A10 304 Ringraziamenti Questo studio è l’elaborazione della tesi che ho discusso al termine del corso di dottorato in “Storia e critica dei beni artistici e musicali”, svolto dal 2002 al 2005 presso l’Università degli Studi di Padova sotto la supervisione dei Prof. Sergio Durante e Bruno Brizi; l’indagine sulle cantate di Ariosti era stata avviata in occasione un precedente soggiorno di ricerca all’Università di Heidelberg. A tutti coloro che ho conosciuto durante questo percorso e che mi hanno aiutato e incoraggiato, va il mio ringraziamento più caloroso. Beatrice Barazzoni Le cantate da camera di Attilio Ariosti (1666–1729) nel contesto coevo con l’edizione dei testi Copyright © MMVII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–1385–4 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: novembre 2007 INDICE PRESENTAZIONE 7 CAP. I LA CANTATA DA CAMERA ITALIANA COME COMPONENTE DEL GUSTO MUSICALE PRESSO I CENTRI EUROPEI DAL 1697 AL 1729 ca. IL CONTRIBUTO DI ARIOSTI 1. Berlino 2. Vienna 3. Londra 9 10 19 24 Cap. II I TESTIMONI MUSICALI: ARIOSTI E IL CONTESTO COEVO 1. I testimoni della musica vocale da camera di Ariosti (compresi quelli di recente accesso della Sing-Akademie di Berlino) 1. Descrizione 1. Stampe 2. Manoscritti 2. Edizioni moderne delle cantate 3. Cronologia 2. Circolazione: migrazioni europee di stampe e manoscritti di Ariosti 1. Stampe 2. Manoscritti Cap. III I TESTI POETICI 1. Edizione critica dei testi delle cantate di Ariosti 1. Sigle dei testimoni musicali 1. Stampe 2. Manoscritti 2. Sigle dei testimoni letterari 3. Sigle dei compositori che hanno musicato i testi di alcune Cantate intonate da Ariosti 4. Criteri di trascrizione 2. Soggetti e immagini 3. Aspetti drammaturgici e narrativi 4. Parodie dei testi di Ariosti: il caso di G. Orlandini e B. Marcello 33 33 34 35 52 53 56 58 60 65 65 65 66 69 70 72 191 197 200 5. I poeti: A. Ottoboni, A. Bernardoni, P.A. Rolli 207 Cap. IV LA MUSICA 1. Indice tematico delle Cantate 215 1. Indice tematico delle cantate sicuramente attribuite ad Ariosti 215 2. Indice delle Cantate perdute 276 3. Indice delle Cantate di attribuzione incerta 276 2. Le Cantate: La struttura musicale 277 1. Struttura formale 277 2. Organico strumentale 282 3. Lo stile da camera di Ariosti nel contesto coevo 288 1. I motivi d’apertura delle arie: indagine sui meccanismi di costruzione della frase 289 2. Le frasi melodiche: analisi dei comportamenti morfologico-sintattici nelle cantate di Ariosti sulla base del confronto con quelle dei compositori coevi 300 1. Percorsi tonali 342 2. Cadenze 343 3. Melodia 344 4. Armonia 347 3. La ricezione delle cantate di Ariosti nei paesi tedeschi e anglosassoni 359 4. Arie di cantate come incunaboli della scena da camera 363 Cap. V EDIZIONE 1. La Cantata 373 2. Descrizione dell’ apparato critico 375 3. Apparato critico 377 4. Edizione della cantata Già per il tuo rigore (testo di P. Rolli) per 2 violini, viola e continuo (1712 o 1713)379 BIBLIOGRAFIA E SIGLE BIBLIOGRAFICHE APPENDICE I: Riproduzione dell’aria Pianta infelice 1. A. Ariosti 2. B. Marcello 3. G. Sammartini APPENDICE II: Indice dei capoversi delle cantate 391 403 405 408 411 7 Presentazione L`indagine sul compositore bolognese Attilio Ariosti (1666-1729), autore fra i più apprezzati sulla scena musicale europea e le sue Cantate da camera - un corpus inedito di 87 composizioni - ha mirato a focalizzare i problemi di un genere cui diedero importanti contributi illustri artisti, anche in centri musicali al di fuori dell`Italia, nel periodo compreso tra gli anni `80 del Seicento e gli anni `20 del Settecento: dalle tematiche più propriamente storiche (l’influenza della cantata da camera sul gusto musicale in Europa, la circolazione delle fonti musicali, i legami della cantata con l’Opera coeva), agli aspetti di natura più sistematica (l’analisi del linguaggio musicale, condotta sulla base del confronto “grammaticale” con intonazioni di altri compositori sullo stesso testo, i criteri per l’edizione critica dei testi e delle musiche). Si tratta di problematiche annose di questo repertorio, il cui studio è reso difficile dalla dispersione delle fonti (per lo più manoscritte) e alle quali il nostro studio specifico su Ariosti, vissuto in anni cruciali per l’evoluzione dello stile vocale operistico a fianco di Händel e Bononcini, vuole offrire un contributo. Dall’indagine storica emerge uno spaccato notevolmente ampio della vita musicale ed extra-musicale degli anni 1680-1729: le cantate di Ariosti coinvolsero più o meno direttamente altri compositori, ma anche poeti, pittori, cantanti, figure del mondo politico e diplomatico, che per lo più ruotavano, a vari livelli, attorno al contesto organizzativo-produttivo teatrale delle corti europee (principalmente Berlino, Vienna e Londra, dov’egli operò); questi personaggi ci paiono essenziali per una piena valutazione storicomusicale di tale repertorio, poiché lo storico “racconta al suo lettore la distanza tra un’epoca e ciò che passa per vero, così ch’egli possa figurarsela a partire da ciò” (Paul Veyne). Inquadrando le cantate nel loro tempo storico-antropologico, si possono giustificare e comprendere molte delle scelte stilistiche del compositore. CAPITOLO PRIMO LA CANTATA DA CAMERA ITALIANA COME COMPONENTE DEL GUSTO MUSICALE PRESSO I CENTRI EUROPEI DAL 1697 AL 1729 CA. IL CONTRIBUTO DI ARIOSTI Lo studio di un settore inedito della produzione di un compositore può mettere in luce i problemi di un repertorio e prospettare delle possibili soluzioni: è il caso di Attilio Ariosti1 e della cantata d a camera, uno dei repertori più sfuggenti e meno studiati della storia della musica (basti pensare che l’unica storia generale della cantata profana risale al 19142), eppure così affine al melodramma barocco per stilemi e significati, da costituirne il fondamentale contraltare cameristico assieme alla Serenata. Trattandosi di un repertorio musicale fiorito tre secoli or sono (quello di Ariosti, segnatamente, negli anni 1680-1729, corrispondenti in musica al periodo medio e tardo-barocco), il suo recupero “filologico”, come quello di qualsiasi altra opera artistica, non può prescindere dalla componente storica, tanto più importante quanto maggiore è la distanza che ci separa dalla creazione originale: così lo studio e la restituzione delle partiture in esame, allo studioso come all’esecutore odierno, necessitano, per non risultare sfuocate, della ricostruzione dell’ambiente non solo esecutivo, ma di tutto il tessuto di “strutture” (per usare un termine di G. Contini) e di relazioni, per lo più antropologiche, in cui la composizione era immersa e di cui si nutriva. L`attività di Ariosti presso i più vivaci centri di produzione musicale europea ha indotto a riflettere altresì sulla portata storica dell’innesto e ricezione di un genere squisitamente italiano come la Cantata in ambienti dove esso era quasi sconosciuto (Berlino, Londra) e a considerare il ruolo svolto dalla musica da camera nella storia del 1 Per la biografia di Ariosti si consultino DBI, EBE, EIT, LIN 81 (descritti nella sezione Bibliografia e sigle bibliografiche) e la recentissima voce di Lowell Lingren in GRO. 2 SCH. 9 10 Capitolo I gusto; un gusto che non è improprio chiamare “italiano” ed “europeo”, poiché Ariosti esportò, insieme al collega G. Bononcini, il gusto musicale italiano in luoghi lontani dall’Italia. L’indagine attorno alle cantate di Ariosti ci conduce nel cuore di tre centri d’oltralpe (Berlino, Vienna e Londra), le cui camere gentilizie erano i luoghi deputati all’esecuzione di cantate, nel tentativo di meglio comprendere il ruolo ricoperto dall’intrattenimento da camera; qui si trovavano i colti sovrani committenti delle musiche, nonché la folta schiera di artisti che attorno ad essi ruotavano popolando la vita di corte: non solo musicisti, ma anche pittori, scenografi, scultori e architetti, il cui percorso si è tentato in parte di ricostruire per gli anni 1697-1729. 1. Berlino Il caso della corte berlinese è il più emblematico a proposito dell’innesto dei generi musicali italiani all’estero: grazie ad Ariosti fu introdotta per la prima volta in questo luogo un’Opera teatrale interamente cantata in lingua italiana, a un secolo dalla nascita del genere in Italia. L’episodio non è stato adeguatamente messo in rilievo negli studi, che tuttavia concordano nel ritenere La fede ne’ tradimenti (1701, libretto, in francese, di Sophie Charlotte di Brandeburgo3, con traduzione italiana a fronte forse di O. Mauro e F. Palmieri) di Ariosti il primo melodramma in stile italiano rappresentato alla corte di 3 GEORG T HOURET, Einzug der Musen und Grazien in die Mark, «Hohenzollern Jahrbuch» IV (1900), p. 192-210: 209. Il libretto de La fede ne’ tradimenti è conservato in D-B, Mus. Ta. 1068 e reca sul frontespizio Le Triomphe de la Fidélité. Parmi les trahisons… La Fede ne’ Tradimenti/ Drama per musica/ rapresentata nel teatro di Luxemburgo/ per ordine di S.M. la regina/ il Giorno Natalizio/ di Federico Primo/ re di Pruscia/ Posto in musica da Attilio Ariosti, mastro della musica di S.M./ l’anno 1701 lì 10 luglio. Il conte Francesco Palmieri di Pisa, che forse lavorò con Mauro alla traduzione italiana, fu a Lietzenburg nel 1701. La cantata da camera italiana presso i centri europei 11 Prussia. Ma un dato nuovo è emerso dalle nostre ricerche: l’Opera suddetta circolava a Berlino anche sotto forma di scene staccate, raccolte in volume manoscritto con il nome di cantate (scene) e duetti4. Si trattava (sia nel caso dell’Opera, che delle scene staccate), di una versione rifatta di un libretto di G. Gigli, circolante in Italia negli anni precedenti5; come tale la versione berlinese del libretto presentava notevoli differenze da quella A. Schoonjans: Attilio Ariosti, olio su tela (1702) originale italiana, tra cui l’inserzione di scene di nuova fattura, alcune delle quali presenti anche nella suddetta raccolta cameristica6. La prima Opera italiana a Berlino circolava dunque in una versione 4 Si tratta del ms. D-B, Ms. 780 (cfr. cap. II.1.1), contenente 1 scena e 2 duetti dell’Opera. Secondo il catalogo di C. Sartori (cfr. SAR, III, p. 128), in Italia l’Opera fu rappresentata a Siena (1689), Bologna (1690), Lodi (1695), Firenze (1696), Mantova (1699), Verona (1703),Venezia (1705), Parma (1714), Bologna (1716), Pesaro (1717), Firenze (1718), Napoli (1718), Ferrara (1720), Venezia (1721), Faenza (1723, nel cast vocale il tenore Luigi Antinori), Modena (1723), Bologna (1732), Firenze (1732), Padova (1732), Ravenna (1734). L’esemplare consultato è quello in I-Vgc, S. Fantino 103 (G IROLAMO G IGLI , La fede ne’ tradimenti, Firenze, Vangelisti 1697). Il testo del dramma è anche stampato in Poesie drammatiche del signor Girolamo Gigli accademico acceso… consacrate all’illustrissimo Ferdinando Torriano barone de Tassis, Venezia, Bortoli 1700. 6 Sono Questo mar di vita infido (scena) e Io parto, ma ben presto (duetto). Per la rilevanza storica di queste e di altre scene d’Opera eseguite cameristicamente, si veda il cap. IV.4. 5 12 Capitolo I italiana appositamente rifatta, assieme ad alcuni brani staccati eseguiti nella più agile versione cameristica; sembra allora che il trapianto del melodramma in quel luogo sia avvenuto anche grazie alla musica da camera, che doveva anticipare o forse perpetuare dopo l’esecuzione alcune delle pagine più importanti dell`opera: nel caso in esame, una scelta di arie e duetti nel nuovo stile italiano. Ariosti fu chiamato a Berlino (ove soggiornò dal 1697 al 1703) dall’Elettrice (1688-1700), poi regina di Prussia (1701-’13) Sofia Carlotta, la colta consorte di Federico I, cresciuta presso la raffinata corte di Hannover e fautrice del gusto italiano7. Grazie a lei fu dato nuovo impulso alle arti: fu fondata l’Università delle Scienze (1694) e l’Accademia di Belle Arti (1696), mentre la corte divenne un punto di richiamo per le élites intellettuali e artistiche del tempo, soprattutto pianta del pianterreno del castello di Charlottenburg intorno al 1710 per gli artisti stranieri. Dedita principalmente alla musica da camera, cui partecipava in prima persona come cembalista, Sophie potenziò la 7 Ad Hannover Sophie aveva appreso sotto la guida di A. Steffani l`arte dell`armonia, del contrappunto e del canto: cfr. EBE, p. 24. La cantata da camera italiana presso i centri europei 13 cappella musicale di corte facendone un centro della musica italiana; vi facevano parte il compositore Ruggero Fedeli (giunto da Kassel), il librettista Ortensio Mauro (chiamato da Hannover), i violinisti N. Orio e G. Torelli (quest’ultimo venuto da Ansbach) e il tiorbista A.F. Moscatelli (da Mantova). Nei sei anni in cui si trattenne a Berlino, Ariosti non fu mai un comune stipendiato della cappella come gli altri musicisti: egli si fregiava della particolare qualifica di ospite, svolgendo le attività di esecutore (al cembalo e alla viola d’amore), cantante, compositore e librettista8. Era inoltre il personale maestro di musica dell’imperatrice: suonava insieme a lei e per lei organizzava le attività musicali nelle sue camere private9. Le sue mansioni si avvicinavano a quelle dell’impresario; riceveva annualmente tra i 2000 e i 3000 talleri di stipendio, più del doppio di quello degli architetti, scultori e pittori attivi a corte10. Le Cantate da camera furono composte per i momenti ludici della corte tedesca, eseguite sin dal 1697 al castello di Lietzenburg11 (la residenza urbana della corte) in spazi decorati con dipinti ed emblemi musicali12; la sala più grande era riservata ai Duetti da camera (forniti da Steffani), cantati per lo più da Ariosti e Bononcini13. La regina destinò in seguito spazi più ampi alle rappresentazioni operistiche italiane: nacque così il primo Opernhaus, teatrino allestito in una grande sala ubicata nell’ala sud-occidentale del piano-terra verso il parco, nei pressi della Sala ovale; inaugurato il 5 agosto 1699 e forse dovuto alla mano dell’architetto olandese Arnold Nering, il teatro 8 A Berlino Ariosti scrisse il libretto dell’Opera di G. Bononcini Polifemo. EBE, p. 24. 10 P ETER -M ICHAEL H A H N , Hofkultur und hohe Politik- Sophie Charlotte von Braunschweig-Lüneburg, die erste Königin in Preussen aus dem Hause Hannover, in Sophie Charlotte und ihr Schloß, Munchen-London-New York, Prestel 1999, pp. 31-42: 39. 11 Nel sobborgo di Lützow. Oggi il castello ha mutato il nome in Charlottenburg, in onore della regina. 12 Questi spazi erano decorati con dipinti ad olio raffiguranti Corelli (di J. Frans van Douven) ed altri musicisti (per quello di Ariosti, vedi descrizione a p. 8): cfr. CURT S ACHS, Musik und Oper am kurbrandenburgischen Hof, Berlin, Bard 1910, p. 84-85. 13 Lettera di Sophie Charlotte a Steffani, Lietzenburg, 25 luglio 1702, riportata in Briefe der Königin Sophie Charlotte von Preußen und der Kurfürstin Sophie von Hannover an hannoversche Diplomaten, hsg. von R. Doebner, Leipzig, Hirzel 1905 («Publicationen aus den königlichen preußischen Staatsarchiven» 79) III, p. 78-79. Cfr. anche C OLIN TIMMS, Music and Musicians in the Letters of Giuseppe Riva to Agostino Steffani (1720-27), «Music & Letters» LVVIX/1 (1998), pp. 27-49. 9 14 Capitolo I possedeva 39 logge disposte su 3 file e una scena trapezoidale di pari lunghezza di quella della sala degli spettatori (n`è rimasto oggi solo uno schizzo, riportato a p. 8, realizzato da C. Pitzler prima della distruzione del teatro, avvenuta nel 172314). Una storia dello stile e del gusto vocale italiano presso le corti europee non può altresì prescindere dal ruolo centrale assunto dai cantanti che, in base alla loro provenienza o appartenenza a una data scuola, ne possono meglio definire le diverse “declinazioni”. A Berlino, come nelle altre sedi europee, i cantanti venivano ingaggiati volta per volta per un dato spettacolo, stante la presenza fissa di Chiaravalle (giunto dalla corte di Hannover): in questi anni si esibirono Francesco Ballarini (che giunse da Vienna nell’anno 170015), Francesco Pistocchi (che fu anche compositore, reclutato da Ansbach nel 1697 per M. Mietke- G. Dagly: cembalo di Ariosti a 2 man. (ca.1700), legno dip. e laccato l’esecuzione di una cantata in onore di Sophie), Valentino Urbani (che cantò ne La festa dell’Imeneo e ne L’inganno vinto dalla costanza, 14 H ERBERT A. FRENZEL , Brandenburg-preussische Schlosstheater- Spielorte und Spielformen vom 17. bis zum 19. Jahrhundert, Berlin, Selbstverlag der Gesellschaft für Theatergeschichte 1959, pp. 24-30. 15 Per cantare ne L’inganno vinto dalla costanza di Ariosti, rappresentato in occasione delle cerimonie nuziali in onore di Luisa Dorotea Sofia, figlia dell’Elettore Federico III (eletto nel 1701 col nome di Federico I di Prussia), con Federico di Assia-Kassel. La cantata da camera italiana presso i centri europei 15 entrambi di Ariosti, 1700), Antonio Tosi (nella serenata Filli, Clori, Damone e Minerva di Bononcini, 1702), Regina Schoonjans (la moglie del pittore Anthoni, interprete della medesima serenata e del Polifemo di Bononcini, 1702) e Luigi Mancia (giunto da Hannover nel 1697). Tutti questi cantanti, con eccezione dell’ultimo, ebbero legami d`apprendistato più o meno diretti con due rinomate scuole di canto bolognesi: quella di Pier F. Tosi (di cui la Schoonjans fu allieva a J. Marius, clavecin brisé di Sophie Charlotte (parigi, ca.1700) Vienna16) e di quella di Francesco Pistocchi (con cui si formò Urbani). Alcuni di loro (A. Tosi, R. Schoonjans) giunsero a Berlino nell’anno 1702 al seguito di una compagnia d`artisti ingaggiata dalla capitale asburgica; vi faceva parte anche il compositore modenese Giovanni Bononcini17. Da questi dati si evince la forte componente "bolognese" nell`indirizzo del nascente gusto cameristico-operistico a Berlino, accentuata ancor più dai passaggi di artisti (per lo più cantanti) attraverso le corti legate da rapporti di amicizia, com`erano Hannover, Ansbach, Vienna, Dresda (che inviò a Berlino l’oboista virtuoso Anthoine le Riche nel 1700), Parigi (che trasferì il liutista Laurent de St.-Luc nello stesso anno). 16 La notizia del rapporto di apprendistato tra Tosi e la Schoonjans si trova fra le righe di un discorso pronunciato da Pier F. Tosi, nel 1711 ca., al cospetto dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo: il testo del discorso è conservato tra le carte autografe di Pier F.Tosi a Vienna: Österreichische Nationalbibliothek, Autographen (ex Coll. Kandler) VII/117. Questo documento mi è stato segnalato da Sergio Durante. 17 I loro nomi sono citati nei pochi libretti sopravvissuti delle rappresentazioni, oppure sono contenuti in resoconti dell’epoca (vedi per es. la lettera di Leibnitz a Sophie Charlotte del 22 maggio 1700). 16 Capitolo I La trasformazione del gusto musicale in direzione italianeggiante fu tanto più evidente negli ambienti berlinesi, in quanto avvenne ex abrupto in seno a un contesto artistico assolutamente estraneo alla sensibilità italiana, e piuttosto orientato ai modelli estetici francofiamminghi: nel campo delle arti visive, dopo la morte di Gedeon Romandons (1697), furono attivi a corte i pittori Anthoni Schoonjans e Antoine Pesne. Nel cantiere del castello di Lietzenburg lavoravano artisti francesi e valloni quali Gérard Dagly (decoratore di lacca; vedi per es. le figure cinesi dipinte sui cembali di Sophie e di Ariosti) e Simon Godeau (architetto di giardini), gli architetti Balthasar Neumann e Johann F. Eosander (svedese), i cui progetti erano ispirati alla reggia di Versailles; unico italiano attivo a Berlino, lo stuccatore Giovanni Simonetti. Sul pittore fiammingo Anton Schoonjans (1655-1766), attivo a Berlino nel 1702, ci sia consentita una breve parentesi, in quanto si tratta di un artista con cui Ariosti venne direttamente a contatto, essendo l’autore di un suo ritratto18. L’opera, ancor oggi conservata nel castello di Charlottenburg, fa parte di una serie di cinque ritratti dedicati a musicisti e filosofi stranieri, le cui effigi la regina, progettava di collocare (così come già aveva fatto precedentemente nella Toilettekammer) negli spazi del castello ancora in costruzione, per ricreare anche nelle immagini la raffinata atmosfera intellettuale e artistica che si respirava a corte. Molti ritratti di Schoonjans (che fu anche incaricato di decorare i soffitti del castello) furono a lungo attribuiti a van Dick (nel cui filone stilistico si collocano) e al veneziano F. Trevisani; quello che Ch. Pitzler, schizzo dell’Opernhaus19 18 Schoonjans andò a Berlino per accompagnare la moglie cantante, Maria Regina, che doveva esibirsi nell’opera Polifemo di G. Bononcini. 19 Lo schizzo di C. Pitzler, del 1704, conservato un tempo presso la Technische Hochschule di Berlino, è andato distrutto durante la Seconda Guerra; quella riportata è una La cantata da camera italiana presso i centri europei 17 raffigura Ariosti rivela nella sua fattura una forza rappresentativa, nonché una “veemenza” di tratto che H. Börsch-Supan -nella sua lettura del quadro20- avvicina a quelle dei precedenti dipinti statuari dello stesso autore (per es. il David, che contempera la maniera di un Bernini, il movimento ampio di un Reni e i colori di un Giordano). L’artista voleva probabilmente raffigurare con forza gestuale la privilegiata posizione sociale assunta a corte da Ariosti, cogliendo il musicista in un momento della sua incessante attività compositiva, la mano destra sul foglio da musica, l’altra posata sui tasti del cembalo, lo sguardo rivolto all’indietro come fosse stato per un attimo distolto. Particolare cura è rivolta ai particolari sullo sfondo, una porzione di muro e un paesaggio schizzato a china; in primo piano, le figure laccate minuziosamente tracciate in rosso sul mobile del cembalo (nello stile decorativo tipico di Dresda). Federico I assunse numerosi altri artisti stranieri per fare di Sans Souci, la seconda residenza della corte fuori città, a Potsdam, un superbo edificio simile a Versailles; tra gli artisti più versatili, oltre al già nominato G. Dagly, figura l’architetto-scultore A. Schlüter, che costruì l’arsenale, il Gartenhaus e il castello della residenza di Charlottenburg, opere in cui in parte si fonde la maniera architettonica olandese dominante a Berlino con elementi del barocco romano (Bernini). Anche negli spettacoli drammatico-musicali, che concorrevano con la sontuosità dei loro apparati a rappresentare il potere assoluto dei sovrani di Prussia, s’impose una tendenza al lusso di stampo essenzialmente francese: nelle feste, nelle mascherate (i cosiddetti Witschaften) e nei balletti di corte (Lustballette), interpretati da cantori-attori non professionisti spesso appartenenti alle file dell’aristocrazia. La società di corte salutò con particolare favore questi balletti-pantomime di gusto francese, affidati alla direzione di ricostruzione di H. Lorenz: cfr. Berliner Baukunst der Barockzeit: Die Zeichnungen und Notizen aus dem Reisetagebuch des Architekten Christoph Pitzler (1657-1707), hrsg. von Hellmut Lorenz, Berlin, Nicolai 1998. 20 HELMUT BÖRSCH-S UPAN , Anton Schoonjans in Berlin, «Zeitschrift des deutschen Vereins für Kunstwissenschaft», XXI (1967), pp. 1-19: 15-16. 18 Capitolo I Volumier21, sinché, in concomitanza con l’allestimento dei nuovi spazi architettonici a Lietzenburg, furono introdotte rappresentazioni sceniche più ampie, di gusto italiano: proprio con Ariosti si ebbe il primo esperimento di un’Opera-balletto in lingua italiana, con La festa di Imeneo, nel 1700. Eseguita in un teatro della Stallplatz (creato da T. Giusti, giunto da Hannover) per le nozze della principessa Luisa Dorotea22 (sorella dell’Elettrice), l’azione drammatica presentava notevoli inserti canori formati da recitativi ed arie, la divisione in scene e la partecipazione di cantanti professionisti (V. Urbani e F. Ballarini). Si può dunque affermare che fu il teatro musicale l’ambito artistico che per primo incarnò e rivelò la trasformazione e il passaggio dal gusto francese a quello italianizzante nella Berlino d’inizio Settecento. Il filone del gusto musicale italiano, inaugurato da Ariosti, ebbe discreta fortuna M.Mietke-G.Dagly: cembalo di Sophie Charlotte a 2 manuali (ca.1700), legno dipinto e laccato 21 J.-Baptiste Volumier, violinista e compositore di origine fiamminga, fu a Berlino dal 1692 all 1708 svolgendo l’attività di Konzertmeister e maestro di danza. 22 Era la sorella dell’Elettrice, la quale sposò il principe ereditario Federico di Kassel. La cantata da camera italiana presso i centri europei 19 grazie all’opera di Federico II il Grande, che appena salito al trono (nel 1740) fece costruire un grande teatro d’Opera berlinese; qui operarono Carl H. Graun (autoredi Cesare e Cleopatra, che inaugurò il teatro nel 1742), Johann A. Hasse e Johann F. Reichardt, le cui Opere nello stile italiano gradualmente affiancarono e quasi soppiantarono gli altri generi drammatici nel corso del Settecento. Nel 1791 sorse poi la Sing-Akademie, fondata da C.F. Fasch, che assoldava cantanti italiani per le sue produzioni vocali cameristiche e il cui archivio, disperso durante la Seconda Guerra e recentemente rinvenuto, conserva numerose cantate di Ariosti (vedi cap. II.1.1). 2. Vienna Ariosti soggiornò a Vienna dal 1703 al 1711 (dal 1707 in modo piuttosto discontinuo a causa delle sue mansioni diplomatiche di “agente dell’imperatore presso tutte le Corti e Principi d’Italia”), al servizio dell’imperatore Giuseppe I che gli assegnò la qualifica di maestro aulico. La corte asburgica aveva recepito e coltivato molto prima di quella prussiana la musica italiana: sin dal 1629 si rappresentarono melodrammi: prima quelli di F. Cavalli, poi quelli di A. Cesti, di A. Draghi, sino ad Ariosti e ai fratelli Bononcini (Giovanni e A. Maria), sotto gli imperatori Ferdinando III, Leopoldo I e Giuseppe I (che furono anche musicisti e compositori). Il melodramma fu insomma per oltre un secolo catalizzatore di artisti, architetti e scenografi che posero le radici di un gusto profondamente italiano, già completamente assimilato all’epoca di Ariosti: per limitarci al primo decennio del Settecento, basti il nome dell’architetto e scenografo bolognese Francesco Galli da Bibiena (1659-1739), membro dell’illustre famiglia nota in tutta Europa per i grandiosi disegni scenografici, il quale realizzò nel 1704 una grande sala a campana per gli spettatori, nel teatro interno all’Hofburg di Vienna. Per incarico dell’imperatore e del duca di Lothringen, lo stesso artista edificò in seguito un Opernhaus a Nancy, inaugurato nel 1708 con il melodramma di G. Bononcini Il Natale di Giunone festeggiato a Samo; Galli realizzò per l’occasione anche le decorazioni delle scene, che suggerivano dinamiche nuove ed illimitate mediante l’inserzione 20 Vienna, Hofburg Capitolo I La cantata da camera italiana presso i centri europei 21 delle prospettive ad angolo, a più fuochi23. In questo contesto si collocano i melodrammi di Ariosti Il bene dal male (1704) e Amor tra nemici (1708), oltre ai numerosi poemetti drammatici composti per la corte viennese; accanto a lui, negli stessi anni, lavoravano i compositori Antonio M. Bononcini, Agostino Badia, Johann J. Fux, Francesco Conti (che fu anche esecutore alla tiorba) e Pier Francesco Tosi (nominato dal 1705 compositore di corte), affiancati dai librettisti Cupeda, Bernardoni e Stampiglia. Tra i Samuel von Hoogstraeten: la piazza dell’Hofburg nel 1652 con vista sull’ala “Amalia” 23 Tra i pittori esterni alla corte, spicca in questi anni il nome del trentino Andrea Pozzo (1642-1709), che trasformò gli spazi della Jesuitenkirche (1703-’05) costruendovi uno splendido altare maggiore e dipingendo prospettive illusionistiche (una finta cupola); alla sua mano si devono anche gli affreschi del soffitto di Palazzo Liechtenstein (1704-’08), progettato dal lucchese Domenico Martinelli (1691-1711). Altri artisti italiani sono all’opera a Vienna per le decorazioni scultoree di interni e giardini: tra questi, Lorenzo Mattielli (1686-1748) da Vicenza e il tedesco Raphael Donner (1693-1741), allievo di G. Giuliani di Venezia, le cui opere fondono elementi italiani e francesi. 22 Capitolo I cantanti, s’annoverano Regina Schoonjans, formatasi alla scuola di Tosi ed esecutrice di cantate di A.M. Bononcini24, Anna M. Lisi (moglie di Badia), Anna M. Lorenzani (moglie di Conti), Caterina Galerati, il basso Giuseppe M. Boschi e il contraltista Gaetano Orsini (di cui si dirà più oltre). Almeno ventidue cantate di Ariosti furono composte a Vienna; esse furono eseguite nelle camere reali dell’Hofburg, la residenza urbana degli Asburgo, molto probabilmente nell’ala denominata Amalienburg, che era riservata alle musiche da camera sin dai tempi di A. Draghi25. Si tratta delle cantate contenute in due manoscritti nella Musiksammlung della Österreische Nationalbibliothek26: gli Asburgo infatti facevano copiare tutti i mss. delle musiche eseguite a corte per archiviarle nella loro biblioteca; si trattava tuttavia di copie d’archivio, non di copie per l’esecuzione, poiché i sovrani non amavano che queste musiche circolassero, dopo l’esecuzione, fuori da Vienna27. D’altra parte è ben vero come tra la capitale asburgica e l’Opera di Amburgo (così come con le corti Dresda e di Berlino) esistessero legami di lunga durata nel patrocinio degli eventi musicali: per esempio la maggioranza dei libretti prodotti presso l‘Opera amburghese tra Sei e Settecento mostra nelle dediche quanto stretti fossero i legami con l’aristocrazia asburgica28; questo fatto può anche spiegare il motivo per cui uno dei testi di cantate di Ariosti (O h 24 Cfr. Carte autografe di Pier F. Tosi a Vienna: Österreichische Nationalbibliothek, Autographen (ex Coll. Kandler) VII/117: “…la causa delle mie disgrazie nasce da un odio ingiusto…con tutti i servitori dell’Aug.mo Imp.e Giuseppe… e contro di me in particolare da che mi sono impegnato d’insegnare alla Schoonians…”; “quando ho chiesto… l’onore di accompagnare una mia cantata alla Schoonians in un servizio da Tavola me l’ha negato… e per farmi sentire più viva la mortificazione, Antonio Bononcini fece la stessa domanda e l’ottenne” (passim). 25 Ringrazio H. Seifert per questa segnalazione. 26 Cfr. GRO 2001, sub voce «Ariosti»: si tratta dei Mss. n. 17575 e 17591. 27 Cfr. BEN 2001, p. 250. Anche il mottetto ariostesco O quam suavis, fu eseguito a Vienna: infatti il ms. in cui è conservato, ora a Dresda (Sächsische Landesbibliothek, Mus.2156-E-1) era appartenuto al boemo Jan D. Zelenka che, prima di divenire compositore di corte nella capitale sassone, era stato per due anni a Vienna (dal 1716 al 1718) a studiare contrappunto con Johann J.Fux (è quindi molto probabile che Zelenka abbia ascoltato proprio a Vienna il brano e qui si sia appropriato della partitura). Quattro oratori ariosteschi furono altresì eseguiti nella città asburgica: sono La madre dei Maccabei (1704), La profezia d’Eliseo (1705), Nabuccodonosor (1706) e La Passione (1709; 1a esecuz. a Modena). 28 CHRISTINE BLANKE, sub voce «Keyser», in MGG. La cantata da camera italiana presso i centri europei 23 miseria d’amante core, nel ms. 17575) fosse giunto ad Amburgo e qui intonato nuovamente da R. Keyser (cfr. cap. IV.3.3). Prova degli stretti contatti tra Vienna e Berlino, inoltre, è il trasferimento di una delegazione di musicisti attivi a Vienna (fra cui R. Schoonians) verso la capitale prussiana, nell’anno 1702, in occasione della rappresentazione della Serenata Filli, Clori, Damone e Minerva e dell’Opera in 1 atto Polifemo, entrambe di G. Bononcini (la seconda su libretto di Ariosti). Chi eseguì le cantate viennesi di Ariosti, composte per le occasioni ludiche della corte? Si possono formulare alcune ipotesi sulla base della nostra ricostruzione del reticolo di rapporti che lega gli artisti sopra menzionati: le cantate del ms. 17591 (per voce di Soprano) furono affidate forse all’interpretazione di R. Schoonjans, che con tanta affabile disponibilità (cfr. lettera di Tosi citata) aveva eseguito quelle di A.M. Bononcini, negli stessi anni del soggiorno di Ariosti (Bononcini fu a Vienna a partire dal 1705). Le cantate dell’altro ms., il 17575 (per voce di Contralto), furono invece con probabilità eseguite da Gaetano Orsini, contraltista di origini romane attivo presso la corte nel 1699-1750, dotato di mezzi vocali eccezionali anche in età avanzata. Egli cantò in opere di Ariosti (I gloriosi presagi di Scipione Africano, 1704 e Marte placato, 1707) e fu dedicatario di numerose cantate composte da Fux e da Caldara. Il registro della voce, infatti, si muove in queste cantate nella regione medio-grave, spingendosi raramente oltre il Sib3: un registro adatto alla voce di castrato29. A Vienna, a differenza di Berlino, le cantate cominciarono ad essere recepite dal mercato editoriale, che offriva loro una diffusione maggiore: una raccolta di 12 cantate di Agostino Badia, su testi di Pier M. Ruggieri, fu stampata col titolo Tributi armonici (1699) da Weigel, editore attivo a Vienna e Norimberga. L’episodio30 rimase tuttavia isolato nello stato asburgico, nonostante la cantata fosse intensamente coltivata sino a metà Settecento (sino a Niccolò Porpora); fu l’Inghilterra il paese ove il mercato editoriale trovò il suo ideale terreno politico-sociale per espandersi (cfr. cap. I. 3). 29 Ringrazio Alejandro Garri, editore (cfr. cap. II.1.2) ed interprete delle cantate di Ariosti, della segnalazione. 30 Si tratta del primo caso a Vienna di cantate stampate: cfr. VOGE. 24 Capitolo I Si vede come la corrente del gusto, all’inizio etichettato genericamente come italiano, assumesse a Vienna diverse sfumature: anche qui, come a Berlino, era viva la componente bolognese, presente sin dall’arrivo di G. Bononcini (nel 1698, quindi qualche anno prima del soggiorno di Ariosti) e consolidata da Tosi31, Antonio M. Bononcini e Ariosti, nonché dal librettista Bernardoni32. Tuttavia questo filone del gusto s’innestava su di un altro già esistente sin dalla metà del secolo, di matrice veneziana, inaugurato da Cavalli e poi proseguito da Draghi e Marco A. Ziani, sino a Badia e Caldara negli anni trenta del Settecento; i legami culturali con Venezia si estendevano altresì alla letteratura (basti pensare alla figura del librettista A. Zeno) e alle arti figurative, come sopra rilevato. Si respirava insomma a Vienna, già dal Seicento, quell’atmosfera mitteleuropea che, facendo convivere nella stessa area più correnti del gusto (un gusto, allora, di matrice esclusivamente italiana), le rinvigoriva ed alimentava attraverso un’oculata politica culturale e istituzionale. 3. Londra Molto diversa da Berlino e Vienna fu la posizione dell’artista nei confronti della corte a Londra, negli anni in cui Ariosti soggiornò (1716-’29). Già con la morte di Carlo I (1649) si era estinta ogni forma di patrocinio diretto della corte nei confronti della musica e delle arti. Ora, sotto i regni di Giorgio I e II di Hannover, il compositore aveva definitivamente assunto lo status di libero professionista: questa maggior libertà d’azione l’esponeva a guadagni fluttuanti, dipendenti dal consenso del pubblico ed esposti alle insidie 31 Tosi nacque in realtà non a Bologna, ma Cesena, ma si ricollega alla tradizione bolognese perché bolognese di origini (figlio del compositore bolognese Giuseppe Felice, presso cui ricevette i primi rudimenti musicali); perché membro dell’Accademica Filarmonica di Bologna e perché i suoi trattati furono pubblicati a Bologna: cfr. SERGIO DURANTE, Theorie und Praxis der Gesangsschulen zur Zeit Händels: Bemerkungen zu Tosis “Opinioni de’ cantori antichi e moderni”, in Händel auf dem Theater. Bericht über die Symposien der Internationalen Händel-Akademie Karsruhe (1986-’87), II, Laaber, Laaber-Verlag 1988, pp. 59-72: 66. 32 Nato a Vignola (Modena), ma trasferitosi sin da giovane età a Bologna. La cantata da camera italiana presso i centri europei 25 del libero mercato. Londra era un mercato in fermento, che poteva offrire nuove chances di lavoro a un compositore italiano (almeno un’ottantina quelli che vi risiedettero tra il 1675 e il 1750): lavori stabili in teatri, concerti per sottoscrizione, un mercato della stampa in espansione. Proprio alle numerose istituzioni pubbliche o private che gestivano la vita musicale, il compositore autonomamente si proponeva: fra queste, la nascente Royal Academy of Music, la prestigiosa associazione di cui Paolo A. Rolli (giunto a Londra, come Ariosti, nel 1716), insigne poeta àrcade ed autore di testi di cantate per Hasse, Händel e Ariosti, divenne il librettista ufficiale dal 1719 (anno della sua fondazione) al 1722. Ma questa maggiore libertà d’azione comportava per il musicista dei nuovi rischi: il suo stato sociale dipendeva principalmente dal supporto di una vasto uditorio, cui erano rivolti i concerti pubblici o quelli, più formali, su sottoscrizione di personaggi dell’aristocrazia e della nuova borghesia londinese: proprio questi ultimi (molti dei quali membri della Royal Academy of Music) erano i principali sostenitori dello stile italiano, Gli anni ‘10-’20 del Settecento sono quelli in cui l’Opera e lo stile di canto italiani conquistarono le scene e il pubblico londinesi: il melodramma era patrocinato dal re, Giorgio I, nonché sostenuto dalla Royal Academy of Music ed eseguito per lo più al Queen’s Theatre (che mutò il nome in King’s Theatre dal 1714, quando ascese al trono Giorgio I di Hannover), sorto nel 1703 nell’Haymarket. Del 1710 è la prima esecuzione di un’opera italiana completa, Idaspe fedele di F. Mancini (al Queen’s Theatre). La serie di otto melodrammi di Ariosti, aperta dal Coriolano (1717) e acclamata sui palcoscenici dello stesso teatro nel decennio successivo, contribuì ad arricchire e diffondere questo filone del gusto italiano, in anni di accesa competizione con Händel e G. Bononcini, di cui si rappresentavano le opere a ritmi serrati con cast vocali di prim’ordine33. La scena musicale londinese era dunque profondamente diversa da quella viennese. L’opera imperiale viennese si trovava al centro di una società italianizzante per motivi culturali, geografici, politici e l’Hofburg era il più prestigioso teatro musicale di corte d’Europa. L’opera londinese, invece, sorta come un corpo estraneo all’interno 33 LIN, pp. 331-351. 26 Capitolo I della società inglese, quasi mai poté affrancarsi dall’ambito della “curiosità mondana”34 e la sua gestione fallimentare finì poi per condizionarne l’esistenza stessa, con rilevanti conseguenze sulle scelte e produzioni artistiche35. Per quanto riguarda la cantata da camera, alcune risposte al problema della sua ambientazione e fruizione al di fuori degli spazi angusti della corte, si sono potute formulare attraverso lo studio dell’ambiente musicale londinese negli anni dal 1716 al 1729. Ai teatri in particolare, anziché alla corte, come a Berlino e a Vienna, erano rivolte le creazioni di Ariosti: al King’s Theatre, per esempio, venne eseguita la sua Diana on Mount Latmos (su testo di Rolli). I luoghi di fruizione della cantata da camera si allargano dunque a Londra dai piccoli confini della corte e della camera gentilizia al contesto più ampio e spettacolare del teatro, ove gli esecutori sono rappresentati dagli stessi virtuosi protagonisti dei melodrammi. Il carattere così intimo e “privato” che spesso viene considerato peculiare di questo genere musicale, sembra qui in parte passare in subordine, mentre la cantata si proietta verso momenti pubblici, luogo di relazioni sociali e politiche (da notare che non si tratta di serenate, ma di cantate brevi d’argomento bucolico-pastorale)36. La cantata suddetta fu eseguita nel 1719 dal soprano Ann Turner Robinson: il King’s Theatre era appannaggio della Royal Academy of Music e vi si esibivano le più belle voci d’Europa, da Francesco Bernardi (il Senesino), a Francesca Cuzzoni, a Faustina Bordoni. La stessa Robinson cantò negli stessi anni nel Radamisto e in cantate di Händel, nonché nel Narciso di Domenico Scarlatti. La cantata Diana on Mount Latmos fu poi replicata l’anno successivo, per un totale di 34 Cfr. PAOLO ROLLI, Libretti per musica, a cura di C. Caruso, Milano, Franco Angeli 1993, p. X. 35 Basti pensare al collasso finanziario della Royal Academy avvenuto nel 1728, all’apertura di una nuova, “seconda accademia” nel 1729 e alla fondazione di una compagnia rivale, l’Opera della Nobiltà, nel 1733. Per un panorama completo delle questioni legate all’impresariato e ai finanziamenti dell’opera londinese, si veda JUDITH M ILHOUS, Opera Finances in London, 1674-1738, «Journal of the American Musicological Society», XXXVII (1984), pp. 567-592. 36 Sul carattere ”ufficiale” della cantata si veda LUCA Z OPPELLI, Considerazioni sulla categoria del “privato” nello stylus cibicularis, in La cantata italiana. Atti del Convegno internaz. di studi (Asolo, 1988), a cura di L. Zoppelli, «I Quaderni della Civica Scuola di Musica di Milano» IX/19-20 (1990), pp. 71-76. La cantata da camera italiana presso i centri europei 27 otto recite, in un altro teatro londinese, il Drury Lane, (costruito nel 1674, quindi più antico del Queen’s) e adibito in questi anni prevalentemente alla prosa o al masque. Le cantate venivano dunque eseguite anche in prestigiose scene alternative a quelle operistiche e destinate ai lavori in lingua autoctona. Di più, i suoi esecutori potevano essere cantanti locali: Ann Turner Robinson era figlia del cantante e compositore inglese William; la cantata di Ariosti era stata composta appositamente per il suo debutto in pubblico, appunto al King’s Theatre. Negli anni successivi al `19 si fa strada una nuova ipotesi sui luoghi d’esecuzione delle cantate, suggerita dai carteggi tra musicisti, impresari e diplomatici attivi a Londra nei primi due decenni del Settecento (G. Riva, P. Rolli, G.G. Zamboni, A. Cocchi, tutti in relazione con Ariosti37) e da una lista di sottoscrittori (764) elencati in calce a un’edizione a stampa di cantate di Ariosti (Six Cantatas and Six Lessons for Viola d’Amore, London, Meares, 172438). Questi documenti contengono i nomi di alcuni dei più illuminati mecenati della vita musicale londinese, presso le cui dimore sono attestate esecuzioni di musiche da camera39: tra questi, il conte di Carnavon (poi duca di Chandos, proprietario di una collezione musicale in cui figurano anche Cantate d’Ariosti40), il duca di Bedford, il conte di Burlington, il duca di Devonshire e la duchessa di Newcastle (dedicataria del Coriolano, con cui Ariosti fu direttamente a contatto 37 Cfr. LOWELL L INDGREN , Musicians and Librettists in the Correspondence of G. Giacomo Zamboni (Oxford, Bodleian Library, MSS Rawlinson Letters 116-138), «Royal Musical Association Research Chronicle» XXIV (1991), n. monografico a cura di John Milson e ID. The Accomplishments of the Learned and Ingenious Nicola Francesco Haym (1678-1729), «Studi Musicali» XVI/2 (1987), pp. 247-380. 38 Rist. anast.: Bologna, Forni 1980. 39 Cfr. H ANS J. MARX, sub voce «Händel», in MGG e il recente studio della Harris sulle cantate di Händel (ELLEN T. HARRIS, Händel as Orpheus- Voice and Desire in the Chamber Cantatas, Cambridge (MA)- London, Harvard Univ. Press 2001: per esempio la dimora londinese del duca di Bedford (e quella di campagna di Southampton House) era punto d’incontro di musicisti come il violinista romano N. Cosimi e il pianista N. Haym. Le sonate e cantate da camera di piccola estensione costituivano l’usuale intrattenimento; cfr. LOWELL LINDGREN, cit., «Studi Musicali» XVI/2 (1987), p. 254. 40 Il duca di Chandos ospitò per vari anni Händel presso la sua casa di campagna a Cannons, a nord-ovest di Londra: sulla sua raccolta di ms. musicali, ove figura anche Ariosti, vedi CHARLES H. COLLINS & MURIEL I. BAKER , The Life and Circumstances of James Bridges, First Duke of Chandos, Oxford, O.U.P. 1949, pp. 135-136. 28 Capitolo I (da ALLARDYCE NICOLL, LO SPAZIO SCENICO, ROMA, BULZONI 1971, p. 300) nel 1723). È quindi oltremodo probabile che le cantate di Ariosti si eseguissero sovente presso queste dimore aristocratiche private più che nei teatri, dominati negli anni `20 dall`accesa competizione, con riflessi di faziosità politica, fra Händel e Bononcini, da cui Ariosti sembra si tenesse in disparte. Infatti, sulla base della ricca letteratura händeliana sulla Londra dell`epoca, si evince la presenza, fra i sottoscrittori di Ariosti, dei sostenitori di entrambi i partiti: quello di Händel, protestante e sostenitore del re “tedesco” Giorgio I, da un lato; quello di Bononcini, cattolico e seguace del partito "giacobita" degli Stuart, dall’altro41. Accanto ai concerti pubblici, si organizzavano dunque quelliprivati ad opera di personaggi illustri dell’aristocrazia e della borghesia 41 Fra i primi, si evincono nella stampa succitata sostenitori di Händel come lord Percival, il duca di Chandos, il duca di Manchester, il duca di Rutland; tra i secondi, protettori di Bononcini come il duca di Buckingham, il conte di Peterborough (fidanzato della cantante Anastasia Robinson, interprete del Coriolano e del Vespasiano, omonima dell’interprete della cantata Diana on Mount Latmos), il duca di Marlborough. Il duca di Burlington, principale patrono di Händel, era segretamente affiliato al partito giacobita. La cantata da camera italiana presso i centri europei 29 londinese, che si addossavano talvolta anche le spese di stampa delle partiture. Tuttavia la stampa ariostesca summenzionata esibiva, accanto all’elenco dei sottoscrittori, anche la dedica al re (Giorgio I, fratello di Sofia Carlotta di Hannover, protettrice di Ariosti a Berlino)42: ciò significa probabilmente che la posizione dell’artista a Londra era ancora in bilico, in questi anni, tra la soggezione a un patrocinio aristocratico e le esigenze del mercato della libera professione43. La notevole diffusione di cantate italiane a Londra è attestata dalle numerose stampe degli anni ’20-’30 del Settecento, da Bononcini (1721) a Porpora (1735); si tratta quasi sempre di compositori trasferitisi in terra inglese, attivi anche nel campo del melodramma. Queste pubblicazioni, per opera di editori quali John Walsh e Richard Mears, ci inducono a pensare che vi fosse nel Nord-Europa una forte domanda da parte del mercato per questo tipo di musiche. Interpreti dei generi da camera erano gli stessi cantanti e virtuosi italiani che si cimentavano nel melodramma: il soprano Margherita Durastanti fu per esempio protagonista di una cantata di Händel e di alcuni duetti di Steffani nel 1721 insieme al Bernardi (il Senesino). Può darsi dunque che le cantate di Ariosti fossero eseguite dalle stesse voci impegnate nei suoi melodrammi nei medesimi anni: gli illustri castrati Francesco Bernardi, Gaetano Berenstadt, Valentino Urbani, il tenore Luigi Antinori, il basso Antonio Montagnana, il contralto Anna Dotti, il soprano Francesca Cuzzoni, il mezzosoprano Faustina Bordoni44. Costoro furono anche gli interpreti di Händel; alcuni di loro, di G. Bononcini45. 42 In altri casi, si omaggia una famiglia aristocratica: è il caso della famiglia Marlborough per la stampa londinese di cantate di G. Bononcini (1721). 43 Da alcuni questa dedica di Ariosti al sovrano è stata interpretata come un ultimo appello al patrocinio di una corte di un compositore in declino per l’avvento a Londra di Händel (Cfr. OLA 98, pp. 195-277); tuttavia il fatto che le dediche compaiano anche in altre stampe coeve autorizza a pensare che esse fossero prassi piuttosto diffusa a Londra in quest’epoca. 44 L’elenco comprende solo i più importanti, ma vi sono pure F. Borosini, G.M. Boschi, G. Bigonzi, F. Bertolli, A. Baldi, A.M. Bolognesi, A. Gualandi, M. Durastanti, G.P. Pinacci, A. Pacini (forse allievo di Pistocchi), G.B. Palmerini, B. Sorosina, A.M. Strada del Po. 45 A Londra Durastanti cantò in 4 melodrammi di Händel, Bernardi in 13, Berenstadt in 3, Urbani in 3, Antinori in 2, Montagnana in 11, Dotti in 5, Cuzzoni in 11, Bordoni in 6. 30 Capitolo I I cantanti italiani erano il fulcro dell’evento operistico negli anni Venti del ‘700 ed esercitavano un vero e proprio dominio su tutti gli altri operatori dello spettacolo operistico. È osservando la loro provenienza e formazione che si si può tentare di individuare le sfumature del gusto imperante a Londra. Trascurando per il momento il complesso ed ampio reticolo degli altri musicisti attivi nella capitale britannica, e limitando lo sguardo agli interpreti di Ariosti (che sono anche quelli di Händel e Bononcini), si evince una netta predominanza di cantanti d’estrazione bolognese. Alcuni di loro erano esponenti dei nuovi stili di canto in auge a partire dagli anni Venti del Settecento, parallelamente all’affermazione di un nuovo stile musicale operistico46: Dotti e Antinori erano nati a Bologna, dove avevano anche ricevuto la loro formazione; Urbani e Berenstadt erano allievi della scuola bolognese di Pistocchi; Bernardi era membro della bolognese Accademia Filarmonica. Tra le più famose rappresentanti delle nuove tendenze canore, Faustina Bordoni47, la cui agilità e stile virtuosistico non aveva eguali, e Francesca Cuzzoni48, la cui corda più “naturale” e patetica era ugualmente acclamata (fu celebre la querelle fra le due prime donne)49. Unico rappresentante di scuola non bolognese, il basso Montagnana, allievo di Porpora a Napoli; la scuola di Porpora insegnava “delicatezza ed espressione” disprezzando le bizzarrie dello stile moderno perché servono piuttosto a destare la meraviglia alli sciocchi che il diletto a chi ha un poco di senso comune50. 46 Cfr. P AOLA LUNETTA F RANCO, Francesca Cuzzoni (1696-1778): lo stile antico nella musica moderna, Tesi di Laurea n.p., a.a. 2000-01, Università degli Studi di Pavia. 47 Faustina Bordoni, veneziana, si ricollega a Bologna poiché probabilmente studiò alla scuola di canto di Bernacchi (cfr. KATARZYNA MORAWSKA, sub voce «Faustina Bordoni», in MGG). 48 Francesca Cuzzoni si formò alla scuola di F. Lanzi nella natia Parma. 49 Cfr. ELVIDIO SURIAN, Metastasio, i nuovi cantanti, il nuovo stile: verso il Classicismo. Osservazioni sull’Artaserse (Venezia 1730) di Hasse, in Venezia e il melodramma nel Settecento. Atti dei convegni internaz. di studi (Venezia, 1973, 1975, 1977) a cura di M.T. Muraro, Firenze, Olschki 1978-’81, pp. 341-359. 50 VINCENZO MARTINELLI, Lettere familiari e critiche, Londra, Nource 1758, p. 362. La cantata da camera italiana presso i centri europei 31 In questo ambiente assai eclettico sul versante del gusto musicale, furono eseguite in concerto, nei medesimi anni, brani vocali che univano al momento canoro lo spettacolo dei virtuosismi strumentali: Carlo Arrigoni compose cantate con accompagnamento del liuto, Ariosti con accompagnamento di viola d’amore. La cantata per soprano e viola d’amore Pur alfin, gentil viola (nel testo un bisticcio tra la viola-strumento e la viola-fiore) di Ariosti fu eseguita negli anni 1716-’17 dall’autore stesso (che probabilmente si era esibito anche in una serie di concerti per sottoscrizione nel 1717), virtuoso di questo strumento51. A Londra Ariosti fu in contatto con musicisti (come il compositore svedese Johan H. Roman52 e il cembalista e organista Joseph Kelway), uomini di cultura (Cocchi, Zamboni), diplomatici (come G. Riva), cantanti (Berenstadt e gli interpreti dei suoi melodrammi), impresari (Heidegger), librettisti (P. Rolli)53. A documentare la sua fama nel mondo anglosassone, rimangono un dipinto e due acqueforti (di cui la seconda postuma) del polacco E. Seemann jr. e dei francesi J. Simon (1719) e F. Grignion (1776), tutti operanti a Londra (vedi illustrazioni al cap. IV). Il dipinto di Seemann, in cui Ariosti è raffigurato nella 51 Cfr. LIN 81, p. 334. Copie di cantate di Ariosti, conservate in Svezia, sono annotate da Roman (cfr. STbis, cap. II.1); inoltre sopravvivono, in un ms. copiato in Inghilterra nel 1717, 15 pezzi per viola d’amore simili alle Sei Lezioni ariostesche (cfr. GRO, sub voce «Ariosti»). 53 LOWELL L INDGREN, Musicians and Librettists in the Correspondence of G. Giacomo Zamboni (Oxford, Bodleian Library, MSS Rawlinson Letters 116-138), «Royal Musical Association Research Chronicle» XXIV (1991), n. monografico a cura di John Milson e ID., cit., «Studi Musicali» XVI/2 (1987), pp. 247-380. 54 In linea con la diffusione del gusto musicale italiano in Inghilterra negli anni ‘10-’20 del Settecento è l’affermazione della pittura italiana, in primis quella veneziana (particolarmente amata in terra inglese), che opera spesso negli stessi ambienti deputati all’evento musicale, i teatri d’opera. Sebastiano e Marco Ricci, pittori, decoratori, scenografi, furono chiamati da lord Manchester a Londra per eseguire opere pittoriche (1712-’17); essi sono gli autori sia degli scenari per l’Opera dell’Haymarket, sia delle incisioni caricaturali dei cantanti che qui si esibivano. Marco Ricci raffigura impietosamente i castrati Bernacchi, il Senesino, il Farinelli, le voci più richieste d’Europa, mentre effondono le loro prodezze virtuosistiche, con uno stile che, sulla scia di Carracci e Bernini, anticipa la pennellata fratta del Guardi. Il tocco spigliato di Sebastiano Ricci (che affrescò la cappella del Chelsea Royal 52 32 Capitolo I posa vivace del quadro precedente di Schoonjans, si situa ancora nell’alveo della ritrattistica barocca del secondo Seicento, che mirava a idealizzare il modello accentuandone il carattere e la dignità54. Hospital) si situa a sua volta in una fase di trasformazione della pittura veneziana, quando i toni chiaroscurali cedono ai colori luminosi (con la riscoperta del Veronese); successiva è l’opera del veneziano Giovanni Pellegrini, che dipinge, attorno agli anni Venti, con colori delicati e tocchi larghi e scintillanti. Per maggiori dettagli cfr. in EUA le singole voci sugli artisti. CAPITOLO SECONDO I TESTIMONI MUSICALI. ARIOSTI E IL CONTESTO COEVO 1. I testimoni della musica vocale da camera di Ariosti1 (compresi quelli di recente accesso della Sing-Akademie di Berlino) I testimoni della musica vocale da camera sono stati raccolti da 31 biblioteche di tutto il mondo, per un totale di 60 manoscritti e 2 stampe. Molte fonti furono acquistate sul mercato londinese da collezionisti inglesi e italiani: gli Wenster, i Rivers, i Piatti di Bergamo. L’esame dei testimoni indica che siamo in presenza prevalentemente di copie (datate tra il 1690 e il 1728), mentre non vi è traccia di autografi o di altri indizi che li attestino; il dato si desume da un confronto effettuato con le grafie delle lettere sopravvissute di Ariosti: una ventina di documenti epistolari autografe, indirizzate ora a regnanti (al duca Francesco II di Modena), ora a filosofi (a Leibnitz, suo amico), ora al Papa, cardinali o delegati (con cui l’autore spesso corrispondeva per i suoi obblighi diplomatici2). 1. Descrizione Nelle schede seguenti (le sigle, poste in sequenza alfabetica, sono sciolte a p. 65) si elencano tutti i testimoni delle composizioni da camera di Ariosti, suddivisi in manoscritti e stampe. Dei testimoni che 1 La recensione delle fonti è aggiornata sulla base del cd-rom del R.I.S.M. (10a ed.), del R.I.S.M. on-line del 2005 (www.nisc.com), del database del S.B.N. (www.sbn.it) e dei cataloghi cartacei dell’U.R.F.M. (Ufficio Ricerche Fonti Musicali) di Milano; questi cataloghi hanno consentito di aggiungere molte nuove fonti rispetto a quelle presentate nel GRO. 2 Gli incarichi diplomatici portarono Ariosti a contatto con vari regnanti, fra cui Filippo II, duca d’Orléans, il Reggente e Giorgio I d’Inghilterra, che servì mentre era a Parigi dal 1719 al 1723. Un elenco delle lettere autografe di Ariosti si trova in LOWELL LINDGREN, Six Newly Discovered Letters of Attilio Ariosti, O.S.M. (1666-1729), «Studi storici dell’Ordine dei Servi di Maria» XXXI (1981), pp. 125-138: 131. 33 34 Capitolo II si sono potute esaminare, si riportano il frontespizio, le dimensioni, la datazione, il tipo di carta, la provenienza e il copista. In seguito alle ricerche compiute personalmente nell’Archivio della Sing-Akademie di Berlino, recentemente ritrovato, si sono rinvenute due nuove fonti (Il destino è ver me pur crudele e Tortorella vedovella) e copie di cantate di Ariosti già note (tutte schedate sotto la sigla “BSing-Akademie”), che hanno arricchito ulteriormente il catalogo; degli unica di questo archivio, sconosciuti sinora a tutti i repertori moderni (compreso EIT), è consentita solo la consultazione in loco3. 1) Stampe ♦ S1724 Six Cantatas and Six Lessons for Viola d'Amore/ Alla Maestà di Giorgio Re della Gran Britagna, London, Walsh4, 1724. Sul frontespizio le dediche e l’elenco dei sottoscrittori. Esemplari conosciuti: D-Dlb, HVl; F-Pa, Pn; I-Bc, BGc; GBCu, Gm, Ge, HAdolmetsch, Lbl, Lam, Lcm, Lu, Ob; NL-DHgm; US-Bp, CA, NH, NYp, R, Wc ∞ Ahi qual cruccio, qual pena (La gelosia), A, bc (cantata) ∞ Da procella tempestosa (La rosa), S, 2vl, bc (cantata) ∞ Freme l’onda e fischia il vento (Il naufragio), A, 2 vl, bc (cantata) ∞ Là dove d’atre tenebre vestito (L’olmo), S, 2 vl., bc (cantata) ∞ Pesan troppo su l’alma (Libertà acquistata in amore), A, bc (cantata) ∞ Ritrosetta pastorella (L'amor onesto), S, bc (cantata) RISM A1420 S1719 The first (last) Air of the famous Cantata Diana on Mount Latmos, London, Meares, 1719. ♦ 3 4 Non ne è autorizzata la riproduzione microfilmata. Lo dimostra la Martìnez (cfr. OLA, p. 199 e segg.). I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 35 Esemplari conosciuti: GB-Lbl, Ob; F-Pn US-Ws: ∞ Per vincer il mio cor (Diana on mount Latmos) (aria da concerto) RISM A1418-1419 2) Manoscritti B1 D-B, Mus.ms. 780/5 Ms. omogeneo senza frontespizio di 12 fogli. Dimensioni: cm 34 x 27 Datazione: 1920 ca. Provenienza: Mendelssohn-Archiv Note: scritto in matita ∞ Da procella tempestosa (La rosa) (cantata) ∞ Là dove d’atre tenebre vestito (L'Olmo), S, 2 vl, bc (cantata) RISM A/II 452.002.524 B2 D-B, Mus.ms. 780/20 ∞ Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc (cantata) B3 D-B, Mus.ms. 780/22 ∞ Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc (cantata) B4 D-B, Mus.ms. 30074 ∞ Che ti fece mai quest'alma, S, bc (cantata) ∞ Mi convien soffrir in pace, S, bc (cantata) B5 D-B, Mus.ms. 30094 ∞ Belle stille che grondate, S, bc (cantata) ∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata) ∞ Quanti sospiri, S, bc (cantata) ∞ Risolvo ad adorarvi, S, bc (cantata) 36 Capitolo II B6 D-B, Mus.ms. 30182 ∞ Genio che amar volea (Genio), S, bc (cantata) B7 D-B, Ms. mus. 30186 ∞ Amarissime pene, S, bc (cantata) ∞ Di valle in monte, S, bc (cantata) ∞ Luci, voi siete quelle, S, bc (cantata) ∞ Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc (cantata) ∞ Quanti sospiri, S, bc (cantata) B8 D-B, Ms. mus. 30188 ∞ Che sento? Irene amata, S, bc (cantata) ∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata) ∞ Lungo un placido rio, S, bc (cantata) ∞ Oh miseria d'amante core, S, bc (cantata) B9 D-B, Ms. mus. 30197 Ms. miscellaneo ∞ Mirate, occhi, mirate, S, bc (cantata) B10 D-B, Ms. mus. 30212 ∞ Cieco Nume, alato arciero, S, bc (cantata) B11 D-B, Ms.mus. 780 Ms. francese monografico di 8 ff. con varie grafie, senza frontespizio. Datazione: 1750 ca. Dimensioni: 27 x 33,5 cm ∞ Questo mar di vita infido, B, 2 vl., v.la, bc (scena dall’opera La fede ne’ tradimenti, Berlino 1701) ∞ Io parto ma ben presto, S, S, bc (duetto dall’opera La fede ne’ tradimenti) I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 37 ∞ Che fiero tormento, S, S, bc (duetto dall’opera La fede ne’ tradimenti) ∞ Mio ben, mia vita, S, S, bc (duetto) RISM A/II 452.002.519 Bs1 D-BSing-Akademie, SA 1231 Ms. sciolto ∞ Ritrosetta pastorella (L'amor onesto), S, bc (cantata) Bs2 D-BSing-Akademie, SA 1235 Ms. sciolto ∞ Dirmi ch'io non adori, A, bc (cantata) Bs3 D-BSing-Akademie, SA 1282 Ms. sciolto. Carta: filigrana con stemma araldico, identificata come “Leiden 1704” (HEA 50: N. 410) ∞ Che sento? Irene amata, S, bc (cantata) ∞ Oh miseria d'amante core, A, bc (cantata) Bs4 D-BSing-Akademie, SA 1283 Ms. sciolto. ∞ Il destino ver me è pur crudele, S, bc (cantata) ∞ Lungo un placido rio, S, bc (cantata) Bs5 D-BSing-Akademie, SA 1286 Ms. sciolto Carta: filigrana con orologio, non identificata ∞ Oh miseria d'amante core, S, bc (cantata) 38 Capitolo II Bs6 D-BSing-Akademie, SA 1289 Ms. sciolto Carta: filigrana con banda araldica, identificata forse come “Schieland 1631” (HEW 50: n. 137, Pl. 21) ∞ Tortorella vedovella, S, vlc, bc (cantata) Bs7 Ms perduto olim in D-BSing-Akademie ∞ Non han più gl’occhi, S, bc (cantata) EIT, p. 193 BG1 I-BGc, Piatti-Lochis, ms. 8795 Raccolta ms. con varie grafie senza frontespizio di 123 pp. con grafia omogenea; contiene cantate per voce e bc di Kerl, Tosi, Bernerdi, Ariosti, Rampini, A. Scarlatti, Latilla Dimensioni: cm 29,3 x 22,2 (obl.) Carta: filigrana a “picador” non identificata Datazione: 1782 Provenienza: collezioni Joseph Kelway (Londra); Alfredo C. Piatti Note: Ex libris T. Bever & Lld ∞ Lisetta, mi tradisti ma forse ancor, S, bc (cantata) ∞ Piante incolte, erbe odorose, S, bc (cantata) ∞ Stanco di lagrimar, pastor fedele, A, vl, bc (cantata) U.R.F.M. di Milano BG2 I-BGc, fondo Mayr, fald.227/8b (olim in Civico Istituto Musicale «G. Donizetti») Raccolta ms. senza frontespizio di 92 fogli; contiene 11 cantate anonime per voce e Bc Dimensioni: cm 20 x 6,5 Provenienza: collezione S. Mayr Datazione: XVIII sec.: ∞ O Filli, o dolce nome, S, bc (cantata) RISM A/II 850.003.867 I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 39 BR1 B-Bc, Litt. IV F.15153 ∞ Cieco Nume, alato arciero, S, bc (cantata) BR2 B-Bc, Litt.F 15262 Copista: A. Gaugent Note: “D’aprés du ms. de la Bibliothèque Granducales à Schwerin” Datazione: 1906 ∞ Occhi belli ma troppo superbi, S, bc (cantata) BR3 B-Bc, Litt. XY 25769 Ms. miscellaneo; sul frontespizio 16 Cantaten / von / Händel Aria nel Pastor fido per Sopr. Se mi ami, o caro / Astorga (Barone) /Antri amici Venedig 1712 Febr. p. Sopr Quando penso p.Sopr Wien 1712. August / Nuovo dardo il sen Znaimb Mai 1713 p. Sopran / Ariosti (Attilio) Già per il tuo rigore p.Sopr. Poeta Rolli Paolo / Haym (Nicol.Franc.) Aprimi il petto amore p. Alto 1712 ∞ Già per il tuo rigore, S, 2 vl., v.la, bc (P.A. Rolli) (cantata) BR4 B-Bc, Litt. 15155 ∞ Eurilla, vel confesso, cara (cantata) C GB-Cfm, Mus.649 ∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata) ∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata) D D-DO, Cod. Guelf. 266, Ms.Hd (47) ∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata) 40 Capitolo II DR D-Dl (olim in D-Dkh) ∞ O quam suavis est, Domine, T, ob, vl, v.la, org (mottetto) DS15 D-DSl, Mus. ms. 46 (olim N° 9) Raccolta ms. monografica di 134 fogli (ff. 17-134), sul frontespizio 19 Solo-Kantaten für Sopran Begleitung mit Continuo teilweise mit Instrumenten, sul dorso “Ariosti Kantaten”. Carta priva di filigrana Dimensioni: cm 22,5 x 31 Datazione: 1709-’17 ∞ A te, bella cagion de miei sospiri, S, bc (cantata) ∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata) ∞ Con troppo rigore, S, bc (cantata) ∞ E in sen mi resta core, S, 2 ob, 2 chal., 2 vl, v.la, bc (cantata) ∞ Ecco che già ritorna il tauro eterno, S, bc (cantata) ∞ Lisetta, mi tradisti ma forse ancor, S, bc (cantata) ∞ Lontananza crudel, quanto m'affanni, S, bc (cantata) ∞ Luci, voi siete quelle, S, bc (cantata) ∞ Lungi son io, S, bc (aria dal Tito Manlio, Londra, 1717) ∞ Mentre dormiva Nice, S, bc (cantata) ∞ Morto è Amor, ninfe, piangete, S, bc (cantata) ∞ Nice. quella severa amabil ninfa, S, bc (Bernardoni) (cantata) ∞ Piante incolte, erbe odorose, S, bc (cantata) ∞ Qual cara fiamma io senta, S, bc (cantata) ∞ Quanti sospiri, S, bc (cantata) ∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata) ∞ Se lontan sta l’idol mio, S, bc (cantata) 5 La biblioteca comprende anche la collezione di ms. di Henriette Caroline von Buchsweiler, che fu in stretti contatti con la corte berlinese (con Federico Il Grande e sua sorella Anna Amalia): la sua biblioteca fu acquisita nel 1765 dalla Hessische Hochschul- u. Landes-Bibliothek di Darmstadt (fondata nel 1586). Cfr. HEMANN BRÄUNIG-OKTAVIO, Die Bibliothek der grossen Langräfin Caroline von Hessen, «Archiv für Geschichte des Buchwesens» VI (1965), pp. 681-876. I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 41 ∞ Sento dirmi con placide forme, S, bc (cantata) ∞ Tante e tante del ciel sono le stelle, S, bc (cantata) ∞ Sento il cor che dice: «Spera», S, bc (aria da L a Placidia, Vienna, 1709) RISM A/II 450.001.721 DS2 D-DSl, Mus. ms. 1046 Ms. con varie grafie di 121 pp. contenente 1 cantata di Ariosti e altre di vari autori Dimensioni: cm 19,5 x 31,5 Carta: sul f. 13 è presente una filigrana con “cavallo e cavaliere”, non identificata Datazione: prima metà del XVIII sec. ∞ Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc (cantata) E1 GB-Eu, P1433 (olim in Reid Music Library) Ms. miscellaneo, sul frontespizio Diverse/ Cantate scelte/ 1716: ∞ Già per il tuo rigore, S, 2 vl., v.la, bc (Rolli) (cantata) E2 GB-Eu, P1437 (olim in Reid Music Library) Raccolta ms., sul frontespizio Duetti/ Del Grua Note: attribuito erroneamente a Grua (vedi LA) ∞ S’io rimiro quel bel seno, S, S, bc (duetto) K S-K, Ms. mus. 5 Raccolta ms. con grafia omogenea e attribuito arbitrariamente a Caspar G. Grünewald Provenienza: Matthias Silvius, insegnante di latino ed ebraico (nel 1750-’65 ca.) presso la “Biblioteca Diocesana e del Ginnasio” di Kalmar Datazione: 1728 ∞ Occhi belli ma troppo superbi, B, bc (aria di cantata) 42 Capitolo II KO DK-Kk, mu 7503.1031 Vol. ms. misc. di varie mani contenente arie di Ariosti, Giaj, Feo, Broschi, Hasse, Ciampi; sul frontespizio 13 Ausgeschriebene Arien von unterschriebenen Compositeurs Provenienza: Kobenhavn, det kongelige Teater (N. 70) Datazione: 1728 ca. ∞ In ciel amate e belle, S, 2 vl, v.la (aria) ∞ Son ave amorosa, S, 2 vl, v.la (aria) RISM A/II 150.201.057 L1 GB-Lbl, Add. MS 14207 Raccolta ms. contenente arie, cantate e duetti di Zingarelli, Millico, D’Astorga, Cafarelli, Gravena, Monticelli, Giorgio, Pescetti, Spano, Gerosa, Veneziano, Gasparini, Ariosti, Bernasconi, Bianchi, Bruno, Caldara, Columbani, Duni, Händel, Lucchesi, Manna, Merola, Rameau, Tritto, Valentino, Zannetti Provenienza: collezione di G. Selvaggi di Napoli Presentazione: del Marchese di Northampton: ∞ Mio nemico pensier, perché alla mente, S, bc (cantata) L2 GB-Lbl, Add. Ms. 34056 Ms. miscellaneo contenente cantate di Amadei, Ariosti, Biffi. Sul frontespizio Cantate musicali/ di diversi autori/ Parole dell.ecc.mo D. Antonio/ Ottoboni/ Cavagliere e Procuratore di S. Marco/ Unite in Roma/ L’anno 1709 Provenienza: famiglia Rivers Datazione: 1709 (sul frontespizio) Copista: Tarquinio Lanciani ∞ Ardo, nè so per chi, S, bc (A.Ottoboni) (cantata) ∞ Augelletto garruletto, A, bc (Ottoboni) (cantata) ∞ Or vantatevi, o pupille, S, bc (Ottoboni) (cantata) I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 43 L3 GB-Lbl, Add. Ms. 38036 Raccolta ms. contenente cantate di Albinoni, Amadei, Ariosti, Bencini, Biffi, G.B. Bononcini, Chiccheri, Conti, Cousser, Fago, Gasparini, Legnani, Lotti, Mancini, Martini, Sarro, Torri, Tosi, M.A. Ziani; sul frontespizio Cantate de’ diversi gran Maestri. Datazione: 1706 Luogo di redazione: Roma Copista: Tarquinio Lanciani ∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata) ∞ Lontananza crudel, quanto m'affanni, S, bc (cantata) ∞ Mirate, occhi, mirate, S, bc (cantata) L4 GB-Lbl, Add. Ms. 62102 Vol. IV dei “Chandos Music Manuscripts”, di 66 fogli, sul frontespizio Basso Continuo. Contiene cantate di Ariosti, Pepusch e cantate inglesi. Ms. rilegato in pelle rosso scuro con incisioni in pelle blu Dimensioni: cm 27,5 x 42,2 Provenienza: James Bridge, I duca di Chandos (biblioteca della residenza di Cannon)6 Datazione: prima del 1720 ∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata) L5 GB-Lbl, R.M.23 f.6 Ms. sciolto e anonimo Datazione: XVIII sec. Dimensioni: cm 22 x 28 ∞ Che sento? Irene amata, S, bc (cantata) ∞ Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc (cantata) ∞ Ne' spaziosi campi, A, bc (cantata) RISM A/II 800.184.825 6 MURIEL I. BAKER & CHARLES H. COLLINS, cit., pp. 135-136. 44 Capitolo II L6 GB-Lbl, R.M.23.f.20 Raccolta ms. di 73 fogli contenente 4 Miserere, di Allegri, Baj, Costanzi, 3 arie, di Cimarosa e Franchi, 1 cantata di Ariosti, 1 duetto di Cimarosa Dimensioni: cm 22 x 28 Datazione: sec. XVIII ∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata) RISM A/II 800.184.990 Lg GB-Lgc, Ms. G: Music 400 ∞ Quell'augel che sciolto vola, S, bc (cantata) LA US-LAc, Ms A7125, M4. E34 Ms. monografico con grafia omogenea senza frontespizio di 139 pp. contenente 6 cantate di Ariosti con strumenti (1 duetto, 1 cantata a due voci, 4 cantate a voce sola). L’attribuzione ad Ariosti è presente nel duetto iniziale: Dell’Ariosti Dimensioni: cm 19,5 x 26 Datazione: 1731 (sulla pagina 139) Provenienza: Cecilia Davies ∞ S’io rimiro quel bel seno, S,S, bc (duetto) ∞ Fileno che le frodi, A, 2 vl., v.la d'amore, bc (cantata) ∞ Non voglio udirti. o core, S, bc (cantata) ∞ Pasce al suono del mio canto, S, 2 vl, bc (cantata) ∞ Qui dove ai colpi di nemica sorte, S, 2 vl, bc (cantata) ∞ Abbastanza delusa, S,S, bc (cantata a 2 voci) RISM A/II 136.845 LI B-Lc, 475-2.L-IX ∞ Il zeffiretto che tutto amore, A, bc (cantata) LL S-LUnm, Solanders notbok I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 45 Ms. miscellaneo contenente arie di Chelleri e anonime. Datazione: 1731 Provenienza: Gertrud Sophia Solander († 1747) ∞ Amor occhi non ha, S, bc (aria di cantata) LU S-Lu, Saml.Wenster Ä:1 Raccolta ms. del XVIII sec., sul frontespizio: Cantate preziosissimi/ senza stromenti,/ composte/ delli più famosissimi authori/ d’Italiani/ raccolte con/ gran fatica Provenienza: famiglia Wenster ∞ A te, bella cagion de miei sospiri, S, bc (cantata) ∞ Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc (cantata) ∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata) RISM A/II 190002145 M I-MOe, Mus. F.99 Vol. ms. monografico di pp. 189, senza frontespizio, contenente 23 cantate per S e bc; sul dorso la scritta “Giovanni Bononcini” Dimensioni: 33 x 23 cm Carta: di fattura olandese, prodotta ad Amsterdam nel 1721: lo attesta la filigrana a “fiore di giglio” presente nella carta (HEA 1950, Pl. 241: n. 1803) Datazione: dopo il 1721 Note: attribuito, in parte falsamente, a G. Bononcini (le cantate n. 34, 51, 55 sono di Ariosti: lo attestano gli altri esemplari mss.) ∞ Genio che amar volea (Genio), S, bc (cantata) ∞ Mirate, occhi, mirate, S, bc (cantata) ∞ Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc (cantata) SBN IT\ICCU\DM\02082800001 ME D-MEIr, ED.109i=82c Raccolta ms. rilegata in pelle rossa con decorazioni dorate in rilievo sul dorso ed entrambi i lati della copertina, nonché sugli 46 Capitolo II angoli delle pagine; sul frontespizio Cantate di diversi auttori ventitré e un indice; comprende cantate di Ariosti, Colombani, G. Bononcini, Caldara, Fago, Händel, Leporati, Mancini Carta: di tipo medio-pesante, con 10 pentagrammi per pagina Provenienza: collezione del duca A. Ulrich di SachsenCoburg-Meiningen (probabilmente acquisita a Vienna) Luogo di redazione: Vienna Copista: Johann Salcki o Killian Reinhardt (cfr. BEN 2001) Datazione: prima del 1725 ∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata) ∞ D'una rosa che mi punse, S, bc (cantata) ∞ Eurilla, vel confesso, cara, S, bc (cantata) ∞ Simbolo del mio ben, rosa gentile, S, bc (cantata) ∞ Sudor del foco è il pianto, S, bc (cantata) N1 I-Nc, Cantate 32bis (olim 65.4.29) Raccolta ms. di cc. 217 dovuta a vari copisti, contenente 4 cantate adespote, 1 di Ariosti, 4 di Astorga, 2 di Bigaglia, 4 di A.M. Bononcini, 3 di G. Bononcini, 1 di Fiorino, 1 di Fischietti, 2 di Leo, 1 di Leporati, 2 di Lotti, 1 di B. Marcello, 2 di Porpora, 1 di Romaldi, 5 di A. Scarlatti, 1 di Tinazzoli. Le cc.105, 113, 121 e 203 sono vuote. Datazione: metà sec. XVIII Dimensioni: 26,5 x 20,7 cm Provenienza: Leopoldo Tarantini (1835-1885) ∞ Dirmi ch'io non adori, A, bc (cantata) SBN IT\ICCU\DM\90133300907 N2 I-Nc, Cantate 101 (olim 34.4.19) Ms. sciolto di 7 cc., attribuito erroneamente a D’Astorga (vedi DS1, C, D) Datazione: prima metà del XVIII sec. Dimensioni: 27,5 x 21 cm Carta: filigrana con quadrupede in campo cerchiato, non identificata ∞ Che dura pena è questa, S, bc (cantata) I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 47 SBN IT\ICCU\DM\90132601212 NH US-NH, Osborn Music Ms. 22 Raccolta ms. di 258 pagine; contiene 32 cantate di A. Scarlatti, Ariosti, G. Bononcini, Cesarini, Conti, Fago, Gasparini, Mancini, Sarro Dimensioni: cm 22 x 30 Datazione: 1720 ca. ∞ Che ti fece mai quest'alma, S, bc (cantata) O1 GB-Ob, Mus.Sch. D.223 Datazione: 1714 (cfr. Lindgren, in GRO) ∞ Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc (cantata) ∞ Il mio cor sinor fu mio, S, bc (cantata) O2 GB-Ob, Ms. 1131 (olim in St.Michael's College Library a Tenbury Wells) ∞ Per vincer il cor mio, S, 2 fl, bc (Rolli) (Diana on mount Latmos): doppia aria da concerto R I-Rc, Ms. 2248 (olim O.IV. 127) Raccolta ms. con varie grafie, senza titolo, di 192 ff. con copertina rigida; contiene 19 cantate per S e bc di Antoniuccio del Violino, Mancini, Ariosti, B. Marcello, Cesarini e 4 canzoni anonime; catalogo delle composizioni sui ff. 1-2. Sui ff. 3-190 compare la cartulazione originale “1-188”. Carta priva di filigrana. Dimensioni: cm 27 x 20,5 Datazione: prima metà del sec. XVIII Copista: è il medesimo di I-Rc, Ms. 2278 Provenienza: Giuseppe Baini (1775-1844; il nome compare sul lato interno della busta) 48 Capitolo II ∞ Semplicetta farfalletta, S, bc (cantata) RISM A/II 850.010.519 SO1 D-SHs, Mus.B1:1 (olim Hs M21:M1 in Thüringische Landesbibliothek) Raccolta ms. con grafia omogenea di 96 fogli di cui il f. 1 in bianco; rilegatura in pelle con dorso dorato e coperchio; contiene 23 cantate per S e Bc (la numerazione compare nei recitativi) di Ariosti, Caldara, d’Astorga, Fedeli, Gaffi, Bononcini, Mancini, Fiore, Conti, A. Scarlatti (i nomi degli autori compaiono all’inizio delle rispettive cantate e nell’indice: f. 96) Dimensioni: cm 23 x 33 Datazione: XVIII sec. ∞ Che più mi resta, oh dio, S, bc (cantata) ∞ Che ti fece mai quest'alma, S, bc (cantata) ∞ Erbe nuove e nuovi fiori, S, bc (cantata) ∞ Occhi belli ma troppo superbi, S, bc (cantata) ∞ Poichè Fidalbo amante, S, bc (cantata) RISM A/II 250.004.714 SO2 D-SHs, Mus.B1:3 (olim Hs M21:M3 in Thüringische Landesbibliothek) Raccolta ms. con grafia omogenea di 98 fogli di cui il f. 1 in bianco; rilegatura in pelle con dorso dorato e coperchio dello stesso materiale; contiene 23 cantate con strumenti di Conti, Ariosti, A.M. Bononcini, Gasparini, Mancini, Albinoni, G. Bononcini, A. Scarlatti, Greber, Steffani, Fago, Lotti (i nomi degli autori compaiono anll’inizio delle rispettive cantate e nell’indice: f. 98) Datazione: XVIII sec. ∞ Che sento, che sento? Irene amata, S, bc (cantata) ∞ Lungo un placido rio, S, bc (cantata) ∞ Oh miseria d’amante core, S, bc (cantata) RISM A/II 250.004.667 I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 49 ST S-Skma, T-SE-R Raccolta ms. con grafia omogenea senza frontespizio Datazione: 1735-1765 ∞ Per vincer il mio cor, S, fl, bc (Rolli) (Diana on mount Latmos): aria da concerto ∞ Comincia a respirar (aria) RISM A/II 190.009.543-544 STbis S-Skma, Alströmer saml. Attribuzione ad Ariosti da parte di Johan H. Roman (BENG 76). Datazione: 1744 ca. Provenienza: Patrick Alströmer ∞ Comincia a respirar (aria) SW D-SWl, Mus 769 A Ms. sciolto del XVIII sec. comprendente 1 cantata di Ariosti Dimensioni: in –4 Note: sull’ultima pagina compare il nome “Monjo” ∞ Occhi belli ma troppo superbi, S, bc (cantata) RISM A/II 200.017.814 U S-Uu,Vok. mus. i. hs.47:13 Ms del XVIII sec. ∞ Al tribunal d'amore, S, bc (cantata) W1 A-Wn, Ms. 17575 Ms. di 43 ff. rilegato in pelle, con grafia omogenea; contiene 10 cantate di Ariosti e 1 di Fago (Sia con me Fillide irata, cfr. cap. IV.A) Carta: filigrana “a 3 lune” e lettera “S”, non identificata; filigrane con lettere “P” e “V”, identificate probabilmente come “Amsterdam 1646” (HEA n. 1197, Pl. 160) 50 Capitolo II Datazione: 1706-’12 Note: il ms. è attribuito ad Ariosti (BEN 80) poichè le prime due cantate del volume recano il nome del compositore: Di P. Attilio Ariosti e Cantata del Sig. Ariosti ∞ Amo Clori che mi fugge, A, bc (cantata) ∞ E’ pur dolce a un cor legato, A, bc (cantata) ∞ Furie che negl'abissi, A, v.la d’amore, bc (cantata) ∞ Già che intender non vole i miei sospiri, A, bc (cantata) ∞ L'Idol mio de' pianti miei, A, bc (Bernardoni) (cantata) ∞ Mi convien soffrir in pace, A, bc (cantata) ∞ Ne' spatiosi campi, A, bc (cantata) ∞ Oh miseria d’amante core, A, bc (cantata) ∞ Pastor, pastore, hai vinto, A, bc (Bernardoni) (cantata) ∞ Voti offersi al cor d’Irene, A, bc (cantata) W2 A-Wn, Ms. 17591 Ms. cartaceo e monografico di 53 ff., con grafia omogenea, sul frontespizio Cantate/ Del P. Attilio Ariosti. Contiene 12 cantate. Carta: filigrana ad àncora (f. 4), identificata come “Roma” (HEW 50: Pl.1, n.6); filigrana “a 3 lune” e lettera “S” (f. 46), non identificata; filigrana con trifoglio e sfera (f. 33), identificata forse come “Lisbona 1613” (HEA. N. 3809, Pl. 511) ∞ Al voler del bene amato, S, bc (cantata) ∞ Un barbaro rigor, S, bc (cantata) ∞ Belle stille che grondate, S, bc (cantata) ∞ Che mi giova esser regina, S, bc (Bernardoni) (cantata) ∞ Che si può far?, S, bc (cantata) ∞ Cieco Nume, alato arciero, S, bc (cantata) ∞ Genio che amar volea (Genio), S, bc (cantata) ∞ Insoffribile tormento, S, bc (cantata) ∞ Quando Nice era fida, S, bc (cantata) ∞ Se t'offesi, o bella Irene, S, bc (cantata) ∞ Senza te, dolce tiranno (Lontananza), S, bc (cantata) ∞ Tante e tante del ciel sono le stelle, S, bc (cantata) I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 51 W3 A-Wn, E.M. 178 Raccolta ms. con grafia omogenea e senza frontespizio di 55 fogli; contiene cantate di Ariosti, G. Bononcini, Bennati, Pistocchi, M.A. Ziani, Caldara, Morati, Albinoni, Grua; rilegatura austriaco-viennese con dorso dorato Carta: filigrana con banda araldica, non identificata Dimensioni: cm 22 x 30 Provenienza: fondo dell’Eredità Estense giunto a Vienna nel 18757 ∞ Così tosto, o mio bel sole, S, bc (cantata) ∞ E’ pur dolce a un cor legato, S, bc (cantata) ∞ Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc (cantata) ∞ Pastori, o voi ch'in pianto, S, bc (cantata) ∞ Il più fiero dolor, S, bc (cantata) RISM A/II 600.241.068 Wg Ms. miscellaneo di 25 pp. Carta: filigrana con lettera “V”, non identificata A-Wgm, Q.2679 ∞ Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni, S, bc (cantata) ∞ Nice. quella severa amabil ninfa, S, bc (Bernardoni) (cantata) MS perduto schedato in The Breitkopf Thematic Catalogue… 1762-1787, a cura di Barry S. Brook, New York, 1966, p. 190 ∞ Ciò che trova amore lega, S, bc 7 Il fondo E.M. deve essere poi pervenuto a Vienna per mano di un raccoglitore dell’Ottocento (cfr. LEOPOLD M. KANTNER, Le Opere di Francesco Gasparini a Vienna, in Francesco Gasparini (1661-1727). Atti del 1° Convegno internaz. (Camaiore, 1978), a cura di F. Della Seta e F. Piperno, Firenze, Olschki 1981 («Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia» 6) pp. 59-65: 59). 52 Capitolo II 2. Edizioni moderne delle cantate - - - - Air of Attilio Ariosti (1690), hrsg. von Louis van Waefelghem: ed. della cantata ms. Pur al fin gentil viola, Parigi, Durand?, 1899 A TTILIO A RIOSTI , Air (1690), pour chant avec acct. de viole d’amour et de piano, d’apres le manuscrit original par L. van Waefelghem: ed. della cantata ms. Pur al fin gentil viola, Paris, A. Durand & Fils, 1929 A TTILIO A RIOSTI , Cantata a voce sola con la viola d’amore, bearb. von Werner Göhre, Leipzig, P. Günther, 1935: Pur al fin gentil viola A TTILIO A RIOSTI, La Rosa: Kantate für hohe Singstimme, zwei Violinen und Basso continuo, hrsg. von Günther Weiß- H. Bartuschek, Leipzig, Dt. Verl. für Musik, 1977 Cantatas and Collections of Lessons for the Viola d’Amore, Bologna, Forni, 1980 (Bibliotheca Musica Bononiensis IV/124); ed. anastatica delle cantate in S1724 (p. 34) ATTILIO ARIOSTI, Pur al fin gentil viola: cantata a voce sola con la viola d'amore, bearb. u. hrsg. von Heinz Berck, Ebersberg, Editio Alto, 1996 A TTILIO A RIOSTI, La Rosa: Kantate für hohe Singstimme, zwei Violinen und Basso continuo, hrsg. von Günther Weiß- T. Klein, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1996 A TTILIO A RIOSTI , L’Olmo, in MATILDE O LARTE MARTÌNEZ, Social Reception of the Six Cantatas and Lessons for Viola d’Amore, “Nassarre”, XIV/2 (1998), pp. 237-277; ed. critica della cantata ms. L’olmo ATTILIO ARIOSTI, Five cantatas for soprano & basso continuo, a cura di Alejandro Garri, Garri, Mühlheim am Main 2004 [Insoffribile tormento; Belle stille che grondate; Non v’è pena maggior del mio tormento; Così tosto, o mio bel Sole; Che mi giova esser regina] A TTILIO A RIOSTI , Four cantatas for mezzo-soprano & basso continuo, a cura di Alejandro Garri, Garri, Mühlheim am Main 2004 [Un barbaro rigor; Che si può far; Tante e tante del ciel sono le stelle; Quando Nice era fida] I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 53 - ATTILIO ARIOSTI, Six cantatas for alto & basso continuo, a cura di Alejandro Garri, Garri, Mühlheim am Main 2004 [Oh miseria d’amante core; Voti offersi al cor d’Irene; Amo Clori che mi fugge; È pur dolce a un cor legato; Furie che negl’abissi; Ne’ spatiosi campi] 3. Cronologia8 PERIODO BERLINESE (1697-1703): 1. Il destino ver me è pur crudele- probabilmente composta a Berlino perchè conservata nell’archivio della Sing-Akademie, istituzione ivi fondata nel 1791 2. Tortorella vedovella- come 19 3. Non han più gl’occhi- come 1 (perduta) 4. O Filli, o dolce- come 1 5. Dirmi ch’io non adori- come 1 6. Che sento, Irene amata- come 1 7. Lungo un placido rio- come 1 8. Ciò che trova Amore lega- stampata da Breitkopf & Härtel10 9. Risolvo adorarvi- molto probabilmente composta a Berlino perché ivi conservata in unica fonte 10. Amarissime pene- come 9 11. Di valle in monte- come 9 PERIODO VIENNESE (1703-08): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 8 Così tosto, o mio bel sole- ms del 1706 Al voler del bene amato- ms viennese del 1706-12 D’una rosa che mi punse (cfr. BEN 2001) Eurilla, vel confesso, cara- come 3 Lontananza crudel, quanto m'affanni- come 1 Mirate, occhi, mirate- come 1 Amo Clori che mi fugge- come 2 Belle stille che grondate- come 2 Che mi giova esser regina- come 2 (testo del 1705: BER) Che si può far? Già sono amante- come 2 La presente cronologia riguarda solo le cantate; segue un criterio cronologico anche all’interno dei rispettivi periodi di produzione. 9 La cantata ha la stessa cronologia della n. 1 del periodo berlinese. 10 Cantata perduta, citata in The Breitkopf Thematic Catalogue… 1762-1787, ed. by Barry S. Brook, Dover, New York 1966, pp. 190-191. 54 Capitolo II 11. Cieco nume, alato arciero- come 2 12. E in sen mi resta core- probabilmente composta a Vienna perché nell’organico è presente lo chalumeau, strumento dell’orchestra di corte- testo intonato anche da Gasparini (1716) 13. È pur dolce a un cor legato- come 2 14. Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni- probabilmente composta a Vienna perché conservata in una fonte viennese 15. Furie che negl'abissi- come 2 16. Genio che amar volea ("Genio")- come 2 17. Già che intender non vole- come 2 18. Il più fiero dolor- come 2 19. Insoffribile tormento- come 2 (testo intonato da Sarro nel 1702) 20. L'idol mio de' pianti- come 9 21. Mi convien soffrir in pace- come 2 22. Ne' spatiosi campi- come 2 23. Nice, quella severa amabil ninfa- come 9 24. Non v’è pena maggior del mio tormento- come 2 25. Oh miseria d'amante core- come 2 (testo intonato da Keyser nel 1713) 26. Pastor, pastore hai vinto- come 9 27. Pastori, o voi ch’in pianto- come 2 28. Quando Nice era fida- come 2 29. Se t'offesi, o bella Irene- come 2 30. Senza te, dolce tiranno- come 2 31. Simbolo del mio ben, rosa gentile- come 3 32. Sudor del foco è il pianto- come 3 33. Tante e tante del ciel sono le stelle- come 2 34. Un barbaro rigor- come 2 35. Voti offersi al cor d'Irene- come 2 PERIODO VIENNESE-ITALIANO (1708-11): 1. Ardo, nè so per chi- ms unito a Roma nel 1709 e ivi copiato nel 1713-16 2. A te bella cagion de miei sospiri- ms del 1709-17 3. Augelletto garruletto- come 1 4. Or vantatevi, o pupille- come 1 5. Che dura pena è questa- come 2 6. Con troppo rigore- come 2 7. Ecco che già ritorna il Tauro eterno- come 2 8. Lisetta, mi tradisti, ma forse ancor- come 2 9. Luci, voi siete quelle- come 2 I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 10. 11. 12. 13. 14. 15. 55 Mentre dormiva Nice- come 2 Morto è Amor, ninfe, piangete- come 2 Piante incolte, erbe odorose- come 2 Qual cara fiamma io senta- come 2 Quanti sospiri- come 2 Quell'augel che sciolto vola- come 2 PERIODO EUROPEO (ATTIVITÀ DIPLOMATICA)(1711-16): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. Già per il tuo rigore- 1713 (sul frontespizio di BR3) Al tribunal d’amore- max 1715 (LIN 81) Che più mi resta, o dio- come 2 Che sento Irene amata- come 2 Che ti fece mai quest’alma- come 2 Cieco Dio, foss’io quel fiore- 1714 (LIN 2001- composta in area britannica perché conservata, nella sua forma completa, nella bilioteca di Oxford) Il mio cor sinor fu mio- come 6 Erbe nuove e nuovi fiori- come 2 Il zeffiretto che tutto amore- come 2 Mirate occhi mirate- come 2 Poichè Fidalbo amante- come 2 Semplicetta farfalletta- come 2 Se lontan sta l'idol mio- come 2 Sento dirmi con placide forme- come 2 Stanco di lagrimar, pastor fedele- come 2 PERIODO LONDINESE (1716-29): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. Per vincer il cor mio ("Diana in Latmo")- stampa del 1719 D'una rosa che mi punse- ms del 1720 Ahi qual cruccio, qual pena ("La gelosia")- stampa del 1724, Londra Occhi belli ma troppo superbi- ms. del 1728 (SOL 83) Abbastanza delusa hai la mia fè- 1731 Da procella tempestosa ("La rosa")- come 3 Fileno che le frodi- come 5 Freme l'onda e fischia il vento ("Il naufragio")- come 3 Là dove d'atre tenebre vestito ("L'olmo")- come 3 Mio nemico pensier, perché alla mente- probabilmente composta a Londra perché conservata a Londra 11. Non voglio udirti, o core- come 5, testo intonato già dal 1699 da Badia 12. Pasce al suono del mio canto- come 5 56 Capitolo II 13. Pesan troppo su l'alma ("Libertà acquistata in amore")- come 3 14. Qui dove ai colpi di nemica- come 5 15. Ritrosetta pastorella ("L'amor onesto")- come 3 16. Pur al fin gentil viola (LIN 81; la cronologia di WAE 99 è errata] 2. Circolazione: migrazioni europee di stampe e manoscritti di Ariosti L’indagine sulle cantate di Ariosti fa emergere un fatto piuttosto insolito per il repertorio di cui ci stiamo occupando: un numero cospicuo di testi intonati da Ariosti furono musicati anche da altri compositori: ben 17, di cui 14 italiani. Il fenomeno ha indotto a riflettere sui meccanismi di trasmissione e migrazione dei manoscritti e delle stampe delle cantate. Questo genere è stato a lungo relegato nell’alveo di quelli d’occasione e di consumo, legati per lo più a eventi celebrativi (compleanni, ricorrenze, feste, matrimoni di regnanti)11; allo stesso modo, i testi delle cantate sono stati spesso considerati l’effimera base di una musica che bruciava velocemente la sua breve vita dopo l’esecuzione. Come poté avvenire, viceversa, che un considerevole numero di cantate di un medesimo compositore sopravvivesse e circolasse da un lato all’altro del continente? Fu solo il testo a circolare, o il testo accompagnato dalla musica di Ariosti? Spetta a lui la priorità nell’intonazione? A noi il compito di formulare qualche risposta. Osserviamo i testi delle cantate che ebbero una doppia o addirittura tripla intonazione: si tratta di 18 poesie, il 21 % del totale dei testi intonati da Ariosti, come dimostra la tabella seguente: 11 Cfr. MGG, sub voce «Kantate». I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo Ariosti12 1. Ahi, qual cruccio, qual pena, qual martiro (La gelosia) (1724), Londra, Walsh 2. Amarissime pene 57 Altri compositori G. Sammartini C.H. Graun T. Albinoni 3. Augelletto garruletto (1709)- A. Caldara (1712-13) testo di A. Ottoboni 4. Cieco dio, foss’io quel fiore, N.A. Porpora 1714 5. Da procella tempestosa (La G. Sammartini rosa) (1724), Londra, Walsh T. Roseingrave (1735), Londra, Cook 6. E in sen mi resta core F. Gasparini 7. Eurilla, vel confesso G. Porsile 8. Freme l’onda e fischia il G. Sammartini vento (Naufragio vicino) (1724), Londra, Walsh 9. Genio che amar volea (1706G. Bononcini 12) 10. Insoffribile tormento (1706- D.N. Sarro (1702) 12) 11. Là dove d’atre tenebre vestito (L’olmo) (1724), Londra, Walsh 12. Lontananza crudel, quanto m’affanni (1706) 12 B. Marcello G. Sammartini C.H. Graun L. Antinori Nella prima colonna della tabella seguente, sono elencate le intonazioni di Ariosti; nella seconda colonna sono indicate le intonazioni corrispondenti degli altri compositori; la collocazione delle fonti è indicata al cap. III.1.3 (p. 70). 58 Capitolo II 13. Non voglio udirti, o core 14. Oh miseria d’amante core (1706-12) 15. Occhi belli, ma troppo superbi (1728) 16. Risolvo adorarvi 17. Ritrosetta pastorella (L’amor onesto) (1724), Londra, Walsh 18. Pesan troppo su l’alma (Libertà acquistata in amore) (1724), Londra, Walsh A. Badia (1699), Vienna e Norimberga, J.C. Weigel R. Keyser (1713), Amburgo, Greflingern G.M. Orlandini (1721) B. Monari (max 1697) C.H. Graun A. Marcello C.H. Graun 1) STAMPE Sei delle suddette cantate di Ariosti furono stampate dall’editore Walsh13 a Londra nel 1724. I loro testi furono procurati ad Ariosti dal cantante Gaetano Berenstadt a Londra, ma non se ne conosce l’autore14; come mostra la tabella, essi furono reintonati sia da compositori attivi nel medesimo ambiente (n. 1, 5, 8, 11: G. Sammartini, che conobbe personalmente Ariosti sin dal 1711 a Novara, e T. Roseingrave), sia da da autori operanti in altre aree: a Berlino (n. 1, 11, 17, 18: C.H. Graun) e a Venezia (11, 18: Alessandro e Dedica di Ariosti a Giorgio I, re d’Inghilterra (dal frontespizio della stampa Six cantatas and six lessons for viola d'amore, London, Walsh 1724; rist. anast. Bologna, Forni 1980) 13 La stampa è nota in 31 esemplari; essa è in realtà priva di indicazioni editoriali, ma è stata ricondotta a Walsh sulla base di valide argomentazioni (cfr. OLA, p. 200). 14 Lettera di Berenstadt a Zamboni, Firenze, 16 febbraio 1725 (cfr. LOWELL LINDGREN, cit, «Royal Musical Association Research Chronicle» XXIV (1991), pp. 77-78). I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 59 Benedetto Marcello). Questo episodio di reintonazione a distanza di decenni, mostra egregiamente quanto poteva esser ampio il raggio di circolazione delle stampe musicali. Se Berlino era corte dinasticamente legata a quella di Londra (Giorgio I d’Inghilterra era fratello della regina Sofia Carlotta di Prussia), la circolazione della stampa di Walsh a Venezia non può essere giustificata che per normali vie di mercato: è in questo modo, con molta probabilità, che gli autori veneziani vennero a conoscenza dei testi di Ariosti e li reintonarono qualche anno più tardi. Si profila la tesi di una circolazione delle cantate di Ariosti anziché dei soli testi per musica: la stampa del 1724 ebbe evidentemente anche eccezionale fortuna, se i suoi testi furono integralmente rimusicati. E la spiegazione del fenomeno non può certo risiedere nel valore dei testi, la cui paternità si perde nell’anonimato, bensì nella pregevolezza delle musiche, evidentemente molto apprezzate in vari ambienti. La stampa del 1724 circolò veramente su scala europea, raggiungendo aree geograficamente assai distanti da Londra, fino a ritornare idealmente nel paese d’origine dell’autore. La diffusione di cantate italiane a Londra è attestata anche da altre stampe degli anni ’20-’30 del Settecento, sia di Walsh che dei suoi antagonisti R. Meares e R. Cook: a ricevere l’onore della pubblicazione furono un’altra cantata di Ariosti (171915) e le raccolte di cantate di G. Bononcini (172116), Porpora (173517), Roseingrave (173518). Walsh, il più importante editore inglese dell’epoca, alimentò a dismisura il mercato della musica “straniera”: egli pubblicò, oltre alle cantate, una vasta scelta di opere di compositori trasferiti in terra britannica, contribuendo alla diffusione della loro musica19 (tra l’altro, pubblicò molti favourites songs tratte dai melodrammi di Ariosti e fu il principale editore di Händel). 15 Diana on Mount Latmos (il testo fu stampato anche separatamente dalla musica dall’editore J. Pickard a Londra). 16 Cantatas and Duettis. 17 Nuovamente composte opre di musica vocale op. 1. 18 Six Cantatas humbly inscribed to the right Honourable the Lord Lovell. 19 Una bibliografia delle opere musicali pubblicate da Walsh compare nei due lavori di W.C. Smith (cfr. WILLIAM C. SMITH, A Bibliography of the Musical Works Published by John Walsh during the Years 1695-1720, London, The Bibliographical Soc. 1948 e W ILLIAM C. SMITH e CHARLES HUMPHRIES, A Bibliography of the Musical Works published by the Firm of John Walsh during the Years 1721-1766, London, The Bibliographical Soc. 19682). 60 Capitolo II Un’altra stampa mostra un caso di reintonazione in senso opposto: si tratta dei Tributi armonici, stampati da J.C. Weigel nel 1699 con incisioni di A. Beducci e dedicati all’imperatore Leopoldo I: Qui compare la cantata di Badia Non voglio udirti, o core, sullo stesso testo di Ariosti. In questo caso è abbastanza facile ipotizzare che Ariosti, giunto alla corte viennese quattro anni dopo l’uscita della stampa (nel 1703), ne fosse venuto a conoscenza proprio in quel frangente e avesse reintonato il testo estrapolandolo dalla raccolta di Badia con muscia propria. 2) MANOSCRITTI Per meglio affrontare la circolazione dei manoscritti di Ariosti, occorre distinguere le singole aree di diffusione delle cantate20. La prima area è quella romana e riguarda il ms. GB-Lbl Add. 34056 finito a Londra per mano di collezionisti inglesi (i Rivers), ma redatto a Roma nel 1709. Qui il manoscritto (contenente la cantata su testo di A. Ottoboni Augelletto garruletto, intonata sia da Ariosti che da Caldara) fu copiato nel 1713-16 da T. Lanciani alla presenza di Gasparini e Caldara21, che era al servizio dei Ruspoli. È chiaro dunque il percorso compiuto da questa e dalle altre due cantate di Ariosti presenti nel manoscritto: esse furono composte prima del 1709, probabilmente a Vienna (ov’era il compositore in questo periodo), poi trasferite a Roma e lì incorporate nel manoscritto; Caldara, che Ariosti conosceva personalmente dagli anni giovanili (nel 1696 collaborarono per la stesura del melodramma Tirsi a Venezia; nel 1711 20 Si tralascia qui il caso della reintonazione di Keyser, che sarà discussa al cap. IV.3.3. MICHAEL TALBOT e C OLIN TIMMS, Music and the Poetry of Antonio Ottoboni (16461720), in Händel e gli Scarlatti a Roma. Atti del convegno internaz. di studi (Roma, 1985), a cura di N. Pirrotta e A. Ziino, Firenze, Olschki 1987, pp. 367-438. 21 I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 61 s’incontrarono nuovamente a Novara22), ne prese conoscenza durante l’operazione di copiatura attingendone altresì il testo da musicare. La data di composizione della cantata di Caldara si situa attorno al 1713: il manoscritto che la contiene (A-Wgm, III 2616) reca le date 1711-13 sul frontespizio. A Roma, dunque, circolavano in questi anni cantate di Ariosti composte poco prima in altri ambienti europei; i loro testi fornivano lo spunto per altre intonazioni. Ma si possono individuare altre aree di irradiazione dei manoscritti. A Bologna, sua città natale, Ariosti svolse dal 1672 al 1684 le mansioni di chierico presso la cattedrale di S. Petronio, ove presumibilmente ricevette la sua formazione musicale (cantava nel coro e suonava in orchestra; dal 1688 al ’96 fu organista nella chiesa di S. Maria dei Servi. A Bologna operava anche B. Monari (16631697), nominato nel 1685 organista di S. Giovanni in Monte e nel 1693 di S. Petronio; egli è l’autore della cantata Risolvo adorarvi, composta certamente negli anni Ottanta-Novanta (il compositore morì giovanissimo pochi anni più tardi). Siccome l’omonima cantata di Ariosti risale presumibilmente agli anni di Berlino (cfr. cronologia, p. 40), sembra probabile che Ariosti abbia conosciuto la cantata a Bologna, ove sicuramente conobbe Monari, e lì ne abbia attinto il testo per poi intonarlo in Germania. Alcuni dei compositori citati, G. Bononcini e Porsile, gravitarono professionalmente attorno alla corte asburgica: il primo lavorò e fu personalmente in contatto con Ariosti sia presso la corte di Berlino23 che presso quella di Vienna, ove giunse nello stesso anno di Ariosti (il 1703); il secondo giunse a Vienna alcuni anni più tardi24 (nel 1711, sotto l’imperatore Carlo VI), l’anno della partenza di Ariosti. Entrambi quindi poterono avere precisa conoscenza delle cantate composte a Vienna dal compositore bolognese, così da reintonarle. 22 In occasione delle cerimonie avvenute a giugno per la traslazione del corpo di S. Gaudenzio; in tale circostanza si riunirono a Novara “tutti i più rinomati strumentisti” e compositori d’Europa, come Ariosti, Caldara, Lotti, G.B. Somis, G. Sammartini (cfr. URSULA KIRKENDALE, A. Caldara. Sein Leben und seine venetianisch-römische Oratorien, Graz-Köln, Bohlaus 1966 («Wiener musikwissenschaftliche Beiträge» 6). 23 Insieme, in qualità di cantanti, avevano eseguito dei duetti di Steffani per la regina Sofia Carlotta (cfr. Briefe der Königin Sophie Charlotte von Preußen und der Kurfürstin Sophie von Hannover an hannoversche Diplomaten, cit., III, p. 78 e C OLIN T IMMS , cit., «Music & Letters» LVVIX/1 (1998), pp. 27-49. 24 Fu nominato maestro di canto dell’imperatrice vedova Amalia Wihlelmina e di sua figlia. 62 Capitolo II Infine, l’ambiente operistico londinese fu lo scenario dell’incontro fra i testi e le musiche di Ariosti, Orlandini, Antinori e Porpora. Del testo di Ariosti portato a Londra dal Senesino si dirà in seguito25. L’incontro con Antinori, tenore diciannovenne di origine bolognese, avvenne quasi certamente sul set di Elisa, pasticcio rappresentato al King’s Theatre nel 1726 su libretto di Haym (con arie di Porpora, che però non era in quel momento a Londra). Mentre Ariosti era a Londra già da un decennio mietendo successi sulle scene operistiche, Antinori26 vi era appena giunto (l’anno precedente, il 1725) ed è facile immaginarlo misurarsi con l’entusiasmo e l’ammirazione di un discepolo su di un testo già intonato da colui che considerava un maestro. Sempre in questo ambiente Porpora dovette conoscere il testo della cantata Cieco dio, foss’io quel fiore, quando vi giunse nel 1733 su invito dell’Opera della Nobiltà, la compagnia rivale di Händel. Ariosti era morto da quattro anni, ma le sue cantate composte in area britannica, anche in tempi non recenti (la cantata citata era stata composta nel 1714), dovevano essere evidentemente ben conosciute e apprezzate. Le modalità sin qui analizzate di appropriazione e selezione delle fonti poetiche da parte dei compositori di cantate tra gli anni ’80 del Seicento e gli anni ’60 del Settecento27, hanno messo in luce la via pratica del riuso di testi precedentemente impiegati in altre intonazioni, piuttosto che quella più ‘colta’ della lettura del libro a stampa di poesie; inoltre, dalle considerazioni sin qui svolte risulta che i percorsi di circolazione delle fonti si diramino per lo più in modo centrifugo da un fulcro centrale costituito dalle cantate di Ariosti: davvero il compositore bolognese si rivela un anello fondamentale nella storia della cantata di quest’epoca. Per quanto riguarda le rimanenti intonazioni, si deve fare tuttavia un discorso diverso: Albinoni, Gasparini e Sarro sono compositori che non si mossero quasi mai dall’Italia, per cui è molto difficile ipotizzare un incontro coi testi e le musiche di Ariosti. Si può allora 25 Cfr. cap. III.4. Secondo una tendenza dell’epoca, poteva accadere che i cantanti svolgessero anche un’attività compositiva. Per quanto concerne Antinori questa è la prima attestazione di una simile attività (cfr. GRO, sub voce «Antinori»). 27 È l’arco temporale entro il quale si svolse l’attività compositiva dei compositori sopra menzionati (cfr. tabella A, p. 302). 26 I testimoni musicali. Ariosti e il contesto coevo 63 congetturare, in questi casi, una circolazione dei soli testi: si tratta delle poesie anonime Amarissime pene, E in sen mi resta core, Insoffribile tormento (1702). Esse probabilmente circolarono sotto forma di antologie, che si diffusero in area veneziana (ove operava Albinoni), romana (ov’era Gasparini, presso la corte dei Ruspoli), napoletana (ove era attivo Sarro), oltre alle aree d’oltralpe (Vienna e Berlino, ove risiedeva Ariosti)28. Sembra che la più intensa circolazione delle antologie avvenisse lungo l’asse viennesenapoletano; le due nazioni erano particolarmente inclini agli scambi culturali per le nuove vicende politiche (basti pensare a N. Porpora, nominato maestro di cappella del principe Filippo d’AssiaDarmstadt29 dal 1715 al 1725 nella capitale partenopea dopo che a Napoli era stato proclamato il vice-protettorato austriaco, nel 1707). Ariosti stesso, inoltre, fu investito nel 1707 di mansioni diplomatiche dall’imperatore Giuseppe I, che lo nominò ministro e “agente imperiale presso tutti i principi e corti d’Italia”. La tesi di un viaggio di Ariosti a Napoli, ancorché non documentata, potrebbe apparire più di una suggestiva ipotesi. In Italia, in seguito agli intensi contatti e alle frequentazioni lettararie tra i membri delle accademie arcadiche, si può ben pensare ad una circolazione delle antologie lungo l’asse Venezia-RomaNapoli; alla veneziana Accademia degli Animosi fu affiliato fra l’altro Gasparini, insieme a Bernardoni, librettista di Ariosti. La cantata italiana su testo profano si rivela dunque un genere itinerante nell’Europa del Sei-Settecento, più mobile di quanto sembrasse a uno sguardo sommario; come tale essa si colloca in parte a fianco del melodramma coevo che, per la proliferazione degli allestimenti migrava continuamente da un palcoscenico all’altro. Tuttavia la cantata, a differenza dell’Opera, migrò quasi sempre nelle varie zone d’Europa in compagnia del suo artefice, come avvenne nel caso di Ariosti e dei compositori che intonarono i suoi testi. 28 Alludiamo ad antologie quali Rime degli Arcadi, Roma, Rossi 1716-22, che in 14 volumi raccoglie i versi dei maggiori poeti d’Arcadia, tra cui quelli di A. Ottoboni, poeta di Ariosti. Tuttavia la ricerca dei testi di Ariosti in queste antologie non ha dato finora risultati. 29 Nella Hessische Landes- und Hochschulbibliothek di Darmstadt sono conservate un numero cospicuo di cantate di Ariosti. CAPITOLO TERZO I TESTI POETICI 1. Edizione critica dei testi delle cantate di Ariosti Presento qui l’edizione critica relativa ai testi delle cantate. L’edizione è preceduta dalla recensione dei testimoni musicali esistenti (al punto 1), suddivisi in stampe e manoscritti; segue la recensione dei testimoni letterari (al punto 2). Al punto 3 sono riportati i compositori che hanno musicato i testi di alcune cantate intonate anche da Ariosti; al punto 4 sono esposti i criteri di trascrizione dei testi. 1. Sigle dei testimoni musicali 1) STAMPE ♦ S1724: RISM A1420 Six cantatas and six lessons for viola d'amore/ Alla Maestà di Giorgio Re della Gran Britagna, London, Walsh, 1724. Esemplare consultato: Bologna, Civico Museo Bibliografico Musicale (rist. anast. Bologna, Forni 1980). Altri esemplari in DDlb, HVl; F-Pa, Pn; I-BGc; GB-Cu, Gm, Ge, HAdolmetsch, Lbl, Lam, Lcm, Lu, Ob; NL-DHgm; US-Bp, CA, NH, NYp, R, Wc ♦ S1719: RISM A1418-1419 The first (last) Air of the famous Cantata Diana on Mount Latmos, London, Meares 1719. Esemplari consultati: London, British Library, H.1601 (S1719a), Parigi, Bibliothèque National de France, Rés. V.S. 1290 (S1719b). Altri esemplari in GB-Ob, US-Ws 65 66 Capitolo III 2) MANOSCRITTI Bergamo, Biblioteca Civica «A. Mai» BG1 I-BGc1, fondo Piatti-Lochis, N. 8795 BG2 I-BGc, fondo Mayr, fald.227/84b (olim in Civico Istituto Musicale «G. Donizetti») Berlin, Staatsbibliothek Preußicher Kulturbesitz (D) B1 D-B, Mus. Ms. 780/5 B2 D-B, Mus. Ms. 780/20 B3 D-B, Mus. Ms 780/22 B4 D-B, Mus. Ms. 30074 B5 D-B, Mus. Ms. 30094 B6 D-B, Mus. Ms. 30182 B7 D-B, Mus. Ms. 30186 B8 D-B, Mus. Ms. 30188 B9 D-B, Mus. Ms. 30197 B10 D-B, Mus. Ms. 30212 Archiv der Sing-Akademie Bs1 SA 1231 Bs2 SA 1235 Bs3 SA 1282 Bs4 SA 1283 Bs5 SA 1286 Bs6 SA 1289 Brussels, Conservatoire Royal de Musique (B) BR1 B-Bc, Litt. IV F.15153 BR2 B-Bc, Litt. F 15262 BR3 B-Bc, Litt. XY 25769 BR4 B-Bc, Litt. 15155 Cambridge, Fitzwilliam Museum (GB) C GB-Cfm, Mus. 649 1 Per le sigle delle bilioteche si fa riferimento a MGG. I testi poetici Donauwörth, Cassianeum (D) D D-DWc, Cod. Guelf. 266, Mus. Hd. 47 Darmstadt, Hessische Landes- und Hochschulbibliothek (D) DS1 D-DSl, Mus. Ms. 46 DS2 D-DSl, Mus. Ms. 1046 Edinburgh, University Library (GB) E1 GB-Eu, P 1433 (olim in Reid Music Library) E2 GB-Eu, P 1437 (olim in Reid Music Library) Firenze, Biblioteca del Conservatorio «L. Cherubini» F I-Fc, B. 2376 Kalmar, Gymnasie -och stiftsbiblioteket i Stadtsbiblioteket (S) K S-K, Ms. mus.5 Liège, Bibliothèque du Conservatoire Royale de Musique (B) LI B-Lc, 475-2.L-IX London, British Library (GB) L1 GB-Lbl, Add. Ms. 14207 L2 GB-Lbl, Add. Ms. 34056 L3 GB-Lbl, Add. Ms. 38036 L4 GB-Lbl, Add. Ms. 62102 L5 GB-Lbl, R.M. 23 f. 6 L6 GB-Lbl, R.M. 23 f. 20 Lg Gresham College GB-Lgc, Guildhall Library, G: Music 400 Los Angeles, «W.H. Clark» Memorial Library of University of California (USA) LA US-LAuc, Ms. A7125, M4.E 34 67 68 Capitolo III Luleå, Norbottens Museum (S) LL S-LUnm, Solanders notbok Lund, Universitetsbiblioteket (S) LU S-L, Saml. Wenster Ä:1 Modena, Biblioteca Estense M I-MOe, Mus. F.99 Meiningen, Staatliche Museen (D) ME D-MEIr, ED. 109i= 82c Napoli, Conservatorio «S.Pietro a` Majella» N1 I-Nc, Cantate 32bis N2 I-Nc, Cantate 101 New Haven, Music Library of Yale University (USA) NH US-NH, Osborne Music Ms.22 Oxford, Bodleian Library (GB) O1 GB-Ob, Mus.Sch. D.223 O2 GB-Ob, Ms. 1131 (olim in St.Michael's College Library a Tenbury Wells) Roma, Biblioteca Casanatense R I-Rc, Ms. 2248 Stockholm, Musikaliska akademiens bibliotek (S) ST S-Skma, T-SE.R Sondershausen, Schloßmuseum (D) SO1 D-SHm, Mus.B.1:1 (olim in Stadt- und Kreisbibliothek «J.K.Wezel») SO2 D-SHm, Mus. B.1:3 (olim in Stadt- und Kreisbibliothek «J.K.Wezel») I testi poetici 69 Schwerin, Landesbibliothek Mecklenburg-Vorpommern, Musiksammlung (D) SW D-SWl, Ms. 769A Uppsala, Universitetsbibliotek «C. Rediviva» (S) U S-Uu, Vok.mus.ihs. 47:13 Wien, Österreichische Nationalbibliothek (A) W1 A-Wn, Hd. 17575 W2 A-Wn, Hd.17591 W3 A- Wn, E.M.178 Gesellschaft der Musikfreunde Wg A-Wgm, Q.2679 2. Sigle dei testimoni letterari B E R[P.A. BERNARDONI ] Rime varie consagrate alla S.C.R. Maestà di Giuseppe I August.mo Imperator de’ Romani, da Pietro Antonio Bernardoni poeta cesareo et accademico gelato, arcade, scomposto, animoso et acceso, Vienna, Van Ghelen 1705 (l`esemplare consultato, in I-Vnm, C 088C 068, è vergato a mano e reca sul frontespizio la dedica “per il Sig.re Apostolo Zeno”) OTT [A. OTTOBONI] Trattenimenti/ Poetici/ dell’ill.mo et ecc.mo Principe/ D. Antonio Otthoboni/ Cav. E Procurator di S.Marco/ Composti in Roma dall’anno 1712 fino/ tutto 1715; 1716; 1717; 1718… Parte II (manoscritto conservato in I-Vmc, ms. Correr 467) ROL [A. ROLLI] Diana/ on/ Mount Latmos/ an/ Italian Cantata/ written by/ Signor Rolli,/ and set to musick by/ Signor Attilio Ariosti./ Perform’d at the/ King’s Theatre in the Haymarket,/ for the benefit of/ Mrs. Robinson, late Mrs Turner, London, John Pickard 1719 70 Capitolo III 3. Sigle dei compositori che hanno musicato i testi di alcune cantate intonate da Ariosti ALB ANT BAD BON1 BON2 CAL GAS GRA1 GRA2 GRA3 GRA4 KEY 2 [T. ALBINONI: Amarissime pene, in D-B, Ms. 4472] [L. ANTINORI: Lontananza crudel, quanto m’affanni, in S-Uu, Gimo 1] [C.A BADIA: Non voglio udirti, o core, in Tributi armonici…, Nurnberg, Weigel, 1699: pp. 38-50)] [G. BONONCINI: Amarissime pene, S-L, Saml. Wenster Ä:1]. [G. BONONCINI: Genio che amar volea, in D-B, Mus. Ms. 30182; Mbs, Ms. 695; GB-Lam, Ms. 127; Lbl, Add. 14228 e 31518; Ob, Mus. Sch. D.2231; I-Fc, B.2376; MOe, Mus. F.99; Rli, Ms. 208.A.8; Vc, Correr. Esemplare consultato: D-Mbs] [A. CALDARA: Augelletto garruletto, in A-Wgm, III 2616, olim A400] [F. GASPARINI: E in sen mi resta core, in A-Wgm, VI 12322 (Q2924)] [C.H. GRAUN: Là dove d’atre tenebre vestito, in S -Skma, SO-R] [C.H. GRAUN: Ahi qual cruccio, qual pena, qual martiro, in I-Bc, MS.MART.2.49, D-B, Am.B 181 e Am.B 222. Esemplare consultato: D-B, Am.B 222] [C.H. GRAUN: Pesan troppo su l’alma, in D-B, Am.B 181 e Am.B 222. Esemplare consultato. D-B, Am.B.181] [C.H. GRAUN: Ritrosetta pastorella, in D-B, Mus.ms. 8240 e Am.B. 222. Esemplare consultato: D-B, Mus.ms. 8240] [R. KEYSER: Oh miseria d’amante core, in Divertimenti serenissimi…, Hamburg, Greflinger, 1712: pp. 22-28] Sono indicate tutte le fonti conosciute. Se la fonte è nota in un unico esemplare, quello riportato è anche quello da me consultato; se la fonte è tramandata in più esemplari, si registra quello consultato. I testi poetici MARa MARb MON ORL PORP PORS ROS SAM1 SAM2 SAM3 SAM4 SAR 71 [A. MARCELLO: Pesan troppo su l’alma, in I-BRc, Soncini 87l-n e VIb, Canneti XIII. B.2376] [B. MARCELLO: Su d’un colle fiorito, al di cui piede, in D-Mbs, Mus. Hs. 135] [B. MONARI: Risolvo adorarvi, in I-Nc, Cantate 33@11] [G.M. ORLANDINI: Occhi belli, ma troppo superbi, in D-SWl, Mus. 4074; Mus. 2479; Mus. 136; GB-Lam, MS 90; I-Nc, Arie 369. Esemplare consultato: D-SWl, Mus. 4074] [N.A. PORPORA: Cieco dio, foss’io quel fiore, in I -Nc, Cantate 44; D-MÜs, Santini Hs. 3313. Esemplare consultato: I-Nc] [G. PORSILE: Eurilla, vel confesso, in H-Bl, S.K. 1577°; B-Bc, Ms. 15155. Esemplare consultato: H-Bl] [T. ROSEINGRAVE: Da procella tempestosa, in Six Cantatas humbly inscribed…, vol. II, n° 6, London, Cooke, 1735: pp. 33-39] [G. SAMMARTINI: Ahi qual cruccio, qual pena, qual martiro, in GB-Lbl, Add. 31490, ff. 70r-73v] [G. SAMMARTINI: Da procella tempestosa, in B-Bc, Ms. 15154; GB-Lbl, Add. 31490, ff. 66r-69r. Esemplare consultato: GB-Lbl] [G. SAMMARTINI: Freme l’onda e fischia il vento, in B-Bc, Ms. 15154, ff. 12r-24r] [G. SAMMARTINI: Là dove d’atre tenebre vestito, in B-Bc, Ms. 15154, ff. 49r-52v] [D.N. SARRO: Insoffribile tormento, in I-Nc, Cantate 29@02] 4. Criteri di trascrizione a) Forme obsolete, latinismi, alternanza doppie/ scempie Si conservano i latinismi e le grafie obsolete, ad eccezione dei nessi –ti- ammodernati in –zi- (es.: rinunzio): 72 Capitolo III Rinunzio i miei affanni [dalla cantata «Al tribunal d’Amore»] Si conserva l`alternanza delle consonanti doppie e scempie. Delle inesattezze attribuibili alla trascuratezza del copista, per esempio nel caso di lezioni isolate nell`intonazione di un`aria, si dà conto in apparato (es: lacerando] laccerandor): lacerando ognor mi va [dalla cantata «Ahi qual cruccio, qual pena, qual martiro]. Si conserva l`h etimologica, anche nelle locuzioni contenenti hor/ hora (es. talhor). b) Divisione delle parole È mantenuta nelle locuzioni avverbial-pronominali o avverbialaggettivali quando l`unione non è obbligatoria in una scrittura moderna (es. per lo più) e quando essa implicherebbe rafforzamento fonosintagmatico o costrittiva direzionalità d’accento o equivoco semantico (e pure «eppure», ben che «benché»). Negli altri casi si preferisce la scrittura sintetica (sinora «sin ora», ognor «ogn`or», talora «tal`ora»). Allo stesso modo si adotta la scrittura sintetica per le preposizioni articolate (tranne quando produrrebbero raddoppiamento fonosintagmatico): sui] su i, col] co`l, ma de le; la si adotta altresì per le locuzioni pronominali: tel] te`l; nol] no`l, ecc. c) Alternanza j/i Le desinenze plurali ij e j sono ammodernate in i (es. ozi] ozij). In tutti gli altri casi si procede con la trasformazione di j in i (es. I testi poetici 73 aiuto] ajuto) d) Nessi palatali Conservazione della –i- puramente grafica (es. abbraccierò) e) Elisione, apocope, troncamento Si conserva o si introduce l`apostrofo nei casi di apocope postvocalica o di elisione, come nel caso delle preposizioni articolate: d a ` begl`occhi] da begl`occhi; in presenza invece di costrutto francesizzante con l`aggettivo possessivo senza l`articolo, si mantiene la semplice preposizione (senza l`apostrofo): de miei sospiri] de` miei sospiri. L`apostrofo è introdotto, sostituito all`accento, o eliminato secondo l`ortografia corrente: va`, ti perdono] va, ti perdono; mi fe`] mi fè; son io] son`io. La forma apocopata di fede è resa in forma moderna con l`accento acuto: fé] fè. Quando il pronome relativo che subisce elisione, si conserva l`oscillazione delle forme c`ha oppure ch`ha. f) Accenti L`accento è normalizzato secondo l`uso moderno: sono eliminati gli accenti oggi non più in uso: o [congiunzione]/ ò; no/ nò; qui/ qui; so/ sò; tu/ tù; fu/ fù; ho/ hò; ma/ mà, ecc. È introdotto l`accento nella congiunzione con valore causale o finale ché `poiché`. g) Esclamazione vocativa Si conserva l`oscillazione o/ oh 74 Capitolo III h) Dieresi Si introduce il segnale della dieresi (..) ove utile per una corretta scansione del verso: questo di pianto più che d'inchïostro [dalla cantata «A te, bella cagion de miei sospiri»] i) Uso delle maiuscole/ minuscole S`impiegano secondo l`uso attuale. In particolare, le maiuscole si conservano (o si introducono) a discrezione nei casi di: - personaggi allegorici: es. Amore - personificazioni: es. Fato; Bel - antinomia: es. il Dio d’Amore Le minuscole si conservano (o si introducono) nell`esclamazione discorsiva o dio!] o Dio e nei sinonimi della parola «occhi»: es. lumi] Lumi l) Interpunzione L`interpunzione è integrata, espunta o modificata secondo l`uso moderno, al fine di rendere più chiara l`articolazione sintattica del testo. In particolare: - le virgole prima delle congiunzioni «e» ed «o» poste fra due o più sostantivi/aggettivi sono espunte - per evidenziare i vocativi sono introdotte le virgole - il punto esclamativo è mantenuto o introdotto a discrezione dopo un`esclamazione discorsiva - i passi in discorso diretto sono racchiusi fra virgolette caporali m) Parentesi Sono conservate; vengono integrate nel caso manchi una delle due parentesi I testi poetici 75 n) Abbreviazioni Sono sciolte le più comuni abbreviazioni tachigrafiche: es. fiame] fiamme o) Integrazioni testuali Fra parentesi acuminate divergenti > < si indicano: 1) le interpolazioni del compositore nell`intonazione della fonte letteraria originale: per es. le iterazioni di no e sì: vezzi non chiede >no< [dalla cantata Al voler del bene amato] 2) le porzioni di testo presumibilmente estranee all`impianto metrico originario, ma presenti nell`intonazione, es: che risieda >la< costanza entro il lor petto [dalla cantata «Al tribunal d’amore»] Fra parentesi acuminate convergenti < > si indicano le integrazioni del curatore, necessarie per restaurare una presumibile corruttela metrica (ipometria) dovuta al processo dell`intonazione o ad errori del copista. Fra parentesi quadre [ ] si racchiudono le chiose del curatore . Nei casi di difficile soluzione si mette la crux. p) Ricostruzione metrica Le arie sono evidenziate, rispetto ai recitativi, con un rientro tipografico; il primo verso di ciascuna strofa è segnalato da un ulteriore rientro. Il rientro, seguito o preceduto da spaziatura, si applica altresì a quelle sezioni di recitativo intonate dal compositore a 76 Capitolo III mo’ di arioso nel caso esse incornicino il recitativo: esse possono costituire veri e propri “refrain” di più versi oppure semplici “intercalare” di un solo verso. Si indica in corsivo, tra parentesi tonde, l`eventuale presenza del Da Capo3 al termine dell`ultimo verso: A te, bella cagion de’ miei sospiri, questo di pianto più che d'inchïostro tinto foglio t'invio acciò conosci, o bella mia crudele, ch'anche lungi da te ti son fedele. Morirei pria di lasciare d'adorare quel bel volto che m'ha tolto col riposo ancor la pace. Son le pene troppo care nell’amare chi nel sen l'alma mi sface. (Da Capo) [dalla cantata «A te, bella cagion de miei sospiri»] Quando un`aria si compone di soli quattro versi, essa è sempre considerata monostrofica dal punto di vista metrico, anche se l`intonazione musicale la suddivide simmetricamente in due parti (2+2). In questi casi la seconda parte è preceduta, come di consueto, da uno spazio interlineare, ma non dal rientro tipografico che indicherebbe l`inizio di una nuova strofa; es: Maledetto sia il dì, l’ora e il momento che Amore mi ferì, ch’arsi d’amore! Succedon le noie a un breve contento e turba le gioie un lungo dolore. (Da Capo) [dalla cantata a 2 «Abbastanza delusa»] 3 Con il termine Da Capo s`intende in questa sede la presenza di una ripresa testuale, anche con musica variata o riscritta per esteso dal copista. I testi poetici 77 Lo stesso principio grafico si applica alle arie composte da 2+3 o 3+2 versi, in quanto la misura di 2 versi non fa strofa autonoma. Quando v`è ambiguità metrica fra settenario tronco + quinario oppure endecasillabo, si privegia la seconda soluzione qualora il settenario non sia motivato da una rima strutturale: Mira la bella rosa, ch’in sul mattin vezzosa cade al cader del sol senza beltade anziché Mira la bella rosa, ch’in sul mattin vezzosa cade al cader del sol senza beltade [dalla cantata «Filli gentil, nel tuo bel fior degl’anni»] I casi particolarmente complessi o ambigui di ricostruzione sticometrica sono brevemente discussi nel commento. q) Testi drammatici e intonazioni polifoniche Nei testi drammatici il nome del personaggio è posto sopra la battuta corrispondente, allineato a sinistra, anche quando si ricostruisce il verso nei dialoghi serrati: FILENO Abbastanza delusa hai la mia fé, Licori: son certo che il tuo cuore desti ad altro pastore. LICORI Dare non puoti il cuor che non è mio e che tu tieni, ingrato. 78 Capitolo III Ah, Fileno infedele, me del tuo errore accusi e così tenti mascherar da vendette i tradimenti. [dalla cantata a 2 «Abbastanza delusa»] L`indicazione [a 2] ricorre quando la stessa porzione di testo è intonata simultaneamente da due personaggi. r) Descrizione dell`apparato critico Nell`apparato si indicano nell`ordine: 1) il numero del verso interessato 2) nei casi meno ovvi, la porzione di testo interessata alla variante seguita, senza spazio, da parentesi quadra aperta a sinistra ] 3) la lezione variante 4) le sigle utilizzate per indicare la fonte, quando non si tratta di testimone unico 5) nel caso di composizioni polifoniche, le voci portatrici di variante Tutte le varianti sono separate da punto e virgola. La parentesi ] preceduta da punto e virgola segnala che la lezione variante fa riferimento alla situazione esposta nell’apparato immediatamente prima. Anche nell`esposizione delle varianti in apparato si applicano i criteri editoriali precedentemente esposti. Qualora nelle ripetizioni musicali di un`arietta occorrano delle varianti, se ne dà conto in apparato specificando nell`esponente della sigla del testimone musicale o il numero 1 (se la variante compare alla prima occorrenza) o la lettera r (se la variante compare nell`area delle ripetizioni). s) Commento In nota si riportano gli schemi metrici desueti, i nomi degli autori dei testi letterari, le forme antiche e letterarie così come inventariate nel I testi poetici 79 dizionario di S. Battaglia (SALVATORE BATTAGLIA, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, U.T.E.T., 1961-2002) t) I testi 1 5 10 15 20 Abbastanza delusa FILENO Abbastanza delusa hai la mia fé, Licori: son certo che il tuo cuore desti ad altro pastore. LICORI Dare non puoti il cuor che non è mio e che tu tieni, ingrato. Ah, Fileno infedele, me del tuo errore accusi e così tenti mascherar da vendette i tradimenti. Tu m’accusi d’infedele per scusar tua infedeltà. La costanza è il sol mio errore, ma tu sì sei traditore che schernendomi, crudele, preso vai d’altra beltà. (Da Capo) FILENO Scaltra tu troppo sei se, per diffender te, me stesso offendi. LICORI Me non diffendo no, che non son rea che di nuttrir nel sen fiamma costante. FILENO D’ingannarmi t’inganni: io vuo’ sortir da sì gelosi affanni. Io ti rendo il biondo laccio ch’al mio braccio S, S, bc 80 Capitolo III la tua mano già annodò; [Da Capo] 25 così ancor con alma forte le ritorte del mio cor romper saprò. LICORI Io ti rendo l’aureo strale che fatale ebbi in dono già da te. 30 Sì potessi del tuo guardo l’empio dardo rintuzzar, crudele a me! [Da Capo] 35 FILENO Tu fingi ancor d’amar? Io più non credo ad arti menzogniere: non rispondon le voci al tuo pinsiere. [a 2] 40 Maledetto sia il dì, l’ora e il momento che Amore mi ferì, ch’arsi d’amore! Succedon le noie a un breve contento e turba le gioie un lungo dolore. (Da Capo) Testo di riferimento: LA (24) 40 longor ____________ v. 4 desti `donasti` (perf. di `dare`); v. 5 puoti `ti posso` (pron. enclitico); v. 10 espressione enclitica ‘d’essere infedele’; v. 17 diffender `difender`; v. 18 diffendo `difendo`; v. 19 nuttrir ‘nutrire’; v. 31 sì `così`; v. 35 menzogniere `menzognere`; v. 36 pinsiere `pensiero` I testi poetici 2 5 10 Ahi, qual cruccio, qual pena, qual martiro [La gelosia] Ahi, qual cruccio, qual pena, qual martiro è mai questo ch'entro le vene io sento? Ahimè, qual reo tormento! Con incognita possanza a tutte l’ore mi sugge il sangue e mi divora il core. Qual fia ricerco ancora. Ah che l'intendo: Nice, che ad altri `n braccio va cercando spergiura il suo gioire, fa l'accerbo mio mal, fa il mio martire. Sì, l'intendo, è gelosia, che crudel nell'alma mia lacerando ognor mi va. Ella sola è che nel core gelo e ardore unir ben sa. >Sì, l’intendo< (Da Capo) 15 20 25 O del penoso Inferno arpia vorace ed implacabil mostro, tu, nel mio fianco ignudo immergendo gli artigli, mi laceri, mi sbrani e, col tuo rostro adunco bevendo dalle vene il miglior sangue, più che pestifer angue mi sei d’intorno. Ah per pietà del mio già perduto riposo, perfida gelosia, dona un picciol momento all'alma mia! Ch'altri goda l'amato mio bene, sono pene più crudeli del morir. 81 A, bc 82 30 Capitolo III Chi provò così barbaro duolo, quello solo lor fierezza può ridir. (Da Capo) Testo di riferimento: S1724 Altre intonazioni: SAM1 = G. Sammartini GRA2 = C.H. Graun: per T, 2 vl, v.la 1 crucio GRA2; 3 rio GRA2; 7 ’n] in GRA2; 9 acerbo GRA2; 12 laccerandor SAM1; 14 ardor SAM1r; 18 gl’artigli GRA2; 19 brani; ] sbrani SAM1; 27 amato] amto SAM1r _____________________ v. 5 sugge ‘succhia’, forma ant. e lett.; vv. 27-32 schema metrico A10 a4 b`8/ A10 c4 b`8 3 5 Al tribunal d'Amore Al tribunal d'Amore, ove correan gl'amanti ad esporre chi il duol e chi il contento, s'udì amante improviso con smanie, con affanno e con sospiri palesar in tai detti i suoi martiri: «Tu promettesti al cor, o cieco feritor, contenti al mio penar, 10 ma provo anche il rigor, soffrisco anche il dolor né fo che lagrimar. (Da Capo) S, bc I testi poetici 15 20 25 83 Servii lunga stagion a donna infida né mai della mia fede non hebbi altra mercede che d'inganni e sospiri. Hor che m'aveggio, faccio l'emenda e frango le catene servili con cui tenacemente tu mi legasti il core e dal mio petto scaccio l'ardor indegno: se albergo fu d'amor, hora è di sdegno!» A questi arditi accenti rise l'alato Infante e, togliendo del cor e dardo e face, li ritornò nel sen la cara pace. «Son sciolto dai legami che mi strinse una beltà. 30 35 40 Rinunzio i miei affanni, né vuo' che il cor m'inganni ch'in sen pietà non ha. (Da Capo) Apprendete da me, mal saggi amanti, né credete che in cor di donna alberghi mai la fede, e se pur voi stimate che risieda >la< costanza entro il lor petto, un sogno egl'è di vaneggiante affetto. E voi che il cor portate sciolto da questi lacci, fuggite pur gl'impacci; e chi è fuggito, più non rivolga il piede. Ché così Orfeo, sol per voltarsi un poco, lei già perdé cui liberò dal foco». Testo di riferimento: U (pp. 1-11) __________________ v. 25 del ‘dal’; v. 26 li `gli`, forma toscana ant. (ROH); vv. 27-31 schema metrico 7 a b’8 / c c b’; v. 29 sinalefe tra rinunzio e i; sinalefe tra miei e affanni; v. 31 ch `chi`; 84 Capitolo III v. 34 dialefe tra fede e e; v. 35 verso ipermetro; v. 42 cui `quella che` 4 Al voler del bene amato Al voler del bene amato un contento è l’ubbidir. 5 10 15 Sembra un secolo di duolo quel momento solo solo che si lascia di servir. (Da Capo) Prezïose dimore che in servitù gradita legate un’alma e incatenate un core, dal sembiante adorato un cenno che s’impetri è un don del fato. I fortunati istanti con un lungo soffrire sol si comprano, o amanti; e perché amor va col destin congiunto, assai perde talhor chi perde un punto. Chi vuol la pace al sen dell’adorato ben, vezzi non chiede.>no< 20 Né sa che sia martir quel ch’ama per servir, non per mercede. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (22r) S, bc I testi poetici 5 5 10 Amarissime pene Amarissime pene, svenate omai, svenate questo misero cor, già che il mio bene il genio di pietà fugge e detesta e le lagrime mie, tutta rigor, con fiero piè calpesta! Irene, ascolta, oh dio! I sospiri d’Eliso come sprezzar mai puoi, se’l vezzo e’l brio che porti nel tuo volto è l’unica cagion del dolor mio? Se disprezzi il pianto amaro come sangue del mio cor 15 20 25 30 deh lo mira, e ti fia caro come figlio del rigor. Ah crudele, t’intendo! Il duol che mi divora poco ti sembra e non t’appaga ancora il tuo immenso desir de le mie pene. Ma senti, amato bene; insegnami un martir che ti diletti: che con teneri affetti tutto l’abbraccierò, pur che mercede doni la tua pietade a tanta fede. Bella, per un momento dammi una tua pupilla, che meglio piangerò. Del pianto de tuoi rai forse pietade avrai e con sì bel tormento forse ti placherò. (Da Capo) 85 S, bc 86 Capitolo III Testo di riferimento: B7 (1): in do Altre intonazioni: ALB = Tomaso Albinoni (con musica diversa da B7 nella 1° aria e nel 2° recitativo, che sono uguali a BON1): in do4 BON1 = Giovanni Bononcini (con musica diversa da B7 nella 1' aria e nel 2` recitativo, che sono uguali a ALB): il testo della 2° aria è diverso da B7 e ALB: in la 2 ormai BON1; 4 fugge] fugìa BON1; 5 lacrime BON1; 6 piè] dir BON1; 8 Eliso] Armindo BON1, Elmindo ALB; 9 mai puoi] mi poi BON1; 10 brio] tuo; 11 l’unica] la fiera BON1; 12 amaro] mio1 e r; 15 rigor] mio corr; 18 t’appaga] appaga BON1; il tuo] quell’ BON1; 21 ti diletti] mi divora BON1; 23 pur] par; l’abbraccierò] abracierò BON1; 29 avrai] havrai ALB _______________________ Per le marcate affinità musicali gli esemplari ALB e BON1 hanno con molta probabilità un`unica paternità compositiva, che è diversa da quella di Ariosti. Secondo il parere di M. Talbot, che facciamo nostro (cfr. MICHAEL TALBOT Tomaso Albinoni. The Venetian Composer and his World, Clarendon, Oxford 1990) questa intonazione è da attribuirsi ad Albinoni. In BON1 il testo della 2° aria muta quasi integralmante rispetto a B7 e ALB: Bella, se il duol ch`io sento/ non basta per placarti/ il cor mi svenerò./ Dal sangue di mie vene/ vedrai tu le mie pene/ e con sì gran tormento/ forse ti placherò: può essere che Bononcini abbia plagiato la cantata di Albinoni, mutando il testo di una delle arie. 6 Amo Clori che mi fugge A, bc Amo Clori che mi fugge, fuggo Filli che m’adora, e in contrasto ho sempre il cor. Mentre Clori il sen mi strugge, 4 La tonalità minore viene sempre indicata con l’iniziale minuscola, quella maggiore con l’iniziale maiuscola (es.: do = Do minore; Do = Do maggiore) I testi poetici 5 87 mentre Filli piange ognora, sono il vinto e il vincitor. >Amo< (Da Capo) 10 15 Tallor m’accingo ardito di Filli il foco a disprezzar le fiamme, ma, detestando Filli, trovo in Clori quel istesso rigor e quel disprezzo che al lagrimar di Filli do in mercede, onde gradir rissolvo di Filli amante gl’infocati ardori e di non più soffrire il disprezzo e il rigor della mia Clori. Mia Filli cara e bella, perdona a questo cor se la tua fé sprezzò. 20 Se Clori m’è rubella, di Filli il rio dolor io ben cangiar saprò. (Da Capo) Testo di riferimento: W1 (9r) 7 Ardo, né so per chi Ardo, né so per chi, peno, né so perché, cerco, né so dov’è >no< quel Bel che m’invaghì. 5 Non trovo il core in me, né so chi mel rapì: >no, no< Amor cieco mi fe’ doppo ch’io vidi il dì. S, bc 88 10 Capitolo III Un lampo passaggiero mi balenò nel ciglio, si confuse il pensiero, s’abbacinò il consiglio. Il folgore sparì, restò la piaga, e trovo la magia ma non la maga. Un’altra volta almen vorrei veder chi fu che pose in smania il sen e l’alma in servitù; 15 ma se il mio cor non sa qual mano lo piagò, né aita né pietà dunque sperar non può. >no< (Da Capo) 20 Célisi pur colei per cui mi moro, ch’amo quel dardo e quell’Arciera adoro. Testo di riferimento: L2 (206r) Altri testimoni: OTT 10 nel] sul OTT; 19 s’il OTT _______________ v. 8 doppo ‘dopo’; v. 23 célisi `si celi` (con accento ortofonico), pron. enclitico. L’autore del testo, manoscritto, è Antonio Ottoboni (cfr. OTT, p. 373). 8 A te, bella cagion de miei sospiri A te, bella cagion de miei sospiri, questo di pianto più che d'inchïostro S, bc I testi poetici 5 89 tinto foglio t'invio acciò conosci, o bella mia crudele, ch'anche lungi da te ti son fedele. Morirei pria di lasciare d'adorare quel bel volto che m'ha tolto col riposo ancor la pace. 10 Son le pene troppo care nell’amare chi nel sen l'alma mi sface. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (82v) Altri testimoni: LU (5) 1 de] di LU; 2 questo] questi; ] queste LU; 11-12 nell’amare chi] né le move che LU _____________________ v. 2 inchïostro sineresi nell`intonazione; v. 8 rima al mezzo volto: tolto 9 Augelletto garruletto Augelletto garruletto, che con piuma vagabonda spieghi il vol di fronda in fronda, 5 guarda il visco, guarda il laccio, guarda il fulmine d’un braccio, fuggi, vola ad altra sponda. [Da Capo] Ma scherzi nel periglio, A, bc 90 10 Capitolo III né curi il mio consiglio e par che mi rispondi: «Ah, folle amante, perché d’un crin vagante non schivi il laccio? E non difendi il core dagli strali d’Amore? Ah che del mio più grave è il tuo periglio; prendi da un augellin, prendi consiglio». 15 20 Dalle reti d’un bel crine e dal fulmine d’un guardo ah non solo io non mi guardo ma il mio mal cercando vo. Augellin, di me più saggio, quando scorge le ruine ha più senno e più coraggio nel fuggir, se fuggir può. (Da Capo) Testo di riferimento: L2 (201v) Altri testimoni: OTT Altre intonazioni: CAL = Antonio Caldara, con 2 vl. 1 garrulletto CAL OTT; 4 vesco CAL; 3 fronda in fronda] fronde in fronde CALr; 6 fuggi, vola] vola, fuggir; 9 ah] o OTT; 18 vo] io vo CAL; 19 l’augellin OTT; 20 scorge le ruine] scopre le mie pene CAL; ruine] ruvine OTT; 21 corraggio CAL OTT ___________________ L’autore del testo è Antonio Ottoboni (cfr. OTT, p. 378). OTT e CAL aggiungono dopo il v. 22 un recitativo (Così son io d’un augellin più stolto:/ ei fugge il colpo e il laccio et io son colto). Caldara intona dunque un testo più vicino alla versione poetica rispetto a quello di Ariosti. I testi poetici 10 Belle stille che grondate 91 S, bc Belle stille che grondate da’ begl’occhi del mio bene, so perché voi non cessate: 5 10 15 20 25 voi stringete le catene e aggiungete al cor le pene: questo è il vanto che portate. (Da Capo) Tornate dunque al core, se pur dal cor venite, prezïosi artifici, ché già voi eseguiste ciò che impose il mio ben, l’anima mia. Narrate a lui, fedeli, che, se messaggi foste, messaggieri tornate de le sventure mie, de miei dolori; diteli pur che, s’egli va superbo d’uccidere chi pena, basta che ancor v’invia sugl’occhi una sol volta, ché un trofeo sarà del suo bel pianto l’uccider me che già soffersi tanto. Ben vi conosco, care pupille, amate faville del foco d’Amor. E il vostro pianto semplice brama d’uccider chi v’ama con tenero ardor. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (25r) 92 Capitolo III Fonti non consultate: B5 17 uccidere] uccider __________________ v. 16 diteli `ditegli`; vv. 22-29 schema metrico a5 b5 b6 c’6/ d5 e5 e6 c’6; il modulo ritmico è ternario; v. 18 invia è forse da emendare in ‘invii’ 11 5 10 Che dura pena è questa Che dura pena è questa, che fiero duolo è il mio! Benché lungi da Irene, in ogni loco a me si fa presente e par ch'ognor ella mi sgrida e dica: «Ingrato, ingrato Tirsi, benché crudo mi sei, io t'amo ancora; cangia, deh cangia omai la crudeltà del mio fatal destino fatto per me così spietato e rio». Che dura pena è questa, che fiero duolo è il mio! «Torna, infido, torna, ingrato, torna in seno a la tua Irene. 15 20 Sento Amor ch’al cor predice: Ama Tirsi la sua Nice e non cura le tue pene». (Da Capo) Cieli, che far degg'io fra tanto duolo e tanto? Purtroppo è ver che Nice sol, la vaga, fa provarmi nel sen e dardo e piaga. Ma se tanto tormenta una beltà lontana, S, bc A, bc I testi poetici 25 30 93 forz'è ch'ella mi sia amante fida, onde il mio cor risolve, per sottrarsi da sì grave dolore, d'amarti, Irene, >per< sempre, tu che fosti del cor il primo amore. Tornerò, mia cara stella, cinosura del mio core. Sarà fida e non rubella l'alma mia al tuo splendore. Testo di riferimento: DS1 (26r): per S Fonti non consultate: N2 (attribuito arbitrariamente a Emanuele D’Astorga): per S C: per S D: per A 17 e non cura] no, non curar; 17 non] conr; 29 mia] mar ; 32 mia] mir _______________________ v. 5 costrutto con l`indicativo al posto del congiuntivo; v. 27 verso ipermetro; v. 30 cinosura è il nome che gli antichi Greci davano all’Orsa minore (in quanto per essi rappresentava l’estremità della coda del cane di Boote); qui, per estensione, ‘stella’ 12 Che mi giova esser regina Che mi giova esser regina del bel popolo odoroso, 5 se il mio regno è la mia doglia, e me spoglia l’onor mio del mio riposo? [Da Capo] Cingonmi, nata a pena, S, bc 94 10 15 20 Capitolo III accutissime spine, guardia poco fedel del mio decoro. Per me son l’ostro e l’oro, che il sen mi cinge e m’incorona il crine, invito alle rapine, e in quel che sembra altrui preggievol stato spesso d’un vil fioretto invidio il fato. Impari dal mio penoso regnare ch’è un folle desio, desio di penare! Grandezze sicure nel mondo non sono; chi cerca venture stia lunge dal trono. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (9v) Altri testimoni: BER = P.A. Bernardoni 1 regina] reina BER; 4 me] mi BER; 10 m’incorona] mi corona BER; 14 impari] s’impari BER ____________________ v. 7 accutissime `acutissime`; v. 12 preggievol `pregevole`, forma disus. Si tratta di una cantata “morale” su versi di Pietro A. Bernardoni; del testo esiste una versione letteraria a stampa (BER, pp. 293-294, in calce la sigla O), intitolata Disprezzo delle grandezze del mondo e dedicata, insieme ad altre della raccolta, a S. Giovanni di S. Facondo. 13 Che più mi resta, oh dio Che più mi resta, oh dio! S, bc I testi poetici 5 perché tu presti fede, ingratissima Filli, all’amor mio? Se i miei sospiri ardenti, se le lagrime mie, se i mie’ martiri non son chiari argomenti ch’io t’adoro, ch’io t’amo e ti desìo, che più mi resta, oh dio? Se creder non mi vuoi, aprimi, o bella, il cor. 9 E vedrai che v’è scolpita la tua imagine gradita a caratteri d’ardor. (Da Capo) 15 20 Ma che vale altra prova al mio sincero affetto, se ben che tu t’avedi che qual esposta face ai fiati d’Aquilon arde il mio petto ma t’infingi spietata di non credermi, solo per non porger aita al mio gran duolo? Il bendato Arcier volante l’amor mio vendicherà. 25 La pietà ch’ora mi nieghi forse un dì con vani prieghi, sospirando, lagrimando, ricercare a te farà. (Da Capo) Testo di riferimento: SO1 (1) 26 forse] fosse 95 96 Capitolo III ___________________ vv. 9-13 schema metrico 7a b’/ 8c c b’ 14 5 10 Che sento? Irene amata Che sento? Irene amata parte da questo cielo e, rivolgendo in altra parte il piede, me qui di doglia erede lascia, d’affanni e pene, in un mar tormentoso, ché senza Irene, oh dio! non ho riposo. Se tu parti, mio ben, mio tesoro, restando, io moro in braccio al dolor. Ché, lontan da quel volto ch’adoro, non trova ristoro l’afflitto mio cor. (Da Capo) 15 20 Misero! e che mi resta, se col seren del tuo bel ciglio, cara, mi lasci e mi abbandoni? O che l’amor mi sproni, o ch’il pensier m’aresti, lontananza spietata terrà l’anima mia sempre turbata. Nel soffrir atroci pene, disperato io morirò; separata dal suo bene l’alma mia viver non può. (Da Capo) S, bc I testi poetici 97 Testo di riferimento: SO 2 (26) Fonti non consultate: L5 (cantata anonima) Bs3 B8 1 amata] amato; 24 può] sar ____________________ v. 1 amata l’antagonista è femminile (cfr. v. 15: ‘cara’): si è dunque emendato ‘amato’ in ‘amata’; v. 9 dialefe tra restando e io; v. 18 aresti ‘arresti’ 15 Che si può far? Che si può far? Già sono amante. 5 10 15 M’attese Amore al varco e, scoccando ver me l’arco, restai preso in un istante. (Da Capo) Havean gl’occhi d’Iri per il lor fuoco acceso quasi tutti i pastor con tanta forza, che in ogni parte sospirar s’udia. Volsi per scherzo anch’io mirar quei lumi non per trarne ferite, ma per veder s’havean cotanto ardore capace a penetrar insino al core. Li viddi, ma un foco sortil mi parve in quel punto sentir per tutt’il sangue, stillar di vena in vena e formar nel mio cor aspra catena. Per scherzar con due begl’occhi, S, bc 98 Capitolo III si lascia la libertà. 20 Così accade a ch’insensato vuol trescar col Dio bendato, che d’alcun non ha pietà. (Da Capo) Fonte di riferimento: W2 (18r) 12 cotanto] con tanto; 19 si] vi; 21 col dio] sol di ____________________ vv. 1-5 schema ritmico a’5 b5/ c7 c8 b8; v. 12 havean bisillabo; v. 10 volsi `volli`, forma toscana ant. data per allungamento della consonante (ROH); v. 14 viddi `vidi`, forma tosc. (ROH); sortil forse tronc. di `sortilego`, espressione figurata per `magico` 16 Che ti fece mai quest’alma Che ti fece mai quest’alma, o bendato Nume arciero? 5 10 15 La tormenti, e non l’uccidi, ogni duolo in lei annidi e ti fai sempre più fiero. (Da Capo) Da quel giorno fatale in cui mi desti al piè le tue catene e ch’involasti all’alma la cara libertade, vivo, ma vivo, oh dio! il ciel sa come. Oh se provato havesti de miei tormenti un solo allor ch’ardesti al bel della tua Psiche, diresti ch’a ragion il cor si lagna. Volesse il Ciel, volesse il mio destino che l’ardor tuo ancor non fosse estinto S, bc I testi poetici 20 99 e che permesso fosse poter cangiar con te fiamma con fiamma, ardore con ardore; ch’in quel cambio il mio cor saria contento, ché punirebbe Amor col tuo tormento. Lasciami dunque in pace, tiranno Amor spietato. O almeno, per pietà, non tanta crudeltà nel mio bel Sole amato! (Da Capo) 25 Fonte di riferimento: NH (57) Altri testimoni: SO1 (8) Fonti non consultate: B4 7 desti al] d’asti il SO; 10 vivo, ma vivo] vive, ma vive; 10 ciel] giel SO; 12 de] di SO; 14 si] se SO; 15 Ciel] Cielo SO; 20 ch’in] da SO; 21 col] ciel SO; tuo] suo SO; 25 tanta] tanto SO1 ___________________ v. 7 desti da `dare`; v. 11 havesti costrutto con l`indicativo al posto del congiuntivo 17 Cieco Dio, foss’io quel fiore Cieco Dio, foss’io quel fiore ch’al mio ben vagheggia in sen; 5 e se troppo io chieggio, Amore, un dì quel io fossi almen che fa nascere il bel piede S, bc 100 Capitolo III quando siede in sul terren. 10 15 Foss’io pur quella fonte in cui, quando s’abbiglia, l’idolo mio la fronte hore ed hore si specchia e si consiglia; foss’io il bel velo in cui del petto asconde il vergineo candore, foss’io l’anima sua, fossi il suo core. Io vorrei non esser io per piacer al Bel ch’adoro; così, o fiore o velo o rio, sarei caro al mio tesoro. (Da Capo) Testo di riferimento: O1 (191) Fonti non consultate: L5 (contiene solo l’aria Cieco Dio, foss’io quel fiore) LU (contiene solo l’aria Cieco Dio, foss’io quel fiore) Altre intonazioni: PORP = Niccolò Porpora 2 vagheggio PORP; 4 quell’io PORP; foss’almen PORP; 7 foss’io] fossi PORP; 8 in] ire; 10 ore et ore PORP; 11 foss’io il bel] fossi quel PORP; 13 foss’io] fossi PORP; 15 per] pel1; piacere PORP ______________________ Nell’intonazione di Porpora il primo verso è preceduto dall’indicazione del personaggio: “Amoroso” 18 Cieco Nume, alato arciero Cieco Nume, alato arciero, S, bc I testi poetici 101 vedo ben ciò che vuoi far. Con i lacci d’un crin nero mi vuoi l’alma imprigionar. (Da Capo) 5 10 Ma se gl’affetti miei, tratti da l’esca di falace speme, corrono a voler quelle catene, e se insieme sedotta hanno colei che di vostra natura tien la parte sublime, e di frenar ogni lor moto ha cura, qual resistenza mai, solo e abbandonato potrò far io a un sì possente armato? 15 20 Nelle tue mani, Amor, rimetto questo cor: fa’ pur che vuoi. Ma se legar lo brami, con simili legami colei che devo amar lega, se puoi. (Da Capo) Testo di riferimento: BR1 (53) Altri esemplari: W2 (8) Fonti non consultate: B10 6 speme] spene W; 9 vostra] nostra W __________________ v. 6 falace `fallace`; v. 7 dialefe tra corrono e a ; v. 13 dialefe tra s o l o e abbandonato; vv. 15-21 schema metrico a’7 a’7 b5/ c7 c7 d’7 b5; v. 17 che `ciò 102 Capitolo III che` 19 Con troppo rigore Con troppo rigore la pace al mio core il fato contende. 5 10 15 Io fugo Cupido, ma pur quel infido mi turba la gioia con strane vicende. Mirai sincero un tempo d'innocente beltà vaghe le forme, ma come ch'ad Amore non mi credea sogetto, e saltava brillando il cor nel petto; ed hor che lungi vive, provo con gran portento che amor non conosciuto è un gran tormento. Per mirar due vaghe stelle prigionier rimase il cor. 20 Così pure fortunato mi credei da un sen legato, ma nemici hebbi gl’astri, ch'inflettiscono disastri ver o cigli <o> chioma d'or. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (12) 15 che amor] ch’amorr; 22 chioma] e chiomar ________________________ S, bc I testi poetici 103 v. 11 sogetto `soggetto`, `assogettato`, forma ant.; v. 21 inflettiscono `inflettono`, `piegano`, `dirigono` 20 Così tosto, o mio bel sole Così tosto, o mio bel sole, t’involasti agl’occhi miei. 5 10 15 Posso dir, ma con tormento, che fu breve il mio contento, se sì presto io ti perdei. (Da Capo) Numi, ingrati numi, perché sì tosto, o dio! mi rapite il mio ben, l’idolo mio? V’intendo, sì, v’intendo; voi privarmi voleste di pegno a me sì caro perché forse credeste ch’io struggermi dovessi in pianto amaro: non v’ingannate, no, perché il mio core fatto scherzo è del pianto e del dolore. Senza di te, mio bene, e che farà il mio cor? 20 25 Tutto disciolto in lagrime, sarà costretto a piangere sin che delle sue pene si cangi il rio tenor. (Da Capo) Almen de pianti miei si movesse a pietade il dio Bambino e nel loco ove sei con due stille pietose compianger ti facesse il mio destin. Me felice e beato! S, bc 104 Capitolo III Gioirebbe il mio cor, benché turbato. So che vana è la speranza quando lungi è chi s’adora. 30 Pur ancor in lontananza almen ristora! (Da Capo) Testo di riferimento: W3 (23r) Altri esemplari: L3 (129r) ME (1r) Fonti non consultate: B8 5 presto] resto L3; 12 credeste ME; ] credete W3 L3; 14 ingannate ME; ] ingannaste L3 W3; 18 lagrimar ME; 23 Bambino] Banbino W3; 29 vanna ME; 30 lungi] lunghi L31 e r; 30 chi] a chi L3r; 32 ristoro L3 _________________ v. 6 dialefe tra numi e ingrati; vv. 29-32 schema metrico 8a b/ a B4 21 Da procella tempestosa [La rosa] Da procella tempestosa tocca un dì, la bella rosa tutta mesta se ne stava scolorita e senza odor. 5 La sprezzavan Nice e Clori, l'abborian l'aur’ e i pastori, né più l'ape a cor n'andava il suo grato e dolce umor. (Da Capo) S, 2 vl, bc I testi poetici 10 15 20 105 Quando un raggio di sol sul bel matino, dalle languenti foglie succhiando il grave umor che la rendea chinata al suol, qualche vigor le porse, ristorata ella allora a poco a poco incominciando ardita a rialzar la fronte, tosto si vide intorno, di nuovo a vagheggiare il suo colore, l'ape, l'aura e la ninfa e il bel pastore. Già di nuovo fastosa campeggia e dispreggia de’ fiori la schiera, così altera lor donna si fa. E se Clori s'appressa o Fileno per toccarle 'l vermiglio suo seno, fiere punte di spine gli dà. (Da Capo) Testo di riferimento: S1724 Fonti non consultate: B1 Altre intonazioni: SAM2 = Giuseppe Sammartini ROS = Thomas Roseingrave 4 odor] dor ROS1; 5 Clori] Dori ROS; 6 aborian SAM2; 6 l’aurer SAM2 ROS; 7 andava ROSr; 9 mattino ROS; 10 languente SAM2; 11 suchiando SAM2; 12 chinato SAM2; le] gli S1724 SAM2; 14 incommincindo ROS; 16 vidde ROS; 17 a vagheggiare] vogheggian ROS; 18 e la ninfa] la ninfa S1724 SAM2; aura] aurora S1724 SAM2; 19 novo ROSr; campegia1; 20 de’] di SAM2; 21 lor] suar; donna] donnor; 23 ’l] il ROS; 24 spunte ROS; gli] ne ROS _____________________ v. 2 tocca `toccata`, `colpita`, aggettivo verbale presente nel toscano (ROH); v.6 106 Capitolo III abborian `aborrivano`; v. 7 cor `cogliere`; forma contratta e apocopata; v. 15 rialzar è trisillabo; v. 18 ipermetro; v. 20 dispreggia `disprezza`; v. 21 donna `signora`; v. 24 gli `a loro` 22 5 10 15 20 25 Dirmi ch’io non adori Dirmi ch’io non adori i begl’occhi di Clori e che quest’aure io spiri, dirmi ch’in vita io resti e che mai più non miri quei begl’occhi celesti che già di questo core ebber la palma, è lo stesso che dir: «Vivi senz’alma». Pria che lasciarvi, luci gradite, mille e più vite vorrei lasciar. Tal forza avete sopra il cor mio, che, se volessi, nemen poss’io, pupille care, non v’adorar. (Da Capo) Quella soave luce che in voi, begl’occhi, splende è quel vital colore che, mentre al cor s’apprende, la vita in lui produce; ond’è forza d’Amore che in così dolce vista tutto, o begl’occhi, il viver mio consista. Senza voi, mie vaghe stelle, A, bc I testi poetici 107 ben saprei quest’occhi miei d’ombra eterna ricoprir. 30 Non mirarvi, o luci belle, è lo stesso che morir. (Da Capo) Testo di riferimento: N1 (12) Fonti non consultate: Bs2 _______________________ v. 16 nemen `nemmeno` 23 Di valle in monte 5 Di valle in monte, dal colle al fonte sempre fuggendo, m’andai schermendo del Dio d’amor. 10 Le pastorelle, le ninfe belle ognor sprezzai, né mi curai del suo dolor. (Da Capo) 15 Stanco alfin di girar foreste e monti, entro d’opaca selva la pace del mio cor trovar sperai; ivi, volgendo i rai, viddi Lilla posar in mezzo ai fiori e fargli scorta i pargoletti amori; allor tentai fuggir, ma in un istante di sì vaga beltà divenni amante. S, bc 108 20 25 Capitolo III A togliermi la pace, a tormentarmi il cor s’unì con Lilla Amor per darmi pene. Cupido con la face il foco in sen m’accese, e Lilla poi mi tese al piè catene. (Da Capo) Testo di riferimento: B7 (136) 2 al] in1; 5 d’amor] bambin1 e r; 16 pargoletto; 21 darmi] d’armi1 ______________________ v. 10 suo ` loro`; v. 15 viddi ‘vidi’ forma toscana (ROH); vv. 19-26 schema metrico 7 a b’ b’ c5/ a c c c5 24 D'una rosa che mi punse D'una rosa che mi punse ancor dura la puntura, e la sento sino al cor. 5 10 Così vaga ella ridea mentre incauto m'offendea, ch'a scordar più d'un momento, per mirarla hebbi il dolor. (Da Capo) O quel suol fortunato in cui fiorisce trapiantata dal Ciel rosa sì bella! Spirano per bagiarla più dolci l'aure ed in più chiari humori per farle specchio si discioglie il fonte; sventurato io solo, S, bc I testi poetici 15 109 che, povero d'ardire alle rapine, senza goder del fior provai le spine. Crudeli spine di gentil fiore, perché innocente v'ho da soffrire? 20 Non ha l'Amore fra i dardi suoi dardo pungente ch'al par di voi sappia ferire. (Da Capo) Testo di riferimento: LU (14) Altri esemplari: ME (15r) Fonti non consultate: B5 L4 2 ancor] amor LU1; 3 cor] cuor LU1 e r; 4 ella] alla LU; 5 mentre] quando ME; 6 ch`a] che a ME; 7 hebbi] hebbe LU; 10 bacciarla ME; 11 ed] ad LU; 12 specchio ME; ] spechio LU; discioglie ME; ] discoglie LU; 13 sventurato ME; ] e sventurato LU; 14 povero] proverò ME; alle] a le ME; 15 del ME; ] il LU; 16 crudeli] crudele LUr; spini LU1; 18 perché] per ch’ LUr; innocente ME; ] innocenti LU; 22 dardi pungenti ME; 23 ch`al] che al ME ________________________ v. 10 bagiarla `baciarla`, forma con sonorizzazione presente un tempo in area toscana (ROH ne segnala la presenza nell’ed. 1867 del Vocabolario della Crusca); v. 13 dialefe tra sventurato e io 110 25 5 10 Capitolo III Ecco che già ritorna il Tauro eterno S, bc Ecco che già ritorna il Tauro eterno a richiamar le piaggie, e con la fronte adorna richiama ai balli le Napee selvaggie; ecco, dico, sen riede quell'infelice giorno che nel regno d'Amore io posi il piede e mi fu preso il core. Mentre il mondo tutto ride, io sol deggio lagrimar per rigor di stelle infide che mi mossero ad amar. (Da Capo) 15 20 La memoria dolente di quel dì, di quell’hora mi traffigge, m’accora e la perdita mia mi fa presente. Oh non havessi mai nell'immenso splendore di celeste beltà fissato i rai! Così sarei contento, né spargerei tante querele ai venti. Farfalletta che corri al lume, torna indietro, non tanto ardir! 25 Vanne lungi, ché le tue piume sono facili a incenerir. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (10) ___________________ v. 2 piaggie `piagge`; v. 4 selvaggie `selvagge`; v. 7 che ‘in cui’; v. 22 sinalefe tra corri e al; vv. 22-25 strofa di novenari con schema metrico 9a b`/ a b` I testi poetici 26 5 10 15 E in sen mi resta core 111 S, 2 ob, 2 chal, 2 vl, v.la, bc E in sen mi resta core da soffrir tanta pena? Amor tiranno, o mi togli l'affanno o del caro Fileno arresta il piede. Questo è il premio che doni a tanta fede? Anima bella, e dove ti porta il tuo destin>o<? Dove mi lasci? Deh per brev’ora ascolta quella che d'adorar era tuo vanto, e se in sospir disciolta la lingua non potrà, parlerà il pianto. Se il primo amor è caro, se il perderlo è dolor, chiedilo a questo cor che vive ancor in te. Lusinga la speranza col crederti costante: sarà, se torni amante, premio d'una gran fé. (Da Capo) 20 25 30 Premio di fé sarà, mio caro nume, anzi prova maggiore del tuo costante core, se a me ritorni e mi ritorni amante. Sovengati, mio bene, qual tu mi lasci, involta fra una turba d'affanni e un mar di pene; pensa qual resti abbandonata e sola, e pensa alfin che langue, e che sospiro e che vagante intorno a’ vaghi lumi tuoi sempre m'aggiro. Dite voi, lumi dolenti, la mia pena, i miei tormenti, voi che in pianto il cor stillate. 112 35 40 Capitolo III Deh ridite i miei martiri, voi del sen caldi sospiri che la quiete ognor turbate. (Da Capo) Addio dunque, Fileno! E questo addio a te partire, a me morir priscrive; e se quest'alma vive in tanta lontananza, dà vita al viver mio la tua costanza. Vanne, o caro, ché il nume d'Amore al tuo piede la scorta farà. 45 E se amarti del cor fu destino, che a me torni destino sarà. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (19) Altre intonazioni: GAS = Francesco Gasparini 5 questo è il] quest’il GAS; 16 ancorar; 7 destin GAS; 12 amore GAS; 15 ancora GAS; 16 speranza] speranro; lusinga la speranza] lusingo il mio pensiero GAS; 24 savengati; 37 questo] guesto; addio dunque] adio dunque GAS; 38 prescrive GAS; 41 tua] mia GAS; 42 vanne o caro] o caro vanner; d’Amore] Bambino GAS; 45 che a] ch’ar ______________________ v.12 amore caro espressione prolettica; v. 38 priscrive `prescrive`, forma con assimilazione regressiva; v. 25 involta la protagonista è femminile. In GAS mancano il recitativo «Premio di fé sarà, mio caro nume» e l’aria Dite voi, lumi dolenti; il recitativo «Addio dunque, Fileno! E questo addio» aggiunge invece i versi Dubbio alcuno di questa/ già nel mio cor non resta,/ perché so che m’amasti e ch’io t’amai,/ anzi so ch’ancor m’ami ed io t’adoro./ Parti, ma torna, e se non torni io moro. I testi poetici 27 È pur dolce a un cor legato 113 S, bc A, bc È pur dolce a un cor legato, il piacer di libertà, ma il mio cor, che fu legato, tal contento più non ha. (Da Capo) 5 10 Su le sponde d’un rio ninfa sedea non conosciuta e bella, di nero crin, di neri rai, d’un brio sovra l’esser umil di pastorella. Al più puro del fonte affacciava la fronte, cinta di gigli e rose; visto in quell’onde il genïal sembiante, non seppi allor non divenirne amante, tanta forza in quel volto Amor ripose. 15 20 Belle luci, e donde mai con quei rai imparaste ad impiagar? Se rapite, voi ferite e nei guardi stanno i dardi ch’han virtù di saettar. Testo di riferimento: W3 (1r): per S Altri testimoni: W1 (13r): per A 14 Amor] pietà W31 e r; 15 luci] lucci W1; 17 imparasti W3r W1; 18 rapite] rapiste W1; 19 stano W1 _____________________ v. 17 impiagar `ferire`, `produrre ferite` 114 28 Capitolo III Erbe nuove e nuovi fiori S, bc Erbe nuove e nuovi fiori, voi tornate a lusingharmi col tornar di Primavera, 5 10 15 ma non ponno innamorarmi le vostr’ombre e i vostr’odori, né la vostra beltà sembrami intiera. (Da Capo) Io non trovo fra voi che dolorose memorie de miei danni: longo quel rio, da quelle siepi ombrose, della infida mia donna udii l’inganni e questo tronco, in rinovar le chiome, fa nella scorza incisa crescer, con lui, del mio rivale il nome. Quanto più vi scorgo amene, del mio duol più mi soviene, più mi punge il danno antico. La mia morte in voi ramento e non so senza tormento veder lieto un mio nemico. (Da Capo) Testo di riferimento: SO1 (27) 5 odori] adori; 11 udii] udi; 15 scorge ___________________ vv. 1-6 schema metrico 8a b c/ b a C11; v. 2 lusingharmi `lusingarmi`, forma con `h` pseudoetimologica; v. 4 ponno `possono`, forma dell’antica lingua letter. toscana (ROH); v. 9 longo `lungo`; v. 11 rinovar `rinnovare`; v. 13 lui ‘col tronco’; v. 15 soviene `sovviene`; v. 17 ramento `rammento` I testi poetici 29 5 Eurilla, vel confesso 115 S, bc Eurilla, vel confesso, cara, non v’offendete: vorrei uscir dall’amorosa rete, ma quest’anima mia al Nume arcier non si può far rubella fin che voi, idol mio, siete sì bella. Vo cercando in quel volto diletto un qualche diffetto che spiaccia al mio cor. 10 15 20 25 30 Ma ognor scopro bellezza sì vaga ch`accresce alla piaga ferita e dolor. (Da Capo) Io v’osservo tallora con chioma incolta, in vesta negligente e talor vi rimiro o sdegnata o dolente, per veder pur se mai men bella, oh cara, sembrate all’occhio mio; ma in ogni stato, oh dio, siete vezzosa e mi vibrate ardori, sì ch’è forza ch`il cor sempre v’adori. Lo sdegno è vezzo, gentil lo sprezzo, lusinga è il viso diletta il riso tutt`è beltade nell`Idol mio. Tiranno Amor, che far dovrei se amarlo non vorrei ma non poss`io? (Da Capo) Testo di riferimento: ME (7r) 116 Capitolo III Fonti non consultate: F BR4 Altre intonazioni: PORS = Giuseppe Porsile 1 Eurillo PORS; 5 al Nume arcier non si può far rubella] non si puol far al nume arcir rubella PORS; 14 chiome PORS; 15 tallor PORS; 18 sembraste PORS; 23 gentil lo sprezzo] dolce il disprezzo PORS; 24-25 lusinga è il viso/ diletta il riso] lusinga è il riso PORS; 26-27 tutt’è beltade/ nell’Idol mio] e dà diletto/ la crudeltà PORS; 27 nel1 e r _____________________ v. 8 diffetto `difetto`; v. 13 tallora `talora`; vv. 22-29 schema metrico 5a a b b c d/ e`f D11 ; v. 23 sprezzo `disprezzo`; vv. 29-30 rima al mezzo dovrei :vorrei; 30 sinalefe tra se e amarlo. PORS muta parzialmente il testo del 2` recitativo (che inserisce, tra il v. 13 e il v. 14, il verso senza ornamenti al crine) e della 2` aria, che presenta la nuova strofa Nell’idol mio/ vi pose Amore/ un certo ardore/ che strugge e piace,/ onde la face/ cara si fa./ Lo sdegno è vezzo,/ dolce il disprezzo,/ lusinga è il riso/ e dà diletto/ la crudeltà; a questa segue, come seconda strofa, Lo sdegno è vezzo…(vv. 22-27); è eliminata la strofa Tiranno Amor…(vv. 28-30) 30 Fileno, che le frodi Fileno, che le frodi tutte d’amor sapea, di bene amare i modi alle ninfe, ai pastor così aprendea: 5 Se talor tra freddi ceppi lega Borea il corso all’onda, cade pallida ogni fronda et il prato si dispoglia la vezzosa verde spoglia. 10 Se talor troppo cocenti S, v.la d’amore, 2 vl, v.la, bc I testi poetici 117 spande Febo i rai dorati, svengon l’erbe in grembo ai prati e, trofeo d’irato cielo, langue il fiore su lo stelo. (Da Capo) 15 20 25 Troppo gel, troppo ardor con ugual sorte alla stagion fiorita apportano la morte; così d’amor l’ardore e il gel di gelosia dan morte al core. Gelosia, troppo freddo veleno, non mai turbi dell’alma la pace, ché talora, se regna in un seno, vi può estinguer d’amore la face. S’ami dunque, e la fiamma gradita non consumi ma l’alma mantenga; né l’ardor ch’<è> alimento di vita per ecesso poi febre divenga». Testo di riferimento LA (112) 3 amare] amore; 8 prato] parto1; 12 grimbo1; 14 langue] languire1; 26 ardor] ardo; ch’è] ch’ __________________ v. 2 sapea ‘sapeva’; v. 4 aprendea ‘apprendeva’, ‘insegnava’, ‘raccomandava’; v. 8 si dispoglia ‘smette’ (transitivo); v. 12 grimbo ‘grembo’, forma ant. 31 Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni Filli gentil, nel tuo bel fior degl’anni come creder degg’io per mio tormento che non senta il tuo cor fiamma d’Amore? Ahi che Natura industre S, bc 118 5 10 Capitolo III a un composto sì bello non diede sensi, no, tanto inhumani, onde ben troppo strani sono i rigori tuoi con chi t’adora, s’alla costanza mia aggiunge il Dio d’amor la gelosia. Mira la bella rosa, ch’in sul mattin vezzosa cade al cader del sol senza beltade; 15 20 godi del tuo splendore e non usar rigore al merto tuo nella più fresca etade. (Da Capo) Pensa, Filli, or che puoi, che ne l’età cadente languisce amor e alfine colle gelate brine troppo vano è il desio d’amante core, ch’amar ben può, ma non trovar amore. 25 S’hai dell’amor per te, havrai pietà di me, Filli adorata. 30 Né fia la tua bellezza con perfida fierezza al Ciel che te la diede e al pregio di mia fede ognor ingrata. (Da Capo) Testo di riferimento: Wg (6) ______________________ vv. 23-30 schema metrico 7 a’ a’ b5 / c c d d b5; v. 24 havrai ‘avrai’ I testi poetici 32 Freme l’onda e fischia il vento [Il naufragio] Freme l'onda e fischia il vento, tuona 'l cielo, il sol non luce ed il porto è lungi ancor. 5 10 15 20 Già il mio legno infranger sento, e il nocchier che lo conduce già si perde nel timor. (Da Capo) Non v'è scampo, lo veggo, io son perduto ed il naufragio è certo. Sordo, il ciel più non ode pianti e preghiere, anzi, crudel rinforza più sempre il vento e, in tenebre sepolto, sol con orride lampe apre in ampio teatro agl’occhi miei varie morti e perigli: sarte e vele disperse, àncore sciolte, arbori rotti, infranti remi. Oh dio, più il timon non mi regge, ma sol d'intorno io semivivo ascolto un confuso rumor d'onde e di venti, e lor terribil giostra che vicino morir l'imagin mostra. 25 Mio legno naufrago, ti veggo frangere, né so che piangere il tuo destin. 30 Chi un dì può credere al mar instabile, inevitabile il suo naufragio s'aspetti alfin. (Da Capo) Testo di riferimento: S1724 (21) 119 A, 2 vl, bc 120 Capitolo III Altre intonazioni: SAM3 = Giuseppe Sammartini 8 naufraggio; 12 orridi; lampi SAM3; 19 di] de SAM3; 26 chi] che SAM3; 29 naufraggior ___________________ v. 12 lampe ’lampade’, ‘bagliori prodotti dai lampi’, forma lett.; v. 15 sarte ‘sartie’; forma ant.; àncore: accento ortofonico; v. 21 costruzione ellittica ‘la quale è segnale della morte imminente’; imagin ‘immagine’, forma lett.; vv. 22-30 schema metrico 5 a’’ b’’ b’’ c’/ d’’ e’’ e’’ f c’ 33 5 10 Furie che negl’abissi Furie che negl’abissi l’anime flagellate, estinguete le faci, gl’aspidi al suol gettate e qua venite ad imparar da Clori l’arte crudel di laccerar i cori! Servo, suplico, attendo, ardo, languisco, moro; m’abborisce, mi fugge, mi tormenta l’ingrata, epur l’adoro. Siete fieri, siete altieri, occhi stellanti; ma sprezzato, maltrattato, io v’amo ancor. 15 20 Ah che siam troppo costanti, voi ne l’odio, io ne l’amor! (Da Capo) Sì, sì, bella costanza, da’ rigore a quest’alma a fin che di superbo ostinato rigor habbia la palma. A, bc I testi poetici 121 Pupille divine, >no, no< non più crudeltà. 25 Deh piegati alfine, deh plàcati, renditi, ritorna, sdegnosa feroce beltà! (Da Capo) Testo di riferimento: W1 (5) _______________________ v. 4 aspidi ‘serpentelli velenosi’, ‘vipere’; vv. 11-12 rimalmezzo fieri: altieri; v. 12 altieri ‘alteri, forma disus.; stellanti ‘rilucenti di stelle’; vv. 13-14 rimalmezzo sprezzato: maltrattato; v. 20 habbia forma con “h” etimologica; v. 24 accento ortofonico 34 5 10 15 Genio che amar volea [Genio] S, bc Genio che amar volea ma, per legge importuna di giurata amicitia, o non potea o non dovea amare, spiegò in questi accenti e le lagrime sue e i suoi tormenti: «Amor>e<, non devo amare, ma non amar non posso, e, se non devo amare per occulta violenza, amar io voglio. Pure conosco, oh dio, allor ch’io voglio amar, che amar non devo. Così, de la tua face miserabile scherzo, amo, non amo, e in un medesmo istante non disamo, non amo e sono amante. 122 Capitolo III O fa’ lecito il mio ardore, o pur lasciami morir. 20 25 30 Nume alato, faretrato, da’ più doglie e da’ più pene, ma sia giusto il mio languir. (Da Capo) Tu che, onnipotente, sotto forme ferine festi mugir per l’onde innamorato Giove, tu che puoi quanto vuoi, questa legge dispensa, questa legge crudel che amar mi niega, perché, se non dispensi questa legge tiranna e se il mio vivo ardore il tuo poter non copre e non protegge, sappi ch’io voglio amar, legge o non legge. 35 Vedervi e non amarvi, belle luci, >no,no,no,no< non si può. 40 Care labra, se incatenate, voglio amarvi, idolatrarvi, né vuo’ legge che dica di no». (Da Capo) 45 Alzossi allora il faretrato dio e al genio suplicante rispose chiaro, sì che ognun l’udìo: «Ama, genio gentile, ama, ché regge alta legge d’Amor ogn’altra legge». Testo di riferimento: W2 (1) I testi poetici 123 Fonti non consultate: M B6 Altre intonazioni: BON2 = Giovanni Bononcini 1 ch’amar BON2; 3 giurata] curata; 4 potea] poteva BON2; dovea] doveva BON2; 12 ch’io] che BON2; che amar] ch’amar BON2; 17 ardor BON2; 18 o pur] o BON2; 20 doglie e] doglie BON2; 28 ch’amar BON2; 31 vivo] cieco BON2; 35 belle luci] luci beller; 39 vuo’] v’è BON2; alzossi] rizzossi BON2 __________________ v. 3 amicitia grafia etimologica con –ti- per l’aspirata sorda –zi-; v. 5 dialefe tra spiegò e in; v. 7 verso ipermetro; v. 11 conosco ‘riconosco’; v. 19 rimalmezzo alato: faretrato; v. 22 tu si riferisce ad Amore; dialefe tra che e onnipotente; v. 24 mugir ‘muggire’, forma disus.; v. 27 dispensa ‘rimuovi’ (transitivo); v. 34-40 schema metrico 8a b’/ c4 d5 a e4 b’6; 34 dialefe tra vedervi ed e; v. 38 rimalmezzo amarvi: idolatrarvi; v. 42 suplicante ‘supplicante’, forma ant.; v. 43 udìo ‘udì’ (accento ortofonico), desinenza di provenienza meridionale e presente altresì nel toscano dugentesco (ROH). BON2 inserisce il verso “al tribunal d’Amore” dopo il v. 4; aggiunge il verso “da’ più lacci e più catene” dopo il v. 20; aggiunge i versi “pupillette/ se fulminate” prima del v. 36. 35 Già che intender non vòle i miei sospiri 5 Già che intender non vòle i miei sospiri colei che sola insegnolli al core, or tu mi detta, Amore, un favellar più chiaro, tal che le sia palese e non discaro: «Bella mia, i lumi tuoi certo affetto nel mio petto mi destar, che detto è amore. A, bc 124 10 15 20 Capitolo III Se prezzarlo tu nol vòi perché parte dal mio core, perché ei vien dal tuo splendore, isdegnarlo >no< non lo puoi. Sì, che il divin splendore de tuoi lumi nel sen svegliolli amore e questo amore, nel mio sen svegliato, sorge sì grande omai, che già permesso non gli è d’esser là dentro or più serbato; quindi ei scopre se stesso in questi arditi miei timidi accenti, per che a celarlo par che invan si tenti. In chiuso loco star sommo foco mai si mirò. 25 Né molto affetto rinchiuso in petto sempre restò». (Da Capo) Testo di riferimento: W1 (10) ______________________ v. 1 vòle ‘vuole’, accento ortofonico; v. 2 dialefe tra sola e insegnolli; v. 5 discaro ‘sgradevole’; v. 8 destar ‘destarono’, forma apocopata; v. 9 vòi ‘vuoi’, accento ortofonico; v. 12 potrebbe essere no, nol puoi; v. 20 per che ‘attraverso i quali’ 36 Già per il tuo rigore Già per il tuo rigore credei poter morire ma non poter partire, cara, lontan da te. S, 2 vl, v.la, bc I testi poetici 5 10 15 125 Mio sventurato core, resta sul lido amato: sarai più sventurato, se vuoi partir con me. (Da Capo) Quando il mar si desia tranquillo in calma, sorgono i fieri venti e turban l’onde; or che tempeste sol brama quest’alma, spiran suoi flutti amici aure seconde; deh venite, o procelle, tardate il mio partire, date almen qualche giorno di languido sollievo al mio martire e serbate la calma al mio ritorno. 20 Quando ritornerò no, non venite, no, ma pronte al mio desir tardate il mio partir, procelle care. 25 Se, quando partirò, forse non morirò, sola cagion sarà la speme di pietà nel mio tornare. (Da Capo) Testo di riferimento: E1 (12) Altri testimoni: BR3 (5) 20 pronto BR3 ____________________ vv. 18-27 schema metrico 7 a’ a’ b’ b’ c5 / a’ a’ d’ d’ c5. Il testo poetico è di Paolo Rolli, come indicato in E1 e BR3; non si è rintracciata una versione autonoma del testo letterario. 126 37 Capitolo III Il destino ver me è pur crudele S, bc Il destino ver me è pur crudele, ma più fiero e tiranno è il mio dolore. Tu parti, amata Clori, e me qui lasci solo a lagrimar nel duolo, tu che del cor la miglior parte sei, tu degli affetti miei unico oggetto. Se parti, oh dio, m’opprimi il core e mi tormenti il petto, con […] bella Clori, s’alla crudel partenza esprimerti non posso il grave affanno che […] dai singulti e suffocate dai gemiti le voci l’accento che non ha piomba sul core. Il destino ver me è pur crudele, ma più fiero e tiranno è il mio dolore. Pria che parti, amata Clori, tu vedrai lo spirto mio esalar da questo sen; e dovunque tu n’andrai, l’ombra mia osserverai seguir l’orme del suo ben. Testo di riferimento: Bs4 __________________ v. 1 dialefe tra me ed è. L`estrema corruttela del testo è dovuta a una trascrizione da me effettuata in loco, in seguito alla scoperta di questa cantata di Ariosti tra le carte dell`Archivio della Sing-Akademie, da poco riscoperto a Kiev e restituito alla Germania. Si tratta di un ms. sciolto (SA 1283) contenente un esemplare unico di cui non si ha nessuna segnalazione nei repertori correnti. La mia richiesta del microfilm (da cui sarebbe stata effettuta un`edizione accurata del testo) non è stata tuttavia esaudita, in quanto l`archivio, ancora in fase di ristrutturazione, può per ora riprodurre solo i manoscritti di cui esista almeno una copia; trattandosi in questo caso di un unicum la riproduzione non è stata concessa. Si è ritenuto comunque, data I testi poetici 127 l`unicità dell`esemplare, di riportarne il testo, pur corrotto, in questa edizione. 38 Il mio cor sinor fu mio Il mio cor sinor fu mio, ma un amante più costante alla fin me lo rapì; 5 10 15 20 25 mi consola il cieco Dio e mi dice che felice il mio cor sarà, così. (Da Capo) Un’alma indiferente o pecca d’arroganza, o stupida non sente di natura gl’instinti e la possanza; nasca fra gl’ostri e non risenta amore sempre fra vil, sempre fra rozzi un core. Il pudor non lo contrasta, senza tema amar si può, ché Penelope fu casta, ben che Ulisse idolatrò. Vagheggia sul matin l’ape ingegnosa li vezzosi colori de’ pargoletti fiori, ma in sen del più gradito alfin si posa; la farfalla amorosa tra molte faci alla più chiara i vanni offre in tributo, e l’augellin che torna da remote contrade al nostro lido, tra mille verdi frondi, una si elegge a fabricarvi il nido. Finger si può talhor di non sentir amor, S, bc 128 Capitolo III per osservar così l’altrui costanza. 30 Ma con un cor che piace celar d’amor la face è fra l’alme gentili indegna usanza. (Da Capo) Testo di riferimento: O (33) 3 me] mir; 9 stupida] stupido; 12 rozzi] rozzo; 13 contrasta] constrata ____________________ v. 7 indiferente ‘indifferente’; v. 10 instinti ‘istinti’, forma ant.; v. 17 matin ‘mattino’; v. 25 frondi ‘fronde’, pl. ant. e letter. 39 Il più fiero dolor Il più fiero dolor che più mi punge il cor è il non poter trovar scintilla di pietà. 5 10 15 Divora l’alma mia sì lunga tirannia, né so come saziar sì fiera crudeltà. (Da Capo) Se il sospirar non vale, se il sospirar non giova, a che indurmi ad amar, tiranno Amore? Tu che solcar mi fai un mar di pene, perché lasciarmi in preda d’una beltà tiranna ch’uguale all’onda instabile e fugace or mi mostra il seren del suo bel viso, or fra scogli e tempeste ne’ turbini del ciglio S, bc I testi poetici 20 25 129 mi dimostra imminente il mio periglio? Ah, perfido nochier, nochier spietato, se cerchi la tempesta perché sembri più dolce il porto amato, chiedo piuttosto invece la libertade all’alma che più cercar in questo mar la calma. Meglio è il dir: «Il cor sofferse», che spiegar un duol presente. Quello il tempo già sommerse, questo ancor la pena sente. (Da Capo) Testo di riferimento: W3 (51r) 19 imminente] emminente _____________________ v. 20 nochier ‘nocchier’, forma ant. (BAT) 40 Il zeffiretto che tutto amore A, bc Il zeffiretto che tutto amore vola nel prato baciando il fiore, arresta i baci, Clori in mirar. 5 10 E nel mirarla ha tal consolo, che a contemplarla sospende il volo, poi ratto vola quella a baciar. (Da Capo) Fuggi dal prato, fuggi, o Clori mia, se con la gelosia opprimer tu non vuoi l’anima amante; fuggi, sì che a rapirmi ogni riposo e a rendermi geloso 130 15 20 Capitolo III del vago tuo sembiante ancor un’aura basta, et ogni suo piacere al cor contrasta; fuggi, ché mi contento penare in rio tormento, da te lontano ancora! Così la gelosia m’affligge ognora. Fuggi, mio bel tesor, ascondi il tuo sembiante, ché troppo è del mio cor la gelosia. Mostrar quella beltà che già mi rese amante, a te sembra pietà, ma è tirannia. >Fuggi, mio bel tesor< (Da Capo) Fonte di riferimento: LI 3 arresta i baci] i baci arrestar ______________________ vv. 1-6 aria di doppi quinari; v. 4 consolo ‘consolazione’, ‘conforto’ (BAT); v. 13 basta indicativo per il congiuntivo; v. 13 contrasta indicativo per il congiuntivo; v. 20 ascondi ‘nascondi’ 41 Insoffribile tormento Insoffribile tormento è celar d’amor il foco, né poter dir: «Per te moro», 5 e fra ceppi d’un crin d’oro consumarsi a poco a poco. (Da Capo) S, bc I testi poetici 10 131 Inimica d’Amore, la beltà, che d’irritar non oso, più d’immobile selce duro e gelido ha il core. Vibra fiamme ognor, né sente ardore. Pur ch’io possa rimirarvi, pupille amabilissime, è dolce il mio languir. 15 Se mi lice rimirarvi, in diletto si cangia ogni martir. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (9) Altre intonazioni: SAR = Nicola Sarro 2 è] è ’l SAR; 3 né poter dir: «Per te moro»] e vietarmi il dir che moro SAR; 6 Amore] Amor SAR; 8 immobil; 10 ognor] d’amor SAR; 12 pupille amabilissime] pupillette care care SAR; 13 è] sarà SAR; rimirarvi] vagheggiarvi SAR __________________ v. 10 dialefe tra fiamme e ognor; vv. 11-16 schema metrico 7 a8 b’’ c’/ a8 d4 c’. SAR modifica la coda dell’ultima aria (sarò fido nell’amare/ e costante nel soffrir), cui aggiunge un recitativo: Se potessi narrarvi il mio desire/ per troppa gioia crederei morire 42 Là dove d’atre tenebre vestito [L’olmo] Là dove d'atre tenebre vestito muscosa umida bocca un antro apriva Filen, sedendo, un giorno S, 2 vl, bc 132 5 10 15 20 25 30 35 Capitolo III vide un olmo che, privo del vago onor della compagna vite, in orrida sembianza pianger parea la sua fatal mancanza; pietoso egli a tal vista, ver lui si volse a contemplar le secche cadenti foglie in su quel tronco esangue. Fisso, attento il mirava, indi poi seco in guisa tal parlava: «Pianta infelice, di', per pietà, se a te ancor Nice mancò di fé. Ben al mio core palese il fa quel rio pallore che veggo in te. (Da Capo) Già so che quell'infida, sotto la tua bell'ombra assisa, un tempo prendea grati riposi nella calda stagion dei dì noiosi; so che lodando andava delle verdi tue fronde il bel riparo; so che i miei fidi amori, allor ch'eran felici, spesso lieta sedendo a te d'accanto, noti all'aure ella fea col dolce canto; ma, oh dio! che poi, crudele, volgendo ad altra pianta il suo desio, infedel, ti lasciò e al par dell'amor mio t'abbandonò. Su tuoi rami inariditi più non vola l'augellino, né più, stanco peregrino, a te presso ferma ’l piè. I testi poetici 40 133 Sì, piangemo dunque uniti del suo crudo ingrato core l'incostanza del suo amore, la mancanza di sua fé». (Da Capo) Testo di riferimento: S 1724 (10) Fonti non consultate: B1 Altre intonazioni: MARb = Benedetto Marcello GRA1 = Carl H. Graun SAM4 = Giuseppe Sammartini 1 attre SAM4; 7 piagner MARb; 9 ssi GRA1; 10 cadanti GRA1; essangue GRA1; 11 fisso] fiso e MARb; 21 già so che] dimmi: forse MARb; 23 grati] dolci MARb; 24 stagion dei] staggion de’ MARb; 25 ladando GRA1; 26 frondi MARb; riparo] riposo SAM4; 27 miei] mi GRA1; 28 ch’] che SAM4; 29 d’arcando GRA1; 31 oh] ch’o GRA1; 38 ’l] ilr; 37 pellegrino MARb; 38 ferma] ei fermar; ’l] il SAM4; a te presso ferma ’l piè] sotto l’ombra tua ne sta MARb _____________________ v. 30 fea ‘faceva’, forma contratta presente nella lingua letter., in analogia con ‘stea’ (ROH); v. 39 piangemo ‘piangiamo’, forma presente nelle Marche, Umbria, Lazio e nella parte settentrionale dell’Italia meridionale (ROH). MARb presenta un differente attacco (Su d’un colle fiorito, al di cui piede/ tra verdi sponde un picciol rio correa,/ Daliso, assiso, un giorno/ …); muta inoltre la seconda strofa dell’aria Su tuoi rami inariditi: Piagneremo dunque uniti:/ tu l’accerbo suo rigore,/ io del barbaro suo core/ l’incostanza e l’empietà (vv. 39-42) 43 L’idol mio de pianti miei L’idol mio de pianti miei pur alfin sentì pietà, A, bc 134 5 10 15 Capitolo III e in virtù del suo dolore il mio core vinse alfin la crudeltà. (Da Capo) Nice, che pur solea del mio gran foco e de sospiri miei rider ben spesso, le pene mie più non si prende a gioco; se al fianco suo m’appresso, più non mi fugge, e s’io d’amor le parlo, anch’ella di parlarmi d’amor mostra desio. Dolce e sereno il viso, in me rivolge i rai s’io la rimiro e sospira per me quand’io sospiro. S’ardo, almen non son più solo a languire, a sospirar. 20 Sente ancor parte del duolo la cagion del mio penar. (Da Capo) Testo di riferimento: W1 (25v) Altri testimoni: BER = A. Bernardoni 5 la] sua BER; 14 sereno il] serena in BER _____________________ v. 20 la cagion del mio penar : la donna. Il testo è di Pietro A. Bernardoni (cfr. BER, pp. 259) e fa parte di una serie di poesie contrassegnate in calce con la sigla “K: k2”. Il titolo della cantata letteraria è Crede d’essere corrisposto [dalla S.D.] I testi poetici 44 5 10 Lisetta, mi tradisti «Lisetta, mi tradisti, ma forse ancor con me tradita sei: quel pastor che vantasti esser di me più fido, con Nice tua rival parlò d'amori. Nella vicina selva il viddi e intesi, né m'ingannai, tel giuro, perch'ebbi tempo d'osservarli attento; a te tocca il farne aspra vendetta, ma sia la tua vendetta il pentimento. Torna, vieni a questo seno, non seguir chi t'ingannò; fa’ che il core sappia almeno di qual fallo egli peccò». (Da Capo) 15 20 25 30 Non rispose Lisetta a questi accenti, ma risposer per lei gl'occhi e un sorriso tal che con baci il pastorel ardito incontrò fra le labra di Lisetta, la bella, il cor pentito. È pena tiranna veder la sua bella crudele e rubella col suo amator; ma il duol non affanna, se il vago suo bene ristora le pene lasciando il rigor. Apprende a soffrire, conduce al gioire amante fedele il Nume d'amor. 135 S, bc 136 Capitolo III Testo di riferimento: DS1 (13) Altri esemplari: BG1 (10) 6 intessi BG1; 12 chi] che BG1r; 13 che il] ch’ilr; 13 sapia; 16 soriso BG1; 17 bacci BG1; 28 aprende BG1; 29 al] ar; 31 amore BG1 ____________________ v. 6 viddi ‘vidi’, forma toscana (ROH); v. 9 dialefe tra farne e aspra; vv. 20-31 aria tristrofa. 45 Lontananza crudel, quanto m'affanni Lontananza crudel, quanto m'affanni! 5 10 Tutte nel sen io provo, raccolte in una sol, pene mortali; non ha esempio il mio duolo, non ha uguali il mio core nel soffrir, nel provar cotanti mali. Pensando sol all'idol mio lontano s'apron gl'argini al pianto, al cor le piaghe; da sospiri frequenti più s'accende l'infiammato mio sen e par che tutti gl’affetti stessi sian ver me tiranni. >Lontananza crudel, quanto m’affanni!< Date pace un sol momento, crude pene, a questo core, o ch’esangue ei morirà. 15 Se vivrà fra doglie e stento, sarà pago quel rigore S, bc I testi poetici 137 ch’inventò la crudeltà. (Da Capo) 20 Ah no, che senza Filli, ch'è mia vita, è una morte peggior il viver mio! Di due gravi dolori ellegassi, mio cor, dunque il minore: morassi pur, e con la morte mia seco mora del cor la doglia ria. 25 30 Vorrei pur rimirar avanti di morir una sol volta almen Filli adorata: forse il mio lagrimar potrebbe il cor ferir del mio lontano ben, di quella ingrata. (Da Capo) Testo di riferimento: L3 (75r) Altri esemplari: DS1 (9) Altre intonazioni: ANT = Luigi Antinori 5 eguali ANT; 6 costanti DS1; 8 gl’] gli ANT; 11 sian] siam L3 DS1; gl’] gli ANT; 14 ch’esangue] che esangue DS11; 17 ch’] che DS1; 21 elegassi DS1; ] eleggasi ANT; mio cor] il mio cor ANT; 22 morasi ANT; 25 avanti] avvanti L3r; 29 ferir] ferri L3; 31 quella ] quell’ ANT _________________________ v. 21 ellegassi ‘si elegga’, si scelga’; v. 22 morassi ‘si morrà’. Il v. 1 è intonato come arioso; in DS1 compare all’inizio e al termine del recitativo, in L3 solo all’inizio. Antinori intona la strofa «Lontananza crudel, quanto m’affanni» con un semplice recitativo anziché, come Ariosti, con un arioso. 138 46 Capitolo III Luci, voi siete quelle S, bc Luci, voi siete quelle ch'a l’alma mia rubelle fate soffrir al cor aspro dolore; 5 10 15 20 perché, se siete belle al par di vive stelle, al cor non influite influssi di pietà, non di rigore? (Da Capo) Nel luminoso ciel de vostri sguardi credei trovar, fra quei celesti giri ove resiede una beltà divina, ristoro a miei sospiri; ma vedo, ahi lasso! ch'ancor nel Ciel si trova alme di scoglio e deità di sasso. Finché distrutta fia, sarà quest'alma mia esposta a' raggi tuoi, Nice spietata. Estinto, ancor vagante sarà quest'alma amante intorno a te, crudel, per dirti: «Ingrata!». (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (7) Fonti non consultate: B7 2 ch’] cher; 17 Nice spietata] spietata Nicer _________________ vv. 1-7 schema metrico 7a a B11/ a a c B11; v. 2 rubelle ‘ribelle’, forma aulica e toscana con labializzazione della vocale protonica (ROH); v. 6 influite ‘trasmettete’; v. 10 resiede ‘risiede’, forma ant. con palatalizzazione della vocale protonica; v. 13 trova ‘si trovano’ (accordo con sogg. plurale) I testi poetici 47 5 10 Lungo un placido rio 139 S, bc Lungo un placido rio portò il fianco Climene in grembo ai fiori per dar tregua col sonno a’ suoi dolori; ma la fede schernita dal traditor Celindo le contende la pace, obliga e sforza in sospiri dolenti a sprigionar la lingua in questi accenti: «Bella cosa sarebbe amore, se regnasse in questo core la costanza e fedeltà; ma, se crede donna amante di trovar un huom costante in amore, è vanità. (Da Capo) 15 20 25 Ah, perfido Celindo, come potesti abandonar Climene, questa Climene, oh dio! cara un tempo e gradita, che sovente chiamasti: «Luce degl’occhi miei, speranza e vita»? Queste son le promesse, quest’è la data fede che mio sempre sarai? Sfortunata colei che più ti crede. Nel centro dell’alma nasconditi, Amore, e cedi la palma a un giusto rigore; tradita, negletta, corro rapida, volo alla vendetta». (Da Capo) Testo di riferimento: SO2 (17) 140 Capitolo III Fonti non consultate: Bs3 B8 2 fiori] fori; 6 pace] poco; 26 nasconditi Amore] nascondet’Amorer ____________________ v. 9 verso ipermetro sanabile con saria; vv. 9-14 schema metrico 8 a9 a b’/ c c b’; v. 16 abandonar ‘abbandonare’ 48 5 10 Mentre dormiva Nice Mentre dormiva Nice al dolce mormorio d'un vago fonte, leggevassi sul fronte della bella, afflitta pastorella ogni doglia ch'in lei soffriva il core per l'absenza crudel del suo pastore. Sospese il passo a un sì gentil aspetto Alindo il giovinetto sapendo che il rival stava lontano; in dolci note e con pietosi detti sciolse la lingua in amorosi affetti: «Se sta lungi un cor che t'ama, n'hai vicino un che t'adora; 15 20 quel non sente i tuoi sospiri, questo vede i tuoi martiri e per te se n'adolora». (Da Capo) Vidde il novel pastore da quest'accenti il riso su le labra apparir di Nice amante e, da un sospir ch'intese uscirle con violenza fuor dal petto, si avvide che i suoi voti S, bc I testi poetici 25 30 141 nel bel seno di lei havean ricetto. Apperse i lumi allor la pastorella e, nel veder il giovinetto errante, d'un modesto rossor la guancia tinse, poscia tra sé a favellar s'accinse: «La mia fede tosto cede; se non vieni in sua diffesa, ho smarita mia costanza. Di resistere all'amante questo core vaccillante va perdendo la speranza». 35 Indi rivolta al pastorel vezzoso con un sguardo pietoso, stringendole la destra, altro non disse. Così la dolce sua strana ventura su la scorza d'un faggio Alindo scrisse. Testo di riferimento: DS1 (11) 1 dormiva] dormi a; 29 vieni] vienni1; 38 scrisse] strinse1 _______________________ v. 3 leggevassi ‘si leggeva’ ‘trapelava’; v. 6 absenza ‘assenza’; v. 16 n’adolora ‘n’addolora’; v. 17 vidde ‘vide’, forma tosc. (ROH); v. 24 apperse ‘aperse’; v. 29 diffesa ‘difesa’, forma ant.; v. 30 smarita ‘smarrita’, forma ant.; v. 32 vaccillante ‘vacillante’, forma ant. 49 Mi convien soffrir in pace Mi convien soffrir in pace un dolor che mi tormenta: troppo è bella la caggione S, bc A, bc 142 Capitolo III che silenzi al duol impone e che in sen il cor mi sface. (Da Capo) 5 10 Tallor bacciar conviene quella mano che merta esser recisa e quei lacci adorar che ci dan pena, tal che virtude ignotta nell’oggetto dimora che la mente mortal ancor non cape. Cessi di mormorar flebil Natura, ché se piacer nel tormentarci prova, ogni piacer qua giù passa e non dura. 15 Va il piacer col duol congiunto, questo sol sperar mi fa. Io che son dal duol oppresso vuo’ sperar che il duol istesso in piacer si cangerà. (Da Capo) Testo di riferimento: B4 (110): per S Altri esemplari: W1 (33r): per A 1 soffrir] soffrirlor; 2 un] ilr; 3 cagione W1; 7 reccisa W1; 9 ignota W1 _____________________ v. 3 caggione ‘cagione’; v. 6 tallor ‘talora’; bacciar ‘baciare’; v. 9 tal che ‘dato che’; ignotta ‘ignota’; v. 11 cape ‘capisce’, forma ant. (BAT) 50 Mio nemico pensier, perché alla mente Mio nemico pensier, perché alla mente, infido, l’idol mio crudel dipingi? No, quel divin sembiante S, bc I testi poetici 5 è specchio d’un bel core ove, in suo trono, ogni virtù risiede né sa mancare alla giurata fede. Movegli intorno Amore placido volo e tardo, miralo senza dardo e senza face. 10 Compagno non ha il duolo, seco non ha l’inganno, ma sola e senza affanno è la sua pace. (Da Capo) 15 20 Quella fronte serena, quel guardo ritrosetto, quel volto pallidetto non sa celare inganno. No, mia vezzosa Irene, non può renderti infida la mia nemica stella, perché saresti allora meno degna d’amor, se non men bella. 25 30 No, non saresti, no, degna d’amor così, se tu potessi un dì mancar di fede; Solo la bella fé in un nobile cor è del costante amor degna mercede. (Da Capo) Testo di riferimento: L1 (75r) ____________________ v. 18 sa ‘san’ 143 144 51 5 Capitolo III Mirate, occhi, mirate S, bc Mirate, occhi, mirate quanti nel suol, nel cielo, intorno a voi si dimostrano oggetti nella loro beltà tutti perfetti; e dite allor di voi, superbi e paghi: «Noi fra tante beltà siamo i più vaghi». Per provar la sua costanza luci belle Amor vi fe’; né ardria di nuovo farvi perché vide in rimirarvi ch’ogni preggio a voi già diè. (Da Capo) 10 15 20 Pur ben che in voi di rimirar mi lice tutto il bel ch’in altrui sparso vedete, sorte è per voi felice che non potiate rimirar voi stesse perché, voi stesse amando, troppo misere allora vi faria la beltà ch’or vi fa liete, e saria crudeltà, luci innocenti che provaste in amarvi i miei tormenti. Non curate, luci amate, di veder se siete vaghe: ben vedete quel che siete nel rigor de le mie piaghe. (Da Capo) Testo di riferimento: M (31): attribuito erroneamente a Giovanni Bononcini Altri testimoni: B9 (245) L1 (62r) 2 cielo] ciel L1 B9; 3 si] sé L1 B9; 5 e paghi] et piaghi L1 B9; 6 fra] fra i M; I testi poetici 145 7 costanza] possanza M1; 8 luci] luce L11 B91; 9 di nuovo] di non a L1 B9; 10 in] - L1 B9; 12 in] - L1 B9; 13 altrui] atri L1; ] atria B9; 13 bel] bell L1 B9; 14 felice] felici L1 B9; 16 amando] mando M; 17 misere] misera B9; 18 fa liete] sa lieta M; 20 tormenti] menti L1; ] lamenti B9; 22 vaghe] vaghi B91; ] vage Mr _____________________ v. 3 si dimostrano ‘si rivelano’, ‘appaiono’; v. 9 ardria ‘ardirebbe’; v. 11 preggio ‘pregio”, forma ant.; v. 12 pur ben che ‘sebbene’; v. 15 potiate ‘possiate’, forma toscana ant. (ROH); v. 18 faria ‘farebbe’. I testimoni LI e B10 sono imparentati. 52 Morto è Amor, ninfe, piangete Morto è Amor, ninfe, piangete! 5 Sì, sì, morìo Cupido, quel che per voi predava i più bei cori, quel che i vostri rigori amabili rendea, quel che temuta fea vostra beltade ad ogni sen più forte, quel che dolce rendea per voi la morte. Belle ninfe, or che farete? >Morto è< (Da Capo) 10 Non sia solo il vostro pianto che accompagni la sua sorte, ma più fiere abbiate il vanto de seguir chi gli diè morte. (Da Capo) 15 Stava scherzando Amore per delizia e trastullo in fra le rose e gigli, vago di bei vermigli. S, bc 146 20 25 30 Capitolo III Del bel piede immortale angue fiero e letale bacciar avido il volle e lo ferìo e dal morso crudel Amor morìo. Hor se bramate saper di più, ninfe, mirate il crudo vostro sen; fra quelle rose serpe ascose, e gelosia sol fu che diede, Amor, mortal velen. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (8) 11 che] ch’r ; 19 letale] leta e ____________________ v. 1 è intonato come un arioso e si ripresenta identico al termine del recitativo; v. 2, 21 morìo (accento ortofonico) ‘morì’; v. 6 fea forma contratta per ‘faceva’; v. 13 de ‘di’; v. 20 bacciar ‘baciare’; ferìo (accento ortofonico) ‘ferì’; vv. 22-31 schema metrico 5 a b’a c’7 / d d e f c‘7 ; v. 27 dialefe tra serpe e ascose 53 5 Ne’ spazïosi campi Ne’ spazïosi campi de la stellata mole appena il giorno d’un mese scorso avea Cinzia, la vaga Cinzia, la pallidetta dea, che lungi dal suo bene, dall’adorata Irene, era Fileno. Co’ pianti e co’ sospiri A, bc I testi poetici 10 15 20 25 30 35 40 misurava dell’ore i tardi moti e rimprocciava al negitoso vecchio i pigri passi che lontan da Irene tratenea l’amante che, afflitto e delirante, a stimolar co’ queruli lamenti la quadriga di Febo così s’accinse o in simiglianti accenti: «Hore pigre del tempo edace, sì, sì, volate; la cara pace deh mi rendete a questo sen! Tardi moti a temi lenti, o che ridite li miei tormenti, o mi rendete tosto al mio ben. Fidi araldi del core, moti minuti ed hore, ite all’idol mio, ite al mio bene: diteli di Fileno il viver infelice per sì longa dimora, lontan dalla beltà che sola adora. Forsi, mossa a pietade, per consenso simpatico de’ cori, minorarli potrà la bella Irene parte de suoi dolori. Ah no, fermate! Non fia mai che sì bel seno si perturba in quel sereno; cor sì barbaro non ho. 147 148 45 Capitolo III Ah sì, volate, trasportate il bel desio dove regna l’idol mio, già ch’il piè si ferma qui!». Testo di riferimento: W1 (6) Fonti non consultate: L5 (contiene solo la 1a aria) 13 afflito; 42 in quel] un qua il; 44 ah] alr _____________________ v. 4 Cinzia (altro nome di Artemide) la dea sorella gemella di Apollo; v. 6 che ‘da quando’; v. 10 negitoso (la consonante g si pronuncia velare) ‘neghittoso’, rimprocciava ‘rimproverava bruscamente’; il negitoso vecchio è Febo che traina la quadriga del sole; v. 12 tratenea ‘tratteneva’, singolare per il plurale ‘trattenevano’; vv. 17-28 schema metrico 5 a4 b b b c d’5/ e4 f d f c d’5; v. 18 edace ‘vorace’, ‘che scorre con velocità’; v. 24 temi i ‘motivi conduttori’ dei tardi moti, ‘movimenti lenti’, espressione figurata (forse da emendare in ‘tempi’); v. 31 dialefe tra ite e all’idol; v. 32 diteli ‘ditegli’; v. 36 forsi ‘forse’; v. 38 minorarli ‘minorargli’, ‘far diminuire di consistenza a lui’; vv. 40-47 schema metrico 8 a5 b b c’/ a5 d d e’; v. 42 si perturba indicativo per il congiuntivo, ‘si offuschi’. 54 5 Nice, quella severa amabil ninfa [Gelosia] Nice, quella severa amabil ninfa che tante volte e tante giurò di non amare, alfine è amante; sì, quella Nice a cui tante lagrime sparsi, quella per cui tutt'arsi e ch'ebbe ognor per me di giaccio il core, hoggi, ma sol per Tirsi, è tutta amore. Quando Tirsi ella rimira, S, bc I testi poetici 10 15 20 25 149 o che tace o che sospira, ma tacendo e sospirando pur gli dice: «Ardo per te». S'io pietà da lei dimando, ella tace o sol mi dice: «Infelice, datti pace, che per te pietà non v'è». (Da Capo) Ah, saria troppo grande e troppo vile, mio cor, la fiamma tua, se amassi ancora d'un amor sì costante e sì gentile una crudel ch'il tuo rivale adora. Sai pur ch'arde per lui, benché lo nieghi e sai, povero cor, che non t'amò giamai; anzi, tu sai che quella perfida pastorella te, che l'ami, non cura ed ama intanto un traditor che ne schernisce il pianto. «Io so» - risponde il cor «che infida è Clori. 30 Pur mi lusinga Amor perch'io l'adori!». (Da Capo) Testo di riferimento: Wg (17) Altri testimoni: DS1 (9) BER = P.A. Bernardoni 5 sparsi] io sparsi BER; 7 il ] el DS1; 8 per] pe DS1; 12 ardo] ado, ardor DS1r; 16 che] chi Wgr; che per te pietà non v’è] che pietà per te non v’è Wgr; 29 che] ch’ DS1; 29 che infida è Clori] che ingrata è Nice BER; 30 lusinga] promette BER; 31 perch’io l’adori] d’esser felice BER _______________________ 150 Capitolo III v. 7 giaccio ‘ghiaccio’, forma toscana con palatalizzazione della consonante finale del tema (ROH); v. 23 giamai ‘giammai’. Il testo è di Pietro A. Bernardoni (cfr. BER, pp. 270-271). 55 Non v’è pena maggior del mio tormento Non v’è pena maggior del mio tormento: 5 lungi dal Sol ch’adoro con miserabil sorte vivo morendo e in un, vivendo, moro; e il più crudele e forte, di quanti rei martiri ha nel suo regno Amor, nel petto io sento. >Non v’è pena maggior del mio tormento.< Gran flagello è la speranza, gran martire è gelosia, 10 ma non v’è di lontananza in un cor pena più ria. >Gran flagello< (Da Capo) 15 20 Con l’amabile idea di tua bellezza, per esserti lontano, li miei mesti pensieri tento di lusingar, ma tento invano (anzi, sempre più fieri crescon gl’affanni miei), poiché, s’al mondo sei sì bella e sì vezzosa, hor che n’è privo il core non posso a te pensar senza dolore. S, bc I testi poetici 151 Mio bel Sol, ritorna omai co’ tuoi rai questo ciglio a consolar. 25 Già gran tempo fu diviso da quel viso che lo sforza a lagrimar. (Da Capo) Testo di riferimento: W3 (482) Altri esemplari: M (attribuito arbitrariamente a Giovanni Bononcini) Fonti non consultate: B7 5 forte] sorte M; 7 suo] mio W3; Amor] Amore M; 12 idea] si dua M; tua] tua M; 14 li] i M; 20 privo] puno M _____________________ v. 4 in un ‘al tempo stesso’. Il v. 1 è intonato come arioso e si ripete al termine del recitativo. 56 Non voglio udirti, o core Non voglio udirti, o core: so che d’un infedele narrar vuoi le discolpe e il finto amore e agl’occhi miei farlo apparir fedele. 5 Taci, o cor, che ancora ha sede nel mio sen l’antica face. Troppo facil daria fede l’alma accesa a quel che piace. S, bc 152 Capitolo III >Taci, o cor< (Da Capo) 10 15 20 25 Taci dunque, o mio core, e ceda omai un’empia Fille a una più fida Irene; Irene, o dio! che da celesti rai sparge gl’influssi a serenar le pene; di lei che spiega, altera in fronte, accolto il bel fato de l’alme, Amor, di gioie fabro, formò l’aurato crine e il roseo volto, il latteo seno ed il purpureo labro, ed in far queste membra imitò quelle che la sua bella madre ha così belle. Que’ bei labbri sì vivaci van chiedendo baci, baci ad un cor che ben l’intende. E se allor avida bocca baci scocca, piglia baci e baci rende. (Da Capo) Testo di riferimento: LA Altre intonazioni: BAD = Agostino Badia 3 il finto] in un BAD; 4 agl’] agli BAD; farle BAD; 5 ancora] ancorr; ancora ha sede] sento ancora BAD; 7 daria] davi BAD; 8 accessa; 9 dunque] dun; ] duncque BAD; core] cuore BAD; 11 da] dai BAD; 13 alterra; 18 ed] et BAD; 20 quei BAD; labri BAD; 21 chiedendo] dicendo BAD; 22 l’intende] gl’intender; ] gli apprende1; ] l’apprender BAD; 23 allora BAD; 25 baccir ____________________ v. 7-8 espressione enclitica ‘troppo facile sarebbe che l’anima desse fede’; v. 12 gl’influssi ‘i benefici influssi di Irene’; v. 15 fabro ‘fabbro’; v. 17 labro ‘labbro’ I testi poetici 57 Occhi belli ma troppo superbi 153 S, bc A, bc Occhi belli ma troppo superbi, fulminate quest'alma, sì, sì, ché dai colpi spietati ed acerbi la costanza si prova così. (Da Capo) 5 10 15 Voi del foco ond'avampo siete le due fucine in cui temprando va le saette sue beltà tiranna. Dentro voi si condanna all'amoroso inferno il van pensiero e verso voi pur anco va del ciel de' diletti il ben, sentiero onde con doppia forza sol in voi, se v'aprite, ha vita il core e in voi, se vi chiudete, è morto, è morto amore. Amor occhi non ha e pur cogl'occhi sol piagando va. 20 25 Egli non è ch'un guardo e sol un guardo, e il guardo è sol il dardo con che i tormenti al cor dà la beltà. (Da Capo) Così da un ciglio sol>o< rende sovente da prospera ad adversa altrui la sorte, mentre alla sfera sua s'aggira>n< intorno stelle e soli, ombra e luce e notte e giorno: stelle d'influsso barbaro, soli d'immenso ardor, 30 ombra di doglie orribile, luce di gioia al sen, notte di morte all'anima, giorno di vita al cor. (Da Capo) 154 Capitolo III Testo di riferimento: SW (136), per S Altri esemplari: BR2: copia di SW del 1906 K (contiene solo la 1° aria), per B LL (contiene la sola parte del Canto della 2° aria), per S Fonti non consultate: SO1 Altre intonazioni: ORL = Giuseppe Orlandini (solo i vv. 5-10 del 1° recitativo, compresi nella cantata Se sola mia morte, D-SWl, Mus. 4074) 3 dai BR2 ] dal SW; ed] et K; 5 fuoco ORL; 6 fusine ORL; 7 temperando ORL; 10 amoroso BR2; ] amorose SW; van BR2; ] vam SW; ] vano ORL; 18 pur cogl’occhi] sempre sempre LL1 ; 19 ch’un] - ch’ BR2; è ch’un] och LL; guardo ] gardo SW BR2; e sol un guardo] - LL; 20 è sol] sol è LL1; 21 i] il SW BR2; dà] de SW; cor] cuor LL; 22 rende] prende SW; sovente] sevente SW; 23 da] a SW BR2; 24 s’aggiram SW; 31 cor] cuor SWr ______________________ v. 4 si prova ‘viene messa alla prova’; v. 5 avampo ‘avvampo’, forma ant.; vv; v. 21 con che ‘con il quale’; v. 22 verso ipermetro; v. 23 adversa ‘avversa’; altrui ‘ad altri’; v. 24 verso ipermetro 58 5 O Filli, o dolce nome O Filli, o dolce nome che dalle labra al cor mandi, né so dir come, un sì cocente ancor gradito ardore che mi strugge in un punto e mi diletta, lascia che per vendetta t`articoli sovente il labro mio; e se alla fin deg`io S, bc I testi poetici 10 155 ceder morendo al rigido tormento, lascia che in quel momento l`ultimo de` respiri pronunci il tuo bel nome, e poi ch`io spiri. Caro nome, nome amabile, sei del cor dolce veleno; 15 perché io t`ami ognor costante, scaltro labro il Dio volante con lo strale formidabile ti scolpì dentro il mio seno. [Da Capo] Testo di riferimento: BG2 (a Bergamo è stata rintracciata questa intonazione anonima, ma concordante nell’incipit testuale con l’esemplare segnalato da Eitner O Filli, o dolce: quest’ultima fonte era stata catalogata dallo studioso tedesco tra le carte manoscritte dell’archivio della Sing- Akademie di Berlino, ove però oggi non è più presente: cfr. EIT) 14 sei] ser ____________________ v. 2 labra ‘labbra’, forma ant. (BAT); v. 7, v. 16 labro ‘labbro’, forma ant.; v. 8 deg’io ‘degg’io’, forma toscana con palatalizzazione della consonante finale del tema (ROH); vv. 13-18 schema metrico 8 a’’ b/ d d a’’ b; v. 15 sinalefe tra perché e io; 16 il Dio volante Amore 59 Oh miseria d’amante core >Oh< miseria d’amante core, oh tiranna gelosia! 5 Vive, ma vive, oh dio! morendo d’ora in ora questa sempre infelice anima mia? S, bc A, bc 156 Capitolo III >Oh miseria< (Da Capo) Nice crudel, perché stillar mi vuoi nel sen il barbaro velen di gelosia? 10 Sospira sol per te quest’alma e questo cor, ma il tuo novello ardor radoppia il mio dolor, la doglia mia. (Da Capo) 15 Ma già che l’amor mio, i miei sospiri, la fede e la costanza poco gradisci, infida, io t’abbandono, né più sperar da questo cor perdono! 20 Posso con questo cor trovar altra beltà meno incostante: di me si vanta Amor, che nel suo imper non ha più fido amante. (Da Capo) Testo di riferimento: W1 (12): per A, in re Fonti non consultate: B8 (per S) Bs6 (per S) SO2 (per S) Bs2 (per A) Altre intonazioni: KEY = Reinhard Keyser, col titolo “Il geloso sprezzante” 3 o KEY; 7 vuoi] voi KEY; 11 - e KEY; 14 mia] rio1 W1; ] ria KEY; 16 - e I testi poetici 157 KEY; 17 t’abandono KEY _____________________________ v. 1 verso ipermetro; v. 13 radoppia ‘raddoppia’; v. 18 sperar imperativo: il protagonista si rivolge a Nice. I vv. 1-2 sono intonati a mo’ di arioso e si ripetono al termine del recitativo. 60 Or vantatevi, o pupille S, bc Or vantatevi, o pupille, del bel colpo che faceste! Il mio cor fu scopo a mille, ma voi sole vi coglieste. (Da Capo) 5 10 Non è però sì glorïosa impresa ferir un seno amico che il cimento incontrò senza difesa. Hor io son nell’intrico: ecco la mia ferita, a voi s’aspetta di trovar per guarirmi una ricetta. Se nel ciglio haveste l’armi per piagarmi, un rimedio per sanarmi forse il labro troverà. 15 Che se un ciglio il dardo scocca, allor tocca con un bacio a bella bocca quella piaga risanar. (Da Capo) Testo di riferimento: L2 (208v) ______________________ v. 3 a mille (colpi); v. 4 vi coglieste ‘ci toccaste’, ‘colpiste il cuore con amorose 158 Capitolo III frecce’; v. 9 ‘s’aspetta a voi ‘tocca a voi’; v. 14 labro ‘labbro’; v. 15 c h e subordinante generico (cfr. SER, § XIV.10.82, p.695). Il testo è di Antonio Ottoboni, come indicato nel frontespizio del volume; non vi è traccia di una versione poetica autonoma. 61 Pasce al suono del mio canto 5 Pasce al suono del mio canto il mio gregge in verdi sponde e tra i fiori io miro intanto ruscelletto garulletto mormorar con limpid’onde. 10 Tendo ai pesci e, presi all’amo, folle instinto alcun ne mena, mentre intanto su quel ramo, bella e dolce, canta e molce le mie cure Filomena. (Da Capo) 15 20 O fortunate selve in cui solo han ricetto semplici augelli ed innocenti belve, in voi tutto è ristretto quanto di pellegrino Amor possiede, in voi Nice soggiorna e voi di fiori spesso arrichisce il suo leggiadro piede. Care selve, selve amiche, piagge apriche in cui Nice si riposa, quanta gioia al cor m’instilla la tranquilla solitudine odorosa! (Da Capo) 25 Ma più d’ogn’altro fortunato, fiume in cui se stessa specchia S, 2 vl, bc I testi poetici 159 la bella donna e fissa il divin lume! 30 O preggiato fiume, vago più del Tago, de tuoi flutti al lieve corso poni il morso ove si va. 35 Prego l’aure mobilissime che dian tregua alle tue linfe, perché possan le tue ninfe sicurissime vagheggiar tanta beltà. (Da Capo) Testo di riferimento: LA (56) 2 verdi] verr; 4 rusceletto1; 5 limpid’] limpor; 6 pesci] pescie; 28 Tago] Fago1 Tager; 31 prego] pergo ______________________ v. 1 pasce ‘pascola’; v. 4 garulletto ‘garruletto’; v. 7 instinto ‘istinto’, forma ant. (BAT); mena ‘conduce’; v. 9 molce ‘addolcisce’; v. 14 ristretto ‘racchiuso’; v. 15 pellegrino ‘raro per raffinatezza e singolarità’; v. 17 arrichisce ‘arricchisce’; v. 19 piagge ‘declivi’, forma ant. e lett.; v. 27 preggiato ‘pregiato’; vv. 27-35 schema metrico 8a a4 b c’/ d’’ e e d’’ 4 c’; v. 28 Tago il fiume più lungo della Penisola iberica; vv. 29-30 rimalmezzo corso: morso 62 5 Pastori, o voi ch’in pianto Pastori, o voi ch’in pianto stillate gl’occhi vostri allhor che qualche belva vi rapisce o divora la tanto a’ lumi vostri cara e bella amata pecorella, compatite del pari il dolor mio, mentre perdei anch’io S, bc 160 10 Capitolo III l’assai più delle vostrecara e bella, amata pastorella. Se di qua volgesse il piede, fate fede che per lei vivo in tormento. 15 20 25 30 D’ogni pena son herede se non riede, e di duol morir mi sento. (Da Capo) Non men di voi io temo che rapito non l’habbi, d’ogni belva più fiero e più spietato, un rivale amator di me geloso che sovente turbò il mio riposo. Più felici di me siete, o pastori, perché, s’una vi manca fra le vostre sì care pecorelle, restan per consolarvi anche cent’altre; ma il povero mio cor nel duol immerso, perdendo il suo bel Sol, il tutto ha perso. Cercherò fra monti e selve quel crudel che m’ha rapito il mio Sol, l’anima mia. Non pavento fere e belve per seguir chi m’ha tradito, se mia scorta è gelosia. (Da Capo) Testo di riferimento: W3 (44r) ______________________ v. 3 allhor ‘allor’; v. 8 mentre ‘dato che’; v. 18 l’habbi ‘l’abbia’; v. 31 fere ‘fiere’ I testi poetici 63 «Pastor, pastore, hai vinto» 161 A, bc «Pastor, pastore, hai vinto» Nice mi disse alfin - «né questo core di fredda selce oppur di gelo è cinto. 5 10 15 20 Per nuove difese non ho più costanza; baldanza non giova. L’ardor che t’accese passò nel mio core, e là di sua forza Amore fa prova». (Da Capo) A tal voce io restai qual uom che sogna e di sognar s’avvede nuovo stato real, ma non lo crede. Fede ancora negai all’improvisa mia dolce ventura ma pur, come credessi a tal lusinga, alto premendo i miei timori ascosi, a lei dopo un sospir così risposi: «Bella Nice, io son felice, né di più chiedo da te. >no< D’ogni affanno che il tiranno crudo Amor mi fe’ soffrire, assai bella è la mercé». (Da Capo) Testo di riferimento: W1 (8) Altri testimoni: BER = P.A. Bernardoni 3 oppur] or pur W1; gelo] marmo BER; 4 difese] difece W1; 10 fa] fe’ W1r; 13 non lo crede] al sogno suo non crede BER; 22 che il] ch’il W1r; 24 assai 162 Capitolo III bella è] lieto son con tal BER __________________ v. 15 improvisa ‘improvvisa’, forma ant. (BAT); v. 17 alto premendo ‘spingendo in alto’, per estensione ‘reprimendo’. Pietro A. Bernardoni è l`autore del testo, che è anche pubblicato separatamente dalla musica (cfr. BER, pp. 260-261); la lirica è la terza della serie segnata in calce con la sigla “K: Kk3"; è intitolata Sa d’essere corrisposto [dalla S.D.]. 64 Per vincer il mio cor [Diana in Latmo] 5 Per vincer il mio cor pose in quel’occhi Amor sì dolci dardi che a’ primi cari sguardi perdei la libertà. 10 Fui sì, bendato Arcier, nemica al tuo voler, ma vidi poi che tutto quel che vuoi in terra, in ciel si fa. (Da Capo) 15 Le ninfe amorosette, nemiche al Nume arcier, s’ingannano se credono, fuggendo dal piacer, fuggir l’affanno. 20 Fanno le semplicette degl’anni in sul bel fior, poi misere s’accorgono, quando le sdegna Amor, del folle inganno. (Da Capo) S, 2 fl, bc I testi poetici 163 Testo di riferimento: S1719b Altri testimoni: S1719a (esemplare differente della stessa tiratura) O2 ST (contiene solo la 1° aria) ROL = P.A. Rolli 4 sguardi] guardi ST1; 6 fui] in ST; 11 amorosette] amorosete O21, orgogliosette O2r ROL; 13 s’inganno O2; 15 l`affanno] affanno1 S1719a, l`inganno O2; 16 semplicette] superbette ROL; 17 degl’] degli O21; in sul bel fior] sal bel fier O2; 20 dell folle O2 _________________ v. 2 quel’occhi ‘quegli occhi’. Il testo è di Paolo A. Rolli, pubblicato separatamente dalla musica (ROL). Il testo della cantata musicale (formata da 2 sole arie) non coincide con quello della cantata letteraria, che premette al testo intonato 1 aria (Quanto è possente Amor/ con l’armi del piacer!/ Per gloria sua maggior/ vincer il mio rigor/ mancava al suo poter) + 1 recitativo (Or che prendo quiete/ dall’usato sentiero/ o del Latmo selvoso/ care piante, aure liete, a voi ritorno,/ dove in dolce riposo/ giace sovente Endimïon vezzoso); aggiunge inoltre 1 recitativo (Forse presso a quell’antro a piè del monte/ riposerà il mio bene./ Ivi da viva fonte/ limpido rivo scorre al prato ameno/ ed egli a quel soave mormorio/ dolce sonno trarrà dei fiori in seno) + 1 aria (Tutti tacete, o venti/ e zeffiro tu solo/ placido sciogli ‘l volo/ ma avverti, no ‘l destar./ Movete assai più lenti,/ del rivo o freschi umori,/ fra i sassi e l’erbe e i fiori/ con dolce mormorar) + 1 recitativo (Già feci alto divieto/ a tutte le mie ninfe cacciatrici/ di scorrer questa selva,/ perché le ore felici/ de’ dolci affetti miei non sian turbate;/ e nemiche d’Amor le semplicette/ sian dal proprio rigor sempre ingannate) tra le 2 arie. Si è qui ripreso il titolo in italiano della poesia, che è bilingue in ROL (ha il testo inglese e quello italiano a fronte) 65 Pesan troppo su l’alma [Libertà acquistata in amore] Pesan troppo su l'alma, Nice, crudel Nice, >crudel< le tue catene. Io che lunga stagion tra lacci avvinto trassi dal cor sospir, pianto dagl'occhi, A, bc 164 5 10 Capitolo III sia ragione sia sdegno o tua fierezza, vago di libertà, sprezzo i legami. Già saldata è la piaga, il foco è spento e ti tolgo il piacer del mio tormento. Quel servir senza mercede, quell'amar senza speranza è un trofeo d'inutil fé. Sciolto io vuo' da lacci il piede e sprezzando ogni costanza più non bramo altra mercé. (Da Capo) 15 20 Non creder già ch'io passi doppo un misero amor da giogo in giogo; so che trovar potrei in altra donna, o Nice, se non volto più vago, alma più grata ma, da mortal tempesta uscito a pena, più in mar non mi lusingha aura serena. In me spento d'amore sia il foco che distrugge dovunque fa lume, e chi il prova ridir lo potrà. 25 Quando ei nasce rassembra un bel gioco, ma con l'empio crudel suo costume poi tiranno d'ogn'alma si fa. (Da Capo) Testo di riferimento: S1724 Altre intonazioni: MARa = Alessandro Marcello, limitatamente ai due recitativi GRA3 = Carl H. Graun: per 2 vl., v.la 1 troppo pesan MARa; 3 avinto GRA3; 15 non] ma non MARa; - già MARa; 16 - un MARa; in] a MARa; 22 fuoco GRA31; 24 riderr ______________________________ I testi poetici 165 v. 7 foco ‘fuoco’, forma letteraria con conservazione di o in sillaba libera (ROH); v. 16 doppo ‘dopo’; v. 25 rassembra ‘sembra’, ant. e letter.. MARa modifica gran parte del testo dei recitativi (cui seguono arie dal testo completamente differente): vv. 2-8 (bella sì, ma crudel Clori, i tuoi ceppi./ Io che lunga stagion penai cattivo,/ sia ragione o sia sdegno,/ vago di libertà spezzo i legami./ Già saldata è la piaga e ‘l foco è spento/ e già tolgo il diletto/ a la fierezza tua del mio tormento.) e vv. 17-25 (trovar forse, lo so, trovar potrei/ in altra ninfa, o Clori,/ se non volto più vago alma più grata,/ ma uscito appena dal fatal naufragio/ non m’invogliano l’onde,/ né ad incontrar io torno/ la saetta crudele,/ se ben medica man sparger m’addita/ di balsamo vital la mia ferita.) 66 Piante incolte, erbe odorose Piante incolte, erbe odorose, deh mi dite se il mio bene sopra voi preme il bel piè! 5 10 15 20 Cari augelli, aure vezzose, consolate le mie pene col mostrarmi dov'egli è! (Da Capo) Ma con chi parlo, oh dio? Passa di ramo in fronda augel cantando, godon scherzando l'aure sopra le piante di ruggiada asperse, torna con pompa altera un mormorio, ruscel che corre al mare, né l'un né l'altro sente il dolor mio. Ah se provaste un poco, o piante o augelli o rio, qual pena cruda sia la lontananza, so che voi tutti allora, fatti pietosi a le mie gravi pene, compagni a me sareste per rintracciar la mia perduta Irene. L'adorar beltà crudele è un dolor che fa penar, S, bc 166 Capitolo III è un penar che fa languir. Ma l'amar in lontananza è un dolor ch'ogn'altro avanza, è il più fier d'ogni martir. (Da Capo) 25 Testo di riferimento: BG1 (11) Altri testimoni: DS1 (7) 1 piante incolte] incolte piante BG11 e r DS11 e r; 2 dhe BG11; 6 dove egli DS11 ; 11 marmorio DS1; 20 ritranciar DS1; 23 langur BG11 ; 25 avvanza DS1 ___________________ v. 10 ruggiada ‘rugiada’. BG1 presenta dopo il v. 26 un’altra aria + un recitativo, ma forse si tratta di un’indebita interpolazione rispetto all’assetto originario dovuta ad altra mano o dell’inizio di una nuova cantata (non necessariamente di Ariosti, poiché l’aria e il recitativo aggiunti si trovano in un ms. miscellaneo): se mantenessimo queste strofe, si avrebbe, in una stessa cantata, la successione di due arie contigue. I versi aggiunti in BG1 sono i seguenti: Aria: Non si mira senza danno/ lo splendor della beltà/ e nel trono d'un bel volto/ sta racolto/ Amor tiranno;/ un grande rigore,/ ma poca pietà. Recitativo: Ma senza duol non ode/ costei della mia pena il grave duolo,/ anzi trionfa e gode/ di vedermi languir afflitto e solo;/ ahi che sperar poss'io, s'Amor mi vede/ piangere e sospirar senza mercede? 67 5 Poiché Fidalbo amante Poiché Fidalbo amante da Clorinda delusa risoluto tentò, ma sempr’invano, fuggir del cieco Nume la face, i dardi e le veloci piume, mendicando conforto al suo languire favellava così col suo desire: S, bc I testi poetici 10 15 167 «Vorrei fuggir Amor per non sentir la pena, ma troppo m’incatena un biondo crin. Troppo vivaci e belle brillano quelle stelle ch’accese in due begl’occhi il Dio bambin». >«Vorrei< (Da Capo) Testo di riferimento: SO1 (34) 68 Pur alfin, gentil vïola S, v.la d’amore, bc Pur alfin, gentil vïola, tu giungesti a questi prati che languian d’amor per te. 5 10 15 Vedi la superba rosa che orgogliosa sopra i fior nemica impera ma al tuo aspetto meno altera fra l’erbette vezzosette china il fronte al tuo bel piè. (Da Capo) Non fu saggio il consiglio, o rosa mia, per spavento de’ fior l’alzarsi il trono sopra il dorso crudel d’accuta spina. Forse apprender volesti a chiunque regna che per la vie del sangue sol s’impera o pur che insegna gelosia di regno a custodir con il rigore un soglio. Oh quanto mai t’inganni, o fior superbo! Sol l’amor de’ vassalli 168 20 25 30 Capitolo III rende temuto il grande; oggi tu ’l vedi e con rossor lo provi, già che, <a> te ribellati e fiori e piante, stanchi del tuo rigore, per regina del prato oggi s’acclama vïoletta gentil che inspira Amore. Beltà, che col rigor legar pretende un cor per sempre in schiavitù, non ben s’intende. >no< Tallor la crudeltà consuma un vero amor, e la vendetta poi di tanti scherni suoi d’odio s’accende. (Da Capo) Testo di riferimento: DS2 (12) Fonti non consultate: B2 B3 13 chiunque] chiunge; 26 un cor] ancorr ; 28 s’intende] l’intende1 e r, l’intendir ________________________ v. 3 languian ‘languivano’; v. 12 accuta ‘acuta’, v. 13 apprender ‘far apprendere’, ‘insegnare’ (intransitivo); v. 24 inspira ‘ispira’; v. 29 tallor ‘talora’ 69 Qual cara fiamma io senta Qual cara fiamma io senta e qual s’accese in me spiegar non oso. Del mio dolce riposo S, bc I testi poetici 5 10 15 ogni speranza è spenta. Peno, gioisco e bramo (penar godendo è raddoppiar l’ardore); abbraccio le catene che il fanciulletto Amore mi stringe al cor coi primi onesti sguardi dell’adorata imago; sprezzo la libertà, solo mi apago per sì rara beltade far eterno il martire né vo’ smorzar la face che produce il piacer del mio languire. M’abbandono al penare, al piacer: nel dolce tormento sol provo il contento, sol trovo il goder. 20 M’abbandono al penare, al piacer: penar non mi è noia se misto di gioia consola il pensier. (Da Capo) 25 30 35 Ogetto di mia fede fia l’eccelsa beltade e, se tal mi concede di reciproco amor premio all’amore, acquisterà vigore il mio braccio e il mio spirto; quindi di sua beltade, di sua rara virtude e al vanto sol di lei saran l’imprese mie degni trofei. Vincerò dell’inclemente mio destin la crudeltà, 169 170 Capitolo III ma non posso mai godere, se si niega a me il potere trionfar di sua beltà. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (6) 12 raro; 20 al piacer] il piacer; 30 quindi] quidni; beltade] beldade _____________________ v. 11 mi apago ‘mi appago’; vv. 11-13 mi apago far eterno il martire ‘mi appago quando riesco a prolungare in eterno la sofferenza’; vv. 16-23 schema metrico 6 A’10 b b a’/ A’10 c c a’; v. 24 ogetto ‘oggetto’ 70 5 10 15 Quando Nice era fida Quando Nice era fida, solo delle mie voglie era l’oggetto. Solea vederla in queste mute arene e dirle i miei contenti e le mie pene; ma poi che la crudele, riccusate mie fiamme, altrui seguio, in isdegno è muttato il foco mio. Cangi Amore sua face in fùlgore e m’arda in petto l’empia beltà; ma sciolto in cenere il vago volto chi mirerà senza pietà? (Da Capo) Ahimè, voi già cedete, o sdegni miei, ché la dolce memoria de’ cari vezzi, onde colei mi prese, S, bc I testi poetici 20 171 tutte dentro del sen placa le offese. Tanto di forza ha sovra noi bellezza che piace allora più che più ne sprezza. Tornate, o miei desiri, e a prezzo di martiri amiamo l’infedel. 25 M’esorta la speranza ché armati di costanza tentiamo la crudel. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (45r) 3 dolea; 4 dirli ____________________ v. 6 riccusate ‘ricusate’; ‘respinte’; altrui ‘altri’, forma della lingua letteraria (ROH); seguio ‘seguì’ con desinenza di provenienza meridionale e presente altresì nel toscano dugentesco (ROH); v. 7 muttato ‘mutato’; v. 8 dialefe tra Cangi e Amore; v. 9 fùlgore (accento ortofonico) ‘folgore’, ‘lampo’, forma ant.; vv. 8-15 schema metrico 5 a b’’ c d’/ e’’ f d’ d’; v. 10 arda ‘incenerisca’; v. 26-27 ché affinché. 71 Quanti sospiri S, bc Quanti sospiri, quanti crudel martiri, quante pene soffersi tel dica il core. 5 10 Ah, ah che parmi sempre di vannegiar con l’ombre mentre o dormi o vegli; il tormento fatal è quello stesso che fa vedermi Tirsi e non è desso. Or che t’abbraccio, or che ti stringo, o caro, 172 Capitolo III deh mi condanna e sappi che quel delirio che m’inganna ognora fa ch’io parli con Tirsi e tema ancora, or ch’il vederti sol scema il dolore. [Da Capo i primi 4 versi] 15 20 È un tormento crudele veder sol col pensier l’amato oggetto. Pena l’alma fedele che sperando goder sogna il diletto. (Da Capo) Ma folle, e che vaneggio? Or non dormo né sogno e Tirsi, il mio bel sole, con reciproco amor mi stringe al core. 25 30 Sì, <sì>, Tirsi, mio ben, quando ti stringo al sen quest’alma langue; in segno di mia fé io spargerò per te insino il sangue. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (16) Fonti non consultate: B5 20 col] sol1, corr ; 31 quest’alma] l’almar _____________________ v. 6 vannegiar ‘vaneggiare’; v. 7 dormi ‘dorma’; v. 9 desso pronome presente nella lingua letteraria; v. 25 verso ipometro; vv. 30 insino ‘perfino’. I vv. 1-4, che I testi poetici 173 incorniciano il recitativo «Ah, ah che parmi sempre», sono intonati da Ariosti a mo’ di arioso. 72 Quell’augel che sciolto vola Quell’augel che sciolto vola e nel vol cantando va, 5 10 15 20 par che dica in sua favella quant’è bella ad un cor la libertà. (Da Capo) Amanti, o voi ch’inviluppati siete fra le reti d’un crin, d’un sen, d’un labro, più ciechi siete del bendato Nume e incauti non vedete che con la benda porta ancora l’ali, né v’accorgete che quell’indegno mostro vi porta insin su l’orlo al precipizio e poi, sciogliendo il volo, scioglie la benda ancora e ride nel veder le vostre pene. Ed io, che fui un tempo fra catene, risolvo con solenne e fermo voto di seguir egualmente ogni bellezza con egual servitù e egual finezza. Più non voglio al cor sentire per un volto quel martire che distrugger l’alma fa. 25 Chi mi vuole, io son per tutte, sian belle o sian brutte, ma più cara mi sarà chi mi lascia in libertà. (Da Capo) S, bc 174 Capitolo III Testo di riferimento: L6 Altri testimoni: C DS1 Lg 1 quel DS1 C Lg; 2 nel] ne DSr; 4 quanto C1 e r; 6 che DS1; invilupati DS1 C Lg; 7 reti] retti DS1; 10 con] non C; 11 accorgete] accorgiete Lg; ] accorgete L6 C DS1; 12 quel C DS1 Lg; 13 orla C; 14 scogliendo DS1; 15 scoglie DS1, Lg; 19 ugualmente C DS1 Lg; 20 ugual C DS1 Lg _____________________ v. 7 labro ‘labbro’, forma ant. (BAT); v. 11 verso ipometro; il verso sarebbe regolare se accogliessimo la lezione erronea accorgiete di Lg (ciò sarebbe tuttavia pretestuoso perché non avallato dalla musica); v. 25 sian bisillabo. Gli esemplari C, DS1, Lg sono chiaramente imparentati. 73 Qui dove ai colpi di nemica sorte Qui dove ai colpi di nemica sorte doppo lungo penar m’espose fato, or tra selve or tra boschi ed or nel prato costante languirò sin alla morte. 5 Tortorella, del tuo pianto nobil vanto è fedeltà; per conforto del mio core pien d’ardore pianger teco amor mi fa. (Da Capo) 10 Ma qual lieve conforto lusinga mai quest’alma? Ah che non basta serbar ad una ingrata S, 2 vl, bc I testi poetici 15 20 175 quella che pur giurai candida fede, mentre sorda a’ >miei< sospiri disprezza la costanza, gode del mio penar, de miei martiri, vede languir e al lagrimar non cede. Promettimi, infedele, d’esser pietosa un dì, seben morto sarò! Se muoverti, o crudele, morte potrà sì giusta, vendetta giusta havrò. (Da Capo) Testo di riferimento: LA (91) 3 parato; 15 disprezza] dispezza; 18 infedelr ; 22 gusta; 23 gusta1 e r ______________________ v. 2 doppo ‘dopo’; v. 14 verso ipermetro; v. 20 seben ‘sebben’, forma ant. (BAT) 74 Risolvo>ad< adorarvi Risolvo >ad< adorarvi, pupille vezzose, e voi mi schernite. 5 10 Io giuro d’amarvi, o luci amorose, e voi mi schernite. (Da Capo) Infelice mia sorte! E così dunque, senza sperar mercede, soffrirò i voti invano? E voi, bellezze troppo altere e superbe, portate ohimè con inequal riflesso S, bc 176 Capitolo III un inferno di duol al core oppresso. 15 Mando a voi sospiri in voto, e al mio sen rendete affanni; quest’è troppo, o dio! con me. Deh cangiate a un cor divoto la mercede, occhi tiranni: per amor rendete fé. (Da Capo) 20 25 30 Deh, per pietà, su l’adorato volto eccessi così fieri, di Cupido all’impero, cangiate, o mie pupille. Quando sarà per voi sbandito ogni rigore a raggio di beltà, raggio d’amore? Se di stelle vantaste l’onore, luci belle che lampi spargete, deh vibrate di pace un balen. O se soli voi siete, all’ardore d’un bel giorno la luce accendete più serena, più vaga al mio sen! (Da Capo) Testo di riferimento: B5 (1) Altre intonazioni: MON = Giovanni B. Monari 1 - ad MON; 6 schernite] feriter MON; 11 inegual MON; 15 quest’] questor; 16 cangiate] vantate MON; devoto MON; 22 quando] quindi MON ___________________ v. 1 verso ipermetro; v. 11 inequal ‘ineguale’, ‘iniquo’, forma ant.; con inequal riflesso ‘con la vostra iniqua influenza’; v. 23 sbandito, da sbandire ‘abbandonare’ (BAT); v. 28 se soli voi siete ‘se siete due soli’ I testi poetici 75 Ritrosetta pastorella [L’amor onesto] Ritrosetta pastorella, semplicetta verginella, non fuggir, deh vieni a me. 5 10 15 20 Ch'io, se t'amo, solo bramo puro affetto dal tuo petto, né ti chiedo altra mercé. (Da Capo) Ma tu, vergognosetta, di vermiglio color tingi il bel volto. Non arrossir, ascolta: se provi una sol volta qual bel diletto e amore che in compagnia dell'onestà sen stia, ti pentirai del tempo che neghittosa in non amar consumi. O che dolcezza rara si prova in amando, o che soavi pene son quelle: il dir: «Mio bene, per te mi moro», e poi sentir: «Mia vita, anch'io per te nel sen l'alma ho ferita!». Odi la tortorella in su quel ramo, che par che dica: «Io t'amo», e lieta poi, bacciando il caro ben, sen va! 25 Odi la rondinella in su quel nido, che con pietoso grido lo sposo va chiamando, che ancor tornar non sa. >no< (Da Capo) Testo di riferimento: S1724 177 S, bc 178 Capitolo III Fonti non consultate: Bs1 Altre intonazioni: GRA4 = Carl H. Graun (col titolo L’amor onesta) 2 vergenella1; virginellar GRA4; 5 puro affetto] purgasseto GRA4; 9 arrosir GRA4; 12 dell’] a del GRA4; 14 neghittoso GRA4; 15 dolcezze rare GRA4; 17 soave GRA4; 18 quella GRA4; 22 che par] e par GRA4r ____________________ v. 16 dialefe tra prova e in; v. 20 per te ‘a causa tua’; v. 23 bacciando ‘baciando’ 76 Se lontan sta l’idol mio Se lontan sta l’idol mio, sì vicino ho il mio tormento, come il cor viver potrà? 5 10 15 È un morir a foco lento quel dar speme al duolo rio con il dir: «Ei tornerà». (Da Capo) E pure se non fosse lena >lena< al dolor la speme, già morta io sarei alla mia pena amara; la dolce rimembranza m’è sì cara che talvolta sperar meno vorrei, per compiacer così gl’affanni miei. Ma allor che nella mente mi si sveglia il timor di gelosia, s’inaspriscon le piaghe, si dilegua il contento e fa tosto ritorno questo cor dal piacer al suo tormento. S, bc I testi poetici 20 25 179 Quanto di duolo, quanto di pene soffre il core fra dure catene: è tutto effetto d’un vero amor. Nelle piaghe adoro il dardo; per sanarle basta un guardo di chi accese un tanto ardor. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (18) 2 sì] ser ; 8 lena] leni; 8 dolore; speme] speranza; 9 sarai; 16 s’inapriscon ___________________ v. 8 lena ‘sollievo’ (BAT); al dolor la speme è il probabile assetto originario (con emendamento della lezione ‘al dolore la speranza’ che causerebbe un verso ipermetro); v. 9 morta il protagonista è femminile; dialefe tra morta e io; vv. 9-10 morta io sarei alla mia pena ‘sarei oppressa dalla mia pena’ (BAT); vv. 20-25 schema metrico A10 A10 B’10/ c8 c8 b’8; v. 25 un tanto ‘un così grande’ 77 Semplicetta farfalletta Semplicetta farfalletta, a che tanto cerchi il lume, per goder nel suo splendor? 5 10 Non t'accorgi che se porgi alimento al tuo piacere perderai le belle piume, fatta in cenere al suo ardor? (Da Capo) Ma già che morir vuoi, mori almeno gloriosa e con più vanto: vattene, ascolta ben, volane a canto a Fillide, il mio ben nel cui bel volto tutto del ciel vedrai raccolto il lume. Ivi giunta, rimira S, bc 180 15 20 Capitolo III due stelle, anzi due soli che sotto nere ciglia risplendenti faville spargono a mille a mille; tu allor, girando l'ali a quei d'intorno, prova almen per tua sorte, assieme col mio cor, soave morte. Io so che tu dirai, se morirai, così: «Felice io moro, sì, negl’occhi suoi». 25 Ché, già che cerchi il foco sol per incenerir, che mai più bel morir provar tu puoi? (Da Capo) Testo di riferimento: R (139r) ____________________ v. 2 a che ‘a che scopo’; vv. 21-26 schema metrico 7 a b’ (b’) C11/ d e’(e’) C11; vv. 22-23 rimalmezzo così: sì; vv. 25-26 rimalmezzo incenerir: morir; v. 26 che ‘quale’ 78 Sento dirmi con placide forme Sento dirmi con placide forme: «Tutto vince in amor la costanza», ma son sogni d’un’alma che dorme fra gl’incanti di vana speranza. (Da Capo) 5 10 Quindi l’incauto impegno d’amorosa follia fuggo veloce e, sorda a quella voce che infiora con lusinghe il mio periglio, di più saggio pensier fuggo il periglio; amo cui piace l’amor mio, né credo S, bc I testi poetici 15 181 piacer l’amor che non incontra amore. Chi vuol da questo core amorosi tributi, serbi contegno e non palesi orgoglio: soffro il pudor, ma ritrosia non voglio. Seguir chi sempre fugge, amar chi mi distrugge non mi vedrete, no, vaghe, ma non per me, bellezze altere; 20 finché vibrate al cor saette di rigor, non mi ferite, no, belle, ma non per me, pupille arciere. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (5) 5 quidni; 16 fugge] fur ; 17 amar] amar ____________________ v. 5 incauto ‘che espone a pericoli’; v. 7 sorda il protagonista è femminile; v. 8 periglio forse da emendare in ‘consiglio’; v. 10 cui ‘colui al quale’; v. 15 soffro ‘ammetto’ 79 Senza te, dolce tiranno [Lontananza] Senza te, dolce tiranno, Lidio caro, io morirò. Ciò che miro è agl’occhi affanno e più pace al cor non ho. (Da Capo) 5 Lontananza crudele, le dolcezze d’amore S, bc 182 10 Capitolo III tu di veleno aspergi e sempre hai teco dell’empia gelosia l’orride larve. Ah, bell’idolo mio, a me ritorna, ché s’udir tu potessi i miei lamenti, i larghi pianti onde distillo il core, non li potresse udir senza dolore. Voglio darti mille baci quando al sen ti stringerò 15 e col crine innanellato il tuo core imprigionato nel mio petto ognor terrò. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (12) _____________________ v. 11 onde distillo ‘con cui sciolgo’; v. 12 potresse ‘potresti’ forma in –ss- del condizionale, attestata nella lingua letteraria (Ariosto) e, nei dialetti, nell’antico veneziano e nell’antico lombardo (ROH); v. 15 innanellato ‘inanellato’, forma ant. (BAT) 80 Se t’offesi, o bella Irene Se t’offesi, o bella Irene, mi perdona, o vuo’ morir. 5 10 Mi condanni a un rio dolore per cagion d’un grand’amore, per mercede a miei sospir. (Da Capo) Se potessi in te stessa quei rai, oh dio! mirar che son sì belli e quel volto gentil che m’incatena, allor poscia vedresti se fui reo in amarti o pur costretto. S, bc I testi poetici 183 E pur convienmi, ahi lasso, soffrir la crudeltà del tuo rigore. Qual mai s’udìo barbarica ragione che punisca il peccar che n’è cagione? 15 Quel rigor che porti teco proverà la mia costanza, né saprò ad altro oggetto mai rivolger questo affetto che al splendor di tua sembianza. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (7) 1 beller; 6 potessi] potesti ______________________ v. 2 prolessi del pronome oggetto mi; v. 10 o pur ‘oppure’; v. 13 udìo (accento ortofonico) ‘udì’, con desinenza di provenienza meridionale e presente altresì nel toscano dugentesco (ROH); v. 16 proverà ‘metterà alla prova’; v. 17 dialefe tra saprò e ad 81 5 10 Simbolo del mio ben, Rosa gentile Simbolo del mio ben, Rosa gentile, delle pompe d'Aprile tu sei la più vezzosa e, benché le tue spine sian marche di rigore, con labra porporine tu dici a questo core: «Io son pietosa». Dentro il sen di conca è rosa; versa l'alba onda pretiosa quando il giorno in ciel appar. S, bc 184 Capitolo III Io quell'onda entro le foglie serbo all'ape che la coglie, ma la conca, più ritrosa, la nasconde in grembo al mar. (Da Capo) 15 20 25 30 Dica s'io son cortese agl’avari suoi baci, ape ingegnosa, e se giamai crudele mirommi a suoi desir, benché rapaci. Io so ben che dirà, mentre raccolgo con illustre desir l'amor celeste che in seno ella possiede: «Mirate che bontà mi baccia il piede». La rosa vezzosa par tutta rigor, ma fior così gentil il vago april non ha. La pastorella anch'ella sembra talor crudel, e pur fia il cor fedel solo per rossor premio non dà. >no, no< >La rosa< (Da Capo) Fonte di riferimento: ME (19r) 4 spine] spene; 18 rapaci] capaci; 28 tallorr ______________________ v. 5 marche, marca ‘marchio’ (BAT); v. 9 pretiosa latinismo; v. 17 giamai ‘giammai’; v. 22 baccia ‘bacia’; vv. 23-30 schema metrico 7 a6 b’6 c’ d’/ e f’ f’ D’11; v. 29 e pur ‘eppure’. I testi poetici 82 5 Stanco di lagrimar, pastor fedele Stanco di lagrimar, pastor fedele, dal duol condotto in solitaria selva, al canto degl'augelli, al mormorio dell'onde imprigionò i sospiri e diè ristoro a' crudi suoi martiri: «Fiumicello che rapido fuggi, so perché sì veloce ten vai: 10 15 20 25 tu paventi che intorbidi l'onda questo pianto che bagna la sponda; altra tema fuggendo non hai». Importuno sospiro d'improviso richiamò al duolo il pastorel afflitto onde, rivolto agl’augelletti, al rio, tutto dolente disse: «Sospendete >per< momenti e corso e canto e la cagion sentite d'ogni mio duolo e d'ogni affanno mio. Ma no, tacciasi pur la fiamma ascosa; son costante in amor e son segreto e, benché cruda sorte ogni sciagura nel mio seno aduna, chi è segreto in amor speri fortuna. Chi sa che forse un dì pietà non trovi ancor del mio tormento e il Bel che mi ferì non dia al mio dolor ogni contento!» >Chi sa< (Da Capo) 185 A, vl, bc 186 Capitolo III Testo di riferimento: BG1 (9) 28 mio] rio1 _____________________ v. 11 tema ‘paura’; v. 12 improviso ‘improvviso’, forma ant. (BAT); v. 16 verso ipermetro; v. 20 segreto ‘riservato’. 83 Sudor del foco è il pianto Sudor del foco è il pianto che ognor stillar si vede da queste mie pupille; 5 10 15 20 e invece di scemare l’ardor tanto coccente, il core accrescer sente più ardenti le faville. (Da Capo) Passa di doglia in doglia, anzi di pena in pena questa mia salma afflitta; e allor ch’io credo riportar la calma di tante angustie mie, trovo in colei ch’è sola cagïon di mie sventure portar fastosa entro que’ suoi bei rai la vittoria e il trionfo de miei guai. Glorïose però son le catene, che strascinando vo dietro alla bella, e degni son d’invidia i pianti miei, mentre son le mie pene i suoi trofei. Questo cor, benché legato, baccia ognor quelle catene ch’un bell’occhio fabricò S, bc I testi poetici 25 187 e non cura cangiar stato mentre fu l’occhio d’Irene che sì stretto l’annodò. (Da Capo) Testo di riferimento: ME (11r) 2 che] ch’r ; 22 ch’un] che unr ______________________ v. 5 coccente ‘cocente’, ipercorrettismo; v. 17 strascinando ‘trascinando con fatica’; v. 21 baccia ‘bacia’; v. 22 fabricò ‘fabbricò’ 84 Tante e tante del ciel sono le stelle Tante e tante del ciel sono le stelle, ma tutte men belle son degl’occhi dell’idolo mio; 5 10 15 è l’aurora men lucida ancora, meno il sole risplender vegg’io. (Da Capo) >Oh oh< o pastori, se voi la mia ninfa vedeste, tutti v’accendereste ai raggi suoi. Sparge dalle pupille certe dolci faville ch’innamorar fariano ancor i sassi: o l’inalzi o l’abbassi o li fissi o li giri, son lumi, o dio! son lumi che ti consumi, o cor, quando li miri. Benché ferite, benché piagate, lasciar non può quest’alma, begl’occhi, il vostro ardor; >no, no< S, bc 188 Capitolo III 20 in lor spera la calma il combattuto cor. (Da Capo) Testo di riferimento: DS1 (14): in mi Altri testimoni: W2: in re 3 degl’occhi] de begl`occhir; dell’idolo] dell’idol1,r DS1; ] del idolo W2; ] del idol DS1r; ] dell’idolor DS1; 4 luccida W2; 11 ch’innamorar] che innamorarr; ancora W2; 12 l’inalzi o l’abbassi] gl’inalzi o gl’abbassi; 13 li fissi] gli fissi; 15 li] le DS; ] lo W2; 19 vostro] vestror ____________________ vv. 1-6 schema metrico A11 a6 C10/ D10 C10; v. 2 ipometro; v. 4 lucida ‘lucente’; v. 11 fariano ‘farebbero’; v. 12 inalzi ‘innalzi’, forma ant. (BAT); vv. 14-15 rimalmezzo lumi: consumi; vv. 16-21 schema metrico 7 a5 b5 c d’/ c d’. 85 Tortorella vedovella Tortorella vedovella, volo al monte e scendo al rio, cerco e chiamo il perso amore, 5 10 ma per colmo di tormento sol risento che le selve al canto mio forman eco di dolore. Misera, almen sapessi ove s’asconde il laccio ingrato del caro mio consorte! Tra quelli ingrati incesti m’offrirei volentieri a provar seco o servitude o morte, S, vlc, bc I testi poetici 15 20 189 perché senza di lui girne raminga in queste selve ombrose e vita e libertà rende noiose. Augelletti che nudrite grand’amore in picciol core, per pietà, voi mi ridite se vedeste il mio tesoro! Tutta mesta ognor lo chiamo col mio grido al freddo nido ed espost’a un altro ramo vanne all’aure il mio martoro. Testo di riferimento: Bs6 __________________ L`estrema corruttela del testo è dovuta a una trascrizione da me effettuata in loco, in seguito alla scoperta di questa cantata di Ariosti tra le carte dell`Archivio della SingAkademie, afiorato a Kiev e restituito alla Germania. Si tratta di un ms. miscellaneo (Kantaten von Fago… :SA 1289) contenente un esemplare unico di cui non si ha nessuna segnalazione nei repertori correnti. La mia richiesta del microfilm (da cui sarebbe stata effettuta un`edizione accurata del testo) non è stata tuttavia esaudita, in quanto l`archivio, ancora in fase di ristrutturazione, può per ora riprodurre solo i manoscritti di cui esista almeno una copia; trattandosi in questo caso di un unicum la riproduzione non è stata concessa. Si è ritenuto comunque, data l`unicità dell`esemplare, di riportarne il testo, pur corrotto, in questa edizione. 86 Un barbaro rigor Un barbaro rigor fa il misero mio cor gioco ai tormenti 5 e crudo Fato vuol ch’esempio di gran duol l’alma diventi. (Da Capo) S, bc 190 10 15 Capitolo III Lasso, che far degg’io fra tante pene e tante? Ah, mia bella Clori, ah, mio sol, mio nume, ah, mio bel tesoro, lungi da te piango, languisco e moro. È lontananza il più fiero martir che mai possa soffrir un cor costante. La sol speranza è lenitivo al duol, ma di sanar non puol la piaga amante. (Da Capo) Testo di riferimento: W2 (15r) 12 possi ________________________ vv. 9-11 la presenza di anafora ci induce a spezzare i versi in tre settenari; v. 9 mia bisillabo, come mio nei vv. 10 (mio sol) e 11; vv. 13-18 schema metrico A’11 a’7 b5/ C’11 c’7 b5; v. 17 puol forma toscana ricalcata su vuol (ROH) 87 Voti offersi al cor d’Irene Voti offersi al cor d’Irene, implorai grazia e pietà, ma fu sorda a le mie pene quell’ingrata deità. (Da Capo) 5 Quanto che in adorarla sempre costante fui, tanto nel seno ella sempre nutrì l’orgoglio e l’ira A, bc I testi poetici 191 e, benché moribondo con cifre di dolor chiedessi aita, pur con sensi tiranni disprezzò la crudel questa mia vita. 10 Con l’alterezza perde bellezza gli ossequi d’un cor. 15 Insano quel petto sarebbe che affetto rendese al rigor. Testo di riferimento: W1 (2) 4 quell’ingrata] quel ingratar, quellar; 14 gli ossequi] l’ossequir, gl’ossequir ______________________ v. 9 cifre ‘segni’; v. 13 bellezza è il soggetto; rendese ’rendesse’ 2. Soggetti e immagini L’edizione critica dei testi delle cantate (cfr. cap. III.1.4, di seguito si riportano gli incipit), ha consentito per la prima volta di abbracciare un corpus poetico (87 liriche) per la quasi totalità manoscritto5 e inedito, poiché tramandato nella sola versione poetico-musicale6: 5 Cfr. la descrizione delle fonti al cap. III.1.1. Le poche edizioni autonome dei testi riguardano le quattro cantate di P.A.Bernardoni e una delle due cantate di Rolli, nonché due delle tre cantate di Ottoboni: cfr. Rime varie consagrate alla S.C.R. Maestà di Giuseppe I August.mo Imperator de’ Romani, da Pietro Antonio Bernardoni poeta cesareo et accademico gelato, arcade, scomposto, animoso et acceso, Vienna, Van Ghelen 1705 (esemplare consultato: I-Vnm, vergato a mano, sul frontespizio: “per il Sig.re Apostolo Zeno”); cfr. Diana/ on/ Mount Latmos/ an/ Italian Cantata./ written by/ Signor Rolli,/ and set to musick by/ Signor Attilio Ariosti./ Perform’d at the/ King’s Theatre in the Haymarket,/ for the benefit of/ Mrs. Robinson, late Mrs Turner, London, John Pickard 1719 (gentilmente segnalatomi da L. Lindgren); cfr. Trattenimenti/ Poetici/ dell’ill.mo et ecc.mo Principe/ D. Antonio Otthoboni/ Cav. E Procurator di S.Marco/ Composti in Roma dall’anno 1712 fino/ tutto 1715; 1716; 1717; 1718… Parte II (manoscritto conservato in I-Vmc, ms. Correr 467). 6 192 Capitolo III 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. Abbastanza delusa, S, S, bc Ahi qual cruccio, qual pena (La gelosia) Al tribunal d’Amore, S, bc Al voler del bene amato, S, bc Amarissime pene, S, bc Amo Clori che mi fugge, A, bc Ardo, nè so per chi, S, bc (A. Ottoboni) A te, bella cagion de miei sospiri, S, bc Augelletto garruletto, A, bc (Ottoboni) Belle stille che grondate, S, bc Che dura pena è questa, S, bc Che mi giova esser regina, S, bc (P.A. Bernardoni) Che più mi resta, oh dio, S, bc Che sento, che sento? Irene amata, S, bc Che si può far?, S, bc Che ti fece mai quest'alma, S, bc Cieco Dio, foss'io quel fiore, S, bc Cieco Nume, alato arciero, S, bc Con troppo rigore, S, bc Così tosto, o mio bel sole, S, bc Da procella tempestosa (La rosa) Di valle in monte, S, bc Dirmi ch'io non adori, A, bc D'una rosa che mi punse, S, bc E in sen mi resta core, S, 2 ob, 2 chal., 2 vl, v.la, bc E’ pur dolce a un cor legato, A, bc Ecco che già ritorna il tauro eterno, S, bc Erbe nuove e nuovi fiori, S, bc Eurilla, vel confesso, cara, S, bc Fileno che le frodi, A, 2 vl, v.la d'amore, bc Filli gentil, nel tuo bel fior degli anni, S, bc Freme l’onda e fischia il vento (Il naufragio) Furie che negl'abissi, A, v.la d’amore, bc Genio che amar volea (Genio), S, bc Già che intender non vole i miei sospiri, A, bc Già per il tuo rigore, S, 2 vl, v.la, bc (P.A. Rolli) Il destino ver me è pur crudele, S, bc Il mio cor sinor fu mio, S, bc Il più fiero dolor, S, bc I testi poetici 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75. 76. 77. 78. 79. Il zeffiretto che tutto amore, A, bc Insoffribile tormento, S, bc Là dove d’atre tenebre vestito (L’olmo) L'idol mio de' pianti miei, A, bc (Bernardoni) Lisetta, mi tradisti ma forse ancor, S, bc Lontananza crudel, quanto m'affanni, S, bc Luci, voi siete quelle, S, bc Lungo un placido rio, S, bc Mentre dormiva Nice, S, bc Mi convien soffrir in pace, A/S, bc Mio nemico pensier, perché alla mente, S, bc Mirate, occhi, mirate, S, bc Morto è Amor, ninfe, piangete, S, bc Ne' spatiosi campi, A, bc Nice. quella severa amabil ninfa, S, bc (Bernardoni) Non v'è pena maggior del mio tormento, S, bc Non voglio udirti. o core, S, bc O Filli, o dolce nome, S, bc Occhi belli ma troppo superbi, S/B, bc Oh miseria d’amante core, S, bc Or vantatevi, o pupille, S, bc (Ottoboni) Pasce al suono del mio canto, S, 2 vl, bc Pastor, pastore, hai vinto, A, bc (Bernardoni) Pastori, o voi ch'in pianto, S, bc Per vincer il mio cor (Diana on Mount Latmos) (Rolli) Pesan troppo su l’alma (Libertà acquistata in amore) Piante incolte, erbe odorose, S, bc Poiché Fidalbo amante, S, bc Pur al fin, gentil viola, S, v.la d'amore, bc Qual cara fiamma io senta, S, bc Quando Nice era fida, S, bc Quanti sospiri, S, bc Quell'augel che sciolto vola, S, bc Qui dove ai colpi di nemica sorte, S, 2 vl, bc Risolvo ad adorarvi, S, bc Ritrosetta pastorella (L'amor onesto), S, bc Se lontan sta l’idol mio, S, bc Semplicetta farfalletta, S, bc Sento dirmi con placide forme, S, bc Senza te, dolce tiranno (Lontananza), S, bc 193 194 Capitolo III 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87. Se t'offesi, o bella Irene, S, bc Simbolo del mio ben, rosa gentile, S, bc Stanco di lagrimar, pastor fedele, A, vl, bc Sudor del foco è il pianto, S, bc Tante e tante del ciel sono le stelle, S, bc Tortorella vedovella, S, vlc, bc Un barbaro rigor, S, bc Voti offersi al cor d’Irene, A, bc I versi sono pervasi da una sentimentalità di matrice arcadica, assai diffusa nella poesia di fine Seicento e nelle cantate: essa fa da sfondo ai temi della natura e alle vicende dolci-amare dell'amore, intrise “d'un idillismo gentile e d'un edonismo moderato7”. Basti pensare alle immagini, presenti nei testi di Ariosti, della “tortorella vedovella” (n. 85), che compare anche in Antonio Tommasi8, a quella dell’”augellino” (n. 9), presente in Florido Tartarini, a quella del “tribunal d’Amore” (n. 3), ricorrente in Zappi o a quella della pianta che ripara dal sole il pastore coi suoi rami frondosi (n. 42): un’elce (in Benedetto Menzini), un faggio (in Gaetana Passerini), una quercia (in Andrea Maidalchini). Persino i soggetti mitologici, raramente presenti, si ammantano di scenari arcadici: Diana sul monte greco di Latmos (n. 64) è attorniata dale sue ninfe “amorosette”, mentre Cinzia e Febo volgono il corso degli Ulmus campestris (IN M. LEVI D’ANCONA, CIT., TAV. 56, P. 130) astri sì che questo possa benevolmente influire sui destini di Irene (n. 53). Rosa centifoglia (IN M. LEVI D’ANCONA, CIT., TAV. 141, P. 330) 7 8 WALTER BINNI, L'Arcadia e il Metastasio, Firenze, La Nuova Italia 1963, p. 124. Rime degli Arcadi, Roma, Rossi 1716-1722, tomi I-XIV. I testi poetici 195 Alcuni dei soggetti naturali di questo universo arcadico si rivelano portatori di significati simbolici; il poeta, anzi, li pone a simbolo di una condizione esistenziale: sono la rosa, la viola e l’olmo intrecciato alla vite. Nel tentativo di spiegare questa simbologia, si sono cercati dei referenti semantici nelle iconografie pittoriche cinque-secentesche che sembrano evidenziare il significato di queste immagini ricorrenti. Il tema dell’olmo intrecciato alla vite, un olmo che, privo del vago onor della compagna vite… pianger parea la sua fatal mancanza (Ariosti, 42: R19, vv. 5-7) (già in Catullo, Carmina10 e Ovidio, Metamorfosi11) ricorre come simbolo delle nozze per esempio in Mantegna, nei dipinti Sansone e Dalilah e Agonia nel giardino; l’immagine della rosa, fiore caro a Venere (Ariosti: cantate n. 21, 24, 31, 81), simboleggia l’orgoglio e l’amore trionfante ed è presente nei progetti iconografici di Botticelli (ne La nascita di Venere); la viola (n. 68), così come figura nei quadri del Perugino e di Signorelli (dove è anche il simbolo della crocifissione di Cristo12) , s i r ivela rappresentazione dell’umiltà. Gli affetti dolorosi sono i più ricorrenti nei testi delle arie di Ariosti, ove il protagonista effonde i suoi lamenti per la lontananza o per l’infedeltà dell`amata, la quale sempre incarna il rigore e la Viola odorata (IN M. LEVI D’ANCONA, CIT., TAV. 164, P. 398) crudeltà più spietati; il racconto della propria infelicità è persino 9 La sigla indica, col primo numero, il n° della cantata di Ariosti, col secondo numero, il n° di posizione dell’aria o del recitativo all’interno di essa (es.: 42: R1 = primo recitativo della cantata n° 42; vedi l’elenco delle cantate alle pp. 191-192). 10 LXII, vv. 49-55. 11 XIV, vv. 661-668. 12 MIRELLA L EVI D’ANCONA, The Gardens of the Renaissance: Botanical Symbolism in Italian Painting, Firenze, Olschki 1977, p. 130 e segg. 196 Capitolo III affidato a una “lettera amorosa”13 in una cantata: a te, bella cagion de miei sospiri, questo di pianto più che d’inchiostro tinto foglio t’invio (n.8, vv. 1-3). Non mancano infine le cantate d’argomento spirituale, incentrate sul tema dell’insoddisfazione per la precarietà dei beni terreni14: una di queste, Il naufragio (n. 32) contiene un’aria “di tempesta” i cui versi, eccezionalmente, si distanziano notevolmente dalla poetica arcadica, per avvicinarsi maggiormente al retaggio stilistico barocco: Sordo, il ciel più non ode/ pianti e preghiere, anzi, crudel rinforza/ più sempre il vento e, in tenebre sepolto/, sol con orride lampe/ apre in ampio teatro/ agl’occhi miei varie morti e perigli/: sarte e vele disperse, àncore sciolte/, arbori rotti, infranti remi/. Oh dio, più il timon non mi regge/, ma sol d'intorno io semivivo ascolto/ un confuso rumor d'onde e di venti/, e lor terribil giostra/ che vicino morir l'imagin mostra (vv. 9-21) È un linguaggio denso di metafore quello che descrive il naufragio, teso alla ricerca ossessiva di fitte e roboanti immagini, ingegnosamente disposte a suscitare nel lettore un'impressione di stupore e un'apparenza di grandezza. Uno stile funzionale, in questo caso, al fine edificante e didattico della “cantata spirituale”, un genere che ebbe discreta fortuna anche in Italia. A differenza del mottetto latino, essa non aveva implicazioni liturgiche ed era destinata alle confraternite devozionali, alle accademie o alle camere principesche. A Bologna la cantata spirituale pose salde radici tra Sei e Settecento con Cazzati, Mazzaferrata, Perti, Silvani, le cui creazioni godettero dell’onore della stampa locale. Le cantate spirituali di Ariosti 13 La “lettera amorosa” è un vero e proprio sottogenere della cantata: cfr. FRANCESCO Tre “lettere amorose” di Domenico Scarlatti, «Il Saggiatore musicale» IV/2 (1997), pp. 271-316. 14 I soggetti sacri hanno d’altra parte ampia parte nella musica vocale di di Ariosti, monaco dell’Ordine Servita: oltre alle due cantate spirituali, egli compose una Messa per il S. Natale (1699), un mottetto per il Corpus Domini O quam suavis est, Domine, T, ob, vl, v.la, org, un mottetto per S. Caterina (1691); l’antifona Salve regina, 4 vv; 6 Oratori: La Passione (1693, libr. Arnoaldi), S. Radegonda reina di Francia (1694, libr. Taroni), Dio sempre grande (1696, libr. Gargeria), La madre de’ Maccabei (1704, libr. Gigli), La profezia d’Eliseo nell’assedio di Samaria (1705, libr. Neri), Nabuccodonosor (1706, libr. Rossi). Sugli oratori di Ariosti, Schering si esprime con giudizi entusiastici: cfr. A RNOLD S CHERING, Geschichte des Oratoriums, Leipzig, Breitkopf & Härtel 1911, pp. 121-122. DEGRADA , I testi poetici 197 espongono didascalicamente dei principi etici, avvalendosi di immagini allegoriche e senza l’ausilio di episodi della storia sacra (in questo caso sarebbe più corretto chiamarle -secondo la terminologia introdotta da C. Gianturco- cantate “morali”15). Nella cantata Il naufragio (n. 32, stampata a Londra nel 1724) la nave in tempesta nel “mare instabile” vuol essere allegoria della vita che veleggia verso un destino imperscrutabile all’uomo; l’ape regina, nella cantata Che mi giova esser regina, è invece l’immagine della caducità delle ricchezze e dei beni terreni. Quest’ultimo testo è tratto da un volume di Rime (stampate a Vienna nel 1705) di Pietro A. Bernardoni (n. 12). Nella raccolta poetica il titolo della cantata è più dettagliato che in partitura, e recita: «Il corpo di S.Giovanni di S.Facondo- Disprezzo delle grandezze del mondo». C’è da pensare che i versi fossero stati scritti in occasione della santificazione (avvenuta nel 1690) di Giovanni di S.Facondo, sacerdote di Salamanca vissuto nel Quattrocento e celebre per le sue vibranti prediche contro l’immoralità della società del tempo16; la cantata di Ariosti fu composta dopo il 1705 e probabilmente destinata alle celebrazioni per la festa del santo, che cadeva il 12 giugno17. 3. Aspetti drammaturgici e narrativi Alcuni studi recenti sull’Opera mozartiana hanno proficuamente fondato le loro analisi su categorie semiotiche e narrative18; la scena è 15 La distinzione fra cantata “morale” e “spirituale” è stata introdotta da Carolyn Gianturco: cfr. CAROLYN GIANTURCO, "Cantate spirituali e morali”, with a Description of the Papal Sacred Cantata Tradition for Christmas 1676-1740, «Music & Letters», LVVIII/1 (1992), pp. 1-31. 16 Bibliotheca Sanctorum, Roma, Città nuova 1961-1969. 17 Si ha altresì notizia di altre opere musicali dedicate a S. Giovanni di S. Facondo: per es. Giuseppe O. Pitoni scrisse un introito in stile antico nel 1742 per la festività di questo santo. 18 Il primo studio in Italia è quello di Sergio Durante (Analysis and Dramaturgy: Reflections towards a Theory of Opera, in Opera Buffa in Mozart’s Vienna, a cura di M. Hunter e J. Webster, Cambridge, Cambridge Univ. Press 1997): esso prende le mosse da un assunto teorico tratto della Drammaturgia dell’Opera italiana di C. Dahlhaus, secondo il quale esistono strette relazioni fra la musica e gli altri elementi costitutivi dell’Opera, considerati come categorie stilizzate o parametri astratti; Durante indaga le possibilità euristiche di questo modello teorico applicandolo all’analisi mozartiana. 198 Capitolo III stata formalizzata e indagata come contesto drammatico in cui interagiscono vari domini (discorso del testo, intreccio, struttura concettuale, azione visiva, sviluppo caratteriale, musica), con una precisa gerarchia fra loro19. Il parallelismo fra Cantata e Opera sul piano della struttura formale e drammaturgica è stato più volte sostenuto20; esso ci invoglia ad applicare anche alla cantata alcune delle metodologie semiotiche suddette. Restringeremo tuttavia il nostro discorso -in questa sede- solamente al testo delle cantate e alle categorie teoriche pertinenti ad esso21, tralasciando il complesso insieme dei domini del testo musical-drammatico e le loro reciproche relazioni22. Considerando l’orientamento di una certa “azione” al più alto livello d’astrazione, possiamo individuare due tipologie drammaturgiche: 1) l’atto di persuasione, che comprende richieste, preghiere e i loro opposti; 2) l’atto di rappresentazione che coinvolge stati psicologici, immagini visive, narrazioni, ecc.23 Sia l’atto di persuasione che quello di rappresentazione possono stabilire una relazione tra il personaggio protagonista (chiamato A nello schema seguente) e un secondo o terzo personaggio antagonista (e indicato con B, C, o X se simbolico o metaforico), oppure tra il protagonista e se stesso (monologo), oppure ancora tra il protagonista e il pubblico 19 Cfr. per es. KEIR ELAM, The Semiotics of Theatre and Drama, Londra, Methuen 1980. Cfr. GLORIA ROSE, The Italian Cantata of the Baroque Period, in Gattungen der Musik in Einzeldarstellungen. Gedenkschrift für Leo Schrade, a cura di W. Arlt-E. Lichtenhahn-H. Oesch, Bern-München, Franke 1973, pp. 655-677, 1a serie; N. Dubowy paragona la cantata all’Opera, in particolare a una scena a solo oppure all’Oratorio e al suo “testo”, nel caso di cantate in cui il recitativo accoglie un ruolo di narratore (cfr. NORBERT DUBOWY, “Una nuova foggia di componimenti”. Sulla formazione dei caratteri del testo nella cantata italiana, in La cantata italiana, cit., pp. 9-18: 10). 21 È ovvio che alcuni domini, come per es. quello della caratterizzazione psicologica o quello dell’azione visiva, sono peculiari solo dell’Opera e non sono pertinenti alla cantata. 22 È l’unione di testo, musica ed elemento drammaturgico, che in un Opera “inizia con l’ouverture e termina con l’ultimo Finale; cfr. SERGIO D URANTE, cit, p. 314. L’applicazione della suddetta metodologia d’analisi musicale alle 87 cantate di Ariosti richiederebbe un suo ampio spazio apposito: è lasciata pertanto a successive ricerche. 23 Le due categorie sono state introdotte da Sergio Durante (cit.) come le due tipologie narrative che meglio sintetizzano una stage-action. Esse non possono essere ricondotte ad alcuna formalizzazione già praticata. La possibilità di elaborare categorie teoriche appropriate per un particolare repertorio è indicata da Segre (cfr. CESARE S EGRE, Avviamento all'analisi del testo letterario, Torino, Einaudi 1985). 20 I testi poetici 199 (Y). Ed ecco schematizzati i modi d’azione con cui il protagonista si rapporta dialetticamente agli altri, per lo più virtuali, personaggi nelle cantate di Ariosti (quando l’antagonista è supposto presente, è indicato fra parentesi): Persuasione A A A Rappresentazione (B) = 27 cantate A (B) = 12 cantate (X) = 5 cantate A (X) = 1 cantata (B) = 7 cantate A (B) = 2 cantate A A A (C) (A) = 3 cantate (Y) = 3 cantate B = 1 cantata A A (C) (A) = 14 cantate (Y) = 3 cantate (contrasto) Il pubblico (Y) è per lo più rappresentato dall’accolta dei pastori, oppure da elementi collettivi della natura (per es. le erbe, n. 28). Questi meccanismi mostrano l’affinità della struttura drammaturgica della cantata (a livello del testo) con quella dell’Opera. In un ristretto numero di cantate, poi, è il personaggio narrante (N) che nel recitativo iniziale riferisce gli antefatti delle vicende o del dialogo, che poi si sviluppa più oltre; la struttura drammaturgica di questi ultimi testi si apparenta maggiormente a quella dell’Oratorio (e al suo Testo24) che a quella dell’Opera: N (A) = 9 cantate Si può notare dunque nei testi delle cantate di Ariosti un’estrema varietà di situazioni e ruoli drammaturgici. L’antagonista compare nella maggioranza (71%) delle cantate di Ariosti; si tratta tuttavia (tranne in un solo caso) di cantate a voce sola, per cui sarebbe meglio dire che l’antagonista è solo immaginato, o meglio –con espressione 24 Ci si riferisce qui all’Oratorio in latino. 200 Capitolo III di Varese- è evocata “l’ombra del personaggio che tace, la risonanza del suo ascolto25”; l’antagonista, sia esso una ninfa, Cupido, o un elemento della natura, è insomma una voce segreta, amica o crudele, cui il pastore ama rivolgersi e confidarsi. Il protagonista compie generalmente (nel 70% dei testi) un atto di “persuasione” nei suoi confronti, esortando per lo più l’immaginaria ninfa a deporre la sua crudeltà e a divenire nuovamente sua. 4. Parodie dei testi di Ariosti: il caso di G. Orlandini e B. Marcello Un numero notevole di testi delle cantate fu intonato, come sappiamo, da altri compositori oltre Ariosti. Non tutti i testi, tuttavia, furono reintonati nella loro integrità; alcuni di essi furono sottoposti a vistose trasformazioni poetiche, che ci preme qui segnalare. Forse, la pratica di interpolare o sostituire elementi testuali, e contemporaneamente di dare loro nuova veste musicale, era il riflesso delle più comuni e disinvolte operazioni che avvenivano in ambito operistico: nel melodramma, sostituzioni e aggiunte testuali erano pratiche ben note sia ai compositori che ai librettisti-poeti, che dunque possono averle effettuate anche sul versante dei generi da camera. Piccole aggiunte al testo di Ariosti furono apportate nell’intonazione di Oh miseria d’amante core (n. 59): Keyser (o l’autore del testo) vi appone un’intitolazione, Il geloso sprezzante; si tratta senza dubbio di una specificazione appropriata alle violente invettive scagliate dal protagonista nel corso della cantata. Nel caso della composizione di A. Marcello, il titolo della cantata, già presente in Ariosti, è solo lievemente modificato: Scioglimento d’amore anziché Libertà acquistata in amore. Modificazioni più vistose del dettato poetico sono presenti nelle intonazioni di Orlandini e Benedetto Marcello; lo studio delle trasformazioni subite da questi testi è particolarmente degno di nota poiché serve a gettar luce sul contesto antropologico che a loro diede origine. 25 CLAUDIO VARESE, Saggio su Metastasio, Firenze, La Nuova Italia 1950. I testi poetici 201 a) Giuseppe Orlandini utilizzò, per la reintonazione, la sola sezione di recitativo di una cantata di Ariosti («Voi del foco ond’avampo», dalla cantata Occhi belli, ma tanto superbi, 57: R1), tralasciando le altre parti del testo (tre arie e un altro recitativo) presenti nella fonte originaria (vedi schema seguente). Questo testo di recitativo venne privato dei versi finali (ridotto, dai 12 versi di Ariosti, a 6) e poi inserito nella cantata dal nuovo titolo e incipit Se sol la mia morte. Così almeno sembrava a una prima ricognizione; restava da comprendere la motivazione di una sì radicale selezione testuale. ARIOSTI Occhi belli ma troppo superbi, S/B, bc Occhi belli ma troppo superbi, fulminate quest'alma, sì, sì, ché dai colpi spietati ed acerbi la costanza si prova così. (D.C.) Voi del foco ond'avampo siete le due fucine in cui temprando va le saette sue beltà tiranna. Dentro voi si condanna l'amoroso inferno il van pensiero e verso voi pur anco va del ciel de' diletti il ben, sentiero onde con doppia forza sol in voi, se v'aprite, ha vita il core e in voi, se vi chiudete, è morto, è morto amore. Amor occhi non ha e pur cogl'occhi sol piagando va. Egli non è ch'un guardo e sol un guardo, e il guardo è sol il dardo con che i tormenti al cor dà la beltà. (D.C.) Così da un ciglio sol>o< rende sovente da prospera ad adversa altrui la sorte, mentre alla sfera sua s'aggira>n< intorno stelle e soli, ombra e luce e notte e giorno: ORLANDINI Se sol la mia morte, B, archi, bc Se sol la mia morte può farvi tranquille, amate pupille, io vado a morir. Per pace del core daremo così voi, fine al rigore io, fine al martir (D.C.)--ÆAria nell’Arsace Voi del foco ond'avampo siete le due fucine in cui temprando va le saette sue beltà tiranna. Dentro voi si condanna l'amoroso inferno il van pensiero . Perfido dio ed empio tiranno ch’all’alma grande non danno timor, che viver forte e morir forte fanno il nobil figlio, il gran genitor! (D. C.) 202 Capitolo III stelle d'influsso barbaro, soli d'immenso ardor, ombra di doglie orribile, luce di gioia al sen, notte di morte all'anima, giorno di vita al cor. (D. C.) L’indagine si è allargata pertanto al contesto storico in cui Orlandini avrebbe operato un simile taglio testuale. La cantata di Orlandini è tràdita nei seguenti testimoni manoscritti, di cui soltanto il n.1 la riporta in forma completa: 1) D-SWl, Mus. 4074 [per B] 2) D-SWl, Mus. 2479 [per S] (contiene solo l’aria Se sol la mia morte) 3) D-SWl, Mus. 136 [per S] (contiene solo l’aria Se sol la mia morte) 4) GB-Lam, MS 90 [per S] (contiene solo l’aria Se sol la mia morte) 5) I-Nc, Arie 369 [per B] (contiene solo l’aria Se sol la mia morte) Nel codice n. 5, che contiene solo l’aria Se sol la mia morte, si legge “Arsace Senesino”; la collazione rivela come essa concordi nel testo e nella musica con l’aria omonima dell’Opera Arsace26 (A.III, sc.6) del medesimo autore, messa in scena al King’s Theatre di Londra nel 1721 e interpretata dal contraltista italiano Francesco Bernardi (muta soltanto il registro vocale, da quello di Soprano nell’Arsace a quello di Basso nella cantata). Si può quindi presumere che la cantata di Orlandini fosse stata composta più o meno in quella data, dunque prima della cantata di Ariosti Occhi belli, ma tanto superbi, composta nel 1728 (cfr. cronologia al cap. II.1.3) e conservata in: 1) D-SWl, Ms. 769A [per S] 2) B-Bc, Litt. F 15262 [per S] 26 D-B, Mus. Ms. 16371. I testi poetici 203 3) S-K, Ms. mus. 5 (contiene solo l’aria Occhi belli, ma troppo superbi) [per B] 4) S-LUnm, Solanders notbok (contiene solo l’aria Amor occhi non ha) [per S] 5) D-SHm, Mus. B.1:1 [per S] Ma in quale modo Ariosti conobbe il testo? Orlandini dimorò per tutta la vita in Italia, fra Firenze (al servizio di Gian Gastone de’ Medici) e Bologna, da dove Ariosti si allontanò dal lontano 1696. É dunque molto difficile sia ipotizzare un incontro diretto tra il compositore toscano ed Ariosti, sia presupporre uno scambio di materiali musicali, sia pure tramite intermediari: in verità il duca Gian Gastone fu a Berlino nel 169827, ove conobbe Ariosti, ma la sua fu una missione meramente diplomatica28 e pare improponibile pensare che portasse con sé musiche di Orlandini. Una pista più convincente per dimostrare la migrazione del testo del recitativo, ci sembra si possa individuare nell’ambiente britannico: Ariosti era già a Londra nel 1721, quando venne rappresentato l’Arsace di Orlandini; qui conobbe il Senesino (di origini toscane al pari di Orlandini), che era stato ingaggiato dalla Royal Academy of Music già dall’anno precedente per le sue stagioni d’Opera. Il cantante si esibì anche in Opere di Ariosti al King’s Theatre: ben sette, a incominciare dal Coriolano (rappresentato nel 1723); i due musicisti divennero amici29. Quale “scena” migliore di questa si potrebbe ipotizzare per lo scambio o la visione del manoscritto? Il Bernardi aveva evidentemente con sé sia la parte dell’Arsace (con l’aria Se sol la mia morte, concordante con la cantata), sia l’omonima cantata, completa del recitativo concordante con quello di Ariosti; essa era forse eseguita, parallelamente all’Opera, da altro interprete (perché per voce di basso, cfr. fonte n.1), in qualità di scena da camera, come 27 Lettera di Giovanni Gastone di Toscana al cardinale Francesco Maria Medici (Berlino, 1 novembre 1698), Firenze, Archivio Mediceo, fil. 5836, riportata in EBE, p. 66. 28 Era stato inviato a Berlino per sostenere la causa di Ariosti, che minacciava di essere allontanato dalla Germania dall’ordine Servita per la sua presunta condotta immorale. 29 Lettera di Cocchi a Zamboni (18 aprile 1723), in cui si parla di una cena a casa di Berenstadt (contraltista, interprete del Tito Manlio di Ariosti) con Zamboni, Riva, il Senesino e Ariosti. 204 Capitolo III spesso avveniva30. Non fu certo difficile per Ariosti avere la cantata dall’amico cantante, scegliere una parte di quel testo (il recitativo «Voi del foco ond’avampo»), completarlo con altri versi che proseguissero la metafora degli “occhi fulminanti” e infine dargli nuova veste musicale. Ecco che, nel tentativo di giustificare le trasformazioni subite da un testo di Ariosti, si sono ricostruite le ipotetiche fasi di lavoro precedenti alla stesura di entrambe le cantate Occhi belli, ma tanto superbi e Se sol la mia morte. La cantata di Ariosti Occhi belli, ma troppo superbi (nelle fonti n. 1-2-4-5 dell’elenco precedente) presenta un registro vocale analogo a quello dell’aria dall’Arsace (il registro di soprano, cfr. fonti n. 2-3-4) e contiene - come si vede dall’esempio seguente - pirotecniche colorature; forse fu destinata anch’essa a una voce di castrato, e forse allo stesso Senesino! [57: A1, bb. 62-80] b) Nel caso dell’intonazione di Benedetto Marcello, è più facile spiegare il momento d’incontro del testo di Ariosti Troppo pesan su l’alma con l’intonazione del compositore veneziano. Si tratta infatti del testo di una cantata appartenente a una raccolta stampata (Londra, Walsh 1724: cfr. cap. II.1.1) e dunque circolante sul mercato editoriale; B. Marcello, di una generazione più giovane, lo intonò in questo caso d o p o Ariosti. Singolare è però la modalità di appropriazione del testo da parte del compositore: Marcello ha non solo selezionato, ma pure parafrasato i versi, come indicato nello schema seguente. In particolare ha mutato, trasformandolo completamente, l’attacco della cantata poetica, mentre, nei versi rimanenti, ha per lo più mantenuto il dettato poetico; infine, ha 30 Cfr. cap. IV.4. I testi poetici 205 parafrasato gran parte dell’aria finale. La modifica dell’immagine d’apertura, che muta dall’ombrosità angosciosa di una grotta nel testo di Ariosti a un quadro idilliaco di pastori in Marcello, è particolarmente degna di nota: forse il compositore veneziano aveva così “arrangiato” il testo per destinare la cantata ad occasione più lieta, o forse semplicemente, tramite il mutamento dei versi iniziali e finali, voleva soltanto celare il plagio di versi altrui. ARIOSTI L’Olmo (D-B, Mus. Ms. 780/5; fonte a stampa: Six cantatas and six lessons for viola d'amore/ Alla Maestà di Giorgio Re della Gran Britagna, London, Walsh?, 1724) MARCELLO Su d’un colle fiorito, al di cui piede (D-Mbs, Mus. Hs. 135) R 1 Là dove, d'atre tenebre vestito, muscosa umida bocca un antro apriva, Filen, sedendo, un giorno vide un olmo che, privo del vago onor della compagna vite, in orrida sembianza pianger parea la sua fatal mancanza. Pietoso egli a tal vista, ver lui si volse a contemplar le secche, cadenti foglie in su quel tronco esangue; fisso, attento il mirava, indi poi seco in guisa tal parlava: R 1 Su d’un colle fiorito, al di cui piede tra verdi sponde un picciol rio correa, Daliso assiso un giorno vide un olmo che, privo del vago onor della compagna vite, in orrida sembianza piagner parea la sua fatal mancanza. Pietoso egli a tal vista, ver lui si volse a contemplar le secche, cadenti foglie in su quel tronco esangue; fisso, attento il mirava, indi poi seco in guisa tal parlava: 206 Capitolo III A 1 «Pianta infelice, di', per pietà, se a te ancor Nice mancò di fè! Ben al mio core palese il fu quel rio pallore che veggo in te. R 2 Già so che quell'infida, sotto la tua bell'ombra assisa un tempo, prendea grati riposi nella calda stagion dei dì noiosi. So che lodando andava delle verdi tue fronde il bel riparo; so che i miei fidi amori, allor ch'eran felici, spesso lieta sedendo a te d'accanto, noti all'aure ella fea col dolce canto; ma, oh dio, che poi, crudele, volgendo ad altra pianta il suo desio, infedel ti lasciò e al par dell'amor mio t'abbandonò. A 2 Su tuoi rami inariditi più non vola l'augellino, nè più stanco, peregrino, a te presso ei ferma il piè. Sì piangemo dunque uniti del suo crudo, ingrato core l'incostanza del suo amore, la mancanza di sua fè!» A 1 «Pianta infelice, di', per pietà, se a te ancor Nice mancò di fè! Ben al mio core palese il fa quel rio pallore che veggio in te. R 2 Dimmi: forse l’infida, sotto la tua bell'ombra assisa un tempo, prendea dolci riposi nella calda stagion dei dì noiosi. So che lodando andava delle verdi tue frondi il bel riparo; so che i miei fidi amori, allor ch'eran felici, spesso lieta sedendo a te d'accanto, noti all'aure ella fea col dolce canto; ma, oh dio, che poi, crudele, volgendo ad altra pianta il suo desio, infedel ti lasciò e al par dell'amor mio t'abbandonò. A 2 Su tuoi rami inariditi più non vola l'augellino, nè più stanco, pellegrino, sotto l’ombra tua ne sta. Piagneremo dunque uniti: tu l’acerbo suo rigore, io del barbaro suo core l’incostanza e l’empietà.» Non solo dunque nel mondo dell’Opera, ma in quello più esile e raffinato della cantata avvenivano cospicui rifacimenti dei testi per musica; ed è probabile che in questo secondo caso fosse stato lo I testi poetici 207 stesso Marcello (attivo altresì sul versante operistico, anche se non così prolifico quanto Orlandini) a modificare e reinventare i testi nel modo osservato, se è vero -come è stato sostenuto- ch’egli li forgiò da sé senza l’ausilio di alcun poeta31. 5. I poeti: A. Ottoboni, A. Bernardoni, P.A. Rolli I testi delle cantate rimangono per la maggior parte anonimi; tuttavia è nota la paternità di alcuni di essi, una percentuale non irrilevante per questo repertorio (il 10%): sono i testi delle cantate n. 7, 9, 12, 36, 43, 54, 60, 63, 64, scritti da tre fra i maggiori poetilibrettisti dell’epoca: Antonio Bernardoni (1672-1714: cantate n. 12, 43, 54, 62 dell’elenco a p. 139), il principe Antonio Ottoboni (16461720: cantate n. 7, 9, 60), Paolo Antonio Rolli (1687-1765: cantate n. 36, 64). Tutti e tre i letterati furono attivi come librettisti, in zone e ambienti diversi: Bernardoni a Vienna (28 Opere, di cui 4 rappresentate al teatro di corte di Vienna con musica di Ariosti), Ottoboni a Roma (2 Opere), Rolli a Londra (34 Opere); tutti e tre furono membri della romana Accademia d’Arcadia. Mentre è attestata un’assidua frequentazione fra Ariosti e i librettisti Bernardoni e Rolli, nessun documento comprova una conoscenza diretta tra Ariosti e il principe Ottoboni. Antonio Ottoboni (nome arcade: Eneto Ereo), appartenente alla nobile casata veneziana, fu membro dell’Accademia dei Dodonei di Venezia32; dal 1689 si trasferì a Roma presso la corte del figlio Pietro, mecenate della cultura romana (elevato alla porpora cardinalizia dal prozio, cardinale e poi Papa Alessandro VIII, dal 1689 al 1691), al Palazzo della Cancelleria; fu anche tra i 14 fondatori dell’Accademia d’Arcadia. Il Papa lo nominò generale della Chiesa e comandante delle truppe pontificie. Gli Ottoboni furono protettori di Corelli, A. Scarlatti, Händel, nonché legati ai Pamphili e ai Ruspoli (presso cui prestarono servizio anche Gasparini e Caldara, che dedicarono al principe Francesco Maria innumerevoli cantate); forse le Opere sui 31 Benedetto Marcello. Le cantate profane. I testi poetici, a cura di M. Bizzarini, Venezia, Fondazione Levi 2003: p. XIV. 32 Notizie istoriche degli Arcadi morti, Roma, Antonio de Rossi 1720, tomo I, p. 164-167. 208 Capitolo III libretti di Antonio Ottoboni furono rappresentate proprio nel teatro dei Ruspoli33 (e forse anche le sue cantate con musica di Ariosti). A Roma, al seguito del Ruspoli era anche il copista Tarquinio Lanciani (dal 1706 al 1712), nel momento in cui trascrisse il ms. GB-Lbl, Add. Ms. 34056, contenente tre cantate di Ariosti su testo di A. Ottoboni (che ne scrisse circa un centinaio)34. Sul frontespizio si legge: Cantate musicali/ di diversi autori/ Parole dell.ecc.mo D. Antonio/ Ottoboni/ Cavagliere e Procuratore di S. Marco/ Unite in Roma/ L’anno 1709 La paternità ottoboniana dei tre testi di Ariosti è dunque indiscussa; ci preme notare che la lirica Or vantatevi, o pupille è una fonte letteraria nota solo attraverso la musica. Il volume ms. è il primo di 33 34 MICHAEL TALBOT e COLIN TIMMS, cit. Due di queste sono stampate separatamente dalla musica in OTT (cfr. p. 54). I testi poetici 209 una serie di tre con composizioni musicali su testo di Ottoboni (il cui nome è indicato nel frontespizio, fenomeno inedito per i manoscritti di cantate): 1) GB-Lbl, Add. Ms. 34056 (1709) 2) GB-Lbl, Add. Ms. 34057 (1710) 3) GB-Lbl, Loan 91.11 (1713) Tutt’e tre i manoscritti portano l’indicazione “uniti a Roma” e sono stati copiati da Tarquinio Lanciani, copista attivo a Roma presso i Pamphili (1677-94), gli Ottoboni (1690-93) e i Ruspoli (1706-12). L’anno del primo manoscritto, il 1709, è anche quello in cui Händel lasciò il servizio dei Ruspoli (e Caldara diventò al suo posto maestro della cappella del principe); forse i volumi furono redatti per prendere il posto delle cantate che sino ad allora Händel aveva composto in quel luogo e per essere lì eseguite: una prestigiosa operazione editoriale quale rivalsa artistica degli Ottoboni nei confronti dei Ruspoli e della loro magnifica corte35. L’esecuzione delle cantate di Ariosti presso casa Ruspoli sarebbe avallata anche da un altro fattore: uno dei medesimi tre testi di Ottoboni (il testo Augelletto garruletto36, presente in un manoscritto monografico autografo del 1711-1337) fu intonato pure da Caldara, nella stessa corte dei Ruspoli. Una domanda sorge spontanea: per quale motivo Ariosti si cimentò proprio nella poesia di Ottoboni? I suoi versi contenuti nei manoscritti suddetti furono musicati da compositori veneziani (A. Biffi, Pollarolo, M.A. Ziani, Bigaglia) o di altra origine, ma sempre attivi a Roma in questi anni, per la maggior parte al servizio degli Ottoboni e dei Ruspoli (G. Amadori, F. Magini, F. Amadei, Caldara, C. Cesarini, Gasparini, A. Scarlatti). Come mai nei suddetti volumi monografici di cantate si trovano anche cantate musicate da Ariosti il quale, nel 1709, non risulta svolgere attività artistica, come gli altri compositori, negli ambienti romani e neppure in quelli veneziani (con cui i legami degli 35 È una delle tesi avanzate da C. Timms (cfr. COLIN TIMMS, A New Cantata by Domenico Scarlatti (Words by Antonio Ottoboni), in Florilegium Musicae: Studi in onore di Carolyn Gianturco, a cura di P. Radicchi e M. Burden, Pisa, Edizioni ETS 2004, ii., pp. 967-79: 977). 36 Il poeta dialoga con un uccellino, che lo esorta a liberarsi dai lacci di Cupido. 37 Il ms. (A-Wgm, III 2616) contiene cantate composte a Milano e a Roma). 210 Capitolo III Ottoboni erano sempre strettissimi38). Solo a Venezia Ariosti avrebbe potuto conoscere le poesie del ms. GB-Lbl, Add. 34056, raccolte qualche anno più tardi nei volumi dei Trattenimenti (1712-’18)39. Nel 1709 Ariosti avrebbe sì potuto trascorrere del tempo in Italia a causa delle sue mansioni diplomatiche (l’imperatore Giuseppe I l’aveva nominato suo agente presso tutte le Corti e Principi d’Italia)40, ma tuttavia un suo viaggio a Roma non è attestato. La spiegazione è forse da ricercarsi nell’atmosfera di scambio ed osmosi culturale instauratasi tra l’ambiente viennese e quello romano. Dopo la morte di Alessandro VIII, filofrancese, gli scambi politici tra Roma e la cattolica Vienna si erano rinsaldati sotto il suo successore, Papa Innocenzo XII. Il compositore A. Badia, trasferitosi a Vienna sin dal 1693 al seguito della duchessa Eleonora Maria d’Asburgo41, nel 1694 fu ingaggiato dall’imperatore Leopoldo I come compositore di musica presso la sua corte, ove poi rimase sino alla morte (avvenuta nel 1737). Avendo a cuore la sua formazione artistica42, tra il 1694 e il 1697 l’imperatore inviò Badia a Roma per un viaggio culturale; qui il compositore veneziano probabilmente, con modalità a noi ignote, potè conoscere la poesia di Ottoboni e portarla a Vienna ove Ariosti giunse ed operò pochi anni più tardi (nel 1703). Fu dunque probabilmente in ambiente asburgico che avvenne l’incontro tra la poesia di Ottoboni e la musica di Ariosti. Confrontati con quelli di Pariati, i versi di A. Ottoboni appaiono più “eleganti e solenni”43; poiché il poeta sapeva combinare abilmente complessità e semplicità sul piano lessicale e retorico44. 38 Pollarolo era uno dei compositori preferiti di Pietro Ottoboni. Qualche legame tra Ariosti e la casata veneziana degli Ottoboni è tuttavia documentato: il cardinale Pietro Ottoboni, figlio di Antonio, conosceva Ariosti dagli anni del suo soggiorno a Berlino (1697-1703), quando il compositore fu l’oggetto di una disputa diplomatica tra la regina Sofia Carlotta di Prussia e l’Ordine dei Serviti (per i dettagli di questo affare diplomatico, cfr. EBE); in questa occasione Pietro, dal 1701 Viceprotettore dell’Ordine Servita, prese a cuore la causa di Ariosti e della regina di Prussia, procurando di mediare tra i due contendenti e raccomandando il compositore al Cardinal de’ Medici (lettere citate in EBE, p. 57). 40 LOWELL LINDGREN, in GRO, sub voce «Ariosti». 41 Sorellastra dell’imperatore Leopoldo I. 42 JOHANN STEINECKER, in MGG, sub voce «Badia». 43 COLIN TIMMS, cit., p. 379. 44 IBID., p. 974. 39 I testi poetici 211 Il secondo poeta di Ariosti, Antonio Bernardoni (nome arcade: Cromiro Dianio) si colloca insieme a Rolli nel filone della librettistica pre-metastasiana. Fu nominato nel 1701 successore di N. Minato come secondo poeta di corte a Vienna, prima, accanto a Cupeda, sotto Leopoldo I, poi, accanto a Stampiglia, sotto Giuseppe I. Di origini modenesi, fu membro dell’Accademia dei Gelati di Bologna e di quella degli Scomposti di Fano; successivamente, in compagnia di Muratori45 e Zeno, fu affiliato alla veneziana Accademia degli Animosi. Le sue cantate letterarie furono intonate da Ariosti (quattro testi), da G. Bononcini, da Badia e da G.F. Tosi; quelle musicate da Ariosti sono altresì stampate separatamente dalla musica, nelle sue Rime varie46, uscite nel 1705 a Vienna per i tipi di G. van Ghelen e dedicate a Giuseppe I. Le cantate e le canzonette di questa raccolta sembrano anticipare per melodiosità e spigliatezza di ritmo le perfette «ariette» del melodramma metastasiano47, differenziandosi dalle canzoni e dai sonetti, ove lo stile conserva qualche legame con la magniloquenza risonante del Guidi e del Filicaia48. Parallelamente, i Poemi drammatici dell’anno seguente (tra cui si trovano quattro testi impiegati da Ariosti come libretti di melodrammi rappresentati a Vienna: La più gloriosa fatica d’Ercole, Marte placato, La Placidia, Amor fra nemici) sembrano anticipare, nella semplicità e nel decoro dello stile, pur nell’adattamento alle aristocratiche esigenze di corte, quelle istanze di riforma melodrammatica sostenute negli stessi anni da Muratori49 e Zeno: Bernardoni, insieme a G. Gigli, Moniglia e Stampiglia diede consistenza all’azione, attuò un coerente collegamento fra le scene e soprattutto eliminò totalmente le parti buffe che appesantivano l’opera seria di stampo veneziano. Fu insomma uno dei principali fautori della semplificazione del testo per musica nella direzione della riforma incipiente. 45 Cui scrisse 104 lettere (cfr. LODOVICO A. MURATORI , Epistolario, a cura di M. Campori, Modena, Soc. Tip. Modenese 1901-1911). 46 Cfr. BER, p. 54. 47 SILVANA SIMONETTI, sub voce «Bernardoni», in DBI. 48 MARIA L UIGIA N AVA , Pietro Antonio Bernardoni e il melodramma, «Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie modenesi», s. 7, V (1928), pp. 88-138: 109. Quello di M.N. Nava è ad oggi l’unico saggio monografico sul Bernardoni. 49 Cfr. LODOVICO A. MURATORI, Della perfetta poesia italiana, Modena, Soliani 1706. 212 Capitolo III Paolo A. Rolli (nome arcade: Eulibio Brentiatico), membro dell’Accademia quirina a Roma e dell’Accademia degli Intronati di Siena, fu nominato poeta ufficiale della Royal Academy of Music di Londra nel 1716, lo stesso anno dell’arrivo di Ariosti50. Rolli collaborò con Händel, ma nel 1733 fu attivo presso l’”Opera della Nobiltà”, la compagnia rivale di Händel, a fianco di Porpora. Poeta dalla musicalità scorrevole e dallo “stile robusto” (C.I. Frugoni), Rolli, nell’ambito più generale della riforma stilistica promossa dall’Arcadia, contribuì in campo teatrale a quel processo che portò al linguaggio poetico «genialmente semplificato» del Metastasio; così i drammi da lui proposti sulle scene, spesso rifacimenti di precedenti melodrammi, subirono, in sintonia con quelli del collega A. Zeno, una scarnificazione lessicale, concettuale e retorica attraverso l’eliminazione di parole, concetti, immagini a contenuto fortemente metaforico51. Questo processo appare radicalizzato all’estremo per adattarsi alle esigenze del gusto melodrammatico londinese, che prediligeva la drastica riduzione dei recitativi nell’economia del melodramma, a vantaggio delle arie e della spettacolarità delle medesime52: di qui l’ironica e ricorrente definizione del proprio corpus di libretti come una galleria di «dramatici scheletri». Le cantate letterarie di Rolli, ormai vere e proprie “unità melodrammatiche”53, furono musicate da esimi compositori, tra cui Hasse e Händel. L’amore del poeta per i soggetti mitologici si riflette nella prima delle due cantate musicate da Ariosti: Diana sul monte Latmo, stampata nel 1719 anche separatamente dalla musica da J. 50 Nel 1729, anno della morte di Ariosti, Rolli compose in suo onore un sarcastico epigramma: Qui giace il Padre Attilio Ariosti:/ danar ti chiede ancor, se te gli accosti./ Fu vero frate: tutti i giorni sui/ visse e morì sempre alle spese altrui. 51 PAOLO ROLLI, Libretti per musica, a cura di C. Caruso, Milano, Franco Angeli 1993, p. XIX. 52 I recitativi originali nelle fonti dei testi di Händel furono tagliati in modo rilevante per le rappresentazioni; in questa tecnica eccelse il librettista N. Haym (cfr. REINHARD S TROHM, Zum Verständnis der ‘Opera seria’ in Werk und Wiedergabe: Musiktheater exemplarisch interpretiert, hsg. von S. Wiesmann, Bayreuth, Mühl'scher Universitätsverlag Fehr, 1980). Rolli non rinunciò invece alla costruzione del recitativo, fondendo certe caratteristiche del melodramma viennese con quello londinese. 53 Cfr. GIOVANNA GRONDA, Le passioni della ragione. Studi sul Settecento, Pacini, Pisa 1984 («Saggi critici» 16), pp. 121-154. I testi poetici 213 Pickard a Londra54. La cantata era destinata all’esecuzione nei teatri dell’Haymarket e di Drury Lane: forse per questo motivo la sua veste editoriale è quella del libretto singolo, anziché quella della raccolta di poesie, come nei casi precedenti. La lirica è intonata solo parzialmente: sono musicate solo due delle arie della cantata letteraria55, in ossequio alla pratica e al gusto operistico imperante; inoltre il testo è tradotto a fronte in inglese, come era costume per tutte le opere italiane rappresentate a Londra, davanti a un pubblico che non comprendeva l’italiano. La cantata Diana sul monte Latmo godette altresì del privilegio di una stampa musicale (per i tipi di R. Meares). Sottolineiamo come il testo della seconda cantata di Rolli musicata da Ariosti, Già per il tuo rigore, sia noto soltanto attraverso fonti musicali manoscritte (BR3 e E1: si veda al cap. V l’edizione musicale della cantata). 54 Cfr. S1719, cap. II.1.1; per le vicende legate alla circolazione di questa stampa, si veda il cap. II.2.1. 55 Per la discussione sul fatto che questa “cantata” costituisca in realtà una delle prime “arie da concerto”, si veda il cap. IV.4. CAPITOLO QUARTO LA MUSICA 1. Indice tematico delle Cantate 1. Indice tematico delle cantate sicuramente attribuite ad Ariosti1 Si trascrivono gli incipit musicali delle arie e dei recitativi sino al primo verso. Diversamente dalle schede del RISM (indicate ove presenti), sono riportati integralmente tutti gli incipit musicali delle sezioni interne. 1. «Abbastanza delusa»2 S, S, bc [Rec] [Aria] [Rec] 1 L’indice non tiene conto degli ariosi, che sono stati compresi nei recitativi immediamente precedenti o successivi perché loro accomunati dal tipo di verso. 2 Gli incipit fra virgolette caporali indicano che la cantata incomincia con un recitativo, quelli in corsivo che incomincia con un’aria. 215 216 Capitolo IV [Aria] [Rec] [Aria] onti LA , pp. 2 - 5 antata a due ileno icori RISM A II 1 2. «A i, ual c uccio, ual ena, ual ma ti o» La elosia 1 A, bc [Rec] [Aria] [Rec] er la spiegazione delle sigle si veda il cap. III.1.1 (p. 5) per la descrizione di ciascuna fonte, il cap. II.1.1 (p. ). 217 La musica [Aria] onti S1 2 , pp. RISM A 1 2 . «Al t ibunal d Amo e» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] [Rec] onti U, pp. 1-1 antata del i .re .dre Attilio Ariosti RISM A II 1 . . 12 218 Capitolo IV . A S, bc [Aria] Rec] [Aria] onti 2, ff. 22r-2 v (n. 5) antata . «Ama issime ene» [Rec] [Aria] [Rec] S, bc La musica [Aria] onti , pp. 1-5 antata del i .re Attilio Ariosti .A C A, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1, ff. r-11v antata .A [Aria] S, bc 219 220 Capitolo IV [Rec] [Aria] [Rec] onti L2, ff. 2 r-2 r antata a oce ola del i .r Attilio Ariosti . A te bella ca ion de miei sos i i» S, bc [Rec] [Aria] onti 1 S1, ff. 2v- r (n. 15) antata el i .re Ariosti RISM A II 5 21 2) LU, ff. v- r (n. 5) antata del i .re Attilio Ariosti RISM A II 1 21 La musica .A A, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti L2, ff. 2 1v-2 5r antata a oce ola del i .r Attilio Ariosti 1 . S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 2, ff. 25v-2 v (n. ) antata 221 222 Capitolo IV 11. «C e du a ena uesta» S A, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) S1, ff. 2 r- v (n. ) olim el i .re Ariosti 2) 2, n.2 antata a RISM A II 5 ) C ) oce sola del i .r aron d Astor a I I DM 1 2 21 52 1212 La musica 12 C S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 2, ff. v-1 v (n. 2) antata 1 . «C e i mi esta, o dio» [Rec] [Aria] [Rec] S, bc 223 224 Capitolo IV [Aria] onti S 1, pp. 1antata del .re Attilio Ariosti 1 . «C e sento, I ene amata» RISM A II 25 . . 15 RISM A II 25 . . 1 S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 2) s ) S 2, pp. 2 - 2 antata del i .re Attilio Ariosti 225 La musica ) L ff. 1r- v ( ) antata RISM 1 .C S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 2, ff. 1 r-21v (n. ) antata 1 .C [Aria] [Rec] S, bc 1 226 Capitolo IV [Aria] onti 1) 2) S 1, pp. -15 antata del i .re Atti lio Ariosti RISM A II 25 . ) . 1 , pp. 5 - 2 del .re Attilio Ariosti 1 .C S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 1, pp. 1 1-1 antata del i .r Ariosti 2) L , ff. 1r- v (aria ieco dio oss io uel iore antata RISM A II .1 . 2 227 La musica ) LU, ff. 11-1 (aria ieco dio oss io uel iore RISM A II 1 . 1 .C S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 1 2) 1, pp. 22 -22 (n. 5 ) antata di ater Attilio Ariosti ) 1 .C [Aria] 2, ff. 2vantata v (n. ) S, bc 1. 228 Capitolo IV [Rec] [Aria] onti S1, ff. r- v (n.12) el i .r Attilio Ariosti RISM A II 5 2 .C [Aria] [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] S, bc 21 1 229 La musica onti 1) L , 12 r-1 5r antata el i .r Atti lio 2) M , ff. 1r- r el i .r Attilio Ariosti ) , ff. 2 r-2 v antata el i .r Atti lio Ariosti RISM A II 2 1 ) 21. S, 2 l, bc La osa [Allegro strumentale] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 1, ff. 1v-5v [In matita] Attilio Ariosti [in inchiostro] a osa antata RISM A II 52. 2.525 2) S1 2 , pp. 1-5 230 Capitolo IV RISM A 1 2 22. « i mi c io non ado i» A, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 2 . [Aria] 1) s2 2) 1, ff. r- r (n. 12) antata del .e .o Attilio tta io Ariosti S I I DM S, bc 1 La musica [Rec] [Aria] onti , pp. 1 -1 antata di i endo adre Attilio Ariosti 2 . S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) M , ff. 15r-1 r el i .r Attilio Ariosti 2) ) L , 55v-5 v ) LU, ff. 52r-5 v (n. 1 ) 231 232 Capitolo IV RISM A II 1 2 . « cco c e i ito na il au o ete no» 21 5 S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti S1, ff. 1 v-1 v (n.1 ) el i nore Attilio Ariosti 2 . « in sen mi esta co e» [Rec] antata con stromenti RISM A II 5 21 5 S, 2 ob, 2 c al, 2 l, .la, bc 233 La musica [Aria] [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti S1 ff. 1 v-1 v (n.1 ) el i nore Attilio Ariosti 2 . [Aria] [Rec] antata con stromenti RISM A II 5 S A, bc 1 22 234 Capitolo IV [Aria] onti 1) 1, ff. 1 r-15v (n. ) antata [per A] 2) , 1r-2v antata el i .r Atti lio Ariosti [per S] RISM A II 2 1 schedato erroneamente coll’incipit del recitativo che segue l’aria iniziale Su le sponde del rio 2 . S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti S 1, pp. 2 antata del i .re Attilio Ariosti RISM A II 25 . . 1 235 La musica 2 . « u illa, el con esso» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 2) segnalato da MGG ma l irreperi ile ) M , ff. r-1 r el .re Attilio Ariosti . « ileno, c e le [Rec] [Aria] odi» A, 2 l, .la d amo e, bc 236 Capitolo IV [Rec] [Intermezzo strum.] [Aria] onti LA antata alto olo on iolini e iola d Amore RISM A II 1 1. « illi entil, nel tuo bel io de l anni» [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti , pp. 1- S, bc 1 51 237 La musica antata er la oce di o r. col asso com osta di Attilio Ariosti artitura 2. A, 2 l, bc Il nau a io [Aria] [Rec] [Aria] onti S1 2 , pp. 21-2 Il au ra io antata con RISM A 1 2 . « u ie c e ne l abissi» [Rec] A, bc 238 Capitolo IV [Aria] [Rec] [Aria] onti 1, ff. 1 r-1 v antata (n. 5) . « enio c e ama enio [Rec] [Aria] [Rec] olea» S, bc 239 La musica [Aria] [Rec] onti 1) , ff. v- v i i nore Attilio 2) 2, ff. 2r- r (n.1) antata ) M, ff. 5 r-5 v S I I . « i c e intende non ole i miei sos i i» [Rec] [Aria] [Rec] DM 2 A, bc 2 1 240 Capitolo IV [Aria] onti 1, ff. r- v antata (n. 1 ) . S, 2 l, .la, bc [Aria] [Rec accompagnato] [Aria] onti 1) 2) , pp. 1- 1 antata a o rano solo el i . Attilio Ariosto oesia del i .re aolo olli 1, pp. 12-2 antata a o rano solo con . . el i .re Attilio Ariosto oesia del i .re aulo olli 241 La musica . «Il destino e me u c udele» S, bc La Sing-A ademie di erlino ha il veto di riprodurre i microfilm di mss., come questo, che costituiscono degli unica onti s .I S, bc [Aria] [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1, pp. 255-2 2 antata del i .r Ariosti Attilio 242 .I Capitolo IV S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti , pp. 51r-5 v antata el i .r Atti lio Ariosti RISM A II .I [Aria] [Rec] [Aria] A, bc 2 1 243 La musica onti LI, s.n. el . Attilio Ariosti I cfr. cantata n 1. I S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 2, ff. r- r (n. ) antata 2. «L do e d at e teneb e estito» L olmo [Rec] S, 2 l, bc 244 Capitolo IV [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 1, ff. r-12v RISM A II 52. 2.52 2) S1 2 , pp. 1 -1 lmo antata con iolini RISM A 1 2 .L [Aria] [Rec] [Aria] A, bc 245 La musica onti 1, ff. 25v-2 v . «Lisetta, mi t adisti» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) S1, ff. r- v (n.1 ) antata el i .r Ariosti RISM A II 5 2) 1, pp. antata - 21 2 (n. 1 ) onte schedata nell’ .R. .M. di Milano 246 Capitolo IV . «Lontananza c udel, uanto m a anni» S, bc [Arioso] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) L , 5r- v el i .r Attilio Ariosti 2) S1, ff. 1 r-21r (n.5) antata el i .r Ariosti RISM A II 5 .L [Aria] [Rec] S, bc 21 5 247 La musica [Aria] onti 1) S1, ff. r- v (n.1 ) antata el i .r Ariosti RISM A II 5 21 RISM A II 25 . . 2) . «Lun o un lacido io» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) S 2, pp. 1 -25 antata del i .r Attilio Ariosti 2) s 248 Capitolo IV ) . «Ment e do mi a, ice» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] [Rec] onti S1, ff. r- r (n.11) el i .r Ariosti RISM A II 5 21 249 La musica . S A, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 2) , pp. 11 -11 [per S] antata del i nore adre Attilio Ariosti 1, ff. r- r [per A] . «Mio nemico ensie , e c [Rec] [Aria] alla mente» S, bc 250 Capitolo IV [Rec] [Aria] onti L1, ff. 5r- v antata a oce sola di o .no 1. «Mi ate, occ i, mi ate» el i . adre Attilio Ariosti S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) M, pp. 1antata L’attri uzione ad Ariosti dovuta alle altre 2 fonti 251 La musica S 2) I I DM 2 2 1 , pp. 2 5-25 antata di i nore Attilio Ariosti ) L , ff. 2r- v antata el i .re Atti lio 2. «Mo to Amo , nin e, ian ete» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti S1, ff. v-5 r (n. ) el i .r Ariosti antata RISM A II 5 21 5 252 Capitolo IV . « e s atiosi cam i» A, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti L , . (ff. 1r- v) [senza frontespizio] 1, . (cc. 2 r-2 r) antata RISM A II . « ice, uella se e a, amabil nin a» [Rec] S, bc .1 . 25 253 La musica [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) S1, ff. 5 v-5 r (n. ) antata el i n.r Ariosti 2) , p. 1 -25 antata del i nore Ariosti A RISM A II 5 . 21. 5 . « on [Rec] [Aria] [Rec] ena ma io del mio to mento» S, bc 254 Capitolo IV [Aria] onti 1) , cc. r-5 v antata. el i Atti lio Ariosti RISM A II 2 1 2) B7 ) M, pp. 1 antata -1 S . « on o lio udi ti, o co e» I I S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti LA, p. -55 antata a oce ola con asso ontinuo DM 2 2 1 255 La musica RISM A II 1 .O 1 S , bc [Aria] [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) S 2) per S], pp. 1 -1 antata del i .re Attilio Ariosti 2 [per S], pp. Attilio Ariosti antate cc i belli ma tro o rano et basse continue o su erbi er (aria cc i belli ma tro o su erbi pp. 11-12 [per ] Aria del i .re Attilio Ariosti 256 Capitolo IV ) LL (aria Amor occ i non a , pp. 25-2 [per S] [solo la parte del S] 5) S 1 [per S] RISM AII 25 . .« illi, o dolce nome» . 1 S, bc [Rec] [Aria] onti 2, s.p. A illi Intonazione anonima recante lo stesso incipit ( illi, o dolce ) segnalato in I quest’ultimo colloca la fonte nell’archivio della Sing-A ademie di erlino, ove per oggi non pi presente. RISM A II 5 . 1 . .« [Rec] mise ia d amante co e» A, bc 257 La musica [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) 2) 1, cc. 1r- v antata di . Attilio Ariosti [per Alto] [per Soprano] ) s [per Alto] ) s [per Soprano] 5) S 2 [per Soprano] RISM A II 25 . .O [Aria] S, bc . 258 Capitolo IV [Rec] [Aria] onti L2, cc. v-12r antata a oce sola del i .r Attilio Ariosti 1. P [Aria] [Rec] [Aria] [Rec] S, 2 l, bc 259 La musica [Aria] onti LA, pp. 5 antata a oce sola con iolini RISM A II 1 1 schedato erroneamente come ace [sic ] al suono del mio canto 2. « asto i, o oi c in ianto» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti , cc. r- r antata. el i .re Atti lio Ariosti RISM A II 2 1 5 260 Capitolo IV . « asto , asto e, ai into» A, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1, cc. 2 r- 2r antata [l’attri uzione ad Ariosti si trova sul primo foglio] .P S, 2 l, bc iana sul monte Latmo [Aria] [Aria] La musica 261 onti 1) S1 1 in Si ] RISM A1 1 -1 1 2) 2 [in Sol] antata del i .r Attilio Ariosti ) S [in Sol] Aria [compare solo la prima aria] . « esan t o o su l alma» A, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti S1 2 , pp. 1 -2 ibert ac uistata in amore antata RISM A 1 2 262 Capitolo IV .P S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) i 1, pp. - (n. 11) on. Attilio onte schedata nell’ .R. .M. di Milano 2) S1, ff. 5v- v (n. ) el i .r Ariosti RISM A II 5 21 5 iante erbe odorose .« oic idalbo amante» schedato come Incolte S, bc Rec] Anche se l’inci it dell’aria recita Incolte piante si schedata la fonte come iante incolte poiché l’espressione forma con le parole seguenti un verso ottonario ( iante incolte erbe odorose e meglio si confa al successivo assetto metrico dell’aria (tutta di ottonari). 263 La musica [Aria] onti S 1, pp. antata del i .re Attilio Ariosti RISM A II 25 . .P . 1 S, .la d amo e, bc [Largo strumentale] [Aria] [Rec] [Allegro strumentale] [Aria] onti 1) 2) S2, cc. 1 r-1 r (n. 12) antata a una oce sola con la iola d Amore Ariosti 2 el i . Attilio 264 Capitolo IV ) . « ual ca a iamma io senta» S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti S1, cc. r- 5r (n. ) el i .r Ariosti RISM A II 5 21 55 schedato erroneamente come uel [sic ] cara iamma io senta La musica .Q S, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 2, cc. 5rantata v (n. 11) 1. « uanti sos i i» [Rec] [Aria] S, bc 265 266 Capitolo IV [Rec] [Aria] onti 1) S1, cc. v- v (n. 1 ) antata el i .r Ariosti RISM A II 5 21 5 2) 2. Q S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) L , cc. 1r- v (n. 2) el i .r Attilio Ariosti 2) S1, cc. 21v-25v (n. 2) antata del i .r Ariosti RISM A II 5 21 51 schedato erroneamente 267 La musica come uel an el sic c e sciolto nola ) L , s.n. antata el .r Attilio Ariosti ) C, pp. 1 -151 antata del . Attilio Ariosto . « ui do e ai col i di nemica so te» S, 2 l, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti LA, pp. -111 antata a oce ola con iolini RISM A II 1 1 5 268 Capitolo IV .R S, bc [Aria]5 [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti , pp. 2 antata del i .re Attilio Ariosti 5 Si schedata la fonte con l’inci it Risolvo adorarvi perché l’espressione Risolvo ad adorarvi , presente sotto la musica, costituire e verso ipermetro nella strofa di senari. 269 La musica .R L amo onesto S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1) S1 2 , pp. - (n. ) Amor onesto antata RISM A 1 2 2) . [Aria] [Rec] s1 S, bc 270 Capitolo IV [Aria] onti S1, cc. v-1 r (n.1 ) antata el i .r Ariosti RISM A II 5 . S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti , cc. 1 r-1 r antata. el adre . Atilio Ariosti . [Aria] S, bc 21 271 La musica [Rec] [Aria] onti S1, cc. v- v (n. 5) antata el i .r Ariosti RISM A II 5 . S, bc Lontananza [Aria] [Rec] [Aria] onti 2, cc. 5 r-5 v (n. 12) antata 21 5 272 . Capitolo IV I S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 2, cc. 2 r- 2r (n. ) antata 1. «Simbolo del mio ben, osa entile» [Rec] [Aria] [Rec] S, bc 273 La musica [Aria] onti M , 1 r-22v el .r . Attilio Ariosti 2. «Stanco di la ima , asto edele» A, l, bc [Rec] [Aria] [Rec] [Aria] onti 1, cc. 2r- v (n. ) antata i on. Attilio cfr. cantata n 2 274 Capitolo IV . S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti M , cc. 11r-1 v el .r . Attilio Ariosti .T [Aria] [Rec] [Aria] onti S, bc 275 La musica 1. S1, cc. Aria r- 2r (n. 1 ) [in mi] RISM A II 5 2. 2, cc. antata v- 21 v [in re] . T S, lc, bc La Sing-A ademie di erlino ha il veto di riprodurre i microfilm di mss., come questo, che costituiscono degli unica onti s . U S, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 2, cc. 15r-1 v (n. ) antata 276 Capitolo IV . I A, bc [Aria] [Rec] [Aria] onti 1, cc. 5r- v (n. 2) antata . Indice delle antate erdute i c e tro a Amore le a schedata in e reit o ematic a talo ue 1 1 , ed. arr S. roo , e or , 1 , p. 1 on an i li occ i schedata in I , p. 1 . Indice delle antate di attribu ione incerta Aure o oi c acco liete attri uita a igaglia (in bl Add. 1 212 e I c antate 15 il nome di Ariosti compare solo in I c, 22 . fr. anche MGG, II, 1 A i dell alto monte [Il ratto di roserpina], attri uita a Marcello il copista, la grafia e il tipo di carta (dimensioni, rastri, filigrane) della copia che indica la paternit ariostesca (in I c . 1 sono gli stessi di un esemplare che da attri uirsi a Marcello (in I c GG. 1 ) Indicate in LI 1, p. 5 . La musica 277 on torni mai uella unesta notte attri uita a onti (in c Ms. 1515 Ms. 22 , s Mus. .1 il nome di Ariosti compare solo in , Ms. e 2 . ia con me illide irata attri uita a ago (in bl Add. e Ms. 1 in A n, Ms. 1 5 5 l’intonazione anonima (il nome di Ariosti compare sulle prime due cantate del ms.) ui do e il ato rio. attri uita a Mancia (in s e u, o .mus.i.hs. 1) l’intonazione anonima in n 21. fr. anche MGG, I, p. 2. Le cantate la st uttu a musicale Il cor us di cantate di Ariosti comprende composizioni . Si tratta di una produzione considerevole, ma numericamente un poco inferiore a quella di suoi contemporanei ( aldara, ca. , Giovanni ononcini, ca. 2 , erti, ca. 1 , Gasparini, ca. 1 , Lotti, ca. , Al inoni, ca. ). L’organico delle cantate ariostesche assai vario sul piano strumentale si adottano insoliti strumenti solistici, concertanti con la voce e il asso continuo, quali la viola d’amore (di cui Ariosti era eccellente virtuoso), lo chalumeau, il flauto, il violoncello, oltre ai pi tradizionali violini. 1. truttura ormale ssendo la cronologia delle cantate alquanto approssimativa , non si pu del tutto escludere che Ariosti a ia composto antate sin dalla fine degli anni ttanta, il periodo della sua formazione presso l’ordine dei Serviti di ologna (nel 1 il compositore nominato organista della loro asilica, S. Maria dei Servi). Il periodo di produzione pu quindi estendersi dalla fine degli anni ttanta del Seicento sino alla Se si conteggiano anche i duetti, le arie staccate e le scene da camera (elencate al cap. I . ), nonché il mottetto uam sua is il catalogo sale a 1 numeri. Secondo la cronologia proposta al cap. II.1. , che si deduce in gran parte dalla datazione dei mss e dunque costituisce solamente un termine ante uem le prime composizioni risalire ero agli anni del Seicento. 278 Capitolo IV fine degli anni enti del Settecento (il 1 2 l’ultima datazione che possediamo, della cantata cc i belli ma tanto su erbi, composta a Londra). In quest’arco temporale di quarant’anni a ondanti, il genere della cantata da camera aveva su ito varie e sostanziali trasformazioni all’interno della sua struttura formale, sulla scia del melodramma. proprio intorno all’ultima decade del Seicento che la cantata razionalizza la propria forma, strutturandosi in un’alternanza sempre pi regolare di parti recitative e parti canta ili pi tardi, negli anni ’2 del Settecento, il suo schema formale si chiarificher nella successione Recitativo-Aria-Recitativo-Aria (o nella versione a reviata AriaRecitativo-Aria), ove l’aria sar quasi esclusivamente quella col Da apo1 (parallelamente all’opera coeva11). La successione delle arie (A), dei recitativi (R) e degli ariosi (Ar) distri uita nelle cantate di Ariosti cos come appare dal grafico seguente R-A-R-A-R-A R-A-R-A-R (2 cantate) ( cant.) A-R-A ( A-R-A-R-A R-A (5 cant.) ( cant.) fr. MAL R-A-R-A cant.) A-A (1 cant.) (21 cant.) A-R-A-R (1 cant.) R-Ar-A A-R-Ar-A R-Ar-A-R-A Ar-R-Ar-A-R-A 1 cant. LM D, orm and t le in carlatti s amber antatas (1 ), pp. 1 -2 . 1 S , p. 12 . 11 R I ARD S R M, Italienisc e ernarien des r en ettecento 1 lecta musicologica , I 1 (1 ), p.1 2. he Music Revie Ana- 279 La musica Si vede come, accanto alle pi canoniche successioni RARA e ARA ( 2 delle cantate), compaiano in uona misura (21 ) successioni comprendenti ariosi (forme i ride fra il recitativo e l’aria) nella strutturazione formale delle cantate Ariosti si rivela quindi in uona parte legato agli schemi secenteschi. uttavia, nelle sei cantate della stampa londinese del 1 2 (cfr. cap. I.1.1), si pu notare l’ aggiornamento di Ariosti alle nuove tendenze formali qui non vi sono ariosi, ma solo gli schemi semplificati RARA ARA, ormai gli unici presenti nelle arie d’ pera degli anni enti del (che Ariosti stesso compose negli stessi anni per le scene londinesi oriolano 1 2 , es asiano A uilio e Artaserse, 1 2 , ario, 1 25, Lucio e ro, 1 2 ). D’altra parte notiamo come Ariosti adotti questo schema semplificato anche in talune cantate il cui testo fu musicato da altri compositori (n , 1, intonate dal contemporaneo aldara e da Sarro12), mentre conservi quello di matrice secentesca rispetto a Gasparini e al pi giovane e ser (n 25, 5 ). Ariosti adotta poi le stesse soluzioni dei contemporanei Monari (ARARA), G. ononcini (RARAR), adia (RARA) e dei pi giovani orsile (RARA), . Marcello (RARA), orpora (ARA), Sammartini (ARA, RARA). Ariosti RARARA (25) as a ini Calda a e se Antino i Sa o RARA 12 ARA ( ) ARA ( 1) Arioso-RAriosoARA (5 ) AriosoRAriosoARA ( 5) ARAR RARA RARA ARAR Si fa riferimento alla numerazione delle cantate del cap. II.1.1. 280 Capitolo IV er quanto concerne gli ariosi, presenti in 1 cantate di Ariosti (n. , 1 , 1 , 25, 2 , , , , 5, , 51, 52, 5 , 55, 5 , 5 , 2, 1), si distinguono tre tipologie a) Ariosi di poche battute che si ripetono, sullo stesso testo, all’inizio e alla fine di un recitativo, incorniciandolo; oppure ariosi che interrompono per poche battute il recitativo, che poi ricomincia e prosegue sino alla conclusione (questi ultimi sono esclusi dal computo di cui sopra) ) Recitativi con avata c) Ariosi indipendenti Le cavate possono essere di notevoli proporzioni e contenere gran copia di ripetizioni testuali, come quello al termine del recitativo della cantata n. [ sempio 1 avata, R1] La musica 281 Si tratta, sia nel caso della cavata che in quello dell’arioso, di stilemi prettamente secenteschi, nati con la funzione di addolcire il passaggio dal recitativo all’aria seguente e gi in disuso nelle cantate del primo Settecento1 il loro impiego in Ariosti ne attesta la datazione pi alta (cfr. ronologia, ove confermato che le suddette cantate, esclusa la n. 5 , risalgono al massimo al periodo viennese-italiano1 ). Dell’ aria cavata ci d la definizione il teorico Giuseppe Salvadori per formare cavate si utilizzava un intero endecasilla o oppure s impiegavano due versi contigui di un recitativo i versi erano musicati non, come di consueto, a mo’ di recitativo, ens come un aria , ossia in uno stile lirico e canta ile cos l aria era estratta , cavata da un tipo di verso in origine destinato ad altro scopo15. uanto poi agli ariosi autonomi e di ampie proporzioni presenti in Ariosti, essi prediligono il modo minore, il metro ternario in 2 e il tempo Largo (impiegati anche nelle arie, per es. in i con ien so rire in ace, A1), come si vede nell’esempio seguente 1 La cavata cominci a perdere prestigio, nell am ito della cantata, attorno al 1 1 . Dopo la splendida fioritura secentesca (con G. arissimi, A. esti, A.Stradella e altri), infatti, s assiste a una diminuzione delle cantate con cavata. ale para ola discendente si pu osservare anche all interno della produzione cantatistica scarlattiana fino al 1 , infatti, a ondano, all interno della sua produzione, gli ariosi posti al termine del recitativo nelle cantate pi tarde, invece, gli ariosi sono impiegati con molta parsimonia. fr. LI IMMS, e a ata at t e time o i aldi in uo i tudi i aldiani. di ione e cronolo ia critica delle o ere a cura di A. anna e G. Morelli, irenze, lsch i 1 , p. 51e . sulle cavate di Scarlatti cfr. anche D ARD . D , A. carlatti is i e and or s, nuova ed. a cura di . al er, Arnold, London 1 , pp.1 -2 e - . 1 . 1. 15 A L A RI, i lessioni teoric e sul eatro er musica nel eicento a oetica toscana all uso di iuse e . al adori, in era ibretto I, irenze, lsch i 1 . 282 Capitolo IV [ sempio 2 Arioso, n 51, dopo R1] er i profondi rapporti di affinit che legano Ariosti all’am iente veneziano coevo (sottolineati nel cap. II.21 ) non forse errato parlare di un affettuoso omaggio da parte del compositore al secentesco Lamento. Gli a etti dolorosi (in tutte le loro molteplici gradazioni, dalla pena pi lieve al tormento pi intenso) sono del resto predominanti su quelli giocosi nei testi delle arie del compositore (cfr. a ella , p. ). 1. r anico strumentale In un quadro del pittore polacco noch Seeman r.1 (da cui il fran1 In realt la presenza effettiva di Ariosti a enezia documentata per due soli anni, in occasione della rappresentazione dei suoi melodrammi al eatro di S. Salvatore ( irsi 1 ed ri ile, 1 ). 1 onservato a Londra, ritish Museum. La musica 283 cese ean Simon trasse nel 1 1 un’incisione1 ) Ariosti ritratto col suo strumento a fianco la viola d’amore. a erlino, nel castello di Lietzen urg, che per la prima volta attestata l’attivit di Ariosti come strumentista, oltre a quella di cantante e compositore in particolare egli si esi iva, suonando la viola d’amore, nelle esecuzioni da camera organizzate e dirette dalla regina Sophie harlotte di russia. L’attivit di virtuoso strumentista documentata anche a ienna, nella cappella di corte1 , e a Londra, ove il 12 luglio 1 1 egli esegu al ing’s heatre un a solo per viola d’amore tra un atto e l’altro dell’ pera Amadi i di aula di ndel2 fu proprio lui d’altra parte a introdurre in Inghilterra questo strumento di origine ara a21, suscitando un grande interesse nel pu lico e fornendo alla sua tecnica un contri uto innovativo22. Le cantate del compositore non potevano dunque non accogliere il tim ro del suo strumento, che venne introdotto per la prima volta in questo repertorio e praticato successivamente solo in rare occasioni 2 . Le caratteristiche tim riche della viola d’amore risiedono nelle corde aggiunte di risonan a la nuova accordatura dello strumento descritta dal compositore nelle sue e ioni . Si osservi per esempio il preludio strumentale di ur al in entil io 1 Descritta in . SMI , ritis e otint ortraits ein a escri ti e atalo ue o ese n ra in s rom t e Introduction o t e Art to t e arl art o t e resent entur , London, enr Sotheran o. e . oseda 1 , iv, p. 1 . sitting, directed slightl to left, facing and loo ing to ards right, ig, collar open, loose go n, right el o on harpsicord to left, hand to chec , left hand on violin hich, ith o , music and in stand lie on the harpsicord, oo -shelvs in ac ground to right ( . 1 , Su . 122, . 1 ). 1 Le cantate ed arie di Ariosti si distinsero particolarmente presso la corte viennese per il virtuosismo e l’innovazione dell’accompagnamento strumentale anche . u , Marc’Antonio iani e A. aldara composero cantate con strumenti nel medesimo am iente. Dopo il 1 le parti d’accompagnamento delle opere vocali divennero a ienna il terreno prediletto dai compositori per la sperimentazione di nuovi stili strumentali cfr. DAGMAR GL AM, ur instru mentalen irtuosit t in der iener o a elle 1 1 sterreichische Musi zeitschrift L I (2 1), pp. 2 - . 2 uesta anche la data del suo primo viaggio a Londra. 21 S. M AG L , ent ears on t e iola d Amore, he onsort I (1 ), pp. - . 22 A ILI ARI S I, i antatas and essons or iola d Amore, ologna, orni 1 ( i liotheca Musica ononiensis , I 12 ). 2 Ad es. nella cantata Irene sde nata di A. Marcello. 2 i antatas and i essons or iola d Amore Alla aest di ior io e della ran rita na, London, alsh 1 2 . 284 Capitolo IV la, in cui la viola d’amore solista (evidente il isticcio nell’incipit del testo) Ariosti sfoggia il suo virtuosismo nei passaggi a doppie terze, icordi, tricordi e arpeggi, da lui stesso molto pro a ilmente E. Seeman jr: Ritratto di Attilio Ariosti (Londra, British Museum) interpretati25 25 uello della viola d’amore uno dei capitoli pi studiati del compositore cfr. S , L A S, LAIR R ,M R R S L M, A oncert o aro ue usic or iola d Amore ournal of the iolin Societ of America I 2 (1 1), pp. ARR DA S, e iola d Amore, ois de oulogne, aleso en 1 M R R S L M, e iola d Amore and Its iterature, he Strad L III 1 (1 ), pp. 25 -25 , 2 I primi esempi di composizioni con viola d’amore sono i melodrammi prodotti ad Am urgo, le opere di . i er e quelle di Ariosti (il primo in cui si identificano la figura del compositore e quella del virtuoso) dal III sec. la voga per questo strumento si estende all’ uropa occi- 285 La musica [ sempio introduzione alla cantata n. ] La viola inserita nell’organico di altre sei composizioni ariostesche (se comprendiamo anche le arie staccate), anche se non riveste pi il ruolo di solista (vedi ta ella seguente). Ma in Ariosti altri strumenti concertanti aggiungono i loro tim ri a quello del ontinuo il violino, il violoncello, il flauto, l’o oe e lo chalumeau. Le cantate con strumenti costituiscono complessivamente il 1 del cor us cantatistico si pu dunque a ragione affermare - come gi intravisto da . Schmitz2 - che Ariosti prosegue e rinvigorisce la tradizione strumentale olognese, sia sul versante della cantata da camera che in opere strumentali specifiche2 . dentale e centrale con la vasta produzione di opere da camera e solistiche di . Stamic, .A. offmeister e . ler, per poi declinare nel I sec. 2 S , p.1 . 2 ra le opere pi degne di nota, i 1 i ertimenti per vl. e vlc. e i e i per viola d’amore e ontinuo. 286 Capitolo IV A) CANTATE e ARIE con archi28 a rocella tem estosa a osa, cantata ileno c e le rodi tutte d amor (cantata) reme l onda e isc ia il ento Il au ra io, cantata i er il tuo ri ore (cantata) In ciel amate e belle amate (aria) do e d atre tenebre estito lmo, cantata asce al suono del mio canto (cantata) ur al in entil iola (cantata) ui do e ai col i di nemica sorte (cantata) on a e amorosa c e al bel elsomino (aria) tanco di la rimar astor edele (cantata) ortorella edo ella (cantata) 2 iolini 2 iolini, iola d amo e 2 iolini 2 iolini, iola 2 iolini, iola 2 iolini 2 iolini iola d amo e 2 iolini 2 iolini, iola iolino ioloncello ) CANTATE con fiati (legni) uanto ossente Amor atmo cantata) iana in 2 lauti 2 ) CANTATE e MOTTETTI con archi + fiati (legni) in sen mi resta core (cantata) uam sua is est (mottetto) 2 2 2 oboi, 2 c alumeau , 2 iolini, iola 2 oboi, 2 iolini, iola Le cantate vengono citate per incipit dei versi (per l’elenco completo cfr. p. 1 2). L’estensione dei flauti, impiegati all’unisono, fa -do5. Si tratta di flauti soprani non compare in partitura nessuna indicazione che consenta di sta ilire con certezza se si tratti di flauti diritti o traversi. La musica 287 L’impiego del flauto e del violoncello solisti non cos usuale per questo repertorio il flauto presente nella sola cantata iana on ount atmos di Ariosti di argomento mitologico, con funzione di intermezzo fra le due strofe dell’aria viene impiegato anche nell’accompagnamento di cantate di A.M. ononcini e A. Scarlatti, poi da Sarro, orpora e asse. Ancor pi raro l’uso del violoncello solista, presente nella cantata ortorella edo ella e negli emiliani Ga rielli e G. ononcini 1. L’o oe e lo chalumeau 2 (quest’ultimo introdotto nel 1 nell’orchestra d’opera di ienna e qui assai impiegato dai compositori sino al 1 25, cos come l’o oe ) compaiono invece, nelle cantate di Ariosti, come strumenti di rinforzo degli archi . La presenza dell’o oe nell’organico delle cantate e dei mottetti, assai inusuale in area olognese fra i contemporanei, mentre comune in area napoletana 5 (in A. Scarlatti, Sarro, Durante, orpora, Gian . De Ma o e Mancini), anche oltre la met del Settecento. Ariosti scrisse dunque pagine nuove nella storia della cantata olognese con accompagna- S , p. 1 . SARA DI I, ue lori di io anni ononcini ritro ate, Rivista Italiana di Musicologia II 2 (2 2), pp. 2 -2 . 2 Strumento ad ancia semplice della famiglia dei legni, simile al clarinetto ma con tim ro pi vicino all’o oe aveva un’estensione di una undicesima ed era privo di portavoce, dunque capace di produrre solo le note ondamentali con una gamma dinamica assai ridotta. Introdotto agli inzi del Settecento, si diffuse specialmente a ienna ove fu impiegato come strumento o ligato nelle arie di opere e cantate di Ariosti, dei fratelli ononcini, di aldara, u , Gluc composero cantate con chalumeau anche onti e ivaldi cfr. anche A G LA M. , e alumeau and Its usic, American Recorder III 1 (1 ), pp. - e MI A L AL , i aldi e lo c alumeau Rivista Italiana di Musicologia (1 ), p. 15 -1 1 1 . GR , sub oce halumeau . er l’orchestra di corte di ienna fu scritto per es. l’oratorio di Ariosti abuccodonosor (li r. I nm A n u s) nella arte seconda gli o oi sono uniti ai fagotti e ai violini per accompagnare un coro di 1 assi nell’aria di a uccodonosor i iubili e este i si aggiungono invece alle trom e, alle arpe, ai liuti, alle viole e ai mandolini. La stessa funzione assumeva lo chalumeau nelle cantate di onti cfr. AR LI RIM R MA , Instrumental corin in t e amber antatas o rance R MA , sco onti in tudies in usicolo . ssa s in t e istor t le and iblio ra o usic in emor o len a don ed. . . ruett, hapel ill, Memphis State niversit , 1 , pp. 2 5-25 . 5 e compose anche ertoni in area veneziana. 1 288 Capitolo IV mento strumentale, dopo Giovanni . olonna , Giovan . assani e Ristori, forse stimolato dalle sonorit degli organici strumentali che accompagnavano le cele razioni liturgiche negli spazi vasti e risonanti di S. etronio a ologna (qui erti per primo introdusse l’o oe nell’orchestra che accompagnava le arie degli oratori ). na parola infine sul trattamento del cem alo, che in alcune cantate scritto su due righi con una parte o ligata in chiave di Soprano particolarmente degno di nota il Largo finale di urie c e ne l abissi u ille di ine A2) con figurazioni ostinate del cemalo in sestine, di una drammaticit intensa e contrastante con le parole accorate del testo, per questo paragonato alla gluc iana aria di reste . . Lo stile di A iosti nel contesto coe o ell’am ito degli studi sulle cantate, l’attenzione maggiore stata riservata all’indagine intorno al contesto storico ov’esse videro la luce, mentre ancora poca considerazione ha ricevuto lo studio delle specificit e varianti linguistico-musicali del singolo compositore in relazione a quelle dell’epoca come recentemente stato affermato 1 sem ra che le varianti stilistiche possano emergere a fatica da quella u molto pro a ilmente olonna a impartire al giovane Ariosti i primi rudimenti musicali a ologna, in S. etronio, ove il fanciullo fu uer cantor dai ai 1 anni (1 2-1 ) nel coro e suon nell’orchestra. LISA . L I , a musica sacra alla ine del sec. II a olo na e odena Musica d’oggi , I (1 2), pp. 151-15 . sempi di una siffatta scrittura estesa del ontinuo sono documentati anche in area napoletana in manoscritti di ergolesi e ietro A. Guglielmi (ringrazio il prof. R. Meucci per la sua consulenza). S , p. 1 2. L’operazione resa difficile, rispetto al melodramma, dalla dispersione enorme dei testimoni l’unico studio sistematico su questo argomento rimane ancora ad oggi quello di Schmitz del lontano 1 1 G S MI , Gesc ic te der eltlic en olo antate Leipzig, rei opf rtel 1 1 . 1 L’epoca stessa, con la sua prassi relativamente leggera per quanto riguarda la propriet artistica, ci consiglia di vedere, nella singola composizione, l’espressione pi di un periodo storico musicale che di un artista specifico (G RI D D. RA D RG, a cantata da camera a oce sola nel rimo ettecento a a oli omenico arro 1 1 in a canta ta da camera nel arocco italiano cit. pp. -1 5). La musica 289 ne ulosa impenetra ile costituita dalla oin del tempo. Di pi , laddove l’analisi stilistica viene affrontata 2, essa condotta quasi esclusivamente con lo sguardo rivolto al testo interpretando alla lettera l’espressione di . Gianturco (la cantata un genere poeticomusicale ), i musicologi hanno solitamente indagato i meccanismi musicali della cantata con riferimento quasi esclusivo ai passi ove essi incarnano o dipingono certe immagini semanticamente incisive della parola poetica. Senza negare la valenza madrigalisticamente espressiva della cantata, ci sem ra altrettanto interessante affrontare in forma pi sistematica l’esame della morfologia e della sintassi di queste composizioni, cercando di evidenziare quali siano i tratti comuni alla sintassi dell’epoca e quali le varianti linguistiche dell’Ariosti, verificando poi queste ultime sulla ase del confronto tra le intonazioni di uno stesso testo. rima di affrontare questo discorso, vorremmo per concentrarci sui motivi d’apertura delle cantate e analizzare le modalit ariostesche di intonazione della prosodia del verso e di costruzione della frase musicale. i pu forse gettare qualche luce sullo sviluppo delle tecniche compositive di sviluppo motivico tra Sei e Settecento, etichettate di solito, genericamente, come orts innun ( continuazione li era ). 1. I moti i d a ertura delle arie inda ine sui meccanismi di costru i one della rase L’aria il cuore espressivo e formale della cantata, la sezione tecnicamente pi ela orata e il momento esteticamente pi importante 2 Specie in alcuni studi monografici usciti dopo gli anni ’ tra i pi significativi, quello su Mancini ( S I RIG , e ecular antatas o rancesco ancini, Ann Ar or, niversit of e or 1 5), su D’Astorga ( AR S A L LADD, e ecular antatas o manuele Astor a, Ann Ar or, niversit o. . 1 2) e su Sarro (D. RA D RG , ur esc ic te der eltlic en olo antate in ea el im r en ettecento ie olo antaten on omenico arro 1 1 , ran furt a. M., Lang 1 1 ( uropaische ochschulschriften, Musi issenschaft ). AR L GIA R , e Italian e enteent entur antata A e tual A roac in e ell nc antin ill usic oetr and rama in e ulture o t e enaissaince. ssa s in onour o . . tern eld, ed. . ald ell, . lleson and S. ollen erg, ford, larendon ress 1 , pp. 1-51 51. 290 Capitolo IV per l’epoca di qui partita la nostra analisi. Delle 1 arie presenti nelle cantate di Ariosti la maggior parte (il ) presenta una a 5 a o Anla e pi o meno complessa e articolata (A A, A A’, AA’ AA’, AA AA) aderendo a questo tipo formale, Ariosti si allinea con le tendenze linguistiche dell’epoca, poiché l’aria d’opera e di cantata si era cos standardizzata a partire dall’ultimo decennio del Seicento. Si riscontrano tuttavia nelle cantate altre tipologie formali arie con struttura tripartita senza da apo, arie strofiche (di cui una monostrofica) e, in numero lievemente maggiore, arie ipartite Aria tripartita con Da apo Aria tripartita Aria ipartita A AA’ A’ AA A A A AA A AA A AA (155 arie) ( arie) A AA’ A AA (11 arie) Aria stroArietta fica monostrofica AA’ AA’A’’ A (2 arie) (1 aria) onfrontando la struttura delle arie d’Ariosti con quella delle corrispondenti intonazioni dovute ad altri compositori ( en cfr. ta elle A e , p. 2 2), si osserva come in due rani (n 2 , 1 2 ) il compositore si differenzia sia dal contemporaneo Al inoni che dal pi giovane orpora, per l’adozione della struttura ipartita anziché di quella tripartita con Da apo. L’aria deve il suo carattere al motivo d’apertura che assume un tempo e un metro adeguato all’affetto del testo in Ariosti i tempi lenti n elenco delle Arie delle cantate, catalogate in ase al movimento, tempo, tonalit , affetto, voce, si trova in fondo a questo capitolo ( a ella ). 5 spressione usata da R. Strohm (cit. Analecta musicologica , I 1 (1 ), p. 1 1 e segg.) per denominare la struttura divenuta predominante nell’aria d’opera degli anni enti del Settecento, grazie a una generazione di compositori ( inci, asse, ergolesi) che posero le asi dello stile moderno e ad un poeta, Metastasio, che forn loro l’indispensa ile ase letteraria. La consuetudine di Ariosti di ripetere una o pi sezioni di un’aria col segno frequente anche in Alessandro Scarlatti cfr. S , p. 1 . er la numerazione si fa riferimento alla a ella (p. ). 291 La musica ( Largo , Lento , Adagio , Andante ) sono molto ricorrenti ( 2 arie). Il compositore pone particolare cura nella scelta del metro musicale, che quasi sempre viene ad adeguare il suo piede metrico-ritmico alla prosodia del verso gli accenti interni del verso intonato, sono cos posti sui tempi forti della attuta (oppure evidenziati da durate maggiori o da melismi). asti osservare le seguenti tipologie metriche, di tipo inario o ternario, impiegate dall’autore in presenza dei divesi metri poetici ttona io accenti [11 A1] e sillaba - arie con metro ternario () [11 A2] - 5 arie con metro inario Sena io accenti 2 e sillaba - [12 A2] [1 metro A1] - 5 arie con metro ternario arie con metro inario Anche all’interno di un tempo de ole della attuta (per es. la seconda semiminima in ) si pu distinguere un tempo forte ed uno de ole. on rientrano nel computo le arie con versi misti. 292 Capitolo IV Settena io accenti 1 2 , nario [1 A1] () [ sillaba - 25 arie con metro i () [ 5 A2] - uina io accenti 1 2 e [52 A2]() sillaba - arie con metro inario () A1] - 12 arie con metro ternario ecasillabo accenti , , [21 A2] [2 e () arie con metro ternario sillaba - 2 arie con metro inario () A1]- arie con metro ternario La musica o ena io accenti [25 A2] e 293 sillaba - 2 arie in tempo ternario In alcuni degli esempi sopra riportati si potre e apparentemente notare una discrepanza tra gli accenti interni dei versi e l’accentazione musicale nell’esempio relativo al verso senario in , la scelta del compositore di porre gli accenti musicali sui tempi de oli della attuta (sulla seconda e sulla quarta semiminima del metro ) motivata dalla volont di evidenziare una figura sintattico-ritmica e e q e e q allo stesso modo, nell’esempio relativo al verso quinario in , si nota che l’accento forte della attuta posto in corrispondenza della quinta silla a del verso quinario, eludendo l’accento forte del verso sulla quarta in questo caso evidente la scelta stilistica del compositore, di impiegare un contrattempo per animare la ritmica del movimento. Lo stesso procedimento viene attuato anche nelle arie in tempo mosso a carattere di danza (cfr. l’aria A2, che reca l’indicazione Saraanda ), ove uno stesso modello ( attern ritmico si ripete ostina tamente per tutta la durata del rano. In questi casi la forza pervasiva del ritmo musicale prevale intenzionalmente sull’accentazione poetica grammaticale . orse, gli esempi citati possono costituire una sorta di versione scritta di quel ru amento di tempo (qui realizzato con uno spostamento in contrattempo della silla a accentata del verso) affidato all’esecutore di musiche da camera’ lo stile da camera ammetteva infatti l’intervento competente dell’interprete, di cui era ammirata la capacit di manipolazione del rano secondo gusto 51. 5 attern il secondo livello del tem o inte rale ritmo , quando le ulsa ioni (che ne costituiscono il primo livello) si raggruppano in unit di maggiore ampiezza, relazionando sequenze di pulsazioni con modelli ritmici tipici di una specifica opera cfr. L RIS A AR I, anone in inito lineamenti di teoria della musica ologna, .L. . . . 1 , p. 1 . 51 hi non sa ru are il tempo cantando, non sa comporre, né accompagnarsi, e resta privo del miglior gusto, e della maggiore intelligenza (cfr. I R RA S SI, inioni de 294 Capitolo IV Il motivo d’apertura esposto all’inizio della prima sezione dell’aria (A) e informa del suo materiale melodico-ritmico anche la seconda sezione di questa ( ) possiamo parlare dunque, generalmente, di arie monotematiche o comunque di forme dove non en netta la caratterizzazione tematica, com’ tipico del linguaggio arocco. uttavia vi un esiguo gruppo di rani (il 5 ) in cui comincia ad affermarsi un principio di differenziazione melodico-ritmica fra il motivo della sezione A e quello della sezione dell’aria sono le arie n. 1 , , 5, , 2, , , 1 1, 1 . cco uno di questi rani, in cui i motivi si differenziano fortemente, tanto da avere addirittura metri e tempi diversi [ sempio A1] Sin qui si trattato di motivi d’apertura. Se ora allarghiamo lo sguardo ai modi con cui queste cellule melodico-ritmiche di ase sono sviluppate per foggiare unit fraseologiche, possiamo notare che Ariosti fa uso, talvolta, di strutture simmetriche e ripetitive che si scostano nettamente da quella generica orts innun 52 con cui si etichetta il linguaggio tardo- arocco. ome noto la orst innun o struttura continua quella modalit di continuazione o sviluppo del materiale musicale, di solito con riferimento alla sua linea melodica, secondo la quale una reve idea o motivo genera a mo’ di ordito un’intera frase, con tecniche quali la progressione, la trasformazione intervallare o persino la ripetizione 5 . uesta struttura di gran lunga prevalente anche nelle arie di Ariosti, ove per lo pi associata a un cantori antic i e moderni ologna, orni 1 , rist. fotomeccanica dell’ed. apoli, Di Gennaro Morano 1 1a ed. 1 2 , p. ). 52 Il termine stato introdotto da ilhelm ischer nel 1 15 ( ur nt ic lun s esc ic te des iener lassisc en tils Studien zur Musi issenschaft III (1 15), pp. 2 - ). 5 cfr. ILLIAM DRA I , sub oce ortspinnung , in GR . Gli studi sulla orts innun sono stati condotti con particolare riferimento allo stile polifonico di ach cfr. R S onie ildesheimR , rundla en des linearen ontra un ts. ac s melodisc e ol a e or , lms 1 1 (1 ed. 1 1 ), p. 225 e segg. La musica 295 altro stilema squisitamente arocco, quello del motto , o e ise esso presente in arie (il ). Il motto una peculiare modalit d’esposizione del materiale melodico, introdotta nella cantata gi a partire dal medio arocco (sin dalle cantate di . allavicino5 ). cco un esempio di aria di Ariosti in cui compare il procedimento della struttura continua sopra descritto dal motivo d’apertura a si dipana il motivo b (con la sua variante b ), poi il motivo e infine il motivo c (con le sue varianti c’, c2, c , c ), a mo’ di ordito motivico cangiante eppure in continuo divenire. 5 S , p. 1 1 Schmitz parla del motto come stilema tipico della scuola olognese nelle cantate del secondo Seicento una reve cellula di testo viene esposta e su ito ruscamente interrotta mediante pause nella voce ad esse segue l’esatta ripetizione della cellula, che viene questa volta continuata e sviluppata (mia traduz. dal ted.). a b b c A1] o calism o orirei ria di lasciare [ A att. 5 Aria a b b 1 c Voc alismo A a a 15 c2 c c oc alismo 2 2 apitolo I a musica 2 298 Capitolo IV Accanto alla orts innun - come si diceva - le arie presentano ela orazioni simmetriche del motivo di ase, affini sia all’impianto del eriodo classico , sia a quello della Satz eethoveniana ( frase ). Incominciamo dalla prima e pi familiare modalit di costruzione fraseologica il periodo. Ariosti pone di frequente, all’inizio dell’aria, due frasi simmetriche (nell’esempio seguente, a e a ’, ove e ’ sono semifrasi ternarie) nella tonalit di ase (mi) la prima frase si conclude con una cadenza alla Dominante, la seconda con una cadenza sulla onica [ sempio 5 2 A2] sempi analoghi di ela orazioni motiviche si trovano in altre 15 arie (n. , 2 , 2, , 51, , , 5, 1 , 12 , 12 , 12 , 1 1, 1 , 1 2) anche se non sempre con questa chiarezza del giro tonale ( -DD- ), sempre rispettata la simmetria fraseologica. olutamente a iamo omesso in questo esempio le parole intonate dal ontralto in presenza di cos marcati ti i sintattici possiamo pensare che il compositore fosse interessato a sviluppare il discorso musicale anche indipendentemente dal testo. lvidio Surian ritiene che gli inizi dello stile strumentale classico si de ano riconoscere nell’aria d’ pera del terzo decennio del III 55 R I RA , in run in die musi alisc e ormenle re. ber orm rin i ien in den In entionen und u en . . ac s und i re edeutun ur die om ositionstec ni ee 2 (1a ed. 1 51), p. 22. t o ens, ien, niversal 1 La musica 299 sec., la cui influenza dice - si esercit pi tardi soprattutto sul concerto strumentale 5 avanziamo l’ipotesi che gi qualche decennio precedente, nelle arie da camera delle cantate, s’affermassero le tendenze del nuovo stile. Alcune delle composizioni vocali di Ariosti, infatti, sono gi caratterizzate in toto da una chiarezza di articolazioni formali che risulta dalla coordinazione dei vari elementi del linguaggio musicale (melodia, ritmo e armonia), cos come si osservato nelle frasi d’apertura delle arie 5 . Accanto al eriodo si potuta rintracciate nelle arie di Ariosti una seconda modalit di simmetria fraseologica essa molto simile a quella della at ( frase eethoveniana) cos Ratz definisce quel tipo sintattico che si compone di 2 misure, della loro ripetizione e di un successivo sviluppo in misure, nel corso del quale s’a andona una parte del motivo esposto nelle prime due misure, cos da ottenere una condensazione e un’accelerazione del discorso musicale 5 . Si osservi l’attacco della seguente aria di Ariosti, uno dei 1 esempi di Satz allo stato em rionale [ sempio 1 A2] La ripetizione a-a’ di tipo sintattico e non ha ovviamente a che fare con la ripetizione melodico-testuale del Motto nell’esempio sopra riportato, infatti, le cellule a e a’ intonano parole differenti e non 5 Si riferisce in particolare alle arie dell’ Artaserse di asse cfr. L IDI S RIA , eta stasio i nuo i cantanti il nuo o stile erso il lassicismo. sser a ioni sull Artaserse e ne ia 1 di asse in ene ia e il melodramma nel ettecento. Atti dei convegni internaz. di studi ( enezia, 1 , 1 5, 1 ) a cura di Maria . Muraro, irenze, lsch i 1 - 1, pp. 1- 5 . 5 on ritieniamo di dover maggiormente documentare la verit di questa affermazione una modalit cos incisiva di costruzione fraseologica periodica - riscontrata nella frase d’apertura dei precedenti esempi - non pu che divenire anche un elemento strutturale dell’intera aria. 5 R I RA , cit. p. 22 (mia traduzione). 300 Capitolo IV sono separate da pause. In totale, i due tipi sintattici pre-classici del eriodo e della rase costituiscono il 22 delle arie di Ariosti. Dahlhaus afferma che la sintassi della at e quella della orts in nun sono storicamente legate 5 , pur appartenendo a due estetiche differenti. eriodo e at manifestere ero invece al loro interno strutture dissimili ed opposte il primo, caratterizzato dal principio di simmetria e d’equili rio entro un primo e un secondo mem ro di frase la seconda, segnata da un’articolazione fondamentalmente tripartita contenente una Abs altun e indipendente dai rapporti di lun-ghezza fra le sezioni. ei pochi studi su Ariosti in cui si affronta un discorso stilistico , si parla di tendenze formali conservative a proposito delle sei cantate contenute nell’edizione a stampa del 1 2 (le ultime composte) sem ra viceversa evidente come anche in queste composizioni affiorino le tendenze pre-classiche sopra evidenziate. . e rasi melodic e analisi dei com ortamenti mor olo ico sintattici nelle cantate di Ariosti sulla base del con ronto con uelle dei com ositori coe i La metodologia d’analisi applicata nel presente paragrafo si richiama a quella adottata da M. aroni e R. Dalmonte nello studio e re ole della musica. Inda ine sui meccanismi della comunica ione 1 gli studiosi, pochi anni or sono, si proponevano in primo luogo di individuare le regole compositive delle cantate di Legrenzi e, in un secondo tempo, di immettere questi codici grammaticali in un computer (attraverso il programma Legre ) che fosse in grado cos , autonomamente, di comporre cantate nello stile del compositore. L’operazione poggiava su solide asi teoriche, in rimis sulla considerazione che il linguaggio musicale, in quanto linguaggio, si asa su una serie di strutture che ogni compositore o esecutore (anche in- 5 ARL DA L A S, rase et riode contribution Anal se musicale II (1 ), pp. . fr. M A ILD LAR MAR , cit. e LI 1. 1 orino, .D. . 1 . une t orie de la s nta e musicale, La musica 301 consapevolmente 2) deve conoscere e, parimenti, ogni ascoltatore deve saper correttamente decifrare si asa cio su principi percettivo-cognitivi, su parametri che possono essere studiati per le loro propriet specifiche, relativamente indipendenti dal contesto in cui si trovano. La nostra induzione delle re ole di Ariosti partir dunque da questi parametri da quelli pi semplici come l’altezza e la durata delle note (che Me er denominava parametri rimari), fino alle loro strutture pi complesse che formano la macro orma (ove i parametri interagiscono tra loro secondo i cam i d a lica ione o l ordine erar c ico ). Sar poi nostra cura cercare di distinguere, tra i comportamenti morfologico-sintattici individuati in Ariosti, quelli che corrispondono a convenzioni d’uso diffuse (all’epoca, in quell’area geografica 5) da quelli di natura stilistica, ossia quelle scelte singolari ed eccentriche del compositore (le cosiddette ecce ioni) che travalicano le regole diffuse ed accettate, pur senza necessariamente eluderle . ella musica arocca l’ecce ione era particolarmente diffusa nel linguaggio musicale, motivata da esigenze espressive proprio per individuare queste ultime regole di natura stilistica e dunque indagare lo stile di Ariosti (o iettivo precipuo della nostra analisi), ci siamo serviti di analisi comparative sfruttando le loro possi ilit euristiche. Si scelto innanzitutto un campione limitato di cantate, composto di 1 composizioni (il 15 del totale) la scelta caduta su quei rani il cui testo era stato intonato anche da altri compositori italiani in varie zone geografiche (nove contemporanei di Ariosti Gasparini, Monari, al2 el discorso parlato non necessario che i parlanti siano consapevoli delle regole del proprio linguaggio (cfr. A RAM . MS , As etti della teoria della sintassi in a i lin uistici. a rammatica enerati a tras orma ionale orino, oringhieri 1 , pp. -25 p. (1a ed. am. 1 5). Secondo Lerdahl e ac endoff esiste un modo idealmente corretto di ascoltare musica, e tale modo corrisponde alla natura stessa della musica composta (cfr. RA S. A D , R D L RDA L, A enerati e eor o onal usic am ridge MA, M.I. ress 1 ). AR-DAL- A , p. 2 . 5 Le differenze stilistiche fra le cantate sem rano legate, pi che al loro luogo di produzione, alla data e alla personalit degli autori (cfr. GL RIA R S cit. . er es. Giuseppe . itoni parla di consuetudini che sine le e a antur come gli altri teorici dell’epoca, le giustifica sulla ase degli affetti cfr. S RGI D RA , a uida Armonica di iuse e tta io itoni. n documento su li stili musicali in uso a oma al tem o di orelli in uo issimi tudi orelliani. Atti del congresso di studi ( usignano, 1 ), a cura di S. Durante e . etro elli, irenze, lsch i 1 2, pp. 2 5- 2 1 . 302 Capitolo IV dara, G. ononcini, Al inoni, adia, rlandini, Sarro e orsile cinque della generazione successiva ad Ariosti A. Marcello, . Marcello, orpora, Sammartini e Antinori cfr. ta ella A, p. 2). Da queste cantate si sono estratte 11 arie e 2 recitativi (poiché alcuni compositori, A. Marcello e rlandini, intonano i soli recitativi dei corrispondenti testi di Ariosti) e si sono stilate 1 ta elle con le re ole della grammatica di Ariosti le stesse regole si sono confrontate con quelle degli altri compositori nelle intonazioni corrispondenti (le cui regole sono a loro volta riassunte in altrettante ta elle), per cercare di sta ilire se le regole ricorrenti in Ariosti costituiscano o meno una peculiarit dello stile del compositore. cco l’elenco dei compositori che hanno musicato i testi delle cantate di Ariosti (i compositori italiani nella ta ella A, quelli stranieri nella ta ella ) A LLA A italiani . AS A I I (Lucca, 1 1in sen mi resta core Roma, 1 2 ) .M A I ( ologna, 1 -1 ) isol o adorar i A. CAL A A ( enezia, 1 Au elletto arruletto (testo di A. ienna, 1 ) tto oni), Roma, 1 12-1 (per . Ruspoli) Genio che amar volea . CI I (Modena, 1 Vienna, 1747) Amarissime pene: aria Se disprezzi il . AL I I ( enezia, 1 1 pianto amaro -1 51) A. A IA ( erona, 1 2- ienna, on o lio udirti o core, stamp. in 1 ) ributi armonici eigel, ien e urn erg 1 .M. LA I I ( irenze, 1 5cc i belli ma tro o su erbi solo 1 ) il recitativo oi del oco ond a am o . . SA ( ari, 1 - apoli, Inso ribile tormento 1 2 1 ) La limitazione numerica del campione dovuta a mere esigenze pratiche, data la complessit dei parametri presi in esame. er le i lioteche dove sono conservano le cantate di questa colonna, cfr. p. . La musica 303 Eurilla, vel confesso ienna, 1 5 ) Troppo pesan su l’alma A. MA C LL ( enezia, 1 [Scioglimento d’amore]: -1 ) solo i recitativi Su d’un colle fiorito al di cui piede .MA C LL ( enezia, 1 (parafrasi di Là dove d’atre rescia, 1 ) tenebre vestito) Cieco Dio, foss’io quel fiore .A. A ( apoli, 1 -1 ) . SAMMA I I (Milano, 1 5A i ual cruccio ual ena [La Londra, 1 5 ) gelosia] a rocella tem estosa [La rosa] reme l onda e isc ia il ento [ aufragio vicino] Là dove d’atre tenebre vestito [L’olmo] L. A I I ( ologna, 1 ontanan a crudel uanto irenze, 1 ) m a anni . SIL ( apoli, 1 A . S 1 . S I C. . LLA ( eissenfels, - Am urgo, 1 ) stranieri miseria d amante core [Il geloso sprezzante], stamp. in i ertimenti serenissimi Greflingern, am urg 1 1 a rocella tem estosa stamp. in i antatas London, oo 1 5 A ( inchester,1 -Du lino, 1 ) AU ( ahren r c , Ahi qual cruccio, qual pena [La gelosia] 1 - erlino, 1 5 ) do e d atre tenebre estito esan tro o su l alma [Li ert acquistata in amore] itrosetta astorella [L’amor onesto] Le ta elle riportate integralmente nelle pagine successive (p. e segg.) analizzano i tratti morfologico-sintattici presenti nelle singole 304 Capitolo IV frasi melodiche ( le unit fondamentali della struttura musicale ), ossia nelle porzioni di testo ver ale (anche ripetute) su cui modellata una frase musicale di senso compiuto . Le ta elle illustrano i seguenti recitativi e arie • • • • • • • • • • • • • e dis re i il ianto mio (aria Ariosti Al inoni) alle reti di un bel crine (aria Ariosti aldara) e il rimo amor caro (aria Ariosti Gasparini) isol o adorar i (aria Ariosti Monari) a lecito il mio ardore (aria Ariosti G. ononcini) aci o cor c e ancora a sede (aria Ariosti adia) oi del oco ond a am o (recitativo Ariosti rlandini) Inso ribile tormento (aria Ariosti Sarro) esan tro o su l alma (recitativo Ariosti A. Marcello) o cercando in uel olto diletto (aria Ariosti orsile) ieco io oss io ual iore (aria Ariosti orpora) ianta in elice (aria Ariosti . Marcello G. Sammartini) ate ace un sol momento (aria Ariosti Antinori) 5 A1 1 A2 2 A1 A1 A1 5 A1 5 R1 1 A1 5 R1 2 1 A1 A1 2 A1 5 A1 Di ogni frase melodica si sono individuate la tonalit , la cadenza finale e le caratteristiche del profilo melodico, in relazione al carattere semantico dell’intonazione finale delle frasi ver ali viene segnalata la presenza o meno di anacrusi, di note de oli finali ( emminili di melismi riportata l’estensione intervallare del cor o centrale e il tipo di i ure melodiche che lo arricchiscono. La descrizione del corpo centrale della frase melodica il vero cuore dell’analisi esso formato dalle note che vanno dal primo all’ultimo tempo forte della frase l’intervallo formato dalle due note sui tempi forti estremi del corpo centrale, verr chiamato nucleo della frase melodica. Le figure AR-DAL- A , p. 1 . ovvio che il termine rase qui impiegato in senso generico e non nel senso di at con cui era utilizzato nel 1 diverso infatti l’o iettivo della presente analisi. 1 rima aria della cantata n.5, cfr. elenco a p. 1 2. La musica 305 melodiche individuate, che arricchiscono il corpo centrale, sono di due tipi quelle di primo tipo (la ri eti ione la olta il salto) costruiscono la linea melodica di ase modificandone sostanzialmente il profilo delle altezze quelle di secondo tipo (la tras osi ione e l’in ersione intervengono ad alterare in modo pi superficiale la struttura melodica di ase 2. 2 er una descrizione pi completa di questa ipotesi enerati a della struttura melodica, cfr. AR-DAL- A , p. 12 e segg. D I SIM LI D LL A LL Si qui impiegata la sim ologia di AR-DAL- A 1 , cui si rimanda per maggiori dettagli. A I testo poetico arricchito delle ripetizioni presenti nel testo musicato, suddiviso nelle unit ver ali corrispondenti alle frasi melodiche A II la sigla indica il carattere semantico dell’intonazione finale delle frasi ver ali ( i vocativo iniziale v fine dei versi a fine di aria p fine di periodo Ri ripetizione iniziale Rf ripetizione finale Rs ripetizione semifinale o coordinata So su ordinata) A III unit formali musicali A I tonalit di ogni frase indicata con riferimento alla tonalit d’impianto (I arie in tonalit magg. i arie in tonalit min. Ir tonalit relativa minore di una tonalit magg. d’impianto ir tonalit relativa magg. di una tonalit min. d’impianto, e cos via) indicazione dei seguenti stilemi armonici rit accordo di ritono art accordo di Settima secondaria na accordo di Sesta napoletana Rit Ritardo ed edale d’armonia Sin Sincope armonica)) A tipo di cadenza (I cadenza d’Inganno D cadenza de ole S cadenza sospesa cadenza completa cadenza perfetta A assenza di cadenza) e grado dell’accordo su cui termina la voce A I presenza dell’anacrusi (con indicazione delle figure e della distanza intervallare dal nucleo) A II distanza intervallare tra la prima e l’ultima nota del nucleo melodico direzione nel registro A III figure melodiche presenti nel nucleo (I Inversione R Ripetizione S- figura di Salto Sffigura di salto forte figura di rasposizione - figura di olta superiore inferiore) A I presenza di terminazioni femminili (con indicazione delle figure p note di assaggio f note di fioritura Ap Appoggiatura, Rit Ritardo) S I GA I apitolo I ) mi o come sangue del mio cor come sangue del mio cor co me sangue del mio cor Se di sprezzi il pianto ama ro come sangue del mio cor deh lo mira e ti fia caro come/ figlio del rigor deh lo mi ra e ti fia ca ro come figlio del mio cor, del mio cor come figlio del mio cor, del mio cor. I I Ir I r I I r I r Ir So So So Ri o So Rf a I I on. II( na,Rit) Unit o m. A 1 1 1 S1 S S A5 1 I1 D1 1 1 Cad 1R( ) -2 1R( ) 1R( ) -2 - - ( ) 1( ) 1( ) 2 1 MUSICA Anac . u cleo 1(R) 1 1( ) -1 1 -1 Se dis ezzi il ianto mio D- , Mus. Ms. So Rs Rs Ri S in asi melodic e anac. co o t. em Sem. Se disprezzi il pianto 1 A . (cfr. a ella , p. R, S -S ,R R R R R, 2 R,-S5, i u e 1 ) R R p . emm. p oc 2 oc Melis. A presenza di piccole fioriture (con indicazione del n di note poste su una stessa silla a) o ampi vocalizzi ( oc) questi ultimi non sono analizzati nella loro struttura. a musica in asi melodic e Anac. co o t. em ama ro come sangue del mio cor come sangue del mio cor Se dis prezzi il pianto ama ro come sangue del mio cor come sangue del mio cor Se di sprezzi il pianto ama ro come san gue come sangue del mio cor come sangue del mio cor Se disprezzi il pianto S A iv ir(Ap) i iv ir i i So Ri Ri So Ri Ri So on i iv ir Unit o m A So Rs Rs Sem A D1 S 1 D D S D1 D 1 Cad. -2 , ( ) -1R( ) -2 (R) (R) ( ) 2 - -1 -1 -1 1 -2 - MUSICA Anac . ucleo Se dis ezzi il ianto ama o D- , Ms. R, -SR R, - R R ,R , R -, -S , R i u e ) R p Ap p 2 2 2 2 2 . emm Melis. apitolo I ama ro ama ro ama ro come sangue come sangue del mio cor come sangue del mio cor. come sangue del mio cor come sangue del mio cor Se disprezzi il pianto come sangue del mio cor come sangue del mio cor Se disprezzi il pianto Se disprezzi il pianto Deh lo mira e ti fia caro e ti fia caro come figlio del rigor Deh lo mira e ti fia caro come figlio del rigor come figlio del rigor, del rigor Deh lo mira e ti fia caro come figlio del rigor. v(Rit) v iv ir Rf Rf Ri v A iv Rf a 5 1 2 v So S S 1 1 1 1( ) 2 ( -) -2( ) -2 2 -1 -, I -S5-, -, -S , R -S5-, , S - -,I -, R 2 2 a musica S in asi melodic e anac. co o t. em A Dalle reti d’un el cri ne dalle reti d’un el crine e dal fulmine d’un guar do ah ah non solo io non mi guardo ma ma il mio mal cercando vo cercando vo ma il mio mal cercando vo cercando vo Dalle reti d’un el crine ah non solo io non mi guardo ma il mio mal cercando vo il mio mal cercando vo cercando vo. . vr( ed) v i i i(Ap) Rf Rf So Rf p i iv ir on vr Un o m A o Se m Ri o So 1 S1 S5 1 1 A S1 D5 5 Cad -2( 1 1 ) -1( ) 1 ( ,R) 1( ,R) 1 1 -2 2 -1 -1 MUSICA Anac. ucl alle eti d un bel c ine (G -L l, Add. Ms. S2 ,-S R, ,R, -, S- , -,-S ,S5 R,-S R, i u e 5 ) . em p p p oc 2 5 2 2 2 2 Mel 1 apitolo I Augel lin di me pi saggio quando scorge le ruine ha pi senno e pi corag gio nel fuggir se fuggir pu nel fuggir se fuggir pu se fuggir pu nel fuggir se fuggir pu . Dalle reti d’un el cri ne dalle reti d’un el crine e dal fulmine d’un guar do ah ah non solo io non mi guardo ma ma il mio mal cercando vo cercando vo ma il mio mal cercando vo cercando vo Dalle reti d’un el crine ah non solo io non mi guardo ma il mio mal cercando vo il mio mal cercando vo cercando vo. vr (Sin) v vr (Sin,Ap) So Rf Rf v 1 2 a 5 ir So D1 1 S5 D ( -) - 1 -1 -2 ,R -S , ,R R,-S5- ,-S Ap oc 5 2 a musica 11 Dalle reti d’un bel crine dalle/ reti d’un bel crine e dal fulmine d’un guar\do ah non solo io non mi guardo ma il mio mal cer/cando cercando vo. Dalle reti d’un bel crine e dal fulmine d’un guar\do ah non/ solo io non mi guardo ma il mio mal cercando cercando io vo ma il mio mal cercando io vo. Augel/lin di me più sag\gio quando scopre le rui\ne ha più senno e più oraggio nel fuggir nel fuggir se fuggir può ha più/ senno e più coraggio nel fuggir nel fuggir se fuggir può. S in asi melodic e anac. co o t. em Calda a, a ia Rs Fv Ir Ir S1 C1 S3 C1 C1 S5 C1 C3 C1 I I I Ir V Vr Vr So Rf Fp So So Rs Rf B S1 D3 C1 C1 C3 V V V(Sin) I(Sin) IV Cad So So Ri Co So on C1 Unit o m A I Ri Sem +2 -1 -1(T) +1 +3 +2 -7 0 +2 +1 -2 0 -2 -2 +2 -2 V+,T T,R T,VT,R T,R T T T T,R V-,T,-Sf+ T,VT,R R,V-,T V+ T,V-,-Sf+ i u e m III 2616) MUSICA Anac ucl con 2 l A p T Ap T . em 2 2 2 Voc Voc Voc 4 4 2 Mel 312 Capitolo IV . S in asi melodic e Anac. co o t. em A iosti, a ia Se il primo amor caro se il perderlo dolor chiedilo a questo cor a questo cor che vive ancor in te. Se il primo amor caro se il perderlo dolor chie dilo a questo cor chiedilo a 1 Dalle reti d’un el crine dalle reti d’un el crine e dal fulmine d’un guardo ah non solo io non mi guardo ma il mio mal cercando cercando vo. Dalle reti d’un el crine e dal fulmine d’un guardo ah non solo io non mi guardo ma il mio mal cercando cercando io vo ma il mio mal cercando io vo. I So I I on con 2 c al. (Rit) Unit o A A Ri Co So Sem a 5 2 1 S1 1 D1 S5 Cad 1 - 1 MUSICA Anac ucl l, Mus. Ms. I -, S- R, ,S , i u e ) .e Mel a musica 1 costan te sar se torni amante se torni aman te premio d’una gran f se torni amante premio d’una gran f Se il primo amor caro se il perderlo dolor chiedilo a questo cor che vive ancor in te. Se il primo amor caro se il perderlo dolor chie dilo a questo cor chiedilo a questo cor che vive ancor in te ancora in te ancora in te chiedilo a questo cor a questo cor che vive ancora in te. Lu singa la speranza col crederti che vive ancor in te ancora in te ancora in te chiedilo a questo cor, a questo cor che vive ancora in te. questo cor A a 5 Ir I I I I I Fp o So Rf Ri v 1 2 I (Rit,Ap) Ivr(Rit,Ap) Rf Rs 1 D1 1 S5 1 D5 D5 D 1 (Rit) -2 1 -2 1 -2 - -1 R, , , R R R, -, ,S ,R -S ,R p p oc oc 2 2 oc 1 apitolo I Se il primo amor ca ro se il perderlo dolor chiedilo a questo cor chiedilo a questo cor che vive ancora che vive ancora in te Se il primo amor caro se il perderlo dolor chiedilo a questo cor chiedilo a questo cor che vive ancor in te ancora in te ancora in te a questo cor che vive ancora in te. Lu singo il mio pensiero col crederti costan te sa r se torni amante premio d’una gran f sa r se torni amante pre mio d’una gran f . S in asi melodic e anac. co o t. em I Ir Ir r o Rf Ri v I (Ap) I(Ap) Rs Rf Fp I Ir Ir(Ap) I Rs Ri Co Rs I on I r Unit o m A Rs Co Sem as a ini, a ia 1 D1 1 1 1 A 1 1 1 S5 S5 1 S1 Cad A I 12 22) 1( ) 1( ) (Rit) 1 1 1 -2 -2 1 1 -5 MUSICA Anac ucleo m , ,R R, R, R -, -S ,R S , ,R, - ,R i u e - . em 2 oc oc Mel a musica 15 . S in asi melodic e anac. co o t. em Risolvo ri solvo ad adorarvi pupille vezzose pu pille vezzose pupille vezzo se pupille vezzo se pu pille vezzose e voi mi schernite 1 a 5 2 1 Ri Rs Rs Rs Rf Sem A iosti, a ia R Se il primo amor ca ro se il perderlo dolor chiedilo a questo cor chiedilo a questo cor che vive ancora che vive ancora in te Se il primo amor caro se il perderlo dolor chiedilo a questo cor chiedilo a questo cor che vive ancor in te ancora in te ancora in te a questo cor che vive ancora in te. A Unit o m A I I I I I on 1 S1 1 S1 1 Cad ) 1( ) ( ) -,-S S2 , - -1 -1 i u e -2 -1 MUSICA Anac ucleo Mus. Ms. p . em 2 oc 2 oc Mel 1 apitolo I Ri sol vo ri solvo ad adorarvi pupille vezzose e voi mi schernite e voi voi mi scherni te voi mi schernite mi schernite. S in asi melodic e anac. co o t. em Rf Rf Fp Ri Sem 5 a Unit o m A I I I I on 1 1 A1 S5 D 1 S1 1 1 Cad I c r v 1 2 A I Ir Ir r Fp o Ri Rs Mona i, a ia R pupille vezzose e voi mi schernite. Io giuro d’amarvi o luci amoro se io giuro d’amarvi o luci amorose e voi e voi mi schernite e voi mi ferite e voi mi ferite. Risolvo ri solvo ad adorarvi pupille vezzose pu pille vezzose pupille vezzo se pupille vezzo se pu pille vezzose e voi mi schernite pupille vezzose e voi mi schernite. 11) - 1 1( ) -1 2 -1 MUSICA Anac ucl antate -1 -2 1 1 ,R -,-S -,R ,R i u e R, - -S p . e 2 Mel oc 2 oc a musica 1 S in asi melodic e anac. co o t. em A iosti, a ia O fa’ lecito il mio ardore o fa’ lecito il mio ardore o pur lasciami morir o pur lasciami morir o pur lasciami morir o pur lasciami morir fa’ lecito il mio ardore o pur lasciami morir o pur lasciami morir o pur lasciami . Ri sol vo ri solvo ad adorarvi pupille vezzose e voi mi schernite e voi voi mi scherni te voi mi schernite mi schernite. Io giuro d’amarvi o luci amoro se e voi voi mi ferite voi voi mi ferite mi ferite. i i ir i( ed) ir Rf i on Mus. Ms. Unit o m A A Ri Rf Rf Ri Vi Sem a 2 1 o Rf v 1 A D1 1 D1 Cad - e, Mus. . -1 2 2 1 2 -2 -2 1 -2 - - MUSICA Anac ucleo 1 2 I S1 1 1 n - R,-S R, R i u e A R -S ,R oc 2 2 . em Mel d.1 5 1) 1 apitolo I ume alato faretra to, da’ pi doglie e da’ pi pe ne ma sia giusto il mio languir ma sia giusto il mio languir il mio languir. fa’ lecito il mio ardore o fa’ lecito il mio ardore o pur lasciami morir o pur lasciami morir o pur lasciami morir o pur lasciami morir fa’ lecito il mio ardore o pur lasciami morir o pur lasciami morir o pur lasciami morir. morir. a 5 2 ivr v 1 A i iv iv ivr Fp o So Rf 1 1 S1 D1 D1 1( ) ( ) 1(R) 2 - -1 - R,-S-,-S R, - R, S , R, - p oc 2 2 a musica 1 S in asi melodic e anac. co o t. em morir o lasciami morir o lasciami morir o lasciami morir. ume a lato faretra to, da’ pi doglie da’ pi pene da’ pi lacci e pi cate ne da’ pi lacci e pi cate ne ma sia giusto il mio languir il mio languir il mio languir ma sia giusto il mio languir il mio languir. fa’ lecito il mio ardor o lasciami morir o lasciami morir o lasciami morir o lasciami morir. Ir v 1 2 a I Rf A r,Ir r So Ri on I I I Unit o m A Rf Rf Fp o Sem 1 1 1 S5 1 1 Cad ( ) 1 -2 1 -1 1 -5 -2 1 -2 2 -1 MUSICA Ana ucl - , S , S- - R, R, ,R -,R i u e ononcini, a ia O Mus. Ms. 1 2 bs Ms. 5 am Ms. 12 bl Add. 1 22 e 151 D.22 1 I c .2 e Mus. . li Ms. 2 .A. c orrer) fa’ lecito il mio ardor o lasciami bs p( -) p( -) Ap . em 2 2 2 oc oc 5 Mel b Mus. Sch. 2 apitolo I . S in asi melodic e anac. co o t. em A iosti, a ia T aci, o cor, che ancora ha se de nel mio sen l’antica face aci, o cor, che ancora ha sede nel mio sen l’antica face aci, taci, o cor, che ancora ha sede nel mio sen l’antica face. aci, o cor, che ancora ha se de nel mio sen l’antica face aci, o cor, che ancora ha sede nel mio sen l’antica face aci, taci, o cor, che ancora ha sede nel mio sen l’antica face. roppo facil daria fe de l’alma ac cesa a quel che pia ce l’alma ac cesa a quel che pia ce. 1 a 1 2 A I Ir r r Fp So Rf v 1 S5 D5 D I I Cad Rf Ri I on 1 Unit o m A Vi Ri Sem 1 (-S-, ) 1(R, ) 1 2 -2 -5 - -1 -1 MUSICA Anac ucl Auc Ms. A 125 M . R ,R -,R,S -,-S -, -S S i u e ) p Ap(R) p . em 2 oc oc 2 2 oc Mel a musica 21 in asi melodic e o t. em aci, taci, o cor taci, o cor, che sento ancora che sento anco ra nel mio sen nel mio sen l’antica face aci, o cor, che sento ancora, taci, o cor, che sento anco ra taci, o cor, che sento ancora che sento ancora nel mio sen l’antica face l’antica fa ce. roppo facil daria fe de l’alma accesa a quel che piace a quel che pia ce a quel che piace a quel che piace che piace roppo facil daria fede davi fe de l’al ma accesa a quel che piace a anac. co S adia, a ia T A Vi I I Ir Ir r Ir Rf Fp So Rf Ri So D1 1 S1 1 1 D D1 D1 I I r Ri Ri D1 A1 Cad 1 I I on Ri So Un o Sem -1(Sin) 1 1 An 1 -2 -2 -2 2 - -1 uc ,-S - -,-S -S-,R, ,-S , S2-,-S ,R -S-, S-,R -,R R -,-S , , S ,R, i u e urn erg, MUSICA (in ributi armonici Ap( eigel 1 p p p - ,-S ) . em ) 2 2 2 oc Mel 22 apitolo I in asi melodic e a 5 2 v 1 A oi del foco ond’avampo siete le due fucine in cui temprando va le saette sue elt tiranna. Dentro voi si condanna all amoroso inferno il van pensiero e verso voi pur anco S A iosti, ecitati o aci, taci, o cor taci, o cor, che sento ancora che sento anco ra nel mio sen nel mio sen l’antica face aci, o cor, che sento ancora, taci, o cor, che sento anco ra taci, o cor, che sento ancora che sento ancora nel mio sen l’antica face l’antica fa ce. quel che piace. onalit i i i vii vii vii So So Fp So Co So l, Ms. 1 Sem. ( Ir Cad A 152 2 R, -,-S -2 -1 -1 -1 -1 1 MUSICA ucleo c Litt. A ( ed) A ( ed) 1 S ( ed) A -5 S ,R R R,-S R R i u e m, Mus. .1 1) oc a musica 2 in asi melodic e oi del foco ond’avampo siete le due fucine in cui temprando va le saette sue elt tiranna. Dentro voi si condanna all amoroso inferno il van pensiero. S landini, ecitati o va del ciel de diletti il en, sentiero onde con doppia forza sol in voi, se v aprite ha vita il core e in voi, se vi chiudete, morto, morto, morto amore. So So So Co So Fv I So So Fp So Fv r Ir I onalit Sem. vii iv vii iv iv ii A I A 1 A D D D1 Cad ) -2 2 -2 MUSICA ucleo l Mus. -1 1 -1 -1 R R ,R,-SR, ,-SR i u e -S-,R, ,R S ,R R,-S ,R 2 apitolo I S in anac. co o t. em asi melodic e v a ir(Sin,Rit) v v( rit) ivr(Rit) i(Rit) ir Rf Fp So Ri ir Co A’ ir Ri i( rit) ir( rit) A Ri on Co Un o Sem A iosti, a ia I Insof fri ile tormento insof fri ile tormento celar d’amor il fo co né poter dir per te moro per te moro per te moro. Insof fri ile tormento celar d’amor il foco né poter dir per te moro per te moro né poter dir per te moro. fra ceppi d’un crin d’o ro consumarsi a poco a poco consumarsi a poco a poco. Insof fri ile tormento insoffri ile tormento celar d’amor il foco celar d’amor il foco. . 1 D1 1 1 1 1 A1 S1 Cad (A n 1( ) (R) 1 1 Anac 5 2 -1 -2 - 2 1 uc MUSICA d. 1 5 1) -S-,,R , S ,R , S, S S ,-S , - R, -,-S -S , - -S , R, R, i u e Rit p Ap Rit . em o 2 2 o 2 2 2 Mel a musica 25 S in asi melodic e o t. em fra ceppi d’un crin d’o ro consu marsi a poco a poco a poco a poco fra ceppi d’un crin d’oro consu marsi a poco a poco consumarsi a poco a poco. Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il foco insoffri ile tormento ’l celar d’amor il fo co e vietarmi il dir che moro il dir che moro. Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il fo co e vie tarmi il dir che moro e vie tarmi il dir che moro il dir che moro. anac. co Sa o, a ia I i ir vir v v So Ri So v Fp i i 1 1 D1 1 D1 S1 1 1 ir Co Rs S1 i S1 Cad Co Ri on i(Sin) A Un o c Ri Sem (I Anac 1(R) 1(R) 2 ( -) 2 2) - -5 -1 -2 -1 -1 - uc MUSICA antate 2 -,S5- -, R - , -S , , ,R, -,-S - ,-S R, -S - , - , i u e p p p . em 2 2 2 2 2 2 2 2 Mel 2 apitolo I Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il foco insoffri ile tormento ’l celar d’amor il fo co e vietarmi il dir che moro il dir che moro. Insof fri ile tormento ’l celar d’amor il fo co e vie tarmi il dir che moro e vie tarmi il dir che moro il dir che moro. a 5 2 1 A a musica 2 in asi melodic e esan troppo su l’alma, ice crudel, ice, crudel, le tue catene. Io che lunga stagion tra lacci avvinto trassi dal cor sospir, pianto dagl occhi, sia ragione sia sdegno o tua fierezza, vago di li ert , sprezzo i legami. Gi saldata la piaga, il foco spento e ti tolgo il piacer del mio tormento. S A D1 D1 D I r I r IIr(Ap) II II I I r I (Ap) S A A I I Vi Fp So Co Co So Fp Co So Fv Cad onalit Sem. -2 -1 -1 -2 1 - R, MUSICA ucleo R S2R R, S R, S2-, S S2-, R, R, i u e A iosti, ecitati o P (in i cantatas and si lessons or iola d amore Alla aest di ior io e della ran rita na London, alsh 1 2 ) 2 apitolo I in asi melodic e roppo pesan su l’alma ella s , ma crudel lori, i tuoi ceppi io che lunga stagion penai cattivo sia ragione sia sdegno vago di li ert spezzo i legami. Gi saldata la piaga e’l foco spento e gi tolgo il diletto a la fierezza tua a la fierezza tua del mio tormento del mio tormento a la fierezza tua del mio tormento del mio tormento. S A. Ma cello, ecitati o a ioso T onalit I( ed) i ir ir iv i vr v ii v v v Sem. So Vi Co So Fp Co So Rs Rf Rf Rf Fv (I l-n Ib 1 1 -1 A D 1 D1 D1 D5 1 D 1 1 1 1 1 -2 D oc -S S2-,R R oc,-S ,-S-, R R oc -, oc -S oc i u e anneti III. .2 MUSICA Cad ucleo c Soncini a musica 2 S in asi melodic e anac. co o t. em A iosti, a ia . o cerc ando in quel volto dilet to un qualche difet to che spiaccia che spiaccia al mio cor. o cer cando in quel volto diletto un qualche diffet to che spiaccia al mio cor che spiaccia che spiaccia al mio cor. o cerc ando in quel volto dilet to un qualche difet to che spiaccia che spiaccia al mio cor. o cer cando in quel volto diletto un qualche diffet to che spiaccia al mio cor che spiaccia che spiaccia al mio cor. Ma ognor scopro ma ognor scopro ellezza s vaga ch’accresce alla piaga ferita e dolor ferita ferita e dolor. 1 5 a 1 2 A vr iv iv So Rf v i ir ir iv on i i Unit o A Rf Fp So So Ri So Sem S5 D 1 S1 1 D D1 1 D1 Cad .2 -2 ( ) -1 1 1 2 ( ) MUSICA Anac uc c Litt. 15155 I c , S2-,S R,-S -S , -, , - , -, , i u e p Ap p . em Ir, D. 1 i 2 oc 2 oc oc 2 2 oc Mel 2c) apitolo I in asi melodic e o t. em dilet to vo cercando in quel volto diletto un qualche difetto un qualche difetto che spiaccia che spiaccia al mio cor. o cercando in quel volto dilet to un qualche difet to che spiaccia al mio cor. o cercando vo cercando un qualche difetto che spiaccia al mio cor. Ma ognor sco pro el lezza s va ga che ac cresce alla piaga ferita e dolor ferita e dolor che ac cresce al a piaga ferita e dolor o cercando in quel volto anac. co S o sile, a ia iv(Ap) ir(Ap) i i i i(Ap) i ir iv vii(Rit,Ap v(Ap) Rs Ri So So Ri So Fp So So Rf Rf on i i A Un o Ri So Sem A A 1 S1 S1 S S1 S D1 S1 S5 S1 S1 Cad 1 1 1 1 -2 -2 An - 2 -2 -1 -5 -2 1 1 1 uc MUSICA l S. . 15 -S , , - R, - - -, S - ,-S , S -,-S , S ,-S- i u e c Ms. 15155) p p Ap p . em 2 oc oc oc 2 2 2 oc oc 2 oc oc oc Mel a musica 1 dilet to vo cercando in quel volto diletto un qualche difetto un qualche difetto che spiaccia che spiaccia al mio cor. o cercando in quel volto dilet to un qualche difet to che spiaccia al mio cor. o cercando vo cercando un qualche difetto che spiaccia al mio cor. o cercando in quel volto fe rita e dolor accresce ferita ferita e dolor. a 5 1 2 Rf v A vii v(Ap) A 5 -1 -5 -S-,R oc 2 2 apitolo I S in anac. co asi melodic e o t. em A Vi Vi Rf Fp So So So a Un o m Sem ieco Dio foss’io quel fiore ch’al mio en vagheggio in sen S in asi melodic e anac. co o t. em o o a, a ia C ieco Dio, foss’io quel fiore cieco Dio, foss’io quel fiore ch’al mio en vagheggia in sen ch’al mio en vagheggia in sen se troppo io chieggio amo re un d quell’io fossi almen che fa nascere il el pie de quando siede in sul terren. . A iosti, a ia C Unit o m A Vi Ri c Se I i ir( art) ir( art) i ir( art,Rit) i( art) i( art) i( na) on I I A S Ca 1(R) ( ) -2 ,-S R S2-,-S ,R R -S ,R -S ,R ,R 1( ) -2 MUSICA Ana u -S . em 1 ) - . e 2 oc Mel oc 2 2 2 oc 2 2 2 Mel , Saml. p(R) i u e s Santini s. -1 -1 - -2 -2 1 i u e bl R.M. 2 f. uc MUSICA Anac on antate 1 S5 S S 1 1 1 1 Cad b, Mus. Sch. D.22 enster 1) a musica foss’io quel fiore, cieco Dio, ch’al mio en vagheggio in sen foss’io quel fiore ch’al mio en vagheggio vagheggio in sen. se troppo io chieggio, Amo re, un d quell’io foss’almen che fa nascere il el piede quando siede quando siede in sul terren, un d quell’io foss’almen che fa nascere il el piede quando siede in sul terren. ieco Dio foss’io quel fiore ch’al mio en vagheggio in sen foss’io quel fiore, cieco Dio, ch’al mio en vagheggio in sen foss’io quel fiore ch’al mio en vagheggio vagheggio in sen. (Ap) (Ap) Ri So v 1 2 a I( art) r I r Fp So So A I( art) Rf 1 D S5 1 1 D 1 ( ,R) (R) -2( ) -1( ) (R) -2 - -1 -1 S2 ,R R ,R R,-S ,R ,R Ap Ap 2 2 2 oc 2 apitolo I S in anac. co asi melodic e o t. em ianta infelice, di’, per piet , di’ per piet se a te ancor ice, se a te ancor ice manc di f di’ per piet , pianta infeli ce, pianta infelice, di’ per piet se a te ancor ice manc di f di’ per piet , pianta infelice se a te ancor ice manc di f se a te ancor ice manc di f . en al mio core palese il fa quel rio pallore che veggo in te en al mio core palese il fa quel rio pallore che veggo in te quel rio pallore che veggo in te quel rio pallore che veggo in te, che veggo, che veggo in te. 1 i i i ir ir( na) ir i i ii Rf Rf Fp So Ri So Rf Rf v i ir(Rit) vr(Rit) i A Vi Ri on Rf So Un o m Sem 1 1 S5 1 1 1 1 1 S1 S1 1 Cad -2 -2 -2 -1 1 -1 uc MUSICA , S ,-S R R -S-, S -,-S-,-S-,-S , - ,-S5 -S-,R -S -,R i u e p . em 2 oc 2 2 2 2 2 Mel A iosti, a ia P con 2 vl (in i cantatas and si lessons or iola d amore Alla aest di ior io e della ran rita na London, alsh, 1 2 Mus. Ms. 5 riportata nell’Appendice I, p. ) . a musica 5 ir iv i Ri Rs Rf i ir ir on f . ianta infelice, di’, di’, per piet di’, per piet , se a te ancor ice manc di f Unit o A S 1 1 1 1 S5 Cad -2 -1 2 -1 - MUSICA Anac ucleo S2 R ,R S -,R, S R, S- i u e bs Mus. s. 1 5 riportata nell’Appendice I) A Vi Ri So Sem a 5 1 2 ianta infelice, di’, di’, per piet se a te ancor ice manc di f , di’, per piet , pianta infeli ce se a te ancor ice manc , manc di S in asi melodic e anac. co o t. em . Ma cello, a ia P ianta infelice, di’, per piet , di’ per piet se a te ancor ice, se a te ancor ice manc di f di’ per piet , pianta inferi ce, pianta infelice, di’ per piet se a te ancor ice manc di fé di’ per piet , pianta infelice se a te ancor ice manc di fé se a te ancor ice manc di fé. 2 2 2 Mel apitolo I se a te ancor ice manc di f di’, per piet , se a te ancor ice manc di f . en al mio core palese il fa quel rio pallore che veggio che veggio in te. en al mio core palese il fa quel rio pallore che veggio in te palese il fa quel rio pallore quel rio pallore che veggio in te. ianta infelice, di’, di’, per piet se a te ancor ice manc di f , di’, per piet , pianta infelice se a te ancor ice manc , manc di f . ianta infelice, di’, di’, per piet di’, per piet , se a te ancor ice manc di f se a te ancor ice manc di f di’, per piet , se a te ancor ice manc di f . vr(Ap,Rit) v i(Ap) v Ri Rf Rf v 1 a 5 2 i ir Fp So A i Rf D D1 1 I 1 1 ( 1( - ) ) -2 -1 -5 -5 - -1 , S2-S ,R -S -, - -S-, -, S- S-, S , - 2 2 oc a musica ian ta infelice, di’, per piet di’, per piet , se a te ancor ice se a te ancor ice manc di f di’, per piet , se a te ancor ice manc di f se a te ancor ice manc di f . ianta infelice infelice, di’, per piet , di’ se a te ancor ice manc di f manc di f di’, per piet , pianta infelice se a te ancor ice manc di f , di’ per pie t , se a te ancor ice manc di f . en al mio core palese il fa quel rio pal lore che veggo in te quel rio pal lore che veggo in te che veggo in te. en al mio core palese il fa quel rio pallore che veggo in te quel rio pallore che veggo in te. S in asi melodic e anac. co o t. em . Samma tini, a ia P i(Ap) i( na) i(Ap) ir ir(Ap) vr(Ap) iv v Rf Rf Fp So Rf Rf Rf v i ir vii on vr iv Unit o m A Ri Rf Vi Rs So Sem c Ms. 1515 S 1 1 1 1 1 S1 D1 1 -2 -1( ) -1( ) 1 -2 MUSICA Cad Anac 1 -5 -2 -1 -1 - -2 - uc R ,R S ,-S-, - S -, S-,-S ,R ,R , ,R R, - R R, S - i u e riportata nell’Appendice I) oc 2 2 2 2 Mel apitolo I S in asi melodic e anac. co o t. em A iosti, a ia Date pace un sol momento date pace un sol momento, crude pene, a questo core o che e sangue ei morir ei morir . Date pace un sol momento crude pene a questo core o ch’e sangue o ch’esangue ei morir morir . . ian ta infelice, di’, per piet di’, per piet , se a te ancor ice se a te ancor ice manc di f di’, per piet , se a te ancor ice manc di f se a te ancor ice manc di f . ianta infelice infelice, di’, per piet , di’ se a te ancor ice manc di f manc di f di’, per piet , pianta infelice se a te ancor ice manc di f , di’ per pie t , se a te ancor ice manc di f . I Fp 1 5 I Co S1 -2 2 2 1(R) 2 uc -2 -1 - bl Add. Ms. MUSICA Cad Anac 1 I on l, Mus. Ms. I(Ap) Unit o m A A Co Ri Vi Sem a 5 1 2 -S , - S R,-SR i u e ) oc 2 2 oc Mel a musica Date pace un sol momento crude pene, a questo core o ch’e sangue ei morir o ch’esangue ei morir ei morir . Date pace un sol momento S in asi melodic e anac. co o t. em Antino i, a ia i o Rf Rf Ri So a 2 1 So So v Sem Date pace un sol momento date pace un sol momento, crude pene, a questo core o che e sangue ei morir ei morir . Date pace un sol momento crude pene a questo core o ch’e sangue o ch’esangue ei morir morir . Se vi vr fra doglie e stento sar pago quel rigore che in vent la crudelt la crudelt . Unit o A A I I I r(Ap) on S S 1 1 1 Cad r r( art,Ap) r( art,Ap) 2 (R) 1( ,R) -1 1( ) R - - 1 MUSICA Anac uc u Gimo 1) S1 A2 1 S , R R, , - i u e -2 . emm -S-,R 2 oc 2 2 Mel 2 oc apitolo I crude pene a questo core o ch’esangue ei morir ei morir crude pene, date pace un sol momento o ch’esangue ei morir ei morir . Se vivr fra doglie e stento sar pago quel rigore che invent la crudelt la crudelt sar pago quel rigore che invent la crudelt la crudelt . Date pace un sol momento crude pene, a questo core o ch’e sangue ei morir o ch’esangue ei morir ei morir . Date pace un sol momento crude pene a questo core o ch’esangue ei morir ei morir crude pene, date pace un sol momento o ch’esangue ei morir ei morir . a 5 Ir(Ap) v 1 2 A Ir(Ap) I I I Ir(Ap) r(Ap) II o Rf Ri p So So Rf 1 D A D 1 S5 1 1 - 2 1 -5 -5 - 2 (R) 1(R) ,-S R,-S- -S-,R -SR, - p p oc 2 oc 2 oc 2 a musica 1 342 Capitolo IV 1. ercorsi tonali Le arie di Ariosti presentano i seguenti percorsi tonali (a fianco i percorsi tonali impiegati dagli altri compositori nelle arie omologhe) A A I II I Ir I r I Ir sen a a a o I Ir r i ir i i i r I I I r I Ir I i i ir r i ir r r I I Ir r i ir i r i ir a a o i ir i i r i i ir i ir sen a a a o I I r i ir r i ir i ii i ir r i ir i ii come recedente R I I r IIr II I I r I i ii i ii i i ir i i ir AL I I r Ir r I Ir I I r I Ir I I I Ir Ir r I I I I Ir r Ir I I I r I Ir r Ir i ir i ir ir i i ir i ir i ii I rI r I I r Ir I Ir r II Ir i ir i i ir r i i ir ii r i i ir r i M A MA b SAM i ir i i r ii I r Ir I MA a L AS CAL A SA S Ariosti intona le arie preferi ilmente in tonalit maggiori (1 arie, il 5 ) nella parte A tocca preferi ilmente l’area della Dominante ( casi), meno spesso l’area della Sottodominante (2 casi) o entram e (2 casi), eccezionalmente la tonalit del II grado (1 caso) la parte attacca quasi sempre nell’area della onica ( casi), o nella Dominante della tonalit relativa insiste pi spesso nell’area della Dominante ( casi) che della Sottodominante ( casi) e termina nell’area del Le osservazioni specifiche sui recitativi, asandosi su un campione alquanto limitato (2), verranno indicate in carattere pi piccolo. 5 La prima colonna si riferisce alle arie di Ariosti illustrate nelle ta elle alle pagine precedenti la seconda colonna si riferisce all’aria sullo stesso testo intonata da altro compositore la terza colonna riporta i nomi degli autori delle arie della seconda colonna (per lo scioglimento delle sigle, cfr. p. ). ei casi non indicati si tratta sempre di arie con Da apo. area tonale comprende anche la tonalit relativa maggiore o minore. 343 La musica , I , II grado quando vi la ripresa di A. Solo nella parte A vengono toccate pi di due aree tonali. i sempre modulazione in una delle due sezioni. L’aria termina prevalentemente nella tonalit della onica (eccezionalmente sul I o grado). d ecco invece schematizzate le modalit di passaggio da una tonalit all’altra, riscontrate nelle cantate di Ariosti I Ir I r II I i i r I r I II r i IIr II I I r Ir r ir i i ir I r Ir I r II I i ir ir i i i I r I r r i ii i i i Ir I i ii i ii ir r ir i r I I r i ii i ii i r i I r IIr Dal confronto con le altre intonazioni emerge come solo Gasparini, orpora e . Marcello usino queste medesime regole tonali (essi impiegano tuttavia almeno una concatenazione tonale diversa da quelle di Ariosti). ossiamo quindi concludere che i percorsi tonali sopra riportati costituiscano un umus lingui-stico caratteristico di Ariosti. ei recitativi Ariosti tocca sempre la tonalit dell’area del II grado, terminando sul I o sul II grado nessuna delle cantate degli altri compositori mostra un giro tonale cos conformato. 2. adenze Lo schema seguente registra il tipo e il numero di cadenze ( 1 1 -5 -5 D S A I) impiegati da Ariosti al termine delle frasi melodiche illustrate nelle arie-campione (per le sigle, cfr. p. ). 344 Capitolo IV C C P C P A I T 1 1 1 C 1 1 1 1 1 1 1 R R R 1 1 1 1 1 1 Dalla ta ella si pu vedere che Ariosti intona le unit ver ali So (aventi legami di su ordinazione con le successive) prevalentemente con cadenza sos esa le unit o (coordinate alle seguenti) con cadenza debole le espressioni vocative iniziali ( i) con cadenza com leta sulla onica o con cadenza sospesa le unit ver ali Ri (seguite da ripetizione iniziale del testo) con cadenze complete sulla onica quelle Rs (seguite da ripetizione semifinale) con cadenze de oli o da cadenze sospese quelle Rf (seguite da ripetizione finale) con cadenza completa sulla onica infine le unit ver ali p (poste alla fine di un periodo), quelle v (poste alla fine dell’esposizione della poesia) e a (le ultime unit ver ali dell’aria) con cadenza completa sulla onica. Dal confronto si evince che solo aldara e Monari concordano con Ariosti nella maggioranza dei parametri presi in esame ( su ). . Melodia Le melodie di Ariosti mostrano inventiva nella costruzione motivica, che usa parcamente la progressione le frasi melodiche sono La via dell’analisi della melodia come ase per comprendere il significato di un’opera musicale stata additata da Leonard . Me er, le cui teorie informano le nostre analisi procedendo attraverso l’indagine dei meccanismi relazionali e dei processi interni che legano le micro-cellule costitutive di un motivo, Me er mira a definire il profilo dell’ esperienza estetica , data dal concorso di elementi formali-costruttivi e di elementi e- La musica 345 revi, ma intervallarmente ampie il cor o centrale , la parte strutturalmente pi importante della frase (e qui chiamato nucleo ) pu raggiungere l’intervallo d’ottava quando ha un’ampia estensione, ha pi spesso andamento discendente (- , - , -5 assenti le misure corrispondenti col segno ). Il registro in cui si muove la voce inoltre notevole l’am ito del Soprano ha un’estensione dal mi al la e anche quello del ontralto si spinge fino al limite massimo del registro. In questo Ariosti si discosta dalla linea emiliana di un G. ononcini, pi so ria e compassata nella linea vocale 1. L’andamento melodico della frase ulteriormente descritto mediante le i ure melodiche che arricchiscono la sua struttura ro onda 2 sono le figure di olta, di Ripetizione, di Salto, (ela orazioni di rimo ti o ) e le figure di rasposizione e di Inversione (ela orazioni di se condo ti o). i soffermeremo ora sulle figure di Salto, che nel campione sono cos distri uite occorrenze 2 1 2 2 2 1 1 2 2 spressivi legati alle emozioni cfr. L ARD . M R, mo ione e si ni icato nella musica a ologna, Il Mulino 1 2 (1 ed. inglese 1 5 ). fr. AR-DAL- A 1 , p. 12 . Il nucleo melodico qui descritto nella sua estensione (calcolata misurando il numero di gradi congiunti che separa le altezze estreme della frase melodica, escludendo le anacrusi e le terminazioni femminili) e nella sua direzione, indicata col segno se ascendente o col segno se discendente. 1 SARA DI I, cit. 2 ermine introdotto da L. Me er per indicare livello di ase della costruzione della frase melodica. Di qui in avanti si fa sempre riferimento alla terminologia introdotta da AR-DAL- A (p. 12 e segg.). 346 Capitolo IV vistosa la assa percentuale di salti ma iori (di terza e superiori), che costituiscono perci delle eccezioni all’interno del campione. saminando le altre intonazioni, si osserva come, accanto a un uso massiccio di salti minori (inferiori alla terza), Al inoni e . Marcello usino i salti, rispettivamente, -S5- e -S nelle stesse due arie (n. 1 2 e 1 , cfr. ta elle) in cui li impiega, eccezionalmente (solo 2 volte), Ariosti. La concordanza nell’eccezione un fenomeno importante significa che Ariosti si allinea con i due compositori veneziani nelle modalit d’intonazione pi espressive del testo tali modalit sono tanto pi rilevanti dato che . Marcello ancora ne fa uso, nella generazione successiva ad Ariosti. Inoltre, nell’aria n. 1 2, si vede come l’estensione massima del nucleo melodico corrisponda esattamente in Al inoni ed Ariosti - , ovvero un ottava discendente (che anche la massima estensione cui pu giungere il nucleo nel campione ariostesco). ella maggioranza delle arie ( su 11) Ariosti pone vocalismi e passi virtuosistici in entram e le sezioni A e della voce con lui si allineano Gasparini, adia, orpora e Antinori. istose e amplissime colorature vocalmente ardite (sino a 1 attute in , vedi es. seguente) compaiono sulle parole-chiave delle arie, secondo moduli ritmico-melodici dal profilo geometrizzante proprio l’estrema difficolt vocale di questi numerosi passaggi attesta che le cantate di Ariosti furono affidate all’esecuzione di qualificati professionisti del canto. [ sempio 5 A1] I recitativi sono pervasi da linee aspre, spezzate da salti anche superiori all’ottava, che cedono nei versi finali ad andamenti pi calmi e sostenuti. La musica 347 . Armonia . a ins, parlando della raccolta a stampa ariostesca del 1 2 , sottolinea la grande a ilit del compositore nell’arte della modulazione e nell’armonia Rameau ammira la maestria di Ariosti nel genere enarmonico 5. Dalle nostre analisi emerge un’armonia ela orata e densa di risorse preziose Ariosti fa un uso frequente dell’accordo di a na oletana (in arie), superiore ai compositori del campione (lo impiega solo Sammartini) questo accordo fu impiegato, oltre che dai compositori della cerchia napoletana (da . rovenzale a A. Scarlatti e i suoi allievi ), anche da una nutrita schiera di autori ad esterni ad essa ach, orelli, . Marcello, G. ononcini, .M. eracini, arissimi e orelli . A questi si deve ora aggiungere Ariosti e G. Sammartini. L’armonia mostra inoltre ricchezza di accordi di a se condaria, oltre che di edali ritardi e a o iature nel campione solo orpora fa uso di accordi di a secondaria, dunque solo un compositore della generazione successiva ad Ariosti gli accordi con appoggiatura, viceversa, sono praticati da quasi tutti gli altri compositori (esclusi Monari e Sarro). ei recitativi sono frequenti gli accordi di Settima diminuita che risolvono ecce ionalmente uno sull’altro. umerosi sono i passi come questo, ove una serie di accordi di a e a si concatenano esclu- A I S , eneral istor o t e cience and ractise o usic London, ovello 1 5 2 (1a ed. 1 ) ii, p. , traduz. dall’inglese. 5 A - ILI RAM A , n ration armoni ue ou rait de musi ue t ori ue et rati ue aris, rault 1 , p. 15 . G RI MA , usi e i on Leipzig, esses 1 p. (1a ed. 1 2). Si preferisce usare il termine cerchia anziché quello, pi o soleto, di scuola , in quanto la storiografia ha preferito associare al concetto di napoletanit una somma di tendenze stilistiche s introdotte dai napoletani, ma divenute poi comuni, tra l’ultimo decennio del Seicento e i primi del Settecento, a compositori di diversa origine cfr. RA S D GRADA, cuola na ole tana e era na oletana nascita s ilu o e ros etti e di un concetto storio ra ico in Il teatro di . arlo 1 1 a cura di . agli e A. iino, apoli, lecta 1 , II, pp. 2 . Della storia e tradizione del termine sesta napoletana parla R. Lang (cfr. R R LA G, ntste un und radition des e ri s ea olitan si t Die Musi forschung LI (1 52), pp. . 348 Capitolo IV sivamente mediante risoluzioni ecce ionali (mentre la voce, nel passo citato, ri atte ossessivamente una nota per 22 volte) [ sempio 2 R1] Ariosti rimane in gran parte fedele alla sensi ilit arocca, protraendone le risorse tecnico-formali e ponendosi nel filone stilistico pi conservativo rispetto ai suoi contemporanei. forse la timmun patetica e intensamente dolente quella maggiormente congeniale al compositore, che in questo si riallaccia ai modi dei veneziani Al inoni e aldara, ove la drammaticit del lamento secentesco viene addolcita da inflessioni pi intime e accorate (per esempio nell’impiego frequente di intervalli diminuiti) non mancano per , nei recitativi-ariosi, melodie drammaticamente tese, con ampie figure di salto nella voce e velocissimi guizzi nel ontinuo, che mostrano quanto sia mo ile e convinta in Ariosti la arocca’ pittura degli affetti. ell’impiego estensivo delle colorature prevale la linea operistica-europea dei adia, orpora, Antinori. Ariosti mostra tocchi raffinati nell’uso delle modulazioni e dell’armonia su questo piano pi vicino a un . Marcello o un G. Sammartini, della generazione successiva, poiché varia e incisiva la sua tavolozza armonica al servizio dell’espressione del testo. I rilievi sin qui svolti sulla struttura delle cantate, sull’articolazione della frase e sulle peculiarit stilistiche di Ariosti possono a mio parere connotare una declina ione olognese-veneziana nella storia del gusto e nella oin linguistica da camera medio- arocchi. 1 1 2 1 5 1 2 2 2 5 1 1 Allegro 12 2 La SolLaMi Si Si Re Si Re- Si a A A A S A A A oce (se diversa da S) o edienza irresolutezza dolore pena consiglio a fuggire riflessione supplica felicit ardore pena trepidazione Affetto Le arie sono schedate secondo la successione alfa etica degli incipit del testo nella 2a colonna vi l’indicazione del numero della cantata (cfr. elenco a p. 1 2) cui l’aria si riferisce, seguito dal numero dell’aria all’interno della cantata (es. 15 1 prima aria della cantata n 15) nella a colonna compare il movimento dell’aria nella a colonna il tempo nella 5a colonna la tonalit nella a colonna l’affetto predominante nel testo nella a colonna il tipo di voce se diverso dal Soprano. Sono escluse dall’elenco le arie di cui non possediamo la musica (le cantate perdute o irreperi ili), le arie staccate e quelle comprese nei generi elencati al cap. I . (duetti e scene d’opera) sono altres escluse le arie di incerta attri uzione ad Ariosti. Al oler del bene amato Amo lori c e mi u e Amor occ i non a Ardo n so er c i Au elletto arruletto ella cosa sarebbe amore ella mia i lumi tuoi 1 . ella ice io son elice 11. elle luci e donde mai . . . . . . . Largo resto Adagio resto 2 5 1. A to liermi la ace . A no ermate 2 2 cantata Movimento empo onalit Incipit del testo A LLA Le A ie delle Cantate a musica . 1. . . . . . . . . . 1. altri oda l amato mio bene e mi io a esser re ina e si u ar e ti ece mai uest alma i sa c e orse un d i uol la ace al sen ieco io oss io uel iore ieco nume alato arciero on l altere a on tro o ri ore os tosto o mio bel sole rudeli s ine 2 2 12 1 15 1 1 1 2 2 2 1 1 1 1 2 1 1 2 1 2 2 5 1 2 2 aro nome nome amabile erc er tra monti e sel e 1 . 1 . 1 2 2 2 1 1 2 1 1 1 . enc errite 1 . an i Amore 1 . are sel e sel e amic e 1 . elle stille c e rondate 1 . elt c e col ri or 1 . en i conosco 12 C Andante Largo Largo 12 Allegro ma C non presto on presto ivace Lentamente Largo Allegro Mi Doa SiMiRe Sola SolRe Sol Sol- LaMi- Re- Mia Sol- SiDoSi- gelosia tur amento innamoramento tormento speranza di sollievo appagamento preghiera riflessione alterezza tur amento tormento sofferenza struggimento gelosia diletto nel dolore sdegno gioia pena crudelt struggimento A A A 5 apitolo I a rocella tem estosa alle reti d un bel crine ate ace un sol momento entro il sen di conca rosa i alle in monte ite oi lumi dolente lontanan a il i iero martir ena tiranna ur dolce a un cor le ato un tormento crudele rbe nuo e e nuo i iori ar alletta c e corri al lume inc distrutta sia in er si u tal or iumicello c e ra ido u i reme l onda e isc ia il ento u i mio bel tesor elosia tro o reddo eleno i di nuo o astosa cam e ia i er il tuo ri ore . . . . . . . . . 1. . una rosa c e mi unse . . . . . . . . 1. . 1 2 1 2 1 2 2 21 2 1 1 1 2 1 25 2 2 21 1 2 5 1 1 1 2 1 2 2 2 2 2 1 2 2 2 ivace Allegro Lento on presto Largo 12 Largo Largo Adagio Adagio LaMi Si La Si LaSol Mi Si Si Sol Si Sola LaSi SolSol La Re- Sol- Sol- dolore lenito dalla contemplazione mestizia struggimento pena ritrosia scherno pena sofferenza pentimento sofferenza accentuata dal ricordo tormento crudele lusinga pacatezza struggimento finzione sofferenza timore per il naufragio gelosia gelosia super ia disperazione A A A A A S A A S a musica 51 . . . 1. . . . . . . . . . . . . . . . . 1. In c iuso loco In me s ento d Amore sia il oco Inso ribile tormento Io so c e tu dirai Io so ris onde il cor Io ti rendo il biondo laccio Io ti rendo l aureo strale Io orrei non esser io adorar belt crudele idol mio de ianti miei a mia ede tosto cede a rosa e osa asciami dun ue in ace ran la ello la s eran a or se bramate ore i re Il bendato arcier olante Il mio cor sinor u mio Il i iero dolor Il udor non lo contrasta Il e iretto c e tutto amore Im ari dal mio 2 2 1 2 1 2 1 2 1 5 2 5 2 1 1 2 5 2 1 2 1 2 1 2 1 1 2 1 12 2 55 52 5 1 2 Allegro Adagio 12 22 Largo Allegro Largo Largo Allegro Adagio ivace Adagio Largo SolLa a LaDo Si- Re Mi SiDoSol a Si Do Sol DoSi LaReMi Do- ardore tormento pieta irresolutezza gentilezza nel rigore collera A pena gelosia tormento A desiderio di vendetta innamoramento dolore pudore innamoramento A disprezzo delle ricchezze del mondo struggimento A riflessione morale A tormento riflessione sulla felicit serenit sdegno 52 apitolo I 2 2 2 . . . . . . . 1. . . io bel sol ritorna omai io le no nau ra o ira la bella rosa orirei ria di lasciare o e li intorno amore el centro dell alma el so rir atroci ene elle tue mani Amor ice crudel erc o non saresti no 55 2 2 2 1 1 1 5 1 2 1 2 1 2 5 1 5 2 . uci oi siete uelle 1 . abbandono al enare 1 . aledetto sia il d l ora e il mo 1 mento . ando a oi sos iri in oto 2 . e lio dir Il cor so erse 2 1. entre il mondo tutto ride 25 1 . i con ien so rir in ace 1 . ia illi cara e bella 2 . e nin e amorosette . o sde no e o ivace Largo Andante Adagio Largo Allegro Largo Adagio Allegro Allegro Adagio Allegro assai 2 12 C 2 Si Sol Sol a DoSolSi a Sola Re Laa LaSol- La SolRe- Sol La Mi sofferenza disperazione rigore ama ile pena pace vendetta pena supplica gelosia costanza in amore affanno dolore dolore struggimento accoratezza dolore intenso pena lenita dal piacere sdegno orgoglio struggimento A S A A S A S, S a musica 5 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 11 . 111. 11 . 11 . e stelle er nuo e di ese er ro ar la sua costan a er sc er ar con due be l occ i er incer il mio cor ianta in elice iante incolte erbe odorose i non o lio al cor sentire osso con uesto cor ria c e lasciar i romettimi in edele u ille di ine er mirar due a 2 1 51 1 15 2 1 2 1 1 2 2 5 2 22 1 2 2 1 . 1 1 5 2 1 1 1 51 2 52 1 1 1 5 on curate luci amate on sia solo il ostro ianto a lecito il mio amore re iato iume a o cc i belli ma tro o su erbi di la tortorella in su uel ramo 1 . r antate i o u ille 1 1. asce al suono del mio canto . . . . . . 2 2 12 Largo Adagio osato 12 Largo anta ile on presto Largo Adagio Largo Allegro ivace Adagio Largo Largo DoSola Si Sol ReLa Sol Sola Sola Re a Si a Doa Si LaSolSi tormento incitamento alla vendetta dolore vagheggiamento della ellezza spietatezza diletto innamoramento serenit della contemplazione tormento per la cattiva sorte ardore costanza in amore riflessione languore infelicit sconsolatezza perorazione della li ert costanza in amore struggimento struggimento preghiera di deporre lo A A S A A S 5 apitolo I uel ser ir sen a mercede uell au el c e sciolto ola uesto cor benc le ato isol o adorar i itrosetta astorella ardo almen non son i solo ai dell amor er te e creder non mi uoi e di ua ol esse il iede e di stelle antaste l onore e dis re i il ianto mio e il rimo amor caro 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 1. 1 . 1 . ur al in entil iola ur c io ossa rimirar i uando ritorner uando irsi ella rimira uanto di duolo uanto di ene uanto i i scor e amene ue bei labbri s i aci uel ri or c e orti teco . . . . . . 1 . 1 1. 11 11 11 11 11 11 2 2 5 1 2 1 5 1 2 1 2 1 5 1 2 1 2 1 1 2 1 5 1 1 2 2 5 1 2 2 2 anta ile Adagio Largo Adagio Largo Andante Adagio Largo Andante Andante Adagio Largo Largo 12 C La Sol La La a a Do DoLaLa Si Si La Re- DoLaSol SiMi Mi serenit serenit diletto nel dolore Infelicit udore Dolcezza ierezza ardore struggimento ardore disperazione dolore sdegno gentilezza struggimento dolore nella partenza gelosia dolore dolore accentuato dal ricordo ardore appagamento A A a musica 55 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 1. 1 . 1 . 1 . en a di te. mio bene en a te dolce tiranno en a oi mie a e stelle l intendo elosia s irsi mio ben iete ieri o c e ana la s eran a on sciolto dai le ami telle d in lusso barbaro u tuoi rami inariditi udor del oco il ianto aci o cor c e ancora a sede ento dirmi con lacide orme 1 . e lontan sta l idol mio e nel ci lio a este l armi e sta lun i un cor c e t ama e t o esi o bella Irene e talor tra reddi ce i e tu arti mio ben mio tesoro e uir c i sem re u e em licetta ar alletta 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 . 1 1. 1 2 1 22 2 2 1 1 2 1 2 2 5 2 2 1 5 1 2 1 1 2 1 1 1 1 2 1 Largo Adagio ivace Allegro Allegro Largo Largo Adagio ivace Largo Adagio on presto Adagio Largo 2 2 2 Re La DoDoSolDo Sol Si Si Laa Re Re Mi DoMia Si SolRe Do- struggimento incertezza dolore struggimento tristezza dolore sdegno riflessione sul piacere che conduce alla morte riflessione sulla vanit della costanza struggimento struggimento ardore gelosia languore alterezza desiderio di pace disillusione dolore lenito dall ardore dolore afflizione sdegno A S A A A 5 apitolo I 1 . 1 1. o lio darti mille baci orrei u ir amor o cercando in uel olto diletto 2 2 1 1 . 1 11 2 1 1 1 1 1 2 .2 2 11 1 1 2 1 2 2 . ante e tante del ciel sono le stelle . orna in ido torna in rato . orna ieni a uesto seno . ornate o miei desiri 1 . orner mia cara stella 1 . ortorella del tuo ianto 1 1. u m accusi d in edele 1 . u romettesti al cor 1 . n barbaro ri or 1 . n altra olta almen 1 . a il iacer col duol con iunto 1 . anne o caro c e il nume d Amore 1 . eder i e non amar i 1 . incer dell inclemente 1 1 1 1 Allegro ivace Largo on presto Largo Adagio Adagio Allegro Largo C C 2 2 La Si Sol- LaLa- aLaSol Do Sol Mi Mi- Laa DoSiSi Re- Mi- ardore irresolutezza supplica speranza d esser ricam iato dolore disorientamento vendetta speranza di riconciliazione riconciliazione dolore dileggio sdegno tormento smarrimento speranza di felicit speranza ardore A S A S A S a musica 5 1 1 . . orrei ur rimirar oti o ersi al cor d Irene 5 2 1 Largo 12 LaDo- struggimento ingratitudine A S A 5 apitolo I La musica 359 . a rice ione delle cantate di Ariosti nei aesi tedesc i e an losas soni A Settecento avanzato (1 ), a quasi cinquant’anni dalla sua morte, Ariosti era cos raffigurato da un incisore inglese, . Grignion, segno della sua notevole fama a Londra Attilio Ariosti. Incisione di Charles I Grignion (da Paul Collaer e Albert van der Linden, Atlas historique de la Paris, Musique, elsevier 1960, p. 113) Allo stesso modo, anche le cantate di Ariosti e ero fortuna nei paesi d’oltralpe esse - come vedremo - furono emulate nei luoghi in cui il compositore soggiorn , specialmente in Inghilterra e in Germania. i si riferisce in questa sede alle sei cantate enumerate nella ta ella , che intonano gli stessi testi d’Ariosti ma non erano state oggetto delle analisi comparate in quanto, appunto, sospettate di essere emulazioni delle corrispondenti opere ariostesche come tali, queste composizioni non potevano rivestire un utile parametro di confronto 360 Capitolo IV stilistico. e furono autori l’am urghese R. e ser (con un rano stampato ad Am urgo nel 1 1 ), il erlinese . . Graun e l’irlanese . Roseingrave (con una cantata stampata a Londra nel 1 5) il primo era contemporaneo di Ariosti, il secondo e il terzo, di una e due generazioni pi giovani. e ser, il cui nome appare sul frontespizio della cantata nella versione italianizzata di inaldo esare fu il primo compositore che esport in Germania il genere della cantata italiana, con la raccolta a stampa i ertimenti serenissimi delle antate uette Arie di erse (Greflingern, Am urgo 1 1 ) la cantata miseria d amante core fa parte proprio di questa silloge, ove intitolata Il eloso s re ante. ro a ilmente il compositore am urghese, maestro di cappella del principe del Meclen urgo, pot farsi inviare ad Am urgo un certo numero di manoscritti viennesi (tra cui, appunto, il A n Ms. 1 5 5 che contiene la cantata suddetta) le due corti, filo-italiane, erano legate fra loro da rapporti d’amicizia. Il fatto che l’innesto della cantata italiana ad Am urgo avvenisse su di un testo gi intonato da Ariosti, un dato non certo casuale evidentemente la fama del compositore e delle sue composizioni da camera si era sparsa in Germania gi in epoca antecedente ai successi delle scene londinesi cos e ser scelse di cimentarsi proprio su questo testo per includerlo nella sua pionieristica raccolta. La prima aria della medesima cantata ( ice crudel erc ) gi lodata da retzschmar (per le sue corde emotive che nel ied tedesco saranno riprese solo da Schu ert ) e Schmitz (per l’espressivit del disegno ostinato del ontinuo in cangiante nell’armonia), fu riutilizzata altres in un contesto sacro il arone ohann .A. von ffen ach (1 -1 ), collezionista di rancoforte, 1 negli anni 1 2 -1 , parodi il testo dell’aria in lingua tedesca, in S , p. 2 5. R S MAR, saggio in ahr uch eters (1 ), p. 1 , citato in S . cfr. er enesenen ernun t u lli e edan en ber alle onn und est lic e an elia in einem armonisc en a r an e er asset und or 1 oder o rani eils mit einem be leitendem Instrumente eils mit blosem asse in m ssi en tunden u einer aus Andac t in usic ebrac t on o rid on enbac s 2 i l. ff. 5 2-5 Rara. uesta raccolta stata discussa da Ralph- rgen Reipsch nel suo saggio o ann riedric Armand on enbac als ic ter on antaten a r n en in elemann in RMA 1 La musica 361 una cantata er la de o ione domestica. e ser inton le arie in tempi e movimenti diversi da Ariosti, sforzandosi di cercare nuove soluzioni espressive la prima fu scritta in , Andante ( ), la seconda in , ivace ( , Largo) tuttavia qua e l compaiono tracce di emulazione si veda per es. l’intonazione delle parole ar aro velen della prima aria, nella stessa tonalit di Ariosti, attraverso la medesima, rapida escursione scalare, ma in direzione opposta del registro [ sempio Ariosti, 5 A1 e e ser, aria omologa] arl . Graun (1 -1 5 ) oper a erlino alcuni decenni pi tardi di Ariosti, quando la citt tedesca diviene una delle roccaforti dell’ pera italiana sotto ederico II il Grande . gli inton en quattro dei testi di Ariosti compresi nella stampa londinese del 1 2 essa fu evidentemente en conosciuta nei paesi d’oltralpe e in tutta uropa (circol sino a enezia cfr. II.2.2 sulle cantate dei due Marcello). In questi rani ancor pi evidente che in e ser il tentativo del compositore di emulare il suo illustre predecessore per fare un esempio, Graun impiega lo stesso ritmo (puntato) e movimento di Ariosti per ela orare il motivo iniziale dell’aria itrosetta astorella ran urt ericht er das S mposium ( ran furt a. M., 2 -2 . April 1 ahn, Mainz- e or , Schott 2 , pp. 1 2-1 5 1 5. ), hrsg. von eter 362 [ sempio 1 Capitolo IV Ariosti, 5 A1 e Graun, aria omologa] Ma il caso pi eclatante di emulazione della musica di Ariosti, si trova nella cantata a rocella tem estosa di . Roseingrave, stampata a Londra nel 1 5 (lo stesso luogo ove, undici anni prima, apparve la raccolta di Ariosti). Roseingrave impieg lo stesso organico di Ariosti (Soprano, 2 violini e ontinuo) adott lo stesso schema formale A-R-A scrisse le arie nello stesso movimento (Largo, ivace) us pressoché gli stessi metri ( anzich di Ariosti). Il compositore irlandese foggi in modo simile ad Ariosti i motivi d’apertura delle arie, impiegando altres vocalismi sulle stesse parole del testo (su grato nella prima aria, su d nella seconda) addirittura, si serv delle stesse modalit di pittura di parola si noti per es. l’ alterazione di una delle note dell’accordo sulla parola ape nella prima aria di entram i [ sempio 11 Ariosti, 21 A1 e La musica 363 Roseingrave, aria omologa] L’innesto della cantata italiana nel contesto culturale europeo non si accompagn dunque a una contaminazione stilistica con i generi locali anzi, i compositori autoctoni riprodussero e protrassero gli stilemi della cantata italiana anche a distanza di pi di una generazione dal loro modello (esemplare il caso di Graun, il quale visse quasi esclusivamente tra Dresda e erlino e compose circa un centinaio di cantate su testo italiano, sino agli anni inquanta del Settecento). Gli stilemi della cantata italiana non furono quindi solo recepiti in terra straniera, ma emulati e ripetuti, senza rilevanti modifiche si era costituito un repertorio stilisticamente compatto, che si protrasse immutato al di l della tradizionale periodizzazione cronologica assegnata alla cantata, fin oltre gli anni ’5 del Settecento si era consolidato un repertorio veramente europeo , accettato come tale per numerosi decenni. . A ie di cantate come incunaboli della L’indicazione cantata posta sul frontespizio delle composizioni di Ariosti non coincide sempre con la definizione stilistica del genere vocale da camera a noi noto. Da alcune collazioni effettuate tra i testi delle cantate e quelli dei melodrammi dello stesso Ariosti, risultato che taluni recitativi, arie e duetti concordano nel testo e nella musica con certe scene di pere. n caso simile riguarda un compositore di cui ci siamo occupati rlandini una sua cantata ( e sol la mia morte 2, il cui recitativo concorda con quello della cantata di Ariosti 2 l Mus. . 364 Capitolo IV cc i belli ma tanto su erbi) presenta in apertura un’aria con lo stesso testo e la stessa musica di un’aria dell’Arsace , pera dello stesso compositore. La tesi che vorremmo avanzare che questo fenomeno pi volte osservato, ossia la circolazione e l’estrapolazione di scene da un contesto teatrale-operistico per l’esecuzione cameristica, possa essere considerato una forma larvale della cosiddetta aria da concerto . Gli studi indicano come l’aria da concerto assumesse nel secondo Settecento una forte definizione in quanto enere, in senso costruttivo-compositivo (con un suo carattere, concertante e una specifica vocalit ) 5 le nostre recenti acquisizioni permettono, in parte, di ridefinire il contesto in cui si essa si produsse. Alcune arie e recitativi sono stati identificati come la versione da camera di omonime scene d’opera dello stesso Ariosti (da a ede ne tradimenti 1 1, a lacidia 1 , ito anlio 1 1 ). Si tratta di cinque fra recitativi, arie e duetti contenuti in due manoscritti, l’uno alla essische Landes i liothe di Darmstadt, l’altro alla Staats i liothe di erlino. I rani sono distri uiti nel modo seguente 1) s Mus. Ms. del 1 -’2 aria priva di indicazione e numerazione (sulla prima pagina del ms., attri uito sul dorso ad Ariosti, compare il titolo 1 olo antaten r o ran e leitun mit ontinuo teil eise mit Instrumenten . Si tratta di un rano per S, 2 chalumeau e c compare al f. v del ms. Il copista lo considera erroneamente come un proseguimento Rappresentato a Londra il 1 fe raio 1 21. ell Arsace ci stata tramandata sia la partitura (A n bl atto II che il li retto ( bl auc s). L’annosa questione non stata ancora risolta cfr. a proposito delle arie da concerto di Mozart S RGI D RA , radition Inno ation and In ention in o art s oncert Arias in Album amicorum Albert unnin (in occasione del suo L compleanno) a cura di G. ornari, repols, urnhout 2 2, pp. 25. 5 fr. L GA G A. M AR , eue Aus abe s mtlic er er e hrsg. on der Internationalen Stiftung Mozarteum Salz urg, renreiter, assel- asel-London- e or - rag 1 -1 2, II 2 (Arien enen nsembles und re mit rc ester vorgelegt von Stefan unze), p. . stata tramandata sia la partitura ( bl Add. 152 ) che il li retto ( Mus. a 1 ). stata tramandata la sola partitura (A n Ms. 1 21 ). stata tramandata la sola partitura ( bl Add. 1 15 ). La musica 2) ) ) 5) 365 della composizione precedente, la cantata uci oi siete uelle (diciottesima della raccolta) antata per S e c compare al f. 1r (n. 5) del medesimo ms. si compone di un recitativo e un’aria Mus. Ms. del 1 2-’5 antata per , 2 viole e c compare al f. 1r del ms. si compone di un’aria, di un recitativo, di un’aria. Il ms. ha il titolo uetti e contiene 1 cantata e duetti di Ariosti uetto per S e c compare al f. v del ms. precedente uetto per S e c compare al f. r del ms. precedente A) Arie e cene da ere ese uite cameristicamente 1 ento il cor c e dice era --- dal poemetto drammatico a lacidia ( ernardoni of urg, ien 1 ), A. unico, sc. (Glareano, lavia) Mus.ms. Lungi son io dal caro mio ene - re ami ur --- dall’ pera ito anlio ( a m ing’s heatre, London 1 1 ), A. III, sc. (Manlio) ) uesto mar di ita in ido Garzia, perché non more - Il nemico al cor a uerra dall’ pera a ede ne tradimenti (testo da Gigli Schlo Lietzen urg, erlin 1 1), A. II, sc. (Garzia) , Mus.ms. 4) Io parto, ma ben presto --- dall’Opera La fede ne’ tradimenti A. I, sc. 1 (Fernando, Elvira) 5) Che fiero tormento --- dall’Opera La fede ne’ tradimenti , A. III, sc. 4 (Fernando, Anagilda) el caso del ms. erlinese (n. - -5), le tre scene sono tratte dall’ pera a ede ne tradimenti l’indicazione cantata (e duetto) non lascia du i riguardo alla destinazione esecutiva che doveva avvenire, 366 Capitolo IV appunto, in contesto da camera. I rani sono raccolti a mo’ di a ouri te son s le selezioni di rani di successo dai melodrammi, stampate specialmente a Londra dagli inizi del Settecento (tra queste s’annoverano anche i florilegi tratti dalle pere di Ariosti oriolano es asiano A uilio Artaserse ario ucio ero negli anni Diecienti del Settecento ). on si conosce il li rettista de a ede ne tradimenti sappiamo tuttavia che si tratta di un rifacimento di un melodramma anteriore, scritto da G. Gigli e rappresentato pi volte in Italia a Siena (1 ), ologna (1 ), irenze (1 ), Mantova (1 ), enezia (1 5 e 1 21), ologna (1 2), irenze (1 )1 . Inoltre sono state tramandate altre scene e arie di Ariosti emancipate dal loro naturale contesto drammaturgico per l’esecuzione in spazi pi intimi e raccolti non pi rani scelti da una sola opera ma arie e scene staccate da diversi melodrammi ( ito anlio e a lacidia il caso del secondo manoscritto, quello conservato a Darmstadt (n. 1-2). cco come si presenta, per es., il testo nella versione cameristica dell’aria ento il cor c e dice era , per 2 chalumeau di contro, nella corrispondente versione operistica de a lacidia ernardoni premette ai versi le didascalie dei personaggi lavia e Glareano1 1 ell’ordine London, Meares 1 2 London, alsh 1 2 London, ood 1 2 Lonalsh 1 2 London, pera ffice at the a mar et, 1 25 London, alsh 1 2 . 1 el li retto originario di Gigli (esemplare consultato I c rappresentato a irenze nel 1 e pu licato da angelisti l’anno successivo) presente la scena n. 5, ma mancano la n. e la n. , presenti invece nel li retto in Mus. a 1 , intonato da Ariosti. 1 1 ella versione letteraria del oema drammatico (cfr. R) i personaggi sono lavia e Marino. don, La musica Aria Sento il co c e dice «S e a», ne a lacidia ( ietro A. ernardoni) ienna, of urg, 1 , Sc. 5, A n rganico S, , 2 chal., 2 vl, c ( v.le da gam a) A IA Sento il cor che dice Spera Il tuo duol tosto avr pace A A la sua voce lusinghiera A. lusinghiera ancor mi piace e vuo’ creder al cor mio. A . n pensiero menzognero sento anch io, ch al cor mi dice or felice, gi tu sei vicino al lido . Ma l infido par speranza et desio. . . 367 Aria Sento il co c e dice «S e a», staccata, 1 -2 rganico S, 2 chal., c Sento il cor che dice Spera Il tuo duol tosto avr pace la sua voce lusinghiera lusinghiera ancor mi piace e vuo’ creder al cor mio. n pensiero menzognero sento anch io, ch al cor mi dice or felice, gi tu sei vicino al lido . Ma l infido par speranza et desio. ( . . Anche in questi casi l’indicazione cantata si riferisce alla destinazione delle composizioni, che rappresentano un caso piuttosto precoce di emancipazione di scene dal contesto operistico per l’esecuzione cameristica, se si pensa alla datazione del ms. (ma 1 2 1 2). Stefan unze riteneva che i a ourite on s come anche le scene d’ pera eseguite cameristicamente, non fossero concepite per esser eseguite in am ienti diversi dalla scena teatrale-operistica e tuttavia essi costituissero i modelli e gli immediati antecedenti dell’aria da 1 2 RISM A II 5 . 1. 21 368 Capitolo IV concerto, genere autonomo e tra-teatrale i cui incuna oli faceva risalire a ohann h. ach attorno alla met del secolo (1 55- 1 )1 . i sfugge purtroppo per quali am ienti fossero eseguite queste ultime scene da camera ariostesche, pro a ilmente in luoghi diversi da quelli ove furono rappresentate le pere corrispondenti lo suggerire e il luogo di conservazione del manoscritto (Darmstadt), differente da quelli ove furono rappresentati i melodrammi relativi (Londra, per ito anlio e ienna, per a lacidia). rediamo che le scene non necessariamente fossero eseguite nelle camere’ delle corti principesche, ma fossero destinate a concerti’ privati, per es. nelle dimore gentilizie che proliferavano sul suolo inglese nei primi decenni del Settecento. na di queste fu certamente la residenza di campagna del duca di handos a annons, a nord-ovest di Londra qui, dal 1 1 , e ero luogo i prestigiosi concerti diretti da ndel e epusch e qui fu sicuramente eseguita la cantata di Ariosti una rosa c e mi unse, di cui vi era copia nella i lioteca del duca1 . Ma vi un caso di particolare interesse nella produzione ariostesca l’aria iana sul monte atmos eseguita a Londra nel 1 1 durante nove concerti’ pu lici, sia enefici che a pagamento, da Ann Ro inson urner su una scena trionfante mai vista prima dipinta da R. luogo dell’esecuzione, prima il ing’s lerici ( ail ourant 1 heatre nell’ a mar et, poi, per repliche, il heatre Ro al di Drur Lane (in quest’ultima sala il rano faceva da postludio a drammi in prosa quali e ld atc elor . Arie da concerto ) er incer il mio cor [ iana on ount atmos] per S, 2 fl. e c (Rolli ing’s heatre, stamp. da Meares, London 1 1 ) 1 S A , o arts on ertarien. I. eil Mozart ahr uch 1 1 2, Salz urg, Internationale Stiftung Mozarteum 1 , pp. 1 -1 . 1 La cantata, oggi conservata, in area ritannica, in bl Add. Ms. 21 2, nota anche attraverso un catalogo del 1 2 , riportato ARL S . LLI S M RI L I. A R, e i e and ircumstances o ames rid es irst u e o andos ford, . . . 1 , pp. 1 5-1 . Il catalogo ne rivela la provenienza dalla i lioteca del duca di handos. 1 5 e ondon ta e 1 1 art 1 1 ed. . L. Aver , ar ondale IL, Southern Illinois niv. ress 1 season 1 1 -1 , p. 52 . La musica 369 Frontespizio della cantata Diana on Mount Latmos (London, Meares 1719, F-Pc) Si tratta dunque di un’aria specificatamente composta per i recitals pu lici di una cantante e per la maggior parte eseguita su di un palcoscenico non deputato al melodramma ma principalmente adi ito alla prosa e al mas ue. Il suo testo non attinto da un’ pera, ens da una cantata poetica di aolo Rolli, uanto ossente Amor iana sul monte atmo l’intonazione di Ariosti non riguarda per l’intera versione del testo, ens due sole delle tre arie. er la totale emancipazione da implicazioni drammaturgicooperistiche e la destinazione di consumo per un concerto pu lico, ritengo che il rano possa considerarsi un esempio precoce (nel 1 1 ) di aria da concerto, o per lo meno possa situarsi nel momento di passaggio dall’aria da camera all’aria da concerto d’altra parte gli studi pi recenti (ad es. Durante 2 2, cit.) ammettono che il termine aria da concerto si svilupp a Settecento avanzato per definire un genere dalle forti implicazioni di consumo, pi che una somma di caratteri stilistici omogenei e costanti nella variegata selva di microforme nate in seno all’o era seria. Le considerazioni sin qui svolte consentono di anticipare di quasi mezzo secolo gli incuna oli di un enere che unze faceva risalire a ohann hristoph ach. Sulla scia di questa composizione, come arie da concerto potre ero esser state concepite anche le altre arie e scene staccate di Ariosti 370 Capitolo IV (questa volta senza addentellati con i melodrammi) che ci sono pervenute. Si tratta di otto rani, di cui non nota la destinazione1 i numeri - - sono arie autonome le prime due, raccolte in un volume miscellaneo di arie anche d’ pera ( mu 5 .1 1), la terza, in un volume di arie anonime ( ma -S -R e Alstr m. Samml.). I numeri 1 -1 sono invece arie estrapolate da cantate di Ariosti, talvolta trasportate in un registro vocale diverso da quello originario Arie e cene da camera ) In ciel amate e belle per S, 2 vl., v.la, c (1 2 ca.1 ) mu. on a e amorosa per S, 2 vl., v.la, c (1 2 ca.) ) omincia a res irar per S e c ,n 1 S ,n 2 Alst m. Samml. 1 ) cc i belli ma tro o su erbi per e c --- aria dalla cantata omonima per S e c Ms.mus. 11 Amor occ i non a per S e c aria dalla cantata cc i belli ma tro o su erbi LU Solande s notbo 1 on da escludere che le arie e scene fossero eseguite nei teatri di openaghen (attorno al 1 2 , quando Ariosti era a Londra), a Stoccolma, Lulea (forse da . helleri, il cui nome compare a proposito di altre composizioni del ms.) e Londra, ove i testimoni sono oggi conservati. Anche in Danimarca e in Svezia, infatti, si era sviluppata, tra Sei e Settecento, una vivace attivit operistica d’impronta italiana. 1 La data si deduce da quella dell’ pera da cui tratta una delle arie presenti nel ms., l’aria Allor c e u nerai dall’I ermestra di eo. In quest’anno Ariosti era a Londra. La musica 371 ieco io oss io uel iore1 per S e c aria dalla cantata omonima 1 ) he sento, Irene amata e tu arti mio ben mio tesoro per S e c -- scena dalla cantata omonima L M.2 . . 1 ) e’ spaziosi campi - ore i re del tem o edace, per S e c scena dalla cantata omonima 1 In particolare, i n. 10-11 sono arie staccate della medesima cantata Occhi belli, ma tanto superbi: questo brano dovette avere una diffusione notevole in area svedese, se si osserva la localizzazione delle sue fonti (S-K, Ms.mus. 5 e S-LUnm, Solanders notbok). 1 La cantata fu reintonata da . orpora all’inizio del ms. (I c antate ) si trova l’indicazione Amoroso forse questa cantata in realt una scena d’ pera eseguita cameristicamente, come quelle precedentemente discusse. uttavia non stato possi ile rintracciare l’ipotetico melodramma da cui sare e stata staccata. CAPITOLO QUINTO EDIZIONE 1. La cantata L’edizione riguarda una delle due cantate su testo di Paolo Rolli presenti nel corpus ariostesco: Già per il tuo rigore; questa cantata ci è restituita solo manoscritta (l’altra cantata di Rolli fu stampata nel 1719 da Richard Meares a Londra1). Il testo poetico ci è noto soltanto attraverso l’intonazione musicale. Già per il tuo rigore è formata da un’aria, cui segue un recitativo e un’altra aria; è l’unica cantata di Ariosti che possegga un recitativo accompagnato da strumenti (2 violini, viola), anche se gli strumenti ad arco si riscontrano in altre nove cantate del compositore (cfr. cap. IV.2). La viola è presente nel solo recitativo con una parte a note tenute; i 2 violini, sovente in unisono, hanno una parte articolata, specie nel movimento finale (in 3/8), ove essi sembrano gareggiare nel virtuosismo con la voce, che disegna ampie colorature. La cantata presenta una tonalità maggiore d’impianto (Sol maggiore); da questa si sviluppano articolati giri modulanti, come per es. quello della sezione B della prima aria (bb. 33-49), che è così formato: I (Sol2) – III-(r) (sol) – III- (Sib) – III-(r) (sol) – VII- (r) (re). La sezione conclude in una tonalità assai lontana da quella d’impianto (re minore), prima della ripresa della sezione A. L’armonia, inoltre, mostra alcune preziosità: alla b. 47, sulla parola “me”, Ariosti inserisce un accordo di Sesta eccedente (italiana3) nella tonalità di sol, per poi volgersi alla battuta successiva, assai bruscamente, a re. La cantata è presente in due fonti manoscritte: 1 La cantata Diana sul monte Latmo. L’iniziale maiuscola significa tonalità maggiore, quella minuscola tonalità minore. 3 L’accordo di sesta eccedente “italiana” è un tipo di accordo di sesta eccedente costruito sul quarto grado con la fondamentale innalzata di semitono e la terza abbassata; è detto anche accordo di terza e sesta eccedente peché si trova spesso in primo rivolto (cfr. WALTER PISTON, Armonia, Torino, E.D.T. 1989, p. 408). 2 373 374 Capitolo V BR3 = Ms. viennese (il frontespizio riporta il titolo 16/ Cantaten…) miscellaneo contenente anche 1 aria di Händel, 3 cantate di D’Astorga e 1 di Haym, conservato a Brussels (Conservatoire Royal de Musique, collocaz. Litt. XY 25769). La cantata di Ariosti occupa le pp. 31-41 e reca il sottotitolo Cantata / a Soprano / solo / Poesia del / Sig.re Paolo Rolli / Del Sig. Attilio Ariosto (ma nel frontespizio del ms. compare il cognome esatto del compositore). E1 = Ms. miscellaneo di formato oblungo conservato a Edinburgo (University Library, collocaz. P 1433, proveniente dalla Reid Music Library). Sul frontespizio compare la data di redazione: Diverse / Cantate scelte / 1716. La cantata di Ariosti occupa le pp. 12-24 e reca il sottotitolo Cantata / a Soprano / solo / con V.v. / Del Sig.re Attilio Ariosto / Poesia del / Sig.re Paulo/ Rolli. Nel frontespizio di BR3 si leggono le date 1712 e 1713, riferite alle cantate di D’Astorga (in questi anni residente a Vienna), di Haym e all’aria Se mi ami, o caro di Händel (la datazione di quest’ultima si deduce da quella datazione dell’Opera di cui fa parte, Il pastor fido, composto, appunto, nel 1712). La seconda fonte (E1) è redatta invece nel 1716, anno d’inizio del primo soggiorno londinese di Ariosti. Si può quindi assumere l’anno 1713, della prima fonte, come termine ante-quem di quello di composizione della cantata di Ariosti e sostenere che essa risalga al 1712-1713. In base a questa argomentazione, Già per il tuo rigore risale agli anni dell’attività diplomatica del compositore in Europa (1711-16). In una lettera al fratello Odoardo, scritta a Parigi il 15 febbraio 1716, si legge: sono stato ricevuto con grande onore da tutti i sovrani che ho servito; sono stato in Baviera, Württemberg, Durlach, Baden, Lorena e, ora, presso il duca di Orlèans, reggente di queste terre, dove non mi fermerò a lungo. Si può arguire che nel 1712-1713 Ariosti fosse con molta probabilità in Germania quando compose la cantata: o a Monaco presso la corte di Massimilano Emanuele II, o a Stoccarda presso il duca Eberardo IV, o a Karlsruhe-Durlach presso il margravio Carlo Edizione 375 Guglielmo III, o a Baden-Baden presso il margravio Ludovico Giorgio. 2. Descrizione dell’apparato critico4 La prima fonte (BR3) è stata assunta come testimone di riferimento per l’edizione perché reca una datazione più alta. Nulla si conosce sulla storia della tradizione delle due fonti, anche se esse appaiono strettamente imparentate poiché copiate dalla stessa mano. La notazione dei 2 violini su uno (quando sono all’unissono) o su due righi è stata conservata; la parte della voce, scritta in chiave di Soprano, è stata trasportata in chiave di violino. Ogni intervento del curatore sul testo che vada al di là della pura traslitterazione della notazione antica o che non corrisponda a un preciso sistema di conversione grafica qui segnalato, viene menzionato nell’Apparato critico o evidenziato attraverso parentesi rotonde: sia per indicazioni espressive mancanti nelle fonti e aggiunte per assimilazione orizzontale o verticale, sia per correzioni e aggiunte del curatore laddove nessuna delle fonti fornisce, a suo giudizio, un testo corretto. Per quanto concerne il trattamento delle alterazioni, come per le fonti settecentesche della musica di Vivaldi, le nostre fonti seguono l’antica convenzione secondo la quale le inflessioni cromatiche mantengono la loro validità solamente per il tempo in cui la nota alla quale è premessa l’alterazione è ripetuta senza essere interrotta da altri valori melodici, indipendentemente dalla stanghetta di battuta. Pertanto la traslitterazione nella notazione moderna comporta l’aggiunta di certe alterazioni e la soppressione di altre. Le alterazioni sono state normalizzate secondo l’uso moderno: per es. il segno di b per indicare la cancellazione di un # in chiave è stato modificato in n . 4 Per i criteri di edizione si fa riferimento ad ANTONIO VIVALDI, Cantate per Contralto (a cura di F. Degrada). Edizione critica a cura della Fondazione «Giorgio Cini» - Istituto Italiano «Antonio Vivaldi», Milano 1997. 376 Capitolo V Le dinamiche originali, presenti in maggior numero in BR3 rispetto a E1, sono state fedelmente riportate, abbreviate secondo le sigle odierne: FONTE piano ------- forte ------- USO MODERNO p f L’apparato critico registra le varianti delle altezze e delle alterazioni, nonché quelle minori riguardanti i segni di legatura e di arcata (per gli archi). Le fonti differiscono nella tonalità d’impianto: BR3 è in Sol, E1 in La; a questo proposito nell’indicazione delle varianti si è privilegiata una terminologia che consentisse di identificare la nota/-e e la variante /-i senza ricorrere al nome dell’altezza, così da dar conto con più chiarezza delle collazioni effettuate. In alcuni casi problematici non si è però potuta evitare l’indicazione dei nomi delle note, trasportandole, quando riferite a E1, nella tonalità di BR3, Sol. Il Basso continuo non presenta, in nessuna delle due fonti, la numerica (che in altre cantate di Ariosti è presente: cfr. per es. la cantata Quell’augel che sciolto vola nella fonte C5) ; esso non è stato realizzato nella convinzione che qualsiasi realizzazione risponderebbe ad un gusto in parte lontano dalla pratica dell’epoca e forse ostacolerebbe la libera volontà creativa del cembalista competente. 5 Cfr. elenco delle fonti al cap. II.1.1. Edizione 377 3. Apparato critico BATTUTA PARTE 1 Vl I-II 18 Vl I-II 42 Vl I-II S 44 S 47 51-52 Vl I-II Vl II 52, 60 Vl I/ Vl II/ Vla 62 66 Vl II Vl II/ Vla Vl II 69 Vl I-II 105-108 Vl I 106-108 S Bc Vl I E1 la quinta nota è re; l’intervallo tra la quarta e la quinta nota è perciò discendente E1 la prima nota è re; l’intervallo tra la prima e la seconda nota è dunque di una sesta magg. ascendente inserita pausa di croma mancante BR3 E1 - b sulla prima nota (emendato) BR3 E1 - n sulla quinta nota (emendato) - b sul mi3 (emendato) eliminata la legatura tra il mi b e il re (= E1) E1 manca l’indicazione delle arcate E1 re#3 fa n (emendato in fa #) E1 presenta la terza dell’accordo manca il segno di terzina qui e nelle battute seguenti BR3 E1 - n sulla prima nota E1 - # sulla prima nota E1 – n sulla prima nota - n sul primo fa 378 Capitolo V 110-112 Bc Vl I 141-142, 144 141-143 155 Vl I/S VlI/S Bc 164-166 Bc 179-182 Bc 181-182 Bc 183 tutte - # sul primo sol BR3 E1 - # sulla prima nota - b sul primo si E1 - n sulla prima nota manca il segno di corona BR3 E1 - # sulla seconda nota E1 secondo grado aumentato della tonalità d’impianto (la#2 anziché do#3) BR3 E1 - # sulla prima nota il metro 3/4 interpolato ha l’effetto di un “quasi rall.”; si tratta di uno stilema arcaico presente anche in altre cantate ariostesche (per es. nella n. 40: A2 e nelle cantate dei primi decenni del Settecento, per es. nella cantata Il fine dell’uomo di Feo: aria Di selce è quel petto) Edizione 379 4. Edizione della cantata Già per il tuo rigore (testo di P. Rolli) per 2 vl, v.la e Bc (1712 o 1713) [Aria] 2 Violini Soprano Basso Cont. Vl S Bc 6 # 3 ∑ unisoni Œ Œ œ œ . œj œ œ œ . j œ œ . j & 4 œ œ œ ˙ œ œ œ # ∑ ∑ ∑ ∑ & 43 ∑ . ∑ œ œ œ œ œ. œ œ œ ? # 43 œ ˙ œ œ œ. œ œ œ. œ œ # œ œœœ œ œ œ œ˙ Œ & œ œœ œ # ŒŒ œ ∑ ∑ & ? # œ. œœ œ œ œ œ Già œ ˙. ˙ œ œ œ œ œ œœ per il tuo Ó œ ˙ ŒŒ ∑ ∑ ∑ œ ˙ œ œ ˙ œ ri - go - re cre - dei Œ ∑ po - Capitolo V 380 S Bc 19 Vl S Bc & & S Bc œ # œ Œ Œ # Œ œ œ te # Ó œ. œ ˙ œ ˙ j ˙ œ œ œ œ Jœ œ ˙ cre - dei ?# œ Œ Œ ∑ po - ter ∑ mo - ri - re ma Ó œ ˙ œ œ œ œœ ˙ œ j j j j j j œ n œ œ œ œ œj # œ œ . œ non po-ter par - ti - re ca - ra œ ˙ œ ˙ ŒŒ ∑ ‰œ œ . œj j J œ œ œ œ œ.œ œ # j j œ œ r r j Œ‰ j œ œ œ j r Œ Œ & œ œ œ . J J œ œ œ . œ # œ œ J J œ œ. œ te lon - tan lon-tan da te ca-ra ca - ra ca-ra lon-tan da œœœ ? # œ . œœ œ œ œ œ Œ ‰ œ œ . œœ ‰ J J œ œ œ & 25 Vl # j œ # œ . œJ œ œ œ œ œ œ œ œ# œ œ œ œ ˙ #œ ˙ œ # j j & œ œ œ œ œ œ œ œ Jœ œ œj œj jœjœ . œ œ œ œ ‰ œj Jœ œj œ œj .œr #œ ter mo - ri - re ma nonpo-ter par - ti-re ca - ra ca - lon - tanlon-tan da j# œ œ . œ œ œ œ ?# ∑ Ó œ ˙ œ œ œ . œ J & 13 Vl #œ œœ œ. j œ ∑ œ œ. œ œ Edizione & 31 Vl S Bc & S Bc S œ. j œ . œ œ œ œ u̇ ∑ ∑ ŒŒ # & # ˙ Œ œ Mio Œ ˙ œ œœ œ œ ∑ j œ œ . œ œ # œj œ œ œ ˙ sven - tu - ra - Œ Œ œ ˙ #œ to co - re ˙ œ Œ Œ ∑ ‰œj œ œ œ Œ œ. œ nœ œbœ œ # j jjj & (b )Jœ b œj œj œjœ œ œb œ œ œ œ œ œn œ œb œ œ œ œ œ (n)œ Œ # œ œ œ œ œ bœ ?# ˙ rai più sven-tu-ra Bc ∑ Œ œ œœœœ œ œ œ œœ œ ˙ jj j # j j & œ œ Jœ œj œ œ œ œ . Jœ œ œ œ . œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ ‰ b Jœ re-sta sul li - doIa - ma - to œ œ œ sulœ œli - do sul ˙li - do a - ma - to œ sa œ ?# ˙ œœœœ Œ œ ˙ & 42 Vl # œœ œ ? # œ. œ œ œ œ œ œ u̇ 37 Vl # 381 - bœ ˙. - - - - b˙. - to se vuoi par-tir con ˙. 382 46 & Vl Capitolo V # œ œ œ œ. œ bœ b ˙ ( ) œ œ # œ . œj œ Œ Œ .. # bœ j j r j j & J œ œ œ . œ œ . b Jœ œ œ n œj b Jœ œ œj . œr œ Œ Œ .. S Bc ?# me par- tir œ œ œ œ con me #˙. œ œ œœ se vuoi par - tir par tir con [Recitativo] œ Œ Œ .. w Vl &c w w ˙ ˙ Vl & c bw w ˙ ˙ w Vla Bc w w ˙ ˙ w 50 S j j jj j r œr jœj b œ œ ‰œjœj œj & c Œ œ œ œ œ œ b œ œ ‰ œj œj j œ œ œœ œ œ ?c w Quan-doIilmar si de - si- a Bc w tran-quil-loIin cal-ma sor-go-noIi fie-ri w Da Capo me I II Da Capo ven-ti w e tur-ban Da Capo 383 Edizione Vl I & w ˙ ˙ Vl II & bw ˙ ˙ Vla B w ˙ b˙ 54 S or che tem-pe-ste Vl I & #˙ œ Vl II & ˙ #œ Vla B ˙ œ l'on-de 57 S Bc bw w j j j j & b œj œj‰ j j j j j œ œ œJ œ b œJ Jœ Œ b Jœ Rœ Rœ œJ œ # œ œ œ œ œ œ œ ? w Bc w œ œ au - re se - con - de ˙ sol bra - ma que - st'al - ma w œ w œ w j j j & ‰ œ # œ œ œj œj Œ ? ˙ #˙ nw spi- ran suoi flut- tiIa - mi - ci ˙ ˙ ˙ ˙ ˙ ˙ j j j j j j œ ‰ œ b œ œJ œ œ œ ‰ œ Jœ b œj œj œ deh œ #w ve - ni - teIo pro - cel - le ˙ tar - da - teIil mio par - ˙ 384 Capitolo V Vl I & ˙ ˙ ˙ ˙ w w Vl II & ˙ ˙ #˙ ˙ #w w Vla B b˙ ˙ ˙ ˙ 60 S w w j j j jj r r j r r j j j j jjjjj & œjœj‰œ œ b œ œ œ # œ œ ‰œ œ œ œ œ œ œ ‰œ œ œ œ œ ‰œ œ œ # œ œj ? b˙ w ti-re da-teIal-menqual-che gior-no di lan-gui-do sol - lie-vo al miomar - ti-re e ser-ba - te la Bc ˙ w ˙ ˙ # 3 8 Vl & #w œ ˙ #œ Vl & #w œ œ # œ #œ aw # 3 8 B #w #œ œ #œ œ aw # 3 8 64 Vla S r j j j j j j & # œ œ ‰ # œJ # œ # œ # œ Jœ Jœ ≈ œR # œ Rœ # œ œ Œ ? ˙ cal - ma Bc ˙ ser - ba - te la cal - ma œ œ #˙ al mio ri - tor- no w ∑ w # 3 8 # 38 Edizione [Aria] 385 3 3 3 3 3 # 3 œœ 3 3 œ œ œ œ œ & 8 œ œ œ œ œ œ œœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ 3 3 # 3 ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ & 8 ∑ ∑ unisoni 67 Vl S Bc œ œ œœ œœ ? # 38 œ œ œ œ œ œ œ œœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ 3 3 3 # & œ œ œ œœœ Jœ œj œ. # ∑ ∑ & ∑ S Bc # ‰ œ œ p # œ & Jœ J œj no non ve ? # œ œ œ œœ œœ œ œ 82 S Bc 3 3 3 3 3 Vl 3 3 œ œj œj œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ ‰ ∑ p f 3 ‰ œ Jœ j œ œ œ œ Jœ j œ œ œ œ J œ J œ Quan-do ri - tor - ne - rò no non ve - ni - te œ œœ œ œ œ œœœ œœ œ œ œ œ ? # œ œœœ œ œ . ∑ ∑ œ J J 3 3 3 74 Vl 3 3 & 3 3 3 3 3 3 j œ œ œ œJ œ œœ œ œ œ œj œ œ œ œ œ œ œj œ œ 3 œ œ œ œœ œj #œ œ œ œ 3 j j j œ j œ œ œ œ œ œ œ Jœ ‰ œ J œ 3 œœ œ J ni - te no ma ‰ prontoIal ∑ 3 3 3 mio de ∑ - - sir - ∑ -tar- 386 Capitolo V # œ Jœ # œ & Jœ 88 Vl S Bc œ œ œ & j œ œ œ j œ œ œ œ œ œ# œ œ œ œ œ œ œ œ tir pro - cel tir il miopar mio par da-teIil 3 j œ j œ ? # ‰ œ œ œœ œ # œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œœ œœ ‰ œ ‰ # œ œ ‰ œJ œ œ J J J 3 Vl I & Vl II & S & 95 Bc Vl I Vl II S Bc j œj ‰ œj j ‰ œ œ J œœ œ œ œ # œj œ j j œ œ œ #œ œ # # 3 3 3 3 œ œ œœ œ œ œ œ œj‰ ‰ œj‰ ‰ œœ œ# œ œ ‰ œ œ œ œ œ œ # œ œ œœ œ œ œ œ . œ# œ ∑ j‰ ‰ j‰ ‰ #œ #œ # ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ œœ œ œ œ œjœ œ œ œjœ œ œ œœ œ# œ Jœ œj‰ œ œ œ œ œ œ œJ # œ œ œœ œ œ œ œ œ . œ# œ ca - re ca - re pro - cel - le ca-re le œ ?# œ œ œ œ œ œ Jœ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ & 103 & & # # j œ œ .œ œ n œ n œ œ œ N œ œ œ N œ œ œ N œ œ œ # œ œ œ # œ œ œ j œ œ œ œ œ ∑ # j œœ ? # Jœ œ ca - œ œœ œœœ œ œœ œ œ œ œ œ œ j j j j N œ n œ œ N œ œ N œ œ N œ œ œj # œ œ œ .# œ œ œ b œ . œ œ œ œ œ re - da - teIil mio par - tir pro - cel - le ca - - - œ # œj # œ œ œ a œ œ œ a œ œ œ a œ œ œ œ œ œ œ œ œ 387 Edizione Vl I & 111 Vl II & S & Bc Vl II S Bc # # ‰ œ œ œ œœ œ œ œ œ . œ ‰ œœ œœœ œ œ œ œ œ œ #œ p f #œ œ œ œ ‰ œ œ œ œ œ œ ∑ ∑ ‰‰‰ ∑ œ œ#œ j œ j ‰ œ œ œ œ œ œ œr œr œ . œ œ œ ‰ ∑ ∑ œJ Jœ œj œ œ pro - cel - le re re ca - re quan-do riœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ ?# ‰ œ ‰ œ œ œ œ œ œ 119 Vl I # & & & # # # œ œœ œ œ œ œ œ œ œ Jœ œ œ œ œ # œ 3 ∑ œ œœ œ ‰ œ # œ œ œ œ œ œ Jœ œ œ 3 ∑ ‰ ∑ ∑ ∑ ∑ œœ œ œœœ œ J 3 3 œ œ j œ œ œ œ œJ j œ œ œ Jœ J œ J J œ tor - ne - rò œ œ œ œ no non ve - ni - te ? # œ œ œœ œ #œ ‰ ∑ J 3 3 J ‰ œ J œ #œ œ œœ œ œœ œ œœœ no non ve - ni - te ∑ œ J ‰ no 3 ma 3 3 388 & # œ œœ & ‰ 126 Vl I Vl II S Bc Capitolo V # œ j œ œ j œ œ j œ œ œ 3 3 3 œ œ œ œ œ œj 3 3 j 3 œ œ j œ œ j œ ‰ œ œ œœ œ œœ œ œœœœ œ œœ œœ œ 3 3 # œ j j j j œ œ œœ œ œ œ J œ J œ œ œ œ par - tir propron - toIal mio de - sir da teIil mio ? # œ ‰ œ ‰ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œj œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ J J J 3 3 & 3 & 132 Vl I Vl II & S & Bc œ J œ J œ # œ # œ ‰ œ œ œ œ ‰ œ œ œ œ œ œ œj 3 3 ∑ 3 3 3 3 3 ‰ œ ‰ œ œ . œ œ œ ‰ œ œ œ œ œ œ œ œ .œ œ ‰ œ œ œ œ œ .œ j ‰ œ œ œœ # œ œ œ œ œ œ œ œ . œ œ œ œ œ œ œ œ œ . œ œJ œ ‰ œ œ œ œ œ œ R J œœ œ œ œœ cel - le ca-re pro - cel - le œ œ œ ? # œ ‰ œ œ œ œ œ œ œJ œ ‰ œ œj œ ‰ ‰ œœ 3 3 œœ J ca œ œœ Edizione 140 Vl I & Vl II & S & Bc # # # 389 œ b œJ A œ œ œ A œ œ œ b œ œ œ A œ œ œ œ œ œ œ œ j œ œ œœœ œ œ œ œ œ œ œ œb œ œ . œ œ ? # œ # œj œ œ œ re tar - da - teIil mio par - tir pro - cel - le ca œ œœ œ œ œ œ œ œ œ - Bc 157 S Bc ∑ ∑ ∑ re pro-cel - le ca - œ ‰ re ‰ œœ œ œ J œ œ. 3 3 Vl ∑ 3 3 3 3 # œœ 3 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œœœ œœ œ œ œ œ œ œ œ ‰ ∑ œœ œ & œ œ œu œ œœ œ f 3 # ∑ ∑ œj œ Jœ ∑ ∑ ∑ & ∑ ∑ J Sequan-do œ œ œ œ ? # œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œœ œœœ œœ œ œ œ œ œ œ Uœ . œ œ J œ 3 3 unisoni S ∑ j j œ b œJ b œ œ œJ b œ œ Jœ b œ œ Jœ b œ œ œ œ œ œ œ œ œJ œ œ œ œ œ . 149 Vl ∑ & # ∑ # œ jr J œ .œ œ 3 ∑ ∑ 3 ∑ 3 3 ∑ ∑ ∑ ∑ j œ œ j j jj œ œ Jœ J J# œJ . œR # œ . œ œ œ œ œ œ J la par-ti - rò sa - rà so la ca - gion mo-ri - rò 3 for-se non œ œ œ a œ œ # œ # œ œ œ œ ‰ œ ‰ œ œ œ œ œ œ œ œ œœ ? # œ j œ œœ œ œ œ j œ œ J œ & ‰ 3 390 165 Vl S Bc & S Bc & S Bc ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ 3 ∑ .. 8 ∑ ∑ # # j œ œ ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ ∑ # j œ j & # œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ # œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ j‰ Œ œ œ la na - re # ? # œ ‰ œ # œj œ ‰ # œ ‰ œ ‰ œ ‰ œ ‰ Œ Jœ 180 Vl # j œ . # œj œ # œ œ # œ œ ‰ œ Jœ . 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VOGGENREITER, Untersuchungen zu den Opern von Attilio Ariosti (1666- ca. 1729), Bonn-Bad Godesberg, Voggenreiter 1978 VOGE = EMIL V OGEL , Bibliografia della musica italiana vocale profana pubblicata dal 1500 al 1700, nuova ed. interamente rifatta a cura di Alfred Einstein, Francois Lesure, Claudio Sartori, Pomezia, Staderini-Minkoff 1977 403 Appendice I RIPRODUZIONE DELL’ARIA PIANTA INFELICE 1) ATTILIO ARIOSTI Pianta infelice (aria dalla cantata L’Olmo, n. 42; cfr. tabella a p. 335), in Six Cantatas and Six Lessons for Viola d'Amore/ Alla Maestà di Giorgio Re della Gran Britagna, London, Walsh 1724: riproduzione in facs. Bologna, Forni 1980 («Bibliotheca Musica Bononiensis» IV/124), pp. 11-12 404 Appendice I Appendice I 405 2) BENEDETTO MARCELLO Pianta infelice (cfr. tabella a p. 336, aria dalla cantata Su d’un colle fiorito, al di cui piede, D-Mbs, Mus. Hs. 135, ff. 9r-10r 406 Appendice I Appendice I 407 408 Appendice I 3) GIUSEPPE SAMMARTINI Pianta infelice (cfr. tabella a p. 338, aria dalla cantata L’olmo, B-Bc, Ms. 15154, ff. 49v-50v Appendice I 409 410 Appendice I 411 Appendice II INDICE DEI CAPOVERSI DELLE CANTATE «Abbastanza delusa» 1: R1 Addio dunque, Fileno! E questo addio 26: R3 Apprendete da me, mal saggi amanti 3: R3 Ardo, né so per chi 7: A1 A tal voce io restai qual uom che sogna 63: R2 Ah crudele, t’intendo 5: R2 Ahimè, voi già cedete, o sdegni miei 70: R2 «Ahi qual cruccio, qual pena, qual martiro» 2: R1 Almen de’ pianti miei 20: R2 «Al tribunal d’Amore» 3: R1 Al voler del bene amato 4: A1 «A te, bella cagion de miei sospiri» 8: R1 A togliermi la pace 23: A2 Augelletti che nudrite 85: A2 Augelletto garruletto 9: A1 Bella cosa sarebbe amore 47: A1 Bella mia, i lumi tuoi 35: A1 Bella Nice, io son felice 63: A2 Bella, per un momento 5: A2 Belle luci, e donde mai 27: A2 Belle stille che grondate 10: A1 Beltà che col rigor 68: A2 Ben vi conosco 10: A2 Benché ferite 84: A2 Cangi Amore 70: A1 Alzossi allora il faretrato dio 34: R3 Amanti, o voi ch’inviluppati siete 72: R1 «Amarissime pene» 5: R1 Ah no, che senza Filli, ch’è mia vita 45: R2 Ah no, fermate 53: A2 Ah, perfido Celindo 47: R2 Ah, saria troppo grande e troppo vile 54: R2 Amo Clori che mi fugge 6: A1 Amor occhi non ha 57: A2 Care selve, selve amiche 61: A2 412 Appendice II Caro nome, nome amabile 58: A1 Celisi pur colei per cui mi moro 7: R2 Cercherò tra monti e selve 62: A2 Ch’altri goda l’amato mio bene 2: A2 «Che dura pena è questa» 11: R1 Che mi giova esser regina 12: A1 «Che più mi resta, oh dio» 13: R1 «Che sento? Irene amata» 14: R1 Che si può far 15: A1 Crudeli spine Da procella tempestosa 21: A1 Da quel giorno fatale 16: R1 Dalle reti d’un bel crine 9: A2 Date pace un sol momento 45: A1 Deh, per pietà, su l’adorato volto 74: R2 Dentro il sen di conca è rosa 81: A1 [Diana in Latmo] cfr. Per vincer il mio cor 64 Dica s’io son cortese Che ti fece mai quest`alma 16: A1 Chi sa che forse un dì 82: A2 21: A2 81: R2 «Dirmi ch’io non adori» 22: R1 Dite voi, lumi dolenti 26: A2 Di valle in monte 23: A1 Chi vuol la pace al sen 4: A1 Cieco Dio, foss`io quel fiore 17: A1 Cieco Nume, alato arciero 18 : A1 Cieli, che far degg’io 11: R2 Cingonmi, nata a pena Con l`alterezza «Ecco che già ritorna il Tauro eterno» 25: A1 «E in sen mi resta core» 26: R1 12: R1 87: A2 Con l’amabile idea di tua bellezza 55: R2 Con troppo rigore 19: A1 Così da un ciglio solo D`una rosa che mi punse 24: A1 E` lontananza il più fiero martir 86: A2 E` pena tiranna 44: A2 E` pur dolce a un cor legato 27: A1 E pure se non fosse 76: R1 57: R2 Erbe nuove e nuovi fiori 28: A1 Così tosto, o mio bel sole 20: A1 E` un tormento crudele 71: A1 Appendice II «Eurilla, vel confesso» 29: R1 Già so che quell’infida 42: R2 Farfalletta che corri al lume 25: A2 Fidi araldi del core 53: R2 Gran flagello è la speranza 55: A1 Havean gl’occhi d’Iri 15: R1 «Fileno, che le frodi» 30: R1 413 Hore pigre del tempo edace 53: A1 «Filli gentil, nel tuo bel fior degl’anni» Hor se bramate 52: A2 31: R1 Il bendato Arcier volante Finché distrutta fia 46: A2 13: A2 «Il destino ver me è pur crudele» Finger si può talhor 38: A3 37: R1 Il mio cor sinor fu mio 38: A1 Fiumicello che rapido fuggi 82: A1 [Il naufragio] cfr. Freme l’onda e Foss’io pur quella fonte fischia il vento 32 17: R1 Freme l`onda e fischia il vento Il più fiero dolor 39: A1 32: A1 Fuggi dal prato, fuggi, o Clori mia Il pudor non lo contrasta 38: A2 40: R1 Fuggi, mio bel tesor Il zeffiretto che tutto amore 40: A2 40: A1 «Furie che negl’abissi» Impari dal mio 12: A2 33: R1 [Gelosia] cfr. «Nice, quella severa Importuno sospiro d’improviso amabil ninfa» 54 82: R2 In chiuso loco Gelosia, troppo freddo veleno 35: A2 30: A2 Indi rivolta al pastorel vezzoso [Genio] cfr. «Genio che amar volea» 48: R3 34 Infelice mia sorte! E così dunque «Genio che amar volea» 74: R1 34: R1 Inimica d’Amore la beltà «Già che intender non vole i miei 41: R1 sospiri» 35: R1 In me spento d`amore sia il foco 65: A2 Già di nuovo fastosa campeggia Insoffribile tormento 41: A1 21: A2 Già per il tuo rigore 36: A1 414 Appendice II Io non trovo fra voi che dolorosa 28: R1 Io so che tu dirai 77: A2 «Lisetta, mi tradisti» 44: R1 [L’olmo] cfr. «Là dove d’atre tenebre vestito» 42 «Io so»- risponde il cor 54: A2 Io ti rendo il biondo laccio 1: A2 Io vorrei non esser io 17: A2 Io v’osservo tallora 29: R2 L`adorar beltà crudele 66: A2 [Lontananza] cfr. Senza te, dolce tiranno 79 Lontananza crudele 79: R1 «Lontananza crudel, quanto m’affanni» 45: R1 Lo sdegno è vezzo 29: A2 «Là dove d’atre tenebre vestito» 42: R1 Luci, voi siete quelle 46: A1 [La gelosia] cfr. «Ahi qual cruccio, qual pena, qual martiro» «Lungo un placido rio» 47: R1 2 La memoria dolente 25: R2 M`abbandono al penare, al piacer 69: A1 La mia fede tosto cede 48: A2 Ma che vale altra prova 13: R2 Ma con chi parlo, oh dio [L’amor onesto] cfr. Ritrosetta 66: R1 pastorella 75 Ma folle, e che vaneggio 71: R2 [La rosa] cfr. Da procella tempestosa Ma già che l’amor mio, i miei sospiri 21 59: R2 La rosa vezzosa 81: A2 Ma già che morir vuoi 16: A2 77: R1 Maledetto sia il dì, l’ora e il momento 1: A3 Lasciami dunque in pace Lasso, che far degg’io 86: R1 Le ninfe amorosette 64: A2 [Libertà acquistata in amore] cfr. «Pesan troppo su l’alma» 65 L`idol mio de’ pianti miei 43: A1 Mando a voi sospiri in voto 74: A2 Ma più d’ogn’altro fortunato fiume 61: R2 Ma qual lieve conforto 73: R2 Ma scherzi nel periglio 9: R1 415 Appendice II Ma se gl’affetti miei 18: R1 Ma tu, vergognosetta 75: R1 Meglio è dir: «Il cor sofferse» 39: A2 «Mentre dormiva Nice» 48: R1 Mentre il mondo tutto ride 25: A1 Mia Filli cara e bella 6: A1 Mi convien soffrir in pace 49: A1 Mio bel Sol, ritorna omai 55: A2 Mio legno naufrago 32: A2 «Mio nemico pensier, perchè alla mente» 50: R1 Mira la bella rosa Nel luminoso ciel de vostri sguardi 46: R1 Nel soffrir atroci pene 14: A2 «Ne’ spazïosi campi» 53: R1 Nice, che pur solea del mio gran foco 43: R1 Nice crudel, perché 59: A1 «Nice, quella severa amabil ninfa» 54: R1 Non creder già ch’io passi 65: R2 Non curate, luci amate 51: A2 Non è però sì glorïosa impresa 60: R1 Non fu saggio il consiglio, o rosa mia 68: R1 Non men di voi io temo 62: R2 31: A1 No, non saresti, no 50: A2 Mirai sincero un tempo 19: R1 «Mirate, occhi, mirate» 51: R1 Misera, almen sapessi 85: R1 Misero! e che mi resta 14: R2 Morirei pria di lasciare 8: R2 «Morto è Amor, ninfe, piangete» 52: R1 Movegli intorno Amore 50: A1 Nel centro dell`alma 47: A2 Nelle tue mani, Amor 18: A2 Non rispose Lisetta a questi accenti 44: R2 Non sia solo il vostro pianto 52: A1 «Non v’è pena maggior del mio tormento» 55: R1 Non v’è scampo, lo veggo, io son perduto 32: R1 «Non voglio udirti, o core» 56: R1 Numi, ingrati numi 20: A1 Occhi belli ma troppo superbi 57: A1 O del penoso inferno arpia vorace 2: R2 416 Appendice II Odi la tortorella in su quel ramo 75: A2 O fa` lecito il mio ardore 34: A1 Pianta infelice 42: A1 O fortunate selve 61: R1 Piante incolte, erbe odorose 66: A1 Più non voglio al cor sentire 72: A2 Poiché Fidalbo amante 67: R1 Oggetto di mia fede 69: R2 Posso con questo cor «O Filli, o dolce nome» 58: R1 59: A2 «Oh miseria d’amante core» 59: R1 O pastori, se voi 84: R1 Premio di fé sarà, mio caro nume 26: R2 Prezïose dimore 4: R1 O preggiato fiume, vago Pria che lasciarvi 61: A3 22: A1 O quel suol fortunato in cui fiorisce 24: R1 Or vantatevi, o pupille 60: A1 Pria che parti, amata Clori 37: A1 Promettimi, infedele 73: A2 Pasce al suono del mio canto 61: A1 Passa di doglia in doglia 83: R1 Pupille divine 33: A2 Pur alfin, gentil vïola 68: A1 «Pastori, o voi ch’in pianto» 62: R1 «Pastor, pastore, hai vinto» 63: R1 Pensa, Filli, or che puoi 31: R2 Pur ben che in voi di rimirar mi lice 51: R2 Pur ch`io possa rimirarvi 41: A2 Per mirar due vaghe stelle 19: A2 Per nuove difese «Qual cara fiamma io senta» 69: R1 Quando il mar si desia tranquillo in calma 36: R1 63: A1 «Quando Nice era fida» 70: R1 Per provar la sua costanza 51: A1 Per scherzar con due begl`occhi 15: A2 Per vincer il mio cor 64: A1 «Qui dove ai colpi di nemica sorte» 73: R1 Quando ritornerò 36: A2 Quando Tirsi ella rimira «Pesan troppo su l’alma» 65: R1 54: A1 Appendice II 417 Quando un raggio di sol sul bel mattino Se disprezzi il pianto amaro 21: R1 5: A1 Se di stelle vantaste l`onore «Quanti sospiri» 71: R1 74: A3 Seguir chi sempre fugge 78: A2 Quanto che in adorarla 87: R1 Se il primo amore caro 26: A1 Quanto di duolo, quanto di pene 76: A2 Se il sospirar non vale 39: R1 Quanto più vi scorgo amene 28: A2 Se lontan sta l`idol mio 76: A1 Que’ bei labbri sì vivaci 56: A2 Semplicetta farfalletta 77: A1 Quella fronte serena 50: R2 Quella soave luce 22: R2 Se nel ciglio haveste l`armi Quell`augel che sciolto vola 72: A1 Quel rigor che porti teco 80: A2 60: A2 Sento dirmi con placide forme 78: A1 Senza di te, mio bene 20: A2 Quel servir senza mercede 65: A1 Senza te, dolce tiranno Questo cor, benché legato Senza voi, mie vaghe stelle 83: A2 «Qui dove ai colpi di nemica sorte» 73: R1 Quindi l’incauto impegno 80: R1 Risolvo ad adorarvi 74: A1 Ritrosetta pastorella 75: A1 S`ardo, almen non son più solo 43: A2 Scaltra tu troppo sei 1: R2 Se creder non mi vuoi 13: A1 Se di qua volgesse il piede 62: A1 Se potessi in te stessa 79: A1 22: A2 80: R1 Servii lunga stagion a donna infida 3: R2 Se sta lungi un cor che t`ama 48: A1 Se talor tra freddi ceppi 30: A1 Se t`offesi, o bella Irene 80: A1 Se tu parti, mio ben, mio tesoro 14: A1 S`hai dell`amor per te 31: A2 Sì, che il divin splendore de tuoi lumi 35: R2 418 Appendice II Siete fieri 33: A1 Tornate, o miei desiri Sì, l’intendo, è gelosia 2: A1 Torna, vieni a questo seno 44: A1 70: A2 «Simbolo del mio ben, rosa gentile» 81: R1 Sì, sì, bella costanza 33: R2 Tornerò, mia cara stella 11: A2 Tortorella, del tuo pianto 73: A1 Sì, sì, Tirsi mio ben Tortorella vedovella 85: A1 71: A2 So che vana è la speranza Troppo gel, troppo ardor con ugual sorte 30: R2 Tu che, onnipotente 34: R2 20: A3 Son sciolto dai legami 3: A2 Stanco alfin di girar foreste e monti 23: R1 «Stanco di lagrimar, pastor fedele» 82: R1 Stava scherzando Amore 52: R2 Tu m’accusi d’infedele 1: A1 Stelle d`influsso barbaro 57: A3 Tu promettesti al cor 3: A1 Sudor del foco è il pianto 83: A1 Un’alma indiferente 38: R1 Su le sponde d’un rio ninfa sedea 27: R1 Su tuoi rami inariditi 42: A2 Un’altra volta almen 7: A2 Un barbaro rigor 86: A1 Taci dunque, o mio core, e ceda omai 56: R2 Un lampo passaggiero 7: R1 Taci, o cor, che ancora ha sede 56: A1 Tallor bacciar conviene 49: R1 Tallor m’accingo ardito 6: R1 Tante e tante del ciel sono le stelle 84: A1 Torna infido, torna ingrato 11: A1 Tornate dunque al core 10: R1 Tu fingi ancor d’amar? Io più non credo 1: R3 Vagheggia sul matin l’ape ingegnosa 38: R2 Va il piacer col duol congiunto 49: A2 Vanne, o caro, ché il nume d`Amore 26: A3 Vedervi e non amarvi 34: A2 Vide il novel pastore 48: R2 Appendice II Vincerò dell`inclemente 419 69: A2 Vorrei fuggir Amor 67: A1 Vorrei pur rimirar 45: A2 Vo cercando in quel volto diletto 29: A1 Voglio darti mille baci 79: A2 Voi del foco ond’avampo 57: R1 Voti offersi al cor d`Irene 87: A1 _____________________ * I capoversi in corsivo o fra virgolette caporali indicano gli incipit dei componimenti: se la cantata inizia con un recitativo, l’incipit è in tondo tra virgolette caporali; se inizia con un’aria, l’incipit è in corsivo. I capoversi in tondo senza caporali indicano gli incipit delle arie e dei recitativi interni. In corsivo, ma fra parentesi quadre, si segnalano le intitolazioni sintetiche attestate dalla tradizione manoscritta (es. [La gelosia]). AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI Area 01 – Scienze matematiche e informatiche Area 02 – Scienze fisiche Area 03 – Scienze chimiche Area 04 – Scienze della terra Area 05 – Scienze biologiche Area 06 – Scienze mediche Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie Area 08 – Ingegneria civile e Architettura Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche Area 12 – Scienze giuridiche Area 13 – Scienze economiche e statistiche Area 14 – Scienze politiche e sociali Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su www.aracneeditrice.it Finito di stampare nel mese di febbraio del 2012 dalla « ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l. » 00040 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 15 per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma