A10
304
Ringraziamenti
Questo studio è l’elaborazione della tesi che ho discusso al termine del corso di
dottorato in “Storia e critica dei beni artistici e musicali”, svolto dal 2002 al 2005
presso l’Università degli Studi di Padova sotto la supervisione dei Prof. Sergio Durante e Bruno Brizi; l’indagine sulle cantate di Ariosti era stata avviata in occasione un precedente soggiorno di ricerca all’Università di Heidelberg. A tutti coloro che ho conosciuto durante questo percorso e che mi hanno aiutato e incoraggiato, va il mio ringraziamento più caloroso.
Beatrice Barazzoni
Le cantate da camera
di Attilio Ariosti
(1666–1729)
nel contesto coevo
con l’edizione dei testi
Copyright © MMVII
ARACNE editrice S.r.l.
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via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–1385–4
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 2007
INDICE
PRESENTAZIONE
7
CAP. I LA CANTATA DA CAMERA ITALIANA COME
COMPONENTE DEL GUSTO MUSICALE PRESSO I
CENTRI EUROPEI DAL 1697 AL 1729 ca. IL
CONTRIBUTO DI ARIOSTI
1. Berlino
2. Vienna
3. Londra
9
10
19
24
Cap. II I TESTIMONI MUSICALI: ARIOSTI E IL CONTESTO
COEVO
1. I testimoni della musica vocale da camera di
Ariosti (compresi quelli di recente accesso della
Sing-Akademie di Berlino)
1. Descrizione
1. Stampe
2. Manoscritti
2. Edizioni moderne delle cantate
3. Cronologia
2. Circolazione: migrazioni europee di stampe e manoscritti
di Ariosti
1. Stampe
2. Manoscritti
Cap. III I TESTI POETICI
1. Edizione critica dei testi delle cantate di Ariosti
1. Sigle dei testimoni musicali
1. Stampe
2. Manoscritti
2. Sigle dei testimoni letterari
3. Sigle dei compositori che hanno musicato i
testi di alcune Cantate intonate da Ariosti
4. Criteri di trascrizione
2. Soggetti e immagini
3. Aspetti drammaturgici e narrativi
4. Parodie dei testi di Ariosti: il caso di G. Orlandini e
B. Marcello
33
33
34
35
52
53
56
58
60
65
65
65
66
69
70
72
191
197
200
5. I poeti: A. Ottoboni, A. Bernardoni, P.A. Rolli
207
Cap. IV LA MUSICA
1. Indice tematico delle Cantate
215
1. Indice tematico delle cantate sicuramente
attribuite ad Ariosti
215
2. Indice delle Cantate perdute
276
3. Indice delle Cantate di attribuzione incerta
276
2. Le Cantate: La struttura musicale
277
1. Struttura formale
277
2. Organico strumentale
282
3. Lo stile da camera di Ariosti nel contesto coevo
288
1. I motivi d’apertura delle arie: indagine sui
meccanismi di costruzione della frase
289
2. Le frasi melodiche: analisi dei comportamenti
morfologico-sintattici nelle cantate di Ariosti
sulla base del confronto con quelle dei
compositori coevi
300
1. Percorsi tonali
342
2. Cadenze
343
3. Melodia
344
4. Armonia
347
3. La ricezione delle cantate di Ariosti nei paesi
tedeschi e anglosassoni
359
4. Arie di cantate come incunaboli della scena da
camera
363
Cap. V EDIZIONE
1. La Cantata
373
2. Descrizione dell’ apparato critico
375
3. Apparato critico
377
4. Edizione della cantata Già per il tuo rigore (testo di
P. Rolli) per 2 violini, viola e continuo (1712 o 1713)379
BIBLIOGRAFIA E SIGLE BIBLIOGRAFICHE
APPENDICE I: Riproduzione dell’aria Pianta infelice
1. A. Ariosti
2. B. Marcello
3. G. Sammartini
APPENDICE II: Indice dei capoversi delle cantate
391
403
405
408
411
7
Presentazione
L`indagine sul compositore bolognese Attilio Ariosti (1666-1729),
autore fra i più apprezzati sulla scena musicale europea e le sue
Cantate da camera - un corpus inedito di 87 composizioni - ha mirato
a focalizzare i problemi di un genere cui diedero importanti contributi
illustri artisti, anche in centri musicali al di fuori dell`Italia, nel
periodo compreso tra gli anni `80 del Seicento e gli anni `20 del
Settecento: dalle tematiche più propriamente storiche (l’influenza
della cantata da camera sul gusto musicale in Europa, la circolazione
delle fonti musicali, i legami della cantata con l’Opera coeva), agli
aspetti di natura più sistematica (l’analisi del linguaggio musicale,
condotta sulla base del confronto “grammaticale” con intonazioni di
altri compositori sullo stesso testo, i criteri per l’edizione critica dei
testi e delle musiche). Si tratta di problematiche annose di questo
repertorio, il cui studio è reso difficile dalla dispersione delle fonti
(per lo più manoscritte) e alle quali il nostro studio specifico su
Ariosti, vissuto in anni cruciali per l’evoluzione dello stile vocale
operistico a fianco di Händel e Bononcini, vuole offrire un contributo.
Dall’indagine storica emerge uno spaccato notevolmente
ampio della vita musicale ed extra-musicale degli anni 1680-1729: le
cantate di Ariosti coinvolsero più o meno direttamente altri
compositori, ma anche poeti, pittori, cantanti, figure del mondo
politico e diplomatico, che per lo più ruotavano, a vari livelli, attorno
al contesto organizzativo-produttivo teatrale delle corti europee
(principalmente Berlino, Vienna e Londra, dov’egli operò); questi
personaggi ci paiono essenziali per una piena valutazione storicomusicale di tale repertorio, poiché lo storico “racconta al suo lettore la
distanza tra un’epoca e ciò che passa per vero, così ch’egli possa
figurarsela a partire da ciò” (Paul Veyne). Inquadrando le cantate nel
loro tempo storico-antropologico, si possono giustificare e
comprendere molte delle scelte stilistiche del compositore.
CAPITOLO PRIMO
LA CANTATA DA CAMERA ITALIANA COME
COMPONENTE DEL GUSTO MUSICALE PRESSO I
CENTRI EUROPEI DAL 1697 AL 1729 CA. IL
CONTRIBUTO DI ARIOSTI
Lo studio di un settore inedito della produzione di un compositore
può mettere in luce i problemi di un repertorio e prospettare delle
possibili soluzioni: è il caso di Attilio Ariosti1 e della cantata d a
camera, uno dei repertori più sfuggenti e meno studiati della storia
della musica (basti pensare che l’unica storia generale della cantata
profana risale al 19142), eppure così affine al melodramma barocco
per stilemi e significati, da costituirne il fondamentale contraltare
cameristico assieme alla Serenata.
Trattandosi di un repertorio musicale fiorito tre secoli or sono
(quello di Ariosti, segnatamente, negli anni 1680-1729, corrispondenti
in musica al periodo medio e tardo-barocco), il suo recupero
“filologico”, come quello di qualsiasi altra opera artistica, non può
prescindere dalla componente storica, tanto più importante quanto
maggiore è la distanza che ci separa dalla creazione originale: così lo
studio e la restituzione delle partiture in esame, allo studioso come
all’esecutore odierno, necessitano, per non risultare sfuocate, della
ricostruzione dell’ambiente non solo esecutivo, ma di tutto il tessuto
di “strutture” (per usare un termine di G. Contini) e di relazioni, per lo
più antropologiche, in cui la composizione era immersa e di cui si
nutriva.
L`attività di Ariosti presso i più vivaci centri di produzione
musicale europea ha indotto a riflettere altresì sulla portata storica
dell’innesto e ricezione di un genere squisitamente italiano come la
Cantata in ambienti dove esso era quasi sconosciuto (Berlino, Londra)
e a considerare il ruolo svolto dalla musica da camera nella storia del
1
Per la biografia di Ariosti si consultino DBI, EBE, EIT, LIN 81 (descritti nella sezione
Bibliografia e sigle bibliografiche) e la recentissima voce di Lowell Lingren in GRO.
2
SCH.
9
10
Capitolo I
gusto; un gusto che non è improprio chiamare “italiano” ed “europeo”,
poiché Ariosti esportò, insieme al collega G. Bononcini, il gusto
musicale italiano in luoghi lontani dall’Italia. L’indagine attorno alle
cantate di Ariosti ci conduce nel cuore di tre centri d’oltralpe (Berlino,
Vienna e Londra), le cui camere gentilizie erano i luoghi deputati
all’esecuzione di cantate, nel tentativo di meglio comprendere il ruolo
ricoperto dall’intrattenimento da camera; qui si trovavano i colti
sovrani committenti delle musiche, nonché la folta schiera di artisti
che attorno ad essi ruotavano popolando la vita di corte: non solo
musicisti, ma anche pittori, scenografi, scultori e architetti, il cui
percorso si è tentato in parte di ricostruire per gli anni 1697-1729.
1. Berlino
Il caso della corte berlinese è il più
emblematico a proposito dell’innesto
dei generi musicali italiani all’estero:
grazie ad Ariosti fu introdotta per la
prima volta in questo luogo un’Opera
teatrale interamente cantata in lingua
italiana, a un secolo dalla nascita del
genere in Italia. L’episodio non è stato
adeguatamente messo in rilievo negli
studi, che tuttavia concordano nel
ritenere La fede ne’ tradimenti (1701,
libretto, in francese, di Sophie
Charlotte di Brandeburgo3, con
traduzione italiana a fronte forse di O. Mauro e F. Palmieri) di Ariosti
il primo melodramma in stile italiano rappresentato alla corte di
3
GEORG T HOURET, Einzug der Musen und Grazien in die Mark, «Hohenzollern Jahrbuch»
IV (1900), p. 192-210: 209. Il libretto de La fede ne’ tradimenti è conservato in D-B, Mus. Ta.
1068 e reca sul frontespizio Le Triomphe de la Fidélité. Parmi les trahisons… La Fede ne’
Tradimenti/ Drama per musica/ rapresentata nel teatro di Luxemburgo/ per ordine di S.M. la
regina/ il Giorno Natalizio/ di Federico Primo/ re di Pruscia/ Posto in musica da Attilio
Ariosti, mastro della musica di S.M./ l’anno 1701 lì 10 luglio. Il conte Francesco Palmieri di
Pisa, che forse lavorò con Mauro alla traduzione italiana, fu a Lietzenburg nel 1701.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
11
Prussia. Ma un dato
nuovo è emerso dalle
nostre
ricerche:
l’Opera
suddetta
circolava a Berlino
anche sotto forma di
scene staccate, raccolte
in volume manoscritto
con il nome di cantate
(scene) e duetti4. Si
trattava (sia nel caso
dell’Opera, che delle
scene staccate), di una
versione rifatta di un
libretto di G. Gigli,
circolante in Italia
negli anni precedenti5;
come tale la versione
berlinese del libretto
presentava notevoli
differenze da quella
A. Schoonjans: Attilio Ariosti, olio su tela (1702)
originale italiana, tra cui l’inserzione di scene di nuova fattura, alcune
delle quali presenti anche nella suddetta raccolta cameristica6. La
prima Opera italiana a Berlino circolava dunque in una versione
4
Si tratta del ms. D-B, Ms. 780 (cfr. cap. II.1.1), contenente 1 scena e 2 duetti dell’Opera.
Secondo il catalogo di C. Sartori (cfr. SAR, III, p. 128), in Italia l’Opera fu rappresentata
a Siena (1689), Bologna (1690), Lodi (1695), Firenze (1696), Mantova (1699), Verona
(1703),Venezia (1705), Parma (1714), Bologna (1716), Pesaro (1717), Firenze (1718), Napoli
(1718), Ferrara (1720), Venezia (1721), Faenza (1723, nel cast vocale il tenore Luigi
Antinori), Modena (1723), Bologna (1732), Firenze (1732), Padova (1732), Ravenna (1734).
L’esemplare consultato è quello in I-Vgc, S. Fantino 103 (G IROLAMO G IGLI , La fede ne’
tradimenti, Firenze, Vangelisti 1697). Il testo del dramma è anche stampato in Poesie
drammatiche del signor Girolamo Gigli accademico acceso… consacrate all’illustrissimo
Ferdinando Torriano barone de Tassis, Venezia, Bortoli 1700.
6
Sono Questo mar di vita infido (scena) e Io parto, ma ben presto (duetto). Per la
rilevanza storica di queste e di altre scene d’Opera eseguite cameristicamente, si veda il cap.
IV.4.
5
12
Capitolo I
italiana appositamente rifatta, assieme ad alcuni brani staccati eseguiti
nella più agile versione cameristica; sembra allora che il trapianto del
melodramma in quel luogo sia avvenuto anche grazie alla musica da
camera, che doveva anticipare o forse perpetuare dopo l’esecuzione
alcune delle pagine più importanti dell`opera: nel caso in esame, una
scelta di arie e duetti nel nuovo stile italiano.
Ariosti fu chiamato a Berlino (ove soggiornò dal 1697 al 1703)
dall’Elettrice (1688-1700), poi regina di Prussia (1701-’13) Sofia
Carlotta, la colta consorte di Federico I, cresciuta presso la raffinata
corte di Hannover e fautrice del gusto italiano7. Grazie a lei fu dato
nuovo impulso alle arti: fu fondata l’Università delle Scienze (1694) e
l’Accademia di Belle Arti (1696), mentre la corte divenne un punto di
richiamo per le élites intellettuali e artistiche del tempo, soprattutto
pianta del pianterreno del castello di Charlottenburg intorno al 1710
per gli artisti stranieri. Dedita principalmente alla musica da camera,
cui partecipava in prima persona come cembalista, Sophie potenziò la
7
Ad Hannover Sophie aveva appreso sotto la guida di A. Steffani l`arte dell`armonia, del
contrappunto e del canto: cfr. EBE, p. 24.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
13
cappella musicale di corte facendone un centro della musica italiana;
vi facevano parte il compositore Ruggero Fedeli (giunto da Kassel), il
librettista Ortensio Mauro (chiamato da Hannover), i violinisti N. Orio
e G. Torelli (quest’ultimo venuto da Ansbach) e il tiorbista A.F.
Moscatelli (da Mantova). Nei sei anni in cui si trattenne a Berlino,
Ariosti non fu mai un comune stipendiato della cappella come gli altri
musicisti: egli si fregiava della particolare qualifica di ospite,
svolgendo le attività di esecutore (al cembalo e alla viola d’amore),
cantante, compositore e librettista8. Era inoltre il personale maestro di
musica dell’imperatrice: suonava insieme a lei e per lei organizzava le
attività musicali nelle sue camere private9. Le sue mansioni si
avvicinavano a quelle dell’impresario; riceveva annualmente tra i
2000 e i 3000 talleri di stipendio, più del doppio di quello degli
architetti, scultori e pittori attivi a corte10.
Le Cantate da camera furono composte per i momenti ludici della
corte tedesca, eseguite sin dal 1697 al castello di Lietzenburg11 (la
residenza urbana della corte) in spazi decorati con dipinti ed emblemi
musicali12; la sala più grande era riservata ai Duetti da camera (forniti
da Steffani), cantati per lo più da Ariosti e Bononcini13. La regina
destinò in seguito spazi più ampi alle rappresentazioni operistiche
italiane: nacque così il primo Opernhaus, teatrino allestito in una
grande sala ubicata nell’ala sud-occidentale del piano-terra verso il
parco, nei pressi della Sala ovale; inaugurato il 5 agosto 1699 e forse
dovuto alla mano dell’architetto olandese Arnold Nering, il teatro
8
A Berlino Ariosti scrisse il libretto dell’Opera di G. Bononcini Polifemo.
EBE, p. 24.
10
P ETER -M ICHAEL H A H N , Hofkultur und hohe Politik- Sophie Charlotte von
Braunschweig-Lüneburg, die erste Königin in Preussen aus dem Hause Hannover, in Sophie
Charlotte und ihr Schloß, Munchen-London-New York, Prestel 1999, pp. 31-42: 39.
11
Nel sobborgo di Lützow. Oggi il castello ha mutato il nome in Charlottenburg, in onore
della regina.
12
Questi spazi erano decorati con dipinti ad olio raffiguranti Corelli (di J. Frans van
Douven) ed altri musicisti (per quello di Ariosti, vedi descrizione a p. 8): cfr. CURT S ACHS,
Musik und Oper am kurbrandenburgischen Hof, Berlin, Bard 1910, p. 84-85.
13
Lettera di Sophie Charlotte a Steffani, Lietzenburg, 25 luglio 1702, riportata in Briefe
der Königin Sophie Charlotte von Preußen und der Kurfürstin Sophie von Hannover an
hannoversche Diplomaten, hsg. von R. Doebner, Leipzig, Hirzel 1905 («Publicationen aus
den königlichen preußischen Staatsarchiven» 79) III, p. 78-79. Cfr. anche C OLIN TIMMS,
Music and Musicians in the Letters of Giuseppe Riva to Agostino Steffani (1720-27), «Music
& Letters» LVVIX/1 (1998), pp. 27-49.
9
14
Capitolo I
possedeva 39 logge disposte su 3 file e una scena trapezoidale di pari
lunghezza di quella della sala degli spettatori (n`è rimasto oggi solo
uno schizzo, riportato a p. 8, realizzato da C. Pitzler prima della
distruzione del teatro, avvenuta nel 172314).
Una storia dello stile e del gusto vocale italiano presso le corti
europee non può altresì prescindere dal ruolo centrale assunto dai
cantanti che, in base alla loro provenienza o appartenenza a una data
scuola, ne possono meglio definire le diverse “declinazioni”. A
Berlino, come nelle altre sedi europee, i cantanti venivano ingaggiati
volta per volta per un dato spettacolo, stante la presenza fissa di
Chiaravalle
(giunto dalla
corte
di
Hannover):
in
questi
anni
si
esibirono
Francesco
Ballarini
(che giunse
da Vienna
nell’anno
170015),
Francesco
Pistocchi
(che
fu anche compositore, reclutato da Ansbach nel 1697 per
M. Mietke- G. Dagly: cembalo di Ariosti a 2 man. (ca.1700), legno dip. e laccato
l’esecuzione di una cantata in onore di Sophie), Valentino Urbani (che
cantò ne La festa dell’Imeneo e ne L’inganno vinto dalla costanza,
14
H ERBERT A. FRENZEL , Brandenburg-preussische Schlosstheater- Spielorte und
Spielformen vom 17. bis zum 19. Jahrhundert, Berlin, Selbstverlag der Gesellschaft für
Theatergeschichte 1959, pp. 24-30.
15
Per cantare ne L’inganno vinto dalla costanza di Ariosti, rappresentato in occasione
delle cerimonie nuziali in onore di Luisa Dorotea Sofia, figlia dell’Elettore Federico III (eletto
nel 1701 col nome di Federico I di Prussia), con Federico di Assia-Kassel.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
15
entrambi di Ariosti, 1700), Antonio Tosi (nella serenata Filli, Clori,
Damone e Minerva di Bononcini, 1702), Regina Schoonjans (la
moglie del pittore Anthoni, interprete della medesima serenata e del
Polifemo di Bononcini,
1702) e Luigi Mancia
(giunto da Hannover nel
1697).
Tutti questi cantanti,
con
eccezione
dell’ultimo, ebbero
legami d`apprendistato
più o meno diretti con
due rinomate scuole di
canto bolognesi: quella
di Pier F. Tosi (di cui la
Schoonjans fu allieva a
J. Marius, clavecin brisé di Sophie Charlotte (parigi, ca.1700)
Vienna16) e di quella di Francesco Pistocchi (con cui si formò Urbani).
Alcuni di loro (A. Tosi, R. Schoonjans) giunsero a Berlino nell’anno
1702 al seguito di una compagnia d`artisti ingaggiata dalla capitale
asburgica; vi faceva parte anche il compositore modenese Giovanni
Bononcini17. Da questi dati si evince la forte componente "bolognese"
nell`indirizzo del nascente gusto cameristico-operistico a Berlino,
accentuata ancor più dai passaggi di artisti (per lo più cantanti)
attraverso le corti legate da rapporti di amicizia, com`erano Hannover,
Ansbach, Vienna, Dresda (che inviò a Berlino l’oboista virtuoso
Anthoine le Riche nel 1700), Parigi (che trasferì il liutista Laurent de
St.-Luc nello stesso anno).
16
La notizia del rapporto di apprendistato tra Tosi e la Schoonjans si trova fra le righe di
un discorso pronunciato da Pier F. Tosi, nel 1711 ca., al cospetto dell’imperatore Carlo VI
d’Asburgo: il testo del discorso è conservato tra le carte autografe di Pier F.Tosi a Vienna:
Österreichische Nationalbibliothek, Autographen (ex Coll. Kandler) VII/117. Questo
documento mi è stato segnalato da Sergio Durante.
17
I loro nomi sono citati nei pochi libretti sopravvissuti delle rappresentazioni, oppure
sono contenuti in resoconti dell’epoca (vedi per es. la lettera di Leibnitz a Sophie Charlotte
del 22 maggio 1700).
16
Capitolo I
La trasformazione del gusto musicale in direzione italianeggiante
fu tanto più evidente negli ambienti berlinesi, in quanto avvenne ex
abrupto in seno a un contesto artistico assolutamente estraneo alla
sensibilità italiana, e piuttosto orientato ai modelli estetici francofiamminghi: nel campo delle arti visive, dopo la morte di Gedeon
Romandons (1697), furono attivi a corte i pittori Anthoni Schoonjans
e Antoine Pesne. Nel cantiere del castello di Lietzenburg lavoravano
artisti francesi e valloni quali Gérard Dagly (decoratore di lacca; vedi
per es. le figure cinesi dipinte sui cembali di Sophie e di Ariosti) e
Simon Godeau (architetto di giardini), gli architetti Balthasar
Neumann e Johann F. Eosander (svedese), i cui progetti erano ispirati
alla reggia di Versailles; unico italiano attivo a Berlino, lo stuccatore
Giovanni Simonetti.
Sul pittore fiammingo Anton Schoonjans (1655-1766), attivo a
Berlino nel 1702, ci sia consentita una breve parentesi, in quanto si
tratta di un artista con cui Ariosti venne direttamente a contatto,
essendo l’autore di un suo ritratto18. L’opera, ancor oggi conservata
nel castello di Charlottenburg, fa parte di una serie di cinque ritratti
dedicati a musicisti e filosofi stranieri, le cui effigi la regina,
progettava di collocare (così come
già aveva fatto precedentemente
nella Toilettekammer) negli spazi
del castello ancora in costruzione,
per ricreare anche nelle immagini la
raffinata atmosfera intellettuale e
artistica che si respirava a corte.
Molti ritratti di Schoonjans (che fu
anche incaricato di decorare i
soffitti del castello) furono a lungo
attribuiti a van Dick (nel cui filone
stilistico si collocano) e al
veneziano F. Trevisani; quello che
Ch. Pitzler, schizzo dell’Opernhaus19
18
Schoonjans andò a Berlino per accompagnare la moglie cantante, Maria Regina, che
doveva esibirsi nell’opera Polifemo di G. Bononcini.
19
Lo schizzo di C. Pitzler, del 1704, conservato un tempo presso la Technische
Hochschule di Berlino, è andato distrutto durante la Seconda Guerra; quella riportata è una
La cantata da camera italiana presso i centri europei
17
raffigura Ariosti rivela nella sua fattura una forza rappresentativa,
nonché una “veemenza” di tratto che H. Börsch-Supan -nella sua
lettura del quadro20- avvicina a quelle dei precedenti dipinti statuari
dello stesso autore (per es. il David, che contempera la maniera di un
Bernini, il movimento ampio di un Reni e i colori di un Giordano).
L’artista voleva probabilmente raffigurare con forza gestuale la
privilegiata posizione sociale assunta a corte da Ariosti, cogliendo il
musicista in un momento della sua incessante attività compositiva, la
mano destra sul foglio da musica, l’altra posata sui tasti del cembalo,
lo sguardo rivolto all’indietro come fosse stato per un attimo distolto.
Particolare cura è rivolta ai particolari sullo sfondo, una porzione di
muro e un paesaggio schizzato a china; in primo piano, le figure
laccate minuziosamente tracciate in rosso sul mobile del cembalo
(nello stile decorativo tipico di Dresda).
Federico I assunse numerosi altri artisti stranieri per fare di Sans
Souci, la seconda residenza della corte fuori città, a Potsdam, un
superbo edificio simile a Versailles; tra gli artisti più versatili, oltre al
già nominato G. Dagly, figura l’architetto-scultore A. Schlüter, che
costruì l’arsenale, il Gartenhaus e il castello della residenza di
Charlottenburg, opere in cui in parte si fonde la maniera architettonica
olandese dominante a Berlino con elementi del barocco romano
(Bernini).
Anche negli spettacoli drammatico-musicali, che concorrevano con
la sontuosità dei loro apparati a rappresentare il potere assoluto dei
sovrani di Prussia, s’impose una tendenza al lusso di stampo
essenzialmente francese: nelle feste, nelle mascherate (i cosiddetti
Witschaften) e nei balletti di corte (Lustballette), interpretati da
cantori-attori non professionisti spesso appartenenti alle file
dell’aristocrazia. La società di corte salutò con particolare favore
questi balletti-pantomime di gusto francese, affidati alla direzione di
ricostruzione di H. Lorenz: cfr. Berliner Baukunst der Barockzeit: Die Zeichnungen und
Notizen aus dem Reisetagebuch des Architekten Christoph Pitzler (1657-1707), hrsg. von
Hellmut Lorenz, Berlin, Nicolai 1998.
20
HELMUT BÖRSCH-S UPAN , Anton Schoonjans in Berlin, «Zeitschrift des deutschen
Vereins für Kunstwissenschaft», XXI (1967), pp. 1-19: 15-16.
18
Capitolo I
Volumier21, sinché, in concomitanza con l’allestimento dei nuovi
spazi architettonici a Lietzenburg, furono introdotte rappresentazioni
sceniche più ampie, di gusto italiano: proprio con Ariosti si ebbe il
primo esperimento di un’Opera-balletto in lingua italiana, con La festa
di Imeneo, nel 1700. Eseguita in un teatro della Stallplatz (creato da T.
Giusti, giunto da Hannover) per le nozze della principessa Luisa
Dorotea22 (sorella dell’Elettrice), l’azione drammatica presentava
notevoli inserti canori formati da recitativi ed arie, la divisione in
scene
e
la
partecipazione di
cantanti
professionisti (V.
Urbani
e
F.
Ballarini). Si può
dunque affermare
che fu il teatro
musicale l’ambito
artistico che per
primo incarnò e
rivelò
la
trasformazione e il
passaggio dal gusto
francese a quello
italianizzante nella
Berlino d’inizio
Settecento.
Il filone del gusto
musicale italiano,
inaugurato
da
Ariosti,
ebbe
discreta fortuna
M.Mietke-G.Dagly: cembalo di Sophie Charlotte a 2 manuali
(ca.1700), legno dipinto e laccato
21
J.-Baptiste Volumier, violinista e compositore di origine fiamminga, fu a Berlino dal
1692 all 1708 svolgendo l’attività di Konzertmeister e maestro di danza.
22
Era la sorella dell’Elettrice, la quale sposò il principe ereditario Federico di Kassel.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
19
grazie all’opera di Federico II il Grande, che appena salito al trono
(nel 1740) fece costruire un grande teatro d’Opera berlinese; qui
operarono Carl H. Graun (autoredi Cesare e Cleopatra, che inaugurò
il teatro nel 1742), Johann A. Hasse e Johann F. Reichardt, le cui
Opere nello stile italiano gradualmente affiancarono e quasi
soppiantarono gli altri generi drammatici nel corso del Settecento. Nel
1791 sorse poi la Sing-Akademie, fondata da C.F. Fasch, che
assoldava cantanti italiani per le sue produzioni vocali cameristiche e
il cui archivio, disperso durante la Seconda Guerra e recentemente
rinvenuto, conserva numerose cantate di Ariosti (vedi cap. II.1.1).
2. Vienna
Ariosti soggiornò a Vienna dal 1703 al 1711 (dal 1707 in modo
piuttosto discontinuo a causa delle sue mansioni diplomatiche di
“agente dell’imperatore presso tutte le Corti e Principi d’Italia”), al
servizio dell’imperatore Giuseppe I che gli assegnò la qualifica di
maestro aulico. La corte asburgica aveva recepito e coltivato molto
prima di quella prussiana la musica italiana: sin dal 1629 si
rappresentarono melodrammi: prima quelli di F. Cavalli, poi quelli di
A. Cesti, di A. Draghi, sino ad Ariosti e ai fratelli Bononcini
(Giovanni e A. Maria), sotto gli imperatori Ferdinando III, Leopoldo I
e Giuseppe I (che furono anche musicisti e compositori). Il
melodramma fu insomma per oltre un secolo catalizzatore di artisti,
architetti e scenografi che posero le radici di un gusto profondamente
italiano, già completamente assimilato all’epoca di Ariosti: per
limitarci al primo decennio del Settecento, basti il nome dell’architetto
e scenografo bolognese Francesco Galli da Bibiena (1659-1739),
membro dell’illustre famiglia nota in tutta Europa per i grandiosi
disegni scenografici, il quale realizzò nel 1704 una grande sala a
campana per gli spettatori, nel teatro interno all’Hofburg di Vienna.
Per incarico dell’imperatore e del duca di Lothringen, lo stesso artista
edificò in seguito un Opernhaus a Nancy, inaugurato nel 1708 con il
melodramma di G. Bononcini Il Natale di Giunone festeggiato a
Samo; Galli realizzò per l’occasione anche le decorazioni delle scene,
che suggerivano dinamiche nuove ed illimitate mediante l’inserzione
20
Vienna, Hofburg
Capitolo I
La cantata da camera italiana presso i centri europei
21
delle prospettive ad angolo, a più fuochi23.
In questo contesto si collocano i melodrammi di Ariosti Il bene dal
male (1704) e Amor tra nemici (1708), oltre ai numerosi poemetti
drammatici composti per la corte viennese; accanto a lui, negli stessi
anni, lavoravano i compositori Antonio M. Bononcini, Agostino
Badia, Johann J. Fux, Francesco Conti (che fu anche esecutore alla
tiorba) e Pier Francesco Tosi (nominato dal 1705 compositore di
corte), affiancati dai librettisti Cupeda, Bernardoni e Stampiglia. Tra i
Samuel von Hoogstraeten: la piazza dell’Hofburg nel 1652 con vista
sull’ala “Amalia”
23
Tra i pittori esterni alla corte, spicca in questi anni il nome del trentino Andrea Pozzo
(1642-1709), che trasformò gli spazi della Jesuitenkirche (1703-’05) costruendovi uno
splendido altare maggiore e dipingendo prospettive illusionistiche (una finta cupola); alla sua
mano si devono anche gli affreschi del soffitto di Palazzo Liechtenstein (1704-’08), progettato
dal lucchese Domenico Martinelli (1691-1711). Altri artisti italiani sono all’opera a Vienna
per le decorazioni scultoree di interni e giardini: tra questi, Lorenzo Mattielli (1686-1748) da
Vicenza e il tedesco Raphael Donner (1693-1741), allievo di G. Giuliani di Venezia, le cui
opere fondono elementi italiani e francesi.
22
Capitolo I
cantanti, s’annoverano Regina Schoonjans, formatasi alla scuola di
Tosi ed esecutrice di cantate di A.M. Bononcini24, Anna M. Lisi
(moglie di Badia), Anna M. Lorenzani (moglie di Conti), Caterina
Galerati, il basso Giuseppe M. Boschi e il contraltista Gaetano Orsini
(di cui si dirà più oltre).
Almeno ventidue cantate di Ariosti furono composte a Vienna; esse
furono eseguite nelle camere reali dell’Hofburg, la residenza urbana
degli Asburgo, molto probabilmente nell’ala denominata
Amalienburg, che era riservata alle musiche da camera sin dai tempi di
A. Draghi25. Si tratta delle cantate contenute in due manoscritti nella
Musiksammlung della Österreische Nationalbibliothek26: gli Asburgo
infatti facevano copiare tutti i mss. delle musiche eseguite a corte per
archiviarle nella loro biblioteca; si trattava tuttavia di copie d’archivio,
non di copie per l’esecuzione, poiché i sovrani non amavano che
queste musiche circolassero, dopo l’esecuzione, fuori da Vienna27.
D’altra parte è ben vero come tra la capitale asburgica e l’Opera di
Amburgo (così come con le corti Dresda e di Berlino) esistessero
legami di lunga durata nel patrocinio degli eventi musicali: per
esempio la maggioranza dei libretti prodotti presso l‘Opera
amburghese tra Sei e Settecento mostra nelle dediche quanto stretti
fossero i legami con l’aristocrazia asburgica28; questo fatto può anche
spiegare il motivo per cui uno dei testi di cantate di Ariosti (O h
24
Cfr. Carte autografe di Pier F. Tosi a Vienna: Österreichische Nationalbibliothek,
Autographen (ex Coll. Kandler) VII/117: “…la causa delle mie disgrazie nasce da un odio
ingiusto…con tutti i servitori dell’Aug.mo Imp.e Giuseppe… e contro di me in particolare da
che mi sono impegnato d’insegnare alla Schoonians…”; “quando ho chiesto… l’onore di
accompagnare una mia cantata alla Schoonians in un servizio da Tavola me l’ha negato… e
per farmi sentire più viva la mortificazione, Antonio Bononcini fece la stessa domanda e
l’ottenne” (passim).
25
Ringrazio H. Seifert per questa segnalazione.
26
Cfr. GRO 2001, sub voce «Ariosti»: si tratta dei Mss. n. 17575 e 17591.
27
Cfr. BEN 2001, p. 250. Anche il mottetto ariostesco O quam suavis, fu eseguito a
Vienna: infatti il ms. in cui è conservato, ora a Dresda (Sächsische Landesbibliothek,
Mus.2156-E-1) era appartenuto al boemo Jan D. Zelenka che, prima di divenire compositore
di corte nella capitale sassone, era stato per due anni a Vienna (dal 1716 al 1718) a studiare
contrappunto con Johann J.Fux (è quindi molto probabile che Zelenka abbia ascoltato proprio
a Vienna il brano e qui si sia appropriato della partitura). Quattro oratori ariosteschi furono
altresì eseguiti nella città asburgica: sono La madre dei Maccabei (1704), La profezia
d’Eliseo (1705), Nabuccodonosor (1706) e La Passione (1709; 1a esecuz. a Modena).
28
CHRISTINE BLANKE, sub voce «Keyser», in MGG.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
23
miseria d’amante core, nel ms. 17575) fosse giunto ad Amburgo e qui
intonato nuovamente da R. Keyser (cfr. cap. IV.3.3).
Prova degli stretti contatti tra Vienna e Berlino, inoltre, è il
trasferimento di una delegazione di musicisti attivi a Vienna (fra cui
R. Schoonians) verso la capitale prussiana, nell’anno 1702, in
occasione della rappresentazione della Serenata Filli, Clori, Damone e
Minerva e dell’Opera in 1 atto Polifemo, entrambe di G. Bononcini (la
seconda su libretto di Ariosti).
Chi eseguì le cantate viennesi di Ariosti, composte per le occasioni
ludiche della corte? Si possono formulare alcune ipotesi sulla base
della nostra ricostruzione del reticolo di rapporti che lega gli artisti
sopra menzionati: le cantate del ms. 17591 (per voce di Soprano)
furono affidate forse all’interpretazione di R. Schoonjans, che con
tanta affabile disponibilità (cfr. lettera di Tosi citata) aveva eseguito
quelle di A.M. Bononcini, negli stessi anni del soggiorno di Ariosti
(Bononcini fu a Vienna a partire dal 1705). Le cantate dell’altro ms., il
17575 (per voce di Contralto), furono invece con probabilità eseguite
da Gaetano Orsini, contraltista di origini romane attivo presso la corte
nel 1699-1750, dotato di mezzi vocali eccezionali anche in età
avanzata. Egli cantò in opere di Ariosti (I gloriosi presagi di Scipione
Africano, 1704 e Marte placato, 1707) e fu dedicatario di numerose
cantate composte da Fux e da Caldara. Il registro della voce, infatti, si
muove in queste cantate nella regione medio-grave, spingendosi
raramente oltre il Sib3: un registro adatto alla voce di castrato29.
A Vienna, a differenza di Berlino, le cantate cominciarono ad
essere recepite dal mercato editoriale, che offriva loro una diffusione
maggiore: una raccolta di 12 cantate di Agostino Badia, su testi di Pier
M. Ruggieri, fu stampata col titolo Tributi armonici (1699) da Weigel,
editore attivo a Vienna e Norimberga. L’episodio30 rimase tuttavia
isolato nello stato asburgico, nonostante la cantata fosse intensamente
coltivata sino a metà Settecento (sino a Niccolò Porpora); fu
l’Inghilterra il paese ove il mercato editoriale trovò il suo ideale
terreno politico-sociale per espandersi (cfr. cap. I. 3).
29
Ringrazio Alejandro Garri, editore (cfr. cap. II.1.2) ed interprete delle cantate di Ariosti,
della segnalazione.
30
Si tratta del primo caso a Vienna di cantate stampate: cfr. VOGE.
24
Capitolo I
Si vede come la corrente del gusto, all’inizio etichettato
genericamente come italiano, assumesse a Vienna diverse sfumature:
anche qui, come a Berlino, era viva la componente bolognese,
presente sin dall’arrivo di G. Bononcini (nel 1698, quindi qualche
anno prima del soggiorno di Ariosti) e consolidata da Tosi31, Antonio
M. Bononcini e Ariosti, nonché dal librettista Bernardoni32. Tuttavia
questo filone del gusto s’innestava su di un altro già esistente sin dalla
metà del secolo, di matrice veneziana, inaugurato da Cavalli e poi
proseguito da Draghi e Marco A. Ziani, sino a Badia e Caldara negli
anni trenta del Settecento; i legami culturali con Venezia si
estendevano altresì alla letteratura (basti pensare alla figura del
librettista A. Zeno) e alle arti figurative, come sopra rilevato. Si
respirava insomma a Vienna, già dal Seicento, quell’atmosfera
mitteleuropea che, facendo convivere nella stessa area più correnti del
gusto (un gusto, allora, di matrice esclusivamente italiana), le
rinvigoriva ed alimentava attraverso un’oculata politica culturale e
istituzionale.
3. Londra
Molto diversa da Berlino e Vienna fu la posizione dell’artista nei
confronti della corte a Londra, negli anni in cui Ariosti soggiornò
(1716-’29). Già con la morte di Carlo I (1649) si era estinta ogni
forma di patrocinio diretto della corte nei confronti della musica e
delle arti. Ora, sotto i regni di Giorgio I e II di Hannover, il
compositore aveva definitivamente assunto lo status di libero
professionista: questa maggior libertà d’azione l’esponeva a guadagni
fluttuanti, dipendenti dal consenso del pubblico ed esposti alle insidie
31
Tosi nacque in realtà non a Bologna, ma Cesena, ma si ricollega alla tradizione
bolognese perché bolognese di origini (figlio del compositore bolognese Giuseppe Felice,
presso cui ricevette i primi rudimenti musicali); perché membro dell’Accademica Filarmonica
di Bologna e perché i suoi trattati furono pubblicati a Bologna: cfr. SERGIO DURANTE, Theorie
und Praxis der Gesangsschulen zur Zeit Händels: Bemerkungen zu Tosis “Opinioni de’
cantori antichi e moderni”, in Händel auf dem Theater. Bericht über die Symposien der
Internationalen Händel-Akademie Karsruhe (1986-’87), II, Laaber, Laaber-Verlag 1988, pp.
59-72: 66.
32
Nato a Vignola (Modena), ma trasferitosi sin da giovane età a Bologna.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
25
del libero mercato. Londra era un mercato in fermento, che poteva
offrire nuove chances di lavoro a un compositore italiano (almeno
un’ottantina quelli che vi risiedettero tra il 1675 e il 1750): lavori
stabili in teatri, concerti per sottoscrizione, un mercato della stampa in
espansione. Proprio alle numerose istituzioni pubbliche o private che
gestivano la vita musicale, il compositore autonomamente si
proponeva: fra queste, la nascente Royal Academy of Music, la
prestigiosa associazione di cui Paolo A. Rolli (giunto a Londra, come
Ariosti, nel 1716), insigne poeta àrcade ed autore di testi di cantate per
Hasse, Händel e Ariosti, divenne il librettista ufficiale dal 1719 (anno
della sua fondazione) al 1722. Ma questa maggiore libertà d’azione
comportava per il musicista dei nuovi rischi: il suo stato sociale
dipendeva principalmente dal supporto di una vasto uditorio, cui erano
rivolti i concerti pubblici o quelli, più formali, su sottoscrizione di
personaggi dell’aristocrazia e della nuova borghesia londinese:
proprio questi ultimi (molti dei quali membri della Royal Academy of
Music) erano i principali sostenitori dello stile italiano,
Gli anni ‘10-’20 del Settecento sono quelli in cui l’Opera e lo stile
di canto italiani conquistarono le scene e il pubblico londinesi: il
melodramma era patrocinato dal re, Giorgio I, nonché sostenuto dalla
Royal Academy of Music ed eseguito per lo più al Queen’s Theatre
(che mutò il nome in King’s Theatre dal 1714, quando ascese al trono
Giorgio I di Hannover), sorto nel 1703 nell’Haymarket. Del 1710 è la
prima esecuzione di un’opera italiana completa, Idaspe fedele di F.
Mancini (al Queen’s Theatre). La serie di otto melodrammi di Ariosti,
aperta dal Coriolano (1717) e acclamata sui palcoscenici dello stesso
teatro nel decennio successivo, contribuì ad arricchire e diffondere
questo filone del gusto italiano, in anni di accesa competizione con
Händel e G. Bononcini, di cui si rappresentavano le opere a ritmi
serrati con cast vocali di prim’ordine33.
La scena musicale londinese era dunque profondamente diversa da
quella viennese. L’opera imperiale viennese si trovava al centro di una
società italianizzante per motivi culturali, geografici, politici e
l’Hofburg era il più prestigioso teatro musicale di corte d’Europa.
L’opera londinese, invece, sorta come un corpo estraneo all’interno
33
LIN, pp. 331-351.
26
Capitolo I
della società inglese, quasi mai poté affrancarsi dall’ambito della
“curiosità mondana”34 e la sua gestione fallimentare finì poi per
condizionarne l’esistenza stessa, con rilevanti conseguenze sulle scelte
e produzioni artistiche35.
Per quanto riguarda la cantata da camera, alcune risposte al
problema della sua ambientazione e fruizione al di fuori degli spazi
angusti della corte, si sono potute formulare attraverso lo studio
dell’ambiente musicale londinese negli anni dal 1716 al 1729. Ai
teatri in particolare, anziché alla corte, come a Berlino e a Vienna,
erano rivolte le creazioni di Ariosti: al King’s Theatre, per esempio,
venne eseguita la sua Diana on Mount Latmos (su testo di Rolli). I
luoghi di fruizione della cantata da camera si allargano dunque a
Londra dai piccoli confini della corte e della camera gentilizia al
contesto più ampio e spettacolare del teatro, ove gli esecutori sono
rappresentati dagli stessi virtuosi protagonisti dei melodrammi. Il
carattere così intimo e “privato” che spesso viene considerato
peculiare di questo genere musicale, sembra qui in parte passare in
subordine, mentre la cantata si proietta verso momenti pubblici, luogo
di relazioni sociali e politiche (da notare che non si tratta di serenate,
ma di cantate brevi d’argomento bucolico-pastorale)36.
La cantata suddetta fu eseguita nel 1719 dal soprano Ann Turner
Robinson: il King’s Theatre era appannaggio della Royal Academy of
Music e vi si esibivano le più belle voci d’Europa, da Francesco
Bernardi (il Senesino), a Francesca Cuzzoni, a Faustina Bordoni. La
stessa Robinson cantò negli stessi anni nel Radamisto e in cantate di
Händel, nonché nel Narciso di Domenico Scarlatti. La cantata Diana
on Mount Latmos fu poi replicata l’anno successivo, per un totale di
34
Cfr. PAOLO ROLLI, Libretti per musica, a cura di C. Caruso, Milano, Franco Angeli
1993, p. X.
35
Basti pensare al collasso finanziario della Royal Academy avvenuto nel 1728,
all’apertura di una nuova, “seconda accademia” nel 1729 e alla fondazione di una compagnia
rivale, l’Opera della Nobiltà, nel 1733. Per un panorama completo delle questioni legate
all’impresariato e ai finanziamenti dell’opera londinese, si veda JUDITH M ILHOUS, Opera
Finances in London, 1674-1738, «Journal of the American Musicological Society», XXXVII
(1984), pp. 567-592.
36
Sul carattere ”ufficiale” della cantata si veda LUCA Z OPPELLI, Considerazioni sulla
categoria del “privato” nello stylus cibicularis, in La cantata italiana. Atti del Convegno
internaz. di studi (Asolo, 1988), a cura di L. Zoppelli, «I Quaderni della Civica Scuola di
Musica di Milano» IX/19-20 (1990), pp. 71-76.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
27
otto recite, in un altro teatro londinese, il Drury Lane, (costruito nel
1674, quindi più antico del Queen’s) e adibito in questi anni
prevalentemente alla prosa o al masque. Le cantate venivano dunque
eseguite anche in prestigiose scene alternative a quelle operistiche e
destinate ai lavori in lingua autoctona. Di più, i suoi esecutori
potevano essere cantanti locali: Ann Turner Robinson era figlia del
cantante e compositore inglese William; la cantata di Ariosti era stata
composta appositamente per il suo debutto in pubblico, appunto al
King’s Theatre.
Negli anni successivi al `19 si fa strada una nuova ipotesi sui
luoghi d’esecuzione delle cantate, suggerita dai carteggi tra musicisti,
impresari e diplomatici attivi a Londra nei primi due decenni del
Settecento (G. Riva, P. Rolli, G.G. Zamboni, A. Cocchi, tutti in
relazione con Ariosti37) e da una lista di sottoscrittori (764) elencati in
calce a un’edizione a stampa di cantate di Ariosti (Six Cantatas and
Six Lessons for Viola d’Amore, London, Meares, 172438). Questi
documenti contengono i nomi di alcuni dei più illuminati mecenati
della vita musicale londinese, presso le cui dimore sono attestate
esecuzioni di musiche da camera39: tra questi, il conte di Carnavon
(poi duca di Chandos, proprietario di una collezione musicale in cui
figurano anche Cantate d’Ariosti40), il duca di Bedford, il conte di
Burlington, il duca di Devonshire e la duchessa di Newcastle
(dedicataria del Coriolano, con cui Ariosti fu direttamente a contatto
37
Cfr. LOWELL L INDGREN , Musicians and Librettists in the Correspondence of G.
Giacomo Zamboni (Oxford, Bodleian Library, MSS Rawlinson Letters 116-138), «Royal
Musical Association Research Chronicle» XXIV (1991), n. monografico a cura di John
Milson e ID. The Accomplishments of the Learned and Ingenious Nicola Francesco Haym
(1678-1729), «Studi Musicali» XVI/2 (1987), pp. 247-380.
38
Rist. anast.: Bologna, Forni 1980.
39
Cfr. H ANS J. MARX, sub voce «Händel», in MGG e il recente studio della Harris sulle
cantate di Händel (ELLEN T. HARRIS, Händel as Orpheus- Voice and Desire in the Chamber
Cantatas, Cambridge (MA)- London, Harvard Univ. Press 2001: per esempio la dimora
londinese del duca di Bedford (e quella di campagna di Southampton House) era punto
d’incontro di musicisti come il violinista romano N. Cosimi e il pianista N. Haym. Le sonate e
cantate da camera di piccola estensione costituivano l’usuale intrattenimento; cfr. LOWELL
LINDGREN, cit., «Studi Musicali» XVI/2 (1987), p. 254.
40
Il duca di Chandos ospitò per vari anni Händel presso la sua casa di campagna a
Cannons, a nord-ovest di Londra: sulla sua raccolta di ms. musicali, ove figura anche Ariosti,
vedi CHARLES H. COLLINS & MURIEL I. BAKER , The Life and Circumstances of James
Bridges, First Duke of Chandos, Oxford, O.U.P. 1949, pp. 135-136.
28
Capitolo I
(da ALLARDYCE NICOLL, LO SPAZIO SCENICO, ROMA, BULZONI 1971, p. 300)
nel 1723). È quindi oltremodo probabile che le cantate di Ariosti si
eseguissero sovente presso queste dimore aristocratiche private più
che nei teatri, dominati negli anni `20 dall`accesa competizione, con
riflessi di faziosità politica, fra Händel e Bononcini, da cui Ariosti
sembra si tenesse in disparte. Infatti, sulla base della ricca letteratura
händeliana sulla Londra dell`epoca, si evince la presenza, fra i
sottoscrittori di Ariosti, dei sostenitori di entrambi i partiti: quello di
Händel, protestante e sostenitore del re “tedesco” Giorgio I, da un
lato; quello di Bononcini, cattolico e seguace del partito "giacobita"
degli Stuart, dall’altro41.
Accanto ai concerti pubblici, si organizzavano dunque quelliprivati
ad opera di personaggi illustri dell’aristocrazia e della borghesia
41
Fra i primi, si evincono nella stampa succitata sostenitori di Händel come lord Percival,
il duca di Chandos, il duca di Manchester, il duca di Rutland; tra i secondi, protettori di
Bononcini come il duca di Buckingham, il conte di Peterborough (fidanzato della cantante
Anastasia Robinson, interprete del Coriolano e del Vespasiano, omonima dell’interprete della
cantata Diana on Mount Latmos), il duca di Marlborough. Il duca di Burlington, principale
patrono di Händel, era segretamente affiliato al partito giacobita.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
29
londinese, che si addossavano talvolta anche le spese di stampa delle
partiture. Tuttavia la stampa ariostesca summenzionata esibiva,
accanto all’elenco dei sottoscrittori, anche la dedica al re (Giorgio I,
fratello di Sofia Carlotta di Hannover, protettrice di Ariosti a
Berlino)42: ciò significa probabilmente che la posizione dell’artista a
Londra era ancora in bilico, in questi anni, tra la soggezione a un
patrocinio aristocratico e le esigenze del mercato della libera
professione43.
La notevole diffusione di cantate italiane a Londra è attestata dalle
numerose stampe degli anni ’20-’30 del Settecento, da Bononcini
(1721) a Porpora (1735); si tratta quasi sempre di compositori
trasferitisi in terra inglese, attivi anche nel campo del melodramma.
Queste pubblicazioni, per opera di editori quali John Walsh e Richard
Mears, ci inducono a pensare che vi fosse nel Nord-Europa una forte
domanda da parte del mercato per questo tipo di musiche.
Interpreti dei generi da camera erano gli stessi cantanti e virtuosi
italiani che si cimentavano nel melodramma: il soprano Margherita
Durastanti fu per esempio protagonista di una cantata di Händel e di
alcuni duetti di Steffani nel 1721 insieme al Bernardi (il Senesino).
Può darsi dunque che le cantate di Ariosti fossero eseguite dalle stesse
voci impegnate nei suoi melodrammi nei medesimi anni: gli illustri
castrati Francesco Bernardi, Gaetano Berenstadt, Valentino Urbani, il
tenore Luigi Antinori, il basso Antonio Montagnana, il contralto Anna
Dotti, il soprano Francesca Cuzzoni, il mezzosoprano Faustina
Bordoni44. Costoro furono anche gli interpreti di Händel; alcuni di
loro, di G. Bononcini45.
42
In altri casi, si omaggia una famiglia aristocratica: è il caso della famiglia Marlborough
per la stampa londinese di cantate di G. Bononcini (1721).
43
Da alcuni questa dedica di Ariosti al sovrano è stata interpretata come un ultimo appello
al patrocinio di una corte di un compositore in declino per l’avvento a Londra di Händel (Cfr.
OLA 98, pp. 195-277); tuttavia il fatto che le dediche compaiano anche in altre stampe coeve
autorizza a pensare che esse fossero prassi piuttosto diffusa a Londra in quest’epoca.
44
L’elenco comprende solo i più importanti, ma vi sono pure F. Borosini, G.M. Boschi,
G. Bigonzi, F. Bertolli, A. Baldi, A.M. Bolognesi, A. Gualandi, M. Durastanti, G.P. Pinacci,
A. Pacini (forse allievo di Pistocchi), G.B. Palmerini, B. Sorosina, A.M. Strada del Po.
45
A Londra Durastanti cantò in 4 melodrammi di Händel, Bernardi in 13, Berenstadt in 3,
Urbani in 3, Antinori in 2, Montagnana in 11, Dotti in 5, Cuzzoni in 11, Bordoni in 6.
30
Capitolo I
I cantanti italiani erano il fulcro dell’evento operistico negli anni
Venti del ‘700 ed esercitavano un vero e proprio dominio su tutti gli
altri operatori dello spettacolo operistico. È osservando la loro
provenienza e formazione che si si può tentare di individuare le
sfumature del gusto imperante a Londra. Trascurando per il momento
il complesso ed ampio reticolo degli altri musicisti attivi nella capitale
britannica, e limitando lo sguardo agli interpreti di Ariosti (che sono
anche quelli di Händel e Bononcini), si evince una netta predominanza
di cantanti d’estrazione bolognese. Alcuni di loro erano esponenti dei
nuovi stili di canto in auge a partire dagli anni Venti del Settecento,
parallelamente all’affermazione di un nuovo stile musicale
operistico46: Dotti e Antinori erano nati a Bologna, dove avevano
anche ricevuto la loro formazione; Urbani e Berenstadt erano allievi
della scuola bolognese di Pistocchi; Bernardi era membro della
bolognese Accademia Filarmonica.
Tra le più famose rappresentanti delle nuove tendenze canore,
Faustina Bordoni47, la cui agilità e stile virtuosistico non aveva eguali,
e Francesca Cuzzoni48, la cui corda più “naturale” e patetica era
ugualmente acclamata (fu celebre la querelle fra le due prime
donne)49.
Unico rappresentante di scuola non bolognese, il basso
Montagnana, allievo di Porpora a Napoli; la scuola di Porpora
insegnava “delicatezza ed espressione” disprezzando le bizzarrie dello
stile moderno
perché servono piuttosto a destare la meraviglia alli sciocchi che il diletto a
chi ha un poco di senso comune50.
46
Cfr. P AOLA LUNETTA F RANCO, Francesca Cuzzoni (1696-1778): lo stile antico nella
musica moderna, Tesi di Laurea n.p., a.a. 2000-01, Università degli Studi di Pavia.
47
Faustina Bordoni, veneziana, si ricollega a Bologna poiché probabilmente studiò alla
scuola di canto di Bernacchi (cfr. KATARZYNA MORAWSKA, sub voce «Faustina Bordoni», in
MGG).
48
Francesca Cuzzoni si formò alla scuola di F. Lanzi nella natia Parma.
49
Cfr. ELVIDIO SURIAN, Metastasio, i nuovi cantanti, il nuovo stile: verso il Classicismo.
Osservazioni sull’Artaserse (Venezia 1730) di Hasse, in Venezia e il melodramma nel
Settecento. Atti dei convegni internaz. di studi (Venezia, 1973, 1975, 1977) a cura di M.T.
Muraro, Firenze, Olschki 1978-’81, pp. 341-359.
50
VINCENZO MARTINELLI, Lettere familiari e critiche, Londra, Nource 1758, p. 362.
La cantata da camera italiana presso i centri europei
31
In questo ambiente assai eclettico sul versante del gusto musicale,
furono eseguite in concerto, nei medesimi anni, brani vocali che
univano al momento canoro lo spettacolo dei virtuosismi strumentali:
Carlo Arrigoni compose cantate con accompagnamento del liuto,
Ariosti con accompagnamento di viola d’amore. La cantata per
soprano e viola d’amore Pur alfin, gentil viola (nel testo un bisticcio
tra la viola-strumento e la viola-fiore) di Ariosti fu eseguita negli anni
1716-’17 dall’autore stesso (che probabilmente si era esibito anche in
una serie di concerti per sottoscrizione nel 1717), virtuoso di questo
strumento51.
A Londra Ariosti fu in contatto con musicisti (come il compositore
svedese Johan H. Roman52 e il cembalista e organista Joseph Kelway),
uomini di cultura (Cocchi, Zamboni), diplomatici (come G. Riva),
cantanti (Berenstadt e gli interpreti dei suoi melodrammi), impresari
(Heidegger), librettisti (P. Rolli)53. A documentare la sua fama nel
mondo anglosassone, rimangono un dipinto e due acqueforti (di cui la
seconda postuma) del polacco E. Seemann jr. e dei francesi J. Simon
(1719) e F. Grignion (1776), tutti operanti a Londra (vedi illustrazioni
al cap. IV). Il dipinto di Seemann, in cui Ariosti è raffigurato nella
51
Cfr. LIN 81, p. 334.
Copie di cantate di Ariosti, conservate in Svezia, sono annotate da Roman (cfr. STbis,
cap. II.1); inoltre sopravvivono, in un ms. copiato in Inghilterra nel 1717, 15 pezzi per viola
d’amore simili alle Sei Lezioni ariostesche (cfr. GRO, sub voce «Ariosti»).
53
LOWELL L INDGREN, Musicians and Librettists in the Correspondence of G. Giacomo
Zamboni (Oxford, Bodleian Library, MSS Rawlinson Letters 116-138), «Royal Musical
Association Research Chronicle» XXIV (1991), n. monografico a cura di John Milson e ID.,
cit., «Studi Musicali» XVI/2 (1987), pp. 247-380.
54
In linea con la diffusione del gusto musicale italiano in Inghilterra negli anni ‘10-’20
del Settecento è l’affermazione della pittura italiana, in primis quella veneziana
(particolarmente amata in terra inglese), che opera spesso negli stessi ambienti deputati
all’evento musicale, i teatri d’opera. Sebastiano e Marco Ricci, pittori, decoratori, scenografi,
furono chiamati da lord Manchester a Londra per eseguire opere pittoriche (1712-’17); essi
sono gli autori sia degli scenari per l’Opera dell’Haymarket, sia delle incisioni caricaturali dei
cantanti che qui si esibivano. Marco Ricci raffigura impietosamente i castrati Bernacchi, il
Senesino, il Farinelli, le voci più richieste d’Europa, mentre effondono le loro prodezze
virtuosistiche, con uno stile che, sulla scia di Carracci e Bernini, anticipa la pennellata fratta
del Guardi. Il tocco spigliato di Sebastiano Ricci (che affrescò la cappella del Chelsea Royal
52
32
Capitolo I
posa vivace del quadro precedente di Schoonjans, si situa ancora
nell’alveo della ritrattistica barocca del secondo Seicento, che mirava
a idealizzare il modello accentuandone il carattere e la dignità54.
Hospital) si situa a sua volta in una fase di trasformazione della pittura veneziana, quando i
toni chiaroscurali cedono ai colori luminosi (con la riscoperta del Veronese); successiva è
l’opera del veneziano Giovanni Pellegrini, che dipinge, attorno agli anni Venti, con colori
delicati e tocchi larghi e scintillanti. Per maggiori dettagli cfr. in EUA le singole voci sugli
artisti.
CAPITOLO SECONDO
I TESTIMONI MUSICALI. ARIOSTI E IL
CONTESTO COEVO
1. I testimoni della musica vocale da camera di Ariosti1
(compresi quelli di recente accesso della Sing-Akademie di
Berlino)
I testimoni della musica vocale da camera sono stati raccolti da 31
biblioteche di tutto il mondo, per un totale di 60 manoscritti e 2
stampe. Molte fonti furono acquistate sul mercato londinese da
collezionisti inglesi e italiani: gli Wenster, i Rivers, i Piatti di
Bergamo.
L’esame dei testimoni indica che siamo in presenza
prevalentemente di copie (datate tra il 1690 e il 1728), mentre non vi è
traccia di autografi o di altri indizi che li attestino; il dato si desume da
un confronto effettuato con le grafie delle lettere sopravvissute di
Ariosti: una ventina di documenti epistolari autografe, indirizzate ora
a regnanti (al duca Francesco II di Modena), ora a filosofi (a Leibnitz,
suo amico), ora al Papa, cardinali o delegati (con cui l’autore spesso
corrispondeva per i suoi obblighi diplomatici2).
1. Descrizione
Nelle schede seguenti (le sigle, poste in sequenza alfabetica, sono
sciolte a p. 65) si elencano tutti i testimoni delle composizioni da
camera di Ariosti, suddivisi in manoscritti e stampe. Dei testimoni che
1
La recensione delle fonti è aggiornata sulla base del cd-rom del R.I.S.M. (10a ed.), del
R.I.S.M. on-line del 2005 (www.nisc.com), del database del S.B.N. (www.sbn.it) e dei
cataloghi cartacei dell’U.R.F.M. (Ufficio Ricerche Fonti Musicali) di Milano; questi cataloghi
hanno consentito di aggiungere molte nuove fonti rispetto a quelle presentate nel GRO.
2
Gli incarichi diplomatici portarono Ariosti a contatto con vari regnanti, fra cui Filippo II,
duca d’Orléans, il Reggente e Giorgio I d’Inghilterra, che servì mentre era a Parigi dal 1719 al
1723. Un elenco delle lettere autografe di Ariosti si trova in LOWELL LINDGREN, Six Newly
Discovered Letters of Attilio Ariosti, O.S.M. (1666-1729), «Studi storici dell’Ordine dei Servi
di Maria» XXXI (1981), pp. 125-138: 131.
33
34
Capitolo II
si sono potute esaminare, si riportano il frontespizio, le dimensioni, la
datazione, il tipo di carta, la provenienza e il copista.
In seguito alle ricerche compiute personalmente nell’Archivio della
Sing-Akademie di Berlino, recentemente ritrovato, si sono rinvenute
due nuove fonti (Il destino è ver me pur crudele e Tortorella
vedovella) e copie di cantate di Ariosti già note (tutte schedate sotto la
sigla “BSing-Akademie”), che hanno arricchito ulteriormente il
catalogo; degli unica di questo archivio, sconosciuti sinora a tutti i
repertori moderni (compreso EIT), è consentita solo la consultazione
in loco3.
1) Stampe
♦ S1724
Six Cantatas and Six Lessons for Viola d'Amore/ Alla Maestà di
Giorgio Re della Gran Britagna, London, Walsh4, 1724.
Sul frontespizio le dediche e l’elenco dei sottoscrittori.
Esemplari conosciuti: D-Dlb, HVl; F-Pa, Pn; I-Bc, BGc; GBCu, Gm, Ge, HAdolmetsch, Lbl, Lam, Lcm, Lu, Ob; NL-DHgm;
US-Bp, CA, NH, NYp, R, Wc
∞ Ahi qual cruccio, qual pena (La gelosia), A, bc
(cantata)
∞ Da procella tempestosa (La rosa), S, 2vl, bc (cantata)
∞ Freme l’onda e fischia il vento (Il naufragio), A, 2 vl,
bc (cantata)
∞ Là dove d’atre tenebre vestito (L’olmo), S, 2 vl., bc
(cantata)
∞ Pesan troppo su l’alma (Libertà acquistata in amore),
A, bc (cantata)
∞ Ritrosetta pastorella (L'amor onesto), S, bc (cantata)
RISM A1420
S1719
The first (last) Air of the famous Cantata Diana on Mount Latmos, London, Meares, 1719.
♦
3
4
Non ne è autorizzata la riproduzione microfilmata.
Lo dimostra la Martìnez (cfr. OLA, p. 199 e segg.).
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
35
Esemplari conosciuti: GB-Lbl, Ob; F-Pn US-Ws:
∞ Per vincer il mio cor (Diana on mount Latmos) (aria da
concerto)
RISM A1418-1419
2) Manoscritti
ƒ
B1
D-B, Mus.ms. 780/5
Ms. omogeneo senza frontespizio di 12 fogli.
Dimensioni: cm 34 x 27
Datazione: 1920 ca.
Provenienza: Mendelssohn-Archiv
Note: scritto in matita
∞ Da procella tempestosa (La rosa) (cantata)
∞ Là dove d’atre tenebre vestito (L'Olmo), S, 2 vl, bc
(cantata)
RISM A/II 452.002.524
ƒ
B2
D-B, Mus.ms. 780/20
∞ Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc (cantata)
ƒ
B3
D-B, Mus.ms. 780/22
∞ Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc (cantata)
ƒ
B4
D-B, Mus.ms. 30074
∞ Che ti fece mai quest'alma, S, bc (cantata)
∞ Mi convien soffrir in pace, S, bc (cantata)
ƒ
B5
D-B, Mus.ms. 30094
∞ Belle stille che grondate, S, bc (cantata)
∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata)
∞ Quanti sospiri, S, bc (cantata)
∞ Risolvo ad adorarvi, S, bc (cantata)
36
ƒ
Capitolo II
B6
D-B, Mus.ms. 30182
∞ Genio che amar volea (Genio), S, bc (cantata)
ƒ
B7
D-B, Ms. mus. 30186
∞ Amarissime pene, S, bc (cantata)
∞ Di valle in monte, S, bc (cantata)
∞ Luci, voi siete quelle, S, bc (cantata)
∞ Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc (cantata)
∞ Quanti sospiri, S, bc (cantata)
ƒ
B8
D-B, Ms. mus. 30188
∞ Che sento? Irene amata, S, bc (cantata)
∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata)
∞ Lungo un placido rio, S, bc (cantata)
∞ Oh miseria d'amante core, S, bc (cantata)
ƒ
B9
D-B, Ms. mus. 30197
Ms. miscellaneo
∞ Mirate, occhi, mirate, S, bc (cantata)
ƒ
B10
D-B, Ms. mus. 30212
∞ Cieco Nume, alato arciero, S, bc (cantata)
ƒ
B11
D-B, Ms.mus. 780
Ms. francese monografico di 8 ff. con varie grafie, senza
frontespizio.
Datazione: 1750 ca.
Dimensioni: 27 x 33,5 cm
∞ Questo mar di vita infido, B, 2 vl., v.la, bc (scena
dall’opera La fede ne’ tradimenti, Berlino 1701)
∞ Io parto ma ben presto, S, S, bc (duetto dall’opera La
fede ne’ tradimenti)
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
37
∞ Che fiero tormento, S, S, bc (duetto dall’opera La fede
ne’ tradimenti)
∞ Mio ben, mia vita, S, S, bc (duetto)
RISM A/II 452.002.519
ƒ
Bs1
D-BSing-Akademie, SA 1231
Ms. sciolto
∞ Ritrosetta pastorella (L'amor onesto), S, bc (cantata)
ƒ
Bs2
D-BSing-Akademie, SA 1235
Ms. sciolto
∞ Dirmi ch'io non adori, A, bc (cantata)
ƒ
Bs3
D-BSing-Akademie, SA 1282
Ms. sciolto.
Carta: filigrana con stemma araldico, identificata come
“Leiden 1704” (HEA 50: N. 410)
∞ Che sento? Irene amata, S, bc (cantata)
∞ Oh miseria d'amante core, A, bc (cantata)
ƒ
Bs4
D-BSing-Akademie, SA 1283
Ms. sciolto.
∞ Il destino ver me è pur crudele, S, bc (cantata)
∞ Lungo un placido rio, S, bc (cantata)
ƒ
Bs5
D-BSing-Akademie, SA 1286
Ms. sciolto
Carta: filigrana con orologio, non identificata
∞ Oh miseria d'amante core, S, bc (cantata)
38
Capitolo II
ƒ
Bs6
D-BSing-Akademie, SA 1289
Ms. sciolto
Carta: filigrana con banda araldica, identificata forse come
“Schieland 1631” (HEW 50: n. 137, Pl. 21)
∞ Tortorella vedovella, S, vlc, bc (cantata)
ƒ
Bs7
Ms perduto olim in D-BSing-Akademie
∞ Non han più gl’occhi, S, bc (cantata)
EIT, p. 193
ƒ
BG1
I-BGc, Piatti-Lochis, ms. 8795
Raccolta ms. con varie grafie senza frontespizio di 123 pp. con
grafia omogenea; contiene cantate per voce e bc di Kerl, Tosi,
Bernerdi, Ariosti, Rampini, A. Scarlatti, Latilla
Dimensioni: cm 29,3 x 22,2 (obl.)
Carta: filigrana a “picador” non identificata
Datazione: 1782
Provenienza: collezioni Joseph Kelway (Londra); Alfredo C.
Piatti
Note: Ex libris T. Bever & Lld
∞ Lisetta, mi tradisti ma forse ancor, S, bc (cantata)
∞ Piante incolte, erbe odorose, S, bc (cantata)
∞ Stanco di lagrimar, pastor fedele, A, vl, bc (cantata)
U.R.F.M. di Milano
ƒ
BG2
I-BGc, fondo Mayr, fald.227/8b (olim in Civico Istituto
Musicale «G. Donizetti»)
Raccolta ms. senza frontespizio di 92 fogli; contiene 11 cantate
anonime per voce e Bc
Dimensioni: cm 20 x 6,5
Provenienza: collezione S. Mayr
Datazione: XVIII sec.:
∞ O Filli, o dolce nome, S, bc (cantata)
RISM A/II 850.003.867
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
39
ƒ
BR1
B-Bc, Litt. IV F.15153
∞ Cieco Nume, alato arciero, S, bc (cantata)
ƒ
BR2
B-Bc, Litt.F 15262
Copista: A. Gaugent
Note: “D’aprés du ms. de la Bibliothèque Granducales à
Schwerin”
Datazione: 1906
∞ Occhi belli ma troppo superbi, S, bc (cantata)
ƒ
BR3
B-Bc, Litt. XY 25769
Ms. miscellaneo; sul frontespizio 16 Cantaten / von / Händel
Aria nel Pastor fido per Sopr. Se mi ami, o caro / Astorga
(Barone) /Antri amici Venedig 1712 Febr. p. Sopr Quando
penso p.Sopr Wien 1712. August / Nuovo dardo il sen Znaimb
Mai 1713 p. Sopran / Ariosti (Attilio) Già per il tuo rigore
p.Sopr. Poeta Rolli Paolo / Haym (Nicol.Franc.) Aprimi il
petto amore p. Alto 1712
∞ Già per il tuo rigore, S, 2 vl., v.la, bc (P.A. Rolli)
(cantata)
ƒ
BR4
B-Bc, Litt. 15155
∞ Eurilla, vel confesso, cara (cantata)
ƒ
C
GB-Cfm, Mus.649
∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata)
∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata)
ƒ
D
D-DO, Cod. Guelf. 266, Ms.Hd (47)
∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata)
40
Capitolo II
ƒ
DR
D-Dl (olim in D-Dkh)
∞ O quam suavis est, Domine, T, ob, vl, v.la, org
(mottetto)
ƒ
DS15
D-DSl, Mus. ms. 46 (olim N° 9)
Raccolta ms. monografica di 134 fogli (ff. 17-134), sul
frontespizio 19 Solo-Kantaten für Sopran Begleitung mit
Continuo teilweise mit Instrumenten, sul dorso “Ariosti
Kantaten”. Carta priva di filigrana
Dimensioni: cm 22,5 x 31
Datazione: 1709-’17
∞ A te, bella cagion de miei sospiri, S, bc (cantata)
∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata)
∞ Con troppo rigore, S, bc (cantata)
∞ E in sen mi resta core, S, 2 ob, 2 chal., 2 vl, v.la, bc
(cantata)
∞ Ecco che già ritorna il tauro eterno, S, bc (cantata)
∞ Lisetta, mi tradisti ma forse ancor, S, bc (cantata)
∞ Lontananza crudel, quanto m'affanni, S, bc (cantata)
∞ Luci, voi siete quelle, S, bc (cantata)
∞ Lungi son io, S, bc (aria dal Tito Manlio, Londra, 1717)
∞ Mentre dormiva Nice, S, bc (cantata)
∞ Morto è Amor, ninfe, piangete, S, bc (cantata)
∞ Nice. quella severa amabil ninfa, S, bc (Bernardoni)
(cantata)
∞ Piante incolte, erbe odorose, S, bc (cantata)
∞ Qual cara fiamma io senta, S, bc (cantata)
∞ Quanti sospiri, S, bc (cantata)
∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata)
∞ Se lontan sta l’idol mio, S, bc (cantata)
5
La biblioteca comprende anche la collezione di ms. di Henriette Caroline von
Buchsweiler, che fu in stretti contatti con la corte berlinese (con Federico Il Grande e sua
sorella Anna Amalia): la sua biblioteca fu acquisita nel 1765 dalla Hessische Hochschul- u.
Landes-Bibliothek di Darmstadt (fondata nel 1586). Cfr. HEMANN BRÄUNIG-OKTAVIO, Die
Bibliothek der grossen Langräfin Caroline von Hessen, «Archiv für Geschichte des
Buchwesens» VI (1965), pp. 681-876.
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
41
∞ Sento dirmi con placide forme, S, bc (cantata)
∞ Tante e tante del ciel sono le stelle, S, bc (cantata)
∞ Sento il cor che dice: «Spera», S, bc (aria da L a
Placidia, Vienna, 1709)
RISM A/II 450.001.721
ƒ
DS2
D-DSl, Mus. ms. 1046
Ms. con varie grafie di 121 pp. contenente 1 cantata di Ariosti
e altre di vari autori
Dimensioni: cm 19,5 x 31,5
Carta: sul f. 13 è presente una filigrana con “cavallo e
cavaliere”, non identificata
Datazione: prima metà del XVIII sec.
∞ Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc (cantata)
ƒ
E1
GB-Eu, P1433 (olim in Reid Music Library)
Ms. miscellaneo, sul frontespizio Diverse/ Cantate scelte/
1716:
∞ Già per il tuo rigore, S, 2 vl., v.la, bc (Rolli) (cantata)
ƒ
E2
GB-Eu, P1437 (olim in Reid Music Library)
Raccolta ms., sul frontespizio Duetti/ Del Grua
Note: attribuito erroneamente a Grua (vedi LA)
∞ S’io rimiro quel bel seno, S, S, bc (duetto)
ƒ
K
S-K, Ms. mus. 5
Raccolta ms. con grafia omogenea e attribuito arbitrariamente
a Caspar G. Grünewald
Provenienza: Matthias Silvius, insegnante di latino ed ebraico
(nel 1750-’65 ca.) presso la “Biblioteca Diocesana e del
Ginnasio” di Kalmar
Datazione: 1728
∞ Occhi belli ma troppo superbi, B, bc (aria di cantata)
42
Capitolo II
ƒ
KO
DK-Kk, mu 7503.1031
Vol. ms. misc. di varie mani contenente arie di Ariosti, Giaj,
Feo, Broschi, Hasse, Ciampi; sul frontespizio 13
Ausgeschriebene Arien von unterschriebenen Compositeurs
Provenienza: Kobenhavn, det kongelige Teater (N. 70)
Datazione: 1728 ca.
∞ In ciel amate e belle, S, 2 vl, v.la (aria)
∞ Son ave amorosa, S, 2 vl, v.la (aria)
RISM A/II 150.201.057
ƒ
L1
GB-Lbl, Add. MS 14207
Raccolta ms. contenente arie, cantate e duetti di Zingarelli,
Millico, D’Astorga, Cafarelli, Gravena, Monticelli, Giorgio,
Pescetti, Spano, Gerosa, Veneziano, Gasparini, Ariosti,
Bernasconi, Bianchi, Bruno, Caldara, Columbani, Duni,
Händel, Lucchesi, Manna, Merola, Rameau, Tritto, Valentino,
Zannetti
Provenienza: collezione di G. Selvaggi di Napoli
Presentazione: del Marchese di Northampton:
∞ Mio nemico pensier, perché alla mente, S, bc
(cantata)
ƒ
L2
GB-Lbl, Add. Ms. 34056
Ms. miscellaneo contenente cantate di Amadei, Ariosti, Biffi.
Sul frontespizio Cantate musicali/ di diversi autori/ Parole
dell.ecc.mo D. Antonio/ Ottoboni/ Cavagliere e Procuratore di
S. Marco/ Unite in Roma/ L’anno 1709
Provenienza: famiglia Rivers
Datazione: 1709 (sul frontespizio)
Copista: Tarquinio Lanciani
∞ Ardo, nè so per chi, S, bc (A.Ottoboni) (cantata)
∞ Augelletto garruletto, A, bc (Ottoboni) (cantata)
∞ Or vantatevi, o pupille, S, bc (Ottoboni) (cantata)
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
ƒ
43
L3
GB-Lbl, Add. Ms. 38036
Raccolta ms. contenente cantate di Albinoni, Amadei, Ariosti,
Bencini, Biffi, G.B. Bononcini, Chiccheri, Conti, Cousser,
Fago, Gasparini, Legnani, Lotti, Mancini, Martini, Sarro,
Torri, Tosi, M.A. Ziani; sul frontespizio Cantate de’ diversi
gran Maestri.
Datazione: 1706
Luogo di redazione: Roma
Copista: Tarquinio Lanciani
∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata)
∞ Lontananza crudel, quanto m'affanni, S, bc
(cantata)
∞ Mirate, occhi, mirate, S, bc (cantata)
ƒ
L4
GB-Lbl, Add. Ms. 62102
Vol. IV dei “Chandos Music Manuscripts”, di 66 fogli, sul
frontespizio Basso Continuo. Contiene cantate di Ariosti,
Pepusch e cantate inglesi. Ms. rilegato in pelle rosso scuro con
incisioni in pelle blu
Dimensioni: cm 27,5 x 42,2
Provenienza: James Bridge, I duca di Chandos (biblioteca
della residenza di Cannon)6
Datazione: prima del 1720
∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata)
ƒ
L5
GB-Lbl, R.M.23 f.6
Ms. sciolto e anonimo
Datazione: XVIII sec.
Dimensioni: cm 22 x 28
∞ Che sento? Irene amata, S, bc (cantata)
∞ Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc (cantata)
∞ Ne' spaziosi campi, A, bc (cantata)
RISM A/II 800.184.825
6
MURIEL I. BAKER & CHARLES H. COLLINS, cit., pp. 135-136.
44
ƒ
Capitolo II
L6
GB-Lbl, R.M.23.f.20
Raccolta ms. di 73 fogli contenente 4 Miserere, di Allegri, Baj,
Costanzi, 3 arie, di Cimarosa e Franchi, 1 cantata di Ariosti, 1
duetto di Cimarosa
Dimensioni: cm 22 x 28
Datazione: sec. XVIII
∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata)
RISM A/II 800.184.990
ƒ
Lg
GB-Lgc, Ms. G: Music 400
∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata)
ƒ
LA
US-LAc, Ms A7125, M4. E34
Ms. monografico con grafia omogenea senza frontespizio di
139 pp. contenente 6 cantate di Ariosti con strumenti (1 duetto,
1 cantata a due voci, 4 cantate a voce sola). L’attribuzione ad
Ariosti è presente nel duetto iniziale: Dell’Ariosti
Dimensioni: cm 19,5 x 26
Datazione: 1731 (sulla pagina 139)
Provenienza: Cecilia Davies
∞ S’io rimiro quel bel seno, S,S, bc (duetto)
∞ Fileno che le frodi, A, 2 vl., v.la d'amore, bc (cantata)
∞ Non voglio udirti. o core, S, bc (cantata)
∞ Pasce al suono del mio canto, S, 2 vl, bc (cantata)
∞ Qui dove ai colpi di nemica sorte, S, 2 vl, bc (cantata)
∞ Abbastanza delusa, S,S, bc (cantata a 2 voci)
RISM A/II 136.845
ƒ
LI
B-Lc, 475-2.L-IX
∞ Il zeffiretto che tutto amore, A, bc (cantata)
ƒ
LL
S-LUnm, Solanders notbok
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
45
Ms. miscellaneo contenente arie di Chelleri e anonime.
Datazione: 1731
Provenienza: Gertrud Sophia Solander († 1747)
∞ Amor occhi non ha, S, bc (aria di cantata)
ƒ
LU
S-Lu, Saml.Wenster Ä:1
Raccolta ms. del XVIII sec., sul frontespizio: Cantate
preziosissimi/ senza stromenti,/ composte/ delli più famosissimi
authori/ d’Italiani/ raccolte con/ gran fatica
Provenienza: famiglia Wenster
∞ A te, bella cagion de miei sospiri, S, bc (cantata)
∞ Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc (cantata)
∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata)
RISM A/II 190002145
ƒ
M
I-MOe, Mus. F.99
Vol. ms. monografico di pp. 189, senza frontespizio,
contenente 23 cantate per S e bc; sul dorso la scritta “Giovanni
Bononcini”
Dimensioni: 33 x 23 cm
Carta: di fattura olandese, prodotta ad Amsterdam nel 1721:
lo attesta la filigrana a “fiore di giglio” presente nella carta
(HEA 1950, Pl. 241: n. 1803)
Datazione: dopo il 1721
Note: attribuito, in parte falsamente, a G. Bononcini (le cantate
n. 34, 51, 55 sono di Ariosti: lo attestano gli altri esemplari
mss.)
∞ Genio che amar volea (Genio), S, bc (cantata)
∞ Mirate, occhi, mirate, S, bc (cantata)
∞ Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc (cantata)
SBN IT\ICCU\DM\02082800001
ƒ
ME
D-MEIr, ED.109i=82c
Raccolta ms. rilegata in pelle rossa con decorazioni dorate in
rilievo sul dorso ed entrambi i lati della copertina, nonché sugli
46
Capitolo II
angoli delle pagine; sul frontespizio Cantate di diversi auttori
ventitré e un indice; comprende cantate di Ariosti, Colombani,
G. Bononcini, Caldara, Fago, Händel, Leporati, Mancini
Carta: di tipo medio-pesante, con 10 pentagrammi per pagina
Provenienza: collezione del duca A. Ulrich di SachsenCoburg-Meiningen (probabilmente acquisita a Vienna)
Luogo di redazione: Vienna
Copista: Johann Salcki o Killian Reinhardt (cfr. BEN 2001)
Datazione: prima del 1725
∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata)
∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata)
∞ Eurilla, vel confesso, cara, S, bc (cantata)
∞ Simbolo del mio ben, rosa gentile, S, bc (cantata)
∞ Sudor del foco è il pianto, S, bc (cantata)
ƒ
N1
I-Nc, Cantate 32bis (olim 65.4.29)
Raccolta ms. di cc. 217 dovuta a vari copisti, contenente 4
cantate adespote, 1 di Ariosti, 4 di Astorga, 2 di Bigaglia, 4 di
A.M. Bononcini, 3 di G. Bononcini, 1 di Fiorino, 1 di
Fischietti, 2 di Leo, 1 di Leporati, 2 di Lotti, 1 di B. Marcello,
2 di Porpora, 1 di Romaldi, 5 di A. Scarlatti, 1 di Tinazzoli. Le
cc.105, 113, 121 e 203 sono vuote.
Datazione: metà sec. XVIII
Dimensioni: 26,5 x 20,7 cm
Provenienza: Leopoldo Tarantini (1835-1885)
∞ Dirmi ch'io non adori, A, bc (cantata)
SBN IT\ICCU\DM\90133300907
ƒ
N2
I-Nc, Cantate 101 (olim 34.4.19)
Ms. sciolto di 7 cc., attribuito erroneamente a D’Astorga (vedi
DS1, C, D)
Datazione: prima metà del XVIII sec.
Dimensioni: 27,5 x 21 cm
Carta: filigrana con quadrupede in campo cerchiato, non
identificata
∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata)
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
47
SBN IT\ICCU\DM\90132601212
ƒ
NH
US-NH, Osborn Music Ms. 22
Raccolta ms. di 258 pagine; contiene 32 cantate di A. Scarlatti,
Ariosti, G. Bononcini, Cesarini, Conti, Fago, Gasparini,
Mancini, Sarro
Dimensioni: cm 22 x 30
Datazione: 1720 ca.
∞ Che ti fece mai quest'alma, S, bc (cantata)
ƒ
O1
GB-Ob, Mus.Sch. D.223
Datazione: 1714 (cfr. Lindgren, in GRO)
∞ Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc (cantata)
∞ Il mio cor sinor fu mio, S, bc (cantata)
ƒ
O2
GB-Ob, Ms. 1131 (olim in St.Michael's College Library a
Tenbury Wells)
∞ Per vincer il cor mio, S, 2 fl, bc (Rolli) (Diana on
mount Latmos): doppia aria da concerto
ƒ
R
I-Rc, Ms. 2248 (olim O.IV. 127)
Raccolta ms. con varie grafie, senza titolo, di 192 ff. con
copertina rigida; contiene 19 cantate per S e bc di Antoniuccio
del Violino, Mancini, Ariosti, B. Marcello, Cesarini e 4
canzoni anonime; catalogo delle composizioni sui ff. 1-2. Sui
ff. 3-190 compare la cartulazione originale “1-188”. Carta
priva di filigrana.
Dimensioni: cm 27 x 20,5
Datazione: prima metà del sec. XVIII
Copista: è il medesimo di I-Rc, Ms. 2278
Provenienza: Giuseppe Baini (1775-1844; il nome compare
sul lato interno della busta)
48
Capitolo II
∞ Semplicetta farfalletta, S, bc (cantata)
RISM A/II 850.010.519
ƒ
SO1
D-SHs, Mus.B1:1 (olim Hs M21:M1 in Thüringische
Landesbibliothek)
Raccolta ms. con grafia omogenea di 96 fogli di cui il f. 1 in
bianco; rilegatura in pelle con dorso dorato e coperchio;
contiene 23 cantate per S e Bc (la numerazione compare nei
recitativi) di Ariosti, Caldara, d’Astorga, Fedeli, Gaffi,
Bononcini, Mancini, Fiore, Conti, A. Scarlatti (i nomi degli
autori compaiono all’inizio delle rispettive cantate e
nell’indice: f. 96)
Dimensioni: cm 23 x 33
Datazione: XVIII sec.
∞ Che più mi resta, oh dio, S, bc (cantata)
∞ Che ti fece mai quest'alma, S, bc (cantata)
∞ Erbe nuove e nuovi fiori, S, bc (cantata)
∞ Occhi belli ma troppo superbi, S, bc (cantata)
∞ Poichè Fidalbo amante, S, bc (cantata)
RISM A/II 250.004.714
ƒ
SO2
D-SHs, Mus.B1:3 (olim Hs M21:M3 in Thüringische
Landesbibliothek)
Raccolta ms. con grafia omogenea di 98 fogli di cui il f. 1 in
bianco; rilegatura in pelle con dorso dorato e coperchio dello
stesso materiale; contiene 23 cantate con strumenti di Conti,
Ariosti, A.M. Bononcini, Gasparini, Mancini, Albinoni, G.
Bononcini, A. Scarlatti, Greber, Steffani, Fago, Lotti (i nomi
degli autori compaiono anll’inizio delle rispettive cantate e
nell’indice: f. 98)
Datazione: XVIII sec.
∞ Che sento, che sento? Irene amata, S, bc (cantata)
∞ Lungo un placido rio, S, bc (cantata)
∞ Oh miseria d’amante core, S, bc (cantata)
RISM A/II 250.004.667
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
ƒ
49
ST
S-Skma, T-SE-R
Raccolta ms. con grafia omogenea senza frontespizio
Datazione: 1735-1765
∞ Per vincer il mio cor, S, fl, bc (Rolli) (Diana on mount
Latmos): aria da concerto
∞ Comincia a respirar (aria)
RISM A/II 190.009.543-544
ƒ
STbis
S-Skma, Alströmer saml.
Attribuzione ad Ariosti da parte di Johan H. Roman (BENG
76).
Datazione: 1744 ca.
Provenienza: Patrick Alströmer
∞ Comincia a respirar (aria)
ƒ
SW
D-SWl, Mus 769 A
Ms. sciolto del XVIII sec. comprendente 1 cantata di Ariosti
Dimensioni: in –4
Note: sull’ultima pagina compare il nome “Monjo”
∞ Occhi belli ma troppo superbi, S, bc (cantata)
RISM A/II 200.017.814
ƒ
U
S-Uu,Vok. mus. i. hs.47:13
Ms del XVIII sec.
∞ Al tribunal d'amore, S, bc (cantata)
ƒ
W1
A-Wn, Ms. 17575
Ms. di 43 ff. rilegato in pelle, con grafia omogenea; contiene
10 cantate di Ariosti e 1 di Fago (Sia con me Fillide irata, cfr.
cap. IV.A)
Carta: filigrana “a 3 lune” e lettera “S”, non identificata; filigrane con lettere “P” e “V”, identificate probabilmente come
“Amsterdam 1646” (HEA n. 1197, Pl. 160)
50
Capitolo II
Datazione: 1706-’12
Note: il ms. è attribuito ad Ariosti (BEN 80) poichè le prime
due cantate del volume recano il nome del compositore: Di P.
Attilio Ariosti e Cantata del Sig. Ariosti
∞ Amo Clori che mi fugge, A, bc (cantata)
∞ E’ pur dolce a un cor legato, A, bc (cantata)
∞ Furie che negl'abissi, A, v.la d’amore, bc (cantata)
∞ Già che intender non vole i miei sospiri, A, bc (cantata)
∞ L'Idol mio de' pianti miei, A, bc (Bernardoni) (cantata)
∞ Mi convien soffrir in pace, A, bc (cantata)
∞ Ne' spatiosi campi, A, bc (cantata)
∞ Oh miseria d’amante core, A, bc (cantata)
∞ Pastor, pastore, hai vinto, A, bc (Bernardoni) (cantata)
∞ Voti offersi al cor d’Irene, A, bc (cantata)
ƒ
W2
A-Wn, Ms. 17591
Ms. cartaceo e monografico di 53 ff., con grafia omogenea, sul
frontespizio Cantate/ Del P. Attilio Ariosti. Contiene 12
cantate.
Carta: filigrana ad àncora (f. 4), identificata come “Roma”
(HEW 50: Pl.1, n.6); filigrana “a 3 lune” e lettera “S” (f. 46),
non identificata; filigrana con trifoglio e sfera (f. 33), identificata forse come “Lisbona 1613” (HEA. N. 3809, Pl. 511)
∞ Al voler del bene amato, S, bc (cantata)
∞ Un barbaro rigor, S, bc (cantata)
∞ Belle stille che grondate, S, bc (cantata)
∞ Che mi giova esser regina, S, bc (Bernardoni) (cantata)
∞ Che si può far?, S, bc (cantata)
∞ Cieco Nume, alato arciero, S, bc (cantata)
∞ Genio che amar volea (Genio), S, bc (cantata)
∞ Insoffribile tormento, S, bc (cantata)
∞ Quando Nice era fida, S, bc (cantata)
∞ Se t'offesi, o bella Irene, S, bc (cantata)
∞ Senza te, dolce tiranno (Lontananza), S, bc (cantata)
∞ Tante e tante del ciel sono le stelle, S, bc (cantata)
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
51
ƒ
W3
A-Wn, E.M. 178
Raccolta ms. con grafia omogenea e senza frontespizio di 55
fogli; contiene cantate di Ariosti, G. Bononcini, Bennati, Pistocchi, M.A. Ziani, Caldara, Morati, Albinoni, Grua; rilegatura
austriaco-viennese con dorso dorato
Carta: filigrana con banda araldica, non identificata
Dimensioni: cm 22 x 30
Provenienza: fondo dell’Eredità Estense giunto a Vienna nel
18757
∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata)
∞ E’ pur dolce a un cor legato, S, bc (cantata)
∞ Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc (cantata)
∞ Pastori, o voi ch'in pianto, S, bc (cantata)
∞ Il più fiero dolor, S, bc (cantata)
RISM A/II 600.241.068
ƒ
Wg
Ms. miscellaneo di 25 pp.
Carta: filigrana con lettera “V”, non identificata
A-Wgm, Q.2679
∞ Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni, S, bc (cantata)
∞ Nice. quella severa amabil ninfa, S, bc (Bernardoni)
(cantata)
ƒ
MS perduto schedato in The Breitkopf Thematic Catalogue…
1762-1787, a cura di Barry S. Brook, New York, 1966, p. 190
∞ Ciò che trova amore lega, S, bc
7
Il fondo E.M. deve essere poi pervenuto a Vienna per mano di un raccoglitore
dell’Ottocento (cfr. LEOPOLD M. KANTNER, Le Opere di Francesco Gasparini a Vienna, in
Francesco Gasparini (1661-1727). Atti del 1° Convegno internaz. (Camaiore, 1978), a cura
di F. Della Seta e F. Piperno, Firenze, Olschki 1981 («Quaderni della Rivista Italiana di
Musicologia» 6) pp. 59-65: 59).
52
Capitolo II
2. Edizioni moderne delle cantate
-
-
-
-
Air of Attilio Ariosti (1690), hrsg. von Louis van Waefelghem:
ed. della cantata ms. Pur al fin gentil viola, Parigi, Durand?,
1899
A TTILIO A RIOSTI , Air (1690), pour chant avec acct. de viole
d’amour et de piano, d’apres le manuscrit original par L. van
Waefelghem: ed. della cantata ms. Pur al fin gentil viola, Paris,
A. Durand & Fils, 1929
A TTILIO A RIOSTI , Cantata a voce sola con la viola d’amore,
bearb. von Werner Göhre, Leipzig, P. Günther, 1935: Pur al fin
gentil viola
A TTILIO A RIOSTI, La Rosa: Kantate für hohe Singstimme, zwei
Violinen und Basso continuo, hrsg. von Günther Weiß- H.
Bartuschek, Leipzig, Dt. Verl. für Musik, 1977
Cantatas and Collections of Lessons for the Viola d’Amore,
Bologna, Forni, 1980 (Bibliotheca Musica Bononiensis IV/124);
ed. anastatica delle cantate in S1724 (p. 34)
ATTILIO ARIOSTI, Pur al fin gentil viola: cantata a voce sola con
la viola d'amore, bearb. u. hrsg. von Heinz Berck, Ebersberg,
Editio Alto, 1996
A TTILIO A RIOSTI, La Rosa: Kantate für hohe Singstimme, zwei
Violinen und Basso continuo, hrsg. von Günther Weiß- T. Klein,
Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1996
A TTILIO A RIOSTI , L’Olmo, in MATILDE O LARTE MARTÌNEZ,
Social Reception of the Six Cantatas and Lessons for Viola
d’Amore, “Nassarre”, XIV/2 (1998), pp. 237-277; ed. critica
della cantata ms. L’olmo
ATTILIO ARIOSTI, Five cantatas for soprano & basso continuo, a
cura di Alejandro Garri, Garri, Mühlheim am Main 2004
[Insoffribile tormento; Belle stille che grondate; Non v’è pena
maggior del mio tormento; Così tosto, o mio bel Sole; Che mi
giova esser regina]
A TTILIO A RIOSTI , Four cantatas for mezzo-soprano & basso
continuo, a cura di Alejandro Garri, Garri, Mühlheim am Main
2004 [Un barbaro rigor; Che si può far; Tante e tante del ciel
sono le stelle; Quando Nice era fida]
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
53
- ATTILIO ARIOSTI, Six cantatas for alto & basso continuo, a cura di
Alejandro Garri, Garri, Mühlheim am Main 2004 [Oh miseria
d’amante core; Voti offersi al cor d’Irene; Amo Clori che mi
fugge; È pur dolce a un cor legato; Furie che negl’abissi; Ne’
spatiosi campi]
3. Cronologia8
PERIODO BERLINESE (1697-1703):
1. Il destino ver me è pur crudele- probabilmente composta a Berlino
perchè conservata nell’archivio della Sing-Akademie, istituzione ivi
fondata nel 1791
2. Tortorella vedovella- come 19
3. Non han più gl’occhi- come 1 (perduta)
4. O Filli, o dolce- come 1
5. Dirmi ch’io non adori- come 1
6. Che sento, Irene amata- come 1
7. Lungo un placido rio- come 1
8. Ciò che trova Amore lega- stampata da Breitkopf & Härtel10
9. Risolvo adorarvi- molto probabilmente composta a Berlino perché
ivi conservata in unica fonte
10. Amarissime pene- come 9
11. Di valle in monte- come 9
PERIODO VIENNESE (1703-08):
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
8
Così tosto, o mio bel sole- ms del 1706
Al voler del bene amato- ms viennese del 1706-12
D’una rosa che mi punse (cfr. BEN 2001)
Eurilla, vel confesso, cara- come 3
Lontananza crudel, quanto m'affanni- come 1
Mirate, occhi, mirate- come 1
Amo Clori che mi fugge- come 2
Belle stille che grondate- come 2
Che mi giova esser regina- come 2 (testo del 1705: BER)
Che si può far? Già sono amante- come 2
La presente cronologia riguarda solo le cantate; segue un criterio cronologico anche
all’interno dei rispettivi periodi di produzione.
9
La cantata ha la stessa cronologia della n. 1 del periodo berlinese.
10
Cantata perduta, citata in The Breitkopf Thematic Catalogue… 1762-1787, ed. by Barry
S. Brook, Dover, New York 1966, pp. 190-191.
54
Capitolo II
11. Cieco nume, alato arciero- come 2
12. E in sen mi resta core- probabilmente composta a Vienna perché
nell’organico è presente lo chalumeau, strumento dell’orchestra di
corte- testo intonato anche da Gasparini (1716)
13. È pur dolce a un cor legato- come 2
14. Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni- probabilmente composta a
Vienna perché conservata in una fonte viennese
15. Furie che negl'abissi- come 2
16. Genio che amar volea ("Genio")- come 2
17. Già che intender non vole- come 2
18. Il più fiero dolor- come 2
19. Insoffribile tormento- come 2 (testo intonato da Sarro nel 1702)
20. L'idol mio de' pianti- come 9
21. Mi convien soffrir in pace- come 2
22. Ne' spatiosi campi- come 2
23. Nice, quella severa amabil ninfa- come 9
24. Non v’è pena maggior del mio tormento- come 2
25. Oh miseria d'amante core- come 2 (testo intonato da Keyser nel
1713)
26. Pastor, pastore hai vinto- come 9
27. Pastori, o voi ch’in pianto- come 2
28. Quando Nice era fida- come 2
29. Se t'offesi, o bella Irene- come 2
30. Senza te, dolce tiranno- come 2
31. Simbolo del mio ben, rosa gentile- come 3
32. Sudor del foco è il pianto- come 3
33. Tante e tante del ciel sono le stelle- come 2
34. Un barbaro rigor- come 2
35. Voti offersi al cor d'Irene- come 2
PERIODO VIENNESE-ITALIANO (1708-11):
1. Ardo, nè so per chi- ms unito a Roma nel 1709 e ivi copiato nel
1713-16
2. A te bella cagion de miei sospiri- ms del 1709-17
3. Augelletto garruletto- come 1
4. Or vantatevi, o pupille- come 1
5. Che dura pena è questa- come 2
6. Con troppo rigore- come 2
7. Ecco che già ritorna il Tauro eterno- come 2
8. Lisetta, mi tradisti, ma forse ancor- come 2
9. Luci, voi siete quelle- come 2
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
10.
11.
12.
13.
14.
15.
55
Mentre dormiva Nice- come 2
Morto è Amor, ninfe, piangete- come 2
Piante incolte, erbe odorose- come 2
Qual cara fiamma io senta- come 2
Quanti sospiri- come 2
Quell'augel che sciolto vola- come 2
PERIODO EUROPEO (ATTIVITÀ DIPLOMATICA)(1711-16):
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
Già per il tuo rigore- 1713 (sul frontespizio di BR3)
Al tribunal d’amore- max 1715 (LIN 81)
Che più mi resta, o dio- come 2
Che sento Irene amata- come 2
Che ti fece mai quest’alma- come 2
Cieco Dio, foss’io quel fiore- 1714 (LIN 2001- composta in area
britannica perché conservata, nella sua forma completa, nella bilioteca di Oxford)
Il mio cor sinor fu mio- come 6
Erbe nuove e nuovi fiori- come 2
Il zeffiretto che tutto amore- come 2
Mirate occhi mirate- come 2
Poichè Fidalbo amante- come 2
Semplicetta farfalletta- come 2
Se lontan sta l'idol mio- come 2
Sento dirmi con placide forme- come 2
Stanco di lagrimar, pastor fedele- come 2
PERIODO LONDINESE (1716-29):
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
Per vincer il cor mio ("Diana in Latmo")- stampa del 1719
D'una rosa che mi punse- ms del 1720
Ahi qual cruccio, qual pena ("La gelosia")- stampa del 1724, Londra
Occhi belli ma troppo superbi- ms. del 1728 (SOL 83)
Abbastanza delusa hai la mia fè- 1731
Da procella tempestosa ("La rosa")- come 3
Fileno che le frodi- come 5
Freme l'onda e fischia il vento ("Il naufragio")- come 3
Là dove d'atre tenebre vestito ("L'olmo")- come 3
Mio nemico pensier, perché alla mente- probabilmente composta a
Londra perché conservata a Londra
11. Non voglio udirti, o core- come 5, testo intonato già dal 1699 da
Badia
12. Pasce al suono del mio canto- come 5
56
Capitolo II
13. Pesan troppo su l'alma ("Libertà acquistata in amore")- come 3
14. Qui dove ai colpi di nemica- come 5
15. Ritrosetta pastorella ("L'amor onesto")- come 3
16. Pur al fin gentil viola (LIN 81; la cronologia di WAE 99 è errata]
2. Circolazione: migrazioni europee di stampe e manoscritti di
Ariosti
L’indagine sulle cantate di Ariosti fa emergere un fatto piuttosto
insolito per il repertorio di cui ci stiamo occupando: un numero
cospicuo di testi intonati da Ariosti furono musicati anche da altri
compositori: ben 17, di cui 14 italiani. Il fenomeno ha indotto a riflettere sui meccanismi di trasmissione e migrazione dei manoscritti e
delle stampe delle cantate. Questo genere è stato a lungo relegato
nell’alveo di quelli d’occasione e di consumo, legati per lo più a
eventi celebrativi (compleanni, ricorrenze, feste, matrimoni di regnanti)11; allo stesso modo, i testi delle cantate sono stati spesso considerati l’effimera base di una musica che bruciava velocemente la sua
breve vita dopo l’esecuzione. Come poté avvenire, viceversa, che un
considerevole numero di cantate di un medesimo compositore sopravvivesse e circolasse da un lato all’altro del continente? Fu solo il testo
a circolare, o il testo accompagnato dalla musica di Ariosti? Spetta a
lui la priorità nell’intonazione? A noi il compito di formulare qualche
risposta. Osserviamo i testi delle cantate che ebbero una doppia o addirittura tripla intonazione: si tratta di 18 poesie, il 21 % del totale dei
testi intonati da Ariosti, come dimostra la tabella seguente:
11
Cfr. MGG, sub voce «Kantate».
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
Ariosti12
1. Ahi, qual cruccio, qual pena,
qual martiro (La gelosia) (1724),
Londra, Walsh
2. Amarissime pene
57
Altri compositori
G. Sammartini
C.H. Graun
T. Albinoni
3. Augelletto garruletto (1709)- A. Caldara (1712-13)
testo di A. Ottoboni
4. Cieco dio, foss’io quel fiore, N.A. Porpora
1714
5. Da procella tempestosa (La G. Sammartini
rosa) (1724), Londra, Walsh
T. Roseingrave (1735),
Londra, Cook
6. E in sen mi resta core
F. Gasparini
7. Eurilla, vel confesso
G. Porsile
8. Freme l’onda e fischia il G. Sammartini
vento (Naufragio vicino) (1724),
Londra, Walsh
9. Genio che amar volea (1706G. Bononcini
12)
10. Insoffribile tormento (1706-
D.N. Sarro (1702)
12)
11. Là dove d’atre tenebre vestito
(L’olmo) (1724), Londra, Walsh
12. Lontananza crudel, quanto
m’affanni (1706)
12
B. Marcello
G. Sammartini
C.H. Graun
L. Antinori
Nella prima colonna della tabella seguente, sono elencate le intonazioni di Ariosti; nella
seconda colonna sono indicate le intonazioni corrispondenti degli altri compositori; la
collocazione delle fonti è indicata al cap. III.1.3 (p. 70).
58
Capitolo II
13. Non voglio udirti, o core
14. Oh miseria d’amante core
(1706-12)
15. Occhi belli, ma troppo
superbi (1728)
16. Risolvo adorarvi
17. Ritrosetta pastorella (L’amor
onesto) (1724), Londra,
Walsh
18. Pesan troppo su l’alma
(Libertà acquistata in amore)
(1724), Londra, Walsh
A. Badia (1699), Vienna e
Norimberga, J.C. Weigel
R. Keyser (1713), Amburgo,
Greflingern
G.M. Orlandini (1721)
B. Monari (max 1697)
C.H. Graun
A. Marcello
C.H. Graun
1) STAMPE
Sei delle suddette cantate di Ariosti
furono stampate dall’editore Walsh13 a
Londra nel 1724. I loro testi furono
procurati ad Ariosti dal cantante
Gaetano Berenstadt a Londra, ma non
se ne conosce l’autore14; come mostra
la tabella, essi furono reintonati sia da
compositori attivi nel medesimo
ambiente (n. 1, 5, 8, 11: G. Sammartini,
che conobbe personalmente Ariosti sin
dal 1711 a Novara, e T. Roseingrave),
sia da da autori operanti in altre aree: a
Berlino (n. 1, 11, 17, 18: C.H. Graun) e
a Venezia (11, 18: Alessandro e
Dedica di Ariosti a Giorgio I, re d’Inghilterra (dal frontespizio della stampa Six
cantatas and six lessons for viola d'amore, London, Walsh 1724; rist. anast.
Bologna, Forni 1980)
13
La stampa è nota in 31 esemplari; essa è in realtà priva di indicazioni editoriali, ma è
stata ricondotta a Walsh sulla base di valide argomentazioni (cfr. OLA, p. 200).
14
Lettera di Berenstadt a Zamboni, Firenze, 16 febbraio 1725 (cfr. LOWELL LINDGREN,
cit, «Royal Musical Association Research Chronicle» XXIV (1991), pp. 77-78).
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
59
Benedetto Marcello).
Questo episodio di reintonazione a distanza di decenni, mostra
egregiamente quanto poteva esser ampio il raggio di circolazione delle
stampe musicali. Se Berlino era corte dinasticamente legata a quella di
Londra (Giorgio I d’Inghilterra era fratello della regina Sofia Carlotta
di Prussia), la circolazione della stampa di Walsh a Venezia non può
essere giustificata che per normali vie di mercato: è in questo modo,
con molta probabilità, che gli autori veneziani vennero a conoscenza
dei testi di Ariosti e li reintonarono qualche anno più tardi.
Si profila la tesi di una circolazione delle cantate di Ariosti anziché
dei soli testi per musica: la stampa del 1724 ebbe evidentemente
anche eccezionale fortuna, se i suoi testi furono integralmente
rimusicati. E la spiegazione del fenomeno non può certo risiedere nel
valore dei testi, la cui paternità si perde nell’anonimato, bensì nella
pregevolezza delle musiche, evidentemente molto apprezzate in vari
ambienti. La stampa del 1724 circolò veramente su scala europea,
raggiungendo aree geograficamente assai distanti da Londra, fino a
ritornare idealmente nel paese d’origine dell’autore.
La diffusione di cantate italiane a Londra è attestata anche da altre
stampe degli anni ’20-’30 del Settecento, sia di Walsh che dei suoi
antagonisti R. Meares e R. Cook: a ricevere l’onore della
pubblicazione furono un’altra cantata di Ariosti (171915) e le raccolte
di cantate di G. Bononcini (172116), Porpora (173517), Roseingrave
(173518). Walsh, il più importante editore inglese dell’epoca, alimentò
a dismisura il mercato della musica “straniera”: egli pubblicò, oltre
alle cantate, una vasta scelta di opere di compositori trasferiti in terra
britannica, contribuendo alla diffusione della loro musica19 (tra l’altro,
pubblicò molti favourites songs tratte dai melodrammi di Ariosti e fu
il principale editore di Händel).
15
Diana on Mount Latmos (il testo fu stampato anche separatamente dalla musica
dall’editore J. Pickard a Londra).
16
Cantatas and Duettis.
17
Nuovamente composte opre di musica vocale op. 1.
18
Six Cantatas humbly inscribed to the right Honourable the Lord Lovell.
19
Una bibliografia delle opere musicali pubblicate da Walsh compare nei due lavori di
W.C. Smith (cfr. WILLIAM C. SMITH, A Bibliography of the Musical Works Published by John
Walsh during the Years 1695-1720, London, The Bibliographical Soc. 1948 e W ILLIAM C.
SMITH e CHARLES HUMPHRIES, A Bibliography of the Musical Works published by the Firm of
John Walsh during the Years 1721-1766, London, The Bibliographical Soc. 19682).
60
Capitolo II
Un’altra stampa mostra un caso di reintonazione in senso opposto:
si tratta dei Tributi armonici, stampati da J.C. Weigel nel 1699 con
incisioni di A. Beducci e dedicati all’imperatore Leopoldo I:
Qui compare la cantata di Badia Non voglio udirti, o core, sullo stesso
testo di Ariosti. In questo caso è abbastanza facile ipotizzare che
Ariosti, giunto alla corte viennese quattro anni dopo l’uscita della
stampa (nel 1703), ne fosse venuto a conoscenza proprio in quel
frangente e avesse reintonato il testo estrapolandolo dalla raccolta di
Badia con muscia propria.
2) MANOSCRITTI
Per meglio affrontare la circolazione dei manoscritti di Ariosti,
occorre distinguere le singole aree di diffusione delle cantate20. La
prima area è quella romana e riguarda il ms. GB-Lbl Add. 34056 finito
a Londra per mano di collezionisti inglesi (i Rivers), ma redatto a
Roma nel 1709. Qui il manoscritto (contenente la cantata su testo di
A. Ottoboni Augelletto garruletto, intonata sia da Ariosti che da
Caldara) fu copiato nel 1713-16 da T. Lanciani alla presenza di
Gasparini e Caldara21, che era al servizio dei Ruspoli. È chiaro dunque
il percorso compiuto da questa e dalle altre due cantate di Ariosti
presenti nel manoscritto: esse furono composte prima del 1709,
probabilmente a Vienna (ov’era il compositore in questo periodo), poi
trasferite a Roma e lì incorporate nel manoscritto; Caldara, che Ariosti
conosceva personalmente dagli anni giovanili (nel 1696 collaborarono
per la stesura del melodramma Tirsi a Venezia; nel 1711
20
Si tralascia qui il caso della reintonazione di Keyser, che sarà discussa al cap. IV.3.3.
MICHAEL TALBOT e C OLIN TIMMS, Music and the Poetry of Antonio Ottoboni (16461720), in Händel e gli Scarlatti a Roma. Atti del convegno internaz. di studi (Roma, 1985), a
cura di N. Pirrotta e A. Ziino, Firenze, Olschki 1987, pp. 367-438.
21
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
61
s’incontrarono nuovamente a Novara22), ne prese conoscenza durante
l’operazione di copiatura attingendone altresì il testo da musicare. La
data di composizione della cantata di Caldara si situa attorno al 1713:
il manoscritto che la contiene (A-Wgm, III 2616) reca le date 1711-13
sul frontespizio. A Roma, dunque, circolavano in questi anni cantate
di Ariosti composte poco prima in altri ambienti europei; i loro testi
fornivano lo spunto per altre intonazioni.
Ma si possono individuare altre aree di irradiazione dei manoscritti.
A Bologna, sua città natale, Ariosti svolse dal 1672 al 1684 le
mansioni di chierico presso la cattedrale di S. Petronio, ove
presumibilmente ricevette la sua formazione musicale (cantava nel
coro e suonava in orchestra; dal 1688 al ’96 fu organista nella chiesa
di S. Maria dei Servi. A Bologna operava anche B. Monari (16631697), nominato nel 1685 organista di S. Giovanni in Monte e nel
1693 di S. Petronio; egli è l’autore della cantata Risolvo adorarvi,
composta certamente negli anni Ottanta-Novanta (il compositore morì
giovanissimo pochi anni più tardi). Siccome l’omonima cantata di
Ariosti risale presumibilmente agli anni di Berlino (cfr. cronologia, p.
40), sembra probabile che Ariosti abbia conosciuto la cantata a
Bologna, ove sicuramente conobbe Monari, e lì ne abbia attinto il
testo per poi intonarlo in Germania.
Alcuni dei compositori citati, G. Bononcini e Porsile, gravitarono
professionalmente attorno alla corte asburgica: il primo lavorò e fu
personalmente in contatto con Ariosti sia presso la corte di Berlino23
che presso quella di Vienna, ove giunse nello stesso anno di Ariosti (il
1703); il secondo giunse a Vienna alcuni anni più tardi24 (nel 1711,
sotto l’imperatore Carlo VI), l’anno della partenza di Ariosti.
Entrambi quindi poterono avere precisa conoscenza delle cantate
composte a Vienna dal compositore bolognese, così da reintonarle.
22
In occasione delle cerimonie avvenute a giugno per la traslazione del corpo di S.
Gaudenzio; in tale circostanza si riunirono a Novara “tutti i più rinomati strumentisti” e
compositori d’Europa, come Ariosti, Caldara, Lotti, G.B. Somis, G. Sammartini (cfr. URSULA
KIRKENDALE, A. Caldara. Sein Leben und seine venetianisch-römische Oratorien, Graz-Köln,
Bohlaus 1966 («Wiener musikwissenschaftliche Beiträge» 6).
23
Insieme, in qualità di cantanti, avevano eseguito dei duetti di Steffani per la regina
Sofia Carlotta (cfr. Briefe der Königin Sophie Charlotte von Preußen und der Kurfürstin
Sophie von Hannover an hannoversche Diplomaten, cit., III, p. 78 e C OLIN T IMMS , cit.,
«Music & Letters» LVVIX/1 (1998), pp. 27-49.
24
Fu nominato maestro di canto dell’imperatrice vedova Amalia Wihlelmina e di sua
figlia.
62
Capitolo II
Infine, l’ambiente operistico londinese fu lo scenario dell’incontro
fra i testi e le musiche di Ariosti, Orlandini, Antinori e Porpora. Del
testo di Ariosti portato a Londra dal Senesino si dirà in seguito25.
L’incontro con Antinori, tenore diciannovenne di origine bolognese,
avvenne quasi certamente sul set di Elisa, pasticcio rappresentato al
King’s Theatre nel 1726 su libretto di Haym (con arie di Porpora, che
però non era in quel momento a Londra). Mentre Ariosti era a Londra
già da un decennio mietendo successi sulle scene operistiche,
Antinori26 vi era appena giunto (l’anno precedente, il 1725) ed è facile
immaginarlo misurarsi con l’entusiasmo e l’ammirazione di un
discepolo su di un testo già intonato da colui che considerava un
maestro. Sempre in questo ambiente Porpora dovette conoscere il testo
della cantata Cieco dio, foss’io quel fiore, quando vi giunse nel 1733
su invito dell’Opera della Nobiltà, la compagnia rivale di Händel.
Ariosti era morto da quattro anni, ma le sue cantate composte in area
britannica, anche in tempi non recenti (la cantata citata era stata
composta nel 1714), dovevano essere evidentemente ben conosciute e
apprezzate.
Le modalità sin qui analizzate di appropriazione e selezione delle
fonti poetiche da parte dei compositori di cantate tra gli anni ’80 del
Seicento e gli anni ’60 del Settecento27, hanno messo in luce la via
pratica del riuso di testi precedentemente impiegati in altre
intonazioni, piuttosto che quella più ‘colta’ della lettura del libro a
stampa di poesie; inoltre, dalle considerazioni sin qui svolte risulta che
i percorsi di circolazione delle fonti si diramino per lo più in modo
centrifugo da un fulcro centrale costituito dalle cantate di Ariosti:
davvero il compositore bolognese si rivela un anello fondamentale
nella storia della cantata di quest’epoca.
Per quanto riguarda le rimanenti intonazioni, si deve fare tuttavia
un discorso diverso: Albinoni, Gasparini e Sarro sono compositori che
non si mossero quasi mai dall’Italia, per cui è molto difficile
ipotizzare un incontro coi testi e le musiche di Ariosti. Si può allora
25
Cfr. cap. III.4.
Secondo una tendenza dell’epoca, poteva accadere che i cantanti svolgessero anche
un’attività compositiva. Per quanto concerne Antinori questa è la prima attestazione di una
simile attività (cfr. GRO, sub voce «Antinori»).
27
È l’arco temporale entro il quale si svolse l’attività compositiva dei compositori sopra
menzionati (cfr. tabella A, p. 302).
26
I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo
63
congetturare, in questi casi, una circolazione dei soli testi: si tratta
delle poesie anonime Amarissime pene, E in sen mi resta core,
Insoffribile tormento (1702). Esse probabilmente circolarono sotto
forma di antologie, che si diffusero in area veneziana (ove operava
Albinoni), romana (ov’era Gasparini, presso la corte dei Ruspoli),
napoletana (ove era attivo Sarro), oltre alle aree d’oltralpe (Vienna e
Berlino, ove risiedeva Ariosti)28. Sembra che la più intensa
circolazione delle antologie avvenisse lungo l’asse viennesenapoletano; le due nazioni erano particolarmente inclini agli scambi
culturali per le nuove vicende politiche (basti pensare a N. Porpora,
nominato maestro di cappella del principe Filippo d’AssiaDarmstadt29 dal 1715 al 1725 nella capitale partenopea dopo che a
Napoli era stato proclamato il vice-protettorato austriaco, nel 1707).
Ariosti stesso, inoltre, fu investito nel 1707 di mansioni diplomatiche
dall’imperatore Giuseppe I, che lo nominò ministro e “agente
imperiale presso tutti i principi e corti d’Italia”. La tesi di un viaggio
di Ariosti a Napoli, ancorché non documentata, potrebbe apparire più
di una suggestiva ipotesi.
In Italia, in seguito agli intensi contatti e alle frequentazioni
lettararie tra i membri delle accademie arcadiche, si può ben pensare
ad una circolazione delle antologie lungo l’asse Venezia-RomaNapoli; alla veneziana Accademia degli Animosi fu affiliato fra l’altro
Gasparini, insieme a Bernardoni, librettista di Ariosti.
La cantata italiana su testo profano si rivela dunque un genere
itinerante nell’Europa del Sei-Settecento, più mobile di quanto
sembrasse a uno sguardo sommario; come tale essa si colloca in parte
a fianco del melodramma coevo che, per la proliferazione degli
allestimenti migrava continuamente da un palcoscenico all’altro.
Tuttavia la cantata, a differenza dell’Opera, migrò quasi sempre nelle
varie zone d’Europa in compagnia del suo artefice, come avvenne nel
caso di Ariosti e dei compositori che intonarono i suoi testi.
28
Alludiamo ad antologie quali Rime degli Arcadi, Roma, Rossi 1716-22, che in 14
volumi raccoglie i versi dei maggiori poeti d’Arcadia, tra cui quelli di A. Ottoboni, poeta di
Ariosti. Tuttavia la ricerca dei testi di Ariosti in queste antologie non ha dato finora risultati.
29
Nella Hessische Landes- und Hochschulbibliothek di Darmstadt sono conservate un
numero cospicuo di cantate di Ariosti.
CAPITOLO TERZO
I TESTI POETICI
1. Edizione critica dei testi delle cantate di Ariosti
Presento qui l’edizione critica relativa ai testi delle cantate.
L’edizione è preceduta dalla recensione dei testimoni musicali
esistenti (al punto 1), suddivisi in stampe e manoscritti; segue la
recensione dei testimoni letterari (al punto 2). Al punto 3 sono
riportati i compositori che hanno musicato i testi di alcune cantate
intonate anche da Ariosti; al punto 4 sono esposti i criteri di
trascrizione dei testi.
1. Sigle dei testimoni musicali
1) STAMPE
♦ S1724: RISM A1420
Six cantatas and six lessons for viola d'amore/ Alla Maestà di
Giorgio Re della Gran Britagna, London, Walsh, 1724.
Esemplare consultato: Bologna, Civico Museo Bibliografico
Musicale (rist. anast. Bologna, Forni 1980). Altri esemplari in DDlb, HVl; F-Pa, Pn; I-BGc; GB-Cu, Gm, Ge, HAdolmetsch, Lbl,
Lam, Lcm, Lu, Ob; NL-DHgm; US-Bp, CA, NH, NYp, R, Wc
♦ S1719: RISM A1418-1419
The first (last) Air of the famous Cantata Diana on Mount Latmos,
London, Meares 1719.
Esemplari consultati: London, British Library, H.1601 (S1719a),
Parigi, Bibliothèque National de France, Rés. V.S. 1290 (S1719b).
Altri esemplari in GB-Ob, US-Ws
65
66
Capitolo III
2) MANOSCRITTI
Bergamo, Biblioteca Civica «A. Mai»
BG1 I-BGc1, fondo Piatti-Lochis, N. 8795
BG2 I-BGc, fondo Mayr, fald.227/84b (olim in Civico Istituto
Musicale «G. Donizetti»)
Berlin, Staatsbibliothek Preußicher Kulturbesitz (D)
B1 D-B, Mus. Ms. 780/5
B2 D-B, Mus. Ms. 780/20
B3 D-B, Mus. Ms 780/22
B4 D-B, Mus. Ms. 30074
B5 D-B, Mus. Ms. 30094
B6 D-B, Mus. Ms. 30182
B7 D-B, Mus. Ms. 30186
B8 D-B, Mus. Ms. 30188
B9 D-B, Mus. Ms. 30197
B10 D-B, Mus. Ms. 30212
Archiv der Sing-Akademie
Bs1 SA 1231
Bs2 SA 1235
Bs3 SA 1282
Bs4 SA 1283
Bs5 SA 1286
Bs6 SA 1289
Brussels, Conservatoire Royal de Musique (B)
BR1 B-Bc, Litt. IV F.15153
BR2 B-Bc, Litt. F 15262
BR3 B-Bc, Litt. XY 25769
BR4 B-Bc, Litt. 15155
Cambridge, Fitzwilliam Museum (GB)
C
GB-Cfm, Mus. 649
1
Per le sigle delle bilioteche si fa riferimento a MGG.
I testi poetici
Donauwörth, Cassianeum (D)
D
D-DWc, Cod. Guelf. 266, Mus. Hd. 47
Darmstadt, Hessische Landes- und Hochschulbibliothek (D)
DS1 D-DSl, Mus. Ms. 46
DS2 D-DSl, Mus. Ms. 1046
Edinburgh, University Library (GB)
E1 GB-Eu, P 1433 (olim in Reid Music Library)
E2 GB-Eu, P 1437 (olim in Reid Music Library)
Firenze, Biblioteca del Conservatorio «L. Cherubini»
F
I-Fc, B. 2376
Kalmar, Gymnasie -och stiftsbiblioteket i Stadtsbiblioteket (S)
K
S-K, Ms. mus.5
Liège, Bibliothèque du Conservatoire Royale de Musique (B)
LI B-Lc, 475-2.L-IX
London, British Library (GB)
L1 GB-Lbl, Add. Ms. 14207
L2 GB-Lbl, Add. Ms. 34056
L3 GB-Lbl, Add. Ms. 38036
L4 GB-Lbl, Add. Ms. 62102
L5 GB-Lbl, R.M. 23 f. 6
L6 GB-Lbl, R.M. 23 f. 20
Lg
Gresham College
GB-Lgc, Guildhall Library, G: Music 400
Los Angeles, «W.H. Clark» Memorial Library of University of California (USA)
LA US-LAuc, Ms. A7125, M4.E 34
67
68
Capitolo III
Luleå, Norbottens Museum (S)
LL S-LUnm, Solanders notbok
Lund, Universitetsbiblioteket (S)
LU S-L, Saml. Wenster Ä:1
Modena, Biblioteca Estense
M I-MOe, Mus. F.99
Meiningen, Staatliche Museen (D)
ME D-MEIr, ED. 109i= 82c
Napoli, Conservatorio «S.Pietro a` Majella»
N1 I-Nc, Cantate 32bis
N2 I-Nc, Cantate 101
New Haven, Music Library of Yale University (USA)
NH US-NH, Osborne Music Ms.22
Oxford, Bodleian Library (GB)
O1 GB-Ob, Mus.Sch. D.223
O2 GB-Ob, Ms. 1131 (olim in St.Michael's College Library a
Tenbury Wells)
Roma, Biblioteca Casanatense
R
I-Rc, Ms. 2248
Stockholm, Musikaliska akademiens bibliotek (S)
ST S-Skma, T-SE.R
Sondershausen, Schloßmuseum (D)
SO1 D-SHm, Mus.B.1:1 (olim in Stadt- und Kreisbibliothek
«J.K.Wezel»)
SO2 D-SHm, Mus. B.1:3 (olim in Stadt- und Kreisbibliothek
«J.K.Wezel»)
I testi poetici
69
Schwerin, Landesbibliothek Mecklenburg-Vorpommern,
Musiksammlung (D)
SW D-SWl, Ms. 769A
Uppsala, Universitetsbibliotek «C. Rediviva» (S)
U S-Uu, Vok.mus.ihs. 47:13
Wien, Österreichische Nationalbibliothek (A)
W1 A-Wn, Hd. 17575
W2 A-Wn, Hd.17591
W3 A- Wn, E.M.178
Gesellschaft der Musikfreunde
Wg A-Wgm, Q.2679
2. Sigle dei testimoni letterari
ƒ
B E R[P.A. BERNARDONI ] Rime varie consagrate alla S.C.R.
Maestà di Giuseppe I August.mo Imperator de’ Romani, da
Pietro Antonio Bernardoni poeta cesareo et accademico
gelato, arcade, scomposto, animoso et acceso, Vienna, Van
Ghelen 1705 (l`esemplare consultato, in I-Vnm, C 088C 068,
è vergato a mano e reca sul frontespizio la dedica “per il
Sig.re Apostolo Zeno”)
ƒ
OTT [A. OTTOBONI] Trattenimenti/ Poetici/ dell’ill.mo et ecc.mo
Principe/ D. Antonio Otthoboni/ Cav. E Procurator di
S.Marco/ Composti in Roma dall’anno 1712 fino/ tutto
1715; 1716; 1717; 1718… Parte II (manoscritto conservato
in I-Vmc, ms. Correr 467)
ƒ
ROL [A. ROLLI] Diana/ on/ Mount Latmos/ an/ Italian Cantata/
written by/ Signor Rolli,/ and set to musick by/ Signor Attilio
Ariosti./ Perform’d at the/ King’s Theatre in the Haymarket,/
for the benefit of/ Mrs. Robinson, late Mrs Turner, London,
John Pickard 1719
70
Capitolo III
3. Sigle dei compositori che hanno musicato i testi di alcune cantate
intonate da Ariosti
ƒ
ƒ
ALB
ANT
ƒ
BAD
ƒ
BON1
ƒ
BON2
ƒ
CAL
ƒ
GAS
ƒ
GRA1
ƒ
GRA2
ƒ
GRA3
ƒ
GRA4
ƒ
KEY
2
[T. ALBINONI: Amarissime pene, in D-B, Ms. 4472]
[L. ANTINORI: Lontananza crudel, quanto m’affanni,
in S-Uu, Gimo 1]
[C.A BADIA: Non voglio udirti, o core, in Tributi
armonici…, Nurnberg, Weigel, 1699: pp. 38-50)]
[G. BONONCINI: Amarissime pene, S-L, Saml.
Wenster Ä:1].
[G. BONONCINI: Genio che amar volea, in D-B, Mus.
Ms. 30182; Mbs, Ms. 695; GB-Lam, Ms. 127; Lbl,
Add. 14228 e 31518; Ob, Mus. Sch. D.2231; I-Fc,
B.2376; MOe, Mus. F.99; Rli, Ms. 208.A.8; Vc, Correr.
Esemplare consultato: D-Mbs]
[A. CALDARA: Augelletto garruletto, in A-Wgm, III
2616, olim A400]
[F. GASPARINI: E in sen mi resta core, in A-Wgm, VI
12322 (Q2924)]
[C.H. GRAUN: Là dove d’atre tenebre vestito, in S
-Skma, SO-R]
[C.H. GRAUN: Ahi qual cruccio, qual pena, qual
martiro, in I-Bc, MS.MART.2.49, D-B, Am.B 181 e
Am.B 222. Esemplare consultato: D-B, Am.B 222]
[C.H. GRAUN: Pesan troppo su l’alma, in D-B, Am.B
181 e Am.B 222. Esemplare consultato. D-B,
Am.B.181]
[C.H. GRAUN: Ritrosetta pastorella, in D-B, Mus.ms.
8240 e Am.B. 222.
Esemplare consultato: D-B, Mus.ms. 8240]
[R. KEYSER: Oh miseria d’amante core, in
Divertimenti serenissimi…, Hamburg, Greflinger,
1712: pp. 22-28]
Sono indicate tutte le fonti conosciute. Se la fonte è nota in un unico esemplare, quello
riportato è anche quello da me consultato; se la fonte è tramandata in più esemplari, si registra
quello consultato.
I testi poetici
ƒ
MARa
ƒ
MARb
ƒ
MON
ƒ
ORL
ƒ
PORP
ƒ
PORS
ƒ
ROS
ƒ
SAM1
ƒ
SAM2
ƒ
SAM3
ƒ
SAM4
ƒ
SAR
71
[A. MARCELLO: Pesan troppo su l’alma, in I-BRc,
Soncini 87l-n e VIb, Canneti XIII. B.2376]
[B. MARCELLO: Su d’un colle fiorito, al di cui piede,
in D-Mbs, Mus. Hs. 135]
[B. MONARI: Risolvo adorarvi, in I-Nc, Cantate
33@11]
[G.M. ORLANDINI: Occhi belli, ma troppo superbi,
in D-SWl, Mus. 4074; Mus. 2479; Mus. 136; GB-Lam,
MS 90; I-Nc, Arie 369. Esemplare consultato: D-SWl,
Mus. 4074]
[N.A. PORPORA: Cieco dio, foss’io quel fiore, in I
-Nc, Cantate 44; D-MÜs, Santini Hs. 3313. Esemplare
consultato: I-Nc]
[G. PORSILE: Eurilla, vel confesso, in H-Bl, S.K.
1577°; B-Bc, Ms. 15155.
Esemplare consultato: H-Bl]
[T. ROSEINGRAVE: Da procella tempestosa, in Six
Cantatas humbly inscribed…, vol. II, n° 6, London,
Cooke, 1735: pp. 33-39]
[G. SAMMARTINI: Ahi qual cruccio, qual pena, qual
martiro, in GB-Lbl, Add. 31490, ff. 70r-73v]
[G. SAMMARTINI: Da procella tempestosa, in B-Bc,
Ms. 15154; GB-Lbl, Add. 31490, ff. 66r-69r.
Esemplare consultato: GB-Lbl]
[G. SAMMARTINI: Freme l’onda e fischia il vento, in
B-Bc, Ms. 15154, ff. 12r-24r]
[G. SAMMARTINI: Là dove d’atre tenebre vestito, in
B-Bc, Ms. 15154, ff. 49r-52v]
[D.N. SARRO: Insoffribile tormento, in I-Nc, Cantate
29@02]
4. Criteri di trascrizione
a) Forme obsolete, latinismi, alternanza doppie/ scempie
Si conservano i latinismi e le grafie obsolete, ad eccezione dei nessi
–ti- ammodernati in –zi- (es.: rinunzio):
72
Capitolo III
Rinunzio i miei affanni
[dalla cantata «Al tribunal d’Amore»]
Si conserva l`alternanza delle consonanti doppie e scempie. Delle
inesattezze attribuibili alla trascuratezza del copista, per esempio nel
caso di lezioni isolate nell`intonazione di un`aria, si dà conto in
apparato (es: lacerando] laccerandor):
lacerando ognor mi va
[dalla cantata «Ahi qual cruccio, qual pena, qual martiro].
Si conserva l`h etimologica, anche nelle locuzioni contenenti hor/
hora (es. talhor).
b) Divisione delle parole
È mantenuta nelle locuzioni avverbial-pronominali o avverbialaggettivali quando l`unione non è obbligatoria in una scrittura
moderna (es. per lo più) e quando essa implicherebbe rafforzamento
fonosintagmatico o costrittiva direzionalità d’accento o equivoco
semantico (e pure «eppure», ben che «benché»). Negli altri casi si
preferisce la scrittura sintetica (sinora «sin ora», ognor «ogn`or»,
talora «tal`ora»).
Allo stesso modo si adotta la scrittura sintetica per le preposizioni
articolate (tranne quando produrrebbero raddoppiamento
fonosintagmatico): sui] su i, col] co`l, ma de le; la si adotta altresì per
le locuzioni pronominali: tel] te`l; nol] no`l, ecc.
c) Alternanza j/i
Le desinenze plurali ij e j sono ammodernate in i (es. ozi] ozij).
In tutti gli altri casi si procede con la trasformazione di j in i (es.
I testi poetici
73
aiuto] ajuto)
d) Nessi palatali
Conservazione della –i- puramente grafica (es. abbraccierò)
e) Elisione, apocope, troncamento
Si conserva o si introduce l`apostrofo nei casi di apocope postvocalica
o di elisione, come nel caso delle preposizioni articolate: d a `
begl`occhi] da begl`occhi; in presenza invece di costrutto
francesizzante con l`aggettivo possessivo senza l`articolo, si mantiene
la semplice preposizione (senza l`apostrofo): de miei sospiri] de` miei
sospiri.
L`apostrofo è introdotto, sostituito all`accento, o eliminato secondo
l`ortografia corrente: va`, ti perdono] va, ti perdono; mi fe`] mi fè; son
io] son`io.
La forma apocopata di fede è resa in forma moderna con l`accento
acuto: fé] fè.
Quando il pronome relativo che subisce elisione, si conserva
l`oscillazione delle forme c`ha oppure ch`ha.
f) Accenti
L`accento è normalizzato secondo l`uso moderno: sono eliminati gli
accenti oggi non più in uso: o [congiunzione]/ ò; no/ nò; qui/ qui; so/
sò; tu/ tù; fu/ fù; ho/ hò; ma/ mà, ecc.
È introdotto l`accento nella congiunzione con valore causale o finale
ché `poiché`.
g) Esclamazione vocativa
Si conserva l`oscillazione o/ oh
74
Capitolo III
h) Dieresi
Si introduce il segnale della dieresi (..) ove utile per una corretta
scansione del verso:
questo di pianto più che d'inchïostro
[dalla cantata «A te, bella cagion de miei sospiri»]
i) Uso delle maiuscole/ minuscole
S`impiegano secondo l`uso attuale. In particolare, le maiuscole si
conservano (o si introducono) a discrezione nei casi di:
- personaggi allegorici: es. Amore
- personificazioni: es. Fato; Bel
- antinomia: es. il Dio d’Amore
Le minuscole si conservano (o si introducono) nell`esclamazione
discorsiva o dio!] o Dio e nei sinonimi della parola «occhi»: es. lumi]
Lumi
l) Interpunzione
L`interpunzione è integrata, espunta o modificata secondo l`uso
moderno, al fine di rendere più chiara l`articolazione sintattica del
testo. In particolare:
- le virgole prima delle congiunzioni «e» ed «o» poste fra due o più
sostantivi/aggettivi sono espunte
- per evidenziare i vocativi sono introdotte le virgole
- il punto esclamativo è mantenuto o introdotto a discrezione dopo
un`esclamazione discorsiva
- i passi in discorso diretto sono racchiusi fra virgolette caporali
m) Parentesi
Sono conservate; vengono integrate nel caso manchi una delle due
parentesi
I testi poetici
75
n) Abbreviazioni
Sono sciolte le più comuni abbreviazioni tachigrafiche: es. fiame]
fiamme
o) Integrazioni testuali
Fra parentesi acuminate divergenti > < si indicano:
1) le interpolazioni del compositore nell`intonazione della
fonte letteraria originale: per es. le iterazioni di no e sì:
vezzi non chiede >no<
[dalla cantata Al voler del bene amato]
2) le porzioni di testo presumibilmente estranee all`impianto
metrico originario, ma presenti nell`intonazione, es:
che risieda >la< costanza entro il lor petto
[dalla cantata «Al tribunal d’amore»]
Fra parentesi acuminate convergenti < > si indicano le integrazioni del
curatore, necessarie per restaurare una presumibile corruttela metrica
(ipometria) dovuta al processo dell`intonazione o ad errori del copista.
Fra parentesi quadre [ ] si racchiudono le chiose del curatore . Nei casi
di difficile soluzione si mette la crux.
p) Ricostruzione metrica
Le arie sono evidenziate, rispetto ai recitativi, con un rientro
tipografico; il primo verso di ciascuna strofa è segnalato da un
ulteriore rientro. Il rientro, seguito o preceduto da spaziatura, si
applica altresì a quelle sezioni di recitativo intonate dal compositore a
76
Capitolo III
mo’ di arioso nel caso esse incornicino il recitativo: esse possono
costituire veri e propri “refrain” di più versi oppure semplici
“intercalare” di un solo verso. Si indica in corsivo, tra parentesi tonde,
l`eventuale presenza del Da Capo3 al termine dell`ultimo verso:
A te, bella cagion de’ miei sospiri,
questo di pianto più che d'inchïostro
tinto foglio t'invio
acciò conosci, o bella mia crudele,
ch'anche lungi da te ti son fedele.
Morirei pria di lasciare
d'adorare
quel bel volto che m'ha tolto
col riposo ancor la pace.
Son le pene troppo care
nell’amare
chi nel sen l'alma mi sface. (Da Capo)
[dalla cantata «A te, bella cagion de miei sospiri»]
Quando un`aria si compone di soli quattro versi, essa è sempre
considerata monostrofica dal punto di vista metrico, anche se
l`intonazione musicale la suddivide simmetricamente in due parti
(2+2). In questi casi la seconda parte è preceduta, come di consueto,
da uno spazio interlineare, ma non dal rientro tipografico che
indicherebbe l`inizio di una nuova strofa; es:
Maledetto sia il dì, l’ora e il momento
che Amore mi ferì, ch’arsi d’amore!
Succedon le noie a un breve contento
e turba le gioie un lungo dolore. (Da Capo)
[dalla cantata a 2 «Abbastanza delusa»]
3
Con il termine Da Capo s`intende in questa sede la presenza di una ripresa testuale,
anche con musica variata o riscritta per esteso dal copista.
I testi poetici
77
Lo stesso principio grafico si applica alle arie composte da 2+3 o 3+2
versi, in quanto la misura di 2 versi non fa strofa autonoma.
Quando v`è ambiguità metrica fra settenario tronco + quinario oppure
endecasillabo, si privegia la seconda soluzione qualora il settenario
non sia motivato da una rima strutturale:
Mira la bella rosa,
ch’in sul mattin vezzosa
cade al cader del sol senza beltade
anziché
Mira la bella rosa,
ch’in sul mattin vezzosa
cade al cader del sol
senza beltade
[dalla cantata «Filli gentil, nel tuo bel fior degl’anni»]
I casi particolarmente complessi o ambigui di ricostruzione
sticometrica sono brevemente discussi nel commento.
q) Testi drammatici e intonazioni polifoniche
Nei testi drammatici il nome del personaggio è posto sopra la battuta
corrispondente, allineato a sinistra, anche quando si ricostruisce il
verso nei dialoghi serrati:
FILENO
Abbastanza delusa
hai la mia fé, Licori:
son certo che il tuo cuore
desti ad altro pastore.
LICORI
Dare non puoti il cuor che non è mio
e che tu tieni, ingrato.
78
Capitolo III
Ah, Fileno infedele,
me del tuo errore accusi e così tenti
mascherar da vendette i tradimenti.
[dalla cantata a 2 «Abbastanza delusa»]
L`indicazione [a 2] ricorre quando la stessa porzione di testo è
intonata simultaneamente da due personaggi.
r) Descrizione dell`apparato critico
Nell`apparato si indicano nell`ordine:
1) il numero del verso interessato
2) nei casi meno ovvi, la porzione di testo interessata alla variante
seguita, senza spazio, da parentesi quadra aperta a sinistra ]
3) la lezione variante
4) le sigle utilizzate per indicare la fonte, quando non si tratta di
testimone unico
5) nel caso di composizioni polifoniche, le voci portatrici di variante
Tutte le varianti sono separate da punto e virgola. La parentesi ]
preceduta da punto e virgola segnala che la lezione variante fa
riferimento alla situazione esposta nell’apparato immediatamente
prima. Anche nell`esposizione delle varianti in apparato si applicano i
criteri editoriali precedentemente esposti.
Qualora nelle ripetizioni musicali di un`arietta occorrano delle
varianti, se ne dà conto in apparato specificando nell`esponente della
sigla del testimone musicale o il numero 1 (se la variante compare alla
prima occorrenza) o la lettera r (se la variante compare nell`area delle
ripetizioni).
s) Commento
In nota si riportano gli schemi metrici desueti, i nomi degli autori dei
testi letterari, le forme antiche e letterarie così come inventariate nel
I testi poetici
79
dizionario di S. Battaglia (SALVATORE BATTAGLIA, Grande dizionario
della lingua italiana, Torino, U.T.E.T., 1961-2002)
t) I testi
1
5
10
15
20
Abbastanza delusa
FILENO
Abbastanza delusa
hai la mia fé, Licori:
son certo che il tuo cuore
desti ad altro pastore.
LICORI
Dare non puoti il cuor che non è mio
e che tu tieni, ingrato.
Ah, Fileno infedele,
me del tuo errore accusi e così tenti
mascherar da vendette i tradimenti.
Tu m’accusi d’infedele
per scusar tua infedeltà.
La costanza è il sol mio errore,
ma tu sì sei traditore
che schernendomi, crudele,
preso vai d’altra beltà. (Da Capo)
FILENO
Scaltra tu troppo sei
se, per diffender te, me stesso offendi.
LICORI
Me non diffendo no, che non son rea
che di nuttrir nel sen fiamma costante.
FILENO
D’ingannarmi t’inganni:
io vuo’ sortir da sì gelosi affanni.
Io ti rendo il biondo laccio
ch’al mio braccio
S, S, bc
80
Capitolo III
la tua mano già annodò; [Da Capo]
25
così ancor con alma forte
le ritorte
del mio cor romper saprò.
LICORI
Io ti rendo l’aureo strale
che fatale
ebbi in dono già da te.
30
Sì potessi del tuo guardo
l’empio dardo
rintuzzar, crudele a me! [Da Capo]
35
FILENO
Tu fingi ancor d’amar? Io più non credo
ad arti menzogniere:
non rispondon le voci al tuo pinsiere.
[a 2]
40
Maledetto sia il dì, l’ora e il momento
che Amore mi ferì, ch’arsi d’amore!
Succedon le noie
a un breve contento
e turba le gioie
un lungo dolore. (Da Capo)
Testo di riferimento:
LA (24)
40 longor
____________
v. 4 desti `donasti` (perf. di `dare`); v. 5 puoti `ti posso` (pron. enclitico); v. 10
espressione enclitica ‘d’essere infedele’; v. 17 diffender `difender`; v. 18 diffendo
`difendo`; v. 19 nuttrir ‘nutrire’; v. 31 sì `così`; v. 35 menzogniere `menzognere`; v.
36 pinsiere `pensiero`
I testi poetici
2
5
10
Ahi, qual cruccio, qual pena, qual martiro
[La gelosia]
Ahi, qual cruccio, qual pena, qual martiro
è mai questo ch'entro le vene io sento?
Ahimè, qual reo tormento! Con incognita
possanza a tutte l’ore
mi sugge il sangue e mi divora il core.
Qual fia ricerco ancora. Ah che l'intendo:
Nice, che ad altri `n braccio va cercando
spergiura il suo gioire,
fa l'accerbo mio mal, fa il mio martire.
Sì, l'intendo, è gelosia,
che crudel nell'alma mia
lacerando ognor mi va.
Ella sola è che nel core
gelo e ardore unir ben sa.
>Sì, l’intendo< (Da Capo)
15
20
25
O del penoso Inferno arpia vorace
ed implacabil mostro,
tu, nel mio fianco ignudo
immergendo gli artigli,
mi laceri, mi sbrani
e, col tuo rostro adunco
bevendo dalle vene il miglior sangue,
più che pestifer angue
mi sei d’intorno. Ah per pietà del mio
già perduto riposo,
perfida gelosia,
dona un picciol momento all'alma mia!
Ch'altri goda l'amato mio bene,
sono pene
più crudeli del morir.
81
A, bc
82
30
Capitolo III
Chi provò così barbaro duolo,
quello solo
lor fierezza può ridir. (Da Capo)
Testo di riferimento:
S1724
Altre intonazioni:
SAM1 = G. Sammartini
GRA2 = C.H. Graun: per T, 2 vl, v.la
1 crucio GRA2; 3 rio GRA2; 7 ’n] in GRA2; 9 acerbo GRA2; 12 laccerandor
SAM1; 14 ardor SAM1r; 18 gl’artigli GRA2; 19 brani; ] sbrani SAM1; 27
amato] amto SAM1r
_____________________
v. 5 sugge ‘succhia’, forma ant. e lett.; vv. 27-32 schema metrico A10 a4 b`8/ A10
c4 b`8
3
5
Al tribunal d'Amore
Al tribunal d'Amore,
ove correan gl'amanti
ad esporre chi il duol e chi il contento,
s'udì amante improviso
con smanie, con affanno e con sospiri
palesar in tai detti i suoi martiri:
«Tu promettesti al cor,
o cieco feritor,
contenti al mio penar,
10
ma provo anche il rigor,
soffrisco anche il dolor
né fo che lagrimar. (Da Capo)
S, bc
I testi poetici
15
20
25
83
Servii lunga stagion a donna infida
né mai della mia fede
non hebbi altra mercede
che d'inganni e sospiri. Hor che m'aveggio,
faccio l'emenda e frango
le catene servili
con cui tenacemente
tu mi legasti il core e dal mio petto
scaccio l'ardor indegno:
se albergo fu d'amor, hora è di sdegno!»
A questi arditi accenti
rise l'alato Infante
e, togliendo del cor e dardo e face,
li ritornò nel sen la cara pace.
«Son sciolto dai legami
che mi strinse una beltà.
30
35
40
Rinunzio i miei affanni,
né vuo' che il cor m'inganni
ch'in sen pietà non ha. (Da Capo)
Apprendete da me, mal saggi amanti,
né credete che in cor di donna alberghi
mai la fede, e se pur voi stimate
che risieda >la< costanza entro il lor petto,
un sogno egl'è di vaneggiante affetto.
E voi che il cor portate
sciolto da questi lacci,
fuggite pur gl'impacci; e chi è fuggito,
più non rivolga il piede.
Ché così Orfeo, sol per voltarsi un poco,
lei già perdé cui liberò dal foco».
Testo di riferimento:
U (pp. 1-11)
__________________
v. 25 del ‘dal’; v. 26 li `gli`, forma toscana ant. (ROH); vv. 27-31 schema metrico 7
a b’8 / c c b’; v. 29 sinalefe tra rinunzio e i; sinalefe tra miei e affanni; v. 31 ch `chi`;
84
Capitolo III
v. 34 dialefe tra fede e e; v. 35 verso ipermetro; v. 42 cui `quella che`
4
Al voler del bene amato
Al voler del bene amato
un contento è l’ubbidir.
5
10
15
Sembra un secolo di duolo
quel momento solo solo
che si lascia di servir. (Da Capo)
Prezïose dimore
che in servitù gradita
legate un’alma e incatenate un core,
dal sembiante adorato
un cenno che s’impetri è un don del fato.
I fortunati istanti
con un lungo soffrire
sol si comprano, o amanti;
e perché amor va col destin congiunto,
assai perde talhor chi perde un punto.
Chi vuol la pace al sen
dell’adorato ben,
vezzi non chiede.>no<
20
Né sa che sia martir
quel ch’ama per servir,
non per mercede. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (22r)
S, bc
I testi poetici
5
5
10
Amarissime pene
Amarissime pene,
svenate omai, svenate
questo misero cor, già che il mio bene
il genio di pietà fugge e detesta
e le lagrime mie,
tutta rigor, con fiero piè calpesta!
Irene, ascolta, oh dio!
I sospiri d’Eliso
come sprezzar mai puoi,
se’l vezzo e’l brio che porti nel tuo volto
è l’unica cagion del dolor mio?
Se disprezzi il pianto amaro
come sangue del mio cor
15
20
25
30
deh lo mira, e ti fia caro
come figlio del rigor.
Ah crudele, t’intendo!
Il duol che mi divora
poco ti sembra e non t’appaga ancora
il tuo immenso desir de le mie pene.
Ma senti, amato bene;
insegnami un martir che ti diletti:
che con teneri affetti
tutto l’abbraccierò, pur che mercede
doni la tua pietade a tanta fede.
Bella, per un momento
dammi una tua pupilla,
che meglio piangerò.
Del pianto de tuoi rai
forse pietade avrai
e con sì bel tormento
forse ti placherò. (Da Capo)
85
S, bc
86
Capitolo III
Testo di riferimento:
B7 (1): in do
Altre intonazioni:
ALB = Tomaso Albinoni (con musica diversa da B7 nella 1° aria e nel 2°
recitativo, che sono uguali a BON1): in do4
BON1 = Giovanni Bononcini (con musica diversa da B7 nella 1' aria e nel 2`
recitativo, che sono uguali a ALB): il testo della 2° aria è diverso da B7 e
ALB: in la
2 ormai BON1; 4 fugge] fugìa BON1; 5 lacrime BON1; 6 piè] dir BON1; 8
Eliso] Armindo BON1, Elmindo ALB; 9 mai puoi] mi poi BON1; 10 brio]
tuo; 11 l’unica] la fiera BON1; 12 amaro] mio1 e r; 15 rigor] mio corr; 18
t’appaga] appaga BON1; il tuo] quell’ BON1; 21 ti diletti] mi divora BON1;
23 pur] par; l’abbraccierò] abracierò BON1; 29 avrai] havrai ALB
_______________________
Per le marcate affinità musicali gli esemplari ALB e BON1 hanno con molta
probabilità un`unica paternità compositiva, che è diversa da quella di Ariosti.
Secondo il parere di M. Talbot, che facciamo nostro (cfr. MICHAEL TALBOT Tomaso
Albinoni. The Venetian Composer and his World, Clarendon, Oxford 1990) questa
intonazione è da attribuirsi ad Albinoni.
In BON1 il testo della 2° aria muta quasi integralmante rispetto a B7 e ALB: Bella,
se il duol ch`io sento/ non basta per placarti/ il cor mi svenerò./ Dal sangue di mie
vene/ vedrai tu le mie pene/ e con sì gran tormento/ forse ti placherò: può essere che
Bononcini abbia plagiato la cantata di Albinoni, mutando il testo di una delle arie.
6
Amo Clori che mi fugge
A, bc
Amo Clori che mi fugge,
fuggo Filli che m’adora,
e in contrasto ho sempre il cor.
Mentre Clori il sen mi strugge,
4
La tonalità minore viene sempre indicata con l’iniziale minuscola, quella maggiore con
l’iniziale maiuscola (es.: do = Do minore; Do = Do maggiore)
I testi poetici
5
87
mentre Filli piange ognora,
sono il vinto e il vincitor.
>Amo< (Da Capo)
10
15
Tallor m’accingo ardito
di Filli il foco a disprezzar le fiamme,
ma, detestando Filli, trovo in Clori
quel istesso rigor e quel disprezzo
che al lagrimar di Filli do in mercede,
onde gradir rissolvo
di Filli amante gl’infocati ardori
e di non più soffrire
il disprezzo e il rigor della mia Clori.
Mia Filli cara e bella,
perdona a questo cor
se la tua fé sprezzò.
20
Se Clori m’è rubella,
di Filli il rio dolor
io ben cangiar saprò. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W1 (9r)
7
Ardo, né so per chi
Ardo, né so per chi,
peno, né so perché,
cerco, né so dov’è >no<
quel Bel che m’invaghì.
5
Non trovo il core in me,
né so chi mel rapì: >no, no<
Amor cieco mi fe’
doppo ch’io vidi il dì.
S, bc
88
10
Capitolo III
Un lampo passaggiero
mi balenò nel ciglio,
si confuse il pensiero,
s’abbacinò il consiglio.
Il folgore sparì, restò la piaga,
e trovo la magia ma non la maga.
Un’altra volta almen
vorrei veder chi fu
che pose in smania il sen
e l’alma in servitù;
15
ma se il mio cor non sa
qual mano lo piagò,
né aita né pietà
dunque sperar non può. >no< (Da Capo)
20
Célisi pur colei per cui mi moro,
ch’amo quel dardo e quell’Arciera adoro.
Testo di riferimento:
L2 (206r)
Altri testimoni:
OTT
10 nel] sul OTT; 19 s’il OTT
_______________
v. 8 doppo ‘dopo’; v. 23 célisi `si celi` (con accento ortofonico), pron. enclitico.
L’autore del testo, manoscritto, è Antonio Ottoboni (cfr. OTT, p. 373).
8
A te, bella cagion de miei sospiri
A te, bella cagion de miei sospiri,
questo di pianto più che d'inchïostro
S, bc
I testi poetici
5
89
tinto foglio t'invio
acciò conosci, o bella mia crudele,
ch'anche lungi da te ti son fedele.
Morirei pria di lasciare
d'adorare
quel bel volto che m'ha tolto
col riposo ancor la pace.
10
Son le pene troppo care
nell’amare
chi nel sen l'alma mi sface. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (82v)
Altri testimoni:
LU (5)
1 de] di LU; 2 questo] questi; ] queste LU; 11-12 nell’amare chi] né le move
che LU
_____________________
v. 2 inchïostro sineresi nell`intonazione; v. 8 rima al mezzo volto: tolto
9
Augelletto garruletto
Augelletto garruletto,
che con piuma vagabonda
spieghi il vol di fronda in fronda,
5
guarda il visco, guarda il laccio,
guarda il fulmine d’un braccio,
fuggi, vola ad altra sponda. [Da Capo]
Ma scherzi nel periglio,
A, bc
90
10
Capitolo III
né curi il mio consiglio
e par che mi rispondi: «Ah, folle amante,
perché d’un crin vagante
non schivi il laccio? E non difendi il core
dagli strali d’Amore?
Ah che del mio più grave è il tuo periglio;
prendi da un augellin, prendi consiglio».
15
20
Dalle reti d’un bel crine
e dal fulmine d’un guardo
ah non solo io non mi guardo
ma il mio mal cercando vo.
Augellin, di me più saggio,
quando scorge le ruine
ha più senno e più coraggio
nel fuggir, se fuggir può. (Da Capo)
Testo di riferimento:
L2 (201v)
Altri testimoni:
OTT
Altre intonazioni:
CAL = Antonio Caldara, con 2 vl.
1 garrulletto CAL OTT; 4 vesco CAL; 3 fronda in fronda] fronde in fronde
CALr; 6 fuggi, vola] vola, fuggir; 9 ah] o OTT; 18 vo] io vo CAL; 19
l’augellin OTT; 20 scorge le ruine] scopre le mie pene CAL; ruine] ruvine
OTT; 21 corraggio CAL OTT
___________________
L’autore del testo è Antonio Ottoboni (cfr. OTT, p. 378). OTT e CAL aggiungono
dopo il v. 22 un recitativo (Così son io d’un augellin più stolto:/ ei fugge il colpo e il
laccio et io son colto). Caldara intona dunque un testo più vicino alla versione
poetica rispetto a quello di Ariosti.
I testi poetici
10
Belle stille che grondate
91
S, bc
Belle stille che grondate
da’ begl’occhi del mio bene,
so perché voi non cessate:
5
10
15
20
25
voi stringete le catene
e aggiungete al cor le pene:
questo è il vanto che portate. (Da Capo)
Tornate dunque al core,
se pur dal cor venite,
prezïosi artifici,
ché già voi eseguiste
ciò che impose il mio ben, l’anima mia.
Narrate a lui, fedeli,
che, se messaggi foste,
messaggieri tornate
de le sventure mie, de miei dolori;
diteli pur che, s’egli
va superbo d’uccidere chi pena,
basta che ancor v’invia
sugl’occhi una sol volta,
ché un trofeo sarà del suo bel pianto
l’uccider me che già soffersi tanto.
Ben vi conosco,
care pupille,
amate faville
del foco d’Amor.
E il vostro pianto
semplice brama
d’uccider chi v’ama
con tenero ardor. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (25r)
92
Capitolo III
Fonti non consultate:
B5
17 uccidere] uccider
__________________
v. 16 diteli `ditegli`; vv. 22-29 schema metrico a5 b5 b6 c’6/ d5 e5 e6 c’6; il modulo
ritmico è ternario; v. 18 invia è forse da emendare in ‘invii’
11
5
10
Che dura pena è questa
Che dura pena è questa,
che fiero duolo è il mio!
Benché lungi da Irene, in ogni loco
a me si fa presente
e par ch'ognor ella mi sgrida e dica:
«Ingrato, ingrato Tirsi,
benché crudo mi sei, io t'amo ancora;
cangia, deh cangia omai
la crudeltà del mio fatal destino
fatto per me così spietato e rio».
Che dura pena è questa,
che fiero duolo è il mio!
«Torna, infido, torna, ingrato,
torna in seno a la tua Irene.
15
20
Sento Amor ch’al cor predice:
Ama Tirsi la sua Nice
e non cura le tue pene». (Da Capo)
Cieli, che far degg'io
fra tanto duolo e tanto?
Purtroppo è ver che Nice sol, la vaga,
fa provarmi nel sen e dardo e piaga.
Ma se tanto tormenta
una beltà lontana,
S, bc
A, bc
I testi poetici
25
30
93
forz'è ch'ella mi sia amante fida,
onde il mio cor risolve,
per sottrarsi da sì grave dolore,
d'amarti, Irene, >per< sempre,
tu che fosti del cor il primo amore.
Tornerò, mia cara stella,
cinosura del mio core.
Sarà fida e non rubella
l'alma mia al tuo splendore.
Testo di riferimento:
DS1 (26r): per S
Fonti non consultate:
N2 (attribuito arbitrariamente a Emanuele D’Astorga): per S
C: per S
D: per A
17 e non cura] no, non curar; 17 non] conr; 29 mia] mar ; 32 mia] mir
_______________________
v. 5 costrutto con l`indicativo al posto del congiuntivo; v. 27 verso ipermetro; v. 30
cinosura è il nome che gli antichi Greci davano all’Orsa minore (in quanto per essi
rappresentava l’estremità della coda del cane di Boote); qui, per estensione, ‘stella’
12
Che mi giova esser regina
Che mi giova esser regina
del bel popolo odoroso,
5
se il mio regno è la mia doglia,
e me spoglia
l’onor mio del mio riposo? [Da Capo]
Cingonmi, nata a pena,
S, bc
94
10
15
20
Capitolo III
accutissime spine,
guardia poco fedel del mio decoro.
Per me son l’ostro e l’oro,
che il sen mi cinge e m’incorona il crine,
invito alle rapine,
e in quel che sembra altrui preggievol stato
spesso d’un vil fioretto invidio il fato.
Impari dal mio
penoso regnare
ch’è un folle desio,
desio di penare!
Grandezze sicure
nel mondo non sono;
chi cerca venture
stia lunge dal trono. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (9v)
Altri testimoni:
BER = P.A. Bernardoni
1 regina] reina BER; 4 me] mi BER; 10 m’incorona] mi corona BER; 14
impari] s’impari BER
____________________
v. 7 accutissime `acutissime`; v. 12 preggievol `pregevole`, forma disus.
Si tratta di una cantata “morale” su versi di Pietro A. Bernardoni; del testo esiste una
versione letteraria a stampa (BER, pp. 293-294, in calce la sigla O), intitolata
Disprezzo delle grandezze del mondo e dedicata, insieme ad altre della raccolta, a S.
Giovanni di S. Facondo.
13
Che più mi resta, oh dio
Che più mi resta, oh dio!
S, bc
I testi poetici
5
perché tu presti fede,
ingratissima Filli, all’amor mio?
Se i miei sospiri ardenti,
se le lagrime mie, se i mie’ martiri
non son chiari argomenti
ch’io t’adoro, ch’io t’amo e ti desìo,
che più mi resta, oh dio?
Se creder non mi vuoi,
aprimi, o bella, il cor.
9
E vedrai che v’è scolpita
la tua imagine gradita
a caratteri d’ardor. (Da Capo)
15
20
Ma che vale altra prova
al mio sincero affetto,
se ben che tu t’avedi
che qual esposta face
ai fiati d’Aquilon arde il mio petto
ma t’infingi spietata
di non credermi, solo
per non porger aita al mio gran duolo?
Il bendato Arcier volante
l’amor mio vendicherà.
25
La pietà ch’ora mi nieghi
forse un dì con vani prieghi,
sospirando, lagrimando,
ricercare a te farà. (Da Capo)
Testo di riferimento:
SO1 (1)
26 forse] fosse
95
96
Capitolo III
___________________
vv. 9-13 schema metrico 7a b’/ 8c c b’
14
5
10
Che sento? Irene amata
Che sento? Irene amata
parte da questo cielo
e, rivolgendo in altra parte il piede,
me qui di doglia erede
lascia, d’affanni e pene,
in un mar tormentoso,
ché senza Irene, oh dio! non ho riposo.
Se tu parti, mio ben, mio tesoro,
restando, io moro
in braccio al dolor.
Ché, lontan da quel volto ch’adoro,
non trova ristoro
l’afflitto mio cor. (Da Capo)
15
20
Misero! e che mi resta,
se col seren del tuo bel ciglio, cara,
mi lasci e mi abbandoni?
O che l’amor mi sproni,
o ch’il pensier m’aresti,
lontananza spietata
terrà l’anima mia sempre turbata.
Nel soffrir atroci pene,
disperato io morirò;
separata dal suo bene
l’alma mia viver non può. (Da Capo)
S, bc
I testi poetici
97
Testo di riferimento:
SO 2 (26)
Fonti non consultate:
L5 (cantata anonima)
Bs3
B8
1 amata] amato; 24 può] sar
____________________
v. 1 amata l’antagonista è femminile (cfr. v. 15: ‘cara’): si è dunque emendato
‘amato’ in ‘amata’; v. 9 dialefe tra restando e io; v. 18 aresti ‘arresti’
15
Che si può far?
Che si può far?
Già sono amante.
5
10
15
M’attese Amore al varco
e, scoccando ver me l’arco,
restai preso in un istante. (Da Capo)
Havean gl’occhi d’Iri
per il lor fuoco acceso
quasi tutti i pastor con tanta forza,
che in ogni parte sospirar s’udia.
Volsi per scherzo anch’io mirar quei lumi
non per trarne ferite,
ma per veder s’havean cotanto ardore
capace a penetrar insino al core.
Li viddi, ma un foco sortil mi parve
in quel punto sentir per tutt’il sangue,
stillar di vena in vena
e formar nel mio cor aspra catena.
Per scherzar con due begl’occhi,
S, bc
98
Capitolo III
si lascia la libertà.
20
Così accade a ch’insensato
vuol trescar col Dio bendato,
che d’alcun non ha pietà. (Da Capo)
Fonte di riferimento:
W2 (18r)
12 cotanto] con tanto; 19 si] vi; 21 col dio] sol di
____________________
vv. 1-5 schema ritmico a’5 b5/ c7 c8 b8; v. 12 havean bisillabo; v. 10 volsi `volli`,
forma toscana ant. data per allungamento della consonante (ROH); v. 14 viddi `vidi`,
forma tosc. (ROH); sortil forse tronc. di `sortilego`, espressione figurata per
`magico`
16
Che ti fece mai quest’alma
Che ti fece mai quest’alma,
o bendato Nume arciero?
5
10
15
La tormenti, e non l’uccidi,
ogni duolo in lei annidi
e ti fai sempre più fiero. (Da Capo)
Da quel giorno fatale
in cui mi desti al piè le tue catene
e ch’involasti all’alma
la cara libertade,
vivo, ma vivo, oh dio! il ciel sa come.
Oh se provato havesti
de miei tormenti un solo
allor ch’ardesti al bel della tua Psiche,
diresti ch’a ragion il cor si lagna.
Volesse il Ciel, volesse il mio destino
che l’ardor tuo ancor non fosse estinto
S, bc
I testi poetici
20
99
e che permesso fosse
poter cangiar con te fiamma con fiamma,
ardore con ardore;
ch’in quel cambio il mio cor saria contento,
ché punirebbe Amor col tuo tormento.
Lasciami dunque in pace,
tiranno Amor spietato.
O almeno, per pietà,
non tanta crudeltà
nel mio bel Sole amato! (Da Capo)
25
Fonte di riferimento:
NH (57)
Altri testimoni:
SO1 (8)
Fonti non consultate:
B4
7 desti al] d’asti il SO; 10 vivo, ma vivo] vive, ma vive; 10 ciel] giel SO; 12
de] di SO; 14 si] se SO; 15 Ciel] Cielo SO; 20 ch’in] da SO; 21 col] ciel SO;
tuo] suo SO; 25 tanta] tanto SO1
___________________
v. 7 desti da `dare`; v. 11 havesti costrutto con l`indicativo al posto del congiuntivo
17
Cieco Dio, foss’io quel fiore
Cieco Dio, foss’io quel fiore
ch’al mio ben vagheggia in sen;
5
e se troppo io chieggio, Amore,
un dì quel io fossi almen
che fa nascere il bel piede
S, bc
100
Capitolo III
quando siede in sul terren.
10
15
Foss’io pur quella fonte
in cui, quando s’abbiglia,
l’idolo mio la fronte
hore ed hore si specchia e si consiglia;
foss’io il bel velo in cui del petto asconde
il vergineo candore,
foss’io l’anima sua, fossi il suo core.
Io vorrei non esser io
per piacer al Bel ch’adoro;
così, o fiore o velo o rio,
sarei caro al mio tesoro. (Da Capo)
Testo di riferimento:
O1 (191)
Fonti non consultate:
L5 (contiene solo l’aria Cieco Dio, foss’io quel fiore)
LU (contiene solo l’aria Cieco Dio, foss’io quel fiore)
Altre intonazioni:
PORP = Niccolò Porpora
2 vagheggio PORP; 4 quell’io PORP; foss’almen PORP; 7 foss’io] fossi
PORP; 8 in] ire; 10 ore et ore PORP; 11 foss’io il bel] fossi quel PORP; 13
foss’io] fossi PORP; 15 per] pel1; piacere PORP
______________________
Nell’intonazione di Porpora il primo verso è preceduto dall’indicazione del
personaggio: “Amoroso”
18
Cieco Nume, alato arciero
Cieco Nume, alato arciero,
S, bc
I testi poetici
101
vedo ben ciò che vuoi far.
Con i lacci d’un crin nero
mi vuoi l’alma imprigionar. (Da Capo)
5
10
Ma se gl’affetti miei,
tratti da l’esca di falace speme,
corrono a voler quelle catene,
e se insieme sedotta hanno colei
che di vostra natura
tien la parte sublime,
e di frenar ogni lor moto ha cura,
qual resistenza mai,
solo e abbandonato
potrò far io a un sì possente armato?
15
20
Nelle tue mani, Amor,
rimetto questo cor:
fa’ pur che vuoi.
Ma se legar lo brami,
con simili legami
colei che devo amar
lega, se puoi. (Da Capo)
Testo di riferimento:
BR1 (53)
Altri esemplari:
W2 (8)
Fonti non consultate:
B10
6 speme] spene W; 9 vostra] nostra W
__________________
v. 6 falace `fallace`; v. 7 dialefe tra corrono e a ; v. 13 dialefe tra s o l o e
abbandonato; vv. 15-21 schema metrico a’7 a’7 b5/ c7 c7 d’7 b5; v. 17 che `ciò
102
Capitolo III
che`
19
Con troppo rigore
Con troppo rigore
la pace al mio core
il fato contende.
5
10
15
Io fugo Cupido,
ma pur quel infido
mi turba la gioia
con strane vicende.
Mirai sincero un tempo
d'innocente beltà vaghe le forme,
ma come ch'ad Amore
non mi credea sogetto,
e saltava brillando il cor nel petto;
ed hor che lungi vive,
provo con gran portento
che amor non conosciuto è un gran tormento.
Per mirar due vaghe stelle
prigionier rimase il cor.
20
Così pure fortunato
mi credei da un sen legato,
ma nemici hebbi gl’astri,
ch'inflettiscono disastri
ver o cigli <o> chioma d'or. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (12)
15 che amor] ch’amorr; 22 chioma] e chiomar
________________________
S, bc
I testi poetici
103
v. 11 sogetto `soggetto`, `assogettato`, forma ant.; v. 21 inflettiscono `inflettono`,
`piegano`, `dirigono`
20
Così tosto, o mio bel sole
Così tosto, o mio bel sole,
t’involasti agl’occhi miei.
5
10
15
Posso dir, ma con tormento,
che fu breve il mio contento,
se sì presto io ti perdei. (Da Capo)
Numi, ingrati numi,
perché sì tosto, o dio!
mi rapite il mio ben, l’idolo mio?
V’intendo, sì, v’intendo;
voi privarmi voleste
di pegno a me sì caro
perché forse credeste
ch’io struggermi dovessi in pianto amaro:
non v’ingannate, no, perché il mio core
fatto scherzo è del pianto e del dolore.
Senza di te, mio bene,
e che farà il mio cor?
20
25
Tutto disciolto in lagrime,
sarà costretto a piangere
sin che delle sue pene
si cangi il rio tenor. (Da Capo)
Almen de pianti miei
si movesse a pietade il dio Bambino
e nel loco ove sei
con due stille pietose
compianger ti facesse
il mio destin. Me felice e beato!
S, bc
104
Capitolo III
Gioirebbe il mio cor, benché turbato.
So che vana è la speranza
quando lungi è chi s’adora.
30
Pur ancor in lontananza
almen ristora! (Da Capo)
Testo di riferimento:
W3 (23r)
Altri esemplari:
L3 (129r)
ME (1r)
Fonti non consultate:
B8
5 presto] resto L3; 12 credeste ME; ] credete W3 L3; 14 ingannate ME; ]
ingannaste L3 W3; 18 lagrimar ME; 23 Bambino] Banbino W3; 29 vanna
ME; 30 lungi] lunghi L31 e r; 30 chi] a chi L3r; 32 ristoro L3
_________________
v. 6 dialefe tra numi e ingrati; vv. 29-32 schema metrico 8a b/ a B4
21
Da procella tempestosa
[La rosa]
Da procella tempestosa
tocca un dì, la bella rosa
tutta mesta se ne stava
scolorita e senza odor.
5
La sprezzavan Nice e Clori,
l'abborian l'aur’ e i pastori,
né più l'ape a cor n'andava
il suo grato e dolce umor. (Da Capo)
S, 2 vl, bc
I testi poetici
10
15
20
105
Quando un raggio di sol sul bel matino,
dalle languenti foglie
succhiando il grave umor che la rendea
chinata al suol, qualche vigor le porse,
ristorata ella allora
a poco a poco incominciando ardita
a rialzar la fronte,
tosto si vide intorno,
di nuovo a vagheggiare il suo colore,
l'ape, l'aura e la ninfa e il bel pastore.
Già di nuovo fastosa campeggia
e dispreggia de’ fiori la schiera,
così altera lor donna si fa.
E se Clori s'appressa o Fileno
per toccarle 'l vermiglio suo seno,
fiere punte di spine gli dà. (Da Capo)
Testo di riferimento:
S1724
Fonti non consultate:
B1
Altre intonazioni:
SAM2 = Giuseppe Sammartini
ROS = Thomas Roseingrave
4 odor] dor ROS1; 5 Clori] Dori ROS; 6 aborian SAM2; 6 l’aurer SAM2
ROS; 7 andava ROSr; 9 mattino ROS; 10 languente SAM2; 11 suchiando
SAM2; 12 chinato SAM2; le] gli S1724 SAM2; 14 incommincindo ROS; 16
vidde ROS; 17 a vagheggiare] vogheggian ROS; 18 e la ninfa] la ninfa
S1724 SAM2; aura] aurora S1724 SAM2; 19 novo ROSr; campegia1; 20
de’] di SAM2; 21 lor] suar; donna] donnor; 23 ’l] il ROS; 24 spunte ROS;
gli] ne ROS
_____________________
v. 2 tocca `toccata`, `colpita`, aggettivo verbale presente nel toscano (ROH); v.6
106
Capitolo III
abborian `aborrivano`; v. 7 cor `cogliere`; forma contratta e apocopata; v. 15 rialzar
è trisillabo; v. 18 ipermetro; v. 20 dispreggia `disprezza`; v. 21 donna `signora`; v.
24 gli `a loro`
22
5
10
15
20
25
Dirmi ch’io non adori
Dirmi ch’io non adori
i begl’occhi di Clori
e che quest’aure io spiri,
dirmi ch’in vita io resti
e che mai più non miri
quei begl’occhi celesti
che già di questo core ebber la palma,
è lo stesso che dir: «Vivi senz’alma».
Pria che lasciarvi,
luci gradite,
mille e più vite
vorrei lasciar.
Tal forza avete
sopra il cor mio,
che, se volessi,
nemen poss’io,
pupille care,
non v’adorar. (Da Capo)
Quella soave luce
che in voi, begl’occhi, splende
è quel vital colore
che, mentre al cor s’apprende,
la vita in lui produce;
ond’è forza d’Amore
che in così dolce vista
tutto, o begl’occhi, il viver mio consista.
Senza voi, mie vaghe stelle,
A, bc
I testi poetici
107
ben saprei quest’occhi miei
d’ombra eterna ricoprir.
30
Non mirarvi, o luci belle,
è lo stesso che morir. (Da Capo)
Testo di riferimento:
N1 (12)
Fonti non consultate:
Bs2
_______________________
v. 16 nemen `nemmeno`
23
Di valle in monte
5
Di valle in monte,
dal colle al fonte
sempre fuggendo,
m’andai schermendo
del Dio d’amor.
10
Le pastorelle,
le ninfe belle
ognor sprezzai,
né mi curai
del suo dolor. (Da Capo)
15
Stanco alfin di girar foreste e monti,
entro d’opaca selva
la pace del mio cor trovar sperai;
ivi, volgendo i rai,
viddi Lilla posar in mezzo ai fiori
e fargli scorta i pargoletti amori;
allor tentai fuggir, ma in un istante
di sì vaga beltà divenni amante.
S, bc
108
20
25
Capitolo III
A togliermi la pace,
a tormentarmi il cor
s’unì con Lilla Amor
per darmi pene.
Cupido con la face
il foco in sen m’accese,
e Lilla poi mi tese
al piè catene. (Da Capo)
Testo di riferimento:
B7 (136)
2 al] in1; 5 d’amor] bambin1 e r; 16 pargoletto; 21 darmi] d’armi1
______________________
v. 10 suo ` loro`; v. 15 viddi ‘vidi’ forma toscana (ROH); vv. 19-26 schema metrico
7 a b’ b’ c5/ a c c c5
24
D'una rosa che mi punse
D'una rosa che mi punse
ancor dura la puntura,
e la sento sino al cor.
5
10
Così vaga ella ridea
mentre incauto m'offendea,
ch'a scordar più d'un momento,
per mirarla hebbi il dolor. (Da Capo)
O quel suol fortunato in cui fiorisce
trapiantata dal Ciel rosa sì bella!
Spirano per bagiarla
più dolci l'aure ed in più chiari humori
per farle specchio si discioglie il fonte;
sventurato io solo,
S, bc
I testi poetici
15
109
che, povero d'ardire alle rapine,
senza goder del fior provai le spine.
Crudeli spine
di gentil fiore,
perché innocente
v'ho da soffrire?
20
Non ha l'Amore
fra i dardi suoi
dardo pungente
ch'al par di voi
sappia ferire. (Da Capo)
Testo di riferimento:
LU (14)
Altri esemplari:
ME (15r)
Fonti non consultate:
B5
L4
2 ancor] amor LU1; 3 cor] cuor LU1 e r; 4 ella] alla LU; 5 mentre] quando
ME; 6 ch`a] che a ME; 7 hebbi] hebbe LU; 10 bacciarla ME; 11 ed] ad LU;
12 specchio ME; ] spechio LU; discioglie ME; ] discoglie LU; 13 sventurato
ME; ] e sventurato LU; 14 povero] proverò ME; alle] a le ME; 15 del ME; ]
il LU; 16 crudeli] crudele LUr; spini LU1; 18 perché] per ch’ LUr; innocente
ME; ] innocenti LU; 22 dardi pungenti ME; 23 ch`al] che al ME
________________________
v. 10 bagiarla `baciarla`, forma con sonorizzazione presente un tempo in area
toscana (ROH ne segnala la presenza nell’ed. 1867 del Vocabolario della Crusca);
v. 13 dialefe tra sventurato e io
110
25
5
10
Capitolo III
Ecco che già ritorna il Tauro eterno
S, bc
Ecco che già ritorna il Tauro eterno
a richiamar le piaggie,
e con la fronte adorna
richiama ai balli le Napee selvaggie;
ecco, dico, sen riede
quell'infelice giorno
che nel regno d'Amore
io posi il piede e mi fu preso il core.
Mentre il mondo tutto ride,
io sol deggio lagrimar
per rigor di stelle infide
che mi mossero ad amar. (Da Capo)
15
20
La memoria dolente
di quel dì, di quell’hora
mi traffigge, m’accora
e la perdita mia mi fa presente.
Oh non havessi mai
nell'immenso splendore
di celeste beltà fissato i rai!
Così sarei contento,
né spargerei tante querele ai venti.
Farfalletta che corri al lume,
torna indietro, non tanto ardir!
25
Vanne lungi, ché le tue piume
sono facili a incenerir. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (10)
___________________
v. 2 piaggie `piagge`; v. 4 selvaggie `selvagge`; v. 7 che ‘in cui’; v. 22 sinalefe tra
corri e al; vv. 22-25 strofa di novenari con schema metrico 9a b`/ a b`
I testi poetici
26
5
10
15
E in sen mi resta core
111
S, 2 ob, 2 chal, 2 vl, v.la, bc
E in sen mi resta core
da soffrir tanta pena? Amor tiranno,
o mi togli l'affanno
o del caro Fileno arresta il piede.
Questo è il premio che doni a tanta fede?
Anima bella, e dove
ti porta il tuo destin>o<? Dove mi lasci?
Deh per brev’ora ascolta
quella che d'adorar era tuo vanto,
e se in sospir disciolta
la lingua non potrà, parlerà il pianto.
Se il primo amor è caro,
se il perderlo è dolor,
chiedilo a questo cor
che vive ancor in te.
Lusinga la speranza
col crederti costante:
sarà, se torni amante,
premio d'una gran fé. (Da Capo)
20
25
30
Premio di fé sarà, mio caro nume,
anzi prova maggiore
del tuo costante core,
se a me ritorni e mi ritorni amante.
Sovengati, mio bene,
qual tu mi lasci, involta
fra una turba d'affanni e un mar di pene;
pensa qual resti abbandonata e sola,
e pensa alfin che langue, e che sospiro
e che vagante intorno
a’ vaghi lumi tuoi sempre m'aggiro.
Dite voi, lumi dolenti,
la mia pena, i miei tormenti,
voi che in pianto il cor stillate.
112
35
40
Capitolo III
Deh ridite i miei martiri,
voi del sen caldi sospiri
che la quiete ognor turbate. (Da Capo)
Addio dunque, Fileno! E questo addio
a te partire, a me morir priscrive;
e se quest'alma vive
in tanta lontananza,
dà vita al viver mio la tua costanza.
Vanne, o caro, ché il nume d'Amore
al tuo piede la scorta farà.
45
E se amarti del cor fu destino,
che a me torni destino sarà. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (19)
Altre intonazioni:
GAS = Francesco Gasparini
5 questo è il] quest’il GAS; 16 ancorar; 7 destin GAS; 12 amore GAS; 15
ancora GAS; 16 speranza] speranro; lusinga la speranza] lusingo il mio
pensiero GAS; 24 savengati; 37 questo] guesto; addio dunque] adio dunque
GAS; 38 prescrive GAS; 41 tua] mia GAS; 42 vanne o caro] o caro vanner;
d’Amore] Bambino GAS; 45 che a] ch’ar
______________________
v.12 amore caro espressione prolettica; v. 38 priscrive `prescrive`, forma con
assimilazione regressiva; v. 25 involta la protagonista è femminile.
In GAS mancano il recitativo «Premio di fé sarà, mio caro nume» e l’aria Dite voi,
lumi dolenti; il recitativo «Addio dunque, Fileno! E questo addio» aggiunge invece i
versi Dubbio alcuno di questa/ già nel mio cor non resta,/ perché so che m’amasti e
ch’io t’amai,/ anzi so ch’ancor m’ami ed io t’adoro./ Parti, ma torna, e se non torni
io moro.
I testi poetici
27
È pur dolce a un cor legato
113
S, bc
A, bc
È pur dolce a un cor legato,
il piacer di libertà,
ma il mio cor, che fu legato,
tal contento più non ha. (Da Capo)
5
10
Su le sponde d’un rio ninfa sedea
non conosciuta e bella,
di nero crin, di neri rai, d’un brio
sovra l’esser umil di pastorella.
Al più puro del fonte
affacciava la fronte,
cinta di gigli e rose;
visto in quell’onde il genïal sembiante,
non seppi allor non divenirne amante,
tanta forza in quel volto Amor ripose.
15
20
Belle luci, e donde mai
con quei rai
imparaste ad impiagar?
Se rapite, voi ferite
e nei guardi
stanno i dardi
ch’han virtù di saettar.
Testo di riferimento:
W3 (1r): per S
Altri testimoni:
W1 (13r): per A
14 Amor] pietà W31 e r; 15 luci] lucci W1; 17 imparasti W3r W1; 18 rapite]
rapiste W1; 19 stano W1
_____________________
v. 17 impiagar `ferire`, `produrre ferite`
114
28
Capitolo III
Erbe nuove e nuovi fiori
S, bc
Erbe nuove e nuovi fiori,
voi tornate a lusingharmi
col tornar di Primavera,
5
10
15
ma non ponno innamorarmi
le vostr’ombre e i vostr’odori,
né la vostra beltà sembrami intiera. (Da Capo)
Io non trovo fra voi che dolorose
memorie de miei danni:
longo quel rio, da quelle siepi ombrose,
della infida mia donna udii l’inganni
e questo tronco, in rinovar le chiome,
fa nella scorza incisa
crescer, con lui, del mio rivale il nome.
Quanto più vi scorgo amene,
del mio duol più mi soviene,
più mi punge il danno antico.
La mia morte in voi ramento
e non so senza tormento
veder lieto un mio nemico. (Da Capo)
Testo di riferimento:
SO1 (27)
5 odori] adori; 11 udii] udi; 15 scorge
___________________
vv. 1-6 schema metrico 8a b c/ b a C11; v. 2 lusingharmi `lusingarmi`, forma con
`h` pseudoetimologica; v. 4 ponno `possono`, forma dell’antica lingua letter. toscana
(ROH); v. 9 longo `lungo`; v. 11 rinovar `rinnovare`; v. 13 lui ‘col tronco’; v. 15
soviene `sovviene`; v. 17 ramento `rammento`
I testi poetici
29
5
Eurilla, vel confesso
115
S, bc
Eurilla, vel confesso,
cara, non v’offendete:
vorrei uscir dall’amorosa rete,
ma quest’anima mia
al Nume arcier non si può far rubella
fin che voi, idol mio, siete sì bella.
Vo cercando in quel volto diletto
un qualche diffetto
che spiaccia al mio cor.
10
15
20
25
30
Ma ognor scopro bellezza sì vaga
ch`accresce alla piaga
ferita e dolor. (Da Capo)
Io v’osservo tallora
con chioma incolta, in vesta negligente
e talor vi rimiro
o sdegnata o dolente,
per veder pur se mai men bella, oh cara,
sembrate all’occhio mio;
ma in ogni stato, oh dio,
siete vezzosa e mi vibrate ardori,
sì ch’è forza ch`il cor sempre v’adori.
Lo sdegno è vezzo,
gentil lo sprezzo,
lusinga è il viso
diletta il riso
tutt`è beltade
nell`Idol mio.
Tiranno Amor,
che far dovrei
se amarlo non vorrei ma non poss`io? (Da Capo)
Testo di riferimento:
ME (7r)
116
Capitolo III
Fonti non consultate:
F
BR4
Altre intonazioni:
PORS = Giuseppe Porsile
1 Eurillo PORS; 5 al Nume arcier non si può far rubella] non si puol far al
nume arcir rubella PORS; 14 chiome PORS; 15 tallor PORS; 18 sembraste
PORS; 23 gentil lo sprezzo] dolce il disprezzo PORS; 24-25 lusinga è il
viso/ diletta il riso] lusinga è il riso PORS; 26-27 tutt’è beltade/ nell’Idol
mio] e dà diletto/ la crudeltà PORS; 27 nel1 e r
_____________________
v. 8 diffetto `difetto`; v. 13 tallora `talora`; vv. 22-29 schema metrico 5a a b b c d/
e`f D11 ; v. 23 sprezzo `disprezzo`; vv. 29-30 rima al mezzo dovrei :vorrei; 30
sinalefe tra se e amarlo.
PORS muta parzialmente il testo del 2` recitativo (che inserisce, tra il v. 13 e il v.
14, il verso senza ornamenti al crine) e della 2` aria, che presenta la nuova strofa
Nell’idol mio/ vi pose Amore/ un certo ardore/ che strugge e piace,/ onde la face/
cara si fa./ Lo sdegno è vezzo,/ dolce il disprezzo,/ lusinga è il riso/ e dà diletto/ la
crudeltà; a questa segue, come seconda strofa, Lo sdegno è vezzo…(vv. 22-27); è
eliminata la strofa Tiranno Amor…(vv. 28-30)
30
Fileno, che le frodi
Fileno, che le frodi
tutte d’amor sapea,
di bene amare i modi
alle ninfe, ai pastor così aprendea:
5
Se talor tra freddi ceppi
lega Borea il corso all’onda,
cade pallida ogni fronda
et il prato si dispoglia
la vezzosa verde spoglia.
10
Se talor troppo cocenti
S, v.la d’amore, 2 vl, v.la, bc
I testi poetici
117
spande Febo i rai dorati,
svengon l’erbe in grembo ai prati
e, trofeo d’irato cielo,
langue il fiore su lo stelo. (Da Capo)
15
20
25
Troppo gel, troppo ardor con ugual sorte
alla stagion fiorita
apportano la morte;
così d’amor l’ardore
e il gel di gelosia dan morte al core.
Gelosia, troppo freddo veleno,
non mai turbi dell’alma la pace,
ché talora, se regna in un seno,
vi può estinguer d’amore la face.
S’ami dunque, e la fiamma gradita
non consumi ma l’alma mantenga;
né l’ardor ch’<è> alimento di vita
per ecesso poi febre divenga».
Testo di riferimento
LA (112)
3 amare] amore; 8 prato] parto1; 12 grimbo1; 14 langue] languire1; 26 ardor]
ardo; ch’è] ch’
__________________
v. 2 sapea ‘sapeva’; v. 4 aprendea ‘apprendeva’, ‘insegnava’, ‘raccomandava’; v. 8
si dispoglia ‘smette’ (transitivo); v. 12 grimbo ‘grembo’, forma ant.
31
Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni
Filli gentil, nel tuo bel fior degl’anni
come creder degg’io per mio tormento
che non senta il tuo cor fiamma d’Amore?
Ahi che Natura industre
S, bc
118
5
10
Capitolo III
a un composto sì bello
non diede sensi, no, tanto inhumani,
onde ben troppo strani
sono i rigori tuoi con chi t’adora,
s’alla costanza mia
aggiunge il Dio d’amor la gelosia.
Mira la bella rosa,
ch’in sul mattin vezzosa
cade al cader del sol senza beltade;
15
20
godi del tuo splendore
e non usar rigore
al merto tuo nella più fresca etade. (Da Capo)
Pensa, Filli, or che puoi,
che ne l’età cadente
languisce amor e alfine
colle gelate brine
troppo vano è il desio d’amante core,
ch’amar ben può, ma non trovar amore.
25
S’hai dell’amor per te,
havrai pietà di me,
Filli adorata.
30
Né fia la tua bellezza
con perfida fierezza
al Ciel che te la diede
e al pregio di mia fede
ognor ingrata. (Da Capo)
Testo di riferimento:
Wg (6)
______________________
vv. 23-30 schema metrico 7 a’ a’ b5 / c c d d b5; v. 24 havrai ‘avrai’
I testi poetici
32
Freme l’onda e fischia il vento
[Il naufragio]
Freme l'onda e fischia il vento,
tuona 'l cielo, il sol non luce
ed il porto è lungi ancor.
5
10
15
20
Già il mio legno infranger sento,
e il nocchier che lo conduce
già si perde nel timor. (Da Capo)
Non v'è scampo, lo veggo, io son perduto
ed il naufragio è certo.
Sordo, il ciel più non ode
pianti e preghiere, anzi, crudel rinforza
più sempre il vento e, in tenebre sepolto,
sol con orride lampe
apre in ampio teatro
agl’occhi miei varie morti e perigli:
sarte e vele disperse, àncore sciolte,
arbori rotti, infranti remi.
Oh dio, più il timon non mi regge,
ma sol d'intorno io semivivo ascolto
un confuso rumor d'onde e di venti,
e lor terribil giostra
che vicino morir l'imagin mostra.
25
Mio legno naufrago,
ti veggo frangere,
né so che piangere
il tuo destin.
30
Chi un dì può credere
al mar instabile,
inevitabile
il suo naufragio
s'aspetti alfin. (Da Capo)
Testo di riferimento:
S1724 (21)
119
A, 2 vl, bc
120
Capitolo III
Altre intonazioni:
SAM3 = Giuseppe Sammartini
8 naufraggio; 12 orridi; lampi SAM3; 19 di] de SAM3; 26 chi] che SAM3;
29 naufraggior
___________________
v. 12 lampe ’lampade’, ‘bagliori prodotti dai lampi’, forma lett.; v. 15 sarte ‘sartie’;
forma ant.; àncore: accento ortofonico; v. 21 costruzione ellittica ‘la quale è
segnale della morte imminente’; imagin ‘immagine’, forma lett.; vv. 22-30 schema
metrico 5 a’’ b’’ b’’ c’/ d’’ e’’ e’’ f c’
33
5
10
Furie che negl’abissi
Furie che negl’abissi
l’anime flagellate,
estinguete le faci,
gl’aspidi al suol gettate
e qua venite ad imparar da Clori
l’arte crudel di laccerar i cori!
Servo, suplico, attendo,
ardo, languisco, moro;
m’abborisce, mi fugge,
mi tormenta l’ingrata, epur l’adoro.
Siete fieri,
siete altieri, occhi stellanti;
ma sprezzato,
maltrattato, io v’amo ancor.
15
20
Ah che siam troppo costanti,
voi ne l’odio, io ne l’amor! (Da Capo)
Sì, sì, bella costanza,
da’ rigore a quest’alma
a fin che di superbo
ostinato rigor habbia la palma.
A, bc
I testi poetici
121
Pupille divine, >no, no<
non più crudeltà.
25
Deh piegati alfine,
deh plàcati, renditi,
ritorna, sdegnosa
feroce beltà! (Da Capo)
Testo di riferimento:
W1 (5)
_______________________
v. 4 aspidi ‘serpentelli velenosi’, ‘vipere’; vv. 11-12 rimalmezzo fieri: altieri; v. 12
altieri ‘alteri, forma disus.; stellanti ‘rilucenti di stelle’; vv. 13-14 rimalmezzo
sprezzato: maltrattato; v. 20 habbia forma con “h” etimologica; v. 24 accento
ortofonico
34
5
10
15
Genio che amar volea
[Genio]
S, bc
Genio che amar volea
ma, per legge importuna
di giurata amicitia,
o non potea o non dovea amare,
spiegò in questi accenti
e le lagrime sue e i suoi tormenti:
«Amor>e<, non devo amare,
ma non amar non posso,
e, se non devo amare
per occulta violenza, amar io voglio.
Pure conosco, oh dio,
allor ch’io voglio amar, che amar non devo.
Così, de la tua face
miserabile scherzo, amo, non amo,
e in un medesmo istante
non disamo, non amo e sono amante.
122
Capitolo III
O fa’ lecito il mio ardore,
o pur lasciami morir.
20
25
30
Nume alato, faretrato,
da’ più doglie e da’ più pene,
ma sia giusto il mio languir. (Da Capo)
Tu che, onnipotente,
sotto forme ferine
festi mugir per l’onde
innamorato Giove,
tu che puoi quanto vuoi,
questa legge dispensa,
questa legge crudel che amar mi niega,
perché, se non dispensi
questa legge tiranna
e se il mio vivo ardore
il tuo poter non copre e non protegge,
sappi ch’io voglio amar, legge o non legge.
35
Vedervi e non amarvi,
belle luci, >no,no,no,no< non si può.
40
Care labra,
se incatenate,
voglio amarvi, idolatrarvi,
né vuo’ legge
che dica di no». (Da Capo)
45
Alzossi allora il faretrato dio
e al genio suplicante
rispose chiaro, sì che ognun l’udìo:
«Ama, genio gentile, ama, ché regge
alta legge d’Amor ogn’altra legge».
Testo di riferimento:
W2 (1)
I testi poetici
123
Fonti non consultate:
M
B6
Altre intonazioni:
BON2 = Giovanni Bononcini
1 ch’amar BON2; 3 giurata] curata; 4 potea] poteva BON2; dovea] doveva
BON2; 12 ch’io] che BON2; che amar] ch’amar BON2; 17 ardor BON2; 18
o pur] o BON2; 20 doglie e] doglie BON2; 28 ch’amar BON2; 31 vivo]
cieco BON2; 35 belle luci] luci beller; 39 vuo’] v’è BON2; alzossi] rizzossi
BON2
__________________
v. 3 amicitia grafia etimologica con –ti- per l’aspirata sorda –zi-; v. 5 dialefe tra
spiegò e in; v. 7 verso ipermetro; v. 11 conosco ‘riconosco’; v. 19 rimalmezzo
alato: faretrato; v. 22 tu si riferisce ad Amore; dialefe tra che e onnipotente; v. 24
mugir ‘muggire’, forma disus.; v. 27 dispensa ‘rimuovi’ (transitivo); v. 34-40
schema metrico 8a b’/ c4 d5 a e4 b’6; 34 dialefe tra vedervi ed e; v. 38 rimalmezzo
amarvi: idolatrarvi; v. 42 suplicante ‘supplicante’, forma ant.; v. 43 udìo ‘udì’
(accento ortofonico), desinenza di provenienza meridionale e presente altresì nel
toscano dugentesco (ROH).
BON2 inserisce il verso “al tribunal d’Amore” dopo il v. 4; aggiunge il verso “da’
più lacci e più catene” dopo il v. 20; aggiunge i versi “pupillette/ se fulminate”
prima del v. 36.
35
Già che intender non vòle i miei sospiri
5
Già che intender non vòle i miei sospiri
colei che sola insegnolli al core,
or tu mi detta, Amore,
un favellar più chiaro,
tal che le sia palese e non discaro:
«Bella mia, i lumi tuoi
certo affetto nel mio petto
mi destar, che detto è amore.
A, bc
124
10
15
20
Capitolo III
Se prezzarlo tu nol vòi
perché parte dal mio core,
perché ei vien dal tuo splendore,
isdegnarlo >no< non lo puoi.
Sì, che il divin splendore de tuoi lumi
nel sen svegliolli amore e questo amore,
nel mio sen svegliato,
sorge sì grande omai, che già permesso
non gli è d’esser là dentro or più serbato;
quindi ei scopre se stesso
in questi arditi miei timidi accenti,
per che a celarlo par che invan si tenti.
In chiuso loco
star sommo foco
mai si mirò.
25
Né molto affetto
rinchiuso in petto
sempre restò». (Da Capo)
Testo di riferimento:
W1 (10)
______________________
v. 1 vòle ‘vuole’, accento ortofonico; v. 2 dialefe tra sola e insegnolli; v. 5 discaro
‘sgradevole’; v. 8 destar ‘destarono’, forma apocopata; v. 9 vòi ‘vuoi’, accento
ortofonico; v. 12 potrebbe essere no, nol puoi; v. 20 per che ‘attraverso i quali’
36
Già per il tuo rigore
Già per il tuo rigore
credei poter morire
ma non poter partire,
cara, lontan da te.
S, 2 vl, v.la, bc
I testi poetici
5
10
15
125
Mio sventurato core,
resta sul lido amato:
sarai più sventurato,
se vuoi partir con me. (Da Capo)
Quando il mar si desia tranquillo in calma,
sorgono i fieri venti e turban l’onde;
or che tempeste sol brama quest’alma,
spiran suoi flutti amici aure seconde;
deh venite, o procelle,
tardate il mio partire,
date almen qualche giorno
di languido sollievo al mio martire
e serbate la calma al mio ritorno.
20
Quando ritornerò
no, non venite, no,
ma pronte al mio desir
tardate il mio partir,
procelle care.
25
Se, quando partirò,
forse non morirò,
sola cagion sarà
la speme di pietà
nel mio tornare. (Da Capo)
Testo di riferimento:
E1 (12)
Altri testimoni:
BR3 (5)
20 pronto BR3
____________________
vv. 18-27 schema metrico 7 a’ a’ b’ b’ c5 / a’ a’ d’ d’ c5. Il testo poetico è di Paolo
Rolli, come indicato in E1 e BR3; non si è rintracciata una versione autonoma del
testo letterario.
126
37
Capitolo III
Il destino ver me è pur crudele
S, bc
Il destino ver me è pur crudele,
ma più fiero e tiranno è il mio dolore.
Tu parti, amata Clori,
e me qui lasci solo
a lagrimar nel duolo,
tu che del cor la miglior parte sei,
tu degli affetti miei unico oggetto.
Se parti, oh dio, m’opprimi il core
e mi tormenti il petto,
con […] bella Clori,
s’alla crudel partenza
esprimerti non posso il grave affanno
che […] dai singulti e suffocate
dai gemiti le voci
l’accento che non ha piomba sul core.
Il destino ver me è pur crudele,
ma più fiero e tiranno è il mio dolore.
Pria che parti, amata Clori,
tu vedrai lo spirto mio
esalar da questo sen;
e dovunque tu n’andrai,
l’ombra mia osserverai
seguir l’orme del suo ben.
Testo di riferimento:
Bs4
__________________
v. 1 dialefe tra me ed è. L`estrema corruttela del testo è dovuta a una trascrizione da
me effettuata in loco, in seguito alla scoperta di questa cantata di Ariosti tra le carte
dell`Archivio della Sing-Akademie, da poco riscoperto a Kiev e restituito alla
Germania. Si tratta di un ms. sciolto (SA 1283) contenente un esemplare unico di cui
non si ha nessuna segnalazione nei repertori correnti. La mia richiesta del microfilm
(da cui sarebbe stata effettuta un`edizione accurata del testo) non è stata tuttavia
esaudita, in quanto l`archivio, ancora in fase di ristrutturazione, può per ora
riprodurre solo i manoscritti di cui esista almeno una copia; trattandosi in questo
caso di un unicum la riproduzione non è stata concessa. Si è ritenuto comunque, data
I testi poetici
127
l`unicità dell`esemplare, di riportarne il testo, pur corrotto, in questa edizione.
38
Il mio cor sinor fu mio
Il mio cor sinor fu mio,
ma un amante più costante
alla fin me lo rapì;
5
10
15
20
25
mi consola il cieco Dio
e mi dice che felice
il mio cor sarà, così. (Da Capo)
Un’alma indiferente
o pecca d’arroganza,
o stupida non sente
di natura gl’instinti e la possanza;
nasca fra gl’ostri e non risenta amore
sempre fra vil, sempre fra rozzi un core.
Il pudor non lo contrasta,
senza tema amar si può,
ché Penelope fu casta,
ben che Ulisse idolatrò.
Vagheggia sul matin l’ape ingegnosa
li vezzosi colori
de’ pargoletti fiori,
ma in sen del più gradito alfin si posa;
la farfalla amorosa
tra molte faci alla più chiara i vanni
offre in tributo, e l’augellin che torna
da remote contrade al nostro lido,
tra mille verdi frondi, una si elegge
a fabricarvi il nido.
Finger si può talhor
di non sentir amor,
S, bc
128
Capitolo III
per osservar così l’altrui costanza.
30
Ma con un cor che piace
celar d’amor la face
è fra l’alme gentili indegna usanza. (Da Capo)
Testo di riferimento:
O (33)
3 me] mir; 9 stupida] stupido; 12 rozzi] rozzo; 13 contrasta] constrata
____________________
v. 7 indiferente ‘indifferente’; v. 10 instinti ‘istinti’, forma ant.; v. 17 matin
‘mattino’; v. 25 frondi ‘fronde’, pl. ant. e letter.
39
Il più fiero dolor
Il più fiero dolor
che più mi punge il cor
è il non poter trovar
scintilla di pietà.
5
10
15
Divora l’alma mia
sì lunga tirannia,
né so come saziar
sì fiera crudeltà. (Da Capo)
Se il sospirar non vale,
se il sospirar non giova,
a che indurmi ad amar, tiranno Amore?
Tu che solcar mi fai un mar di pene,
perché lasciarmi in preda
d’una beltà tiranna
ch’uguale all’onda instabile e fugace
or mi mostra il seren del suo bel viso,
or fra scogli e tempeste
ne’ turbini del ciglio
S, bc
I testi poetici
20
25
129
mi dimostra imminente il mio periglio?
Ah, perfido nochier, nochier spietato,
se cerchi la tempesta
perché sembri più dolce il porto amato,
chiedo piuttosto invece
la libertade all’alma
che più cercar in questo mar la calma.
Meglio è il dir: «Il cor sofferse»,
che spiegar un duol presente.
Quello il tempo già sommerse,
questo ancor la pena sente. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W3 (51r)
19 imminente] emminente
_____________________
v. 20 nochier ‘nocchier’, forma ant. (BAT)
40
Il zeffiretto che tutto amore
A, bc
Il zeffiretto che tutto amore
vola nel prato baciando il fiore,
arresta i baci, Clori in mirar.
5
10
E nel mirarla ha tal consolo,
che a contemplarla sospende il volo,
poi ratto vola quella a baciar. (Da Capo)
Fuggi dal prato, fuggi, o Clori mia,
se con la gelosia
opprimer tu non vuoi l’anima amante;
fuggi, sì che a rapirmi ogni riposo
e a rendermi geloso
130
15
20
Capitolo III
del vago tuo sembiante
ancor un’aura basta,
et ogni suo piacere al cor contrasta;
fuggi, ché mi contento
penare in rio tormento,
da te lontano ancora!
Così la gelosia m’affligge ognora.
Fuggi, mio bel tesor,
ascondi il tuo sembiante,
ché troppo è del mio cor la gelosia.
Mostrar quella beltà
che già mi rese amante,
a te sembra pietà, ma è tirannia.
>Fuggi, mio bel tesor< (Da Capo)
Fonte di riferimento:
LI
3 arresta i baci] i baci arrestar
______________________
vv. 1-6 aria di doppi quinari; v. 4 consolo ‘consolazione’, ‘conforto’ (BAT); v. 13
basta indicativo per il congiuntivo; v. 13 contrasta indicativo per il congiuntivo; v.
20 ascondi ‘nascondi’
41
Insoffribile tormento
Insoffribile tormento
è celar d’amor il foco,
né poter dir: «Per te moro»,
5
e fra ceppi d’un crin d’oro
consumarsi a poco a poco. (Da Capo)
S, bc
I testi poetici
10
131
Inimica d’Amore, la beltà,
che d’irritar non oso,
più d’immobile selce
duro e gelido ha il core.
Vibra fiamme ognor, né sente ardore.
Pur ch’io possa rimirarvi,
pupille amabilissime,
è dolce il mio languir.
15
Se mi lice rimirarvi,
in diletto
si cangia ogni martir. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (9)
Altre intonazioni:
SAR = Nicola Sarro
2 è] è ’l SAR; 3 né poter dir: «Per te moro»] e vietarmi il dir che moro SAR;
6 Amore] Amor SAR; 8 immobil; 10 ognor] d’amor SAR; 12 pupille
amabilissime] pupillette care care SAR; 13 è] sarà SAR; rimirarvi]
vagheggiarvi SAR
__________________
v. 10 dialefe tra fiamme e ognor; vv. 11-16 schema metrico 7 a8 b’’ c’/ a8 d4 c’.
SAR modifica la coda dell’ultima aria (sarò fido nell’amare/ e costante nel soffrir),
cui aggiunge un recitativo: Se potessi narrarvi il mio desire/ per troppa gioia
crederei morire
42
Là dove d’atre tenebre vestito
[L’olmo]
Là dove d'atre tenebre vestito
muscosa umida bocca un antro apriva
Filen, sedendo, un giorno
S, 2 vl, bc
132
5
10
15
20
25
30
35
Capitolo III
vide un olmo che, privo
del vago onor della compagna vite,
in orrida sembianza
pianger parea la sua fatal mancanza;
pietoso egli a tal vista,
ver lui si volse a contemplar le secche
cadenti foglie in su quel tronco esangue.
Fisso, attento il mirava,
indi poi seco in guisa tal parlava:
«Pianta infelice,
di', per pietà,
se a te ancor Nice
mancò di fé.
Ben al mio core
palese il fa
quel rio pallore
che veggo in te. (Da Capo)
Già so che quell'infida,
sotto la tua bell'ombra assisa, un tempo
prendea grati riposi
nella calda stagion dei dì noiosi;
so che lodando andava
delle verdi tue fronde il bel riparo;
so che i miei fidi amori,
allor ch'eran felici, spesso lieta
sedendo a te d'accanto,
noti all'aure ella fea col dolce canto;
ma, oh dio! che poi, crudele,
volgendo ad altra pianta il suo desio,
infedel, ti lasciò
e al par dell'amor mio t'abbandonò.
Su tuoi rami inariditi
più non vola l'augellino,
né più, stanco peregrino,
a te presso ferma ’l piè.
I testi poetici
40
133
Sì, piangemo dunque uniti
del suo crudo ingrato core
l'incostanza del suo amore,
la mancanza di sua fé». (Da Capo)
Testo di riferimento:
S 1724 (10)
Fonti non consultate:
B1
Altre intonazioni:
MARb = Benedetto Marcello
GRA1 = Carl H. Graun
SAM4 = Giuseppe Sammartini
1 attre SAM4; 7 piagner MARb; 9 ssi GRA1; 10 cadanti GRA1; essangue
GRA1; 11 fisso] fiso e MARb; 21 già so che] dimmi: forse MARb; 23 grati]
dolci MARb; 24 stagion dei] staggion de’ MARb; 25 ladando GRA1; 26
frondi MARb; riparo] riposo SAM4; 27 miei] mi GRA1; 28 ch’] che SAM4;
29 d’arcando GRA1; 31 oh] ch’o GRA1; 38 ’l] ilr; 37 pellegrino MARb; 38
ferma] ei fermar; ’l] il SAM4; a te presso ferma ’l piè] sotto l’ombra tua ne
sta MARb
_____________________
v. 30 fea ‘faceva’, forma contratta presente nella lingua letter., in analogia con ‘stea’
(ROH); v. 39 piangemo ‘piangiamo’, forma presente nelle Marche, Umbria, Lazio e
nella parte settentrionale dell’Italia meridionale (ROH). MARb presenta un
differente attacco (Su d’un colle fiorito, al di cui piede/ tra verdi sponde un picciol
rio correa,/ Daliso, assiso, un giorno/ …); muta inoltre la seconda strofa dell’aria Su
tuoi rami inariditi: Piagneremo dunque uniti:/ tu l’accerbo suo rigore,/ io del
barbaro suo core/ l’incostanza e l’empietà (vv. 39-42)
43
L’idol mio de pianti miei
L’idol mio de pianti miei
pur alfin sentì pietà,
A, bc
134
5
10
15
Capitolo III
e in virtù del suo dolore
il mio core
vinse alfin la crudeltà. (Da Capo)
Nice, che pur solea del mio gran foco
e de sospiri miei rider ben spesso,
le pene mie più non si prende a gioco;
se al fianco suo m’appresso,
più non mi fugge, e s’io
d’amor le parlo, anch’ella
di parlarmi d’amor mostra desio.
Dolce e sereno il viso,
in me rivolge i rai s’io la rimiro
e sospira per me quand’io sospiro.
S’ardo, almen non son più solo
a languire, a sospirar.
20
Sente ancor parte del duolo
la cagion del mio penar. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W1 (25v)
Altri testimoni:
BER = A. Bernardoni
5 la] sua BER; 14 sereno il] serena in BER
_____________________
v. 20 la cagion del mio penar : la donna. Il testo è di Pietro A. Bernardoni (cfr. BER,
pp. 259) e fa parte di una serie di poesie contrassegnate in calce con la sigla “K: k2”.
Il titolo della cantata letteraria è Crede d’essere corrisposto [dalla S.D.]
I testi poetici
44
5
10
Lisetta, mi tradisti
«Lisetta, mi tradisti,
ma forse ancor con me tradita sei:
quel pastor che vantasti
esser di me più fido,
con Nice tua rival parlò d'amori.
Nella vicina selva il viddi e intesi,
né m'ingannai, tel giuro,
perch'ebbi tempo d'osservarli attento;
a te tocca il farne aspra vendetta,
ma sia la tua vendetta il pentimento.
Torna, vieni a questo seno,
non seguir chi t'ingannò;
fa’ che il core sappia almeno
di qual fallo egli peccò». (Da Capo)
15
20
25
30
Non rispose Lisetta a questi accenti,
ma risposer per lei gl'occhi e un sorriso
tal che con baci il pastorel ardito
incontrò fra le labra
di Lisetta, la bella, il cor pentito.
È pena tiranna
veder la sua bella
crudele e rubella
col suo amator;
ma il duol non affanna,
se il vago suo bene
ristora le pene
lasciando il rigor.
Apprende a soffrire,
conduce al gioire
amante fedele
il Nume d'amor.
135
S, bc
136
Capitolo III
Testo di riferimento:
DS1 (13)
Altri esemplari:
BG1 (10)
6 intessi BG1; 12 chi] che BG1r; 13 che il] ch’ilr; 13 sapia; 16 soriso BG1;
17 bacci BG1; 28 aprende BG1; 29 al] ar; 31 amore BG1
____________________
v. 6 viddi ‘vidi’, forma toscana (ROH); v. 9 dialefe tra farne e aspra; vv. 20-31 aria
tristrofa.
45
Lontananza crudel, quanto m'affanni
Lontananza crudel, quanto m'affanni!
5
10
Tutte nel sen io provo,
raccolte in una sol, pene mortali;
non ha esempio il mio duolo,
non ha uguali il mio core
nel soffrir, nel provar cotanti mali.
Pensando sol all'idol mio lontano
s'apron gl'argini al pianto, al cor le piaghe;
da sospiri frequenti più s'accende
l'infiammato mio sen e par che tutti
gl’affetti stessi sian ver me tiranni.
>Lontananza crudel, quanto m’affanni!<
Date pace un sol momento,
crude pene, a questo core,
o ch’esangue ei morirà.
15
Se vivrà fra doglie e stento,
sarà pago quel rigore
S, bc
I testi poetici
137
ch’inventò la crudeltà. (Da Capo)
20
Ah no, che senza Filli, ch'è mia vita,
è una morte peggior il viver mio!
Di due gravi dolori
ellegassi, mio cor, dunque il minore:
morassi pur, e con la morte mia
seco mora del cor la doglia ria.
25
30
Vorrei pur rimirar
avanti di morir
una sol volta almen
Filli adorata:
forse il mio lagrimar
potrebbe il cor ferir
del mio lontano ben,
di quella ingrata. (Da Capo)
Testo di riferimento:
L3 (75r)
Altri esemplari:
DS1 (9)
Altre intonazioni:
ANT = Luigi Antinori
5 eguali ANT; 6 costanti DS1; 8 gl’] gli ANT; 11 sian] siam L3 DS1; gl’] gli
ANT; 14 ch’esangue] che esangue DS11; 17 ch’] che DS1; 21 elegassi DS1;
] eleggasi ANT; mio cor] il mio cor ANT; 22 morasi ANT; 25 avanti]
avvanti L3r; 29 ferir] ferri L3; 31 quella ] quell’ ANT
_________________________
v. 21 ellegassi ‘si elegga’, si scelga’; v. 22 morassi ‘si morrà’. Il v. 1 è intonato
come arioso; in DS1 compare all’inizio e al termine del recitativo, in L3 solo
all’inizio. Antinori intona la strofa «Lontananza crudel, quanto m’affanni» con un
semplice recitativo anziché, come Ariosti, con un arioso.
138
46
Capitolo III
Luci, voi siete quelle
S, bc
Luci, voi siete quelle
ch'a l’alma mia rubelle
fate soffrir al cor aspro dolore;
5
10
15
20
perché, se siete belle
al par di vive stelle,
al cor non influite
influssi di pietà, non di rigore? (Da Capo)
Nel luminoso ciel de vostri sguardi
credei trovar, fra quei celesti giri
ove resiede una beltà divina,
ristoro a miei sospiri;
ma vedo, ahi lasso!
ch'ancor nel Ciel si trova
alme di scoglio e deità di sasso.
Finché distrutta fia,
sarà quest'alma mia
esposta a' raggi tuoi, Nice spietata.
Estinto, ancor vagante
sarà quest'alma amante
intorno a te, crudel, per dirti: «Ingrata!». (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (7)
Fonti non consultate:
B7
2 ch’] cher; 17 Nice spietata] spietata Nicer
_________________
vv. 1-7 schema metrico 7a a B11/ a a c B11; v. 2 rubelle ‘ribelle’, forma aulica e
toscana con labializzazione della vocale protonica (ROH); v. 6 influite ‘trasmettete’;
v. 10 resiede ‘risiede’, forma ant. con palatalizzazione della vocale protonica; v. 13
trova ‘si trovano’ (accordo con sogg. plurale)
I testi poetici
47
5
10
Lungo un placido rio
139
S, bc
Lungo un placido rio
portò il fianco Climene in grembo ai fiori
per dar tregua col sonno a’ suoi dolori;
ma la fede schernita
dal traditor Celindo
le contende la pace,
obliga e sforza in sospiri dolenti
a sprigionar la lingua in questi accenti:
«Bella cosa sarebbe amore,
se regnasse in questo core
la costanza e fedeltà;
ma, se crede donna amante
di trovar un huom costante
in amore, è vanità. (Da Capo)
15
20
25
Ah, perfido Celindo,
come potesti abandonar Climene,
questa Climene, oh dio!
cara un tempo e gradita,
che sovente chiamasti:
«Luce degl’occhi miei, speranza e vita»?
Queste son le promesse,
quest’è la data fede
che mio sempre sarai?
Sfortunata colei che più ti crede.
Nel centro dell’alma
nasconditi, Amore,
e cedi la palma
a un giusto rigore;
tradita, negletta,
corro rapida, volo alla vendetta». (Da Capo)
Testo di riferimento:
SO2 (17)
140
Capitolo III
Fonti non consultate:
Bs3
B8
2 fiori] fori; 6 pace] poco; 26 nasconditi Amore] nascondet’Amorer
____________________
v. 9 verso ipermetro sanabile con saria; vv. 9-14 schema metrico 8 a9 a b’/ c c b’;
v. 16 abandonar ‘abbandonare’
48
5
10
Mentre dormiva Nice
Mentre dormiva Nice
al dolce mormorio d'un vago fonte,
leggevassi sul fronte della bella,
afflitta pastorella
ogni doglia ch'in lei soffriva il core
per l'absenza crudel del suo pastore.
Sospese il passo a un sì gentil aspetto
Alindo il giovinetto
sapendo che il rival stava lontano;
in dolci note e con pietosi detti
sciolse la lingua in amorosi affetti:
«Se sta lungi un cor che t'ama,
n'hai vicino un che t'adora;
15
20
quel non sente i tuoi sospiri,
questo vede i tuoi martiri
e per te se n'adolora». (Da Capo)
Vidde il novel pastore
da quest'accenti il riso
su le labra apparir di Nice amante
e, da un sospir ch'intese
uscirle con violenza fuor dal petto,
si avvide che i suoi voti
S, bc
I testi poetici
25
30
141
nel bel seno di lei havean ricetto.
Apperse i lumi allor la pastorella
e, nel veder il giovinetto errante,
d'un modesto rossor la guancia tinse,
poscia tra sé a favellar s'accinse:
«La mia fede tosto cede;
se non vieni in sua diffesa,
ho smarita mia costanza.
Di resistere all'amante
questo core vaccillante
va perdendo la speranza».
35
Indi rivolta al pastorel vezzoso
con un sguardo pietoso,
stringendole la destra, altro non disse.
Così la dolce sua strana ventura
su la scorza d'un faggio Alindo scrisse.
Testo di riferimento:
DS1 (11)
1 dormiva] dormi a; 29 vieni] vienni1; 38 scrisse] strinse1
_______________________
v. 3 leggevassi ‘si leggeva’ ‘trapelava’; v. 6 absenza ‘assenza’; v. 16 n’adolora
‘n’addolora’; v. 17 vidde ‘vide’, forma tosc. (ROH); v. 24 apperse ‘aperse’; v. 29
diffesa ‘difesa’, forma ant.; v. 30 smarita ‘smarrita’, forma ant.; v. 32 vaccillante
‘vacillante’, forma ant.
49
Mi convien soffrir in pace
Mi convien soffrir in pace
un dolor che mi tormenta:
troppo è bella la caggione
S, bc
A, bc
142
Capitolo III
che silenzi al duol impone
e che in sen il cor mi sface. (Da Capo)
5
10
Tallor bacciar conviene
quella mano che merta esser recisa
e quei lacci adorar che ci dan pena,
tal che virtude ignotta
nell’oggetto dimora
che la mente mortal ancor non cape.
Cessi di mormorar flebil Natura,
ché se piacer nel tormentarci prova,
ogni piacer qua giù passa e non dura.
15
Va il piacer col duol congiunto,
questo sol sperar mi fa.
Io che son dal duol oppresso
vuo’ sperar che il duol istesso
in piacer si cangerà. (Da Capo)
Testo di riferimento:
B4 (110): per S
Altri esemplari:
W1 (33r): per A
1 soffrir] soffrirlor; 2 un] ilr; 3 cagione W1; 7 reccisa W1; 9 ignota W1
_____________________
v. 3 caggione ‘cagione’; v. 6 tallor ‘talora’; bacciar ‘baciare’; v. 9 tal che ‘dato
che’; ignotta ‘ignota’; v. 11 cape ‘capisce’, forma ant. (BAT)
50
Mio nemico pensier, perché alla mente
Mio nemico pensier, perché alla mente,
infido, l’idol mio crudel dipingi?
No, quel divin sembiante
S, bc
I testi poetici
5
è specchio d’un bel core
ove, in suo trono, ogni virtù risiede
né sa mancare alla giurata fede.
Movegli intorno Amore
placido volo e tardo,
miralo senza dardo
e senza face.
10
Compagno non ha il duolo,
seco non ha l’inganno,
ma sola e senza affanno
è la sua pace. (Da Capo)
15
20
Quella fronte serena,
quel guardo ritrosetto,
quel volto pallidetto
non sa celare inganno.
No, mia vezzosa Irene,
non può renderti infida
la mia nemica stella,
perché saresti allora
meno degna d’amor, se non men bella.
25
30
No, non saresti, no,
degna d’amor così,
se tu potessi un dì
mancar di fede;
Solo la bella fé
in un nobile cor
è del costante amor
degna mercede. (Da Capo)
Testo di riferimento:
L1 (75r)
____________________
v. 18 sa ‘san’
143
144
51
5
Capitolo III
Mirate, occhi, mirate
S, bc
Mirate, occhi, mirate
quanti nel suol, nel cielo, intorno a voi
si dimostrano oggetti
nella loro beltà tutti perfetti;
e dite allor di voi, superbi e paghi:
«Noi fra tante beltà siamo i più vaghi».
Per provar la sua costanza
luci belle Amor vi fe’;
né ardria di nuovo farvi
perché vide in rimirarvi
ch’ogni preggio a voi già diè. (Da Capo)
10
15
20
Pur ben che in voi di rimirar mi lice
tutto il bel ch’in altrui sparso vedete,
sorte è per voi felice
che non potiate rimirar voi stesse
perché, voi stesse amando,
troppo misere allora
vi faria la beltà ch’or vi fa liete,
e saria crudeltà, luci innocenti
che provaste in amarvi i miei tormenti.
Non curate, luci amate,
di veder se siete vaghe:
ben vedete quel che siete
nel rigor de le mie piaghe. (Da Capo)
Testo di riferimento:
M (31): attribuito erroneamente a Giovanni Bononcini
Altri testimoni:
B9 (245)
L1 (62r)
2 cielo] ciel L1 B9; 3 si] sé L1 B9; 5 e paghi] et piaghi L1 B9; 6 fra] fra i M;
I testi poetici
145
7 costanza] possanza M1; 8 luci] luce L11 B91; 9 di nuovo] di non a L1 B9;
10 in] - L1 B9; 12 in] - L1 B9; 13 altrui] atri L1; ] atria B9; 13 bel] bell L1
B9; 14 felice] felici L1 B9; 16 amando] mando M; 17 misere] misera B9; 18
fa liete] sa lieta M; 20 tormenti] menti L1; ] lamenti B9; 22 vaghe] vaghi
B91; ] vage Mr
_____________________
v. 3 si dimostrano ‘si rivelano’, ‘appaiono’; v. 9 ardria ‘ardirebbe’; v. 11 preggio
‘pregio”, forma ant.; v. 12 pur ben che ‘sebbene’; v. 15 potiate ‘possiate’, forma
toscana ant. (ROH); v. 18 faria ‘farebbe’. I testimoni LI e B10 sono imparentati.
52
Morto è Amor, ninfe, piangete
Morto è Amor, ninfe, piangete!
5
Sì, sì, morìo Cupido,
quel che per voi predava i più bei cori,
quel che i vostri rigori
amabili rendea,
quel che temuta fea vostra beltade
ad ogni sen più forte,
quel che dolce rendea per voi la morte.
Belle ninfe, or che farete?
>Morto è< (Da Capo)
10
Non sia solo il vostro pianto
che accompagni la sua sorte,
ma più fiere abbiate il vanto
de seguir chi gli diè morte. (Da Capo)
15
Stava scherzando Amore
per delizia e trastullo
in fra le rose e gigli,
vago di bei vermigli.
S, bc
146
20
25
30
Capitolo III
Del bel piede immortale
angue fiero e letale
bacciar avido il volle e lo ferìo
e dal morso crudel Amor morìo.
Hor se bramate
saper di più,
ninfe, mirate
il crudo vostro sen;
fra quelle rose
serpe ascose,
e gelosia
sol fu che diede,
Amor, mortal velen. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (8)
11 che] ch’r ; 19 letale] leta e
____________________
v. 1 è intonato come un arioso e si ripresenta identico al termine del recitativo; v. 2,
21 morìo (accento ortofonico) ‘morì’; v. 6 fea forma contratta per ‘faceva’; v. 13 de
‘di’; v. 20 bacciar ‘baciare’; ferìo (accento ortofonico) ‘ferì’; vv. 22-31 schema
metrico 5 a b’a c’7 / d d e f c‘7 ; v. 27 dialefe tra serpe e ascose
53
5
Ne’ spazïosi campi
Ne’ spazïosi campi
de la stellata mole appena il giorno
d’un mese scorso avea
Cinzia, la vaga Cinzia,
la pallidetta dea,
che lungi dal suo bene,
dall’adorata Irene, era Fileno.
Co’ pianti e co’ sospiri
A, bc
I testi poetici
10
15
20
25
30
35
40
misurava dell’ore i tardi moti
e rimprocciava al negitoso vecchio
i pigri passi che lontan da Irene
tratenea l’amante
che, afflitto e delirante,
a stimolar co’ queruli lamenti
la quadriga di Febo
così s’accinse o in simiglianti accenti:
«Hore pigre
del tempo edace,
sì, sì, volate;
la cara pace
deh mi rendete
a questo sen!
Tardi moti
a temi lenti,
o che ridite
li miei tormenti,
o mi rendete
tosto al mio ben.
Fidi araldi del core,
moti minuti ed hore,
ite all’idol mio, ite al mio bene:
diteli di Fileno
il viver infelice
per sì longa dimora,
lontan dalla beltà che sola adora.
Forsi, mossa a pietade,
per consenso simpatico de’ cori,
minorarli potrà la bella Irene
parte de suoi dolori.
Ah no, fermate!
Non fia mai che sì bel seno
si perturba in quel sereno;
cor sì barbaro non ho.
147
148
45
Capitolo III
Ah sì, volate,
trasportate il bel desio
dove regna l’idol mio,
già ch’il piè si ferma qui!».
Testo di riferimento:
W1 (6)
Fonti non consultate:
L5 (contiene solo la 1a aria)
13 afflito; 42 in quel] un qua il; 44 ah] alr
_____________________
v. 4 Cinzia (altro nome di Artemide) la dea sorella gemella di Apollo; v. 6 che ‘da
quando’; v. 10 negitoso (la consonante g si pronuncia velare) ‘neghittoso’,
rimprocciava ‘rimproverava bruscamente’; il negitoso vecchio è Febo che traina la
quadriga del sole; v. 12 tratenea ‘tratteneva’, singolare per il plurale ‘trattenevano’;
vv. 17-28 schema metrico 5 a4 b b b c d’5/ e4 f d f c d’5; v. 18 edace ‘vorace’, ‘che
scorre con velocità’; v. 24 temi i ‘motivi conduttori’ dei tardi moti, ‘movimenti
lenti’, espressione figurata (forse da emendare in ‘tempi’); v. 31 dialefe tra ite e
all’idol; v. 32 diteli ‘ditegli’; v. 36 forsi ‘forse’; v. 38 minorarli ‘minorargli’, ‘far
diminuire di consistenza a lui’; vv. 40-47 schema metrico 8 a5 b b c’/ a5 d d e’; v.
42 si perturba indicativo per il congiuntivo, ‘si offuschi’.
54
5
Nice, quella severa amabil ninfa
[Gelosia]
Nice, quella severa amabil ninfa
che tante volte e tante
giurò di non amare, alfine è amante;
sì, quella Nice a cui
tante lagrime sparsi,
quella per cui tutt'arsi
e ch'ebbe ognor per me di giaccio il core,
hoggi, ma sol per Tirsi, è tutta amore.
Quando Tirsi ella rimira,
S, bc
I testi poetici
10
15
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25
149
o che tace o che sospira,
ma tacendo e sospirando
pur gli dice: «Ardo per te».
S'io pietà da lei dimando,
ella tace o sol mi dice:
«Infelice, datti pace,
che per te pietà non v'è». (Da Capo)
Ah, saria troppo grande e troppo vile,
mio cor, la fiamma tua, se amassi ancora
d'un amor sì costante e sì gentile
una crudel ch'il tuo rivale adora.
Sai pur ch'arde per lui, benché lo nieghi
e sai, povero cor,
che non t'amò giamai;
anzi, tu sai che quella
perfida pastorella
te, che l'ami, non cura ed ama intanto
un traditor che ne schernisce il pianto.
«Io so» - risponde il cor «che infida è Clori.
30
Pur mi lusinga Amor
perch'io l'adori!». (Da Capo)
Testo di riferimento:
Wg (17)
Altri testimoni:
DS1 (9)
BER = P.A. Bernardoni
5 sparsi] io sparsi BER; 7 il ] el DS1; 8 per] pe DS1; 12 ardo] ado, ardor
DS1r; 16 che] chi Wgr; che per te pietà non v’è] che pietà per te non v’è
Wgr; 29 che] ch’ DS1; 29 che infida è Clori] che ingrata è Nice BER; 30
lusinga] promette BER; 31 perch’io l’adori] d’esser felice BER
_______________________
150
Capitolo III
v. 7 giaccio ‘ghiaccio’, forma toscana con palatalizzazione della consonante finale
del tema (ROH); v. 23 giamai ‘giammai’. Il testo è di Pietro A. Bernardoni (cfr.
BER, pp. 270-271).
55
Non v’è pena maggior del mio tormento
Non v’è pena maggior del mio tormento:
5
lungi dal Sol ch’adoro
con miserabil sorte
vivo morendo e in un, vivendo, moro;
e il più crudele e forte,
di quanti rei martiri
ha nel suo regno Amor, nel petto io sento.
>Non v’è pena maggior del mio tormento.<
Gran flagello è la speranza,
gran martire è gelosia,
10
ma non v’è di lontananza
in un cor pena più ria.
>Gran flagello< (Da Capo)
15
20
Con l’amabile idea di tua bellezza,
per esserti lontano,
li miei mesti pensieri
tento di lusingar, ma tento invano
(anzi, sempre più fieri
crescon gl’affanni miei),
poiché, s’al mondo sei
sì bella e sì vezzosa,
hor che n’è privo il core
non posso a te pensar senza dolore.
S, bc
I testi poetici
151
Mio bel Sol, ritorna omai
co’ tuoi rai
questo ciglio a consolar.
25
Già gran tempo fu diviso
da quel viso
che lo sforza a lagrimar. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W3 (482)
Altri esemplari:
M (attribuito arbitrariamente a Giovanni Bononcini)
Fonti non consultate:
B7
5 forte] sorte M; 7 suo] mio W3; Amor] Amore M; 12 idea] si dua M; tua] tua M; 14 li] i M; 20 privo] puno M
_____________________
v. 4 in un ‘al tempo stesso’. Il v. 1 è intonato come arioso e si ripete al termine del
recitativo.
56
Non voglio udirti, o core
Non voglio udirti, o core:
so che d’un infedele
narrar vuoi le discolpe e il finto amore
e agl’occhi miei farlo apparir fedele.
5
Taci, o cor, che ancora ha sede
nel mio sen l’antica face.
Troppo facil daria fede
l’alma accesa a quel che piace.
S, bc
152
Capitolo III
>Taci, o cor< (Da Capo)
10
15
20
25
Taci dunque, o mio core, e ceda omai
un’empia Fille a una più fida Irene;
Irene, o dio! che da celesti rai
sparge gl’influssi a serenar le pene;
di lei che spiega, altera in fronte, accolto
il bel fato de l’alme,
Amor, di gioie fabro,
formò l’aurato crine e il roseo volto,
il latteo seno ed il purpureo labro,
ed in far queste membra imitò quelle
che la sua bella madre ha così belle.
Que’ bei labbri sì vivaci
van chiedendo baci, baci
ad un cor che ben l’intende.
E se allor avida bocca
baci scocca,
piglia baci e baci rende. (Da Capo)
Testo di riferimento:
LA
Altre intonazioni:
BAD = Agostino Badia
3 il finto] in un BAD; 4 agl’] agli BAD; farle BAD; 5 ancora] ancorr; ancora
ha sede] sento ancora BAD; 7 daria] davi BAD; 8 accessa; 9 dunque] dun; ]
duncque BAD; core] cuore BAD; 11 da] dai BAD; 13 alterra; 18 ed] et
BAD; 20 quei BAD; labri BAD; 21 chiedendo] dicendo BAD; 22 l’intende]
gl’intender; ] gli apprende1; ] l’apprender BAD; 23 allora BAD; 25 baccir
____________________
v. 7-8 espressione enclitica ‘troppo facile sarebbe che l’anima desse fede’; v. 12
gl’influssi ‘i benefici influssi di Irene’; v. 15 fabro ‘fabbro’; v. 17 labro ‘labbro’
I testi poetici
57
Occhi belli ma troppo superbi
153
S, bc
A, bc
Occhi belli ma troppo superbi,
fulminate quest'alma, sì, sì,
ché dai colpi spietati ed acerbi
la costanza si prova così. (Da Capo)
5
10
15
Voi del foco ond'avampo
siete le due fucine
in cui temprando va
le saette sue beltà tiranna.
Dentro voi si condanna
all'amoroso inferno il van pensiero
e verso voi pur anco
va del ciel de' diletti il ben, sentiero
onde con doppia forza
sol in voi, se v'aprite,
ha vita il core e in voi, se vi chiudete,
è morto, è morto amore.
Amor occhi non ha
e pur cogl'occhi sol piagando va.
20
25
Egli non è ch'un guardo e sol un guardo,
e il guardo è sol il dardo
con che i tormenti al cor dà la beltà. (Da Capo)
Così da un ciglio sol>o< rende sovente
da prospera ad adversa altrui la sorte,
mentre alla sfera sua s'aggira>n< intorno
stelle e soli, ombra e luce e notte e giorno:
stelle d'influsso barbaro,
soli d'immenso ardor,
30
ombra di doglie orribile,
luce di gioia al sen,
notte di morte all'anima,
giorno di vita al cor. (Da Capo)
154
Capitolo III
Testo di riferimento:
SW (136), per S
Altri esemplari:
BR2: copia di SW del 1906
K (contiene solo la 1° aria), per B
LL (contiene la sola parte del Canto della 2° aria), per S
Fonti non consultate:
SO1
Altre intonazioni:
ORL = Giuseppe Orlandini (solo i vv. 5-10 del 1° recitativo, compresi nella
cantata Se sola mia morte, D-SWl, Mus. 4074)
3 dai BR2 ] dal SW; ed] et K; 5 fuoco ORL; 6 fusine ORL; 7 temperando
ORL; 10 amoroso BR2; ] amorose SW; van BR2; ] vam SW; ] vano ORL;
18 pur cogl’occhi] sempre sempre LL1 ; 19 ch’un] - ch’ BR2; è ch’un] och
LL; guardo ] gardo SW BR2; e sol un guardo] - LL; 20 è sol] sol è LL1; 21
i] il SW BR2; dà] de SW; cor] cuor LL; 22 rende] prende SW; sovente]
sevente SW; 23 da] a SW BR2; 24 s’aggiram SW; 31 cor] cuor SWr
______________________
v. 4 si prova ‘viene messa alla prova’; v. 5 avampo ‘avvampo’, forma ant.; vv; v. 21
con che ‘con il quale’; v. 22 verso ipermetro; v. 23 adversa ‘avversa’; altrui ‘ad
altri’; v. 24 verso ipermetro
58
5
O Filli, o dolce nome
O Filli, o dolce nome
che dalle labra al cor
mandi, né so dir come,
un sì cocente ancor gradito ardore
che mi strugge in un punto e mi diletta,
lascia che per vendetta
t`articoli sovente il labro mio;
e se alla fin deg`io
S, bc
I testi poetici
10
155
ceder morendo al rigido tormento,
lascia che in quel momento
l`ultimo de` respiri
pronunci il tuo bel nome, e poi ch`io spiri.
Caro nome, nome amabile,
sei del cor dolce veleno;
15
perché io t`ami ognor costante,
scaltro labro il Dio volante
con lo strale formidabile
ti scolpì dentro il mio seno. [Da Capo]
Testo di riferimento:
BG2 (a Bergamo è stata rintracciata questa intonazione anonima, ma
concordante nell’incipit testuale con l’esemplare segnalato da Eitner O Filli,
o dolce: quest’ultima fonte era stata catalogata dallo studioso tedesco tra le
carte manoscritte dell’archivio della Sing- Akademie di Berlino, ove però
oggi non è più presente: cfr. EIT)
14 sei] ser
____________________
v. 2 labra ‘labbra’, forma ant. (BAT); v. 7, v. 16 labro ‘labbro’, forma ant.; v. 8
deg’io ‘degg’io’, forma toscana con palatalizzazione della consonante finale del
tema (ROH); vv. 13-18 schema metrico 8 a’’ b/ d d a’’ b; v. 15 sinalefe tra perché e
io; 16 il Dio volante Amore
59
Oh miseria d’amante core
>Oh< miseria d’amante core,
oh tiranna gelosia!
5
Vive, ma vive, oh dio!
morendo d’ora in ora
questa sempre infelice anima mia?
S, bc
A, bc
156
Capitolo III
>Oh miseria< (Da Capo)
Nice crudel, perché
stillar mi vuoi nel sen
il barbaro velen
di gelosia?
10
Sospira sol per te
quest’alma e questo cor,
ma il tuo novello ardor
radoppia il mio dolor,
la doglia mia. (Da Capo)
15
Ma già che l’amor mio, i miei sospiri,
la fede e la costanza
poco gradisci, infida, io t’abbandono,
né più sperar da questo cor perdono!
20
Posso con questo cor
trovar altra beltà
meno incostante:
di me si vanta Amor,
che nel suo imper non ha
più fido amante. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W1 (12): per A, in re
Fonti non consultate:
B8 (per S)
Bs6 (per S)
SO2 (per S)
Bs2 (per A)
Altre intonazioni:
KEY = Reinhard Keyser, col titolo “Il geloso sprezzante”
3 o KEY; 7 vuoi] voi KEY; 11 - e KEY; 14 mia] rio1 W1; ] ria KEY; 16 - e
I testi poetici
157
KEY; 17 t’abandono KEY
_____________________________
v. 1 verso ipermetro; v. 13 radoppia ‘raddoppia’; v. 18 sperar imperativo: il
protagonista si rivolge a Nice. I vv. 1-2 sono intonati a mo’ di arioso e si ripetono al
termine del recitativo.
60
Or vantatevi, o pupille
S, bc
Or vantatevi, o pupille,
del bel colpo che faceste!
Il mio cor fu scopo a mille,
ma voi sole vi coglieste. (Da Capo)
5
10
Non è però sì glorïosa impresa
ferir un seno amico
che il cimento incontrò senza difesa.
Hor io son nell’intrico:
ecco la mia ferita, a voi s’aspetta
di trovar per guarirmi una ricetta.
Se nel ciglio haveste l’armi
per piagarmi,
un rimedio per sanarmi
forse il labro troverà.
15
Che se un ciglio il dardo scocca,
allor tocca
con un bacio a bella bocca
quella piaga risanar. (Da Capo)
Testo di riferimento:
L2 (208v)
______________________
v. 3 a mille (colpi); v. 4 vi coglieste ‘ci toccaste’, ‘colpiste il cuore con amorose
158
Capitolo III
frecce’; v. 9 ‘s’aspetta a voi ‘tocca a voi’; v. 14 labro ‘labbro’; v. 15 c h e
subordinante generico (cfr. SER, § XIV.10.82, p.695). Il testo è di Antonio
Ottoboni, come indicato nel frontespizio del volume; non vi è traccia di una versione
poetica autonoma.
61
Pasce al suono del mio canto
5
Pasce al suono del mio canto
il mio gregge in verdi sponde
e tra i fiori io miro intanto
ruscelletto garulletto
mormorar con limpid’onde.
10
Tendo ai pesci e, presi all’amo,
folle instinto alcun ne mena,
mentre intanto su quel ramo,
bella e dolce, canta e molce
le mie cure Filomena. (Da Capo)
15
20
O fortunate selve
in cui solo han ricetto
semplici augelli ed innocenti belve,
in voi tutto è ristretto
quanto di pellegrino Amor possiede,
in voi Nice soggiorna e voi di fiori
spesso arrichisce il suo leggiadro piede.
Care selve, selve amiche,
piagge apriche
in cui Nice si riposa,
quanta gioia al cor m’instilla
la tranquilla
solitudine odorosa! (Da Capo)
25
Ma più d’ogn’altro fortunato, fiume
in cui se stessa specchia
S, 2 vl, bc
I testi poetici
159
la bella donna e fissa il divin lume!
30
O preggiato fiume, vago
più del Tago,
de tuoi flutti al lieve corso
poni il morso ove si va.
35
Prego l’aure mobilissime
che dian tregua alle tue linfe,
perché possan le tue ninfe
sicurissime
vagheggiar tanta beltà. (Da Capo)
Testo di riferimento:
LA (56)
2 verdi] verr; 4 rusceletto1; 5 limpid’] limpor; 6 pesci] pescie; 28 Tago]
Fago1 Tager; 31 prego] pergo
______________________
v. 1 pasce ‘pascola’; v. 4 garulletto ‘garruletto’; v. 7 instinto ‘istinto’, forma ant.
(BAT); mena ‘conduce’; v. 9 molce ‘addolcisce’; v. 14 ristretto ‘racchiuso’; v. 15
pellegrino ‘raro per raffinatezza e singolarità’; v. 17 arrichisce ‘arricchisce’; v. 19
piagge ‘declivi’, forma ant. e lett.; v. 27 preggiato ‘pregiato’; vv. 27-35 schema
metrico 8a a4 b c’/ d’’ e e d’’ 4 c’; v. 28 Tago il fiume più lungo della Penisola
iberica; vv. 29-30 rimalmezzo corso: morso
62
5
Pastori, o voi ch’in pianto
Pastori, o voi ch’in pianto
stillate gl’occhi vostri
allhor che qualche belva
vi rapisce o divora
la tanto a’ lumi vostri cara e bella
amata pecorella,
compatite del pari il dolor mio,
mentre perdei anch’io
S, bc
160
10
Capitolo III
l’assai più delle vostrecara e bella,
amata pastorella.
Se di qua volgesse il piede,
fate fede
che per lei vivo in tormento.
15
20
25
30
D’ogni pena son herede
se non riede,
e di duol morir mi sento. (Da Capo)
Non men di voi io temo
che rapito non l’habbi,
d’ogni belva più fiero e più spietato,
un rivale amator di me geloso
che sovente turbò il mio riposo.
Più felici di me siete, o pastori,
perché, s’una vi manca
fra le vostre sì care pecorelle,
restan per consolarvi anche cent’altre;
ma il povero mio cor nel duol immerso,
perdendo il suo bel Sol, il tutto ha perso.
Cercherò fra monti e selve
quel crudel che m’ha rapito
il mio Sol, l’anima mia.
Non pavento fere e belve
per seguir chi m’ha tradito,
se mia scorta è gelosia. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W3 (44r)
______________________
v. 3 allhor ‘allor’; v. 8 mentre ‘dato che’; v. 18 l’habbi ‘l’abbia’; v. 31 fere ‘fiere’
I testi poetici
63
«Pastor, pastore, hai vinto»
161
A, bc
«Pastor, pastore, hai vinto» Nice mi disse alfin - «né questo core
di fredda selce oppur di gelo è cinto.
5
10
15
20
Per nuove difese
non ho più costanza;
baldanza non giova.
L’ardor che t’accese
passò nel mio core,
e là di sua forza
Amore fa prova». (Da Capo)
A tal voce io restai qual uom che sogna
e di sognar s’avvede
nuovo stato real, ma non lo crede.
Fede ancora negai
all’improvisa mia dolce ventura
ma pur, come credessi a tal lusinga,
alto premendo i miei timori ascosi,
a lei dopo un sospir così risposi:
«Bella Nice, io son felice,
né di più chiedo da te. >no<
D’ogni affanno
che il tiranno
crudo Amor mi fe’ soffrire,
assai bella è la mercé». (Da Capo)
Testo di riferimento:
W1 (8)
Altri testimoni:
BER = P.A. Bernardoni
3 oppur] or pur W1; gelo] marmo BER; 4 difese] difece W1; 10 fa] fe’ W1r;
13 non lo crede] al sogno suo non crede BER; 22 che il] ch’il W1r; 24 assai
162
Capitolo III
bella è] lieto son con tal BER
__________________
v. 15 improvisa ‘improvvisa’, forma ant. (BAT); v. 17 alto premendo ‘spingendo in
alto’, per estensione ‘reprimendo’. Pietro A. Bernardoni è l`autore del testo, che è
anche pubblicato separatamente dalla musica (cfr. BER, pp. 260-261); la lirica è la
terza della serie segnata in calce con la sigla “K: Kk3"; è intitolata Sa d’essere
corrisposto [dalla S.D.].
64
Per vincer il mio cor
[Diana in Latmo]
5
Per vincer il mio cor
pose in quel’occhi Amor
sì dolci dardi
che a’ primi cari sguardi
perdei la libertà.
10
Fui sì, bendato Arcier,
nemica al tuo voler,
ma vidi poi
che tutto quel che vuoi
in terra, in ciel si fa. (Da Capo)
15
Le ninfe amorosette,
nemiche al Nume arcier,
s’ingannano se credono,
fuggendo dal piacer,
fuggir l’affanno.
20
Fanno le semplicette
degl’anni in sul bel fior,
poi misere s’accorgono,
quando le sdegna Amor,
del folle inganno. (Da Capo)
S, 2 fl, bc
I testi poetici
163
Testo di riferimento:
S1719b
Altri testimoni:
S1719a (esemplare differente della stessa tiratura)
O2
ST (contiene solo la 1° aria)
ROL = P.A. Rolli
4 sguardi] guardi ST1; 6 fui] in ST; 11 amorosette] amorosete O21,
orgogliosette O2r ROL; 13 s’inganno O2; 15 l`affanno] affanno1 S1719a,
l`inganno O2; 16 semplicette] superbette ROL; 17 degl’] degli O21; in sul
bel fior] sal bel fier O2; 20 dell folle O2
_________________
v. 2 quel’occhi ‘quegli occhi’. Il testo è di Paolo A. Rolli, pubblicato separatamente
dalla musica (ROL). Il testo della cantata musicale (formata da 2 sole arie) non
coincide con quello della cantata letteraria, che premette al testo intonato 1 aria
(Quanto è possente Amor/ con l’armi del piacer!/ Per gloria sua maggior/ vincer il
mio rigor/ mancava al suo poter) + 1 recitativo (Or che prendo quiete/ dall’usato
sentiero/ o del Latmo selvoso/ care piante, aure liete, a voi ritorno,/ dove in dolce
riposo/ giace sovente Endimïon vezzoso); aggiunge inoltre 1 recitativo (Forse presso
a quell’antro a piè del monte/ riposerà il mio bene./ Ivi da viva fonte/ limpido rivo
scorre al prato ameno/ ed egli a quel soave mormorio/ dolce sonno trarrà dei fiori
in seno) + 1 aria (Tutti tacete, o venti/ e zeffiro tu solo/ placido sciogli ‘l volo/ ma
avverti, no ‘l destar./ Movete assai più lenti,/ del rivo o freschi umori,/ fra i sassi e
l’erbe e i fiori/ con dolce mormorar) + 1 recitativo (Già feci alto divieto/ a tutte le
mie ninfe cacciatrici/ di scorrer questa selva,/ perché le ore felici/ de’ dolci affetti
miei non sian turbate;/ e nemiche d’Amor le semplicette/ sian dal proprio rigor
sempre ingannate) tra le 2 arie. Si è qui ripreso il titolo in italiano della poesia, che è
bilingue in ROL (ha il testo inglese e quello italiano a fronte)
65
Pesan troppo su l’alma
[Libertà acquistata in amore]
Pesan troppo su l'alma,
Nice, crudel Nice, >crudel< le tue catene.
Io che lunga stagion tra lacci avvinto
trassi dal cor sospir, pianto dagl'occhi,
A, bc
164
5
10
Capitolo III
sia ragione sia sdegno o tua fierezza,
vago di libertà, sprezzo i legami.
Già saldata è la piaga, il foco è spento
e ti tolgo il piacer del mio tormento.
Quel servir senza mercede,
quell'amar senza speranza
è un trofeo d'inutil fé.
Sciolto io vuo' da lacci il piede
e sprezzando ogni costanza
più non bramo altra mercé. (Da Capo)
15
20
Non creder già ch'io passi
doppo un misero amor da giogo in giogo;
so che trovar potrei
in altra donna, o Nice,
se non volto più vago, alma più grata
ma, da mortal tempesta uscito a pena,
più in mar non mi lusingha aura serena.
In me spento d'amore sia il foco
che distrugge dovunque fa lume,
e chi il prova ridir lo potrà.
25
Quando ei nasce rassembra un bel gioco,
ma con l'empio crudel suo costume
poi tiranno d'ogn'alma si fa. (Da Capo)
Testo di riferimento:
S1724
Altre intonazioni:
MARa = Alessandro Marcello, limitatamente ai due recitativi
GRA3 = Carl H. Graun: per 2 vl., v.la
1 troppo pesan MARa; 3 avinto GRA3; 15 non] ma non MARa; - già MARa;
16 - un MARa; in] a MARa; 22 fuoco GRA31; 24 riderr
______________________________
I testi poetici
165
v. 7 foco ‘fuoco’, forma letteraria con conservazione di o in sillaba libera (ROH); v.
16 doppo ‘dopo’; v. 25 rassembra ‘sembra’, ant. e letter.. MARa modifica gran parte
del testo dei recitativi (cui seguono arie dal testo completamente differente): vv. 2-8
(bella sì, ma crudel Clori, i tuoi ceppi./ Io che lunga stagion penai cattivo,/ sia
ragione o sia sdegno,/ vago di libertà spezzo i legami./ Già saldata è la piaga e ‘l
foco è spento/ e già tolgo il diletto/ a la fierezza tua del mio tormento.) e vv. 17-25
(trovar forse, lo so, trovar potrei/ in altra ninfa, o Clori,/ se non volto più vago alma
più grata,/ ma uscito appena dal fatal naufragio/ non m’invogliano l’onde,/ né ad
incontrar io torno/ la saetta crudele,/ se ben medica man sparger m’addita/ di
balsamo vital la mia ferita.)
66
Piante incolte, erbe odorose
Piante incolte, erbe odorose,
deh mi dite se il mio bene
sopra voi preme il bel piè!
5
10
15
20
Cari augelli, aure vezzose,
consolate le mie pene
col mostrarmi dov'egli è! (Da Capo)
Ma con chi parlo, oh dio?
Passa di ramo in fronda augel cantando,
godon scherzando l'aure
sopra le piante di ruggiada asperse,
torna con pompa altera un mormorio,
ruscel che corre al mare,
né l'un né l'altro sente il dolor mio.
Ah se provaste un poco,
o piante o augelli o rio,
qual pena cruda sia la lontananza,
so che voi tutti allora,
fatti pietosi a le mie gravi pene,
compagni a me sareste
per rintracciar la mia perduta Irene.
L'adorar beltà crudele
è un dolor che fa penar,
S, bc
166
Capitolo III
è un penar che fa languir.
Ma l'amar in lontananza
è un dolor ch'ogn'altro avanza,
è il più fier d'ogni martir. (Da Capo)
25
Testo di riferimento:
BG1 (11)
Altri testimoni:
DS1 (7)
1 piante incolte] incolte piante BG11 e r DS11 e r; 2 dhe BG11; 6 dove egli
DS11 ; 11 marmorio DS1; 20 ritranciar DS1; 23 langur BG11 ; 25 avvanza
DS1
___________________
v. 10 ruggiada ‘rugiada’. BG1 presenta dopo il v. 26 un’altra aria + un recitativo,
ma forse si tratta di un’indebita interpolazione rispetto all’assetto originario dovuta
ad altra mano o dell’inizio di una nuova cantata (non necessariamente di Ariosti,
poiché l’aria e il recitativo aggiunti si trovano in un ms. miscellaneo): se
mantenessimo queste strofe, si avrebbe, in una stessa cantata, la successione di due
arie contigue. I versi aggiunti in BG1 sono i seguenti: Aria: Non si mira senza
danno/ lo splendor della beltà/ e nel trono d'un bel volto/ sta racolto/ Amor tiranno;/
un grande rigore,/ ma poca pietà. Recitativo: Ma senza duol non ode/ costei della
mia pena il grave duolo,/ anzi trionfa e gode/ di vedermi languir afflitto e solo;/ ahi
che sperar poss'io, s'Amor mi vede/ piangere e sospirar senza mercede?
67
5
Poiché Fidalbo amante
Poiché Fidalbo amante
da Clorinda delusa
risoluto tentò, ma sempr’invano,
fuggir del cieco Nume
la face, i dardi e le veloci piume,
mendicando conforto al suo languire
favellava così col suo desire:
S, bc
I testi poetici
10
15
167
«Vorrei fuggir Amor
per non sentir la pena,
ma troppo m’incatena
un biondo crin.
Troppo vivaci e belle
brillano quelle stelle
ch’accese in due begl’occhi
il Dio bambin».
>«Vorrei< (Da Capo)
Testo di riferimento:
SO1 (34)
68
Pur alfin, gentil vïola
S, v.la d’amore, bc
Pur alfin, gentil vïola,
tu giungesti a questi prati
che languian d’amor per te.
5
10
15
Vedi la superba rosa
che orgogliosa
sopra i fior nemica impera
ma al tuo aspetto meno altera
fra l’erbette vezzosette
china il fronte al tuo bel piè. (Da Capo)
Non fu saggio il consiglio, o rosa mia,
per spavento de’ fior l’alzarsi il trono
sopra il dorso crudel d’accuta spina.
Forse apprender volesti a chiunque regna
che per la vie del sangue sol s’impera
o pur che insegna gelosia di regno
a custodir con il rigore un soglio.
Oh quanto mai t’inganni, o fior superbo!
Sol l’amor de’ vassalli
168
20
25
30
Capitolo III
rende temuto il grande; oggi tu ’l vedi
e con rossor lo provi,
già che, <a> te ribellati e fiori e piante,
stanchi del tuo rigore,
per regina del prato oggi s’acclama
vïoletta gentil che inspira Amore.
Beltà, che col rigor
legar pretende un cor
per sempre in schiavitù,
non ben s’intende. >no<
Tallor la crudeltà
consuma un vero amor,
e la vendetta poi
di tanti scherni suoi
d’odio s’accende. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS2 (12)
Fonti non consultate:
B2
B3
13 chiunque] chiunge; 26 un cor] ancorr ; 28 s’intende] l’intende1 e r,
l’intendir
________________________
v. 3 languian ‘languivano’; v. 12 accuta ‘acuta’, v. 13 apprender ‘far apprendere’,
‘insegnare’ (intransitivo); v. 24 inspira ‘ispira’; v. 29 tallor ‘talora’
69
Qual cara fiamma io senta
Qual cara fiamma io senta
e qual s’accese in me spiegar non oso.
Del mio dolce riposo
S, bc
I testi poetici
5
10
15
ogni speranza è spenta.
Peno, gioisco e bramo
(penar godendo è raddoppiar l’ardore);
abbraccio le catene
che il fanciulletto Amore
mi stringe al cor coi primi onesti sguardi
dell’adorata imago;
sprezzo la libertà, solo mi apago
per sì rara beltade
far eterno il martire
né vo’ smorzar la face
che produce il piacer del mio languire.
M’abbandono al penare, al piacer:
nel dolce tormento
sol provo il contento,
sol trovo il goder.
20
M’abbandono al penare, al piacer:
penar non mi è noia
se misto di gioia
consola il pensier. (Da Capo)
25
30
35
Ogetto di mia fede
fia l’eccelsa beltade
e, se tal mi concede
di reciproco amor premio all’amore,
acquisterà vigore
il mio braccio e il mio spirto;
quindi di sua beltade,
di sua rara virtude
e al vanto sol di lei
saran l’imprese mie degni trofei.
Vincerò dell’inclemente
mio destin la crudeltà,
169
170
Capitolo III
ma non posso mai godere,
se si niega a me il potere
trionfar di sua beltà. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (6)
12 raro; 20 al piacer] il piacer; 30 quindi] quidni; beltade] beldade
_____________________
v. 11 mi apago ‘mi appago’; vv. 11-13 mi apago far eterno il martire ‘mi appago
quando riesco a prolungare in eterno la sofferenza’; vv. 16-23 schema metrico 6
A’10 b b a’/ A’10 c c a’; v. 24 ogetto ‘oggetto’
70
5
10
15
Quando Nice era fida
Quando Nice era fida,
solo delle mie voglie era l’oggetto.
Solea vederla in queste mute arene
e dirle i miei contenti e le mie pene;
ma poi che la crudele,
riccusate mie fiamme, altrui seguio,
in isdegno è muttato il foco mio.
Cangi Amore
sua face in fùlgore
e m’arda in petto
l’empia beltà;
ma sciolto in cenere
il vago volto
chi mirerà
senza pietà? (Da Capo)
Ahimè, voi già cedete, o sdegni miei,
ché la dolce memoria
de’ cari vezzi, onde colei mi prese,
S, bc
I testi poetici
20
171
tutte dentro del sen placa le offese.
Tanto di forza ha sovra noi bellezza
che piace allora più che più ne sprezza.
Tornate, o miei desiri,
e a prezzo di martiri
amiamo l’infedel.
25
M’esorta la speranza
ché armati di costanza
tentiamo la crudel. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (45r)
3 dolea; 4 dirli
____________________
v. 6 riccusate ‘ricusate’; ‘respinte’; altrui ‘altri’, forma della lingua letteraria
(ROH); seguio ‘seguì’ con desinenza di provenienza meridionale e presente altresì
nel toscano dugentesco (ROH); v. 7 muttato ‘mutato’; v. 8 dialefe tra Cangi e
Amore; v. 9 fùlgore (accento ortofonico) ‘folgore’, ‘lampo’, forma ant.; vv. 8-15
schema metrico 5 a b’’ c d’/ e’’ f d’ d’; v. 10 arda ‘incenerisca’; v. 26-27 ché
affinché.
71
Quanti sospiri
S, bc
Quanti sospiri,
quanti crudel martiri,
quante pene soffersi
tel dica il core.
5
10
Ah, ah che parmi sempre
di vannegiar con l’ombre
mentre o dormi o vegli;
il tormento fatal è quello stesso
che fa vedermi Tirsi e non è desso.
Or che t’abbraccio, or che ti stringo, o caro,
172
Capitolo III
deh mi condanna e sappi
che quel delirio che m’inganna ognora
fa ch’io parli con Tirsi e tema ancora,
or ch’il vederti sol scema il dolore.
[Da Capo i primi 4 versi]
15
20
È un tormento crudele
veder sol col pensier
l’amato oggetto.
Pena l’alma fedele
che sperando goder
sogna il diletto. (Da Capo)
Ma folle, e che vaneggio?
Or non dormo né sogno
e Tirsi, il mio bel sole,
con reciproco amor mi stringe al core.
25
30
Sì, <sì>, Tirsi, mio ben,
quando ti stringo al sen
quest’alma langue;
in segno di mia fé
io spargerò per te
insino il sangue. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (16)
Fonti non consultate:
B5
20 col] sol1, corr ; 31 quest’alma] l’almar
_____________________
v. 6 vannegiar ‘vaneggiare’; v. 7 dormi ‘dorma’; v. 9 desso pronome presente nella
lingua letteraria; v. 25 verso ipometro; vv. 30 insino ‘perfino’. I vv. 1-4, che
I testi poetici
173
incorniciano il recitativo «Ah, ah che parmi sempre», sono intonati da Ariosti a mo’
di arioso.
72
Quell’augel che sciolto vola
Quell’augel che sciolto vola
e nel vol cantando va,
5
10
15
20
par che dica in sua favella
quant’è bella
ad un cor la libertà. (Da Capo)
Amanti, o voi ch’inviluppati siete
fra le reti d’un crin, d’un sen, d’un labro,
più ciechi siete del bendato Nume
e incauti non vedete
che con la benda porta
ancora l’ali, né v’accorgete
che quell’indegno mostro
vi porta insin su l’orlo al precipizio
e poi, sciogliendo il volo,
scioglie la benda ancora
e ride nel veder le vostre pene.
Ed io, che fui un tempo fra catene,
risolvo con solenne e fermo voto
di seguir egualmente ogni bellezza
con egual servitù e egual finezza.
Più non voglio al cor sentire
per un volto quel martire
che distrugger l’alma fa.
25
Chi mi vuole, io son per tutte,
sian belle o sian brutte,
ma più cara mi sarà
chi mi lascia in libertà. (Da Capo)
S, bc
174
Capitolo III
Testo di riferimento:
L6
Altri testimoni:
C
DS1
Lg
1 quel DS1 C Lg; 2 nel] ne DSr; 4 quanto C1 e r; 6 che DS1; invilupati DS1 C
Lg; 7 reti] retti DS1; 10 con] non C; 11 accorgete] accorgiete Lg; ] accorgete
L6 C DS1; 12 quel C DS1 Lg; 13 orla C; 14 scogliendo DS1; 15 scoglie
DS1, Lg; 19 ugualmente C DS1 Lg; 20 ugual C DS1 Lg
_____________________
v. 7 labro ‘labbro’, forma ant. (BAT); v. 11 verso ipometro; il verso sarebbe
regolare se accogliessimo la lezione erronea accorgiete di Lg (ciò sarebbe tuttavia
pretestuoso perché non avallato dalla musica); v. 25 sian bisillabo.
Gli esemplari C, DS1, Lg sono chiaramente imparentati.
73
Qui dove ai colpi di nemica sorte
Qui dove ai colpi di nemica sorte
doppo lungo penar m’espose fato,
or tra selve or tra boschi ed or nel prato
costante languirò sin alla morte.
5
Tortorella, del tuo pianto
nobil vanto è fedeltà;
per conforto del mio core
pien d’ardore
pianger teco amor mi fa. (Da Capo)
10
Ma qual lieve conforto
lusinga mai quest’alma? Ah che non basta
serbar ad una ingrata
S, 2 vl, bc
I testi poetici
15
20
175
quella che pur giurai candida fede,
mentre sorda a’ >miei< sospiri
disprezza la costanza,
gode del mio penar, de miei martiri,
vede languir e al lagrimar non cede.
Promettimi, infedele,
d’esser pietosa un dì,
seben morto sarò!
Se muoverti, o crudele,
morte potrà sì giusta,
vendetta giusta havrò. (Da Capo)
Testo di riferimento:
LA (91)
3 parato; 15 disprezza] dispezza; 18 infedelr ; 22 gusta; 23 gusta1 e r
______________________
v. 2 doppo ‘dopo’; v. 14 verso ipermetro; v. 20 seben ‘sebben’, forma ant. (BAT)
74
Risolvo>ad< adorarvi
Risolvo >ad< adorarvi,
pupille vezzose,
e voi mi schernite.
5
10
Io giuro d’amarvi,
o luci amorose,
e voi mi schernite. (Da Capo)
Infelice mia sorte! E così dunque,
senza sperar mercede,
soffrirò i voti invano? E voi, bellezze
troppo altere e superbe,
portate ohimè con inequal riflesso
S, bc
176
Capitolo III
un inferno di duol al core oppresso.
15
Mando a voi sospiri in voto,
e al mio sen rendete affanni;
quest’è troppo, o dio! con me.
Deh cangiate a un cor divoto
la mercede, occhi tiranni:
per amor rendete fé. (Da Capo)
20
25
30
Deh, per pietà, su l’adorato volto
eccessi così fieri, di Cupido
all’impero, cangiate, o mie pupille.
Quando sarà per voi
sbandito ogni rigore
a raggio di beltà, raggio d’amore?
Se di stelle vantaste l’onore,
luci belle che lampi spargete,
deh vibrate di pace un balen.
O se soli voi siete, all’ardore
d’un bel giorno la luce accendete
più serena, più vaga al mio sen! (Da Capo)
Testo di riferimento:
B5 (1)
Altre intonazioni:
MON = Giovanni B. Monari
1 - ad MON; 6 schernite] feriter MON; 11 inegual MON; 15 quest’] questor;
16 cangiate] vantate MON; devoto MON; 22 quando] quindi MON
___________________
v. 1 verso ipermetro; v. 11 inequal ‘ineguale’, ‘iniquo’, forma ant.; con inequal
riflesso ‘con la vostra iniqua influenza’; v. 23 sbandito, da sbandire ‘abbandonare’
(BAT); v. 28 se soli voi siete ‘se siete due soli’
I testi poetici
75
Ritrosetta pastorella
[L’amor onesto]
Ritrosetta pastorella,
semplicetta verginella,
non fuggir, deh vieni a me.
5
10
15
20
Ch'io, se t'amo, solo bramo
puro affetto dal tuo petto,
né ti chiedo altra mercé. (Da Capo)
Ma tu, vergognosetta,
di vermiglio color tingi il bel volto.
Non arrossir, ascolta:
se provi una sol volta
qual bel diletto e amore
che in compagnia dell'onestà sen stia,
ti pentirai del tempo
che neghittosa in non amar consumi.
O che dolcezza rara
si prova in amando,
o che soavi pene
son quelle: il dir: «Mio bene,
per te mi moro», e poi sentir: «Mia vita,
anch'io per te nel sen l'alma ho ferita!».
Odi la tortorella in su quel ramo,
che par che dica: «Io t'amo»,
e lieta poi, bacciando
il caro ben, sen va!
25
Odi la rondinella in su quel nido,
che con pietoso grido
lo sposo va chiamando,
che ancor tornar non sa. >no< (Da Capo)
Testo di riferimento:
S1724
177
S, bc
178
Capitolo III
Fonti non consultate:
Bs1
Altre intonazioni:
GRA4 = Carl H. Graun (col titolo L’amor onesta)
2 vergenella1; virginellar GRA4; 5 puro affetto] purgasseto GRA4; 9 arrosir
GRA4; 12 dell’] a del GRA4; 14 neghittoso GRA4; 15 dolcezze rare GRA4;
17 soave GRA4; 18 quella GRA4; 22 che par] e par GRA4r
____________________
v. 16 dialefe tra prova e in; v. 20 per te ‘a causa tua’; v. 23 bacciando ‘baciando’
76
Se lontan sta l’idol mio
Se lontan sta l’idol mio,
sì vicino ho il mio tormento,
come il cor viver potrà?
5
10
15
È un morir a foco lento
quel dar speme al duolo rio
con il dir: «Ei tornerà». (Da Capo)
E pure se non fosse
lena >lena< al dolor la speme,
già morta io sarei
alla mia pena amara;
la dolce rimembranza m’è sì cara
che talvolta sperar meno vorrei,
per compiacer così gl’affanni miei.
Ma allor che nella mente
mi si sveglia il timor di gelosia,
s’inaspriscon le piaghe,
si dilegua il contento
e fa tosto ritorno
questo cor dal piacer al suo tormento.
S, bc
I testi poetici
20
25
179
Quanto di duolo, quanto di pene
soffre il core fra dure catene:
è tutto effetto d’un vero amor.
Nelle piaghe adoro il dardo;
per sanarle basta un guardo
di chi accese un tanto ardor. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (18)
2 sì] ser ; 8 lena] leni; 8 dolore; speme] speranza; 9 sarai; 16 s’inapriscon
___________________
v. 8 lena ‘sollievo’ (BAT); al dolor la speme è il probabile assetto originario (con
emendamento della lezione ‘al dolore la speranza’ che causerebbe un verso
ipermetro); v. 9 morta il protagonista è femminile; dialefe tra morta e io; vv. 9-10
morta io sarei alla mia pena ‘sarei oppressa dalla mia pena’ (BAT); vv. 20-25
schema metrico A10 A10 B’10/ c8 c8 b’8; v. 25 un tanto ‘un così grande’
77
Semplicetta farfalletta
Semplicetta farfalletta,
a che tanto cerchi il lume,
per goder nel suo splendor?
5
10
Non t'accorgi che se porgi
alimento al tuo piacere
perderai le belle piume,
fatta in cenere al suo ardor? (Da Capo)
Ma già che morir vuoi,
mori almeno gloriosa e con più vanto:
vattene, ascolta ben, volane a canto
a Fillide, il mio ben nel cui bel volto
tutto del ciel vedrai raccolto il lume.
Ivi giunta, rimira
S, bc
180
15
20
Capitolo III
due stelle, anzi due soli
che sotto nere ciglia
risplendenti faville
spargono a mille a mille;
tu allor, girando l'ali a quei d'intorno,
prova almen per tua sorte,
assieme col mio cor, soave morte.
Io so che tu dirai,
se morirai, così:
«Felice io moro, sì, negl’occhi suoi».
25
Ché, già che cerchi il foco
sol per incenerir,
che mai più bel morir provar tu puoi? (Da Capo)
Testo di riferimento:
R (139r)
____________________
v. 2 a che ‘a che scopo’; vv. 21-26 schema metrico 7 a b’ (b’) C11/ d e’(e’) C11; vv.
22-23 rimalmezzo così: sì; vv. 25-26 rimalmezzo incenerir: morir; v. 26 che ‘quale’
78
Sento dirmi con placide forme
Sento dirmi con placide forme:
«Tutto vince in amor la costanza»,
ma son sogni d’un’alma che dorme
fra gl’incanti di vana speranza. (Da Capo)
5
10
Quindi l’incauto impegno
d’amorosa follia fuggo veloce
e, sorda a quella voce
che infiora con lusinghe il mio periglio,
di più saggio pensier fuggo il periglio;
amo cui piace l’amor mio, né credo
S, bc
I testi poetici
15
181
piacer l’amor che non incontra amore.
Chi vuol da questo core
amorosi tributi,
serbi contegno e non palesi orgoglio:
soffro il pudor, ma ritrosia non voglio.
Seguir chi sempre fugge,
amar chi mi distrugge
non mi vedrete, no,
vaghe, ma non per me, bellezze altere;
20
finché vibrate al cor
saette di rigor,
non mi ferite, no,
belle, ma non per me, pupille arciere. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (5)
5 quidni; 16 fugge] fur ; 17 amar] amar
____________________
v. 5 incauto ‘che espone a pericoli’; v. 7 sorda il protagonista è femminile; v. 8
periglio forse da emendare in ‘consiglio’; v. 10 cui ‘colui al quale’; v. 15 soffro
‘ammetto’
79
Senza te, dolce tiranno
[Lontananza]
Senza te, dolce tiranno,
Lidio caro, io morirò.
Ciò che miro è agl’occhi affanno
e più pace al cor non ho. (Da Capo)
5
Lontananza crudele,
le dolcezze d’amore
S, bc
182
10
Capitolo III
tu di veleno aspergi e sempre hai teco
dell’empia gelosia l’orride larve.
Ah, bell’idolo mio, a me ritorna,
ché s’udir tu potessi i miei lamenti,
i larghi pianti onde distillo il core,
non li potresse udir senza dolore.
Voglio darti mille baci
quando al sen ti stringerò
15
e col crine innanellato
il tuo core imprigionato
nel mio petto ognor terrò. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (12)
_____________________
v. 11 onde distillo ‘con cui sciolgo’; v. 12 potresse ‘potresti’ forma in –ss- del
condizionale, attestata nella lingua letteraria (Ariosto) e, nei dialetti, nell’antico
veneziano e nell’antico lombardo (ROH); v. 15 innanellato ‘inanellato’, forma ant.
(BAT)
80
Se t’offesi, o bella Irene
Se t’offesi, o bella Irene,
mi perdona, o vuo’ morir.
5
10
Mi condanni a un rio dolore
per cagion d’un grand’amore,
per mercede a miei sospir. (Da Capo)
Se potessi in te stessa
quei rai, oh dio! mirar che son sì belli
e quel volto gentil che m’incatena,
allor poscia vedresti
se fui reo in amarti o pur costretto.
S, bc
I testi poetici
183
E pur convienmi, ahi lasso,
soffrir la crudeltà del tuo rigore.
Qual mai s’udìo barbarica ragione
che punisca il peccar che n’è cagione?
15
Quel rigor che porti teco
proverà la mia costanza,
né saprò ad altro oggetto
mai rivolger questo affetto
che al splendor di tua sembianza. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (7)
1 beller; 6 potessi] potesti
______________________
v. 2 prolessi del pronome oggetto mi; v. 10 o pur ‘oppure’; v. 13 udìo (accento
ortofonico) ‘udì’, con desinenza di provenienza meridionale e presente altresì nel
toscano dugentesco (ROH); v. 16 proverà ‘metterà alla prova’; v. 17 dialefe tra
saprò e ad
81
5
10
Simbolo del mio ben, Rosa gentile
Simbolo del mio ben, Rosa gentile,
delle pompe d'Aprile
tu sei la più vezzosa
e, benché le tue spine
sian marche di rigore,
con labra porporine
tu dici a questo core: «Io son pietosa».
Dentro il sen di conca è rosa;
versa l'alba onda pretiosa
quando il giorno in ciel appar.
S, bc
184
Capitolo III
Io quell'onda entro le foglie
serbo all'ape che la coglie,
ma la conca, più ritrosa,
la nasconde in grembo al mar. (Da Capo)
15
20
25
30
Dica s'io son cortese
agl’avari suoi baci, ape ingegnosa,
e se giamai crudele
mirommi a suoi desir, benché rapaci.
Io so ben che dirà, mentre raccolgo
con illustre desir l'amor celeste
che in seno ella possiede:
«Mirate che bontà mi baccia il piede».
La rosa vezzosa
par tutta rigor,
ma fior così gentil
il vago april non ha.
La pastorella anch'ella
sembra talor crudel,
e pur fia il cor fedel
solo per rossor premio non dà. >no, no<
>La rosa< (Da Capo)
Fonte di riferimento:
ME (19r)
4 spine] spene; 18 rapaci] capaci; 28 tallorr
______________________
v. 5 marche, marca ‘marchio’ (BAT); v. 9 pretiosa latinismo; v. 17 giamai
‘giammai’; v. 22 baccia ‘bacia’; vv. 23-30 schema metrico 7 a6 b’6 c’ d’/ e f’ f’
D’11; v. 29 e pur ‘eppure’.
I testi poetici
82
5
Stanco di lagrimar, pastor fedele
Stanco di lagrimar, pastor fedele,
dal duol condotto in solitaria selva,
al canto degl'augelli,
al mormorio dell'onde
imprigionò i sospiri
e diè ristoro a' crudi suoi martiri:
«Fiumicello che rapido fuggi,
so perché sì veloce ten vai:
10
15
20
25
tu paventi che intorbidi l'onda
questo pianto che bagna la sponda;
altra tema fuggendo non hai».
Importuno sospiro d'improviso
richiamò al duolo il pastorel afflitto
onde, rivolto agl’augelletti, al rio,
tutto dolente disse:
«Sospendete >per< momenti e corso e canto
e la cagion sentite
d'ogni mio duolo e d'ogni affanno mio.
Ma no, tacciasi pur la fiamma ascosa;
son costante in amor e son segreto
e, benché cruda sorte
ogni sciagura nel mio seno aduna,
chi è segreto in amor speri fortuna.
Chi sa che forse un dì
pietà non trovi ancor
del mio tormento
e il Bel che mi ferì
non dia al mio dolor
ogni contento!»
>Chi sa< (Da Capo)
185
A, vl, bc
186
Capitolo III
Testo di riferimento:
BG1 (9)
28 mio] rio1
_____________________
v. 11 tema ‘paura’; v. 12 improviso ‘improvviso’, forma ant. (BAT); v. 16 verso
ipermetro; v. 20 segreto ‘riservato’.
83
Sudor del foco è il pianto
Sudor del foco è il pianto
che ognor stillar si vede
da queste mie pupille;
5
10
15
20
e invece di scemare
l’ardor tanto coccente,
il core accrescer sente
più ardenti le faville. (Da Capo)
Passa di doglia in doglia,
anzi di pena in pena
questa mia salma afflitta;
e allor ch’io credo riportar la calma
di tante angustie mie, trovo in colei
ch’è sola cagïon di mie sventure
portar fastosa entro que’ suoi bei rai
la vittoria e il trionfo de miei guai.
Glorïose però son le catene,
che strascinando vo dietro alla bella,
e degni son d’invidia i pianti miei,
mentre son le mie pene i suoi trofei.
Questo cor, benché legato,
baccia ognor quelle catene
ch’un bell’occhio fabricò
S, bc
I testi poetici
25
187
e non cura cangiar stato
mentre fu l’occhio d’Irene
che sì stretto l’annodò. (Da Capo)
Testo di riferimento:
ME (11r)
2 che] ch’r ; 22 ch’un] che unr
______________________
v. 5 coccente ‘cocente’, ipercorrettismo; v. 17 strascinando ‘trascinando con fatica’;
v. 21 baccia ‘bacia’; v. 22 fabricò ‘fabbricò’
84
Tante e tante del ciel sono le stelle
Tante e tante del ciel sono le stelle,
ma tutte men belle
son degl’occhi dell’idolo mio;
5
10
15
è l’aurora men lucida ancora,
meno il sole risplender vegg’io. (Da Capo)
>Oh oh< o pastori, se voi
la mia ninfa vedeste,
tutti v’accendereste ai raggi suoi.
Sparge dalle pupille
certe dolci faville
ch’innamorar fariano ancor i sassi:
o l’inalzi o l’abbassi
o li fissi o li giri,
son lumi, o dio! son lumi
che ti consumi, o cor, quando li miri.
Benché ferite,
benché piagate,
lasciar non può quest’alma,
begl’occhi, il vostro ardor; >no, no<
S, bc
188
Capitolo III
20
in lor spera la calma
il combattuto cor. (Da Capo)
Testo di riferimento:
DS1 (14): in mi
Altri testimoni:
W2: in re
3 degl’occhi] de begl`occhir; dell’idolo] dell’idol1,r DS1; ] del idolo W2; ]
del idol DS1r; ] dell’idolor DS1; 4 luccida W2; 11 ch’innamorar] che
innamorarr; ancora W2; 12 l’inalzi o l’abbassi] gl’inalzi o gl’abbassi; 13 li
fissi] gli fissi; 15 li] le DS; ] lo W2; 19 vostro] vestror
____________________
vv. 1-6 schema metrico A11 a6 C10/ D10 C10; v. 2 ipometro; v. 4 lucida ‘lucente’;
v. 11 fariano ‘farebbero’; v. 12 inalzi ‘innalzi’, forma ant. (BAT); vv. 14-15
rimalmezzo lumi: consumi; vv. 16-21 schema metrico 7 a5 b5 c d’/ c d’.
85
Tortorella vedovella
Tortorella vedovella,
volo al monte e scendo al rio,
cerco e chiamo il perso amore,
5
10
ma per colmo di tormento
sol risento
che le selve al canto mio
forman eco di dolore.
Misera, almen sapessi
ove s’asconde il laccio ingrato
del caro mio consorte!
Tra quelli ingrati incesti
m’offrirei volentieri a provar seco
o servitude o morte,
S, vlc, bc
I testi poetici
15
20
189
perché senza di lui girne raminga
in queste selve ombrose
e vita e libertà rende noiose.
Augelletti che nudrite
grand’amore in picciol core,
per pietà, voi mi ridite
se vedeste il mio tesoro!
Tutta mesta ognor lo chiamo
col mio grido al freddo nido
ed espost’a un altro ramo
vanne all’aure il mio martoro.
Testo di riferimento:
Bs6
__________________
L`estrema corruttela del testo è dovuta a una trascrizione da me effettuata in loco, in
seguito alla scoperta di questa cantata di Ariosti tra le carte dell`Archivio della SingAkademie, afiorato a Kiev e restituito alla Germania. Si tratta di un ms. miscellaneo
(Kantaten von Fago… :SA 1289) contenente un esemplare unico di cui non si ha
nessuna segnalazione nei repertori correnti. La mia richiesta del microfilm (da cui
sarebbe stata effettuta un`edizione accurata del testo) non è stata tuttavia esaudita, in
quanto l`archivio, ancora in fase di ristrutturazione, può per ora riprodurre solo i
manoscritti di cui esista almeno una copia; trattandosi in questo caso di un unicum la
riproduzione non è stata concessa. Si è ritenuto comunque, data l`unicità
dell`esemplare, di riportarne il testo, pur corrotto, in questa edizione.
86
Un barbaro rigor
Un barbaro rigor
fa il misero mio cor
gioco ai tormenti
5
e crudo Fato vuol
ch’esempio di gran duol
l’alma diventi. (Da Capo)
S, bc
190
10
15
Capitolo III
Lasso, che far degg’io
fra tante pene e tante?
Ah, mia bella Clori,
ah, mio sol, mio nume,
ah, mio bel tesoro,
lungi da te piango, languisco e moro.
È lontananza il più fiero martir
che mai possa soffrir
un cor costante.
La sol speranza è lenitivo al duol,
ma di sanar non puol
la piaga amante. (Da Capo)
Testo di riferimento:
W2 (15r)
12 possi
________________________
vv. 9-11 la presenza di anafora ci induce a spezzare i versi in tre settenari; v. 9 mia
bisillabo, come mio nei vv. 10 (mio sol) e 11; vv. 13-18 schema metrico A’11 a’7
b5/ C’11 c’7 b5; v. 17 puol forma toscana ricalcata su vuol (ROH)
87
Voti offersi al cor d’Irene
Voti offersi al cor d’Irene,
implorai grazia e pietà,
ma fu sorda a le mie pene
quell’ingrata deità. (Da Capo)
5
Quanto che in adorarla
sempre costante fui, tanto nel seno
ella sempre nutrì l’orgoglio e l’ira
A, bc
I testi poetici
191
e, benché moribondo
con cifre di dolor chiedessi aita,
pur con sensi tiranni
disprezzò la crudel questa mia vita.
10
Con l’alterezza
perde bellezza
gli ossequi d’un cor.
15
Insano quel petto
sarebbe che affetto
rendese al rigor.
Testo di riferimento:
W1 (2)
4 quell’ingrata] quel ingratar, quellar; 14 gli ossequi] l’ossequir, gl’ossequir
______________________
v. 9 cifre ‘segni’; v. 13 bellezza è il soggetto; rendese ’rendesse’
2. Soggetti e immagini
L’edizione critica dei testi delle cantate (cfr. cap. III.1.4, di seguito
si riportano gli incipit), ha consentito per la prima volta di abbracciare
un corpus poetico (87 liriche) per la quasi totalità manoscritto5 e
inedito, poiché tramandato nella sola versione poetico-musicale6:
5
Cfr. la descrizione delle fonti al cap. III.1.1.
Le poche edizioni autonome dei testi riguardano le quattro cantate di P.A.Bernardoni e
una delle due cantate di Rolli, nonché due delle tre cantate di Ottoboni: cfr. Rime varie
consagrate alla S.C.R. Maestà di Giuseppe I August.mo Imperator de’ Romani, da Pietro
Antonio Bernardoni poeta cesareo et accademico gelato, arcade, scomposto, animoso et
acceso, Vienna, Van Ghelen 1705 (esemplare consultato: I-Vnm, vergato a mano, sul
frontespizio: “per il Sig.re Apostolo Zeno”); cfr. Diana/ on/ Mount Latmos/ an/ Italian
Cantata./ written by/ Signor Rolli,/ and set to musick by/ Signor Attilio Ariosti./ Perform’d at
the/ King’s Theatre in the Haymarket,/ for the benefit of/ Mrs. Robinson, late Mrs Turner,
London, John Pickard 1719 (gentilmente segnalatomi da L. Lindgren); cfr. Trattenimenti/
Poetici/ dell’ill.mo et ecc.mo Principe/ D. Antonio Otthoboni/ Cav. E Procurator di S.Marco/
Composti in Roma dall’anno 1712 fino/ tutto 1715; 1716; 1717; 1718… Parte II
(manoscritto conservato in I-Vmc, ms. Correr 467).
6
192
Capitolo III
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
38.
39.
Abbastanza delusa, S, S, bc
Ahi qual cruccio, qual pena (La gelosia)
Al tribunal d’Amore, S, bc
Al voler del bene amato, S, bc
Amarissime pene, S, bc
Amo Clori che mi fugge, A, bc
Ardo, nè so per chi, S, bc (A. Ottoboni)
A te, bella cagion de miei sospiri, S, bc
Augelletto garruletto, A, bc (Ottoboni)
Belle stille che grondate, S, bc
Che dura pena è questa, S, bc
Che mi giova esser regina, S, bc (P.A. Bernardoni)
Che più mi resta, oh dio, S, bc
Che sento, che sento? Irene amata, S, bc
Che si può far?, S, bc
Che ti fece mai quest'alma, S, bc
Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc
Cieco Nume, alato arciero, S, bc
Con troppo rigore, S, bc
Così tosto, o mio bel sole, S, bc
Da procella tempestosa (La rosa)
Di valle in monte, S, bc
Dirmi ch'io non adori, A, bc
D'una rosa che mi punse, S, bc
E in sen mi resta core, S, 2 ob, 2 chal., 2 vl, v.la, bc
E’ pur dolce a un cor legato, A, bc
Ecco che già ritorna il tauro eterno, S, bc
Erbe nuove e nuovi fiori, S, bc
Eurilla, vel confesso, cara, S, bc
Fileno che le frodi, A, 2 vl, v.la d'amore, bc
Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni, S, bc
Freme l’onda e fischia il vento (Il naufragio)
Furie che negl'abissi, A, v.la d’amore, bc
Genio che amar volea (Genio), S, bc
Già che intender non vole i miei sospiri, A, bc
Già per il tuo rigore, S, 2 vl, v.la, bc (P.A. Rolli)
Il destino ver me è pur crudele, S, bc
Il mio cor sinor fu mio, S, bc
Il più fiero dolor, S, bc
I testi poetici
40.
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Il zeffiretto che tutto amore, A, bc
Insoffribile tormento, S, bc
Là dove d’atre tenebre vestito (L’olmo)
L'idol mio de' pianti miei, A, bc (Bernardoni)
Lisetta, mi tradisti ma forse ancor, S, bc
Lontananza crudel, quanto m'affanni, S, bc
Luci, voi siete quelle, S, bc
Lungo un placido rio, S, bc
Mentre dormiva Nice, S, bc
Mi convien soffrir in pace, A/S, bc
Mio nemico pensier, perché alla mente, S, bc
Mirate, occhi, mirate, S, bc
Morto è Amor, ninfe, piangete, S, bc
Ne' spatiosi campi, A, bc
Nice. quella severa amabil ninfa, S, bc (Bernardoni)
Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc
Non voglio udirti. o core, S, bc
O Filli, o dolce nome, S, bc
Occhi belli ma troppo superbi, S/B, bc
Oh miseria d’amante core, S, bc
Or vantatevi, o pupille, S, bc (Ottoboni)
Pasce al suono del mio canto, S, 2 vl, bc
Pastor, pastore, hai vinto, A, bc (Bernardoni)
Pastori, o voi ch'in pianto, S, bc
Per vincer il mio cor (Diana on Mount Latmos) (Rolli)
Pesan troppo su l’alma (Libertà acquistata in amore)
Piante incolte, erbe odorose, S, bc
Poiché Fidalbo amante, S, bc
Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc
Qual cara fiamma io senta, S, bc
Quando Nice era fida, S, bc
Quanti sospiri, S, bc
Quell'augel che sciolto vola, S, bc
Qui dove ai colpi di nemica sorte, S, 2 vl, bc
Risolvo ad adorarvi, S, bc
Ritrosetta pastorella (L'amor onesto), S, bc
Se lontan sta l’idol mio, S, bc
Semplicetta farfalletta, S, bc
Sento dirmi con placide forme, S, bc
Senza te, dolce tiranno (Lontananza), S, bc
193
194
Capitolo III
80.
81.
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87.
Se t'offesi, o bella Irene, S, bc
Simbolo del mio ben, rosa gentile, S, bc
Stanco di lagrimar, pastor fedele, A, vl, bc
Sudor del foco è il pianto, S, bc
Tante e tante del ciel sono le stelle, S, bc
Tortorella vedovella, S, vlc, bc
Un barbaro rigor, S, bc
Voti offersi al cor d’Irene, A, bc
I versi sono pervasi da una sentimentalità di matrice arcadica, assai
diffusa nella poesia di fine Seicento e nelle cantate: essa fa da sfondo
ai temi della natura e alle vicende dolci-amare dell'amore, intrise “d'un
idillismo gentile e d'un edonismo moderato7”. Basti pensare alle immagini, presenti nei testi di Ariosti, della “tortorella vedovella” (n.
85), che compare anche in Antonio Tommasi8, a quella
dell’”augellino” (n. 9), presente in Florido Tartarini, a quella del “tribunal d’Amore” (n. 3), ricorrente in Zappi o a quella della pianta che
ripara dal sole il pastore coi suoi rami frondosi (n.
42): un’elce (in Benedetto Menzini), un faggio (in
Gaetana Passerini), una quercia (in Andrea
Maidalchini). Persino i
soggetti mitologici, raramente
presenti, si ammantano di
scenari arcadici: Diana sul
monte greco di Latmos (n. 64)
è attorniata dale sue ninfe
“amorosette”, mentre Cinzia e
Febo volgono il corso degli
Ulmus campestris
(IN M. LEVI D’ANCONA,
CIT., TAV. 56, P. 130)
astri sì che questo possa benevolmente influire sui
destini di Irene (n. 53).
Rosa centifoglia
(IN M. LEVI D’ANCONA,
CIT., TAV. 141, P. 330)
7
8
WALTER BINNI, L'Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia 1963, p. 124.
Rime degli Arcadi, Roma, Rossi 1716-1722, tomi I-XIV.
I testi poetici
195
Alcuni dei soggetti naturali di questo universo arcadico si rivelano
portatori di significati simbolici; il poeta, anzi, li pone a simbolo di
una condizione esistenziale: sono la rosa, la viola e l’olmo intrecciato
alla vite. Nel tentativo di spiegare questa simbologia, si sono cercati
dei referenti semantici nelle iconografie pittoriche cinque-secentesche
che sembrano evidenziare il significato di queste immagini ricorrenti.
Il tema dell’olmo intrecciato alla vite,
un olmo che, privo del vago onor della compagna vite… pianger parea la sua
fatal mancanza (Ariosti, 42: R19, vv. 5-7)
(già in Catullo, Carmina10 e Ovidio, Metamorfosi11) ricorre come
simbolo delle nozze per esempio in Mantegna, nei dipinti Sansone e
Dalilah e Agonia nel giardino; l’immagine della rosa, fiore caro a
Venere (Ariosti: cantate n. 21, 24, 31, 81),
simboleggia l’orgoglio e l’amore trionfante ed è
presente nei progetti iconografici di Botticelli
(ne La nascita di Venere); la viola (n. 68), così
come figura nei quadri del Perugino e di
Signorelli (dove è anche il simbolo della
crocifissione di Cristo12) , s i r ivela
rappresentazione dell’umiltà.
Gli affetti dolorosi sono i più ricorrenti nei testi
delle arie di Ariosti, ove il protagonista effonde i
suoi lamenti per la lontananza o per l’infedeltà
dell`amata, la quale sempre incarna il rigore e la
Viola odorata
(IN M. LEVI D’ANCONA, CIT.,
TAV. 164, P. 398)
crudeltà più spietati; il racconto della propria infelicità è persino
9
La sigla indica, col primo numero, il n° della cantata di Ariosti, col secondo numero, il
n° di posizione dell’aria o del recitativo all’interno di essa (es.: 42: R1 = primo recitativo della
cantata n° 42; vedi l’elenco delle cantate alle pp. 191-192).
10
LXII, vv. 49-55.
11
XIV, vv. 661-668.
12
MIRELLA L EVI D’ANCONA, The Gardens of the Renaissance: Botanical Symbolism in
Italian Painting, Firenze, Olschki 1977, p. 130 e segg.
196
Capitolo III
affidato a una “lettera amorosa”13 in una cantata:
a te, bella cagion de miei sospiri, questo di pianto più che d’inchiostro tinto
foglio t’invio (n.8, vv. 1-3).
Non mancano infine le cantate d’argomento spirituale, incentrate
sul tema dell’insoddisfazione per la precarietà dei beni terreni14: una
di queste, Il naufragio (n. 32) contiene un’aria “di tempesta” i cui
versi, eccezionalmente, si distanziano notevolmente dalla poetica
arcadica, per avvicinarsi maggiormente al retaggio stilistico barocco:
Sordo, il ciel più non ode/ pianti e preghiere, anzi, crudel rinforza/ più
sempre il vento e, in tenebre sepolto/, sol con orride lampe/ apre in ampio
teatro/ agl’occhi miei varie morti e perigli/: sarte e vele disperse, àncore
sciolte/, arbori rotti, infranti remi/. Oh dio, più il timon non mi regge/, ma sol
d'intorno io semivivo ascolto/ un confuso rumor d'onde e di venti/, e lor
terribil giostra/ che vicino morir l'imagin mostra (vv. 9-21)
È un linguaggio denso di metafore quello che descrive il naufragio,
teso alla ricerca ossessiva di fitte e roboanti immagini, ingegnosamente disposte a suscitare nel lettore un'impressione di stupore e
un'apparenza di grandezza. Uno stile funzionale, in questo caso, al
fine edificante e didattico della “cantata spirituale”, un genere che
ebbe discreta fortuna anche in Italia. A differenza del mottetto latino,
essa non aveva implicazioni liturgiche ed era destinata alle
confraternite devozionali, alle accademie o alle camere principesche.
A Bologna la cantata spirituale pose salde radici tra Sei e Settecento
con Cazzati, Mazzaferrata, Perti, Silvani, le cui creazioni godettero
dell’onore della stampa locale. Le cantate spirituali di Ariosti
13
La “lettera amorosa” è un vero e proprio sottogenere della cantata: cfr. FRANCESCO
Tre “lettere amorose” di Domenico Scarlatti, «Il Saggiatore musicale» IV/2
(1997), pp. 271-316.
14
I soggetti sacri hanno d’altra parte ampia parte nella musica vocale di di Ariosti,
monaco dell’Ordine Servita: oltre alle due cantate spirituali, egli compose una Messa per il S.
Natale (1699), un mottetto per il Corpus Domini O quam suavis est, Domine, T, ob, vl, v.la,
org, un mottetto per S. Caterina (1691); l’antifona Salve regina, 4 vv; 6 Oratori: La Passione
(1693, libr. Arnoaldi), S. Radegonda reina di Francia (1694, libr. Taroni), Dio sempre grande
(1696, libr. Gargeria), La madre de’ Maccabei (1704, libr. Gigli), La profezia d’Eliseo
nell’assedio di Samaria (1705, libr. Neri), Nabuccodonosor (1706, libr. Rossi). Sugli oratori
di Ariosti, Schering si esprime con giudizi entusiastici: cfr. A RNOLD S CHERING, Geschichte
des Oratoriums, Leipzig, Breitkopf & Härtel 1911, pp. 121-122.
DEGRADA ,
I testi poetici
197
espongono didascalicamente dei principi etici, avvalendosi di
immagini allegoriche e senza l’ausilio di episodi della storia sacra (in
questo caso sarebbe più corretto chiamarle -secondo la terminologia
introdotta da C. Gianturco- cantate “morali”15). Nella cantata Il
naufragio (n. 32, stampata a Londra nel 1724) la nave in tempesta nel
“mare instabile” vuol essere allegoria della vita che veleggia verso un
destino imperscrutabile all’uomo; l’ape regina, nella cantata Che mi
giova esser regina, è invece l’immagine della caducità delle ricchezze
e dei beni terreni. Quest’ultimo testo è tratto da un volume di Rime
(stampate a Vienna nel 1705) di Pietro A. Bernardoni (n. 12). Nella
raccolta poetica il titolo della cantata è più dettagliato che in partitura,
e recita: «Il corpo di S.Giovanni di S.Facondo- Disprezzo delle
grandezze del mondo». C’è da pensare che i versi fossero stati scritti
in occasione della santificazione (avvenuta nel 1690) di Giovanni di
S.Facondo, sacerdote di Salamanca vissuto nel Quattrocento e celebre
per le sue vibranti prediche contro l’immoralità della società del
tempo16; la cantata di Ariosti fu composta dopo il 1705 e
probabilmente destinata alle celebrazioni per la festa del santo, che
cadeva il 12 giugno17.
3. Aspetti drammaturgici e narrativi
Alcuni studi recenti sull’Opera mozartiana hanno proficuamente
fondato le loro analisi su categorie semiotiche e narrative18; la scena è
15
La distinzione fra cantata “morale” e “spirituale” è stata introdotta da Carolyn
Gianturco: cfr. CAROLYN GIANTURCO, "Cantate spirituali e morali”, with a Description of the
Papal Sacred Cantata Tradition for Christmas 1676-1740, «Music & Letters», LVVIII/1
(1992), pp. 1-31.
16
Bibliotheca Sanctorum, Roma, Città nuova 1961-1969.
17
Si ha altresì notizia di altre opere musicali dedicate a S. Giovanni di S. Facondo: per es.
Giuseppe O. Pitoni scrisse un introito in stile antico nel 1742 per la festività di questo santo.
18
Il primo studio in Italia è quello di Sergio Durante (Analysis and Dramaturgy:
Reflections towards a Theory of Opera, in Opera Buffa in Mozart’s Vienna, a cura di M.
Hunter e J. Webster, Cambridge, Cambridge Univ. Press 1997): esso prende le mosse da un
assunto teorico tratto della Drammaturgia dell’Opera italiana di C. Dahlhaus, secondo il
quale esistono strette relazioni fra la musica e gli altri elementi costitutivi dell’Opera,
considerati come categorie stilizzate o parametri astratti; Durante indaga le possibilità
euristiche di questo modello teorico applicandolo all’analisi mozartiana.
198
Capitolo III
stata formalizzata e indagata come contesto drammatico in cui
interagiscono vari domini (discorso del testo, intreccio, struttura
concettuale, azione visiva, sviluppo caratteriale, musica), con una
precisa gerarchia fra loro19. Il parallelismo fra Cantata e Opera sul
piano della struttura formale e drammaturgica è stato più volte
sostenuto20; esso ci invoglia ad applicare anche alla cantata alcune
delle metodologie semiotiche suddette. Restringeremo tuttavia il
nostro discorso -in questa sede- solamente al testo delle cantate e alle
categorie teoriche pertinenti ad esso21, tralasciando il complesso
insieme dei domini del testo musical-drammatico e le loro reciproche
relazioni22.
Considerando l’orientamento di una certa “azione” al più alto
livello d’astrazione, possiamo individuare due tipologie
drammaturgiche: 1) l’atto di persuasione, che comprende richieste,
preghiere e i loro opposti; 2) l’atto di rappresentazione che coinvolge
stati psicologici, immagini visive, narrazioni, ecc.23 Sia l’atto di
persuasione che quello di rappresentazione possono stabilire una
relazione tra il personaggio protagonista (chiamato A nello schema
seguente) e un secondo o terzo personaggio antagonista (e indicato
con B, C, o X se simbolico o metaforico), oppure tra il protagonista e
se stesso (monologo), oppure ancora tra il protagonista e il pubblico
19
Cfr. per es. KEIR ELAM, The Semiotics of Theatre and Drama, Londra, Methuen 1980.
Cfr. GLORIA ROSE, The Italian Cantata of the Baroque Period, in Gattungen der Musik
in Einzeldarstellungen. Gedenkschrift für Leo Schrade, a cura di W. Arlt-E. Lichtenhahn-H.
Oesch, Bern-München, Franke 1973, pp. 655-677, 1a serie; N. Dubowy paragona la cantata
all’Opera, in particolare a una scena a solo oppure all’Oratorio e al suo “testo”, nel caso di
cantate in cui il recitativo accoglie un ruolo di narratore (cfr. NORBERT DUBOWY, “Una nuova
foggia di componimenti”. Sulla formazione dei caratteri del testo nella cantata italiana, in La
cantata italiana, cit., pp. 9-18: 10).
21
È ovvio che alcuni domini, come per es. quello della caratterizzazione psicologica o
quello dell’azione visiva, sono peculiari solo dell’Opera e non sono pertinenti alla cantata.
22
È l’unione di testo, musica ed elemento drammaturgico, che in un Opera “inizia con
l’ouverture e termina con l’ultimo Finale; cfr. SERGIO D URANTE, cit, p. 314. L’applicazione
della suddetta metodologia d’analisi musicale alle 87 cantate di Ariosti richiederebbe un suo
ampio spazio apposito: è lasciata pertanto a successive ricerche.
23
Le due categorie sono state introdotte da Sergio Durante (cit.) come le due tipologie
narrative che meglio sintetizzano una stage-action. Esse non possono essere ricondotte ad
alcuna formalizzazione già praticata. La possibilità di elaborare categorie teoriche appropriate
per un particolare repertorio è indicata da Segre (cfr. CESARE S EGRE, Avviamento all'analisi
del testo letterario, Torino, Einaudi 1985).
20
I testi poetici
199
(Y). Ed ecco schematizzati i modi d’azione con cui il protagonista si
rapporta dialetticamente agli altri, per lo più virtuali, personaggi nelle
cantate di Ariosti (quando l’antagonista è supposto presente, è indicato
fra parentesi):
Persuasione
A
A
A
Rappresentazione
(B) = 27 cantate
A
(B) = 12 cantate
(X) = 5 cantate
A
(X) = 1 cantata
(B) = 7 cantate
A
(B) = 2 cantate
A
A
A
(C)
(A) = 3 cantate
(Y) = 3 cantate
B
= 1 cantata
A
A
(C)
(A) = 14 cantate
(Y) = 3 cantate
(contrasto)
Il pubblico (Y) è per lo più rappresentato dall’accolta dei pastori,
oppure da elementi collettivi della natura (per es. le erbe, n. 28).
Questi meccanismi mostrano l’affinità della struttura drammaturgica
della cantata (a livello del testo) con quella dell’Opera.
In un ristretto numero di cantate, poi, è il personaggio narrante (N)
che nel recitativo iniziale riferisce gli antefatti delle vicende o del
dialogo, che poi si sviluppa più oltre; la struttura drammaturgica di
questi ultimi testi si apparenta maggiormente a quella dell’Oratorio (e
al suo Testo24) che a quella dell’Opera:
N
(A) = 9 cantate
Si può notare dunque nei testi delle cantate di Ariosti un’estrema
varietà di situazioni e ruoli drammaturgici. L’antagonista compare
nella maggioranza (71%) delle cantate di Ariosti; si tratta tuttavia
(tranne in un solo caso) di cantate a voce sola, per cui sarebbe meglio
dire che l’antagonista è solo immaginato, o meglio –con espressione
24
Ci si riferisce qui all’Oratorio in latino.
200
Capitolo III
di Varese- è evocata “l’ombra del personaggio che tace, la risonanza
del suo ascolto25”; l’antagonista, sia esso una ninfa, Cupido, o un
elemento della natura, è insomma una voce segreta, amica o crudele,
cui il pastore ama rivolgersi e confidarsi. Il protagonista compie
generalmente (nel 70% dei testi) un atto di “persuasione” nei suoi
confronti, esortando per lo più l’immaginaria ninfa a deporre la sua
crudeltà e a divenire nuovamente sua.
4. Parodie dei testi di Ariosti: il caso di G. Orlandini e B.
Marcello
Un numero notevole di testi delle cantate fu intonato, come
sappiamo, da altri compositori oltre Ariosti. Non tutti i testi, tuttavia,
furono reintonati nella loro integrità; alcuni di essi furono sottoposti a
vistose trasformazioni poetiche, che ci preme qui segnalare. Forse, la
pratica di interpolare o sostituire elementi testuali, e
contemporaneamente di dare loro nuova veste musicale, era il riflesso
delle più comuni e disinvolte operazioni che avvenivano in ambito
operistico: nel melodramma, sostituzioni e aggiunte testuali erano
pratiche ben note sia ai compositori che ai librettisti-poeti, che dunque
possono averle effettuate anche sul versante dei generi da camera.
Piccole aggiunte al testo di Ariosti furono apportate
nell’intonazione di Oh miseria d’amante core (n. 59): Keyser (o
l’autore del testo) vi appone un’intitolazione, Il geloso sprezzante; si
tratta senza dubbio di una specificazione appropriata alle violente
invettive scagliate dal protagonista nel corso della cantata. Nel caso
della composizione di A. Marcello, il titolo della cantata, già presente
in Ariosti, è solo lievemente modificato: Scioglimento d’amore
anziché Libertà acquistata in amore. Modificazioni più vistose del
dettato poetico sono presenti nelle intonazioni di Orlandini e
Benedetto Marcello; lo studio delle trasformazioni subite da questi
testi è particolarmente degno di nota poiché serve a gettar luce sul
contesto antropologico che a loro diede origine.
25
CLAUDIO VARESE, Saggio su Metastasio, Firenze, La Nuova Italia 1950.
I testi poetici
201
a) Giuseppe Orlandini utilizzò, per la reintonazione, la sola sezione
di recitativo di una cantata di Ariosti («Voi del foco ond’avampo»,
dalla cantata Occhi belli, ma tanto superbi, 57: R1), tralasciando le
altre parti del testo (tre arie e un altro recitativo) presenti nella fonte
originaria (vedi schema seguente). Questo testo di recitativo venne
privato dei versi finali (ridotto, dai 12 versi di Ariosti, a 6) e poi
inserito nella cantata dal nuovo titolo e incipit Se sol la mia morte.
Così almeno sembrava a una prima ricognizione; restava da
comprendere la motivazione di una sì radicale selezione testuale.
ARIOSTI
Occhi belli ma troppo superbi, S/B,
bc
Occhi belli ma troppo superbi,
fulminate quest'alma, sì, sì,
ché dai colpi spietati ed acerbi
la costanza si prova così. (D.C.)
Voi del foco ond'avampo
siete le due fucine
in cui temprando va
le saette sue beltà tiranna.
Dentro voi si condanna
l'amoroso inferno il van pensiero
e verso voi pur anco
va del ciel de' diletti il ben, sentiero
onde con doppia forza
sol in voi, se v'aprite,
ha vita il core e in voi, se vi chiudete,
è morto, è morto amore.
Amor occhi non ha
e pur cogl'occhi sol piagando va.
Egli non è ch'un guardo e sol un
guardo,
e il guardo è sol il dardo con che i
tormenti
al cor dà la beltà. (D.C.)
Così da un ciglio sol>o< rende sovente
da prospera ad adversa altrui la sorte,
mentre alla sfera sua s'aggira>n< intorno
stelle e soli, ombra e luce e notte e
giorno:
ORLANDINI
Se sol la mia morte, B, archi, bc
Se sol la mia morte
può farvi tranquille,
amate pupille,
io vado a morir.
Per pace del core
daremo così
voi, fine al rigore
io, fine al martir (D.C.)--ÆAria
nell’Arsace
Voi del foco ond'avampo
siete le due fucine
in cui temprando va
le saette sue beltà tiranna.
Dentro voi si condanna
l'amoroso inferno il van pensiero .
Perfido dio ed empio tiranno
ch’all’alma grande non danno timor,
che viver forte e morir forte fanno
il nobil figlio, il gran genitor! (D. C.)
202
Capitolo III
stelle d'influsso barbaro,
soli d'immenso ardor,
ombra di doglie orribile,
luce di gioia al sen,
notte di morte all'anima,
giorno di vita al cor. (D. C.)
L’indagine si è allargata pertanto al contesto storico in cui
Orlandini avrebbe operato un simile taglio testuale. La cantata di
Orlandini è tràdita nei seguenti testimoni manoscritti, di cui soltanto il
n.1 la riporta in forma completa:
1) D-SWl, Mus. 4074 [per B]
2) D-SWl, Mus. 2479 [per S] (contiene solo l’aria Se sol la
mia morte)
3) D-SWl, Mus. 136 [per S] (contiene solo l’aria Se sol la mia
morte)
4) GB-Lam, MS 90 [per S] (contiene solo l’aria Se sol la mia
morte)
5) I-Nc, Arie 369 [per B] (contiene solo l’aria Se sol la mia
morte)
Nel codice n. 5, che contiene solo l’aria Se sol la mia morte, si
legge “Arsace Senesino”; la collazione rivela come essa concordi nel
testo e nella musica con l’aria omonima dell’Opera Arsace26 (A.III,
sc.6) del medesimo autore, messa in scena al King’s Theatre di
Londra nel 1721 e interpretata dal contraltista italiano Francesco
Bernardi (muta soltanto il registro vocale, da quello di Soprano
nell’Arsace a quello di Basso nella cantata). Si può quindi presumere
che la cantata di Orlandini fosse stata composta più o meno in quella
data, dunque prima della cantata di Ariosti Occhi belli, ma tanto
superbi, composta nel 1728 (cfr. cronologia al cap. II.1.3) e
conservata in:
1) D-SWl, Ms. 769A [per S]
2) B-Bc, Litt. F 15262 [per S]
26
D-B, Mus. Ms. 16371.
I testi poetici
203
3) S-K, Ms. mus. 5 (contiene solo l’aria Occhi belli, ma
troppo superbi) [per B]
4) S-LUnm, Solanders notbok (contiene solo l’aria Amor
occhi non ha) [per S]
5) D-SHm, Mus. B.1:1 [per S]
Ma in quale modo Ariosti conobbe il testo? Orlandini dimorò per
tutta la vita in Italia, fra Firenze (al servizio di Gian Gastone de’
Medici) e Bologna, da dove Ariosti si allontanò dal lontano 1696. É
dunque molto difficile sia ipotizzare un incontro diretto tra il
compositore toscano ed Ariosti, sia presupporre uno scambio di
materiali musicali, sia pure tramite intermediari: in verità il duca Gian
Gastone fu a Berlino nel 169827, ove conobbe Ariosti, ma la sua fu
una missione meramente diplomatica28 e pare improponibile pensare
che portasse con sé musiche di Orlandini.
Una pista più convincente per dimostrare la migrazione del testo
del recitativo, ci sembra si possa individuare nell’ambiente britannico:
Ariosti era già a Londra nel 1721, quando venne rappresentato
l’Arsace di Orlandini; qui conobbe il Senesino (di origini toscane al
pari di Orlandini), che era stato ingaggiato dalla Royal Academy of
Music già dall’anno precedente per le sue stagioni d’Opera. Il cantante
si esibì anche in Opere di Ariosti al King’s Theatre: ben sette, a
incominciare dal Coriolano (rappresentato nel 1723); i due musicisti
divennero amici29. Quale “scena” migliore di questa si potrebbe
ipotizzare per lo scambio o la visione del manoscritto? Il Bernardi
aveva evidentemente con sé sia la parte dell’Arsace (con l’aria Se sol
la mia morte, concordante con la cantata), sia l’omonima cantata,
completa del recitativo concordante con quello di Ariosti; essa era
forse eseguita, parallelamente all’Opera, da altro interprete (perché per
voce di basso, cfr. fonte n.1), in qualità di scena da camera, come
27
Lettera di Giovanni Gastone di Toscana al cardinale Francesco Maria Medici (Berlino,
1 novembre 1698), Firenze, Archivio Mediceo, fil. 5836, riportata in EBE, p. 66.
28
Era stato inviato a Berlino per sostenere la causa di Ariosti, che minacciava di essere
allontanato dalla Germania dall’ordine Servita per la sua presunta condotta immorale.
29
Lettera di Cocchi a Zamboni (18 aprile 1723), in cui si parla di una cena a casa di
Berenstadt (contraltista, interprete del Tito Manlio di Ariosti) con Zamboni, Riva, il Senesino
e Ariosti.
204
Capitolo III
spesso avveniva30. Non fu certo difficile per Ariosti avere la cantata
dall’amico cantante, scegliere una parte di quel testo (il recitativo
«Voi del foco ond’avampo»), completarlo con altri versi che
proseguissero la metafora degli “occhi fulminanti” e infine dargli
nuova veste musicale. Ecco che, nel tentativo di giustificare le
trasformazioni subite da un testo di Ariosti, si sono ricostruite le
ipotetiche fasi di lavoro precedenti alla stesura di entrambe le cantate
Occhi belli, ma tanto superbi e Se sol la mia morte.
La cantata di Ariosti Occhi belli, ma troppo superbi (nelle fonti n.
1-2-4-5 dell’elenco precedente) presenta un registro vocale analogo a
quello dell’aria dall’Arsace (il registro di soprano, cfr. fonti n. 2-3-4) e
contiene - come si vede dall’esempio seguente - pirotecniche
colorature; forse fu destinata anch’essa a una voce di castrato, e forse
allo stesso Senesino!
[57: A1, bb. 62-80]
b) Nel caso dell’intonazione di Benedetto Marcello, è più facile
spiegare il momento d’incontro del testo di Ariosti Troppo pesan su
l’alma con l’intonazione del compositore veneziano. Si tratta infatti
del testo di una cantata appartenente a una raccolta stampata (Londra,
Walsh 1724: cfr. cap. II.1.1) e dunque circolante sul mercato
editoriale; B. Marcello, di una generazione più giovane, lo intonò in
questo caso d o p o Ariosti. Singolare è però la modalità di
appropriazione del testo da parte del compositore: Marcello ha non
solo selezionato, ma pure parafrasato i versi, come indicato nello
schema seguente. In particolare ha mutato, trasformandolo
completamente, l’attacco della cantata poetica, mentre, nei versi
rimanenti, ha per lo più mantenuto il dettato poetico; infine, ha
30
Cfr. cap. IV.4.
I testi poetici
205
parafrasato gran parte dell’aria finale. La modifica dell’immagine
d’apertura, che muta dall’ombrosità angosciosa di una grotta nel testo
di Ariosti a un quadro idilliaco di pastori in Marcello, è
particolarmente degna di nota: forse il compositore veneziano aveva
così “arrangiato” il testo per destinare la cantata ad occasione più lieta,
o forse semplicemente, tramite il mutamento dei versi iniziali e finali,
voleva soltanto celare il plagio di versi altrui.
ARIOSTI
L’Olmo
(D-B, Mus. Ms. 780/5; fonte a stampa:
Six cantatas and six lessons for viola
d'amore/ Alla Maestà di Giorgio Re
della Gran Britagna, London, Walsh?,
1724)
MARCELLO
Su d’un colle fiorito, al di cui piede
(D-Mbs, Mus. Hs. 135)
R 1 Là dove, d'atre tenebre vestito,
muscosa umida bocca un antro
apriva,
Filen, sedendo, un giorno
vide un olmo che, privo
del vago onor della compagna vite,
in orrida sembianza
pianger parea la sua fatal mancanza.
Pietoso egli a tal vista,
ver lui si volse a contemplar le secche,
cadenti foglie in su quel tronco
esangue;
fisso, attento il mirava,
indi poi seco in guisa tal parlava:
R 1 Su d’un colle fiorito, al di cui
piede
tra verdi sponde un picciol rio
correa,
Daliso assiso un giorno
vide un olmo che, privo
del vago onor della compagna vite,
in orrida sembianza
piagner parea la sua fatal mancanza.
Pietoso egli a tal vista,
ver lui si volse a contemplar le
secche,
cadenti foglie in su quel tronco
esangue;
fisso, attento il mirava,
indi poi seco in guisa tal parlava:
206
Capitolo III
A 1 «Pianta infelice,
di', per pietà,
se a te ancor Nice
mancò di fè!
Ben al mio core
palese il fu
quel rio pallore
che veggo in te.
R 2 Già so che quell'infida,
sotto la tua bell'ombra assisa un
tempo,
prendea grati riposi
nella calda stagion dei dì noiosi.
So che lodando andava
delle verdi tue fronde il bel riparo;
so che i miei fidi amori,
allor ch'eran felici,
spesso lieta sedendo a te d'accanto,
noti all'aure ella fea col dolce canto;
ma, oh dio, che poi, crudele,
volgendo ad altra pianta il suo desio,
infedel ti lasciò
e al par dell'amor mio t'abbandonò.
A 2 Su tuoi rami inariditi
più non vola l'augellino,
nè più stanco, peregrino,
a te presso ei ferma il piè.
Sì piangemo dunque uniti
del suo crudo, ingrato core
l'incostanza del suo amore,
la mancanza di sua fè!»
A 1 «Pianta infelice,
di', per pietà,
se a te ancor Nice
mancò di fè!
Ben al mio core
palese il fa
quel rio pallore
che veggio in te.
R 2 Dimmi: forse l’infida,
sotto la tua bell'ombra assisa un
tempo,
prendea dolci riposi
nella calda stagion dei dì noiosi.
So che lodando andava
delle verdi tue frondi il bel riparo;
so che i miei fidi amori,
allor ch'eran felici,
spesso lieta sedendo a te d'accanto,
noti all'aure ella fea col dolce canto;
ma, oh dio, che poi, crudele,
volgendo ad altra pianta il suo desio,
infedel ti lasciò
e al par dell'amor mio t'abbandonò.
A 2 Su tuoi rami inariditi
più non vola l'augellino,
nè più stanco, pellegrino,
sotto l’ombra tua ne sta.
Piagneremo dunque uniti:
tu l’acerbo suo rigore,
io del barbaro suo core
l’incostanza e l’empietà.»
Non solo dunque nel mondo dell’Opera, ma in quello più esile e
raffinato della cantata avvenivano cospicui rifacimenti dei testi per
musica; ed è probabile che in questo secondo caso fosse stato lo
I testi poetici
207
stesso Marcello (attivo altresì sul versante operistico, anche se non
così prolifico quanto Orlandini) a modificare e reinventare i testi nel
modo osservato, se è vero -come è stato sostenuto- ch’egli li forgiò da
sé senza l’ausilio di alcun poeta31.
5. I poeti: A. Ottoboni, A. Bernardoni, P.A. Rolli
I testi delle cantate rimangono per la maggior parte anonimi;
tuttavia è nota la paternità di alcuni di essi, una percentuale non
irrilevante per questo repertorio (il 10%): sono i testi delle cantate n.
7, 9, 12, 36, 43, 54, 60, 63, 64, scritti da tre fra i maggiori poetilibrettisti dell’epoca: Antonio Bernardoni (1672-1714: cantate n. 12,
43, 54, 62 dell’elenco a p. 139), il principe Antonio Ottoboni (16461720: cantate n. 7, 9, 60), Paolo Antonio Rolli (1687-1765: cantate n.
36, 64). Tutti e tre i letterati furono attivi come librettisti, in zone e
ambienti diversi: Bernardoni a Vienna (28 Opere, di cui 4
rappresentate al teatro di corte di Vienna con musica di Ariosti),
Ottoboni a Roma (2 Opere), Rolli a Londra (34 Opere); tutti e tre
furono membri della romana Accademia d’Arcadia. Mentre è attestata
un’assidua frequentazione fra Ariosti e i librettisti Bernardoni e Rolli,
nessun documento comprova una conoscenza diretta tra Ariosti e il
principe Ottoboni.
Antonio Ottoboni (nome arcade: Eneto Ereo), appartenente alla
nobile casata veneziana, fu membro dell’Accademia dei Dodonei di
Venezia32; dal 1689 si trasferì a Roma presso la corte del figlio Pietro,
mecenate della cultura romana (elevato alla porpora cardinalizia dal
prozio, cardinale e poi Papa Alessandro VIII, dal 1689 al 1691), al
Palazzo della Cancelleria; fu anche tra i 14 fondatori dell’Accademia
d’Arcadia. Il Papa lo nominò generale della Chiesa e comandante
delle truppe pontificie. Gli Ottoboni furono protettori di Corelli, A.
Scarlatti, Händel, nonché legati ai Pamphili e ai Ruspoli (presso cui
prestarono servizio anche Gasparini e Caldara, che dedicarono al
principe Francesco Maria innumerevoli cantate); forse le Opere sui
31
Benedetto Marcello. Le cantate profane. I testi poetici, a cura di M. Bizzarini, Venezia,
Fondazione Levi 2003: p. XIV.
32
Notizie istoriche degli Arcadi morti, Roma, Antonio de Rossi 1720, tomo I, p. 164-167.
208
Capitolo III
libretti di Antonio Ottoboni furono rappresentate proprio nel teatro dei
Ruspoli33 (e forse anche le sue cantate con musica di Ariosti). A
Roma, al seguito del Ruspoli era anche il copista Tarquinio Lanciani
(dal 1706 al 1712), nel momento in cui trascrisse il ms. GB-Lbl, Add.
Ms. 34056, contenente tre cantate di Ariosti su testo di A. Ottoboni
(che ne scrisse circa un centinaio)34. Sul frontespizio si legge:
Cantate musicali/ di diversi autori/ Parole dell.ecc.mo D. Antonio/ Ottoboni/
Cavagliere e Procuratore di S. Marco/ Unite in Roma/ L’anno 1709
La paternità ottoboniana dei tre testi di Ariosti è dunque indiscussa;
ci preme notare che la lirica Or vantatevi, o pupille è una fonte
letteraria nota solo attraverso la musica. Il volume ms. è il primo di
33
34
MICHAEL TALBOT e COLIN TIMMS, cit.
Due di queste sono stampate separatamente dalla musica in OTT (cfr. p. 54).
I testi poetici
209
una serie di tre con composizioni musicali su testo di Ottoboni (il cui
nome è indicato nel frontespizio, fenomeno inedito per i manoscritti di
cantate):
1) GB-Lbl, Add. Ms. 34056 (1709)
2) GB-Lbl, Add. Ms. 34057 (1710)
3) GB-Lbl, Loan 91.11 (1713)
Tutt’e tre i manoscritti portano l’indicazione “uniti a Roma” e sono
stati copiati da Tarquinio Lanciani, copista attivo a Roma presso i
Pamphili (1677-94), gli Ottoboni (1690-93) e i Ruspoli (1706-12).
L’anno del primo manoscritto, il 1709, è anche quello in cui Händel
lasciò il servizio dei Ruspoli (e Caldara diventò al suo posto maestro
della cappella del principe); forse i volumi furono redatti per prendere
il posto delle cantate che sino ad allora Händel aveva composto in
quel luogo e per essere lì eseguite: una prestigiosa operazione editoriale quale rivalsa artistica degli Ottoboni nei confronti dei Ruspoli e
della loro magnifica corte35. L’esecuzione delle cantate di Ariosti
presso casa Ruspoli sarebbe avallata anche da un altro fattore: uno dei
medesimi tre testi di Ottoboni (il testo Augelletto garruletto36, presente in un manoscritto monografico autografo del 1711-1337) fu intonato pure da Caldara, nella stessa corte dei Ruspoli.
Una domanda sorge spontanea: per quale motivo Ariosti si cimentò
proprio nella poesia di Ottoboni? I suoi versi contenuti nei manoscritti
suddetti furono musicati da compositori veneziani (A. Biffi, Pollarolo,
M.A. Ziani, Bigaglia) o di altra origine, ma sempre attivi a Roma in
questi anni, per la maggior parte al servizio degli Ottoboni e dei
Ruspoli (G. Amadori, F. Magini, F. Amadei, Caldara, C. Cesarini,
Gasparini, A. Scarlatti). Come mai nei suddetti volumi monografici di
cantate si trovano anche cantate musicate da Ariosti il quale, nel 1709,
non risulta svolgere attività artistica, come gli altri compositori, negli
ambienti romani e neppure in quelli veneziani (con cui i legami degli
35
È una delle tesi avanzate da C. Timms (cfr. COLIN TIMMS, A New Cantata by Domenico
Scarlatti (Words by Antonio Ottoboni), in Florilegium Musicae: Studi in onore di Carolyn
Gianturco, a cura di P. Radicchi e M. Burden, Pisa, Edizioni ETS 2004, ii., pp. 967-79: 977).
36
Il poeta dialoga con un uccellino, che lo esorta a liberarsi dai lacci di Cupido.
37
Il ms. (A-Wgm, III 2616) contiene cantate composte a Milano e a Roma).
210
Capitolo III
Ottoboni erano sempre strettissimi38). Solo a Venezia Ariosti avrebbe
potuto conoscere le poesie del ms. GB-Lbl, Add. 34056, raccolte qualche anno più tardi nei volumi dei Trattenimenti (1712-’18)39. Nel
1709 Ariosti avrebbe sì potuto trascorrere del tempo in Italia a causa
delle sue mansioni diplomatiche (l’imperatore Giuseppe I l’aveva
nominato suo agente presso tutte le Corti e Principi d’Italia)40, ma
tuttavia un suo viaggio a Roma non è attestato. La spiegazione è forse
da ricercarsi nell’atmosfera di scambio ed osmosi culturale instauratasi tra l’ambiente viennese e quello romano. Dopo la morte di Alessandro VIII, filofrancese, gli scambi politici tra Roma e la cattolica
Vienna si erano rinsaldati sotto il suo successore, Papa Innocenzo XII.
Il compositore A. Badia, trasferitosi a Vienna sin dal 1693 al seguito
della duchessa Eleonora Maria d’Asburgo41, nel 1694 fu ingaggiato
dall’imperatore Leopoldo I come compositore di musica presso la sua
corte, ove poi rimase sino alla morte (avvenuta nel 1737). Avendo a
cuore la sua formazione artistica42, tra il 1694 e il 1697 l’imperatore
inviò Badia a Roma per un viaggio culturale; qui il compositore
veneziano probabilmente, con modalità a noi ignote, potè conoscere la
poesia di Ottoboni e portarla a Vienna ove Ariosti giunse ed operò pochi anni più tardi (nel 1703). Fu dunque probabilmente in ambiente
asburgico che avvenne l’incontro tra la poesia di Ottoboni e la musica
di Ariosti.
Confrontati con quelli di Pariati, i versi di A. Ottoboni appaiono
più “eleganti e solenni”43; poiché il poeta sapeva combinare abilmente
complessità e semplicità sul piano lessicale e retorico44.
38
Pollarolo era uno dei compositori preferiti di Pietro Ottoboni.
Qualche legame tra Ariosti e la casata veneziana degli Ottoboni è tuttavia documentato:
il cardinale Pietro Ottoboni, figlio di Antonio, conosceva Ariosti dagli anni del suo soggiorno
a Berlino (1697-1703), quando il compositore fu l’oggetto di una disputa diplomatica tra la
regina Sofia Carlotta di Prussia e l’Ordine dei Serviti (per i dettagli di questo affare
diplomatico, cfr. EBE); in questa occasione Pietro, dal 1701 Viceprotettore dell’Ordine
Servita, prese a cuore la causa di Ariosti e della regina di Prussia, procurando di mediare tra i
due contendenti e raccomandando il compositore al Cardinal de’ Medici (lettere citate in
EBE, p. 57).
40
LOWELL LINDGREN, in GRO, sub voce «Ariosti».
41
Sorellastra dell’imperatore Leopoldo I.
42
JOHANN STEINECKER, in MGG, sub voce «Badia».
43
COLIN TIMMS, cit., p. 379.
44
IBID., p. 974.
39
I testi poetici
211
Il secondo poeta di Ariosti, Antonio Bernardoni (nome arcade:
Cromiro Dianio) si colloca insieme a Rolli nel filone della librettistica
pre-metastasiana. Fu nominato nel 1701 successore di N. Minato
come secondo poeta di corte a Vienna, prima, accanto a Cupeda, sotto
Leopoldo I, poi, accanto a Stampiglia, sotto Giuseppe I. Di origini
modenesi, fu membro dell’Accademia dei Gelati di Bologna e di
quella degli Scomposti di Fano; successivamente, in compagnia di
Muratori45 e Zeno, fu affiliato alla veneziana Accademia degli
Animosi. Le sue cantate letterarie furono intonate da Ariosti (quattro
testi), da G. Bononcini, da Badia e da G.F. Tosi; quelle musicate da
Ariosti sono altresì stampate separatamente dalla musica, nelle sue
Rime varie46, uscite nel 1705 a Vienna per i tipi di G. van Ghelen e
dedicate a Giuseppe I. Le cantate e le canzonette di questa raccolta
sembrano anticipare per melodiosità e spigliatezza di ritmo le perfette
«ariette» del melodramma metastasiano47, differenziandosi dalle
canzoni e dai sonetti, ove lo stile conserva qualche legame con la
magniloquenza risonante del Guidi e del Filicaia48.
Parallelamente, i Poemi drammatici dell’anno seguente (tra cui si
trovano quattro testi impiegati da Ariosti come libretti di melodrammi
rappresentati a Vienna: La più gloriosa fatica d’Ercole, Marte placato,
La Placidia, Amor fra nemici) sembrano anticipare, nella semplicità e
nel decoro dello stile, pur nell’adattamento alle aristocratiche esigenze
di corte, quelle istanze di riforma melodrammatica sostenute negli
stessi anni da Muratori49 e Zeno: Bernardoni, insieme a G. Gigli,
Moniglia e Stampiglia diede consistenza all’azione, attuò un coerente
collegamento fra le scene e soprattutto eliminò totalmente le parti
buffe che appesantivano l’opera seria di stampo veneziano. Fu
insomma uno dei principali fautori della semplificazione del testo per
musica nella direzione della riforma incipiente.
45
Cui scrisse 104 lettere (cfr. LODOVICO A. MURATORI , Epistolario, a cura di M.
Campori, Modena, Soc. Tip. Modenese 1901-1911).
46
Cfr. BER, p. 54.
47
SILVANA SIMONETTI, sub voce «Bernardoni», in DBI.
48
MARIA L UIGIA N AVA , Pietro Antonio Bernardoni e il melodramma, «Atti e memorie
della R. Deputazione di storia patria per le provincie modenesi», s. 7, V (1928), pp. 88-138:
109. Quello di M.N. Nava è ad oggi l’unico saggio monografico sul Bernardoni.
49
Cfr. LODOVICO A. MURATORI, Della perfetta poesia italiana, Modena, Soliani 1706.
212
Capitolo III
Paolo A. Rolli (nome arcade: Eulibio Brentiatico), membro
dell’Accademia quirina a Roma e dell’Accademia degli Intronati di
Siena, fu nominato poeta ufficiale della Royal Academy of Music di
Londra nel 1716, lo stesso anno dell’arrivo di Ariosti50. Rolli
collaborò con Händel, ma nel 1733 fu attivo presso l’”Opera della
Nobiltà”, la compagnia rivale di Händel, a fianco di Porpora. Poeta
dalla musicalità scorrevole e dallo “stile robusto” (C.I. Frugoni), Rolli,
nell’ambito più generale della riforma stilistica promossa
dall’Arcadia, contribuì in campo teatrale a quel processo che portò al
linguaggio poetico «genialmente semplificato» del Metastasio; così i
drammi da lui proposti sulle scene, spesso rifacimenti di precedenti
melodrammi, subirono, in sintonia con quelli del collega A. Zeno, una
scarnificazione lessicale, concettuale e retorica attraverso
l’eliminazione di parole, concetti, immagini a contenuto fortemente
metaforico51. Questo processo appare radicalizzato all’estremo per
adattarsi alle esigenze del gusto melodrammatico londinese, che
prediligeva la drastica riduzione dei recitativi nell’economia del
melodramma, a vantaggio delle arie e della spettacolarità delle
medesime52: di qui l’ironica e ricorrente definizione del proprio
corpus di libretti come una galleria di «dramatici scheletri».
Le cantate letterarie di Rolli, ormai vere e proprie “unità
melodrammatiche”53, furono musicate da esimi compositori, tra cui
Hasse e Händel. L’amore del poeta per i soggetti mitologici si riflette
nella prima delle due cantate musicate da Ariosti: Diana sul monte
Latmo, stampata nel 1719 anche separatamente dalla musica da J.
50
Nel 1729, anno della morte di Ariosti, Rolli compose in suo onore un sarcastico
epigramma: Qui giace il Padre Attilio Ariosti:/ danar ti chiede ancor, se te gli accosti./ Fu
vero frate: tutti i giorni sui/ visse e morì sempre alle spese altrui.
51
PAOLO ROLLI, Libretti per musica, a cura di C. Caruso, Milano, Franco Angeli 1993, p.
XIX.
52
I recitativi originali nelle fonti dei testi di Händel furono tagliati in modo rilevante per
le rappresentazioni; in questa tecnica eccelse il librettista N. Haym (cfr. REINHARD S TROHM,
Zum Verständnis der ‘Opera seria’ in Werk und Wiedergabe: Musiktheater exemplarisch
interpretiert, hsg. von S. Wiesmann, Bayreuth, Mühl'scher Universitätsverlag Fehr, 1980).
Rolli non rinunciò invece alla costruzione del recitativo, fondendo certe caratteristiche del
melodramma viennese con quello londinese.
53
Cfr. GIOVANNA GRONDA, Le passioni della ragione. Studi sul Settecento, Pacini, Pisa
1984 («Saggi critici» 16), pp. 121-154.
I testi poetici
213
Pickard a Londra54. La cantata era destinata all’esecuzione nei teatri
dell’Haymarket e di Drury Lane: forse per questo motivo la sua veste
editoriale è quella del libretto singolo, anziché quella della raccolta di
poesie, come nei casi precedenti. La lirica è intonata solo
parzialmente: sono musicate solo due delle arie della cantata
letteraria55, in ossequio alla pratica e al gusto operistico imperante;
inoltre il testo è tradotto a fronte in inglese, come era costume per tutte
le opere italiane rappresentate a Londra, davanti a un pubblico che non
comprendeva l’italiano. La cantata Diana sul monte Latmo godette
altresì del privilegio di una stampa musicale (per i tipi di R. Meares).
Sottolineiamo come il testo della seconda cantata di Rolli musicata
da Ariosti, Già per il tuo rigore, sia noto soltanto attraverso fonti
musicali manoscritte (BR3 e E1: si veda al cap. V l’edizione musicale
della cantata).
54
Cfr. S1719, cap. II.1.1; per le vicende legate alla circolazione di questa stampa, si veda
il cap. II.2.1.
55
Per la discussione sul fatto che questa “cantata” costituisca in realtà una delle prime
“arie da concerto”, si veda il cap. IV.4.
CAPITOLO QUARTO
LA MUSICA
1. Indice tematico delle Cantate
1. Indice tematico delle cantate sicuramente attribuite ad Ariosti1
Si trascrivono gli incipit musicali delle arie e dei recitativi sino al
primo verso. Diversamente dalle schede del RISM (indicate ove presenti), sono riportati integralmente tutti gli incipit musicali delle sezioni interne.
1. «Abbastanza delusa»2
S, S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
1
L’indice non tiene conto degli ariosi, che sono stati compresi nei recitativi immediamente precedenti o successivi perché loro accomunati dal tipo di verso.
2
Gli incipit fra virgolette caporali indicano che la cantata incomincia con un recitativo,
quelli in corsivo che incomincia con un’aria.
215
216
Capitolo IV
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
LA , pp. 2 - 5
antata a due ileno
icori
RISM A II 1
2. «A i, ual c uccio, ual ena, ual ma ti o»
La elosia
1
A, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
er la spiegazione delle sigle si veda il cap. III.1.1 (p. 5) per la descrizione di ciascuna
fonte, il cap. II.1.1 (p. ).
217
La musica
[Aria]
onti
S1 2 , pp.
RISM A 1 2
. «Al t ibunal d Amo e»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
[Rec]
onti
U, pp. 1-1
antata del i .re .dre Attilio Ariosti
RISM A II 1 .
. 12
218
Capitolo IV
. A
S, bc
[Aria]
Rec]
[Aria]
onti
2, ff. 22r-2 v (n. 5)
antata
. «Ama issime ene»
[Rec]
[Aria]
[Rec]
S, bc
La musica
[Aria]
onti
, pp. 1-5
antata del i .re Attilio Ariosti
.A
C
A, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1, ff. r-11v
antata
.A
[Aria]
S, bc
219
220
Capitolo IV
[Rec]
[Aria]
[Rec]
onti
L2, ff. 2 r-2 r
antata a oce ola del i .r Attilio Ariosti
.
A te bella ca ion de miei sos i i»
S, bc
[Rec]
[Aria]
onti
1
S1, ff. 2v- r (n. 15)
antata el i .re Ariosti
RISM A II 5
21
2) LU, ff. v- r (n. 5)
antata del i .re Attilio Ariosti
RISM A II 1
21
La musica
.A
A, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
L2, ff. 2 1v-2 5r
antata a oce ola del i .r Attilio Ariosti
1 .
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
2, ff. 25v-2 v (n. )
antata
221
222
Capitolo IV
11. «C e du a ena
uesta»
S A, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
S1, ff. 2 r- v (n. ) olim
el i .re Ariosti
2)
2, n.2
antata a
RISM A II 5
) C
)
oce sola del i .r aron d Astor a
I I
DM 1 2
21 52
1212
La musica
12 C
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2, ff. v-1 v (n. 2)
antata
1 . «C e i mi esta, o dio»
[Rec]
[Aria]
[Rec]
S, bc
223
224
Capitolo IV
[Aria]
onti
S 1, pp. 1antata del
.re Attilio Ariosti
1 . «C e sento, I ene amata»
RISM A II 25 .
. 15
RISM A II 25 .
. 1
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
2)
s
) S 2, pp. 2 - 2
antata del i .re Attilio Ariosti
225
La musica
) L ff. 1r- v ( )
antata
RISM
1 .C
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2, ff. 1 r-21v (n. )
antata
1 .C
[Aria]
[Rec]
S, bc
1
226
Capitolo IV
[Aria]
onti
1)
2) S 1, pp. -15
antata del i .re Atti lio Ariosti
RISM A II 25 .
)
. 1
, pp. 5 - 2
del .re Attilio Ariosti
1 .C
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
1, pp. 1 1-1
antata del i .r Ariosti
2) L , ff. 1r- v (aria ieco dio oss io uel iore
antata
RISM A II
.1
. 2
227
La musica
) LU, ff. 11-1 (aria ieco dio oss io uel iore
RISM A II 1 .
1 .C
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
1
2)
1, pp. 22 -22 (n. 5 )
antata di ater Attilio Ariosti
)
1 .C
[Aria]
2, ff. 2vantata
v (n. )
S, bc
1.
228
Capitolo IV
[Rec]
[Aria]
onti
S1, ff. r- v (n.12)
el i .r Attilio Ariosti
RISM A II 5
2 .C
[Aria]
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
S, bc
21 1
229
La musica
onti
1) L , 12 r-1 5r
antata el i .r Atti lio
2) M , ff. 1r- r
el i .r Attilio Ariosti
)
, ff. 2 r-2 v
antata el i .r Atti lio Ariosti
RISM A II
2 1
)
21.
S, 2 l, bc
La osa
[Allegro strumentale]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
1, ff. 1v-5v
[In matita] Attilio Ariosti [in inchiostro] a osa antata
RISM A II 52. 2.525
2) S1 2 , pp. 1-5
230
Capitolo IV
RISM A 1 2
22. « i mi c io non ado i»
A, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2 .
[Aria]
1)
s2
2)
1, ff. r- r (n. 12)
antata del .e .o Attilio tta io Ariosti
S
I I
DM
S, bc
1
La musica
[Rec]
[Aria]
onti
, pp. 1 -1
antata di i endo adre Attilio Ariosti
2 .
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1) M , ff. 15r-1 r
el i .r Attilio Ariosti
2)
) L , 55v-5 v
) LU, ff. 52r-5 v (n. 1 )
231
232
Capitolo IV
RISM A II 1
2 . « cco c e i
ito na il au o ete no»
21 5
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S1, ff. 1 v-1 v (n.1 )
el i nore Attilio Ariosti
2 . « in sen mi esta co e»
[Rec]
antata con stromenti
RISM A II 5
21 5
S, 2 ob, 2 c al, 2 l, .la, bc
233
La musica
[Aria]
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S1 ff. 1 v-1 v (n.1 )
el i nore Attilio Ariosti
2 .
[Aria]
[Rec]
antata con stromenti
RISM A II 5
S A, bc
1 22
234
Capitolo IV
[Aria]
onti
1)
1, ff. 1 r-15v (n. )
antata [per A]
2)
, 1r-2v
antata el i .r Atti lio Ariosti [per S]
RISM A II
2 1
schedato erroneamente
coll’incipit del recitativo che segue l’aria iniziale
Su le sponde del rio
2 .
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S 1, pp. 2 antata del i .re Attilio Ariosti
RISM A II 25 .
. 1
235
La musica
2 . « u illa, el con esso»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
2)
segnalato da MGG ma l irreperi ile
) M , ff. r-1 r
el .re Attilio Ariosti
. « ileno, c e le
[Rec]
[Aria]
odi»
A, 2 l, .la d amo e, bc
236
Capitolo IV
[Rec]
[Intermezzo strum.]
[Aria]
onti
LA
antata alto olo on iolini e iola d Amore
RISM A II 1
1. « illi entil, nel tuo bel io de l anni»
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
, pp. 1-
S, bc
1
51
237
La musica
antata er la oce di o r. col asso com osta di Attilio
Ariosti artitura
2.
A, 2 l, bc
Il nau a io
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S1 2 , pp. 21-2
Il au ra io antata con
RISM A 1 2
. « u ie c e ne l abissi»
[Rec]
A, bc
238
Capitolo IV
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1, ff. 1 r-1 v
antata (n. 5)
. « enio c e ama
enio
[Rec]
[Aria]
[Rec]
olea»
S, bc
239
La musica
[Aria]
[Rec]
onti
1)
, ff. v- v
i i nore Attilio
2)
2, ff. 2r- r (n.1)
antata
) M, ff. 5 r-5 v
S
I I
. « i c e intende non ole i miei sos i i»
[Rec]
[Aria]
[Rec]
DM 2
A, bc
2
1
240
Capitolo IV
[Aria]
onti
1, ff. r- v
antata (n. 1 )
.
S, 2 l, .la, bc
[Aria]
[Rec accompagnato]
[Aria]
onti
1)
2)
, pp. 1- 1
antata a o rano solo
el i . Attilio Ariosto
oesia del
i .re aolo olli
1, pp. 12-2
antata a o rano solo con . . el i .re Attilio
Ariosto oesia del i .re aulo olli
241
La musica
. «Il destino e me
u c udele»
S, bc
La Sing-A ademie di erlino ha il veto di riprodurre i microfilm di
mss., come questo, che costituiscono degli unica
onti
s
.I
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1, pp. 255-2 2
antata del i .r Ariosti Attilio
242
.I
Capitolo IV
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
, pp. 51r-5 v
antata el i .r Atti lio Ariosti
RISM A II
.I
[Aria]
[Rec]
[Aria]
A, bc
2 1
243
La musica
onti
LI, s.n.
el . Attilio Ariosti
I
cfr. cantata n
1. I
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2, ff. r- r (n. )
antata
2. «L do e d at e teneb e estito»
L olmo
[Rec]
S, 2 l, bc
244
Capitolo IV
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
1, ff. r-12v
RISM A II 52.
2.52
2) S1 2 , pp. 1 -1
lmo antata con iolini
RISM A 1 2
.L
[Aria]
[Rec]
[Aria]
A, bc
245
La musica
onti
1, ff. 25v-2 v
. «Lisetta, mi t adisti»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
S1, ff. r- v (n.1 )
antata el i .r Ariosti
RISM A II 5
2)
1, pp.
antata
-
21 2
(n. 1 )
onte schedata nell’ .R. .M. di Milano
246
Capitolo IV
. «Lontananza c udel, uanto m a anni»
S, bc
[Arioso]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1) L , 5r- v
el i .r Attilio Ariosti
2)
S1, ff. 1 r-21r (n.5)
antata el i .r Ariosti
RISM A II 5
.L
[Aria]
[Rec]
S, bc
21 5
247
La musica
[Aria]
onti
1)
S1, ff. r- v (n.1 )
antata el i .r Ariosti
RISM A II 5
21
RISM A II 25 .
.
2)
. «Lun o un lacido io»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1) S 2, pp. 1 -25
antata del i .r Attilio Ariosti
2)
s
248
Capitolo IV
)
. «Ment e do mi a, ice»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
[Rec]
onti
S1, ff. r- r (n.11)
el i .r Ariosti
RISM A II 5
21
249
La musica
.
S A, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
2)
, pp. 11 -11 [per S]
antata del i nore adre Attilio Ariosti
1, ff.
r- r [per A]
. «Mio nemico ensie , e c
[Rec]
[Aria]
alla mente»
S, bc
250
Capitolo IV
[Rec]
[Aria]
onti
L1, ff. 5r- v
antata a oce sola di o .no
1. «Mi ate, occ i, mi ate»
el i . adre Attilio Ariosti
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1) M, pp. 1antata
L’attri uzione ad Ariosti dovuta alle altre 2 fonti
251
La musica
S
2)
I I
DM 2
2
1
, pp. 2 5-25
antata di i nore Attilio Ariosti
) L , ff. 2r- v
antata el i .re Atti lio
2. «Mo to Amo , nin e, ian ete»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S1, ff. v-5 r (n. )
el i .r Ariosti antata
RISM A II 5
21 5
252
Capitolo IV
. « e s atiosi cam i»
A, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
L , . (ff. 1r- v)
[senza frontespizio]
1, . (cc. 2 r-2 r)
antata
RISM A II
. « ice, uella se e a, amabil nin a»
[Rec]
S, bc
.1
. 25
253
La musica
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
S1, ff. 5 v-5 r (n. )
antata el i n.r Ariosti
2)
, p. 1 -25
antata del i nore Ariosti A
RISM A II 5 . 21. 5
. « on
[Rec]
[Aria]
[Rec]
ena ma
io del mio to mento»
S, bc
254
Capitolo IV
[Aria]
onti
1)
, cc. r-5 v
antata. el i Atti lio Ariosti
RISM A II
2 1
2) B7
) M, pp. 1
antata
-1
S
. « on o lio udi ti, o co e»
I I
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
LA, p. -55
antata a oce ola con asso ontinuo
DM 2
2
1
255
La musica
RISM A II 1
.O
1
S , bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1) S
2)
per S], pp. 1 -1
antata del i .re Attilio Ariosti
2 [per S], pp. Attilio Ariosti antate cc i belli ma tro
o rano et basse continue
o su erbi
er
(aria cc i belli ma tro o su erbi pp. 11-12 [per ]
Aria del i .re Attilio Ariosti
256
Capitolo IV
) LL (aria Amor occ i non a , pp. 25-2 [per S]
[solo la parte del S]
5) S 1 [per S]
RISM AII 25 .
.«
illi, o dolce nome»
. 1
S, bc
[Rec]
[Aria]
onti
2, s.p.
A illi
Intonazione anonima recante lo stesso incipit (
illi, o dolce )
segnalato in I quest’ultimo colloca la fonte nell’archivio della Sing-A ademie di erlino, ove per oggi non pi presente.
RISM A II 5 . 1 .
.«
[Rec]
mise ia d amante co e»
A, bc
257
La musica
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
2)
1, cc. 1r- v
antata di . Attilio Ariosti [per Alto]
[per Soprano]
)
s [per Alto]
)
s [per Soprano]
5) S 2 [per Soprano]
RISM A II 25 .
.O
[Aria]
S, bc
.
258
Capitolo IV
[Rec]
[Aria]
onti
L2, cc. v-12r
antata a oce sola del i .r Attilio Ariosti
1. P
[Aria]
[Rec]
[Aria]
[Rec]
S, 2 l, bc
259
La musica
[Aria]
onti
LA, pp. 5 antata a oce sola con iolini
RISM A II 1
1
schedato erroneamente come
ace [sic ] al suono del mio canto
2. « asto i, o oi c in ianto»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
, cc. r- r
antata. el i .re Atti lio Ariosti
RISM A II
2 1 5
260
Capitolo IV
. « asto , asto e, ai into»
A, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1, cc. 2 r- 2r
antata [l’attri uzione ad Ariosti si trova sul primo foglio]
.P
S, 2 l, bc
iana sul monte Latmo
[Aria]
[Aria]
La musica
261
onti
1) S1 1
in Si ]
RISM A1 1 -1 1
2)
2 [in Sol]
antata del i .r Attilio Ariosti
) S [in Sol]
Aria [compare solo la prima aria]
. « esan t o
o su l alma»
A, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S1 2 , pp. 1 -2
ibert ac uistata in amore
antata
RISM A 1 2
262
Capitolo IV
.P
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1)
i
1, pp. - (n. 11)
on. Attilio
onte schedata nell’ .R. .M. di Milano
2)
S1, ff. 5v- v (n. )
el i .r Ariosti
RISM A II 5 21 5
iante erbe odorose
.« oic
idalbo amante»
schedato come Incolte
S, bc
Rec]
Anche se l’inci it dell’aria recita Incolte piante si schedata la fonte come iante incolte poiché l’espressione forma con le parole seguenti un verso ottonario ( iante incolte
erbe odorose e meglio si confa al successivo assetto metrico dell’aria (tutta di ottonari).
263
La musica
[Aria]
onti
S 1, pp. antata del i .re Attilio Ariosti
RISM A II 25 .
.P
. 1
S, .la d amo e, bc
[Largo strumentale]
[Aria]
[Rec]
[Allegro strumentale]
[Aria]
onti
1)
2)
S2, cc. 1 r-1 r (n. 12)
antata a una oce sola con la iola d Amore
Ariosti
2
el i . Attilio
264
Capitolo IV
)
. « ual ca a iamma io senta»
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S1, cc. r- 5r (n. )
el i .r Ariosti
RISM A II 5 21 55 schedato erroneamente
come uel [sic ] cara iamma io senta
La musica
.Q
S, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2, cc. 5rantata
v (n. 11)
1. « uanti sos i i»
[Rec]
[Aria]
S, bc
265
266
Capitolo IV
[Rec]
[Aria]
onti
1)
S1, cc. v- v (n. 1 )
antata el i .r Ariosti
RISM A II 5
21 5
2)
2. Q
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1) L , cc. 1r- v (n. 2)
el i .r Attilio Ariosti
2)
S1, cc. 21v-25v (n. 2)
antata del i .r Ariosti
RISM A II 5 21 51 schedato erroneamente
267
La musica
come uel an el sic c e sciolto nola
) L , s.n.
antata el .r Attilio Ariosti
) C, pp. 1 -151
antata del . Attilio Ariosto
. « ui do e ai col i di nemica so te»
S, 2 l, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
LA, pp. -111
antata a oce ola con iolini
RISM A II 1
1
5
268
Capitolo IV
.R
S, bc
[Aria]5
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
, pp. 2 antata del i .re Attilio Ariosti
5
Si schedata la fonte con l’inci it Risolvo adorarvi perché l’espressione Risolvo ad
adorarvi , presente sotto la musica, costituire e verso ipermetro nella strofa di senari.
269
La musica
.R
L amo onesto
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1) S1 2 , pp. - (n. )
Amor onesto antata
RISM A 1 2
2)
.
[Aria]
[Rec]
s1
S, bc
270
Capitolo IV
[Aria]
onti
S1, cc. v-1 r (n.1 )
antata el i .r Ariosti
RISM A II 5
.
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
, cc. 1 r-1 r
antata. el adre . Atilio Ariosti
.
[Aria]
S, bc
21
271
La musica
[Rec]
[Aria]
onti
S1, cc. v- v (n. 5)
antata el i .r Ariosti
RISM A II 5
.
S, bc
Lontananza
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2, cc. 5 r-5 v (n. 12)
antata
21 5
272
.
Capitolo IV
I
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2, cc. 2 r- 2r (n. )
antata
1. «Simbolo del mio ben, osa entile»
[Rec]
[Aria]
[Rec]
S, bc
273
La musica
[Aria]
onti
M , 1 r-22v
el .r . Attilio Ariosti
2. «Stanco di la ima , asto
edele»
A, l, bc
[Rec]
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1, cc. 2r- v (n. )
antata i on. Attilio
cfr. cantata n 2
274
Capitolo IV
.
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
M , cc. 11r-1 v
el .r . Attilio Ariosti
.T
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
S, bc
275
La musica
1.
S1, cc.
Aria
r- 2r (n. 1 ) [in mi]
RISM A II 5
2.
2, cc.
antata
v-
21
v [in re]
. T
S, lc, bc
La Sing-A ademie di erlino ha il veto di riprodurre i microfilm di
mss., come questo, che costituiscono degli unica
onti
s
. U
S, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
2, cc. 15r-1 v (n. )
antata
276
Capitolo IV
.
I
A, bc
[Aria]
[Rec]
[Aria]
onti
1, cc. 5r- v (n. 2)
antata
. Indice delle antate erdute
i c e tro a Amore le a schedata in e reit o
ematic a
talo ue 1
1 , ed.
arr S. roo , e
or , 1 , p. 1
on an i li occ i schedata in I , p. 1
. Indice delle antate di attribu ione incerta
Aure o oi c acco liete attri uita a igaglia (in
bl Add.
1 212 e I c antate
15 il nome di Ariosti compare solo in
I c, 22 . fr. anche MGG, II, 1
A i dell alto monte [Il ratto di roserpina], attri uita a Marcello
il copista, la grafia e il tipo di carta (dimensioni, rastri, filigrane)
della copia che indica la paternit ariostesca (in I c . 1
sono
gli stessi di un esemplare che da attri uirsi a Marcello (in I c
GG. 1 )
Indicate in LI
1, p. 5 .
La musica
277
on torni mai uella unesta notte attri uita a onti (in
c Ms.
1515
Ms. 22 ,
s Mus. .1 il nome di Ariosti compare solo in
, Ms.
e 2 .
ia con me illide irata attri uita a ago (in
bl Add.
e
Ms. 1
in A n, Ms. 1 5 5 l’intonazione anonima
(il nome di Ariosti compare sulle prime due cantate del ms.)
ui do e il ato rio. attri uita a Mancia (in
s e
u,
o .mus.i.hs. 1) l’intonazione anonima in
n
21. fr.
anche MGG, I, p.
2. Le cantate la st uttu a musicale
Il cor us di cantate di Ariosti comprende
composizioni . Si
tratta di una produzione considerevole, ma numericamente un poco
inferiore a quella di suoi contemporanei ( aldara, ca.
, Giovanni
ononcini, ca. 2 , erti, ca. 1 , Gasparini, ca. 1 , Lotti, ca. ,
Al inoni, ca. ). L’organico delle cantate ariostesche assai vario sul
piano strumentale si adottano insoliti strumenti solistici, concertanti
con la voce e il asso continuo, quali la viola d’amore (di cui Ariosti
era eccellente virtuoso), lo chalumeau, il flauto, il violoncello, oltre ai
pi tradizionali violini.
1. truttura ormale
ssendo la cronologia delle cantate alquanto approssimativa , non
si pu del tutto escludere che Ariosti a ia composto antate sin dalla
fine degli anni ttanta, il periodo della sua formazione presso l’ordine
dei Serviti di ologna (nel 1
il compositore nominato organista
della loro asilica, S. Maria dei Servi). Il periodo di produzione pu
quindi estendersi dalla fine degli anni ttanta del Seicento sino alla
Se si conteggiano anche i duetti, le arie staccate e le scene da camera (elencate al cap.
I . ), nonché il mottetto
uam sua is il catalogo sale a 1 numeri.
Secondo la cronologia proposta al cap. II.1. , che si deduce in gran parte dalla datazione
dei mss e dunque costituisce solamente un termine ante uem le prime composizioni risalire ero agli anni
del Seicento.
278
Capitolo IV
fine degli anni enti del Settecento (il 1 2
l’ultima datazione che
possediamo, della cantata cc i belli ma tanto su erbi, composta a
Londra).
In quest’arco temporale di quarant’anni a ondanti, il genere della
cantata da camera aveva su ito varie e sostanziali trasformazioni
all’interno della sua struttura formale, sulla scia del melodramma.
proprio intorno all’ultima decade del Seicento che la cantata razionalizza la propria forma, strutturandosi in un’alternanza sempre pi regolare di parti recitative e parti canta ili pi tardi, negli anni ’2 del Settecento, il suo schema formale si chiarificher nella successione
Recitativo-Aria-Recitativo-Aria (o nella versione a reviata AriaRecitativo-Aria), ove l’aria sar quasi esclusivamente quella col Da
apo1 (parallelamente all’opera coeva11).
La successione delle arie (A), dei recitativi (R) e degli ariosi (Ar)
distri uita nelle
cantate di Ariosti cos come appare dal grafico seguente
R-A-R-A-R-A
R-A-R-A-R
(2 cantate)
( cant.)
A-R-A
(
A-R-A-R-A
R-A
(5 cant.)
( cant.)
fr. MAL
R-A-R-A
cant.)
A-A
(1 cant.)
(21 cant.)
A-R-A-R
(1 cant.)
R-Ar-A
A-R-Ar-A
R-Ar-A-R-A
Ar-R-Ar-A-R-A
1 cant.
LM
D, orm and t le in carlatti s
amber antatas
(1
), pp. 1 -2 .
1
S , p. 12 .
11
R I ARD S R M, Italienisc e
ernarien des r en ettecento 1
lecta musicologica ,
I 1 (1
), p.1 2.
he Music
Revie
Ana-
279
La musica
Si vede come, accanto alle pi canoniche successioni RARA e
ARA ( 2 delle cantate), compaiano in uona misura (21 ) successioni comprendenti ariosi (forme i ride fra il recitativo e l’aria) nella
strutturazione formale delle cantate Ariosti si rivela quindi in uona
parte legato agli schemi secenteschi. uttavia, nelle sei cantate della
stampa londinese del 1 2 (cfr. cap. I.1.1), si pu notare
l’ aggiornamento di Ariosti alle nuove tendenze formali qui non vi
sono ariosi, ma solo gli schemi semplificati RARA ARA, ormai gli
unici presenti nelle arie d’ pera degli anni enti del
(che Ariosti
stesso compose negli stessi anni per le scene londinesi oriolano
1 2 , es asiano A uilio e Artaserse, 1 2 , ario, 1 25, Lucio e
ro, 1 2 ).
D’altra parte notiamo come Ariosti adotti questo schema semplificato anche in talune cantate il cui testo fu musicato da altri compositori (n , 1, intonate dal contemporaneo aldara e da Sarro12), mentre
conservi quello di matrice secentesca rispetto a Gasparini e al pi giovane e ser (n 25, 5 ). Ariosti adotta poi le stesse soluzioni dei contemporanei Monari (ARARA), G. ononcini (RARAR), adia
(RARA) e dei pi giovani orsile (RARA), . Marcello (RARA),
orpora (ARA), Sammartini (ARA, RARA).
Ariosti
RARARA
(25)
as a ini
Calda a
e se
Antino i
Sa o
RARA
12
ARA
( )
ARA ( 1)
Arioso-RAriosoARA (5 )
AriosoRAriosoARA
( 5)
ARAR
RARA
RARA
ARAR
Si fa riferimento alla numerazione delle cantate del cap. II.1.1.
280
Capitolo IV
er quanto concerne gli ariosi, presenti in 1 cantate di Ariosti (n.
, 1 , 1 , 25, 2 , , , , 5, , 51, 52, 5 , 55, 5 , 5 , 2, 1), si
distinguono tre tipologie
a) Ariosi di poche battute che si ripetono, sullo stesso testo,
all’inizio e alla fine di un recitativo, incorniciandolo; oppure
ariosi che interrompono per poche battute il recitativo, che poi
ricomincia e prosegue sino alla conclusione (questi ultimi sono
esclusi dal computo di cui sopra)
) Recitativi con avata
c) Ariosi indipendenti
Le cavate possono essere di notevoli proporzioni e contenere gran
copia di ripetizioni testuali, come quello al termine del recitativo della
cantata n.
[ sempio 1
avata,
R1]
La musica
281
Si tratta, sia nel caso della cavata che in quello dell’arioso, di stilemi prettamente secenteschi, nati con la funzione di addolcire il passaggio dal recitativo all’aria seguente e gi in disuso nelle cantate del
primo Settecento1 il loro impiego in Ariosti ne attesta la datazione
pi alta (cfr. ronologia, ove confermato che le suddette cantate, esclusa la n. 5 , risalgono al massimo al periodo viennese-italiano1 ).
Dell’ aria cavata ci d la definizione il teorico Giuseppe Salvadori
per formare cavate si utilizzava un intero endecasilla o oppure s impiegavano due versi contigui di un recitativo i versi erano musicati
non, come di consueto, a mo’ di recitativo, ens come un aria , ossia
in uno stile lirico e canta ile cos l aria era estratta , cavata da un
tipo di verso in origine destinato ad altro scopo15.
uanto poi agli ariosi autonomi e di ampie proporzioni presenti in
Ariosti, essi prediligono il modo minore, il metro ternario in 2 e il
tempo Largo (impiegati anche nelle arie, per es. in i con ien so rire
in ace,
A1), come si vede nell’esempio seguente
1
La cavata cominci a perdere prestigio, nell am ito della cantata, attorno al 1 1 . Dopo
la splendida fioritura secentesca (con G. arissimi, A. esti, A.Stradella e altri), infatti, s assiste a una diminuzione delle cantate con cavata. ale para ola discendente si pu osservare
anche all interno della produzione cantatistica scarlattiana fino al 1
, infatti, a ondano,
all interno della sua produzione, gli ariosi posti al termine del recitativo nelle cantate pi
tarde, invece, gli ariosi sono impiegati con molta parsimonia. fr.
LI
IMMS,
e a ata
at t e time o i aldi in uo i tudi i aldiani. di ione e cronolo ia critica delle o ere a
cura di A. anna e G. Morelli, irenze, lsch i 1
, p. 51e
. sulle cavate di
Scarlatti cfr. anche D ARD . D
, A. carlatti is i e and or s, nuova ed. a cura di
. al er, Arnold, London 1
, pp.1 -2 e - .
1
. 1.
15
A L
A RI, i lessioni teoric e sul eatro er musica nel eicento
a oetica
toscana all uso di iuse e . al adori, in
era
ibretto I, irenze, lsch i 1
.
282
Capitolo IV
[ sempio 2 Arioso, n 51, dopo R1]
er i profondi rapporti di affinit che legano Ariosti all’am iente
veneziano coevo (sottolineati nel cap. II.21 ) non forse errato parlare
di un affettuoso omaggio da parte del compositore al secentesco Lamento. Gli a etti dolorosi (in tutte le loro molteplici gradazioni, dalla
pena pi lieve al tormento pi intenso) sono del resto predominanti su
quelli giocosi nei testi delle arie del compositore (cfr. a ella , p.
).
1. r anico strumentale
In un quadro del pittore polacco noch Seeman r.1 (da cui il fran1
In realt la presenza effettiva di Ariosti a enezia documentata per due soli anni, in
occasione della rappresentazione dei suoi melodrammi al eatro di S. Salvatore ( irsi 1
ed ri ile, 1
).
1
onservato a Londra, ritish Museum.
La musica
283
cese ean Simon trasse nel 1 1 un’incisione1 ) Ariosti ritratto col
suo strumento a fianco la viola d’amore.
a erlino, nel castello di Lietzen urg, che per la prima volta attestata l’attivit di Ariosti come strumentista, oltre a quella di cantante e
compositore in particolare egli si esi iva, suonando la viola d’amore,
nelle esecuzioni da camera organizzate e dirette dalla regina Sophie
harlotte di russia. L’attivit di virtuoso strumentista documentata
anche a ienna, nella cappella di corte1 , e a Londra, ove il 12 luglio
1 1 egli esegu al ing’s heatre un a solo per viola d’amore tra
un atto e l’altro dell’ pera Amadi i di aula di
ndel2 fu proprio
lui d’altra parte a introdurre in Inghilterra questo strumento di origine
ara a21, suscitando un grande interesse nel pu lico e fornendo alla
sua tecnica un contri uto innovativo22. Le cantate del compositore
non potevano dunque non accogliere il tim ro del suo strumento,
che venne introdotto per la prima volta in questo repertorio e praticato
successivamente solo in rare occasioni 2 . Le caratteristiche tim riche
della viola d’amore risiedono nelle corde aggiunte di risonan a la
nuova accordatura dello strumento descritta dal compositore nelle
sue e ioni .
Si osservi per esempio il preludio strumentale di ur al in entil io
1
Descritta in
. SMI , ritis
e otint ortraits ein a escri ti e atalo ue
o
ese n ra in s rom t e Introduction o t e Art to t e arl art o t e resent entur ,
London, enr Sotheran
o. e . oseda 1
, iv, p. 1
. sitting, directed slightl to left,
facing and loo ing to ards right, ig, collar open, loose go n, right el o on harpsicord to
left, hand to chec , left hand on violin hich, ith o , music and in stand lie on the harpsicord, oo -shelvs in ac ground to right ( . 1 , Su . 122, . 1 ).
1
Le cantate ed arie di Ariosti si distinsero particolarmente presso la corte viennese per il
virtuosismo e l’innovazione dell’accompagnamento strumentale anche . u , Marc’Antonio
iani e A. aldara composero cantate con strumenti nel medesimo am iente. Dopo il 1
le
parti d’accompagnamento delle opere vocali divennero a ienna il terreno prediletto dai compositori per la sperimentazione di nuovi stili strumentali cfr. DAGMAR GL AM, ur instru
mentalen irtuosit t in der iener o a elle 1
1
sterreichische Musi zeitschrift
L I (2 1), pp. 2 - .
2
uesta anche la data del suo primo viaggio a Londra.
21
S. M
AG
L
,
ent
ears on t e iola d Amore,
he onsort
I
(1
), pp. - .
22
A ILI ARI S I, i antatas and essons or iola d Amore, ologna, orni 1
( i liotheca Musica ononiensis , I 12 ).
2
Ad es. nella cantata Irene sde nata di A. Marcello.
2
i antatas and i essons or iola d Amore Alla aest di ior io e della ran
rita na, London, alsh 1 2 .
284
Capitolo IV
la, in cui la viola d’amore solista (evidente il isticcio nell’incipit
del testo) Ariosti sfoggia il suo virtuosismo nei passaggi a doppie terze, icordi, tricordi e arpeggi, da lui stesso molto pro a ilmente
E. Seeman jr: Ritratto di
Attilio Ariosti (Londra,
British Museum)
interpretati25
25
uello della viola d’amore uno dei capitoli pi studiati del compositore cfr. S
,
L
A
S, LAIR
R
,M R R S
L M, A oncert o
aro ue usic or
iola d Amore ournal of the iolin Societ of America
I 2 (1 1), pp. ARR
DA S, e iola d Amore, ois de oulogne, aleso en 1
M R R S
L M,
e
iola d Amore and Its iterature, he Strad L
III 1 (1
), pp. 25 -25 , 2
I primi esempi di composizioni con viola d’amore sono i melodrammi prodotti ad Am urgo, le
opere di . i er e quelle di Ariosti (il primo in cui si identificano la figura del compositore e
quella del virtuoso) dal
III sec. la voga per questo strumento si estende all’ uropa occi-
285
La musica
[ sempio
introduzione alla cantata n.
]
La viola inserita nell’organico di altre sei composizioni ariostesche (se comprendiamo anche le arie staccate), anche se non riveste
pi il ruolo di solista (vedi ta ella seguente). Ma in Ariosti altri strumenti concertanti aggiungono i loro tim ri a quello del ontinuo il
violino, il violoncello, il flauto, l’o oe e lo chalumeau. Le cantate con
strumenti costituiscono complessivamente il 1
del cor us cantatistico si pu dunque a ragione affermare - come gi intravisto da .
Schmitz2 - che Ariosti prosegue e rinvigorisce la tradizione strumentale olognese, sia sul versante della cantata da camera che in opere
strumentali specifiche2 .
dentale e centrale con la vasta produzione di opere da camera e solistiche di . Stamic, .A.
offmeister e .
ler, per poi declinare nel I sec.
2
S , p.1 .
2
ra le opere pi degne di nota, i 1 i ertimenti per vl. e vlc. e i
e i per viola
d’amore e ontinuo.
286
Capitolo IV
A) CANTATE e ARIE con archi28
a rocella tem estosa a osa, cantata
ileno c e le rodi tutte d amor (cantata)
reme l onda e isc ia il ento Il au
ra io, cantata
i er il tuo ri ore (cantata)
In ciel amate e belle amate (aria)
do e d atre tenebre estito
lmo,
cantata
asce al suono del mio canto (cantata)
ur al in entil iola (cantata)
ui do e ai col i di nemica sorte (cantata)
on a e amorosa c e al bel elsomino
(aria)
tanco di la rimar astor edele (cantata)
ortorella edo ella (cantata)
2 iolini
2 iolini, iola d amo e
2 iolini
2 iolini, iola
2 iolini, iola
2 iolini
2 iolini
iola d amo e
2 iolini
2 iolini, iola
iolino
ioloncello
) CANTATE con fiati (legni)
uanto ossente Amor
atmo cantata)
iana in
2 lauti 2
) CANTATE e MOTTETTI con archi + fiati (legni)
in sen mi resta core (cantata)
uam sua is est (mottetto)
2
2
2 oboi, 2 c alumeau , 2
iolini, iola
2 oboi, 2 iolini, iola
Le cantate vengono citate per incipit dei versi (per l’elenco completo cfr. p. 1 2).
L’estensione dei flauti, impiegati all’unisono, fa -do5. Si tratta di flauti soprani non
compare in partitura nessuna indicazione che consenta di sta ilire con certezza se si tratti di
flauti diritti o traversi.
La musica
287
L’impiego del flauto e del violoncello solisti non cos usuale per
questo repertorio il flauto presente nella sola cantata iana on
ount atmos di Ariosti di argomento mitologico, con funzione di
intermezzo fra le due strofe dell’aria viene impiegato anche
nell’accompagnamento di cantate di A.M. ononcini e A. Scarlatti,
poi da Sarro, orpora e asse. Ancor pi raro l’uso del violoncello
solista, presente nella cantata ortorella edo ella e negli emiliani
Ga rielli e G. ononcini 1.
L’o oe e lo chalumeau 2 (quest’ultimo introdotto nel 1
nell’orchestra d’opera di ienna e qui assai impiegato dai compositori
sino al 1 25, cos come l’o oe ) compaiono invece, nelle cantate di
Ariosti, come strumenti di rinforzo degli archi . La presenza
dell’o oe nell’organico delle cantate e dei mottetti, assai inusuale in
area olognese fra i contemporanei, mentre comune in area napoletana 5 (in A. Scarlatti, Sarro, Durante, orpora, Gian . De Ma o e
Mancini), anche oltre la met del Settecento. Ariosti scrisse dunque
pagine nuove nella storia della cantata olognese con accompagna-
S , p. 1 .
SARA DI I, ue lori di io anni ononcini ritro ate, Rivista Italiana di Musicologia
II 2 (2 2), pp. 2 -2 .
2
Strumento ad ancia semplice della famiglia dei legni, simile al clarinetto ma con tim ro
pi vicino all’o oe aveva un’estensione di una undicesima ed era privo di portavoce, dunque
capace di produrre solo le note ondamentali con una gamma dinamica assai ridotta. Introdotto agli inzi del Settecento, si diffuse specialmente a ienna ove fu impiegato come strumento
o ligato nelle arie di opere e cantate di Ariosti, dei fratelli ononcini, di aldara, u ,
Gluc composero cantate con chalumeau anche onti e ivaldi cfr. anche A G LA M.
,
e
alumeau and Its usic, American Recorder III 1 (1
), pp. - e
MI A L AL
, i aldi e lo c alumeau Rivista Italiana di Musicologia
(1
), p.
15 -1 1 1 .
GR , sub oce
halumeau . er l’orchestra di corte di ienna fu scritto per es.
l’oratorio di Ariosti abuccodonosor (li r. I nm A n
u
s) nella arte seconda
gli o oi sono uniti ai fagotti e ai violini per accompagnare un coro di 1 assi nell’aria di
a uccodonosor i iubili e este i si aggiungono invece alle trom e, alle arpe, ai liuti, alle
viole e ai mandolini.
La stessa funzione assumeva lo chalumeau nelle cantate di onti cfr. AR LI
RIM R
MA , Instrumental corin in t e
amber antatas o rance
R
MA ,
sco onti in tudies in usicolo . ssa s in t e istor t le and iblio ra
o usic in
emor o len a don ed.
. . ruett, hapel ill, Memphis State niversit ,
1
, pp. 2 5-25 .
5
e compose anche ertoni in area veneziana.
1
288
Capitolo IV
mento strumentale, dopo Giovanni . olonna , Giovan . assani e
Ristori, forse stimolato dalle sonorit degli organici strumentali che
accompagnavano le cele razioni liturgiche negli spazi vasti e risonanti
di S. etronio a ologna (qui erti per primo introdusse l’o oe
nell’orchestra che accompagnava le arie degli oratori ).
na parola infine sul trattamento del cem alo, che in alcune cantate scritto su due righi con una parte o ligata in chiave di Soprano particolarmente degno di nota il Largo finale di urie c e
ne l abissi u ille di ine
A2) con figurazioni ostinate del cemalo in sestine, di una drammaticit intensa e contrastante con le parole accorate del testo, per questo paragonato alla gluc iana aria di
reste .
. Lo stile
di A iosti nel contesto coe o
ell’am ito degli studi sulle cantate, l’attenzione maggiore stata
riservata all’indagine intorno al contesto storico ov’esse videro la luce,
mentre ancora poca considerazione ha ricevuto lo studio delle
specificit e varianti linguistico-musicali del singolo compositore in
relazione a quelle dell’epoca come recentemente stato affermato 1
sem ra che le varianti stilistiche possano emergere a fatica da quella
u molto pro a ilmente olonna a impartire al giovane Ariosti i primi rudimenti musicali a ologna, in S. etronio, ove il fanciullo fu uer cantor dai ai 1 anni (1 2-1
) nel
coro e suon nell’orchestra.
LISA
. L I , a musica sacra alla ine del sec.
II a olo na e odena Musica d’oggi , I
(1 2), pp. 151-15 .
sempi di una siffatta scrittura estesa del ontinuo sono documentati anche in area napoletana in manoscritti di ergolesi e ietro A. Guglielmi (ringrazio il prof. R. Meucci per la
sua consulenza).
S , p. 1 2.
L’operazione resa difficile, rispetto al melodramma, dalla dispersione enorme dei testimoni l’unico studio sistematico su questo argomento rimane ancora ad oggi quello di
Schmitz del lontano 1 1
G
S MI , Gesc ic te der eltlic en olo antate Leipzig,
rei opf
rtel 1 1 .
1
L’epoca stessa, con la sua prassi relativamente leggera per quanto riguarda la propriet
artistica, ci consiglia di vedere, nella singola composizione, l’espressione pi di un periodo
storico musicale che di un artista specifico (G
RI D D. RA D
RG, a cantata da
camera a oce sola nel rimo ettecento a a oli omenico arro 1
1
in a canta
ta da camera nel arocco italiano cit. pp. -1
5).
La musica
289
ne ulosa impenetra ile costituita dalla oin del tempo. Di pi , laddove l’analisi stilistica viene affrontata 2, essa condotta quasi esclusivamente con lo sguardo rivolto al testo interpretando alla lettera
l’espressione di . Gianturco (la cantata
un genere poeticomusicale ), i musicologi hanno solitamente indagato i meccanismi
musicali della cantata con riferimento quasi esclusivo ai passi ove essi
incarnano o dipingono certe immagini semanticamente incisive
della parola poetica.
Senza negare la valenza madrigalisticamente espressiva della cantata, ci sem ra altrettanto interessante affrontare in forma pi sistematica l’esame della morfologia e della sintassi di queste composizioni, cercando di evidenziare quali siano i tratti comuni alla sintassi
dell’epoca e quali le varianti linguistiche dell’Ariosti, verificando poi
queste ultime sulla ase del confronto tra le intonazioni di uno stesso
testo. rima di affrontare questo discorso, vorremmo per concentrarci
sui motivi d’apertura delle cantate e analizzare le modalit ariostesche
di intonazione della prosodia del verso e di costruzione della frase
musicale. i pu forse gettare qualche luce sullo sviluppo delle tecniche compositive di sviluppo motivico tra Sei e Settecento, etichettate di solito, genericamente, come orts innun ( continuazione li era ).
1. I moti i d a ertura delle arie inda ine sui meccanismi di costru i
one della rase
L’aria il cuore espressivo e formale della cantata, la sezione tecnicamente pi ela orata e il momento esteticamente pi importante
2
Specie in alcuni studi monografici usciti dopo gli anni ’
tra i pi significativi, quello
su Mancini ( S I
RIG ,
e ecular antatas o rancesco ancini, Ann Ar or,
niversit of e
or 1 5), su D’Astorga ( AR S A L LADD, e ecular antatas
o manuele Astor a, Ann Ar or, niversit o. . 1 2) e su Sarro (D. RA D
RG , ur
esc ic te der eltlic en olo antate in ea el im r en ettecento ie olo antaten on
omenico arro 1
1
, ran furt a. M., Lang 1 1 ( uropaische ochschulschriften,
Musi issenschaft ).
AR L
GIA
R ,
e Italian e enteent
entur antata A e tual A roac
in e ell nc antin
ill usic oetr and rama in e ulture o t e enaissaince.
ssa s in onour o . . tern eld, ed.
. ald ell, . lleson and S. ollen erg, ford, larendon ress 1
, pp. 1-51 51.
290
Capitolo IV
per l’epoca di qui partita la nostra analisi. Delle 1 arie presenti
nelle cantate di Ariosti la maggior parte (il
) presenta una a
5
a o Anla e pi o meno complessa e articolata (A A, A A’,
AA’ AA’, AA AA) aderendo a questo tipo formale, Ariosti si allinea con le tendenze linguistiche dell’epoca, poiché l’aria d’opera e di
cantata si era cos standardizzata a partire dall’ultimo decennio del
Seicento. Si riscontrano tuttavia nelle cantate altre tipologie formali
arie con struttura tripartita senza da apo, arie strofiche (di cui una
monostrofica) e, in numero lievemente maggiore, arie ipartite
Aria tripartita
con Da apo
Aria tripartita
Aria ipartita
A
AA’
A’
AA
A A A
AA
A
AA
A
AA
(155 arie)
( arie)
A
AA’
A
AA
(11 arie)
Aria stroArietta
fica
monostrofica
AA’
AA’A’’
A
(2 arie)
(1 aria)
onfrontando la struttura delle arie d’Ariosti con quella delle corrispondenti intonazioni dovute ad altri compositori ( en
cfr.
ta elle A e , p. 2 2), si osserva come in due rani (n 2 , 1 2 ) il
compositore si differenzia sia dal contemporaneo Al inoni che dal pi
giovane orpora, per l’adozione della struttura ipartita anziché di
quella tripartita con Da apo.
L’aria deve il suo carattere al motivo d’apertura che assume un
tempo e un metro adeguato all’affetto del testo in Ariosti i tempi lenti
n elenco delle Arie delle cantate, catalogate in ase al movimento, tempo, tonalit , affetto, voce, si trova in fondo a questo capitolo ( a ella ).
5
spressione usata da R. Strohm (cit. Analecta musicologica ,
I 1 (1
), p. 1 1 e
segg.) per denominare la struttura divenuta predominante nell’aria d’opera degli anni enti
del Settecento, grazie a una generazione di compositori ( inci, asse, ergolesi) che posero
le asi dello stile moderno e ad un poeta, Metastasio, che forn loro l’indispensa ile ase letteraria.
La consuetudine di Ariosti di ripetere una o pi sezioni di un’aria col segno
frequente anche in Alessandro Scarlatti cfr. S , p. 1 .
er la numerazione si fa riferimento alla a ella (p.
).
291
La musica
( Largo , Lento , Adagio , Andante ) sono molto ricorrenti ( 2
arie). Il compositore pone particolare cura nella scelta del metro musicale, che quasi sempre viene ad adeguare il suo piede metrico-ritmico
alla prosodia del verso gli accenti interni del verso intonato, sono cos
posti sui tempi forti della attuta (oppure evidenziati da durate maggiori o da melismi). asti osservare le seguenti tipologie metriche, di
tipo inario o ternario, impiegate dall’autore in presenza dei divesi
metri poetici
ttona io accenti
[11 A1]
e
sillaba -
arie con metro ternario
()
[11 A2] - 5 arie con metro inario
Sena io accenti 2 e sillaba -
[12 A2] [1
metro
A1] - 5 arie con metro ternario
arie con metro inario
Anche all’interno di un tempo de ole della attuta (per es. la seconda semiminima in
) si pu distinguere un tempo forte ed uno de ole.
on rientrano nel computo le arie con versi misti.
292
Capitolo IV
Settena io accenti 1 2 ,
nario
[1 A1]
()
[
sillaba - 25 arie con metro i
()
[ 5 A2] -
uina io accenti 1 2 e
[52 A2]() sillaba -
arie con metro inario
()
A1] - 12 arie con metro ternario
ecasillabo accenti , ,
[21 A2]
[2
e
()
arie con metro ternario
sillaba - 2 arie con metro inario
()
A1]- arie con metro ternario
La musica
o ena io accenti
[25 A2]
e
293
sillaba - 2 arie in tempo ternario
In alcuni degli esempi sopra riportati si potre e apparentemente
notare una discrepanza tra gli accenti interni dei versi e l’accentazione
musicale nell’esempio relativo al verso senario in
, la scelta del
compositore di porre gli accenti musicali sui tempi de oli della attuta
(sulla seconda e sulla quarta semiminima del metro
) motivata
dalla volont di evidenziare una figura sintattico-ritmica e e q e e q
allo stesso modo, nell’esempio relativo al verso quinario in
, si nota
che l’accento forte della attuta posto in corrispondenza della quinta
silla a del verso quinario, eludendo l’accento forte del verso sulla
quarta in questo caso evidente la scelta stilistica del compositore, di
impiegare un contrattempo per animare la ritmica del movimento.
Lo stesso procedimento viene attuato anche nelle arie in tempo mosso
a carattere di danza (cfr. l’aria
A2, che reca l’indicazione Saraanda ), ove uno stesso modello ( attern ritmico si ripete ostina
tamente per tutta la durata del rano. In questi casi la forza pervasiva
del ritmo musicale prevale intenzionalmente sull’accentazione poetica
grammaticale .
orse, gli esempi citati possono costituire una sorta di versione
scritta di quel ru amento di tempo (qui realizzato con uno spostamento in contrattempo della silla a accentata del verso) affidato
all’esecutore di musiche da camera’ lo stile da camera ammetteva
infatti l’intervento competente dell’interprete, di cui era ammirata la
capacit di manipolazione del rano secondo gusto 51.
5
attern il secondo livello del tem o inte rale ritmo , quando le ulsa ioni (che ne
costituiscono il primo livello) si raggruppano in unit di maggiore ampiezza, relazionando
sequenze di pulsazioni con modelli ritmici tipici di una specifica opera cfr. L RIS A AR I,
anone in inito lineamenti di teoria della musica ologna, .L. . . . 1
, p. 1 .
51
hi non sa ru are il tempo cantando, non sa comporre, né accompagnarsi, e resta privo
del miglior gusto, e della maggiore intelligenza (cfr. I R RA
S
SI,
inioni de
294
Capitolo IV
Il motivo d’apertura
esposto all’inizio della prima sezione
dell’aria (A) e informa del suo materiale melodico-ritmico anche la
seconda sezione di questa ( ) possiamo parlare dunque, generalmente, di arie monotematiche o comunque di forme dove non
en
netta la caratterizzazione tematica, com’ tipico del linguaggio
arocco. uttavia vi un esiguo gruppo di rani (il 5 ) in cui comincia ad affermarsi un principio di differenziazione melodico-ritmica fra
il motivo della sezione A e quello della sezione dell’aria sono le
arie n. 1 , , 5, , 2, , , 1 1, 1 . cco uno di questi rani, in
cui i motivi si differenziano fortemente, tanto da avere addirittura
metri e tempi diversi
[ sempio
A1]
Sin qui si trattato di motivi d’apertura. Se ora allarghiamo lo
sguardo ai modi con cui queste cellule melodico-ritmiche di ase sono
sviluppate per foggiare unit fraseologiche, possiamo notare che
Ariosti fa uso, talvolta, di strutture simmetriche e ripetitive che si
scostano nettamente da quella generica orts innun 52 con cui si
etichetta il linguaggio tardo- arocco. ome noto la orst innun o
struttura continua quella modalit di continuazione o sviluppo del
materiale musicale, di solito con riferimento alla sua linea melodica,
secondo la quale una reve idea o motivo genera a mo’ di ordito
un’intera frase, con tecniche quali la progressione, la trasformazione
intervallare o persino la ripetizione 5 . uesta struttura di gran lunga
prevalente anche nelle arie di Ariosti, ove per lo pi associata a un
cantori antic i e moderni ologna, orni 1
, rist. fotomeccanica dell’ed. apoli, Di Gennaro Morano 1
1a ed. 1 2 , p. ).
52
Il termine stato introdotto da ilhelm ischer nel 1 15 ( ur nt ic lun s esc ic te
des iener lassisc en tils Studien zur Musi issenschaft III (1 15), pp. 2 - ).
5
cfr. ILLIAM DRA I , sub oce ortspinnung , in GR . Gli studi sulla orts innun
sono stati condotti con particolare riferimento allo stile polifonico di ach cfr. R S
onie ildesheimR , rundla en des linearen ontra un ts. ac s melodisc e ol
a
e
or , lms 1 1 (1 ed. 1 1 ), p. 225 e segg.
La musica
295
altro stilema squisitamente arocco, quello del motto , o e ise esso
presente in
arie (il
). Il motto una peculiare modalit
d’esposizione del materiale melodico, introdotta nella cantata gi a
partire dal medio arocco (sin dalle cantate di . allavicino5 ).
cco un esempio di aria di Ariosti in cui compare il procedimento
della struttura continua sopra descritto dal motivo d’apertura a si
dipana il motivo b (con la sua variante b ), poi il motivo e infine il
motivo c (con le sue varianti c’, c2, c , c ), a mo’ di ordito motivico
cangiante eppure in continuo divenire.
5
S , p. 1 1 Schmitz parla del motto come stilema tipico della scuola olognese
nelle cantate del secondo Seicento una reve cellula di testo viene esposta e su ito ruscamente interrotta mediante pause nella voce ad esse segue l’esatta ripetizione della cellula, che
viene questa volta continuata e sviluppata (mia traduz. dal ted.).
a
b
b
c
A1]
o calism o
orirei ria di lasciare [
A
att.
5
Aria
a
b
b
1
c
Voc alismo
A
a
a
15
c2
c
c
oc alismo
2
2
apitolo I
a musica
2
298
Capitolo IV
Accanto alla orts innun - come si diceva - le arie presentano
ela orazioni simmetriche del motivo di ase, affini sia all’impianto
del eriodo classico , sia a quello della Satz eethoveniana ( frase ).
Incominciamo dalla prima e pi familiare modalit di costruzione fraseologica il periodo. Ariosti pone di frequente, all’inizio dell’aria, due
frasi simmetriche (nell’esempio seguente, a e a ’, ove e ’ sono
semifrasi ternarie) nella tonalit di ase (mi) la prima frase si conclude con una cadenza alla Dominante, la seconda con una cadenza
sulla onica
[ sempio 5
2 A2]
sempi analoghi di ela orazioni motiviche si trovano in altre 15
arie (n. , 2 , 2, , 51, , , 5, 1 , 12 , 12 , 12 , 1 1, 1 ,
1 2) anche se non sempre con questa chiarezza del giro tonale ( -DD- ), sempre rispettata la simmetria fraseologica. olutamente a iamo omesso in questo esempio le parole intonate dal ontralto in
presenza di cos marcati ti i sintattici possiamo pensare che il compositore fosse interessato a sviluppare il discorso musicale anche indipendentemente dal testo.
lvidio Surian ritiene che gli inizi dello stile strumentale classico si
de ano riconoscere nell’aria d’ pera del terzo decennio del
III
55
R I RA , in
run in die musi alisc e ormenle re. ber orm rin i ien in
den In entionen und u en . . ac s und i re edeutun ur die om ositionstec ni ee
2 (1a ed. 1 51), p. 22.
t o ens, ien, niversal 1
La musica
299
sec., la cui influenza dice - si esercit pi tardi soprattutto sul concerto strumentale 5 avanziamo l’ipotesi che gi qualche decennio
precedente, nelle arie da camera delle cantate, s’affermassero le tendenze del nuovo stile. Alcune delle composizioni vocali di Ariosti, infatti, sono gi caratterizzate in toto da una chiarezza di articolazioni
formali che risulta dalla coordinazione dei vari elementi del linguaggio musicale (melodia, ritmo e armonia), cos come si osservato
nelle frasi d’apertura delle arie 5 .
Accanto al eriodo si potuta rintracciate nelle arie di Ariosti una
seconda modalit di simmetria fraseologica essa molto simile a
quella della at ( frase eethoveniana) cos Ratz definisce quel
tipo sintattico che si compone di 2 misure, della loro ripetizione e di
un successivo sviluppo in misure, nel corso del quale s’a andona
una parte del motivo esposto nelle prime due misure, cos da ottenere
una condensazione e un’accelerazione del discorso musicale 5 . Si
osservi l’attacco della seguente aria di Ariosti, uno dei 1 esempi di
Satz allo stato em rionale
[ sempio
1
A2]
La ripetizione a-a’ di tipo sintattico e non ha ovviamente a che
fare con la ripetizione melodico-testuale del Motto nell’esempio sopra riportato, infatti, le cellule a e a’ intonano parole differenti e non
5
Si riferisce in particolare alle arie dell’ Artaserse di asse cfr. L IDI S RIA , eta
stasio i nuo i cantanti il nuo o stile erso il lassicismo. sser a ioni sull Artaserse e
ne ia 1
di asse in ene ia e il melodramma nel ettecento. Atti dei convegni internaz.
di studi ( enezia, 1
, 1 5, 1
) a cura di Maria . Muraro, irenze, lsch i 1
- 1,
pp. 1- 5
.
5
on ritieniamo di dover maggiormente documentare la verit di questa affermazione
una modalit cos incisiva di costruzione fraseologica periodica - riscontrata nella frase
d’apertura dei precedenti esempi - non pu che divenire anche un elemento strutturale
dell’intera aria.
5
R I RA , cit. p. 22 (mia traduzione).
300
Capitolo IV
sono separate da pause. In totale, i due tipi sintattici pre-classici del
eriodo e della rase costituiscono il 22 delle arie di Ariosti.
Dahlhaus afferma che la sintassi della at e quella della orts in
nun sono storicamente legate 5 , pur appartenendo a due estetiche
differenti. eriodo e at manifestere ero invece al loro interno strutture dissimili ed opposte il primo, caratterizzato dal principio di simmetria e d’equili rio entro un primo e un secondo mem ro di frase la
seconda, segnata da un’articolazione fondamentalmente tripartita contenente una Abs altun e indipendente dai rapporti di lun-ghezza fra
le sezioni.
ei pochi studi su Ariosti in cui si affronta un discorso stilistico ,
si parla di tendenze formali conservative a proposito delle sei cantate contenute nell’edizione a stampa del 1 2 (le ultime composte)
sem ra viceversa evidente come anche in queste composizioni affiorino le tendenze pre-classiche sopra evidenziate.
. e rasi melodic e analisi dei com ortamenti mor olo ico
sintattici nelle cantate di Ariosti sulla base del con ronto con uelle
dei com ositori coe i
La metodologia d’analisi applicata nel presente paragrafo si
richiama a quella adottata da M. aroni e R. Dalmonte nello studio e
re ole della musica. Inda ine sui meccanismi della comunica ione 1
gli studiosi, pochi anni or sono, si proponevano in primo luogo di individuare le regole compositive delle cantate di Legrenzi e, in un
secondo tempo, di immettere questi codici grammaticali in un computer (attraverso il programma Legre ) che fosse in grado cos ,
autonomamente, di comporre cantate nello stile del compositore.
L’operazione poggiava su solide asi teoriche, in rimis sulla considerazione che il linguaggio musicale, in quanto linguaggio, si asa su
una serie di strutture che ogni compositore o esecutore (anche in-
5
ARL DA L A S,
rase et riode contribution
Anal se musicale
II (1
), pp. .
fr. M A ILD LAR MAR
, cit. e LI 1.
1
orino, .D. . 1
.
une t orie de la s nta e musicale,
La musica
301
consapevolmente 2) deve conoscere e, parimenti, ogni ascoltatore
deve saper correttamente decifrare si asa cio su principi percettivo-cognitivi, su parametri che possono essere studiati per le loro
propriet specifiche, relativamente indipendenti dal contesto in cui si
trovano. La nostra induzione delle re ole di Ariosti partir dunque da
questi parametri da quelli pi semplici come l’altezza e la durata delle
note (che Me er denominava parametri rimari), fino alle loro strutture pi complesse che formano la macro orma (ove i parametri interagiscono tra loro secondo i cam i d a lica ione o l ordine erar
c ico ). Sar poi nostra cura cercare di distinguere, tra i comportamenti morfologico-sintattici individuati in Ariosti, quelli che corrispondono a convenzioni d’uso diffuse (all’epoca, in quell’area geografica 5) da quelli di natura stilistica, ossia quelle scelte singolari ed
eccentriche del compositore (le cosiddette ecce ioni) che travalicano
le regole diffuse ed accettate, pur senza necessariamente eluderle .
ella musica arocca l’ecce ione era particolarmente diffusa nel
linguaggio musicale, motivata da esigenze espressive proprio per individuare queste ultime regole di natura stilistica e dunque indagare lo
stile di Ariosti (o iettivo precipuo della nostra analisi), ci siamo serviti
di analisi comparative sfruttando le loro possi ilit euristiche. Si
scelto innanzitutto un campione limitato di cantate, composto di 1
composizioni (il 15 del totale) la scelta caduta su quei rani il cui
testo era stato intonato anche da altri compositori italiani in varie zone
geografiche (nove contemporanei di Ariosti Gasparini, Monari, al2
el discorso parlato non necessario che i parlanti siano consapevoli delle regole del
proprio linguaggio (cfr. A RAM .
MS , As etti della teoria della sintassi in a i lin
uistici. a rammatica enerati a tras orma ionale orino, oringhieri 1
, pp. -25
p.
(1a ed. am. 1 5).
Secondo Lerdahl e ac endoff esiste un modo idealmente corretto di ascoltare musica, e
tale modo corrisponde alla natura stessa della musica composta (cfr. RA S. A
D
,
R D L RDA L, A enerati e
eor o onal usic am ridge MA, M.I. ress 1
).
AR-DAL- A , p. 2 .
5
Le differenze stilistiche fra le cantate sem rano legate, pi che al loro luogo di produzione, alla data e alla personalit degli autori (cfr. GL RIA R S cit. .
er es. Giuseppe . itoni parla di consuetudini che sine le e a antur come gli altri
teorici dell’epoca, le giustifica sulla ase degli affetti cfr. S RGI D RA
, a
uida
Armonica di iuse e tta io itoni. n documento su li stili musicali in uso a oma al
tem o di orelli in uo issimi tudi orelliani. Atti del
congresso di studi ( usignano,
1
), a cura di S. Durante e . etro elli, irenze, lsch i 1 2, pp. 2 5- 2
1 .
302
Capitolo IV
dara, G. ononcini, Al inoni, adia, rlandini, Sarro e orsile
cinque della generazione successiva ad Ariosti A. Marcello, .
Marcello, orpora, Sammartini e Antinori cfr. ta ella A, p. 2). Da
queste cantate si sono estratte 11 arie e 2 recitativi (poiché alcuni
compositori, A. Marcello e rlandini, intonano i soli recitativi dei corrispondenti testi di Ariosti) e si sono stilate 1 ta elle con le re ole
della grammatica di Ariosti le stesse regole si sono confrontate con
quelle degli altri compositori nelle intonazioni corrispondenti (le cui
regole sono a loro volta riassunte in altrettante ta elle), per cercare di
sta ilire se le regole ricorrenti in Ariosti costituiscano o meno una
peculiarit dello stile del compositore. cco l’elenco dei compositori
che hanno musicato i testi delle cantate di Ariosti (i compositori italiani nella ta ella A, quelli stranieri nella ta ella )
A
LLA A italiani
.
AS A I I (Lucca, 1 1in sen mi resta core
Roma, 1 2 )
.M
A I ( ologna, 1
-1
)
isol o adorar i
A. CAL A A ( enezia, 1
Au elletto arruletto (testo di A.
ienna, 1
)
tto oni), Roma, 1 12-1
(per . Ruspoli)
Genio che amar volea
.
CI I (Modena, 1
Vienna, 1747)
Amarissime pene: aria Se disprezzi il
. AL I
I ( enezia, 1 1
pianto amaro
-1 51)
A. A IA ( erona, 1 2- ienna,
on o lio udirti o core, stamp. in
1
)
ributi armonici eigel,
ien e urn erg 1
.M.
LA I I ( irenze, 1 5cc i belli ma tro o su erbi solo
1
)
il recitativo oi del oco
ond a am o
. . SA
( ari, 1
- apoli,
Inso ribile tormento 1 2
1
)
La limitazione numerica del campione dovuta a mere esigenze pratiche, data la complessit dei parametri presi in esame.
er le i lioteche dove sono conservano le cantate di questa colonna, cfr. p. .
La musica
303
Eurilla, vel confesso
ienna, 1 5 )
Troppo pesan su l’alma
A. MA C LL ( enezia, 1
[Scioglimento d’amore]:
-1
)
solo i recitativi
Su d’un colle fiorito al di cui piede
.MA C LL ( enezia, 1
(parafrasi di Là dove d’atre
rescia, 1
)
tenebre vestito)
Cieco Dio, foss’io quel fiore
.A.
A ( apoli, 1
-1
)
. SAMMA I I (Milano, 1 5A i ual cruccio ual ena [La
Londra, 1 5 )
gelosia]
a rocella tem estosa [La rosa]
reme l onda e isc ia il ento
[ aufragio vicino]
Là dove d’atre tenebre vestito
[L’olmo]
L. A I
I ( ologna, 1
ontanan a crudel uanto
irenze, 1
)
m a anni
.
SIL ( apoli, 1
A
.
S
1
.
S I
C. .
LLA
( eissenfels,
- Am urgo, 1
)
stranieri
miseria d amante core [Il geloso
sprezzante], stamp. in i ertimenti
serenissimi Greflingern, am urg
1 1
a rocella tem estosa stamp. in i
antatas London, oo 1 5
A
( inchester,1
-Du lino, 1
)
AU ( ahren r c , Ahi qual cruccio, qual pena [La gelosia]
1
- erlino, 1 5 )
do e d atre tenebre estito
esan tro o su l alma [Li ert acquistata
in amore]
itrosetta astorella [L’amor onesto]
Le ta elle riportate integralmente nelle pagine successive (p.
e
segg.) analizzano i tratti morfologico-sintattici presenti nelle singole
304
Capitolo IV
frasi melodiche ( le unit fondamentali della struttura musicale ),
ossia nelle porzioni di testo ver ale (anche ripetute) su cui modellata
una frase musicale di senso compiuto . Le ta elle illustrano i seguenti
recitativi e arie
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
e dis re i il ianto mio (aria Ariosti Al inoni)
alle reti di un bel crine (aria Ariosti aldara)
e il rimo amor caro (aria Ariosti Gasparini)
isol o adorar i (aria Ariosti Monari)
a lecito il mio ardore (aria Ariosti G. ononcini)
aci o cor c e ancora a sede (aria Ariosti adia)
oi del oco ond a am o
(recitativo Ariosti rlandini)
Inso ribile tormento (aria Ariosti Sarro)
esan tro o su l alma
(recitativo Ariosti A. Marcello)
o cercando in uel olto diletto
(aria Ariosti orsile)
ieco io oss io ual iore (aria Ariosti orpora)
ianta in elice
(aria Ariosti . Marcello G. Sammartini)
ate ace un sol momento (aria Ariosti Antinori)
5 A1 1
A2
2 A1
A1
A1
5 A1
5 R1
1 A1
5 R1
2
1
A1
A1
2 A1
5 A1
Di ogni frase melodica si sono individuate la tonalit , la cadenza
finale e le caratteristiche del profilo melodico, in relazione al carattere
semantico dell’intonazione finale delle frasi ver ali viene segnalata la
presenza o meno di anacrusi, di note de oli finali ( emminili di melismi riportata l’estensione intervallare del cor o centrale e il tipo di
i ure melodiche che lo arricchiscono. La descrizione del corpo centrale della frase melodica il vero cuore dell’analisi esso formato
dalle note che vanno dal primo all’ultimo tempo forte della frase
l’intervallo formato dalle due note sui tempi forti estremi del corpo
centrale, verr chiamato nucleo della frase melodica. Le figure
AR-DAL- A , p. 1 .
ovvio che il termine rase qui impiegato in senso generico e non nel senso di at
con cui era utilizzato nel 1 diverso infatti l’o iettivo della presente analisi.
1
rima aria della cantata n.5, cfr. elenco a p. 1 2.
La musica
305
melodiche individuate, che arricchiscono il corpo centrale, sono di due
tipi quelle di primo tipo (la ri eti ione la olta il salto) costruiscono
la linea melodica di ase modificandone sostanzialmente il profilo
delle altezze quelle di secondo tipo (la tras osi ione e l’in ersione
intervengono ad alterare in modo pi superficiale la struttura melodica
di ase 2.
2
er una descrizione pi completa di questa ipotesi enerati a della struttura melodica,
cfr. AR-DAL- A , p. 12 e segg.
D I SIM
LI D LL
A
LL
Si qui impiegata la sim ologia di AR-DAL- A 1
, cui si rimanda per maggiori dettagli.
A I testo poetico arricchito delle ripetizioni presenti nel testo musicato, suddiviso nelle unit ver ali corrispondenti alle frasi melodiche
A II la sigla indica il carattere semantico dell’intonazione finale delle frasi ver ali ( i vocativo iniziale
v fine dei versi a fine di aria p fine di periodo Ri ripetizione iniziale Rf ripetizione finale Rs ripetizione semifinale o coordinata So su ordinata)
A III unit formali musicali
A I tonalit di ogni frase indicata con riferimento alla tonalit d’impianto (I arie in tonalit magg. i
arie in tonalit min. Ir tonalit relativa minore di una tonalit magg. d’impianto ir tonalit relativa magg. di una
tonalit min. d’impianto, e cos via) indicazione dei seguenti stilemi armonici rit accordo di ritono
art accordo di Settima secondaria
na accordo di Sesta napoletana Rit Ritardo ed
edale d’armonia Sin Sincope armonica))
A
tipo di cadenza (I cadenza d’Inganno D cadenza de ole S cadenza sospesa
cadenza completa
cadenza perfetta A assenza di cadenza) e grado dell’accordo su cui termina la voce
A I presenza dell’anacrusi (con indicazione delle figure e della distanza intervallare dal nucleo)
A II distanza intervallare tra la prima e l’ultima nota del nucleo melodico direzione nel registro
A III figure melodiche presenti nel nucleo (I Inversione R Ripetizione S- figura di Salto Sffigura di salto forte
figura di rasposizione
- figura di olta superiore inferiore)
A I presenza di terminazioni femminili (con indicazione delle figure p note di assaggio f note di
fioritura Ap Appoggiatura, Rit Ritardo)
S I GA I
apitolo I
)
mi o
come sangue del mio cor
come sangue del mio cor
co me sangue del mio cor
Se di sprezzi il pianto
ama ro
come sangue del mio cor
deh lo mira e ti fia caro
come/ figlio del rigor
deh lo mi ra
e ti fia ca ro
come figlio del mio cor,
del mio cor
come figlio del mio cor,
del mio cor.
I
I
Ir
I r
I
I r
I r
Ir
So
So
So
Ri
o
So
Rf
a
I
I
on.
II( na,Rit)
Unit
o m.
A
1
1
1
S1
S
S
A5
1
I1
D1
1
1
Cad
1R( )
-2
1R( )
1R( )
-2
-
-
( )
1( )
1( )
2
1
MUSICA
Anac .
u
cleo
1(R)
1
1( )
-1
1
-1
Se dis ezzi il ianto mio D- , Mus. Ms.
So
Rs
Rs
Ri
S
in asi melodic e
anac. co o t. em
Sem.
Se disprezzi il pianto
1
A
. (cfr. a ella , p.
R, S
-S ,R
R
R
R
R, 2
R,-S5,
i u e
1 )
R
R
p
.
emm.
p
oc
2
oc
Melis.
A
presenza di piccole fioriture (con indicazione del n di note poste su una stessa silla a) o ampi vocalizzi ( oc) questi ultimi non sono analizzati nella loro struttura.
a musica
in asi melodic e
Anac. co o t. em
ama ro
come sangue del mio cor
come sangue del mio cor
Se dis prezzi il pianto
ama ro
come sangue del mio cor
come sangue del mio cor
Se di sprezzi il pianto
ama ro
come san gue
come sangue del mio cor
come sangue del mio cor
Se disprezzi il pianto
S
A
iv
ir(Ap)
i
iv
ir
i
i
So
Ri
Ri
So
Ri
Ri
So
on
i
iv
ir
Unit
o m
A
So
Rs
Rs
Sem
A
D1
S
1
D
D
S
D1
D
1
Cad.
-2
, ( )
-1R( )
-2
(R)
(R)
( )
2
-
-1
-1
-1
1
-2
-
MUSICA
Anac .
ucleo
Se dis ezzi il ianto ama o D- , Ms.
R,
-SR
R, -
R
R
,R
, R
-, -S , R
i u e
)
R
p
Ap
p
2
2
2
2
2
. emm Melis.
apitolo I
ama ro
ama ro
ama ro
come sangue
come sangue del mio cor
come sangue del mio cor.
come sangue del mio cor
come sangue del mio cor
Se disprezzi il pianto
come sangue del mio cor
come sangue del mio cor
Se disprezzi il pianto
Se disprezzi il pianto
Deh lo mira e ti fia caro
e ti fia caro come figlio del
rigor
Deh lo mira e ti fia caro come
figlio del rigor
come figlio del rigor, del
rigor
Deh lo mira e ti fia caro
come figlio del rigor.
v(Rit)
v
iv
ir
Rf
Rf
Ri
v
A
iv
Rf
a
5
1
2
v
So
S
S
1
1
1
1( )
2
( -)
-2( )
-2
2
-1
-, I
-S5-, -, -S , R
-S5-, , S -
-,I
-, R
2
2
a musica
S
in asi melodic e
anac. co o t. em
A
Dalle reti d’un el cri ne
dalle reti d’un el crine
e dal fulmine d’un guar do
ah ah non solo io non mi guardo
ma
ma il mio mal cercando vo
cercando vo
ma il mio mal cercando vo
cercando vo
Dalle reti d’un el crine ah
non solo io non mi guardo ma il
mio mal cercando vo
il mio mal cercando vo cercando
vo.
.
vr( ed)
v
i
i
i(Ap)
Rf
Rf
So
Rf
p
i
iv
ir
on
vr
Un
o m
A
o
Se
m
Ri
o
So
1
S1
S5
1
1
A
S1
D5
5
Cad
-2(
1
1
)
-1( )
1 ( ,R)
1( ,R)
1
1
-2
2
-1
-1
MUSICA
Anac.
ucl
alle eti d un bel c ine (G -L l, Add. Ms.
S2 ,-S
R,
,R, -, S-
,
-,-S ,S5
R,-S
R,
i u e
5 )
.
em
p
p
p
oc
2
5
2
2
2
2
Mel
1
apitolo I
Augel lin di me pi saggio
quando scorge le ruine ha pi
senno e pi corag gio
nel fuggir se fuggir pu nel
fuggir se fuggir pu
se fuggir pu
nel fuggir se fuggir pu .
Dalle reti d’un el cri ne
dalle reti d’un el crine
e dal fulmine d’un guar do
ah ah non solo io non mi guardo
ma
ma il mio mal cercando vo
cercando vo
ma il mio mal cercando vo
cercando vo
Dalle reti d’un el crine ah
non solo io non mi guardo ma il
mio mal cercando vo
il mio mal cercando vo cercando
vo.
vr (Sin)
v
vr
(Sin,Ap)
So
Rf
Rf
v
1
2
a
5
ir
So
D1
1
S5
D
( -)
-
1
-1
-2
,R
-S , ,R
R,-S5-
,-S
Ap
oc
5
2
a musica
11
Dalle reti d’un bel crine
dalle/ reti d’un bel crine e dal fulmine
d’un guar\do
ah non solo io non mi guardo ma il mio
mal cer/cando cercando vo.
Dalle reti d’un bel crine
e dal fulmine d’un guar\do
ah non/ solo io non mi guardo ma il
mio mal
cercando cercando io vo
ma il mio mal cercando io vo.
Augel/lin di me più sag\gio
quando scopre le rui\ne
ha più senno e più oraggio nel fuggir
nel fuggir se fuggir può
ha più/ senno e più coraggio nel
fuggir
nel fuggir se fuggir può.
S
in asi melodic e
anac. co o t. em
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m III 2616)
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Voc
Voc
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4
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Mel
312
Capitolo IV
.
S
in asi melodic e
Anac. co o t. em
A iosti, a ia
Se il primo amor caro
se il perderlo dolor
chiedilo a questo cor a questo cor
che vive ancor in te.
Se il primo amor caro se il
perderlo dolor
chie dilo a questo cor chiedilo a
1
Dalle reti d’un el crine
dalle reti d’un el crine e dal fulmine
d’un guardo
ah non solo io non mi guardo ma il mio
mal cercando cercando vo.
Dalle reti d’un el crine
e dal fulmine d’un guardo
ah non solo io non mi guardo ma il
mio mal
cercando cercando io vo
ma il mio mal cercando io vo.
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Mel
a musica
1
costan te
sar se torni amante se torni aman te
premio d’una gran f
se torni amante
premio d’una gran f
Se il primo amor caro
se il perderlo dolor
chiedilo a questo cor che vive ancor
in te.
Se il primo amor caro se il
perderlo dolor
chie dilo a questo cor chiedilo a
questo cor
che vive ancor in te ancora in te
ancora in te
chiedilo a questo cor a questo cor
che vive ancora in te.
Lu singa la speranza col crederti
che vive ancor in te ancora in te
ancora in te
chiedilo a questo cor, a questo cor
che vive ancora in te.
questo cor
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1
apitolo I
Se il primo amor ca ro
se il perderlo dolor chiedilo a
questo cor
chiedilo a questo cor che vive
ancora
che vive ancora in te
Se il primo amor caro
se il perderlo dolor
chiedilo a questo cor chiedilo a
questo cor
che vive ancor in te ancora in te
ancora in te
a questo cor che vive ancora in te.
Lu singo il mio pensiero col
crederti costan te
sa r se torni amante premio d’una
gran f
sa r se torni amante
pre mio d’una gran f .
S
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anac. co o t. em
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15
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S
in asi melodic e
anac. co o t. em
Risolvo
ri solvo ad adorarvi pupille vezzose
pu pille vezzose pupille vezzo se
pupille vezzo se
pu pille vezzose e voi mi schernite
1
a
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Ri
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Rs
Rs
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A iosti, a ia R
Se il primo amor ca ro
se il perderlo dolor chiedilo a
questo cor
chiedilo a questo cor che vive
ancora
che vive ancora in te
Se il primo amor caro
se il perderlo dolor
chiedilo a questo cor chiedilo a
questo cor
che vive ancor in te ancora in te
ancora in te
a questo cor che vive ancora in te.
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MUSICA
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apitolo I
Ri sol vo
ri solvo ad adorarvi pupille vezzose e
voi mi schernite
e voi voi mi scherni te
voi mi schernite mi schernite.
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Mona i, a ia R
pupille vezzose e voi mi schernite.
Io giuro d’amarvi
o luci amoro se
io giuro d’amarvi o luci amorose e voi
e voi mi schernite e voi mi ferite e voi
mi ferite.
Risolvo
ri solvo ad adorarvi pupille vezzose
pu pille vezzose pupille vezzo se
pupille vezzo se
pu pille vezzose e voi mi schernite
pupille vezzose e voi mi schernite.
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MUSICA
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anac. co o t. em
A iosti, a ia O
fa’ lecito il mio ardore
o fa’ lecito il mio ardore o pur
lasciami morir
o pur lasciami morir
o pur lasciami morir
o pur lasciami morir
fa’ lecito il mio ardore o pur
lasciami morir
o pur lasciami morir o pur lasciami
.
Ri sol vo
ri solvo ad adorarvi pupille vezzose e
voi mi schernite
e voi voi mi scherni te
voi mi schernite mi schernite.
Io giuro d’amarvi o luci amoro se
e voi voi mi ferite voi
voi mi ferite mi ferite.
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1
apitolo I
ume alato faretra to,
da’ pi doglie e da’ pi pe ne
ma sia giusto il mio languir
ma sia giusto il mio languir il mio
languir.
fa’ lecito il mio ardore
o fa’ lecito il mio ardore o pur
lasciami morir
o pur lasciami morir
o pur lasciami morir
o pur lasciami morir
fa’ lecito il mio ardore o pur
lasciami morir
o pur lasciami morir o pur lasciami
morir.
morir.
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S
in asi melodic e
anac. co o t. em
morir
o lasciami morir o lasciami morir
o lasciami morir.
ume a lato faretra to,
da’ pi doglie da’ pi pene da’ pi lacci
e pi cate ne
da’ pi lacci e pi cate ne
ma sia giusto il mio languir il mio
languir il mio languir
ma sia giusto il mio languir il mio
languir.
fa’ lecito il mio ardor o lasciami
morir
o lasciami morir o lasciami morir
o lasciami morir.
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ononcini, a ia O
Mus. Ms. 1 2 bs Ms. 5
am Ms. 12
bl Add. 1 22 e 151
D.22 1 I c .2
e Mus. .
li Ms. 2 .A.
c orrer)
fa’ lecito il mio ardor o lasciami
bs
p( -)
p( -)
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b Mus. Sch.
2
apitolo I
.
S
in asi melodic e
anac. co o t. em
A iosti, a ia T
aci, o cor, che ancora ha se de
nel mio sen l’antica face
aci, o cor, che ancora ha sede nel mio
sen l’antica face
aci, taci, o cor,
che ancora ha sede nel mio sen l’antica
face.
aci, o cor, che ancora ha se de
nel mio sen l’antica face
aci, o cor, che ancora ha sede nel mio
sen l’antica face
aci, taci, o cor,
che ancora ha sede nel mio sen l’antica
face.
roppo facil daria fe de
l’alma ac cesa a quel che pia ce
l’alma ac cesa a quel che pia ce.
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21
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asi melodic e
o t. em
aci, taci, o cor
taci, o cor, che sento ancora che
sento anco ra
nel mio sen nel mio sen l’antica
face
aci, o cor, che sento ancora, taci,
o cor, che sento anco ra
taci, o cor, che sento ancora
che sento ancora nel mio sen
l’antica face
l’antica fa ce.
roppo facil daria fe de
l’alma accesa a quel che piace a
quel che pia ce
a quel che piace a quel che piace
che piace
roppo facil daria fede davi
fe de
l’al ma accesa a quel che piace a
anac. co
S
adia, a ia T
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22
apitolo I
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A
oi del foco ond’avampo siete le due fucine
in cui temprando
va le saette sue elt tiranna.
Dentro voi si condanna all amoroso inferno
il van pensiero
e verso voi pur anco
S
A iosti, ecitati o
aci, taci, o cor
taci, o cor, che sento ancora che
sento anco ra
nel mio sen nel mio sen l’antica
face
aci, o cor, che sento ancora,
taci, o cor, che sento anco ra
taci, o cor, che sento ancora
che sento ancora nel mio sen
l’antica face
l’antica fa ce.
quel che piace.
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a musica
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in
asi melodic e
oi del foco ond’avampo
siete le due fucine
in cui temprando va le saette sue elt tiranna.
Dentro voi si condanna
all amoroso inferno il van pensiero.
S
landini, ecitati o
va del ciel de diletti
il en, sentiero
onde con doppia forza
sol in voi, se v aprite ha vita il core
e in voi, se vi chiudete,
morto, morto, morto amore.
So
So
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apitolo I
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A iosti, a ia I
Insof fri ile tormento
insof fri ile tormento celar
d’amor il fo co
né poter dir per te moro per te
moro per te moro.
Insof fri ile tormento celar
d’amor il foco
né poter dir per te moro per te
moro
né poter dir per te moro.
fra ceppi d’un crin d’o ro
consumarsi a poco a poco
consumarsi a poco a poco.
Insof fri ile tormento insoffri ile
tormento
celar d’amor il foco celar
d’amor il foco.
.
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25
S
in
asi melodic e
o t. em
fra ceppi d’un crin d’o ro
consu marsi a poco a poco a poco a
poco
fra ceppi d’un crin d’oro
consu marsi a poco a poco consumarsi a
poco a poco.
Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il
foco
insoffri ile tormento ’l celar d’amor il
fo co
e vietarmi il dir che moro il dir che moro.
Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il
fo co
e vie tarmi il dir che moro
e vie tarmi il dir che moro il dir che
moro.
anac. co
Sa o, a ia I
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ir
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Mel
2
apitolo I
Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il
foco
insoffri ile tormento ’l celar d’amor il
fo co
e vietarmi il dir che moro il dir che
moro.
Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il
fo co
e vie tarmi il dir che moro
e vie tarmi il dir che moro il dir che
moro.
a
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2
1
A
a musica
2
in
asi melodic e
esan troppo su l’alma, ice crudel,
ice, crudel, le tue catene.
Io che lunga stagion tra lacci avvinto
trassi dal cor sospir,
pianto dagl occhi,
sia ragione sia sdegno o tua fierezza,
vago di li ert , sprezzo i legami.
Gi saldata la piaga, il foco spento
e ti tolgo il piacer
del mio tormento.
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R,
R,
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A iosti, ecitati o P
(in i cantatas and si lessons or iola d amore Alla aest di ior io e della ran rita na London, alsh 1 2 )
2
apitolo I
in
asi melodic e
roppo pesan su l’alma
ella s , ma crudel lori, i tuoi ceppi
io che lunga stagion penai cattivo
sia ragione sia sdegno
vago di li ert spezzo i legami.
Gi saldata la piaga e’l foco spento
e gi tolgo il diletto
a la fierezza tua
a la fierezza tua del mio tormento
del mio tormento
a la fierezza tua del mio tormento
del mio tormento.
S
A. Ma cello, ecitati o a ioso T
onalit
I( ed)
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anneti III. .2
MUSICA
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c Soncini
a musica
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S
in asi melodic e
anac. co o t. em
A iosti, a ia
.
o cerc ando in quel volto dilet to
un qualche difet to
che spiaccia che spiaccia al mio cor.
o cer cando in quel volto diletto un qualche diffet to che spiaccia al mio cor
che spiaccia
che spiaccia al mio cor.
o cerc ando in quel volto dilet to
un qualche difet to
che spiaccia che spiaccia al mio cor.
o cer cando in quel volto diletto un qualche diffet to che spiaccia al mio cor
che spiaccia
che spiaccia al mio cor.
Ma ognor scopro ma ognor scopro
ellezza s vaga
ch’accresce alla piaga ferita e dolor
ferita ferita e dolor.
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c Litt. 15155 I c
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i u e
p
Ap
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Ir, D. 1 i
2
oc
2
oc
oc
2
2
oc
Mel
2c)
apitolo I
in
asi melodic e
o t. em
dilet to
vo cercando in quel volto diletto
un qualche difetto un qualche
difetto che spiaccia
che spiaccia al mio cor.
o cercando in quel volto
dilet to
un qualche difet to
che spiaccia al mio cor.
o cercando vo cercando un
qualche difetto
che spiaccia al mio cor.
Ma ognor sco pro
el lezza s va ga
che ac cresce alla piaga ferita e
dolor ferita e dolor
che ac cresce al a piaga ferita e
dolor
o cercando in quel volto
anac. co
S
o sile, a ia
iv(Ap)
ir(Ap)
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i
i
i(Ap)
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1
dilet to
vo cercando in quel volto diletto
un qualche difetto un qualche difetto che spiaccia
che spiaccia al mio cor.
o cercando in quel volto
dilet to
un qualche difet to
che spiaccia al mio cor.
o cercando vo cercando un
qualche difetto
che spiaccia al mio cor.
o cercando in quel volto
fe rita e dolor
accresce ferita ferita e dolor.
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ch’al mio en vagheggio in sen
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o o a, a ia C
ieco Dio, foss’io quel fiore
cieco Dio, foss’io quel fiore
ch’al mio en vagheggia in sen
ch’al mio en vagheggia in
sen
se troppo io chieggio amo re
un d quell’io fossi almen
che fa nascere il el pie de
quando siede in sul terren.
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a musica
foss’io quel fiore, cieco Dio, ch’al mio en
vagheggio in sen
foss’io quel fiore ch’al mio en vagheggio
vagheggio in sen.
se troppo io chieggio, Amo re,
un d quell’io foss’almen
che fa nascere il el piede quando siede quando
siede in sul terren,
un d quell’io foss’almen
che fa nascere il el piede quando siede in sul
terren.
ieco Dio foss’io quel fiore
ch’al mio en vagheggio in sen
foss’io quel fiore, cieco Dio, ch’al mio en vagheggio in sen
foss’io quel fiore ch’al mio en vagheggio vagheggio in sen.
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ianta infelice,
di’, per piet ,
di’ per piet se a te ancor ice, se a te ancor
ice manc di f
di’ per piet , pianta infeli ce,
pianta infelice, di’ per piet se a te ancor ice
manc di f
di’ per piet , pianta infelice se a te ancor ice
manc di f
se a te ancor ice manc di f .
en al mio core palese il fa
quel rio pallore che veggo in te
en al mio core palese il fa
quel rio pallore che veggo in te
quel rio pallore che veggo in te
quel rio pallore che veggo in te, che veggo,
che veggo in te.
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ior io e della ran rita na London, alsh, 1 2
Mus. Ms.
5 riportata nell’Appendice I,
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se a te ancor ice manc di f ,
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di’, per piet ,
di’ per piet se a te ancor ice, se a te ancor
ice manc di f
di’ per piet , pianta inferi ce,
pianta infelice, di’ per piet se a te ancor ice
manc di fé
di’ per piet , pianta infelice se a te ancor ice
manc di fé
se a te ancor ice manc di fé.
2
2
2
Mel
apitolo I
se a te ancor ice manc di f
di’, per piet , se a te ancor ice
manc di f .
en al mio core palese il fa
quel rio pallore che veggio che veggio
in te.
en al mio core palese il fa quel rio
pallore che veggio in te
palese il fa quel rio pallore
quel rio pallore che veggio in te.
ianta infelice, di’, di’, per piet
se a te ancor ice manc di f , di’,
per piet , pianta infelice
se a te ancor ice manc , manc di
f .
ianta infelice, di’, di’, per piet
di’, per piet , se a te ancor ice
manc di f
se a te ancor ice manc di f
di’, per piet , se a te ancor ice
manc di f .
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ian ta infelice, di’, per piet
di’, per piet , se a te ancor ice
se a te ancor ice manc di f di’, per piet ,
se a te ancor ice manc di f se a te ancor
ice manc di f .
ianta infelice infelice, di’, per piet , di’
se a te ancor ice manc di f manc di f
di’, per piet ,
pianta infelice se a te ancor ice manc di f ,
di’ per pie t , se a te ancor ice manc di f .
en al mio core palese il fa
quel rio pal lore che veggo in te
quel rio pal lore che veggo in te che veggo in
te.
en al mio core palese il fa quel rio pallore che
veggo in te quel rio pallore che veggo in
te.
S
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riportata nell’Appendice I)
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S
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A iosti, a ia
Date pace un sol momento
date pace un sol momento, crude pene, a
questo core
o che e sangue ei morir ei morir .
Date pace un sol momento crude pene a
questo core
o ch’e sangue o ch’esangue ei morir
morir .
.
ian ta infelice, di’, per piet
di’, per piet , se a te ancor ice
se a te ancor ice manc di f di’, per piet ,
se a te ancor ice manc di f se a te ancor
ice manc di f .
ianta infelice infelice, di’, per piet , di’
se a te ancor ice manc di f manc di f
di’, per piet ,
pianta infelice se a te ancor ice manc di f ,
di’ per pie t , se a te ancor ice manc di f .
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o ch’e sangue ei morir
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ei morir .
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date pace un sol momento, crude pene, a
questo core
o che e sangue ei morir ei morir .
Date pace un sol momento crude pene a
questo core
o ch’e sangue o ch’esangue ei morir morir .
Se vi vr fra doglie e stento
sar pago quel rigore
che in vent la crudelt la crudelt .
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o ch’esangue ei morir ei morir
crude pene, date pace un sol momento
o ch’esangue ei morir ei morir .
Se vivr fra doglie e stento
sar pago quel rigore
che invent la crudelt la crudelt
sar pago quel rigore che invent la
crudelt la crudelt .
Date pace un sol momento
crude pene, a questo core
o ch’e sangue ei morir
o ch’esangue ei morir
ei morir .
Date pace un sol momento
crude pene a questo core
o ch’esangue ei morir ei morir
crude pene, date pace un sol momento
o ch’esangue ei morir ei morir .
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2
oc
2
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2
a musica
1
342
Capitolo IV
1. ercorsi tonali
Le arie di Ariosti presentano i seguenti percorsi tonali (a fianco i
percorsi tonali impiegati dagli altri compositori nelle arie omologhe)
A
A
I II I Ir I r I Ir sen a a
a o
I Ir r
i ir i i i r
I I I r I Ir I
i i ir r i ir r
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i ir r i ir i ii come recedente
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I I r IIr II I I r I
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i ir i i r ii
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MA a
L
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A
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S
Ariosti intona le arie preferi ilmente in tonalit maggiori (1 arie,
il 5 ) nella parte A tocca preferi ilmente l’area della Dominante
( casi), meno spesso l’area della Sottodominante (2 casi) o entram e
(2 casi), eccezionalmente la tonalit del II grado (1 caso) la parte
attacca quasi sempre nell’area della onica ( casi), o nella Dominante della tonalit relativa insiste pi spesso nell’area della Dominante ( casi) che della Sottodominante ( casi) e termina nell’area del
Le osservazioni specifiche sui recitativi, asandosi su un campione alquanto limitato
(2), verranno indicate in carattere pi piccolo.
5
La prima colonna si riferisce alle arie di Ariosti illustrate nelle ta elle alle pagine precedenti la seconda colonna si riferisce all’aria sullo stesso testo intonata da altro compositore
la terza colonna riporta i nomi degli autori delle arie della seconda colonna (per lo scioglimento delle sigle, cfr. p. ).
ei casi non indicati si tratta sempre di arie con Da apo.
area tonale comprende anche la tonalit relativa maggiore o minore.
343
La musica
, I , II grado quando vi la ripresa di A. Solo nella parte A vengono
toccate pi di due aree tonali. i sempre modulazione in una delle
due sezioni. L’aria termina prevalentemente nella tonalit della onica
(eccezionalmente sul I o grado).
d ecco invece schematizzate le modalit di passaggio da una tonalit all’altra, riscontrate nelle cantate di Ariosti
I Ir I r
II I
i i r
I r I
II
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IIr II
I I r
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i ir
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I r I
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ii i
i i
Ir I
i ii
i ii
ir r ir i r
I I r i ii
i ii
i r i
I r IIr
Dal confronto con le altre intonazioni emerge come solo Gasparini,
orpora e . Marcello usino queste medesime regole tonali (essi
impiegano tuttavia almeno una concatenazione tonale diversa da
quelle di Ariosti). ossiamo quindi concludere che i percorsi tonali
sopra riportati costituiscano un umus lingui-stico caratteristico di
Ariosti.
ei recitativi Ariosti tocca sempre la tonalit dell’area del II
grado, terminando sul I o sul II grado nessuna delle cantate degli altri compositori mostra un giro tonale cos conformato.
2. adenze
Lo schema seguente registra il tipo e il numero di cadenze ( 1 1
-5
-5 D S A I) impiegati da Ariosti al termine delle frasi
melodiche illustrate nelle arie-campione (per le sigle, cfr. p.
).
344
Capitolo IV
C
C
P
C
P
A
I
T
1
1
1
C
1
1
1
1
1
1
1
R
R
R
1
1
1
1
1
1
Dalla ta ella si pu vedere che Ariosti intona le unit ver ali So
(aventi legami di su ordinazione con le successive) prevalentemente
con cadenza sos esa le unit
o (coordinate alle seguenti) con cadenza debole le espressioni vocative iniziali ( i) con cadenza com
leta sulla onica o con cadenza sospesa le unit ver ali Ri (seguite
da ripetizione iniziale del testo) con cadenze complete sulla onica
quelle Rs (seguite da ripetizione semifinale) con cadenze de oli o da
cadenze sospese quelle Rf (seguite da ripetizione finale) con cadenza
completa sulla onica infine le unit ver ali p (poste alla fine di un
periodo), quelle v (poste alla fine dell’esposizione della poesia) e a
(le ultime unit ver ali dell’aria) con cadenza completa sulla onica.
Dal confronto si evince che solo aldara e Monari concordano con
Ariosti nella maggioranza dei parametri presi in esame ( su ).
. Melodia
Le melodie di Ariosti mostrano inventiva nella costruzione motivica, che usa parcamente la progressione le frasi melodiche sono
La via dell’analisi della melodia come ase per comprendere il significato di
un’opera musicale stata additata da Leonard . Me er, le cui teorie informano le nostre analisi procedendo attraverso l’indagine dei meccanismi relazionali e dei processi interni che
legano le micro-cellule costitutive di un motivo, Me er mira a definire il profilo
dell’ esperienza estetica , data dal concorso di elementi formali-costruttivi e di elementi e-
La musica
345
revi, ma intervallarmente ampie il cor o centrale , la parte strutturalmente pi importante della frase (e qui chiamato nucleo ) pu
raggiungere l’intervallo d’ottava quando ha un’ampia estensione, ha
pi spesso andamento discendente (- , - , -5 assenti le misure corrispondenti col segno ). Il registro in cui si muove la voce inoltre
notevole l’am ito del Soprano ha un’estensione dal mi al la
e
anche quello del ontralto si spinge fino al limite massimo del registro. In questo Ariosti si discosta dalla linea emiliana di un G.
ononcini, pi so ria e compassata nella linea vocale 1.
L’andamento melodico della frase ulteriormente descritto mediante le i ure melodiche che arricchiscono la sua struttura ro onda 2
sono le figure di olta, di Ripetizione, di Salto, (ela orazioni di rimo
ti o ) e le figure di rasposizione e di Inversione (ela orazioni di se
condo ti o). i soffermeremo ora sulle figure di Salto, che nel campione sono cos distri uite
occorrenze
2
1
2
2
2
1
1
2
2
spressivi legati alle emozioni cfr. L
ARD . M
R, mo ione e si ni icato nella musica
a
ologna, Il Mulino 1 2 (1 ed. inglese 1 5 ).
fr. AR-DAL- A 1
, p. 12 .
Il nucleo melodico qui descritto nella sua estensione (calcolata misurando il numero
di gradi congiunti che separa le altezze estreme della frase melodica, escludendo le anacrusi e
le terminazioni femminili) e nella sua direzione, indicata col segno se ascendente o col segno se discendente.
1
SARA DI I, cit.
2
ermine introdotto da L. Me er per indicare livello di ase della costruzione della frase
melodica.
Di qui in avanti si fa sempre riferimento alla terminologia introdotta da AR-DAL- A
(p. 12 e segg.).
346
Capitolo IV
vistosa la assa percentuale di salti ma iori (di terza e superiori), che costituiscono perci delle eccezioni all’interno del campione. saminando le altre intonazioni, si osserva come, accanto a un
uso massiccio di salti minori (inferiori alla terza), Al inoni e .
Marcello usino i salti, rispettivamente, -S5- e -S nelle stesse due
arie (n. 1 2 e 1 , cfr. ta elle) in cui li impiega, eccezionalmente (solo
2 volte), Ariosti. La concordanza nell’eccezione un fenomeno importante significa che Ariosti si allinea con i due compositori veneziani nelle modalit d’intonazione pi espressive del testo tali modalit sono tanto pi rilevanti dato che . Marcello ancora ne fa uso,
nella generazione successiva ad Ariosti. Inoltre, nell’aria n. 1 2, si
vede come l’estensione massima del nucleo melodico corrisponda
esattamente in Al inoni ed Ariosti - , ovvero un ottava discendente
(che anche la massima estensione cui pu giungere il nucleo nel
campione ariostesco).
ella maggioranza delle arie ( su 11) Ariosti pone vocalismi e
passi virtuosistici in entram e le sezioni A e della voce con lui si
allineano Gasparini, adia, orpora e Antinori. istose e amplissime
colorature vocalmente ardite (sino a 1 attute in
, vedi es. seguente) compaiono sulle parole-chiave delle arie, secondo moduli ritmico-melodici dal profilo geometrizzante proprio l’estrema difficolt
vocale di questi numerosi passaggi attesta che le cantate di Ariosti furono affidate all’esecuzione di qualificati professionisti del canto.
[ sempio
5
A1]
I recitativi sono pervasi da linee aspre, spezzate da salti anche superiori all’ottava, che cedono nei versi finali ad andamenti pi calmi e
sostenuti.
La musica
347
. Armonia
. a ins, parlando della raccolta a stampa ariostesca del 1 2 ,
sottolinea la grande a ilit del compositore nell’arte della modulazione e nell’armonia
Rameau ammira la maestria di Ariosti nel
genere enarmonico 5. Dalle nostre analisi emerge un’armonia ela orata e densa di risorse preziose Ariosti fa un uso frequente
dell’accordo di a na oletana (in arie), superiore ai compositori del
campione (lo impiega solo Sammartini) questo accordo fu impiegato,
oltre che dai compositori della cerchia napoletana (da . rovenzale
a A. Scarlatti e i suoi allievi ), anche da una nutrita schiera di autori
ad esterni ad essa ach, orelli, . Marcello, G. ononcini, .M. eracini, arissimi e orelli . A questi si deve ora aggiungere Ariosti e
G. Sammartini. L’armonia mostra inoltre ricchezza di accordi di a se
condaria, oltre che di edali ritardi e a o iature nel campione
solo orpora fa uso di accordi di a secondaria, dunque solo un compositore della generazione successiva ad Ariosti gli accordi con appoggiatura, viceversa, sono praticati da quasi tutti gli altri compositori
(esclusi Monari e Sarro).
ei recitativi sono frequenti gli accordi di Settima diminuita che
risolvono ecce ionalmente uno sull’altro. umerosi sono i passi come
questo, ove una serie di accordi di a e a si concatenano esclu-
A
I S , eneral istor o t e cience and ractise o
usic London, ovello 1 5 2 (1a ed. 1
) ii, p.
, traduz. dall’inglese.
5
A - ILI
RAM A ,
n ration armoni ue ou rait de musi ue t ori ue et
rati ue aris, rault 1
, p. 15 .
G RI MA , usi
e i on Leipzig, esses 1
p.
(1a ed. 1 2). Si preferisce usare il termine cerchia anziché quello, pi o soleto, di scuola , in quanto la storiografia ha preferito associare al concetto di napoletanit una somma di tendenze stilistiche s
introdotte dai napoletani, ma divenute poi comuni, tra l’ultimo decennio del Seicento e i primi
del Settecento, a compositori di diversa origine cfr. RA
S
D GRADA, cuola na ole
tana e
era na oletana nascita s ilu o e ros etti e di un concetto storio ra ico in
Il teatro di . arlo 1
1
a cura di . agli e A. iino, apoli, lecta 1
, II, pp. 2 .
Della storia e tradizione del termine sesta napoletana parla R. Lang (cfr. R
R
LA G, ntste un und radition des e ri s
ea olitan si t
Die Musi forschung LI
(1 52), pp.
.
348
Capitolo IV
sivamente mediante risoluzioni ecce ionali (mentre la voce, nel passo
citato, ri atte ossessivamente una nota per 22 volte)
[ sempio
2 R1]
Ariosti rimane in gran parte fedele alla sensi ilit arocca, protraendone le risorse tecnico-formali e ponendosi nel filone stilistico
pi conservativo rispetto ai suoi contemporanei. forse la timmun
patetica e intensamente dolente quella maggiormente congeniale al
compositore, che in questo si riallaccia ai modi dei veneziani Al inoni
e aldara, ove la drammaticit del lamento secentesco viene addolcita
da inflessioni pi intime e accorate (per esempio nell’impiego frequente di intervalli diminuiti) non mancano per , nei recitativi-ariosi,
melodie drammaticamente tese, con ampie figure di salto nella voce e
velocissimi guizzi nel ontinuo, che mostrano quanto sia mo ile e
convinta in Ariosti la arocca’ pittura degli affetti. ell’impiego
estensivo delle colorature prevale la linea operistica-europea dei adia, orpora, Antinori.
Ariosti mostra tocchi raffinati nell’uso delle modulazioni e
dell’armonia su questo piano pi vicino a un . Marcello o un G.
Sammartini, della generazione successiva, poiché varia e incisiva la
sua tavolozza armonica al servizio dell’espressione del testo.
I rilievi sin qui svolti sulla struttura delle cantate, sull’articolazione
della frase e sulle peculiarit stilistiche di Ariosti possono a mio parere connotare una declina ione olognese-veneziana nella storia del
gusto e nella oin linguistica da camera medio- arocchi.
1
1
2
1
5 1
2
2 2
5
1
1
Allegro
12
2
La
SolLaMi
Si
Si
Re
Si
Re-
Si
a
A
A
A S
A
A
A
oce
(se diversa da S)
o edienza
irresolutezza
dolore
pena
consiglio a fuggire
riflessione
supplica
felicit
ardore
pena
trepidazione
Affetto
Le arie sono schedate secondo la successione alfa etica degli incipit del testo nella 2a colonna vi l’indicazione del numero della cantata (cfr. elenco a p. 1 2) cui l’aria si riferisce, seguito dal numero dell’aria all’interno della cantata (es. 15 1 prima aria della cantata n
15) nella a colonna compare il movimento dell’aria nella a colonna il tempo nella 5a colonna la tonalit nella a colonna l’affetto predominante nel testo nella a colonna il tipo di voce se diverso dal Soprano. Sono escluse dall’elenco le arie di cui non possediamo la musica
(le cantate perdute o irreperi ili), le arie staccate e quelle comprese nei generi elencati al cap. I . (duetti e scene d’opera) sono altres escluse le arie di incerta attri uzione ad Ariosti.
Al oler del bene amato
Amo lori c e mi u e
Amor occ i non a
Ardo n so er c i
Au elletto arruletto
ella cosa sarebbe amore
ella mia i lumi tuoi
1 . ella ice io son elice
11. elle luci e donde mai
.
.
.
.
.
.
.
Largo
resto
Adagio
resto
2
5
1. A to liermi la ace
. A no ermate
2
2
cantata Movimento empo onalit
Incipit del testo
A LLA
Le A ie delle Cantate
a musica
.
1.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
1.
altri oda l amato mio bene
e mi io a esser re ina
e si u ar
e ti ece mai uest alma
i sa c e orse un d
i uol la ace al sen
ieco io oss io uel iore
ieco nume alato arciero
on l altere a
on tro o ri ore
os tosto o mio bel sole
rudeli s ine
2 2
12 1
15 1
1 1
2 2
2
1 1
1 1
2
1 1
2 1
2 2
5
1
2 2
aro nome nome amabile
erc er tra monti e sel e
1 .
1 .
1
2
2
2
1
1 2
1
1
1 . enc errite
1 . an i Amore
1 . are sel e sel e amic e
1 . elle stille c e rondate
1 . elt c e col ri or
1 . en i conosco
12
C
Andante
Largo
Largo
12
Allegro ma C
non presto
on presto
ivace
Lentamente
Largo
Allegro
Mi
Doa
SiMiRe
Sola
SolRe
Sol
Sol-
LaMi-
Re- Mia
Sol-
SiDoSi-
gelosia
tur amento
innamoramento
tormento
speranza di sollievo
appagamento
preghiera
riflessione
alterezza
tur amento
tormento
sofferenza
struggimento
gelosia
diletto nel dolore
sdegno
gioia
pena
crudelt
struggimento
A
A
A
5
apitolo I
a rocella tem estosa
alle reti d un bel crine
ate ace un sol momento
entro il sen di conca rosa
i alle in monte
ite oi lumi dolente
lontanan a il i iero martir
ena tiranna
ur dolce a un cor le ato
un tormento crudele
rbe nuo e e nuo i iori
ar alletta c e corri al lume
inc distrutta sia
in er si u tal or
iumicello c e ra ido u i
reme l onda e isc ia il ento
u i mio bel tesor
elosia tro o reddo eleno
i di nuo o astosa cam e ia
i er il tuo ri ore
.
.
.
.
.
.
.
.
.
1.
.
una rosa c e mi unse
.
.
.
.
.
.
.
.
1.
.
1
2 1
2 1
2
2
21 2
1
1 1
2 1
25 2
2
21 1
2
5 1
1 1
2 1
2 2
2
2
2 1
2
2
2
ivace
Allegro
Lento
on presto
Largo
12
Largo
Largo
Adagio
Adagio
LaMi
Si
La
Si
LaSol
Mi
Si
Si
Sol
Si
Sola
LaSi
SolSol
La
Re- Sol-
Sol-
dolore lenito dalla contemplazione
mestizia
struggimento
pena
ritrosia
scherno
pena
sofferenza
pentimento
sofferenza accentuata dal
ricordo
tormento crudele
lusinga
pacatezza
struggimento
finzione
sofferenza
timore per il naufragio
gelosia
gelosia
super ia
disperazione
A
A
A
A
A S
A
A S
a musica
51
.
.
.
1.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
1.
In c iuso loco
In me s ento d Amore sia il oco
Inso ribile tormento
Io so c e tu dirai
Io so ris onde il cor
Io ti rendo il biondo laccio Io ti
rendo l aureo strale
Io orrei non esser io
adorar belt crudele
idol mio de ianti miei
a mia ede tosto cede
a rosa e osa
asciami dun ue in ace
ran la ello la s eran a
or se bramate
ore i re
Il bendato arcier olante
Il mio cor sinor u mio
Il i iero dolor
Il udor non lo contrasta
Il e iretto c e tutto amore
Im ari dal mio
2
2
1
2
1 2
1 2
1
5 2
5 2
1 1
2
5 2
1 2
1
2
1
2
1
1
2
1
12 2
55
52
5
1
2
Allegro
Adagio
12
22
Largo
Allegro
Largo
Largo
Allegro
Adagio
ivace
Adagio
Largo
SolLa
a
LaDo
Si-
Re
Mi
SiDoSol
a
Si
Do
Sol
DoSi
LaReMi
Do-
ardore
tormento
pieta
irresolutezza
gentilezza nel rigore
collera
A
pena
gelosia
tormento
A
desiderio di vendetta
innamoramento
dolore
pudore
innamoramento
A
disprezzo delle ricchezze
del mondo
struggimento
A
riflessione morale
A
tormento
riflessione sulla felicit
serenit
sdegno
52
apitolo I
2
2
2
.
.
.
.
.
.
.
1.
.
.
io bel sol ritorna omai
io le no nau ra o
ira la bella rosa
orirei ria di lasciare
o e li intorno amore
el centro dell alma
el so rir atroci ene
elle tue mani Amor
ice crudel erc
o non saresti no
55 2
2 2
1 1
1
5 1
2
1 2
1 2
5 1
5 2
. uci oi siete uelle
1
.
abbandono al enare
1
. aledetto sia il d l ora e il mo 1
mento
. ando a oi sos iri in oto
2
. e lio dir Il cor so erse
2
1. entre il mondo tutto ride
25 1
. i con ien so rir in ace
1
. ia illi cara e bella
2
. e nin e amorosette
. o sde no e o
ivace
Largo
Andante
Adagio
Largo
Allegro
Largo
Adagio
Allegro
Allegro
Adagio
Allegro
assai
2
12
C
2
Si
Sol
Sol
a
DoSolSi
a
Sola
Re
Laa
LaSol-
La
SolRe-
Sol
La
Mi
sofferenza
disperazione
rigore
ama ile pena
pace
vendetta
pena
supplica
gelosia
costanza in amore
affanno
dolore
dolore
struggimento
accoratezza
dolore intenso
pena lenita dal piacere
sdegno
orgoglio
struggimento
A S
A
A S
A
S, S
a musica
5
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
11 .
111.
11 .
11 .
e stelle
er nuo e di ese
er ro ar la sua costan a
er sc er ar con due be l occ i
er incer il mio cor
ianta in elice
iante incolte erbe odorose
i non o lio al cor sentire
osso con uesto cor
ria c e lasciar i
romettimi in edele
u ille di ine
er mirar due a
2
1
51 1
15 2
1
2 1
1
2 2
5 2
22 1
2
2
1
.
1
1
5 2
1
1 1
51 2
52 1
1
1
5
on curate luci amate
on sia solo il ostro ianto
a lecito il mio amore
re iato iume a o
cc i belli ma tro o su erbi
di la tortorella in su uel ramo
1 .
r antate i o u ille
1 1. asce al suono del mio canto
.
.
.
.
.
.
2
2
12
Largo
Adagio
osato
12
Largo
anta ile
on presto
Largo
Adagio
Largo
Allegro
ivace
Adagio
Largo
Largo
DoSola
Si Sol
ReLa
Sol
Sola
Sola
Re
a Si
a
Doa
Si
LaSolSi
tormento
incitamento alla vendetta
dolore
vagheggiamento della
ellezza
spietatezza
diletto
innamoramento
serenit della contemplazione
tormento per la cattiva
sorte
ardore
costanza in amore
riflessione
languore
infelicit
sconsolatezza
perorazione della li ert
costanza in amore
struggimento
struggimento
preghiera di deporre lo
A
A S
A
A
S
5
apitolo I
uel ser ir sen a mercede
uell au el c e sciolto ola
uesto cor benc le ato
isol o adorar i
itrosetta astorella
ardo almen non son i solo
ai dell amor er te
e creder non mi uoi
e di ua ol esse il iede
e di stelle antaste l onore
e dis re i il ianto mio
e il rimo amor caro
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 1.
1 .
1 .
ur al in entil iola
ur c io ossa rimirar i
uando ritorner
uando irsi ella rimira
uanto di duolo uanto di ene
uanto i i scor e amene
ue bei labbri s i aci
uel ri or c e orti teco
.
.
.
.
.
.
1 .
1 1.
11
11
11
11
11
11
2
2
5 1
2 1
5 1
2 1
2
1
5 1
2
1 2
1 1
2 1
5
1
1 2
2
5 1
2
2 2
anta ile
Adagio
Largo
Adagio
Largo
Andante
Adagio
Largo
Andante
Andante
Adagio
Largo
Largo
12
C
La
Sol
La
La
a
a
Do
DoLaLa
Si
Si
La
Re-
DoLaSol
SiMi
Mi
serenit
serenit
diletto nel dolore
Infelicit
udore
Dolcezza
ierezza
ardore
struggimento
ardore
disperazione
dolore
sdegno
gentilezza
struggimento
dolore nella partenza
gelosia
dolore
dolore accentuato dal ricordo
ardore
appagamento
A
A
a musica
55
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 1.
1 .
1 .
1 .
en a di te. mio bene
en a te dolce tiranno
en a oi mie a e stelle
l intendo
elosia
s irsi mio ben
iete ieri
o c e ana la s eran a
on sciolto dai le ami
telle d in lusso barbaro
u tuoi rami inariditi
udor del oco il ianto
aci o cor c e ancora a sede
ento dirmi con lacide orme
1
.
e lontan sta l idol mio
e nel ci lio a este l armi
e sta lun i un cor c e t ama
e t o esi o bella Irene
e talor tra reddi ce i
e tu arti mio ben mio tesoro
e uir c i sem re u e
em licetta ar alletta
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 .
1 1.
1
2
1
22 2
2 1
1 2
1
2
2
5
2 2
1
5 1
2
1
1
2
1
1
1
1
2
1
Largo
Adagio
ivace
Allegro
Allegro
Largo
Largo
Adagio
ivace
Largo
Adagio
on presto
Adagio
Largo
2
2
2
Re
La
DoDoSolDo
Sol
Si
Si
Laa
Re
Re
Mi
DoMia
Si
SolRe
Do-
struggimento
incertezza
dolore
struggimento
tristezza
dolore
sdegno
riflessione sul piacere
che conduce alla morte
riflessione sulla vanit
della costanza
struggimento
struggimento
ardore
gelosia
languore
alterezza
desiderio di pace
disillusione
dolore lenito dall ardore
dolore
afflizione
sdegno
A S
A
A
A
5
apitolo I
1 .
1 1.
o lio darti mille baci
orrei u ir amor
o cercando in uel olto diletto
2
2
1
1
.
1
11 2
1
1 1
1
1
2
.2
2
11 1
1
2
1
2
2
. ante e tante del ciel sono le
stelle
. orna in ido torna in rato
. orna ieni a uesto seno
. ornate o miei desiri
1 . orner mia cara stella
1 . ortorella del tuo ianto
1 1. u m accusi d in edele
1 . u romettesti al cor
1 .
n barbaro ri or
1 .
n altra olta almen
1 . a il iacer col duol con iunto
1 . anne o caro c e il nume
d Amore
1 . eder i e non amar i
1 . incer dell inclemente
1
1
1
1
Allegro
ivace
Largo
on presto
Largo
Adagio
Adagio
Allegro
Largo
C
C
2
2
La
Si
Sol-
LaLa-
aLaSol
Do
Sol
Mi
Mi- Laa
DoSiSi
Re- Mi-
ardore
irresolutezza
supplica
speranza d esser ricam iato
dolore
disorientamento
vendetta
speranza di riconciliazione
riconciliazione
dolore
dileggio
sdegno
tormento
smarrimento
speranza di felicit
speranza
ardore
A S
A S
A S
a musica
5
1
1
.
.
orrei ur rimirar
oti o ersi al cor d Irene
5 2
1
Largo
12
LaDo-
struggimento
ingratitudine
A S
A
5
apitolo I
La musica
359
. a rice ione delle cantate di Ariosti nei aesi tedesc i e an losas
soni
A Settecento avanzato (1 ), a quasi cinquant’anni dalla sua
morte, Ariosti era cos raffigurato da un incisore inglese, . Grignion,
segno della sua notevole fama a Londra
Attilio Ariosti.
Incisione di Charles I
Grignion
(da Paul Collaer e
Albert
van
der
Linden,
Atlas
historique
de
la
Paris,
Musique,
elsevier 1960, p. 113)
Allo stesso modo, anche le cantate di Ariosti e ero fortuna nei
paesi d’oltralpe esse - come vedremo - furono emulate nei luoghi in
cui il compositore soggiorn , specialmente in Inghilterra e in Germania. i si riferisce in questa sede alle sei cantate enumerate nella
ta ella , che intonano gli stessi testi d’Ariosti ma non erano state oggetto delle analisi comparate in quanto, appunto, sospettate di essere
emulazioni delle corrispondenti opere ariostesche come tali, queste
composizioni non potevano rivestire un utile parametro di confronto
360
Capitolo IV
stilistico. e furono autori l’am urghese R. e ser (con un rano
stampato ad Am urgo nel 1 1 ), il erlinese . . Graun e l’irlanese
. Roseingrave (con una cantata stampata a Londra nel 1 5) il primo
era contemporaneo di Ariosti, il secondo e il terzo, di una e due generazioni pi giovani.
e ser, il cui nome appare sul frontespizio della cantata nella versione italianizzata di inaldo esare fu il primo compositore che
esport in Germania il genere della cantata italiana, con la raccolta a
stampa i ertimenti serenissimi delle antate
uette
Arie di
erse (Greflingern, Am urgo 1 1 ) la cantata
miseria d amante
core fa parte proprio di questa silloge, ove intitolata Il eloso s re
ante. ro a ilmente il compositore am urghese, maestro di cappella
del principe del Meclen urgo, pot farsi inviare ad Am urgo un certo
numero di manoscritti viennesi (tra cui, appunto, il A n Ms. 1 5 5
che contiene la cantata suddetta) le due corti, filo-italiane, erano legate fra loro da rapporti d’amicizia. Il fatto che l’innesto della cantata
italiana ad Am urgo avvenisse su di un testo gi intonato da Ariosti,
un dato non certo casuale evidentemente la fama del compositore e
delle sue composizioni da camera si era sparsa in Germania gi in epoca antecedente ai successi delle scene londinesi cos e ser scelse di
cimentarsi proprio su questo testo per includerlo nella sua pionieristica
raccolta.
La prima aria della medesima cantata ( ice crudel erc ) gi
lodata da retzschmar (per le sue corde emotive che nel ied
tedesco saranno riprese solo da Schu ert ) e Schmitz (per
l’espressivit del disegno ostinato del ontinuo in
cangiante
nell’armonia), fu riutilizzata altres in un contesto sacro il arone ohann .A. von ffen ach (1 -1 ), collezionista di rancoforte,
1
negli anni 1 2 -1
, parodi il testo dell’aria in lingua tedesca, in
S
, p. 2 5.
R
S MAR, saggio in ahr uch eters
(1
), p. 1 , citato in S .
cfr. er enesenen ernun t u lli e edan en ber alle onn und est lic e
an elia in einem armonisc en a r an e er asset und or 1 oder
o rani
eils mit
einem be leitendem Instrumente
eils mit blosem asse in m ssi en tunden u einer
aus Andac t in usic ebrac t on o rid on
enbac
s 2 i l. ff.
5 2-5 Rara. uesta raccolta stata discussa da Ralph- rgen Reipsch nel suo saggio o
ann riedric Armand on
enbac als ic ter on antaten a r n en in elemann in
RMA
1
La musica
361
una cantata er la de o ione domestica. e ser inton le arie in tempi
e movimenti diversi da Ariosti, sforzandosi di cercare nuove soluzioni
espressive la prima fu scritta in
, Andante ( ), la seconda in
,
ivace ( , Largo) tuttavia qua e l compaiono tracce di emulazione
si veda per es. l’intonazione delle parole ar aro velen della prima
aria, nella stessa tonalit di Ariosti, attraverso la medesima, rapida escursione scalare, ma in direzione opposta del registro
[ sempio
Ariosti, 5
A1 e
e ser, aria omologa]
arl . Graun (1 -1 5 ) oper a erlino alcuni decenni pi tardi
di Ariosti, quando la citt tedesca diviene una delle roccaforti
dell’ pera italiana sotto ederico II il Grande . gli inton en quattro dei testi di Ariosti compresi nella stampa londinese del 1 2 essa
fu evidentemente en conosciuta nei paesi d’oltralpe e in tutta uropa
(circol sino a enezia cfr. II.2.2 sulle cantate dei due Marcello). In
questi rani ancor pi evidente che in e ser il tentativo del compositore di emulare il suo illustre predecessore per fare un esempio,
Graun impiega lo stesso ritmo (puntato) e movimento di Ariosti per
ela orare il motivo iniziale dell’aria itrosetta astorella
ran urt ericht er das S mposium ( ran furt a. M., 2 -2 . April 1
ahn, Mainz- e
or , Schott 2
, pp. 1 2-1 5 1 5.
), hrsg. von eter
362
[ sempio 1
Capitolo IV
Ariosti, 5 A1 e
Graun, aria omologa]
Ma il caso pi eclatante di emulazione della musica di Ariosti, si
trova nella cantata a rocella tem estosa di . Roseingrave, stampata a Londra nel 1 5 (lo stesso luogo ove, undici anni prima, apparve la raccolta di Ariosti). Roseingrave impieg lo stesso organico
di Ariosti (Soprano, 2 violini e ontinuo) adott lo stesso schema
formale A-R-A scrisse le arie nello stesso movimento (Largo, ivace) us pressoché gli stessi metri (
anzich
di Ariosti).
Il compositore irlandese foggi in modo simile ad Ariosti i motivi
d’apertura delle arie, impiegando altres vocalismi sulle stesse parole
del testo (su grato nella prima aria, su d nella seconda) addirittura, si serv delle stesse modalit di pittura di parola si noti per es.
l’ alterazione di una delle note dell’accordo sulla parola ape nella
prima aria di entram i
[ sempio 11 Ariosti, 21 A1 e
La musica
363
Roseingrave, aria omologa]
L’innesto della cantata italiana nel contesto culturale europeo non
si accompagn dunque a una contaminazione stilistica con i generi locali anzi, i compositori autoctoni riprodussero e protrassero gli stilemi
della cantata italiana anche a distanza di pi di una generazione dal loro modello (esemplare il caso di Graun, il quale visse quasi esclusivamente tra Dresda e erlino e compose circa un centinaio di cantate
su testo italiano, sino agli anni inquanta del Settecento). Gli stilemi
della cantata italiana non furono quindi solo recepiti in terra straniera,
ma emulati e ripetuti, senza rilevanti modifiche si era costituito un repertorio stilisticamente compatto, che si protrasse immutato al di l
della tradizionale periodizzazione cronologica assegnata alla cantata,
fin oltre gli anni ’5 del Settecento si era consolidato un repertorio
veramente europeo , accettato come tale per numerosi decenni.
. A ie di cantate come incunaboli della
L’indicazione cantata posta sul frontespizio delle composizioni di
Ariosti non coincide sempre con la definizione stilistica del genere
vocale da camera a noi noto. Da alcune collazioni effettuate tra i testi
delle cantate e quelli dei melodrammi dello stesso Ariosti, risultato
che taluni recitativi, arie e duetti concordano nel testo e nella musica
con certe scene di pere. n caso simile riguarda un compositore di
cui ci siamo occupati
rlandini una sua cantata ( e sol la mia
morte 2, il cui recitativo concorda con quello della cantata di Ariosti
2
l Mus.
.
364
Capitolo IV
cc i belli ma tanto su erbi) presenta in apertura un’aria con lo
stesso testo e la stessa musica di un’aria dell’Arsace , pera dello
stesso compositore. La tesi che vorremmo avanzare che questo
fenomeno pi volte osservato, ossia la circolazione e l’estrapolazione
di scene da un contesto teatrale-operistico per l’esecuzione cameristica, possa essere considerato una forma larvale della cosiddetta aria
da concerto . Gli studi indicano come l’aria da concerto assumesse
nel secondo Settecento una forte definizione in quanto enere, in
senso costruttivo-compositivo (con un suo carattere, concertante e una
specifica vocalit ) 5 le nostre recenti acquisizioni permettono, in
parte, di ridefinire il contesto in cui si essa si produsse.
Alcune arie e recitativi sono stati identificati come la versione da
camera di omonime scene d’opera dello stesso Ariosti (da a ede ne
tradimenti 1 1, a lacidia 1
, ito anlio 1 1 ). Si tratta
di cinque fra recitativi, arie e duetti contenuti in due manoscritti, l’uno
alla essische Landes i liothe di Darmstadt, l’altro alla Staats i liothe di erlino. I rani sono distri uiti nel modo seguente
1)
s Mus. Ms.
del 1
-’2 aria priva di indicazione e
numerazione (sulla prima pagina del ms., attri uito sul dorso
ad Ariosti, compare il titolo 1 olo antaten r o ran e
leitun mit ontinuo teil eise mit Instrumenten . Si tratta di
un rano per S, 2 chalumeau e c compare al f. v del ms.
Il copista lo considera erroneamente come un proseguimento
Rappresentato a Londra il 1 fe raio 1 21. ell Arsace ci stata tramandata sia la partitura (A n
bl atto II che il li retto (
bl
auc s).
L’annosa questione non stata ancora risolta cfr. a proposito delle arie da concerto di
Mozart S RGI D RA
, radition Inno ation and In ention in o art s oncert Arias in
Album amicorum Albert unnin (in occasione del suo L
compleanno) a cura di G. ornari, repols, urnhout 2 2, pp. 25.
5
fr.
L GA G A. M AR , eue Aus abe s mtlic er
er e hrsg. on der Internationalen Stiftung Mozarteum Salz urg,
renreiter, assel- asel-London- e
or - rag
1
-1 2, II 2 (Arien enen nsembles und
re mit rc ester vorgelegt von Stefan
unze), p. .
stata tramandata sia la partitura (
bl Add. 152 ) che il li retto (
Mus. a
1
).
stata tramandata la sola partitura (A n Ms. 1 21 ).
stata tramandata la sola partitura (
bl Add. 1 15 ).
La musica
2)
)
)
5)
365
della composizione precedente, la cantata uci oi siete uelle
(diciottesima della raccolta)
antata per S e c compare al f. 1r (n. 5) del medesimo
ms. si compone di un recitativo e un’aria
Mus. Ms.
del 1 2-’5
antata per , 2 viole e c
compare al f. 1r del ms. si compone di un’aria, di un recitativo, di un’aria. Il ms. ha il titolo uetti e contiene 1 cantata e
duetti di Ariosti
uetto per S e c compare al f. v del ms. precedente
uetto per S e c compare al f. r del ms. precedente
A) Arie e cene da
ere ese uite cameristicamente
1
ento il cor c e dice
era ---
dal poemetto drammatico a lacidia ( ernardoni of urg, ien 1 ), A. unico, sc. (Glareano, lavia)
Mus.ms.
Lungi son io dal caro mio ene - re ami ur ---
dall’ pera ito anlio ( a m ing’s heatre, London
1 1 ), A. III, sc. (Manlio)
) uesto mar di ita in ido Garzia, perché non more - Il
nemico al cor a uerra dall’ pera a ede ne tradimenti (testo da Gigli Schlo
Lietzen urg, erlin 1 1), A. II, sc. (Garzia)
, Mus.ms.
4) Io parto, ma ben presto ---
dall’Opera La fede ne’ tradimenti A. I, sc. 1 (Fernando,
Elvira)
5) Che fiero tormento ---
dall’Opera La fede ne’ tradimenti , A. III, sc. 4 (Fernando,
Anagilda)
el caso del ms. erlinese (n. - -5), le tre scene sono tratte
dall’ pera a ede ne tradimenti l’indicazione cantata (e duetto) non
lascia du i riguardo alla destinazione esecutiva che doveva avvenire,
366
Capitolo IV
appunto, in contesto da camera. I rani sono raccolti a mo’ di a ouri
te son s le selezioni di rani di successo dai melodrammi, stampate
specialmente a Londra dagli inizi del Settecento (tra queste
s’annoverano anche i florilegi tratti dalle pere di Ariosti oriolano
es asiano A uilio Artaserse ario ucio ero negli anni Diecienti del Settecento ). on si conosce il li rettista de a ede ne
tradimenti sappiamo tuttavia che si tratta di un rifacimento di un melodramma anteriore, scritto da G. Gigli e rappresentato pi volte in
Italia a Siena (1 ), ologna (1 ), irenze (1 ), Mantova
(1 ), enezia (1 5 e 1 21), ologna (1 2), irenze (1 )1 .
Inoltre sono state tramandate altre scene e arie di Ariosti emancipate dal loro naturale contesto drammaturgico per l’esecuzione in spazi
pi intimi e raccolti non pi
rani scelti da una sola opera ma arie e
scene staccate da diversi melodrammi ( ito anlio e a lacidia
il
caso del secondo manoscritto, quello conservato a Darmstadt (n. 1-2).
cco come si presenta, per es., il testo nella versione cameristica
dell’aria ento il cor c e dice
era , per 2 chalumeau di contro,
nella corrispondente versione operistica de a lacidia ernardoni
premette ai versi le didascalie dei personaggi lavia e Glareano1 1
ell’ordine London, Meares 1 2 London, alsh 1 2 London, ood 1 2 Lonalsh 1 2 London, pera ffice at the a mar et, 1 25 London, alsh 1 2 .
1
el li retto originario di Gigli (esemplare consultato I c rappresentato a irenze
nel 1
e pu licato da angelisti l’anno successivo) presente la scena n. 5, ma mancano
la n. e la n. , presenti invece nel li retto in
Mus. a 1
, intonato da Ariosti.
1 1
ella versione letteraria del oema drammatico (cfr.
R) i personaggi sono lavia e
Marino.
don,
La musica
Aria Sento il co c e dice
«S e a», ne a lacidia ( ietro
A. ernardoni) ienna, of urg,
1
, Sc. 5,
A n
rganico S, , 2 chal., 2 vl, c (
v.le da gam a)
A IA
Sento il cor che dice Spera
Il tuo duol tosto avr pace
A A
la sua voce lusinghiera
A.
lusinghiera ancor mi piace
e vuo’ creder al cor mio.
A .
n pensiero menzognero
sento anch io, ch al cor mi dice
or felice,
gi tu sei vicino al lido .
Ma l infido
par speranza et desio. . .
367
Aria Sento il co c e dice
«S e a», staccata,
1
-2
rganico S, 2 chal., c
Sento il cor che dice Spera
Il tuo duol tosto avr pace
la sua voce lusinghiera
lusinghiera ancor mi piace
e vuo’ creder al cor mio.
n pensiero menzognero
sento anch io, ch al cor mi dice
or felice,
gi tu sei vicino al lido .
Ma l infido
par speranza et desio. ( . .
Anche in questi casi l’indicazione cantata si riferisce alla destinazione delle composizioni, che rappresentano un caso piuttosto precoce
di emancipazione di scene dal contesto operistico per l’esecuzione
cameristica, se si pensa alla datazione del ms. (ma 1 2 1 2).
Stefan unze riteneva che i a ourite on s come anche le scene
d’ pera eseguite cameristicamente, non fossero concepite per esser
eseguite in am ienti diversi dalla scena teatrale-operistica e tuttavia
essi costituissero i modelli e gli immediati antecedenti dell’aria da
1 2
RISM A II 5 .
1. 21
368
Capitolo IV
concerto, genere autonomo e tra-teatrale i cui incuna oli faceva risalire a ohann h. ach attorno alla met del secolo (1 55- 1 )1 .
i sfugge purtroppo per quali am ienti fossero eseguite queste ultime scene da camera ariostesche, pro a ilmente in luoghi diversi da
quelli ove furono rappresentate le pere corrispondenti lo suggerire e il luogo di conservazione del manoscritto (Darmstadt), differente da quelli ove furono rappresentati i melodrammi relativi (Londra,
per ito anlio e ienna, per a lacidia). rediamo che le scene
non necessariamente fossero eseguite nelle camere’ delle corti principesche, ma fossero destinate a concerti’ privati, per es. nelle dimore
gentilizie che proliferavano sul suolo inglese nei primi decenni del
Settecento. na di queste fu certamente la residenza di campagna del
duca di handos a annons, a nord-ovest di Londra qui, dal 1 1 ,
e ero luogo i prestigiosi concerti diretti da ndel e epusch e qui fu
sicuramente eseguita la cantata di Ariosti una rosa c e mi unse, di
cui vi era copia nella i lioteca del duca1 .
Ma vi un caso di particolare interesse nella produzione ariostesca
l’aria iana sul monte atmos eseguita a Londra nel 1 1 durante
nove concerti’ pu lici, sia enefici che a pagamento, da Ann Ro inson urner su una scena trionfante mai vista prima dipinta da R.
luogo dell’esecuzione, prima il ing’s
lerici ( ail
ourant 1
heatre nell’ a mar et, poi, per repliche, il heatre Ro al di Drur
Lane (in quest’ultima sala il rano faceva da postludio a drammi in
prosa quali e ld atc elor .
Arie da concerto
)
er incer il mio cor [ iana on ount atmos] per S, 2 fl. e c
(Rolli ing’s heatre, stamp. da Meares, London 1 1 )
1
S A
, o arts on ertarien. I. eil Mozart ahr uch 1 1 2, Salz urg,
Internationale Stiftung Mozarteum 1
, pp. 1 -1 .
1
La cantata, oggi conservata, in area ritannica, in
bl Add. Ms. 21 2, nota
anche attraverso un catalogo del 1 2 , riportato
ARL S .
LLI S
M RI L I. A R,
e i e and ircumstances o ames rid es irst u e o
andos
ford, . . . 1
,
pp. 1 5-1 . Il catalogo ne rivela la provenienza dalla i lioteca del duca di handos.
1 5
e ondon ta e 1
1
art 1
1
ed.
. L. Aver , ar ondale IL,
Southern Illinois niv. ress 1
season 1 1 -1 , p. 52 .
La musica
369
Frontespizio della cantata Diana on Mount Latmos (London, Meares 1719, F-Pc)
Si tratta dunque di un’aria specificatamente composta per i recitals
pu lici di una cantante e per la maggior parte eseguita su di un palcoscenico non deputato al melodramma ma principalmente adi ito alla
prosa e al mas ue. Il suo testo non attinto da un’ pera, ens da una
cantata poetica di aolo Rolli, uanto
ossente Amor iana sul
monte atmo l’intonazione di Ariosti non riguarda per l’intera versione del testo, ens due sole delle tre arie.
er la totale emancipazione da implicazioni drammaturgicooperistiche e la destinazione di consumo per un concerto pu lico, ritengo che il rano possa considerarsi un esempio precoce (nel 1 1 )
di aria da concerto, o per lo meno possa situarsi nel momento di passaggio dall’aria da camera all’aria da concerto d’altra parte gli studi
pi recenti (ad es. Durante 2 2, cit.) ammettono che il termine aria
da concerto si svilupp a Settecento avanzato per definire un genere
dalle forti implicazioni di consumo, pi che una somma di caratteri stilistici omogenei e costanti nella variegata selva di microforme nate in
seno all’o era seria. Le considerazioni sin qui svolte consentono di
anticipare di quasi mezzo secolo gli incuna oli di un enere che unze faceva risalire a ohann hristoph ach.
Sulla scia di questa composizione, come arie da concerto potre ero esser state concepite anche le altre arie e scene staccate di Ariosti
370
Capitolo IV
(questa volta senza addentellati con i melodrammi) che ci sono pervenute. Si tratta di otto rani, di cui non nota la destinazione1 i numeri - - sono arie autonome le prime due, raccolte in un volume
miscellaneo di arie anche d’ pera (
mu 5 .1 1), la terza,
in un volume di arie anonime (
ma -S -R e Alstr m. Samml.). I
numeri 1 -1 sono invece arie estrapolate da cantate di Ariosti, talvolta trasportate in un registro vocale diverso da quello originario
Arie e cene da camera
) In ciel amate e belle per S, 2 vl., v.la, c (1 2 ca.1 )
mu.
on a e amorosa per S, 2 vl., v.la, c (1 2 ca.)
)
omincia a res irar per S e c
,n
1
S
,n 2
Alst m. Samml.
1 ) cc i belli ma tro o su erbi per e c ---
aria dalla cantata omonima per S e c
Ms.mus.
11 Amor occ i non a per S e c aria dalla cantata cc i belli ma tro o su erbi
LU
Solande s notbo
1
on da escludere che le arie e scene fossero eseguite nei teatri di openaghen (attorno al 1 2 , quando Ariosti era a Londra), a Stoccolma, Lulea (forse da . helleri, il cui nome compare a proposito di altre composizioni del ms.) e Londra, ove i testimoni sono oggi
conservati. Anche in Danimarca e in Svezia, infatti, si era sviluppata, tra Sei e Settecento, una
vivace attivit operistica d’impronta italiana.
1
La data si deduce da quella dell’ pera da cui tratta una delle arie presenti nel ms.,
l’aria Allor c e u nerai dall’I ermestra di eo. In quest’anno Ariosti era a Londra.
La musica
371
ieco io oss io uel iore1 per S e c aria dalla cantata omonima
1 ) he sento, Irene amata
e tu arti mio ben mio tesoro per
S e c --
scena dalla cantata omonima
L
M.2 . .
1 ) e’ spaziosi campi - ore i re del tem o edace, per S e c
scena dalla cantata omonima
1
In particolare, i n. 10-11 sono arie staccate della medesima cantata
Occhi belli, ma tanto superbi: questo brano dovette avere una diffusione notevole in area svedese, se si osserva la localizzazione delle sue
fonti (S-K, Ms.mus. 5 e S-LUnm, Solanders notbok).
1
La cantata fu reintonata da . orpora all’inizio del ms. (I c antate ) si trova
l’indicazione Amoroso forse questa cantata in realt una scena d’ pera eseguita cameristicamente, come quelle precedentemente discusse. uttavia non stato possi ile rintracciare
l’ipotetico melodramma da cui sare e stata staccata.
CAPITOLO QUINTO
EDIZIONE
1. La cantata
L’edizione riguarda una delle due cantate su testo di Paolo Rolli
presenti nel corpus ariostesco: Già per il tuo rigore; questa cantata ci
è restituita solo manoscritta (l’altra cantata di Rolli fu stampata nel
1719 da Richard Meares a Londra1). Il testo poetico ci è noto soltanto
attraverso l’intonazione musicale.
Già per il tuo rigore è formata da un’aria, cui segue un recitativo e
un’altra aria; è l’unica cantata di Ariosti che possegga un recitativo
accompagnato da strumenti (2 violini, viola), anche se gli strumenti ad
arco si riscontrano in altre nove cantate del compositore (cfr. cap.
IV.2). La viola è presente nel solo recitativo con una parte a note
tenute; i 2 violini, sovente in unisono, hanno una parte articolata,
specie nel movimento finale (in 3/8), ove essi sembrano gareggiare nel
virtuosismo con la voce, che disegna ampie colorature.
La cantata presenta una tonalità maggiore d’impianto (Sol
maggiore); da questa si sviluppano articolati giri modulanti, come per
es. quello della sezione B della prima aria (bb. 33-49), che è così
formato: I (Sol2) – III-(r) (sol) – III- (Sib) – III-(r) (sol) – VII- (r) (re).
La sezione conclude in una tonalità assai lontana da quella d’impianto
(re minore), prima della ripresa della sezione A. L’armonia, inoltre,
mostra alcune preziosità: alla b. 47, sulla parola “me”, Ariosti
inserisce un accordo di Sesta eccedente (italiana3) nella tonalità di sol,
per poi volgersi alla battuta successiva, assai bruscamente, a re.
La cantata è presente in due fonti manoscritte:
1
La cantata Diana sul monte Latmo.
L’iniziale maiuscola significa tonalità maggiore, quella minuscola tonalità minore.
3
L’accordo di sesta eccedente “italiana” è un tipo di accordo di sesta eccedente costruito
sul quarto grado con la fondamentale innalzata di semitono e la terza abbassata; è detto anche
accordo di terza e sesta eccedente peché si trova spesso in primo rivolto (cfr. WALTER PISTON,
Armonia, Torino, E.D.T. 1989, p. 408).
2
373
374
Capitolo V
BR3 = Ms. viennese (il frontespizio riporta il titolo 16/ Cantaten…)
miscellaneo contenente anche 1 aria di Händel, 3 cantate di D’Astorga
e 1 di Haym, conservato a Brussels (Conservatoire Royal de Musique,
collocaz. Litt. XY 25769). La cantata di Ariosti occupa le pp. 31-41 e
reca il sottotitolo Cantata / a Soprano / solo / Poesia del / Sig.re
Paolo Rolli / Del Sig. Attilio Ariosto (ma nel frontespizio del ms.
compare il cognome esatto del compositore).
E1 = Ms. miscellaneo di formato oblungo conservato a Edinburgo
(University Library, collocaz. P 1433, proveniente dalla Reid Music
Library). Sul frontespizio compare la data di redazione: Diverse /
Cantate scelte / 1716. La cantata di Ariosti occupa le pp. 12-24 e reca
il sottotitolo Cantata / a Soprano / solo / con V.v. / Del Sig.re Attilio
Ariosto / Poesia del / Sig.re Paulo/ Rolli.
Nel frontespizio di BR3 si leggono le date 1712 e 1713, riferite alle
cantate di D’Astorga (in questi anni residente a Vienna), di Haym e
all’aria Se mi ami, o caro di Händel (la datazione di quest’ultima si
deduce da quella datazione dell’Opera di cui fa parte, Il pastor fido,
composto, appunto, nel 1712). La seconda fonte (E1) è redatta invece
nel 1716, anno d’inizio del primo soggiorno londinese di Ariosti. Si
può quindi assumere l’anno 1713, della prima fonte, come termine
ante-quem di quello di composizione della cantata di Ariosti e
sostenere che essa risalga al 1712-1713.
In base a questa argomentazione, Già per il tuo rigore risale agli
anni dell’attività diplomatica del compositore in Europa (1711-16). In
una lettera al fratello Odoardo, scritta a Parigi il 15 febbraio 1716, si
legge:
sono stato ricevuto con grande onore da tutti i sovrani che ho servito; sono
stato in Baviera, Württemberg, Durlach, Baden, Lorena e, ora, presso il duca
di Orlèans, reggente di queste terre, dove non mi fermerò a lungo.
Si può arguire che nel 1712-1713 Ariosti fosse con molta
probabilità in Germania quando compose la cantata: o a Monaco
presso la corte di Massimilano Emanuele II, o a Stoccarda presso il
duca Eberardo IV, o a Karlsruhe-Durlach presso il margravio Carlo
Edizione
375
Guglielmo III, o a Baden-Baden presso il margravio Ludovico
Giorgio.
2. Descrizione dell’apparato critico4
La prima fonte (BR3) è stata assunta come testimone di riferimento
per l’edizione perché reca una datazione più alta. Nulla si conosce
sulla storia della tradizione delle due fonti, anche se esse appaiono
strettamente imparentate poiché copiate dalla stessa mano.
La notazione dei 2 violini su uno (quando sono all’unissono) o su
due righi è stata conservata; la parte della voce, scritta in chiave di
Soprano, è stata trasportata in chiave di violino.
Ogni intervento del curatore sul testo che vada al di là della pura
traslitterazione della notazione antica o che non corrisponda a un
preciso sistema di conversione grafica qui segnalato, viene
menzionato nell’Apparato critico o evidenziato attraverso parentesi
rotonde: sia per indicazioni espressive mancanti nelle fonti e aggiunte
per assimilazione orizzontale o verticale, sia per correzioni e aggiunte
del curatore laddove nessuna delle fonti fornisce, a suo giudizio, un
testo corretto.
Per quanto concerne il trattamento delle alterazioni, come per le
fonti settecentesche della musica di Vivaldi, le nostre fonti seguono
l’antica convenzione secondo la quale le inflessioni cromatiche
mantengono la loro validità solamente per il tempo in cui la nota alla
quale è premessa l’alterazione è ripetuta senza essere interrotta da altri
valori melodici, indipendentemente dalla stanghetta di battuta.
Pertanto la traslitterazione nella notazione moderna comporta
l’aggiunta di certe alterazioni e la soppressione di altre. Le alterazioni
sono state normalizzate secondo l’uso moderno: per es. il segno di b
per indicare la cancellazione di un # in chiave è stato modificato in n .
4
Per i criteri di edizione si fa riferimento ad ANTONIO VIVALDI, Cantate per Contralto (a
cura di F. Degrada). Edizione critica a cura della Fondazione «Giorgio Cini» - Istituto Italiano
«Antonio Vivaldi», Milano 1997.
376
Capitolo V
Le dinamiche originali, presenti in maggior numero in BR3 rispetto
a E1, sono state fedelmente riportate, abbreviate secondo le sigle
odierne:
FONTE
piano -------
forte -------
USO MODERNO
p
f
L’apparato critico registra le varianti delle altezze e delle
alterazioni, nonché quelle minori riguardanti i segni di legatura e di
arcata (per gli archi).
Le fonti differiscono nella tonalità d’impianto: BR3 è in Sol, E1 in
La; a questo proposito nell’indicazione delle varianti si è privilegiata
una terminologia che consentisse di identificare la nota/-e e la variante
/-i senza ricorrere al nome dell’altezza, così da dar conto con più
chiarezza delle collazioni effettuate. In alcuni casi problematici non si
è però potuta evitare l’indicazione dei nomi delle note, trasportandole,
quando riferite a E1, nella tonalità di BR3, Sol.
Il Basso continuo non presenta, in nessuna delle due fonti, la
numerica (che in altre cantate di Ariosti è presente: cfr. per es. la
cantata Quell’augel che sciolto vola nella fonte C5) ; esso non è stato
realizzato nella convinzione che qualsiasi realizzazione risponderebbe
ad un gusto in parte lontano dalla pratica dell’epoca e forse
ostacolerebbe la libera volontà creativa del cembalista competente.
5
Cfr. elenco delle fonti al cap. II.1.1.
Edizione
377
3. Apparato critico
BATTUTA
PARTE
1
Vl I-II
18
Vl I-II
42
Vl I-II
S
44
S
47
51-52
Vl I-II
Vl II
52, 60
Vl I/ Vl II/ Vla
62
66
Vl II
Vl II/ Vla
Vl II
69
Vl I-II
105-108
Vl I
106-108
S
Bc
Vl I
E1 la quinta nota è re;
l’intervallo tra la
quarta e la quinta nota
è perciò discendente
E1 la prima nota è re;
l’intervallo tra la prima
e la seconda nota è
dunque di una sesta
magg. ascendente
inserita pausa di croma
mancante
BR3 E1 - b sulla prima
nota (emendato)
BR3 E1 - n sulla quinta
nota (emendato)
- b sul mi3 (emendato)
eliminata la legatura
tra il mi b e il re (= E1)
E1 manca l’indicazione
delle arcate
E1 re#3
fa n (emendato in fa #)
E1 presenta la terza
dell’accordo
manca il segno di
terzina qui e nelle
battute seguenti
BR3 E1 - n sulla prima
nota
E1 - # sulla prima nota
E1 – n sulla prima nota
- n sul primo fa
378
Capitolo V
110-112
Bc
Vl I
141-142, 144
141-143
155
Vl I/S
VlI/S
Bc
164-166
Bc
179-182
Bc
181-182
Bc
183
tutte
- # sul primo sol
BR3 E1 - # sulla prima
nota
- b sul primo si
E1 - n sulla prima nota
manca il segno di
corona
BR3 E1 - # sulla
seconda nota
E1 secondo grado
aumentato della
tonalità d’impianto
(la#2 anziché do#3)
BR3 E1 - # sulla prima
nota
il metro 3/4 interpolato
ha l’effetto di un
“quasi rall.”; si tratta di
uno stilema arcaico
presente anche in altre
cantate ariostesche (per
es. nella n. 40: A2 e
nelle cantate dei primi
decenni del Settecento,
per es. nella cantata Il
fine dell’uomo di Feo:
aria Di selce è quel
petto)
Edizione
379
4. Edizione della cantata Già per il tuo rigore (testo di P. Rolli)
per 2 vl, v.la e Bc (1712 o 1713)
[Aria]
2 Violini
Soprano
Basso Cont.
Vl
S
Bc
6
# 3 ∑ unisoni
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& 4
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Già
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po -
Capitolo V
380
S
Bc
19
Vl
S
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Bc
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25
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403
Appendice I
RIPRODUZIONE DELL’ARIA PIANTA INFELICE
1) ATTILIO ARIOSTI
Pianta infelice (aria dalla cantata L’Olmo, n. 42; cfr. tabella a
p. 335), in Six Cantatas and Six Lessons for Viola d'Amore/
Alla Maestà di Giorgio Re della Gran Britagna, London,
Walsh 1724: riproduzione in facs. Bologna, Forni 1980
(«Bibliotheca Musica Bononiensis» IV/124), pp. 11-12
404
Appendice I
Appendice I
405
2) BENEDETTO MARCELLO
Pianta infelice (cfr. tabella a p. 336, aria dalla cantata Su d’un
colle fiorito, al di cui piede, D-Mbs, Mus. Hs. 135, ff. 9r-10r
406
Appendice I
Appendice I
407
408
Appendice I
3) GIUSEPPE SAMMARTINI
Pianta infelice (cfr. tabella a p. 338, aria dalla cantata
L’olmo, B-Bc, Ms. 15154, ff. 49v-50v
Appendice I
409
410
Appendice I
411
Appendice II
INDICE DEI CAPOVERSI DELLE CANTATE
«Abbastanza delusa»
1: R1
Addio dunque, Fileno! E questo addio
26: R3
Apprendete da me, mal saggi amanti
3: R3
Ardo, né so per chi
7: A1
A tal voce io restai qual uom che sogna
63: R2
Ah crudele, t’intendo
5: R2
Ahimè, voi già cedete, o sdegni miei
70: R2
«Ahi qual cruccio, qual pena, qual
martiro»
2: R1
Almen de’ pianti miei
20: R2
«Al tribunal d’Amore»
3: R1
Al voler del bene amato
4: A1
«A te, bella cagion de miei sospiri»
8: R1
A togliermi la pace
23: A2
Augelletti che nudrite
85: A2
Augelletto garruletto
9: A1
Bella cosa sarebbe amore
47: A1
Bella mia, i lumi tuoi
35: A1
Bella Nice, io son felice
63: A2
Bella, per un momento
5: A2
Belle luci, e donde mai
27: A2
Belle stille che grondate
10: A1
Beltà che col rigor
68: A2
Ben vi conosco
10: A2
Benché ferite
84: A2
Cangi Amore
70: A1
Alzossi allora il faretrato dio 34: R3
Amanti, o voi ch’inviluppati siete
72: R1
«Amarissime pene»
5: R1
Ah no, che senza Filli, ch’è mia vita
45: R2
Ah no, fermate
53: A2
Ah, perfido Celindo
47: R2
Ah, saria troppo grande e troppo vile
54: R2
Amo Clori che mi fugge
6: A1
Amor occhi non ha
57: A2
Care selve, selve amiche
61: A2
412
Appendice II
Caro nome, nome amabile
58: A1
Celisi pur colei per cui mi moro
7: R2
Cercherò tra monti e selve
62: A2
Ch’altri goda l’amato mio bene
2: A2
«Che dura pena è questa»
11: R1
Che mi giova esser regina
12: A1
«Che più mi resta, oh dio»
13: R1
«Che sento? Irene amata»
14: R1
Che si può far
15: A1
Crudeli spine
Da procella tempestosa 21: A1
Da quel giorno fatale
16: R1
Dalle reti d’un bel crine
9: A2
Date pace un sol momento
45: A1
Deh, per pietà, su l’adorato volto
74: R2
Dentro il sen di conca è rosa
81: A1
[Diana in Latmo] cfr. Per vincer il mio
cor
64
Dica s’io son cortese
Che ti fece mai quest`alma
16: A1
Chi sa che forse un dì 82: A2
21: A2
81: R2
«Dirmi ch’io non adori» 22: R1
Dite voi, lumi dolenti
26: A2
Di valle in monte
23: A1
Chi vuol la pace al sen 4: A1
Cieco Dio, foss`io quel fiore
17: A1
Cieco Nume, alato arciero
18 : A1
Cieli, che far degg’io 11: R2
Cingonmi, nata a pena
Con l`alterezza
«Ecco che già ritorna il Tauro eterno»
25: A1
«E in sen mi resta core» 26: R1
12: R1
87: A2
Con l’amabile idea di tua bellezza
55: R2
Con troppo rigore
19: A1
Così da un ciglio solo
D`una rosa che mi punse 24: A1
E` lontananza il più fiero martir
86: A2
E` pena tiranna
44: A2
E` pur dolce a un cor legato
27: A1
E pure se non fosse
76: R1
57: R2
Erbe nuove e nuovi fiori 28: A1
Così tosto, o mio bel sole
20: A1
E` un tormento crudele 71: A1
Appendice II
«Eurilla, vel confesso»
29: R1
Già so che quell’infida 42: R2
Farfalletta che corri al lume
25: A2
Fidi araldi del core
53: R2
Gran flagello è la speranza
55: A1
Havean gl’occhi d’Iri 15: R1
«Fileno, che le frodi»
30: R1
413
Hore pigre del tempo edace
53: A1
«Filli gentil, nel tuo bel fior degl’anni» Hor se bramate
52: A2
31: R1
Il bendato Arcier volante
Finché distrutta fia
46: A2
13: A2
«Il destino ver me è pur crudele»
Finger si può talhor
38: A3
37: R1
Il mio cor sinor fu mio 38: A1
Fiumicello che rapido fuggi
82: A1
[Il naufragio] cfr. Freme l’onda e
Foss’io pur quella fonte
fischia il vento
32
17: R1
Freme l`onda e fischia il vento
Il più fiero dolor
39: A1
32: A1
Fuggi dal prato, fuggi, o Clori mia
Il pudor non lo contrasta 38: A2
40: R1
Fuggi, mio bel tesor
Il zeffiretto che tutto amore
40: A2
40: A1
«Furie che negl’abissi»
Impari dal mio
12: A2
33: R1
[Gelosia] cfr. «Nice, quella severa
Importuno sospiro d’improviso
amabil ninfa»
54
82: R2
In chiuso loco
Gelosia, troppo freddo veleno
35: A2
30: A2
Indi rivolta al pastorel vezzoso
[Genio] cfr. «Genio che amar volea»
48: R3
34
Infelice mia sorte! E così dunque
«Genio che amar volea»
74: R1
34: R1
Inimica d’Amore la beltà
«Già che intender non vole i miei
41: R1
sospiri»
35: R1
In me spento d`amore sia il foco
65: A2
Già di nuovo fastosa campeggia
Insoffribile tormento
41: A1
21: A2
Già per il tuo rigore
36: A1
414
Appendice II
Io non trovo fra voi che dolorosa
28: R1
Io so che tu dirai
77: A2
«Lisetta, mi tradisti»
44: R1
[L’olmo] cfr. «Là dove d’atre tenebre
vestito»
42
«Io so»- risponde il cor 54: A2
Io ti rendo il biondo laccio
1: A2
Io vorrei non esser io 17: A2
Io v’osservo tallora
29: R2
L`adorar beltà crudele
66: A2
[Lontananza] cfr. Senza te, dolce
tiranno
79
Lontananza crudele
79: R1
«Lontananza crudel, quanto m’affanni»
45: R1
Lo sdegno è vezzo
29: A2
«Là dove d’atre tenebre vestito»
42: R1
Luci, voi siete quelle
46: A1
[La gelosia] cfr. «Ahi qual cruccio, qual
pena, qual martiro»
«Lungo un placido rio» 47: R1
2
La memoria dolente
25: R2
M`abbandono al penare, al piacer
69: A1
La mia fede tosto cede 48: A2
Ma che vale altra prova 13: R2
Ma con chi parlo, oh dio
[L’amor onesto] cfr. Ritrosetta
66: R1
pastorella
75
Ma folle, e che vaneggio
71: R2
[La rosa] cfr. Da procella tempestosa Ma già che l’amor mio, i miei sospiri
21
59: R2
La rosa vezzosa
81: A2
Ma già che morir vuoi
16: A2
77: R1
Maledetto sia il dì, l’ora e il momento
1: A3
Lasciami dunque in pace
Lasso, che far degg’io
86: R1
Le ninfe amorosette
64: A2
[Libertà acquistata in amore] cfr.
«Pesan troppo su l’alma»
65
L`idol mio de’ pianti miei
43: A1
Mando a voi sospiri in voto
74: A2
Ma più d’ogn’altro fortunato fiume
61: R2
Ma qual lieve conforto
73: R2
Ma scherzi nel periglio 9: R1
415
Appendice II
Ma se gl’affetti miei
18: R1
Ma tu, vergognosetta
75: R1
Meglio è dir: «Il cor sofferse»
39: A2
«Mentre dormiva Nice»
48: R1
Mentre il mondo tutto ride
25: A1
Mia Filli cara e bella
6: A1
Mi convien soffrir in pace
49: A1
Mio bel Sol, ritorna omai
55: A2
Mio legno naufrago
32: A2
«Mio nemico pensier, perchè alla
mente»
50: R1
Mira la bella rosa
Nel luminoso ciel de vostri sguardi
46: R1
Nel soffrir atroci pene 14: A2
«Ne’ spazïosi campi»
53: R1
Nice, che pur solea del mio gran foco
43: R1
Nice crudel, perché
59: A1
«Nice, quella severa amabil ninfa»
54: R1
Non creder già ch’io passi
65: R2
Non curate, luci amate 51: A2
Non è però sì glorïosa impresa
60: R1
Non fu saggio il consiglio, o rosa mia
68: R1
Non men di voi io temo 62: R2
31: A1
No, non saresti, no
50: A2
Mirai sincero un tempo 19: R1
«Mirate, occhi, mirate» 51: R1
Misera, almen sapessi
85: R1
Misero! e che mi resta
14: R2
Morirei pria di lasciare 8: R2
«Morto è Amor, ninfe, piangete»
52: R1
Movegli intorno Amore 50: A1
Nel centro dell`alma
47: A2
Nelle tue mani, Amor
18: A2
Non rispose Lisetta a questi accenti
44: R2
Non sia solo il vostro pianto
52: A1
«Non v’è pena maggior del mio
tormento»
55: R1
Non v’è scampo, lo veggo, io son
perduto
32: R1
«Non voglio udirti, o core»
56: R1
Numi, ingrati numi
20: A1
Occhi belli ma troppo superbi
57: A1
O del penoso inferno arpia vorace
2: R2
416
Appendice II
Odi la tortorella in su quel ramo
75: A2
O fa` lecito il mio ardore 34: A1
Pianta infelice
42: A1
O fortunate selve
61: R1
Piante incolte, erbe odorose
66: A1
Più non voglio al cor sentire
72: A2
Poiché Fidalbo amante
67: R1
Oggetto di mia fede
69: R2
Posso con questo cor
«O Filli, o dolce nome» 58: R1
59: A2
«Oh miseria d’amante core»
59: R1
O pastori, se voi
84: R1
Premio di fé sarà, mio caro nume
26: R2
Prezïose dimore
4: R1
O preggiato fiume, vago
Pria che lasciarvi
61: A3
22: A1
O quel suol fortunato in cui fiorisce
24: R1
Or vantatevi, o pupille
60: A1
Pria che parti, amata Clori 37: A1
Promettimi, infedele
73: A2
Pasce al suono del mio canto
61: A1
Passa di doglia in doglia 83: R1
Pupille divine
33: A2
Pur alfin, gentil vïola
68: A1
«Pastori, o voi ch’in pianto»
62: R1
«Pastor, pastore, hai vinto»
63: R1
Pensa, Filli, or che puoi
31: R2
Pur ben che in voi di rimirar mi lice
51: R2
Pur ch`io possa rimirarvi 41: A2
Per mirar due vaghe stelle 19: A2
Per nuove difese
«Qual cara fiamma io senta»
69: R1
Quando il mar si desia tranquillo in
calma
36: R1
63: A1
«Quando Nice era fida»
70: R1
Per provar la sua costanza 51: A1
Per scherzar con due begl`occhi
15: A2
Per vincer il mio cor
64: A1
«Qui dove ai colpi di nemica sorte»
73: R1
Quando ritornerò
36: A2
Quando Tirsi ella rimira
«Pesan troppo su l’alma» 65: R1
54: A1
Appendice II
417
Quando un raggio di sol sul bel mattino Se disprezzi il pianto amaro
21: R1
5: A1
Se di stelle vantaste l`onore
«Quanti sospiri»
71: R1
74: A3
Seguir chi sempre fugge 78: A2
Quanto che in adorarla
87: R1
Se il primo amore caro
26: A1
Quanto di duolo, quanto di pene
76: A2
Se il sospirar non vale
39: R1
Quanto più vi scorgo amene
28: A2
Se lontan sta l`idol mio
76: A1
Que’ bei labbri sì vivaci
56: A2
Semplicetta farfalletta
77: A1
Quella fronte serena
50: R2
Quella soave luce
22: R2
Se nel ciglio haveste l`armi
Quell`augel che sciolto vola
72: A1
Quel rigor che porti teco 80: A2
60: A2
Sento dirmi con placide forme
78: A1
Senza di te, mio bene
20: A2
Quel servir senza mercede 65: A1
Senza te, dolce tiranno
Questo cor, benché legato
Senza voi, mie vaghe stelle
83: A2
«Qui dove ai colpi di nemica sorte»
73: R1
Quindi l’incauto impegno 80: R1
Risolvo ad adorarvi
74: A1
Ritrosetta pastorella
75: A1
S`ardo, almen non son più solo
43: A2
Scaltra tu troppo sei
1: R2
Se creder non mi vuoi
13: A1
Se di qua volgesse il piede 62: A1
Se potessi in te stessa
79: A1
22: A2
80: R1
Servii lunga stagion a donna infida
3: R2
Se sta lungi un cor che t`ama
48: A1
Se talor tra freddi ceppi
30: A1
Se t`offesi, o bella Irene
80: A1
Se tu parti, mio ben, mio tesoro
14: A1
S`hai dell`amor per te
31: A2
Sì, che il divin splendore de tuoi lumi
35: R2
418
Appendice II
Siete fieri
33: A1
Tornate, o miei desiri
Sì, l’intendo, è gelosia
2: A1
Torna, vieni a questo seno 44: A1
70: A2
«Simbolo del mio ben, rosa gentile»
81: R1
Sì, sì, bella costanza
33: R2
Tornerò, mia cara stella
11: A2
Tortorella, del tuo pianto
73: A1
Sì, sì, Tirsi mio ben
Tortorella vedovella
85: A1
71: A2
So che vana è la speranza
Troppo gel, troppo ardor con ugual sorte
30: R2
Tu che, onnipotente
34: R2
20: A3
Son sciolto dai legami
3: A2
Stanco alfin di girar foreste e monti
23: R1
«Stanco di lagrimar, pastor fedele»
82: R1
Stava scherzando Amore 52: R2
Tu m’accusi d’infedele
1: A1
Stelle d`influsso barbaro
57: A3
Tu promettesti al cor
3: A1
Sudor del foco è il pianto 83: A1
Un’alma indiferente
38: R1
Su le sponde d’un rio ninfa sedea
27: R1
Su tuoi rami inariditi
42: A2
Un’altra volta almen
7: A2
Un barbaro rigor
86: A1
Taci dunque, o mio core, e ceda omai
56: R2
Un lampo passaggiero
7: R1
Taci, o cor, che ancora ha sede
56: A1
Tallor bacciar conviene
49: R1
Tallor m’accingo ardito
6: R1
Tante e tante del ciel sono le stelle
84: A1
Torna infido, torna ingrato
11: A1
Tornate dunque al core
10: R1
Tu fingi ancor d’amar? Io più non credo
1: R3
Vagheggia sul matin l’ape ingegnosa
38: R2
Va il piacer col duol congiunto
49: A2
Vanne, o caro, ché il nume d`Amore
26: A3
Vedervi e non amarvi
34: A2
Vide il novel pastore
48: R2
Appendice II
Vincerò dell`inclemente
419
69: A2
Vorrei fuggir Amor
67: A1
Vorrei pur rimirar
45: A2
Vo cercando in quel volto diletto 29: A1
Voglio darti mille baci
79: A2
Voi del foco ond’avampo
57: R1
Voti offersi al cor d`Irene 87: A1
_____________________
* I capoversi in corsivo o fra virgolette caporali indicano gli incipit dei componimenti: se
la cantata inizia con un recitativo, l’incipit è in tondo tra virgolette caporali; se inizia con
un’aria, l’incipit è in corsivo. I capoversi in tondo senza caporali indicano gli incipit delle
arie e dei recitativi interni. In corsivo, ma fra parentesi quadre, si segnalano le
intitolazioni sintetiche attestate dalla tradizione manoscritta (es. [La gelosia]).
AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI
Area 01 – Scienze matematiche e informatiche
Area 02 – Scienze fisiche
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Area 08 – Ingegneria civile e Architettura
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Area 12 – Scienze giuridiche
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Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su
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Finito di stampare nel mese di febbraio del 2012
dalla « ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l. »
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per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma