Le crisi del 1956 nella politica della Repubblica Federale di Germania

Le crisi del 1956 nella politica della
Repubblica Federale di Germania
di Federico Scarano
Federale di Germania ed ebbero
GRepubblica
notevoli ripercussioni sia sulla sua politica
li eventi del 1956 furono molto importanti per la
interna, sia per la sua posizione internazionale, pur
non potendo ancora giocare un ruolo diretto nelle due
crisi1. Nel 1956 la Germania di Bonn aveva
riacquistato da un anno la sua sovranità e dopo
l'ingresso nel Patto Atlantico aveva cominciato a
ricostituire le proprie forze armate (Bundeswehr). In
realtà, come ha giustamente rilevato Hans-Peter
Schwarz, dal punto di vista diplomatico la Repubblica
Federale non poteva avere nessun ruolo nella crisi
ungherese che pure commosse profondamente
l'opinione pubblica tedesca2. Tranne che con Mosca,
Bonn non intratteneva, infatti, relazioni con nessun
altro Stato del blocco orientale, ed anche nell'ambito
della NATO le sue forze armate non erano ancora
assolutamente pronte per permetterle di avere un
peso. D’altra parte la stessa Legge Fondamentale non
consentiva una guerra offensiva alla Bundeswehr. Due
settimane prima dell'attacco anglo-franco-israeliano
all'Egitto e dell'intervento dell'Armata Rossa per
reprimere la rivolta d'Ungheria, il 16 ottobre 1956,
Theodor Blank, il primo ministro della Difesa della
Repubblica Federale, era stato sostituito da FranzJosef Strauß. La ragione era il fallimento del
programma di riarmo che il governo tedesco si era
impegnato a realizzare con un esercito forte di
500.000 uomini in tre anni. Strauß, ministro senza
portafoglio per gli affari atomici, e già allora principale
esponente della componente bavarese della
democrazia cristiana tedesca, la CSU, aveva criticato
come irrealistico il progetto di Blank, facendo notare
che avrebbe significato un riarmo più veloce di quello
compiuto da Hitler3. Il nuovo ministro della Difesa
accettò l'incarico a condizione che il programma di
avere 500.000 uomini in tre anni fosse ridotto a
350.000 in cinque anni. E questa riduzione aveva
suscitato perplessità negli alleati della Nato4.
Tra le pagine più impressionanti delle memorie
pubblicate postume di Franz-Joseph Strauß vi sono
certamente quelle in cui descrive una drammatica
telefonata di richiesta d'aiuto di un ignoto generale
ungherese la mattina del 4 novembre: ‹‹Fui come
colpito da una scossa elettrica. (...) Sentivo il rumore
di colpi di cannone, di carri armati, di tiri d'artiglieria,
dell'impatto dei proiettili - il ricordo dei colloqui
telefonici durante la guerra in Russia mi stringeva il
cuore. Era quello che si udiva allorché all'altro lato del
filo c'era una batteria in piena azione al fronte. Poi
sentii in un tedesco molto stentato:"Il generale
Maleter m'ha incaricato di chiamarvi; i russi l'hanno
arrestato ieri sera. I tedeschi possono aiutarci ancora?
Siamo in grande pericolo!". Ero cosciente della mia
totale impotenza e non potei che rispondere col cuore
affranto: "Stiamo appena cominciando ad organizzare
le nostre forze armate. Non è possibile che i tedeschi
possano intervenire in tempo. Io non posso che
rivolgermi agli americani il più rapidamente possibile"
(…)››5. Naturalmente, il coinvolgimento personale di
Strauß nella vicenda ungherese non era condiviso dal
governo tedesco.
Diversa invece era la posizione diplomatica della
Repubblica Federale nella crisi di Suez. Il 1956 fu un
anno determinante per le trattative in corso per la
costituzione della Cee e dell'Euratom l'anno
successivo, e per lo sviluppo della cooperazione
franco-tedesca. Il cancelliere tedesco trovò nel
premier francese, Guy Mollet, una persona di buon
senso che condivideva molte delle sue idee
sull'Europa6. Già prima dello scoppio della crisi, il 4 e
il 5 giugno, a Lussemburgo Konrad Adenauer e Guy
Mollet avevano trovato un'intesa per liquidare
definitivamente il principale problema tra Francia e
Germania: quello della Saar. L'accordo finale sulle
modalità dell'ingresso della Saar nella Repubblica
Federale venne firmato a Lussemburgo dai ministri
degli Esteri Christian Pineau ed Heinrich von
Brentano il 27 ottobre, durante la crisi ungherese e tre
giorni prima dall'attacco israeliano all'Egitto.
Tradizionalmente, la Germania aveva buoni rapporti
con i Paesi arabi, e queste relazioni si erano perfino
rafforzate durante la seconda guerra mondiale
quando, essendo l'Inghilterra il principale nemico dei
nazionalisti egiziani, questi ultimi avevano visto con
simpatia l'avanzata delle truppe di Rommel in Africa
settentrionale. Dall'ottobre 1952 la Repubblica
Federale di Germania intratteneva relazioni
diplomatiche ufficiali con l'Egitto e la Siria. Il
cancelliere aveva anche stabilito ottimi rapporti con
Israele firmando, tra l'altro, il 10 settembre 1952, un
accordo di risarcimento per le vittime dello sterminio
nazista degli ebrei7, con il quale accordo, nonostante
molte resistenze in Germania e proteste dei Paesi
arabi, accettava di pagare un miliardo e mezzo di
dollari, pari ad oltre la metà degli aiuti ricevuti dal
piano Marshall. Per Adenauer il risarcimento ad
Israele era, dopo la riconciliazione con la Francia, il
presupposto indispensabile perché la Germania
riacquistasse stima e considerazione internazionale8.
Tuttavia, proprio per mantenere i buoni rapporti con i
Paesi arabi, lo Stato d'Israele non sarebbe stato
ufficialmente riconosciuto da Bonn fino al 1965.
L'Egitto si era dimostrato sin dall'inizio un
terreno favorevole per progetti economici e finanziari
tedeschi ben visti dal nazionalista arabo Nasser che
desiderava liberarsi di qualsiasi vestigia coloniale, ed
affrancarsi totalmente dalla tutela inglese, ma non
voleva legarsi troppo né agli Stati Uniti né all'Unione
Sovietica. Il grandioso progetto della costruzione della
diga di Assuan sul Nilo, che doveva contribuire alla
bonifica della valle del fiume rappresentando un
presupposto indispensabile per il benessere
dell'Egitto, aveva visto l'interessamento degli
imprenditori tedeschi. Nel 1951 si era infatti formato
un consorzio finanziario tedesco composto dalla
Hochtief e dalla Dortmunder Union per il
finanziamento e la costruzione della diga di Assuan9.
Tuttavia nel 1953 i tedeschi avevano dovuto cedere il
passo agli americani e ritirarsi dal progetto,
soprattutto per motivi finanziari. Adenauer, che pure
aveva trovato nel segretario di Stato americano Foster
Dulles il principale sostenitore delle tesi tedesche e
per il quale aveva una stima profonda e una sincera
amicizia, considerò esiziali sia la decisione di ritirare il
finanziamento per la diga di Assuan sia
l'atteggiamento degli Stati Uniti verso Nasser10. Pur
non nutrendo alcuna stima per il dittatore egiziano,
nelle sue memorie ha scritto che ritenne dall'inizio la
decisione di Dulles come uno dei più gravi errori che
potevano essere fatti in Medio Oriente. Infatti, se si
fosse mantenuto l'impegno di costruire la diga, i cui
lavori sarebbero durati per almeno dieci anni, Nasser
sarebbe stato obbligato a rimanere nel campo
occidentale e si sarebbero evitate le crisi successive11.
Le gravi mancanze della politica americana in tutto
questo periodo erano dovute, secondo il cancelliere,
anche al fatto che il segretario di Stato americano era
molto malato e il 3 novembre dovette essere operato
d'urgenza. Adenauer in quei mesi era inoltre anche
molto preoccupato per il cosidetto piano Radford, dal
nome dell'ammiraglio Arthur W. Radford, capo di
Stato maggiore americano, che sembrava intenzionato
a ridurre di 800.000 uomini le forze armate americane
a vantaggio degli armamenti atomici12, nonché per un
invito di Eisenhower a Chruščëv e a Bulganin di
visitare gli Stati Uniti. Hans-Peter Schwarz ci rivela
che da allora Adenauer cominciò ad anteporre
l'integrazione europea al rapporto con gli Stati Uniti,
considerata fino ad allora funzionale al secondo13.
Alla successiva conferenza convocata a Londra
dal 1° luglio tra tutti i Paesi che usufruivano del
canale, ma a cui l'Egitto rifiutò di aderire, partecipò
anche la Repubblica Federale di Germania. È
interessante registrare la posizione tenuta dalla
delegazione tedesca. Essa sperò invano di svolgere un
ruolo di mediatore, ma inizialmente, pur essendo
attenta a non prendere posizione contraria alla Gran
Bretagna e alla Francia, riteneva che la
nazionalizzazione del canale fosse un affare di politica
interna egiziana14. In seguito si avvicinò alla posizione
statunitense che, desiderosa di non rompere del tutto
con Nasser, cercava una soluzione di compromesso.
La crisi precipitò il 29 ottobre a seguito
dell'attacco armato israeliano all'Egitto, seguito il
giorno
dopo
dall'ultimatum
anglo-francese.
L'intervento di Londra e Parigi contro Nasser, del
quale erano stati del tutto tenuti all'oscuro gli Stati
Uniti, spezzò il fronte occidentale. Furono proprio gli
Stati Uniti che, rivolgendosi per primi contro coloro
che pure erano i propri alleati, presentarono il 30
ottobre al Consiglio di sicurezza una risoluzione che
chiedeva il ritiro degli israeliani e il non intervento
degli anglo-francesi. L'Urss appoggiò l'iniziativa
statunitense, e propose perfino un'azione militare
congiunta agli Stati Uniti. Quindi, vedendo
l'opportunità di distrarre l'opinione pubblica mondiale
dagli eventi ungheresi e di recuperare simpatie
ponendosi a capo della lotta al colonialismo, Mosca, il
5 novembre, lanciò un ultimatum a Francia, Gran
Bretagna e Israele, minacciando l'intervento militare e
perfino l'uso di missili atomici se esse non si fossero
ritirate.
Subito dopo l'iniziativa anglo-franco-israeliana,
infatti, i sovietici dal 4 novembre avevano iniziato a
schiacciare con un violentissimo attacco a tradimento
la rivolta ungherese provocando sdegno, commozione
e anche timori in occidente e particolarmente nella
Repubblica Federale. Tuttavia, a parte qualche
risoluzione di condanna formale dell'Onu, gli Stati
Uniti, che il 6 novembre tenevano le elezioni
presidenziali, non avevano nessuna intenzione di
rischiare una terza guerra mondiale per aiutare
l'Ungheria.
Il ministro della Difesa di Bonn cercò
immediatamente di contattare gli americani per
informarli della richiesta d'aiuto del generale
ungherese, ma con suo disappunto quella domenica
non riuscì a trovare né l'ambasciatore, né il vice
ambasciatore, né l'addetto militare perché impegnati
in attività mondane15. Quello stesso giorno tenne un
discorso a Hollfeld, al confine con la zona di
occupazione sovietica, in cui pronunciò una frase che,
isolata dal contesto, gli valse quella fama di ‹‹falco›› e
nemico irriducibile dell'Unione Sovietica fino a
costituire un pericolo per la pace e che lo accompagnò
per decenni soprattutto durante le campagne
elettorali. Infatti, parlando al confine con la zona
d'occupazione sovietica della Germania e volendo
anche rassicurare la popolazione che temeva
un'invasione dell'Armata rossa sulla scia degli eventi
d'Ungheria, dichiarò che i russi non avrebbero mai
attaccato la Germania occidentale perché essa era
membro di un'alleanza in grado di rispondere in
maniera distruttiva e ‹‹che le forze unite dei nostri
alleati bastano a cancellare l'impero dell'Unione
Sovietica dalla carta geografica››16.
Nelle sue memorie, pubblicate poco prima della
crisi finale del blocco comunista, Strauß ha
audacemente sostenuto che se gli Stati Uniti, le cui
trasmissioni
radio
propagandistiche
avevano
incoraggiato la rivolta, avessero garantito militarmente
la neutralità ungherese, l'Urss non sarebbe
intervenuta17.
Pur senza probabilmente condividere questa
opinione del suo ministro della Difesa, il cancelliere
Adenauer fu molto perplesso per quella che gli
sembrò una collusione degli Stati Uniti con l'Unione
Sovietica contro i Paesi europei e temette quello che,
parafrasando Bismarck, era il suo incubo: un accordo
tra Mosca e Washington che riconoscesse la
situazione scaturita dalla guerra e la divisione della
Germania. Nonostante un certo disappunto anche nei
confronti degli inglesi e dei francesi per essersi del
tutto disinteressati della questione ungherese ed avere
con la loro azione offerto all'Urss una diversione,
Adenauer sostenne l'azione franco-inglese che in una
riunione del gabinetto definì un atto della ragion di
Stato europea18. Emblematica per il suo sostegno
soprattutto alla Francia, fu la decisione di confermare
la visita a Parigi che era già stata precedentemente
fissata per il 6 novembre su invito di Guy Mollet con
l'intento di superarre l'impasse nelle trattative per la
costituzione della Comunità economica europea e
dell'Euratom. Una riunione dei ministri degli Esteri
dei sei Paesi della Ceca quindici giorni prima, a Parigi,
non aveva portato a risultati. Il 6 novembre era
proprio il giorno successivo all'ultimatum di Bulganin
alla Francia e all'Inghilterra. Il ministro degli Esteri
Heinrich von Brentano, stretto collaboratore di
Adenauer, era contrario a questa visita che temeva
sarebbe stata malvista dagli Stati Uniti e avrebbe
alienato i Paesi arabi19. Ma Adenauer riteneva
fondamentale rafforzare quell'intesa con la Francia
che era sempre stato uno scopo della sua politica,
mentre informò gli egiziani che il motivo della sua
visita era convincere i francesi a ritirarsi dal canale.
Secondo le fonti francesi, Adenauer sposò in
pieno il sentimento antiamericano di Parigi
dichiarando che ‹‹la Francia e l'Inghilterra si devono
ritirare dall'affare senza perdere la faccia. In questo
momento i Paesi europei si devono unire. Non si
tratta di sovranazionalità. Ci dobbiamo unire contro
l'America e, dopo le elezioni domandare agli
americani che cosa vogliono. Naturalmente
l'Inghilterra deve far parte di questi Paesi europei. È
l'America la responsabile della crisi di Suez. Gli Stati
Uniti sono così male informati sulla situazione in
Europa e sulla politica europea che c'è da piangere››20.
Adenauer era pronto anche a concessioni
finanziarie per superare l'impasse per la costituzione del
MEC e dell'Euratom e, nel corso della visita, Karl
Carstens, e il suo corrispondente francese Robert
Marjolin, elaborarono un compromesso francotedesco che venne accettato senza troppe difficoltà21.
In realtà il cancelliere non era diventato
improvvisamente antiamericano, ma riteneva
fondamentale l'intesa con Parigi e la costruzione
europea proprio per acquistare più peso nei confronti
dell'alleanza con gli Stati Uniti, la cui presenza in
Europa era sempre il fondamento della sua politica e
per scoraggiare qualsiasi tentazione di Washington a
un accordo con l'Urss abbandonando la Germania.
In ogni caso, se tra gli occidentali ci fu qualcuno che
trasse vantaggi dalle crisi del 1956, fu certamente
Konrad Adenauer con il suo Paese. Infatti il
cancelliere poté avviare quello stretto rapporto con la
Francia per lui tanto importante, e pochi mesi dopo si
arrivò alla firma dei Trattati di Roma istitutivi della
CEE e dell’Euratom. Ancora agli inizi del 1956
c’erano vasti ambienti in Francia sempre timorosi
della Germania, e l’esponente socialista Jules Moch
aveva parlato di un disarmo in Europa che doveva
limitare l’esercito tedesco a 200.000 uomini. I rapporti
con gli Stati Uniti non soffrirono particolarmente
tanto che pochi giorni dopo il presidente Eisenhower
definì la Repubblica Federale di Germania la quarta
potenza. Inoltre, anche se non segnarono l'inizio del
crollo del sistema sovietico, come nelle sue memorie
Adenauer afferma di aver sperato, gli eventi
d'Ungheria permisero al cancelliere di mettere a tacere
le tanti voci che in Germania si levavano contro la sua
politica. Coloro che consideravano un errore il rifiuto
del cancelliere a qualsiasi concessione alla neutralità, o
Riguardo allo stato delle fonti e della ricerca non sono stati
ancora pubblicati i documenti diplomatici della Repubblica
Federale relativi al 1956; disponiamo però delle memorie dei
protagonisti principali. Konrad Adenauer, in primo luogo, che
nelle sue importanti memorie in 4 volumi, di cui due usciti
postumi, dedica un importante capitolo alle crisi del 1956 nel
secondo volume: Erinnerungen 1955-1959, Stuttgart, DVA, 1967.
Quindi l'allora ministro della Difesa Franz Joseph Strauß con le
sue memorie postume: Die Erinnerungen, Berlin, Siedler, 1989. Vi
sono poi i ricordi di Karl Carstens, allora responsabile delle
questioni europei al ministero degli Esteri tedesco e dal 1979 al
1984 anche presidente della Repubblica: Karl Carstens,
Erinnerungen und Erfahrungen, hrsg. von Kai von Jena und Reinhard
Schmoekkel, Boppard am Rhein 1993. È stato pubblicato parte
del carteggio tra il ministro degli Esteri Heinrich von Brentano e il
cancelliere Adenauer: Sehr verehrter Herr Bundeskanzler! Heinrich von
Brentano im Briefwechsel mit Konrad Adeanuer, 1949-1963, hrsg. von
Arnulf Baring, Hamburg, Hoffmann und Campe, 1974.
A livello di storiografia manca una monografia sulla Germania e le
crisi del 1956, ma abbiamo comunque importanti contributi. In
primo luogo Hans-Peter Schwarz con la sua fondamentale
biografia di Adenauer: Adenauer. Der Staatsmann: 1952-1967,
Stuttgart, DVA, 1991. Lo stesso autore ha anche dedicato un
fondamentale articolo sulla Germania e le crisi del 1956:The Federal
Republic of Germany and the Double Crisis of 1956, in Ministero degli
Affari Esteri, Commissione per il Riordinamento e la
Pubblicazione dei Documenti Diplomatici, Diplomatic sources and
international crises, Proceedings of the 4th Conference of Editors of Diplomatic
Documents, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1998.
Una visione più critica della politica di Adenauer è in Henning
Köhler, Adenauer: eine politische Biographie, Frankfurt a/M, Berlin,
Propyläen, 1994.
Preziosa è la biografia del ministro degli Esteri von Brentano di
Daniel Kosthorst, Brentano und die Deutsche Einheit, Die Deutschland
und Ostpolitik des Aussenministers im Kabinett Adenauer 1955-1961,
Düsseldorf, Droste, 1991.
È stato inoltre pubblicata una voluminosa opera collettanea sulle
crisi del 1956 a cura dell'Ufficio di ricerca di storia militare di
Friburgo: Das Internationale Krisenjahr 1956: Polen, Ungarn, Suez, im
Auftrag
des
Militärgeschichtlichen
Forschungsamtes
herausgegeben von Winfried Heinemann und Norbert
Wiggershaus, München, Oldenbourg, 1999. Il ruolo della
Germania è descritto in Gustav Schmidt, Die Auswirkungen der
1
i movimenti evangelici contrari per motivi etici e
morali alla ricostruzione di un esercito tedesco dopo i
massacri compiuti in due guerre mondiali, furono
smentiti dai fatti. La Bundeswehr ricevette nuovo
impulso e gli eventi d'Ungheria contribuirono non
poco alla trionfale vittoria di Adenauer l'anno dopo,
quando il suo partito passò dal 45,2% al 50,2%, la
prima ed unica volta nella storia elettorale tedesca che
una compagine politica superasse da sola la
maggioranza assoluta dei voti espressi. Anche le
relazioni con i Paesi arabi non soffrirono per la
posizione tedesca nella crisi di Suez; Nasser vedeva,
infatti, i suoi principali avversari in Occidente nella
Francia, nella Gran Bretagna e in misura crescente
negli Stati Uniti, ma non certo in Bonn.
internationalen Vorgänge 1956 auf die Strukturen des Kalten Krieges e in
Bruno Thoss, Die Doppelkrise von Suez und Budapest in ihren
Auswirkungen auf Adenauers Sichereits-und Europapolitik 1956/1957.
2 Schwarz, The Federal Republic ... cit., p. 187.
3 Cfr. Strauß, op. cit., p. 270.
4 Thoss, art. cit., p. 574.
5 Strauß, op. cit., pp. 297-298.
6 Adenauer, Erinnerungen 1955-1959, cit., p. 224.
7 Cfr. 40 Jahre Aussenpolitik der Bundesrepublik Deutschland. Eine
Dokumentation, herausgegeben von Auswärtigen Amt, Bonn, Aktuell,
1989, D. 21.
8 Konrad Adenauer, Erinnerungen, 1953-1955, Stuttgart, DVA,
1966, pp.132-159; Schwarz, Adenauer. Der Staatsmann cit., pp. 541542. Cfr. inoltre, Idem, Adenauer. Der Aufstieg, 1876-1952,
(edizione economica) München, dtv, pp. 897-906 eng. ed. Konrad
Adenauer: a German Politician and Statesman in a Period of War,
Revolution and Reconstruction, Providence R.I., Berghahn Books,
1995.
9 Schwarz, The Federal Republic ..., cit., p.188.
10 Adenauer, Erinnerungen 1955-1959, cit., p. 217.
11 Ibidem, p. 218.
12 Ibidem, pp. 197-214.
13 Schwarz, Adenauer der Staatsmann, cit pp. 296-297.
14Idem, The Federal Republic ... cit., p. 189.
15 Strauß, op. cit., p. 298.
16 Ibidem, p. 299.
17 Ibidem, p. 298.
18 Gustav Schmidt, art. cit., p. 641.
19 Schwarz, The Federal Republic... cit., p. 190.
20 Jacques Bariety, La crise de Suez, la France et la construction
européenne (1956), in Diplomatic sources and international crises..., cit, p.
130.
21 Schwarz, Adenauer der Staatsmann cit., pp. 303-306.