli di almeno 10-15 mm di diametro (sono infatti valutabili con la diagnostica per immagini). Sono sempre associati a cirrosi, si sviluppano solo ed esclusivamente in pazienti cirrotici. Si tratta di lesioni che possono progredire verso l’epatocarcinoma (soprattutto il nodulo displastico di alto grado) ed è quindi importante riconoscerli clinicamente con la diagnostica per immagini e stabilire se si tratta di noduli displastici di basso grado oppure di alto grado e monitorizzare il paziente cirrotico visto il rischio di sviluppare un epatocarcinoma. Si deve quindi attuare una strategia molto precoce perché se ci si trova di fronte a uno stadio basso di epatocarcinoma si può intervenire e aumentare le aspettative di vita del paziente; mentre quando si raggiungono delle stadiazioni più avanzate tutto questo diventa più improbabile e non si hanno armi per garantire una maggiore sopravvivenza del paziente. L’atipia cellulare, nell’ambito della patologia epatica, viene divisa in atipia a piccole cellule e in atipia a grandi cellule. L’atipia a grandi cellule si caratterizza per la presenza di cellule con diametro maggiore rispetto agli epatociti normali. C’è una alterazione del rapporto nucleo/citoplasma: vi è sicuramente polimorfismo, polidimensionalità, ipercromia dei nuclei, ma le cellule sono essenzialmente più grandi. Nell’atipia a piccole cellule le cellule sono più piccole, presentano un alterato rapporto citoplasmatico, i nucleoli iniziano ad essere evidenti. L’atipia a grandi cellule è associata al nodulo displastico di basso grado mentre l’atipia a piccole cellule è associata al nodulo displastico di alto grado. Quali sono le caratteristiche dei noduli displastici? Entrambe le tipologie di noduli displastici si associano a cirrosi. Il nodulo di basso grado non ha di solito ulteriori nodulazioni all’interno; può essere presente una vera e propria capsula fibrosa, ma nella stragrande maggioranza dei casi è assente (c’è più che altro una compressione del parenchima circostante); c’è un lieve incremento della densità cellulare; le cellule sono abbastanza monotone ma si riconosce quella che è stata definita “displasia a grandi cellule”; non vi è l’aspetto nodulo in nodulo. Quando il patologo si trova di fronte a questa lesione deve fare diagnosi differenziale con il macronodulo rigenerativo (non con l’epatocarcinoma), quindi non crea particolari problemi diagnostici. L’aspetto è quello che si può osservare nell’immagine***. Il fegato è quello di un paziente cirrotico. Tra i noduli rigenerativi ce n’è uno più grande che viene identificato alla diagnostica per immagini; si fanno quindi degli accertamenti per identificare esattamente la lesione. Ci si rende immediatamente conto di come non siano epatociti normali. Sono degli epatociti displastici, con delle alterazioni, ma non con un polimorfismo così da marcato da mettere eccessivamente in allerta. Il nodulo displastico di alto grado è quello più importante da riconoscere perché deve essere assolutamente levato essendo quello a più alto rischio di evolvere in epatocarcinoma ed è proprio questo il motivo per cui i pazienti cirrotici vengono monitorati. In questo caso si osserva l’aspetto nodulo in nodulo; l’atipia cellulare è importante; c’è un incremento della densità cellulare superiore a due volte la densità cellulare in un parenchima normale; si ha ancora basofilia del citoplasma (il citoplasma non è marcatamente eosinofilo come negli epatociti normali ma tende ad assumere un colorito bluastro); il pattern è trabecolare [questo è un aspetto molto importante], non vi è mai aspetto pseudo-ghiandolare; la displasia è a piccole cellule; sono sempre presenti spazi portali che possono essere ridotti e si possono riscontrare, anche in questo caso, arterie isolate ma che solitamente, come numero, si equiparano rispetto alla presenza degli spazi portali; il KE67 può essere lievemente incrementato ma solitamente è basso; si ha assenza di invasione stromale (in alcuni casi non è possibile distinguere il nodulo displastico di alto grado dall’epatocarcinoma se non attraverso l’invasione stromale e l’invasione vascolare: questo è l’unico elemento che consente di fare diagnosi certa - vi sono comunque altri elementi che possono aiutare nel dare un inquadramento e orientamento diagnostico -). Nell’immagine *** si osserva cirrosi e un nodulo più grande costituito da tanti altri piccoli noduli. Nulla vieta che qualcuno di questi noduli possa già essere un epatocarcinoma. Tra l’altro è importante anche sottolineare come non sempre l’agobiopsia vada esattamente a campionare il parenchima cogliendo l’eventuale epatocarcinoma tra i diversi noduli del nodulo più grande portando quindi semplicemente a diagnosi di nodulo displastico di alto grado. Le cellule sono più piccole e quindi espressione di un’atipia più importante rispetto a quella di cui si è parlato precedentemente.