Storia dell’atomo: da Leucippo ai nostri giorni PREMESSA: La storia dell’atomo è da ricercarsi fin dai tempi piu antichi, con i primi filosofi greci. Leukippos e Democrito (450/420) a.C sono stati i primi a ipotizzare un realtà costituita da particelle indivisibili che si muovono di un moto ordinato. Per Democrito la realtà è divisa in atomi e vuoto. Sarà poi Epicureo che riprenderà questa concezione e aggiungerà che gli atomi vengono deflessi in maniera casuale e causano tutte le possibili combinazioni di realtà presente. Giordano Bruno nel 1591, Galileo Galilei nel 1612 e Klaproth (scopritore della radioattività) riprendono questa concezione e svolgono alcuni studi per confermarle. Ma il primo che parla scientificamente degli atomi è John Dalton nel 1808 il quale afferma che gli atomi sono particelle elementari indivisibili, che gli atomi di uno stesso elemento sono tutti uguali e hanno la stessa massa. Le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di atomi e gli atomi di un elemento in un composto conservano la loro identità e sono indistruttibili. Insomma gli atomi sono indivisibili, possono aggregarsi ma non scindersi. Scopriremo che non è vero. Nella seconda metà dell’ 800 nuovi studi condotti da Goldstein and Crookes porteranno alla scoperta della prima particella subatomica, definita da JJ Thompson “elettrone”. Come hanno fatto? Ecco il loro esperimento. Crookes creò dei particolari tubi in vetro dalla forma allungata, (vedi fig 2) e alle due estremità, li collegò ad un generatore di corrente. Chiamò il polo negativo Catodo e il polo positivo Anodo. Dentro il tubo ci mise un gas rarefatto (10^-5 atmosfere) (il gas è rarefatto perché cosi nn influenza piu di tanto l’esperimento) e fece passare la corrente. Il tubo si illuminò e lui cominciò a svuotare il tubo con una pompa. Inizialmente la luminosità si propagò parallelamente alla rarefazione del gas, e successivamente si concentrò nel Catodo. Allora provò a porre davanti a questo fascio luminoso un piccolo oggetto e vide che il fascio proiettava l’ombra dell’oggetto, e contemporaneamente riusciva a muovere una piccola girandola. Inoltre egli provò ad avvicinare una calamita al tubo e vide che il fascio era attratto dai poli positivi e respinto da quelli negativi. Evidentemente quelle strane e misteriose particelle dalla natura sia corpuscolare che di onda elettromagnetica doveva avere carica negativa. Giunse anche alla conclusione che il gas non influenzava le particelle e quindi esse avrebbero dovuto avere la stessa massa e carica in tutti gli elementi. Chiamò questi raggi “catodici” Ripeté piu tardi l’esperimento e scoprì anche i raggi canale, opposti ai “catodici” e constatò che invece essi dipendevano dal gas usato. Thomson nel 1897 chiamando “elettrone” la particella scoperta da Crookes e Goldstein, creò il primo modello atomico. Questo, chiamato anche “modello a Panettone” era composto da una sfera di carica neutra con raggio circa 10^ -10 metri, e con eguale concentrazione di particelle con cariche positive e negative (elettroni). Quindi, agli inizi del 1900, quando operò Rutherford, il modello dell’atomo era ancora quello Thomsoniano. Durante degli esperimenti sulla propagazione delle particelle alfa (che ricordiamo sono costituite da 1 nucleo di elio) , egli bombarda una lamina d’oro con le suddette onde e si aspetterebbe , visto il modello a panettone corrente, che tutte le particelle alfa trapassassero la lamina oppure venissero deflesse leggermente. Ovviamente questo perché egli presuppone che un atomo sia “pieno uniformemente” e che quindi per forza la particella alfa dovrebbe o non incontrare ostacoli oppure urtare o una particella + o una -. Scoprirà che nn sarà cosi, dal momento che circa 1 ogni 8000 particelle alfa gli ritorneranno indietro con un angolo di 180°. Come mai? A produrre le deflessioni inaspettate non potevano essere gli elettroni in quanto la loro massa era settemila volte piu piccola. Dev’essere allora la nuvola positiva depositaria della “massa” dell’atomo. Ma i conti non tornano. Brevemente infatti, saltando vari calcoli, Rutherford arriva alla conclusione che il campo elettrico medio che deve agire sulle alfa è 10^17 V/m. Ma con il modello di Thomson il campo massimo di una “nube di carica positiva di quel tipo” può essere solo 10^13V/m, ovvero quattro ordini di grandezza inferiore a quello supposto per produrre questa diffusione. Per Rutherford allora, le Alfa, benché di massa molto maggiore, dovessero avere dimensioni confrontabili a quelle degli elettroni e quindi molto piu piccole rispetto all’ atomo. Rutherford sapeva che le Alfa erano atomi di elio ionizzati due volte (e quindi privi di elettroni) e quindi doveva per forza ammettere che questa particella fosse puntiforme e non un pezzo di panettone… Giunge quindi alle conclusioni che porteranno al nuovo modello di atomo, chiamato “a orbite” in quanto prevedeva un “Nucleo”, che per Rutherford era quello che dava massa all’atomo e di carica positiva, e degli elettroni che orbitassero intorno al nucleo. Il nucleo avrebbe, tramite alcuni esperimenti raggio di 10^-14 m. Nel 1932 Chadwick arriverà alla scoperta del neutrone nel modo in cui tutti noi sappiamo e nn ho intenzione di ripetere. Il problema di questo modello atomico, però, è che siccome gli elettroni si muovono, essi devono spendere energia, e quindi in un breve intervallo di tempo, dovrebbero collassare nel nucleo. Nel 1932 Bohr risolve il problema ipotizzando l’ultimo modello atomico scoperto fin ora, ovvero il modello a strati. Ogni elettrone quindi, percorre un’orbita attorno al nucleo prestabilita, e dotata di un suo “livello energetico” fornito dall’energia nucleare dello stesso atomo. Infatti quando si eccita un elettrone in un atomo, esso tenderà a passare in uno strato di livello energetico superiore e alla fine dell’eccitazione torna allo stato stazionario precedente. Nel 1940 E. Scroendingher scopre che si puo trovare l’elettrone in base a una fascia di probabilità di presenza in quanto non possiamo misurare contemporaneamente la posizione dell’elettrone e la sua velocità e direzione. Le teorie attuali suppongono che sia il neutrone che il protone siano costituiti da quark, particelle elettricamente cariche con cariche pari ad un terzo di quelle dell’elettrone, mentre l’elettrone sia indivisibile.