Clausola di prelazione e clausola di gradimento nella

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Clausola di prelazione e clausola di gradimento nella cessione di quote nelle
società pubbliche
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Le società a capitale misto pubblico–privato: natura giuridica e
disciplina applicabile – 3. La disciplina applicabile alla vendita di partecipazioni detenute da
società a prevalente capitale pubblico o miste – 4. La validità della clausola di prelazione – 5.
L’operatività della clausola di gradimento – 6. Conclusioni
1. La gestione dei servizi pubblici essenziali può essere affidata dagli enti pubblici
territoriali anche a persone giuridiche strutturate secondo tipologie ed istituti propri
del diritto privato – quali le società commerciali – purché la proprietà resti in maggior
parte in mano pubblica1. Ciò comporta in primis l’utilizzabilità di strumenti tipici del
diritto privato – i.e. gli istituti del diritto dei contratti e delle società – in un settore
volto principalmente alla tutela degli interessi pubblici. Tali strumenti, pertanto,
dovranno essere necessariamente adattati al perseguimento dell’interesse pubblico,
con conseguente inapplicabilità di quelle disposizioni e/o inutilizzabilità di quegli
istituti incompatibili con il carattere eminentemente pubblicistico dell’attività
esercitata.
La presente trattazione, in particolare, si prefigge di esaminare alcuni peculiari aspetti
relativi alla vita delle società – nella fattispecie, della cessione di partecipazioni sociali
– nelle società a prevalente capitale pubblico, o che comunque coinvolgono società
esercenti la gestione di servizi pubblici essenziali.
Si consideri una situazione del seguente tenore: Zeta S.p.A. è una società a
partecipazione mista pubblico-privata che svolge attività di distribuzione del gas
naturale in un determinato territorio. Le partecipazioni di maggioranza in Zeta sono
detenute da un socio pubblico, Alfa S.p.A. (44%), e da un socio privato, Beta S.p.A.
(39%). Il restante 17% è detenuto da Gamma S.r.l. (9%), Delta S.r.l. (2%) e Epsilon S.r.l.
(6%). Anche Gamma e Delta, come Zeta, sono società di capitale a carattere misto, con
soci in parte pubblici in parte privati, mentre i soci di Epsilon sono tutti soggetti
privati.
Cfr. art. 22 L. 8 giugno 1990, n. 142, sull’ordinamento delle autonomie locali: “I comuni e le province,
nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione
di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali. I
servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge. I comuni e le province possono
gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme: a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche
del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda; b) in concessione a terzi, quando sussistano
ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale; c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi
di rilevanza economica ed imprenditoriale; d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza
imprenditoriale; e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale
costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o
all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati”. La legge sull’ordinamento
delle autonomie locali è stata abrogata dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali
approvato con D.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 ed il suo contenuto è ora in gran parte in esso riportato.
V. ora gli art. 112, 113, 113- bis e 117 del predetto Testo Unico.
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ZETA
A lf a
Beta
Gamma
Delta
Epsilon
Alfa si trova ad affrontare una seria crisi di liquidità, pertanto si risolve a cedere le
proprie partecipazioni in Zeta.
Al riguardo è da notare che lo statuto sociale di Zeta contiene una clausola di
prelazione circa la cessione delle rispettive azioni, e che esiste un patto parasociale
stipulato tra Alfa, Beta e Gamma contenente delle clausole limitative della circolazione
delle partecipazioni in Zeta.
In particolare: a) lo statuto di Zeta prevede che il socio che intenda trasferire le proprie
azioni debba preventivamente darne comunicazione scritta agli altri soci, precisando il
nome del terzo disposto all’acquisto, nonché ogni termine, modalità e condizione, ivi
incluso il prezzo della relativa offerta di acquisto, allegando a detta comunicazione
copia dell’offerta di acquisto pervenuta dal terzo; b) nel patto parasociale
summenzionato si rileva una clausola di gradimento, che assume rilevanza con
riferimento all’ingresso nella compagine azionaria di Zeta di nuovi soci, ai sensi del
quale l’ingresso in Zeta di futuri partecipanti è subordinata al consenso della
maggioranza dei soci in ragione di 2/3 del capitale sociale, che sarà espresso in
relazione alla convenienza dell’apporto tecnico operativo o finanziario dell’aspirante
socio. In caso di espresso gradimento da parte della maggioranza alla cessione delle
azione, i soci di maggioranza hanno l’obbligo di acquistare o far acquistare, in
proporzione alla loro partecipazione al capitale sociale, anche le azioni del socio o dei
soci che hanno negato il gradimento alle medesime condizioni di compravendita di cui
al contratto con l’aspirante nuovo socio, restando comunque in facoltà del socio o dei
soci di minoranza di aderire o meno alla proposta di acquisto.
Si tratterà, dunque, di esaminare la rilevanza e l’operatività degli accennati accordi di
prelazione e di gradimento in un’operazione di cessione azionaria nella quale
intervengono enti societari con una quota di capitale pubblica.
2. In sé considerata, la presenza di una clausola di prelazione nello strumento
statutario è fatto assolutamente normale, in quanto corrisponde ad una scelta
funzionale all’interesse della compagine sociale – come tale meritevole di tutela sotto il
profilo giuridico e quindi astrattamente legittimo – di poter accrescere la propria
posizione nel capitale sociale della società, con preferenza rispetto ad eventuali terzi
cessionari. La causa giuridica di una tale previsione, come è noto, consiste proprio nel
preferire il beneficiato dalla clausola di prelazione rispetto a qualunque altro terzo, in
occasione della vendita delle azioni/quote, ovviamente a parità di condizioni di
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acquisto, che devono essere preventivamente comunicate allo stesso beneficiario del
diritto di prelazione.
In termini più generali, con il patto di prelazione il promittente si obbliga nei confronti
del promissario a preferirlo rispetto a qualsiasi terzo, qualora decida di stipulare un
determinato contratto; la prelazione, infatti, conferisce solo un diritto condizionato alla
stipulazione di un futuro negozio2. Nella prelazione, pertanto, si realizza un contratto
preliminare unilaterale, in forza del quale una parte ha diritto di essere preferita ad
altri, a parità di condizioni, qualora il promittente si induca alla conclusione di un
determinato contratto, con la conseguenza che nella prelazione non sorge alcun
obbligo immediato a carico del promettente, il quale è libero anche di non stipulare il
contratto a cui si riferisce la prelazione, obbligandosi solo a preferire, ove esso venga
concluso, il promissario rispetto a terzi3.
Il promissario, quindi, non ha alcun potere di costituire direttamente il rapporto
contrattuale finale mediante una propria manifestazione di volontà.
In base ad un orientamento dottrinale consolidato4, dalla prelazione nasce solo
l’obbligo di effettuare la denuntiatio, cioè la comunicazione al promissario; atto che è,
comunque, revocabile.
Alla luce delle motivazioni che giustificano la previsione di una clausola di prelazione
all’interno dello statuto societario, come sopra evidenziate, si pone tuttavia la
questione della efficacia di tali previsioni statutarie anche nel caso che specificamente
ci occupa, ovvero in relazione alla disciplina del trasferimento/vendita di azioni di
Zeta detenute dal socio Alfa, con particolare riguardo alla natura giuridica dei soggetti
interessati, ossia Alfa quale venditore e Beta quale potenziale socio interessato
all’esercizio della prelazione statutaria.
Nell’ipotesi in esame, l’ente gestore del servizio pubblico essenziale (la distribuzione
del gas naturale) è quindi una società a capitale misto pubblico-privato, alla quale il
servizio in questione è stato affidato sulla base di una concessione da parte degli enti
pubblici territoriali nei quali il servizio deve essere erogato. Per poter effettuare una
chiara disamina delle problematiche giuridiche connesse alla cessione delle azioni di
siffatta tipologia societaria, è necessario definire, preliminarmente, la sua natura di
ente pubblico o privato.
Nella casistica qui presa in esame, le vicende relative alla costituzione della società
concessionaria della distribuzione del gas Zeta S.p.A. possono assumere rilevanza
primaria allo scopo di definire la natura pubblica o privata di tale ente.
Si consideri dunque che Zeta S.p.A. viene costituita da Alfa, Beta e Gamma, già a loro
volta concessionarie della distribuzione del gas, le quali successivamente conferiscono
in essa i propri rami d’azienda relativi alla gestione del suddetto servizio pubblico. Per
effetto di tali conferimenti e, prima ancora, per la natura dei soci partecipanti al
V. Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 1982 n. 402, in Giust. Civ. Mass., 1982, fasc. 1.
V. ibidem.
4 Cfr. COCCIA , Sul patto di prelazione e in particolare sulla ammissibilità di una stipulazione senza limiti di tempo, in
Giur. it., 1983, p. 1535; RICCIUTO, La formazione progressiva del contratto, in GABRIELLI (a cura di), I contratti in
generale, I, in RESCIGNO (diretto da) Trattato dei contratti, Torino, 1999, p. 201.
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capitale sociale, come sopra accennato, Zeta si presenta come una società a capitale
misto pubblico e privato ed esercente servizi dipendenti da concessioni pubbliche.
Anche per quanto specificamente riguarda la società cedente Alfa, è necessario definire
la sua natura giuridica, sempre a partire dalla sua genesi. Alfa invero, nel caso di
specie esaminato, è il risultato della trasformazione in società per azioni di un
consorzio tra enti pubblici territoriali (nello specifico di comuni), costituito ai sensi
degli artt. 156 e seguenti del T.U. della Legge comunale e provinciale del 19345. Con
l’entrata in vigore della L. 8 giugno 1990 n. 142, in materia di ordinamento delle
autonomie locali, gli enti pubblici territoriali membri del consorzio in esame
procedettero alla revisione dell’organismo consortile, in ossequio alla prescrizione
dell’art. 60 L. 142/19906, optando per la trasformazione in società per azioni, secondo il
modello della società a prevalente capitale pubblico di cui all’art. 22, lett. e), L.
142/19907. La citata norma consentiva, infatti, agli enti territoriali di provvedere alla
gestione dei servizi pubblici locali, aventi per oggetto la produzione di beni ed attività
rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico delle comunità
locali, attraverso diversi modelli di gestione, tra cui appunto anche la società per azioni
di diritto privato.
In altre parole, l’art. 22 L. 142/1990, nel dare ai Comuni ed alle Province la facoltà di
gestire i servizi pubblici, anche a mezzo di società private, ha indicato una forma
alternativa di gestione, modellata su istituti del diritto privato ma con connotazioni e
finalità ancora sostanzialmente pubblicistiche.
In seguito alla trasformazione del consorzio in ente societario, l’affidamento della
gestione della rete di distribuzione del gas, originariamente disposto a favore del
consorzio stesso, si è quindi esteso, senza soluzione di continuità, in capo ad Alfa che,
V. Testo Unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 3 marzo 1934 n. 383. L’art. 156 in
particolare recitava: “I comuni hanno facoltà di unirsi in consorzio fra di loro o con la provincia per provvedere a
determinati servizi od opere di comune interesse. La costituzione del consorzio è approvata con decreto del prefetto,
udita la giunta provinciale amministrativa, se gli enti appartengono alla stessa circoscrizione provinciale, del ministro
dell'interno, udite le giunte provinciali amministrative interessate, se gli enti appartengono a circoscrizioni provinciali
diverse. Con lo stesso decreto è approvato lo statuto ed è stabilita la sede del consorzio.” Il citato decreto è stato
abrogato dal nuovo Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali.
6 Cfr. art. 60 comma 1 L. 142/1990 sull’ordinamento delle autonomie locali: “Entro il 30 giugno 1996, i comuni
e le province provvedono, anche in deroga ai limiti di durata eventualmente previsti dai relativi atti costitutivi, alla
revisione dei consorzi e delle altre forme associative in atto, costituiti tra enti locali, sopprimendoli o trasformandoli
nelle forme previste dalla presente legge”, ora abrogato dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti
locali.
7 Cfr art. 22 L. 142/90: “I comuni e le province, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei
servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo
sviluppo economico e civile delle comunità locali. I servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono
stabiliti dalla legge. I comuni e le province possono gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme: a) in economia,
quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una
azienda; b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale; c) a mezzo di
azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale; d) a mezzo di
istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale; e) a mezzo di società per azioni o a
responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico
servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più
soggetti pubblici o privati”. V. ora gli art. 112, 113, 113-bis e 117 del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
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di conseguenza, ha avuto la gestione delle reti in via diretta, ovvero senza
l’espletamento di alcuna preliminare gara per il relativo affidamento del servizio.
Sulla base di quanto precede è fuor di dubbio che debba essere riconosciuta ad Alfa la
natura di società pubblica, o quantomeno, tenuto conto della recente partecipazione
alla stessa di alcuni soci privati di minoranza, di società mista a prevalente capitale
pubblico, al pari di Zeta, e, come tale, assoggettata alla disciplina ed agli istituti
pubblicistici, come saranno in seguito meglio specificati. Ed invero, è incontroverso che
le società pubbliche, o comunque miste pubblico - private, siano soggette
all’applicazione dei principi del diritto pubblico8.
Ad ulteriore conferma della natura sostanzialmente pubblicistica, con ogni
conseguenza in merito alla disciplina concretamente applicabile, vale ancora la pena di
ricordare che, nello specifico caso che ci occupa, in capo alla società cedente ricorrono
tutti i requisiti richiesti per qualificarla quale organismo di diritto pubblico. In
particolare:
1) la personalità giuridica;
2) il perseguimento ed il soddisfacimento di necessità di carattere generale
non aventi natura industriale e commerciale;
3) l’influenza pubblica dominante, posto che, nella fattispecie, gli enti
pubblici territoriali aderenti detengono la maggioranza del capitale sociale.
In definitiva, alla luce del cosiddetto principio di strumentalità dell’attività di gestione,
inteso come identificazione dello scopo sociale nella cura degli interessi delle comunità
locali, Alfa è qualificabile come un organismo avente connotati pubblicistici e la cui
attività è legata da un vincolo di ordine funzionale agli interessi della collettività di
riferimento, tanto che alla tipicità privatistica della società per azioni continuano a
corrispondere caratteri appunto pubblicistici che confermano, da un lato, il permanere
della natura speciale della figura societaria in parola e, dall’altro, la natura
pubblicistica di organismo di diritto pubblico9.
Alle stesse conclusioni si perviene, per quanto riguarda la qualificazione della natura
giuridica di Zeta (società sottoposta a direzione e coordinamento di Alfa),
considerando alcuni suoi profili peculiari. A tale proposito deve essere tenuto
specificamente conto della compagine societaria da cui la stessa è partecipata (Alfa 44
%, Beta 39%, Gamma 9%, Delta 2 %, Epsilon 6%), la quale è rappresentata anche da
soggetti pubblici o comunque cui è riconoscibile natura – in tutto o in parte –
pubblicistica. In buona sostanza, fra i soci partecipanti a Zeta, solo Beta, socio
detentore di una partecipazione del 39 %, corrisponde al modello societario per azioni
Sul punto, infatti, è stato ritenuto dalla giurisprudenza che le “società a partecipazione pubblica maggioritaria
costituite per la gestione di servizio pubblico sono qualificabili come «organismo di diritto pubblico» ai sensi della
normativa sui lavori pubblici (l. n. 109 del 1994) e sugli appalti pubblici di servizi e forniture (d.lg. n. 358 del 1992 e n.
157 del 1995)», T.A.R. Toscana, sez. II, 07 novembre 2003, n. 571, in Comuni It., 2004, p. 120.
9 Per un’espressione di tale principio cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 settembre 2002, n. 4711 in Riv. Corte Conti,
2002, p. 224 e Cons. Stato, Sez. VI, 20 maggio 1995, n. 498 in Riv. Corte Conti, 1995, p. 188, secondo cui le
società derivate dalla trasformazione di enti pubblici conservano connotazioni dell’originaria natura
pubblicistica e continuano ad essere affidatarie della cura di rilevanti interessi pubblici, la cui tutela non può
risultare soppressa solo in conseguenza del mutamento della veste formale – in S.p.A. – del soggetto.
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a natura esclusivamente privatistica, così come regolato dal codice civile; ma ciò non è
sufficiente per sottrarre Zeta all’applicazione dei principi pubblicistici sopra esposti e
riferiti ad Alfa e la cui natura eminentemente pubblicistica è già stata illustrata. A ciò si
aggiungano poi i soci: Gamma, società mista pubblico – privata partecipata da Epsilon
al 51% e da Alfa al 49% e Delta partecipata al 51% da Beta e al 49% da Alfa. Si
aggiunga, inoltre, che Zeta è soggetta a direzione e coordinamento di Alfa la quale, a
sua volta, ha diritto di esprimere nel consiglio di amministrazione di Zeta la
maggioranza dei consiglieri (4 su 7 in base al patto parasociale già menzionato); il che
sembrerebbe collocare Zeta nell’alveo dell’art. 3, comma 28, del D.lgs 163/2006,
qualificandola come “Impresa pubblica”.10
3. Una volta accertata la natura giuridica pubblica o mista dei soggetti sopra
menzionati, è necessario verificare quale sia la disciplina concretamente applicabile a
tali soggetti e come la stessa cambi rispetto alle disciplina prevista in tema di società
commerciali di diritto privato, limitatamente all’ambito della cessione delle quote e/o
azioni sociali.
Per quanto riguarda Alfa (ex consorzio di comuni), l’acclarata natura eminentemente
pubblicistica implica che le disposizioni, alienazioni o comunque cessioni dei beni ad
essa appartenenti debba seguire la via dell’evidenza pubblica11. E ciò vale per qualsiasi
10 Cfr. D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, c.d. “Codice del contratti pubblici”, art. 3, comma 28. Le “imprese
pubbliche” sono le imprese su cui le amministrazioni aggiudicatici possono esercitare, direttamente o
indirettamente, un’influenza dominante o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione
finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese. L’influenza dominante è presunta quando
le amministrazioni aggiudicatici, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o
cumulativamente: a) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto; b) controllano la maggioranza dei
voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa; c) hanno il diritto di nominare più della metà dei
membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa.
11 L’espressione “contratti ad evidenza pubblica” è stata coniata dalla dottrina amministrativistica in anni
recenti ed è ormai universalmente adottata per qualificare l’attività contrattuale della Pubblica
Amministrazione. Tale attività è invero caratterizzata da uno stretto collegamento tra l’autonomia negoziale,
propria di qualsiasi soggetto giuridico, anche se pubblico, e la funzione amministrativa alla cui realizzazione
il contratto è strumentale, cfr. LEDDA, Nuove norme sui contratti pubblici, in Studi in onore di Antonio Amorth, I,
Milano, 1982, p. 336. Ciò comporta, pertanto, che l’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione sia
contraddistinta da un aspetto puramente negoziale di stampo privatistico e da un aspetto procedimentale,
tipico invece dell’attività pubblicistica, cfr. GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, p. 463.
Ciò in quanto anche in campo negoziale l’attività della Pubblica Amministrazione deve essere conforme ai
canoni di buona andamento ed imparzialità di cui all’art. 97 Cost. V. Cons. Stato, Sez. IV, 22 settembre 2003,
n. 5356, in Foro amm. CDS, 2003, p. 2542 e 7 novembre 2003, n. 7120, ivi, 2003, p. 3370. In concreto, la scelta del
proprio contraente privato da parte della Pubblica Amministrazione non può essere lasciata a motivazioni
puramente soggettive, ma deve essere determinata dalla rispondenza a criteri di interesse pubblico, e sempre
conforme ai canoni della libera concorrenza: l’evidenza pubblica serve, quindi, a far sì che la scelta del
contraente sia sempre trasparente e controllabile nella propria conformità ai principi regolatori dell’attività
amministrativa e della concorrenza, cfr. OLIVA, I contratti nella pubblica amministrazione, Roma, 2006, p. 23 ss.;
SANTORO, Manuale dei contratti pubblici, Santarcangelo di Romagna, 2007, p. 33 ss. In base alla normativa
vigente le procedure attraverso le quali la Pubblica Amministrazione individua i contraenti privati sono i
pubblici incanti (“procedure aperte”, in base alla terminologia di derivazione comunitaria), le licitazioni
private (“procedure ristrette”) e le trattative private (“procedure negoziate”).
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bene posseduto dal soggetto pubblico, ivi compresa un’eventuale partecipazione
azionaria12.
Lo stesso legislatore, con previsione espressa13, statuisce che la cessione a soggetti
privati da parte degli enti locali, in tutto o in parte, della propria partecipazione nelle
società erogatrici di servizi pubblici debba avvenire mediante procedure ad evidenza
pubblica.
Ed infatti, la vendita sul mercato delle partecipazioni originariamente detenute da
Alfa, quale soggetto pubblico fondatore della stessa Zeta, corrisponde nella sostanza
alla sostituzione del socio pubblico Alfa con il destinatario dell’operazione ed
acquirente delle partecipazioni cedute, che sarà il nuovo socio privato della società
Zeta.
Del resto, questo costituisce a tutti gli effetti un principio ordinatore della materia: si
rileva invero che l’art. 1, comma 2°, del D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 testualmente
prevede: “nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la
gestione di un servizio pubblico, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza
pubblica”.
La necessità di scegliere il socio privato previa indicazione di una gara pubblica
corrisponde ad un’esigenza sorta al fine di prevenire facili elusioni della regola
concorrenziale. Ed invero, la garanzia dell’evidenza pubblica risulterebbe facilmente
aggirabile ove, a seguito dell’affidamento diretto del servizio ad una società pubblica,
la stessa poi potesse liberamente scegliere un socio privato in base ad una mera
trattativa diretta. In questo modo, infatti, il socio privato otterrebbe il risultato di
partecipare alla gestione del servizio pubblico senza avere partecipato ad alcuna
selezione pubblica. Proprio per evitare una tale facile elusione del principio
dell’evidenza pubblica, dunque, viene richiesto che l’accesso di un socio privato ad
una società mista avvenga previo esperimento di una gara e tale necessità risulta tanto
più cogente quando la gestione del servizio pubblico da parte della società è il
prodotto, a monte, di un affidamento in via diretta, proprio come nel caso di specie,
quantomeno, per quelle concessioni che sono state conferite da Alfa a Zeta.
Vero è che la previsione normativa testé citata14 si riferisce alla cessione da parte
dell’ente locale. Tuttavia, tale circostanza non rileva ai fini dell’applicabilità di tale
previsione al caso specifico, in quanto la dismissione delle partecipazioni
nominalmente intestate ad Alfa di fatto corrisponde alla dismissione delle
partecipazioni da parte dei comuni soci di Alfa. Soggetti, questi ultimi, i quali – vale la
pena ricordare – sono per l’appunto gli originali concedenti dei servizi di distribuzione
Cfr. R.D. 18 novembre 1923 n. 2440, art. 3 sull’amministrazione del patrimonio e la contabilità generale
dello Stato : “I contratti dai quali derivi un'entrata per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, salvo che
per particolari ragioni, delle quali dovrà farsi menzione nel decreto di approvazione del contratto, e limitatamente ai casi
da determinare con il regolamento, l'amministrazione non intenda far ricorso alla licitazione ovvero nei casi di necessità
alla trattativa privata”.
13 Cfr. art. 113, comma 13, D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
14 Cfr. supra nota n. 13.
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del gas effettivamente gestiti da Zeta a seguito del conferimento delle corrispondenti
concessioni da parte di Alfa in occasione della costituzione della stessa Zeta.
Il risultato dell’operazione sopra descritta, dunque, implica che, attraverso la cessione
delle partecipazioni detenute da Alfa, sono gli stessi enti locali partecipanti a
quest’ultima società che dismettono la propria partecipazione nella relative società
partecipate da Alfa. In altre parole, dalla cessione delle partecipazioni, si produce una
sostanziale privatizzazione del servizio pubblico relativo alla gestione delle reti del gas
attualmente operato da Zeta.
4. Dalle argomentazioni sopra svolte e a fronte della specifica normativa positiva citata,
pare discendere che tanto la specifica natura di Alfa, quanto la conseguente natura di
Zeta, impongano che la vendita delle partecipazioni detenute da Alfa avvenga previo
esperimento di una procedura di evidenza pubblica.
Proprio muovendo da tale presupposto appare difficilmente compatibile la legittimità,
o comunque l’applicabilità al caso di specie, di una clausola di prelazione statutaria a
favore del socio privato Beta, che attribuisca a quest’ultimo il diritto di essere preferito
a prescindere dalla sua partecipazione alla gara pubblica indetta per la cessione delle
azioni di Alfa in Zeta.
Se così fosse, si assisterebbe, per effetto del patto di prelazione statutaria, ad una vera e
propria pretermissione della fase pubblicistica attraverso una predeterminata/
anticipata selezione del socio privato, grazie alla pattuizione privatistica contenuta
nello statuto sociale.
Peraltro la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di pronunciarsi sulla
compatibilità di clausole di prelazione in materie assoggettate al principio di evidenza
pubblica, sancendone espressamente l’illegittimità, poiché in caso contrario si
consentirebbe a soggetti che non hanno partecipato alla procedura ad evidenza
pubblica di divenire contraente di un soggetto pubblico15.
È bene precisare che tale orientamento giurisprudenziale fa riferimento specificamente
alle gare per l’affidamento del servizio pubblico, tuttavia la regola generale in esse
prevista non muta in relazione alla vendita delle partecipazioni, siano esse azioni o
quote, di una società concessionaria del servizio pubblico e quindi dell’ingresso in essa
di un socio privato.
Come noto, infatti, la concessione di un servizio pubblico può avvenire attraverso
l’attribuzione dello stesso servizio ad un concessionario privato, ovvero attraverso la
partecipazione del privato ad una società pubblica che già risulta gestire il servizio. Di
conseguenza, anche ove ricorra tale ultima modalità di affidamento, deve ritenersi
15 Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 maggio 2000, n. 3009, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2000, p. 1481: “fra i principi di
carattere generale contrattuale desumibili dalla normativa comunitaria ed applicabili in ogni procedura contrattuale di
evidenza pubblica rientra quello che impone all’amministrazione, una volta fissate le regole di gara, di selezionare le
offerte pervenute, restando preclusa in ogni caso la possibilità di ricorrere ad imprese che non hanno partecipato alla
gara; pertanto, è illegittima la clausola del bando di gara per l’affidamento di un pubblico servizio che preveda il diritto
di prelazione in favore di impresa non partecipante alla gara”; cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 30 dicembre 2005, n.
7616, in Foro Amm. CDS, 2005, p. 3727; T.A.R. Veneto, 18 novembre 1998, n. 2184, in Foro Amm., 1999, p. 466.
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applicabile il principio espresso dalle pronunce richiamate (inapplicabilità della
clausola di prelazione). Ciò nel rispetto dei fondamentali principi di trasparenza e di
parità di trattamento garantiti, per l’appunto, dalla gara ad evidenza pubblica.
Né tantomeno la mera circostanza che la stessa Beta sia già parte della compagine
sociale di Zeta risulta sufficiente a giustificare una deroga a suo favore rispetto alla
necessità che in occasione della cessione delle partecipazioni sia garantito
l’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica. In caso contrario, infatti, non si
capirebbe in che modo il possesso di una quota del capitale sociale da parte di Beta
valga automaticamente ad esentare la stessa, in occasione dell’acquisto delle
azioni/quote alienate da Alfa, dalla partecipazione alla gara cui sono invece tenuti
tutti gli altri soggetti terzi, e ciò in deroga al superiore principio della garanzia
dell’evidenza pubblica.
In buona sostanza, una soluzione nel senso di permettere a Beta di poter acquistare in
via di prelazione le azioni di Zeta che saranno cedute da Alfa, non appare trovare
fondamento in alcuna previsione normativa positiva, né appare obiettivamente
praticabile.
Per contro, è da ritenere che la specifica disciplina di settore deponga per
l’inammissibilità di una tale eccezione. A tale proposito basti richiamare la già citata
previsione contenuta all’art. 113, comma 12, del D.lgs. 267/2000, la quale impone che
anche per la privatizzazione di una società precedentemente mista pubblico-privata,
con conseguente cessione delle partecipazioni detenute dal soggetto pubblico sul
mercato, debba comunque esperirsi una gara, e ciò a prescindere dalla circostanza che
l’acquirente sia un privato terzo, piuttosto che un socio privato già partecipante alla
società oggetto di privatizzazione. Inoltre, una soluzione nel senso di escludere la
possibilità di ricorrere ad una gara pubblica risulta altresì violare i principi generali di
trasparenza e concorrenza, presupposti della specifica normativa già richiamata.
Pertanto, la cessione delle partecipazioni di Alfa in Zeta implica l’incompatibilità con
tale regime pubblicistico della clausola di prelazione statutariamente prevista.
Si vuole inoltre richiamare il principio, già illustrato supra, secondo il quale
l’affidamento della gestione di un servizio richiede che l’evidenza pubblica venga
garantita al momento della scelta del concessionario da parte dell’ente pubblico
affidante, o in alternativa, qualora il servizio venga gestito da una società costituita
dallo stesso ente affidante, al momento della scelta del socio privato che partecipa alla
stessa.
Calando tali argomentazioni nel caso di specie, l’operatività della clausola di
prelazione prevista a favore di Beta consentirebbe alla stessa di poter aumentare la
propria partecipazione a Zeta, conseguendo il controllo sulle concessioni che fanno
parte del relativo complesso aziendale, senza essere stata prima assoggettata ad alcuna
evidenza pubblica.
5. Analoga conclusione non può che raggiungersi anche con riferimento alla clausola
di gradimento contenuta nel patto parasociale stipulato tra Alfa e Beta. Se, infatti, in
applicazione dei principi su descritti è da ritenersi inefficace la clausola di prelazione, a
maggior ragione non potrà in alcun caso limitarsi l’ingresso di un socio privato
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concorrente in gara pubblica per l’aggiudicazione di una partecipazione societaria, per
mezzo della clausola di gradimento pattuita in sede parasociale, la cui efficacia
dipende dal voto qualificante del socio privato. Nel caso di specie, infatti, il patto
parasociale prevede che l’ingresso di futuri partecipanti in Zeta S.p.A. sia comunque
subordinata al consenso della maggioranza dei soci in ragione di 2/3 (due terzi) del
capitale sociale. Il che significa che, in assenza del voto favorevole di Beta, detentrice
del 39% del capitale sociale di Zeta, il gradimento nei confronti del nuovo socio, scelto
sulla scorta di una gara ad evidenza pubblica, potrebbe essere rifiutato. In tal caso è
evidente che la selezione del socio dipenderebbe, ove il socio pubblico fosse favorevole
(Alfa detiene il 44%), dal solo voto favorevole di Beta per conseguire la maggioranza
dei 2/3 del capitale sociale. È certo, quindi, che, come la scelta del socio privato deve
transitare per una procedura ad evidenza pubblica, così l’aggiudicazione della
partecipazione non può soffrire limitazioni da patti parasociali aventi l’effetto di
limitare la selezione del socio attraverso meccanismi non trasparenti e palesemente
incompatibili con i principi pubblicistici più volte richiamati.
6. A conclusione delle argomentazioni sopra svolte e dei riscontri positivi e
giurisprudenziali citati, malgrado in linea astratta la clausola di prelazione statutaria
corrisponda ad uno strumento giuridico del tutto legittimo, attesa la natura
pubblicistica dei soggetti coinvolti, la stessa non dispiegherà i suoi tipici effetti nel caso
della cessione delle partecipazione da parte di Alfa, con la conseguenza che Beta,
dovendo essere considerata come un qualsiasi altro soggetto privato, non potrà
invocare tale clausola statutaria per conseguire l’aggiudicazione, extra moenia, delle
partecipazioni costituenti l’oggetto del bando di gara promulgato da Alfa. Egualmente
Beta non potrà opporre il ricorso alla clausola di gradimento contenuta nel patto
parasociale per contrastare l’ingresso del nuovo socio nella compagine azionaria di
Zeta S.p.A.
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