visualizza testo - Scuole Centro 3 Brescia

Da sempre gli uomini si sono interrogati sul funzionamento della natura e la curiosità e l’osservazione sono
stati strumenti di indagine.
L’alchimista era tra gli uomini quello che rappresentava meglio uno scienziato nel 1400. Ma l’alchimista
mescolava elementi di chimica, fisica, matematica e biologia con la religione e l’astrologia: leggeva cosa era
stato scritto e cercava di interpretarlo. I testi che leggeva erano ad esempio quelli religiosi
“Prega leggi leggi leggi rileggi lavora e allora troverai.”
Prega ……non è un atteggiamento scientifico.
Leggi….. ma cosa leggeva ? La Bibbia, il Corano, testi dall’India….
Nel passato gli uomini volevano comprendere senza vedere.
Possiamo dire che questo atteggiamento non scientifico era giustificato dal basso livello della tecnologia,
che non permetteva di operare delle ricerche scientifiche come le intendiamo oggi
Scienza Moderna
“La natura è un libro scritto in caratteri matematici.”
Con Galileo Galilei si introduce nella scienza un vero metodo di studio: il suo metodo sperimentale è basato
sull’osservazione, sul ragionamento e sull’esperimento.
Il metodo sperimentale consiste di alcune fasi: l’osservazione – l’ipotesi di spiegazione- la verifica attraverso
l’esperimento- l’elaborazione di una teoria.
“In questioni di scienza, l’autorità di un migliaio di persone non vale tanto quanto l’umile ragionamento di
un singolo individuo.”
“Misurate ciò che è misurabile e rendete misurabile ciò che non lo è."
Queste due frasi di Galileo segnano la rottura con la tradizione alchimistica e danno avvio alla mentalità
scientifica come la conosciamo oggi: non esiste una autorità precostituita che dispensa la verità, ma è
l'uomo che con il suo ragionamento propone delle leggi matematiche che spiegano le osservazioni
sperimentali.
Storia dei modelli atomici
Nel 1800 circa, un chimico inglese, John Dalton, elaborò una teoria scientifica con la quale sosteneva che la
materia fosse costituita da particelle elementari, gli atomi, particelle indivisibili rappresentate come sfere
che si combinano e dividono per formare ogni sostanza.
Elaborò la legge delle proporzioni multiple in base alla quale quando due elementi si combinano per
formare composti diversi, una stessa quantità di un elemento si combina con quantità multiple dell’altro
elemento
7g N+4g O ossido nitroso
7g N+8g O ossido nitrico
7g N+12g O triossido di diazoto
7g N+16g O biossido di azoto
7g N+20g O anidride nitrica
La sua ipotesi era formulata dunque così: la materia non è un fluido continuo ma è formata da corpuscoli.
Questi corpuscoli sono gli atomi.
La cosa piuttosto incredibile del modello di Dalton è che viene derivato da 5 semplici pesate di bilancia, che
anche gli alchimisti sarebbero stati perfettamente in grado di fare (mille anni prima!). Ma non avevano la
mentalità per concepire un esperimento di questo tipo, e comunque non sarebbero stati in grado di
interpretare correttamente il risultato. Ecco dunque realizzarsi la grandezza dell'insegnamento di Galileo:
ragionare (con la propria testa) in termini matematici per comprendere la natura.
Ben presto ci si rese conto che un simile modello teorico di atomo non era in grado di spiegare i fenomeni
elettrici.
La scoperta dell'elettrone
La data di nascita dell'elettrone è il 1897, anno in cui Thomson, direttore del Cavendish Laboratory di
Cambridge, osservò che i raggi catodici erano sensibili ai campi elettrici e magnetici e si comportavano
come particelle cariche negativamente.
Thomson studiando il passaggio della corrente elettrica nei gas rarefatti (utilizzando tubi di Crookes)
dimostrò che gli atomi non sono particelle elementari ma sono formati a loro volta da particelle cariche
positivamente e negativamente.
Thomson progettò un esperimento per determinare le caratteristiche di queste particelle.
In un tubo a raggi catodici, le particelle negative (raggi catodici) sono emesse dal catodo e
viaggiano a velocità elevata nel vuoto attraverso una zona d dove possono agire i campi
elettrico e magnetico incrociati, perpendicolari rispetto alla velocità.
Dopo questo tratto il fascio colpisce una zona dello schermo fluorescente che si illumina nel
punto colpito.
1. Con i campi spenti il fascio non è deviato e colpisce la parte centrale dello schermo.
2. Con un campo elettrico E (diretto verticalmente), il fascio è deviato verticalmente verso
l'alto o verso il basso.
Thomson ipotizzò che dovevano esistere delle particelle all’interno dell’atomo molto sensibili ai
campi elettrici. Thomson propose un modello di atomo che prevedeva un’omogenea
distribuzione di materia carica positivamente e contenente particelle cariche negativamente
chiamato modello atomico a panettone. Gli elettroni
risultarono essere oltre 1000 volte più leggeri della massa
complessiva dell'atomo.
Nel 1900 venne fatto un ulteriore esperimento. Con questo
esperimento gli scienziati Geiger e Marsden provarono a
distruggere il panettone. Lo scienziato Rutherford e i suoi
collaboratori Geiger e Marsden utilizzarono le radiazioni alfa
(positive) per bombardare una sottilissima lamina d’oro. Dopo
l’urto con gli atomi d’oro le particelle vennero raccolte da un
apposito schermo che dimostrava che gran parte delle particelle attraversavano la lamina senza
subire deviazioni; alcune particelle venivano deviate e altre (pochissime) venivano riflesse.
Se l’atomo fosse stato un aggregato compatto composto da particelle positive e negative ( come
nel modello di Thomson) bisognava aspettarsi un risultato più omogeneo. Rutherford capì che
l’atomo era sostanzialmente uno spazio quasi del tutto vuoto. Propose un altro modello atomico
simile a un sistema solare: l’atomo è composto da un nucleo centrale in cui è concentrata la carica
positiva e la massa dell’atomo. Gli elettroni occupano lo spazio vuoto intorno al nucleo.
Ma anche questo modello atomico planetario si rivelò nuovamente inadeguato in quanto le leggi
della fisica classica sostenevano che quando una carica si muove con un moto accelerato (come la
rotazione degli elettroni attorno al nucleo), perde costantemente energia sotto forma di
radiazione elettromagnetica. Dunque ruotando gli elettroni sarebbero dovuti cadere sul nucleo.
Cosa che invece non succedeva.
Nel 1913 il fisico danese Bohr riprendendo le teorie che nel frattempo si stavano formulando come
la doppia natura della luce (sia ondulatoria sia corpuscolare ) presentò il suo modello atomico.
Si stavano studiando gli spettri di luce emessa dagli atomi: gli atomi emettono onde di una
determinata frequenza e ogni atomo diverso produce un insieme ben preciso di colori. Quando i
fisici osservavano la luce provenire da un elemento chimico ottenevano spettri di determinati
colori. Quindi ogni atomo si firma in maniera diversa e dai colori emessi si può risalire all’elemento
(la spettroscopia è la scienza che utilizza le righe spettrali per individuare la composizione di un
determinato oggetto).
Per spiegare lo spettro dei colori Bohr ipotizzò che gli elettroni non potessero stare su una
qualsiasi orbita ma che gli elettroni ruotassero attorno al nucleo su orbite ben definite e potessero
passare da un orbita all’altra solo assorbendo l’energia esattamente corrispondente al salto di
energia. Gli elettroni di un elemento preciso assorbono energia solamente se è della misura esatta
per fare dei salti da un orbita all’altra.
Secondo Bohr dunque gli elettroni ruotano attorno al nucleo e l’energia dell’elettrone può assumere solo
valori ben definiti. L’elettrone assorbe energia se salta da un’orbita ad un’altra superiore e ne emette se
passa a un livello d’energia minore.
Bohr formulò l'ipotesi che gli elettroni, viaggiando su queste orbite "speciali", non avrebbero perso energia
nella rotazione attorno al nucleo, e quindi non vi sarebbero caduti sopra. Questa ipotesi non era però
supportata da alcuna reale giustificazione scientifica, per cui anche questo modello aveva bisogno di una
ulteriore revisione.
Dal concetto di orbita si passò a quello di orbitale per dire che un elettrone non può essere localizzato in
modo preciso. Definire la traiettoria di un elettrone non è possibile. Non possiamo affermare che gli
elettroni ruotano attorno al nucleo dell’atomo su orbite ben definite: possiamo solo affermare che formano
una specie di nuvole. Dove la nuvola è più densa sarà più facile trovare un elettrone.
Ciò che si può fare è descrivere lo spazio in cui sta l’elettrone come una regione di spazio in cui è probabile
trovare l’elettrone.
Gli orbitali, cioè questa probabile regione di spazio (funzione di probabilità) rappresenta la soluzione di una
equazione (equazione di Schroedinger).
Quindi gli elettroni non ruotano intorno al centro dell’atomo. In realtà gli elettroni riescono a viaggiare
anche nello spazio esterno all’atomo e questo è quello che si chiama effetto tunnel. Grazie a questo effetto,
e grazie ad appositi strumenti, l’atomo è visualizzato come un oggetto dalla superficie increspata, e se si
fanno avvicinare due atomi tra loro un elettrone può saltare da una parte all’altra poichè i due atomi pur
non toccandosi fisicamente vengono in contatto attraverso la nuvola elettronica.
Pur essendo arrivati lontano da dove siamo partiti ci sono ancora alcune situazioni che non si riescono a
spiegare né ammettendo una teoria o l’altra legata all’atomo. Una di queste è il paradosso delle due
fenditure ( https://youtu.be/LXf35olSYcw).
L'esperimento delle due fenditure conferma quello che sostiene la teoria, ovvero le previsioni ottenute
risolvendo l'equazione di Schroedinger: le particelle elementari hanno sia natura corpuscolare (come una
pallina da ping-pong, come un sasso) che ondulatoria (come la luce, come le onde del mare). Questo
appare come un paradosso per la nostra mente, tant'è che Einstein passò buona parte delle sue ricerche
per dimostrare - senza riuscirci - come questo non fosse possibile, e un altro grande fisico, Richard
Feynman, affermava che sebbene gli esperimenti sulla doppia natura delle particelle elementari
confermano quanto dimostrato dalla teoria, nessun ricercatore può affermare di capirne veramente il
significato.