Don Salvatore Soreca
Membro della Commissione Nazionale per l’Iniziazione Cristiana
Direttore dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Benevento
Docente di Teologia Pastorale e Catechetica presso lo Studio Teologico “Madonna delle Grazie” - Benevento
IL VALORE DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA PER LA
NUOVA EVANGELIZZAZIONE
1. IL RILANCIO SPIRITUALE
Inizio il mio contributo, riprendendo una riflessione presente negli Instrumentum Laboris del
sinodo sulla Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della Fede Cristiana al n. 88:
La Nuova Evangelizzazione è il nome dato a questo rilancio spirituale, a questo avvio di movimento di
conversione che la Chiesa chiede a se stessa, a tutte le comunità e a tutti i suoi battezzati.1
In particolare, evidenzio l’espressione “rilancio spirituale” che, caratterizzato da un duplice
movimento di rinnovamento interno e di rinnovato impegno missionario, a mio avviso, costituisce
l’orizzonte pastorale del “ridire la fede” oggi. La comunità ecclesiale è chiamata a riproporre con
forza se stessa come il luogo dell’incontro con il Signore della vita che, nel dono della fede,
trasfigura l’esistenza, e a perseverare con rinnovata forza nell’annunzio della salvezza operata da
Cristo per rendere l’umanità partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore ed aprirla ad un
futuro di speranza affidabile e forte. (Instrumentum 88)
Dalla duplice tensione del rinnovamento spirituale scaturisce il duplice movimento del
“Ridire la fede”.
“Ridire la fede”, in prima istanza, comporta un impegno ad intra, in quanto la comunità
ecclesiale deve vivere e assumere in modo radicale la storia nella quale è chiamata a costruire il
Regno, per ripensare nuovi modi e termini per narrare la speranza del Vangelo:
Qui trova il suo specifico e la sua forza lo strumento della nuova evangelizzazione: occorre guardare a questi
scenari, a questi fenomeni sapendo superare il livello emotivo del giudizio difensivo e di paura, per cogliere in
modo oggettivo i segni del nuovo insieme alle sfide e alle fragilità. “Nuova evangelizzazione” vuol dire, quindi,
operare nelle nostre Chiese locali per costruire percorsi di lettura dei fenomeni sopra indicati che permetta di
tradurre la speranza del Vangelo in termini praticabili.2
In tal senso, recupero il monito del Papa in Porta Fidei, quando al n. 2 afferma:
Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e
politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In
effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era
possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e
ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda
crisi di fede che ha toccato molte persone.3
Compito della comunità ecclesiale non è reiterare una prassi missionaria centrata unicamente
sulla trasmissione dei contenuti della fede e delle loro conseguenze etiche, ma realizzare un
annunzio che scelga l’inculturazione non come strategia, ma via della evangelizzazione.
1
SINODO DEI VESCOVI XII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della
Fede Cristiana. Instrumentum Laboris, Libreria editrice vaticana, Citta del Vaticano 2012.
2
SINODO DEI VESCOVI XII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della
Fede Cristiana. Lineamenta, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2011, n.7.
3
BENEDETTO XVI, La Porta della Fede, Motu Proprio 11 ottobre 2012, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano
2012.
1
In altre parole, l’evangelizzazione si è connotata come inculturazione del Vangelo, la cui proposta sta ad
indicare che il contenuto del messaggio cristiano non è riducibile a semplici schemi culturali propri di un
determinato momento storico, ma li oltrepassa, pur nella coscienza della contestualità dell’annuncio.4
L’uomo di oggi, infatti, sperimenta la difficoltà ad organizzare la vita secondo formulazioni
passate della fede.
“Ma come detto, in questo grande contesto la religiosità deve rigenerarsi e trovare così nuove forme
espressive e di comprensione. L’uomo di oggi non percepisce più immediatamente che il Sangue di Cristo sulla
Croce è stato versato in espirazione dei nostri peccati. Sono formule grandi e vere, e che tuttavia non trovano più
posto nella nostra forma mentis e nella nostra immagine del mondo; che devono essere per così dire tradotte e
comprese in modo nuovo”.5
Quindi, “ridire la fede” nella sua tensione ad intra, comporta lo sforzo di costruire, in un
atteggiamento di dialogo con la cultura, canali comunicativi nuovi attraverso i quali donare la
Verità e la Speranza evangelica delle quali la Chiesa è custode.
È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con l'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare
attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della parola
di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in
forma più adatta. (GS 44)
Se l’annuncio della comunità deve introdurre il Mistero, sperimentato, celebrato, compreso e
vissuto, è chiaro che è importante il recupero di tutta l’armonia dei linguaggi della fede. In tal
senso, è importante che la missione allarghi la propria razionalità e introduca l’intera gamma dei
linguaggi umani e della fede: quello narrativo, quello simbolico della liturgia, quello della sintesi
delle formulazioni dogmatiche, quello estetico della poesia e dell’arte, quello argomentativo, quello
della preghiera.
“Ridire la fede”, nella sua tensione ad extra, comporta attivare processi interculturali che
pongano il Vangelo in costante contatto con la cultura e l’uomo contemporaneo per significare di
nuovo, nella vivificante relazione con l’evento fondativo, Gesù Cristo, la trama storica, creando e
rinnovando la cultura:
Il Vangelo non solo può coniugarsi con la cultura e le culture, ma innesta nei processi di elaborazione culturale
istanze e valori che possono contribuire alla maturazione dell’umano e del mondo, anche attraverso il suo
spessore profetico e critico nei riguardi dei relativismi etici, delle tradizioni religiose, degli schemi operativi
della società.6
“Ridire la fede” è allora rinarrare il Vangelo nella cultura di oggi, all’interno delle domande di
senso e dei bisogni di salvezza, perchè esso possa giungere in modo nuovo al nostro pensare e alla
nostra comprensione, e possa portare a pienezza la Bellezza propria dell’uomo, creato a immagine e
somiglianza di Dio.7
C. DOTOLO – L. MEDDI, Evangelizzare la vita cristiana. Teologie e pratiche di Nuova Evangelizzazione, Cittadella
Editrice, Assisi 2012, 33.
5
BENEDETTO XVI, Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewold,
Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2010, 192.
6
DOTOLO – MEDDI, Evangelizzare la vita cristiana, 33.
7
BENEDETTO XVI, Luce del mondo, 193. Cfr L.F. LADARIA, Antropologia teologica, Piemme, Casale Monferrato 1995,
194-202; I. SANNA, L’identità aperta. Il cristiano e la questione antropologica, Queriniana, Brescia 2006, 387-412; R.
FiSICHELLA, La nuova evangelizzazione. Una sfida per uscire dall’indifferenza, Mondadori, Milano 2011, 88-94.
4
2
Evangelizzare la cultura è, allora, collaborare per trasformare l’umanità accompagnandone le
scelte, le svolte, gli insuccessi.8 Riprendo dal testo Evangelizzare la vita cristiana la scansione
metodologica del processo di evangelizzazione:
a) Liberare l’esperienza fondamentale. Ad un primo livello, va affermata la necessità che l’interrelazione tra
Vangelo e cultura consenta la liberazione dell’esperienza fondamentale, che è l’irruzione sorprendente dei valori
e criteri del Regno. (...) Al di fuori di un’immersione nelle vite e nelle lotte di quanti ricercano una qualità
dell’esistenza, specie di coloro che vivono nella marginalità della società, non si dà autentica evangelizzazione,
perché sarebbe indotta artificialmente e non il frutto di un coinvolgimento con la gente, volto al conseguimento
di obiettivi comuni. Un tale coinvolgimento evoca ed esige un’attenzione ecclesiologica che deve puntare sulla
dimensione liberante già presente nella religiosità e cultura, sia cristiana sia di altre religioni, in un apprendistato
che rende reciproco il movimento di inculturazione ed evangelizzazione.
b) Attraverso una correlazione critica. Una seconda indicazione deve basarsi su una dimensione di correlazione
critica: offrire criteri di riferimento perché la buona notizia dell’evento cristiano dialoghi con le molteplici
situazioni sociali, economiche, politiche, invitandole ad un processo di discernimento e di cambiamento.
In tal senso, l’evangelizzazione in questa fase non è ancora preoccupata di dare forma ad una comunità ecclesiale
locale, ma di creare le condizioni per un processo che miri alla reale presa di coscienza di cosa comporti lo stile
evangelico per la società, soprattutto là dove strutture di ingiustizia ostacolano la storia concreta di
emancipazione e affermazione della dignità umana.
c) Ricreare il tessuto umano. Ma, in particolar modo, il processo di evangelizzazione della cultura deve puntare
alla ri-creazione del tessuto umano, prerequisito indispensabile per riformulare una cultura che promuova il bene
e la pace. L’esito va ben oltre, perché riassume nel suo orizzonte la stessa esperienza religiosa, aprendola,
cammin facendo, al suo ruolo di riserva critica nei confronti delle strutture socio-culturali che impediscono la
vita. Solo in questa prospettiva l’evangelizzazione potrà dare forma a comunità cristiane il cui stile di pensiero e
di approccio dialogico alle questioni che riguardano il vivere comune, può contribuire alla narrazione e
costruzione di una cultura che metta al centro la fioritura dell’umano. «Le persone devono cercare di vivere il
senso e i valori del Vangelo nella loro cultura, ma il Vangelo deve essere sempre una presenza che interpella,
una forza non addomesticata, contro-culturale. Comunque, l’incarnazione culturale del Vangelo non deve mai
essere tale da rinchiudere la comunità cristiana in un ghetto. La comunità evangelica è una comunità in missione
e deve essere sempre pronta a sfidare la cultura generale, indipendentemente dalla relazione che intrattiene con
essa».9
Quanto affermato fin qui, cosa comporta nella comunicazione della fede e dei suoi contenuti?
Trasmettere la fede non comporta unicamente consegnare dei contenuti statici, ma è rinnarrare e
progredire in modo costante nella comprensione della Verità, avendo l’intera Tradizione come
guida. Trasmettere la fede vuol dire essere consapevole che la verità della fede è per la storia, per
leggerla e trasformarla; in questo senso una comunicazione nella storia e per la storia. Trasmettere
la fede vuol dire porre attenzione alla risposta personale dei soggetti, alla capacità di
interiorizzazione. In tal senso, è importante recuperare alla dinamica della traditio-redditio fidei
l’attenzione alla receptio fidei.
Questo avviene attraverso una pastorale incentrata sulla receptio. La Chiesa ben conosce la traditio e anche la
redditio come modello del processo di comunicazione della fede. Molti segnali indicano che la chiesa “ha fatto
pace” con il broadcasting integrando la sua funzione magisteriale di trasmissione della verità con il più
complesso tema della comunicazione della verità. Ma la pastorale deve fare pace anche con la libertà di ricerca
del destinatario. Ci viene in aiuto la teologia della receptio (LG 12b: DV 8) per la quale la verità diventa tale
all’interno della struttura di comprensione e di decisione della persona, e nella sua libera (ma anche cattolica)
riespressione e adattamento.10
G. COLLET, «...Fino agli estremi confini della terra». Questioni fondamentali di teologia della missione, Queriniana,
Brescia 2004, 244: “L’inculturazione non può perciò neppure consistere nella rianimazione di passate usanze religiose
ed ecclesiali o nella conservazione di stili di vita non più salvabili. Essa deve piuttosto dimostrare la propria validità
proponendo un’alternativa vivibile e vissuta nel mezzo di una molteplicità di offerte religiose e culturali di senso e
invitando a confidare nel vangelo e nella sua promessa di vita”.
9
DOTOLO – MEDDI, Evangelizzare la vita cristiana, 29-30. Cfr. La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della
Fede Cristiana. Lineamenta, n.9.
10 DOTOLO – MEDDI, Evangelizzare la vita cristiana, 95-96.
8
3
Trasmettere la fede vuol dire, in sintesi, aver chiaro che il contenuto della fede è Gesù Cristo,
morto e risorto, il Vivente e il Veniente.
Ultimo suggerimento che conclude questo primo punto e che concretizza, pastoralmente
parlando, le riflessioni sin qui fatte, concerne l’introduzione della pastorale della proposta accanto
alla pastorale della trasmissione. La necessità di formare cristiani che sempre più siano presenze
significative, sacramenti viventi della Verità accolta, porta a considerare la pastorale della proposta
come un modo efficace di provocare l’attenzione degli uomini. È la vita stessa del credente che, nel
suo dispiegarsi, si apre continuamente alla proposta, che stimola la sua libertà perché s’interroghi e
approdi a nuovi equilibri nella vita di fede informata dalla Verità Trasmessa. La proposta accolta fa
sorgere la necessità di accogliere la Verità trasmessa che rende viva e colma di speranza la vita. In
questo gioco di coopresenza di proposta e trasmissione, dinamiche che continuamente si
richiamano in tutto il cammino di maturazione, si costruisce una circolarità comunicativa-educativa
che non pensa alle due logiche come alternative, ma recupera entrambe come due momenti
essenziali di un unico processo, in cui l’evangelizzazione innesta la personalizzazione del Vangelo
trasmesso e accolto.
La proposta della fede non è limitata all’annunzio, né la trasmissione è il paradigma che regna
incontrastato nella formazione permanente; una tale separazione non è più pensabile. Entrambe
sono dinamiche che si richiamano continuamente:
La nuova evangelizzazione è, a mio avviso, sostanzialmente l’evangelizzazione di sempre, ma che non può
ormai appoggiarsi su quella religiosità culturale specificamente cristiana che ci rendeva cristiani per nascita. La
nuova evangelizzazione è quindi una evangelizzazione in questa nuova condizione; siamo nell’era della proposta
della fede e non più della sua supposizione. 11
2. PORTA FIDEI
La situazione che descrive il papa nel Motu Proprio permette di individuare le motivazioni e
gli scopi che hanno determinato l’indizione dell’anno della fede. In particolare, il Papa denuncia
una profonda crisi di fede (PF2), evidenziata dal fatto che ormai la fede non può essere più
presupposta in coloro verso i quali la Chiesa orienta la sua attenzione pastorale (PF 2). D’altro
canto, però il Papa enfatizza la possibilità che l’uomo possa sentire il bisogno di incontrare Gesù,
come Colui che disseta la sete di senso, Lui che è la sorgente zampillante di acqua viva (PF 3).
Questo bisogno si esprime nel fatto che molte persone, nell’attuale contesto culturale, pur non
riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e
della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico “preambolo”
alla fede, perché muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio. (PF 10)
In tal senso, compito della comunità ecclesiale è riscoprire il cammino della fede (PF2) e
mettersi in cammino per condurre gli uomini attraverso il deserto del male e del peccato, verso la
terra dell’abbondanza, verso l’incontro e l’amicizia con Gesù, il Pastore Bello, colui che dona la
vita e la dona in pienezza. Nel condurre si rende necessario il passaggio attraverso la “porta della
fede” che introduce nella comunione con Dio e attualizza l’ingresso nella comunità ecclesiale. Il
passaggio accade quando la Parola di Dio è annunciata e il cuore si apre all’azione plasmante della
Grazia (PF 1). Attraversata la porta inizia un cammino che accompagna tutta l’esistenza. In tal
senso, è tutta la comunità, nei suoi singoli membri, impegnata a far risplendere la Parola di Verità
(PF 6) affinché l’Anno della fede si configuri come un costante invito alla conversione; infatti, è il
Suo stesso amore, comunicatoci nella Sua Parola, che spinge la comunità ecclesiale nell’opera
evangelizzatrice (PF 7).
Il richiamo alla Nuova Evangelizzazione, come impegno ecclesiale, è per riscoprire la gioia
nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede. La fede (…) cresce quando è vissuta
STIJN VAN DEN BOSSCHE, Il Rinnovamneto dell’Iniziazione Cristiana nell’orizzonte della Nuova Evangelizzazione,
relazione tenuta all’incontro nazione dei Direttori UCD, Roma 6-7 febbraio 2012.
11
4
come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di
gioia. Essa rende fecondi, perché allarga il cuore nella presenza e consente di offrire un
testimonianza capace di generarla (PF 7). Accanto alla priorità della Parola come esperienza
generante la fede, il Papa sottolinea l’importanza di approfondire i contenuti della fede professata,
celebrata, vissuta e pregata e riflettere sull’atto con cui si crede (PF 9). Va recuperata l’unità
profonda tra l’atto di fede con cui si crede e i contenuti a cui diamo il nostro assenso (PF 10). La
fede è prima di tutto dono di Dio e azione di grazia che trasforma il cuore del credente; in merito è
forte il richiamo del Santo Padre quando afferma che la conoscenza dei contenuti da credere non è
sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona, non è aperto dalla grazia che consente
di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola
di Dio (PF 10).
Allo stesso modo la conoscenza dei contenuti della fede è fondamentale per l’assenso
personale, per aderire in modo pieno con l’intelligenza e la volontà a quanto viene proposto e
trasmesso dalla Chiesa. Conoscere è essere introdotti nel mistero salvifico, è dare forma al dono
della fede scaturito nel cuore per opera della Grazia (PF 10). In tale orizzonte, il CCC è strumento
che si pone al servizio della conoscenza dei contenuti (PF 4); è sussidio prezioso e indispensabile
per ritenere in modo sistematico i contenuti della fede (PF 11); è sintesi organica e sistematica dei
contenuti della fede (PF 11).
3. IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Il testo si qualifica: «come strumento per trasmettere i contenuti essenziali e fondamentali
della fede e della morale cattolica, in modo completo e sintetico; come punto di riferimento dei
catechismi nazionali e diocesani, la cui mediazione è indispensabile; come esposizione positiva e
serena della dottrina cattolica; come testo che si colloca nel solco della tradizione catechistica, e in
particolare nel catechismo destinato ai soggetti-operatori della catechesi (Pastores), aventi la
missione di catechizzare; come testo magisteriale, nel senso che, suggerito da un Sinodo dei
Vescovi, voluto dal Santo Padre, preparato redazionalmente da Vescovi, frutto della consultazione
dell'episcopato, è approvato dal Santo Padre, come suo magistero ordinario». 12
Quanto alle fonti, il testo «attinge abbondantemente dalla S. Scrittura, dalla Tradizione
occidentale e orientale della Chiesa (in particolare dai Padri della Chiesa), dalla Liturgia, dal
Magistero, dal Diritto Canonico, dalla vita e dall'insegnamento dei santi». 13
Lo stile del CCC «si caratterizza per l'essenzialità, la concisione, la sobrietà, l'incisività, la
chiarezza. Nell'offrire un'ordinata e organica strutturazione della materia, è anche attento al contesto
socio-culturale-ecclesiale attuale, ma solo per quei tratti riconosciuti universalmente validi, mentre
è demandata ai catechismi nazionali l'attenzione agli aspetti più particolari. In esso, si evitano le
indicazioni pedagogiche e le applicazioni metodologico-didattiche, in quanto, essendo diverse a
seconda dei destinatari e dei contesti culturali, vengono affidate ai catechismi nazionali e diocesani.
Il suo stile, più che argomentativo, è attestativo: intende annunciare la verità cristiana con la
certezza propria della Chiesa, cercando da un lato di rispettare i diversi gradi di certezza che la
Chiesa ha nelle varie tematiche, dall'altro di evitare le opinioni teologiche». 14
Destinatari dichiarati del CCC «sono anzitutto e prima di tutto i Vescovi, in quanto dottori
della Fede, poi i Redattori di catechismi e, tramite loro, tutto il Popolo di Dio». 15
Il CCC è concepito come una esposizione organica di tutta la fede, da leggere unitariamente.
12
COMMISSIONE EDITORIALE DEL CCC, Dossier informativo, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1992, 21. Le
riflessioni sulla struttura del catechismo sono state reperite dalle dispense da uso degli studenti del prof. G. BIANCARDI,
Storia della catechesi contemporanea.
13
Ibid.
14
Dossier informativo, 21-22.
15
Dossier informativo, 22.
5
Il contenuto viene esposto in modo notevolmente articolato, attraverso parti, sezioni,
capitoli, articoli. L'articolo può essere considerato come una unità tematica o di senso, che a volte è
illustrata in dettaglio attraverso successivi paragrafi. Una numerazione progressiva ha permesso di
schedare in 2865 punti tutta la dottrina del Catechismo. Ciò facilita indubbiamente l'accostamento
al testo e il lavoro di ricerca per argomenti e temi.
La lettura e l'utilizzazione sono favoriti anche dal fatto che il CCC è concepito come una
esposizione organica di tutta la fede, da leggere unitariamente. Numerosi sono perciò, all'interno
del testo, i rimandi che dovrebbero servire allo scopo. Per lo stesso fine sono stati curati i diversi
indici che concludono il volume. Essi riguardano: i testi scritturali, i Simboli della fede, i Concili
ecumenici, gli altri Concili e Sinodi, i documenti pontifici e, infine, gli scrittori ecclesiastici.
Ogni articolo, o unità tematica, è concluso da una serie più o meno ampia di asserzioni
sintetiche, raccolte sotto il titolo In sintesi. Esse hanno triplice scopo:
racchiudere in poche righe l'essenziale del messaggio esposto;
offrire suggestioni agli autori dei catechismi locali in vista della elaborazione, da parte loro,
di formule sintetiche e facilmente memorizzabili;
attingendo preferibilmente a testi biblici, liturgici, patristici e magisteriali, promuovere un
linguaggio comune per l'espressione della fede.16
Alcuni passi del testo si presentano stampati in caratteri dalle dimensioni minori. Si tratta, in
questi casi, di asserzioni teologiche o di annotazioni storiche e apologetiche con valore
complementare. In corpo più piccolo sono riportate anche le citazioni tratte dalle fonti patristiche,
liturgiche, magisteriali o agiografiche; esse sono riprodotte per arricchire l'esposizione dottrinale e
in vista di una eventuale utilizzazione catechistica diretta.
La materia è distribuita in quattro parti fondamentali: «ciò che la Chiesa Cattolica crede (I parte),
celebra (II parte), vive (III parte), prega (IV parte)». 17
- La prima parte (La professione di fede, 26 - 1065), presenta a livello introduttivo (prima
sezione) l'uomo come "capace" di Dio e le vie attraverso le quali egli può giungere a conoscerlo: il
mondo e se stesso, in particolare la propria ragione. All'essere umano già "capace" di Lui, Dio
stesso offre, però, una via privilegiata per raggiungerlo: la Rivelazione. Grazie ad essa l'uomo può
rispondere con la fede al dono di Dio. Ecco, allora, in una seconda sezione i contenuti della fede
proclamata dal cattolico. L'esposizione è fatta sulla traccia del Simbolo. Scorrendo gli articoli della
confessione di fede si annunciano il mistero del Dio Trinitario e il suo progetto di salvezza per
l'umanità.
- La seconda parte (La celebrazione del mistero cristiano, 1066 - 1690) illustra la fede
celebrata. Abbiamo qui la presentazione dell'economia sacramentale attraverso la quale il credente
è reso partecipe della salvezza. Più specificamente, il CCC spiega in qual modo la salvezza del
Padre, realizzata una volta per sempre attraverso il Figlio nello Spirito, è resa presente all'uomo
nella liturgia in genere (prima sezione) e particolarmente (seconda sezione) attraverso i sette
sacramenti.
- La terza parte (La vita in Cristo, 1691 - 2557) espone la fede vissuta. Chiamato ad una vita
filiale e alla felicità eterna nell'abbraccio del Padre (prima sezione), il cristiano, con l'aiuto della
grazia, vive la legge fondamentale del Cristo: amore per Dio e per il prossimo. Questa trova la sua
naturale specificazione nei dieci Comandamenti.
Infine, la quarta parte (La preghiera cristiana, 2558 - 2865) analizza la fede pregata. Dopo
una prima sezione dedicata a spiegare il senso e l'importanza della preghiera nella vita dei credenti,
il CCC si sofferma (seconda sezione) sulla specifica preghiera cristiana, il Padre nostro,
illustrandone le sette domande. Queste ricordano all'uomo i beni che egli deve sperare, quei beni
che il Padre celeste è desideroso di accordare.
Per quanto concerne il linguaggio, il CCC privilegia uno stile veritativo e di intonazione
teologica, perché lo scopo è quello di trasmettere in modo fedele i contenuti, la cui inculturazione
16
17
Cf Dossier informativo, 24-25.
Dossier informativo, 22.
6
sarà compito dei vescovi o, comunque, delle singole comunità locali. Infatti, il CCC è destinato alle
Chiese particolari in quanto porzione del popolo di Dio, guidate dai Vescovi coadiuvati dal
presbiterio; a tutte le chiese particolari, immagine della Chiesa universale, nelle quali rende presente
la totalità del contenuto della fede; alla comunione delle Chiese particolari nell’unità della Chiesa
Cattolica. Allo stesso tempo, il CCC è rivolto a tutti i fedeli battezzati in quanto sostegno alla
professione della vera fede. Il CCC è strumento privilegiato al servizio della comunione ecclesiale e
norma per la comunicazione della fede.
In che modo si coordina l’espressione chiara e universale della fede con le esigenza di
adattamento alle chiese locali? Il Cardinal Ruini, nella presentazione del commento teologico al
catechismo pubblicato dalla Piemme afferma che si può e si deve parlare di incarnazione e
inculturazione del CCC nel tessuto di vita delle Chiese particolari.18 Tale processo è possibile per
la mediazione dei pastori e delle comunità locali, il cui compito è rendere vivo il testo del
Catechismo affinché sostenga la retta formazione dell’adesione alla fede
La esperienza catechistica moderna conferma ancora una volta che prima sono i catechisti e poi i catechismi;
anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali (RdC 200).
Il catechismo si pone come stimolo alla responsabilità di tutta la comunità nell’opera
evangelizzatrice e all’attualizzazione della fede nei diversi contesti culturali attraverso i catechismi
nazionali e locali.
In tal senso il CCC è uno strumento al servizio della fides quae (contenuto) e, nella
mediazione matura della comunità ecclesiale, sostegno sostanziale ed indispensabile alla fides qua
(atto).
Per quanto concerne il Compendio, il corpo del testo è dato dalla sintesi del CCC. Quindi,
ritroviamo in esso le quattro parti che scandiscono la formulazione dei contenuti catechistici nel
CCC stesso:
- la professione di fede
- la celebrazione del mistero cristiano
- la vita in Cristo
- la preghiera cristiana.
Il sussidio è completato da una Appendice che riporta, anche in latino, le preghiere più
comuni del popolo cristiano e, infine, le formule tradizionali che sintetizzano i principali contenuti
della dottrina cristiana.
La differenza più rilevante rispetto al CCC – evidenziata anche dal card. Ratzinger nella sua
Introduzione - è indubbiamente data dalla formula dialogica del Compendio, che riscopre la
tradizionale esposizione sotto forma di domande e risposte i contenuti della fede.
Significativa – come sottolinea ancora una volta l’Introduzione – è, inoltre la valorizzazione delle
immagini; valorizzazione dal chiaro significato esemplare, che vuole ricordare l’importanza di
utilizzare tutti i diversi linguaggi disponibili – ivi compresi quelli iconici - per un annuncio efficace
della fede. Il Compendio si presenta subito come un testo per tutti i cattolici. Ad essi, secondo
l’auspicio del Motu proprio di promulgazione, l’opera potrà dare nuovo slancio sia nella personale
educazione alla fede, sia nell’impegno della testimonianza e della evangelizzazione nel mondo di
oggi. Inoltre, per la sua brevità, chiarezza e integrità, il sussidio si rivolge anche a ogni persona che
desidera conoscere la via della vita e la verità affidata da Dio alla Chiesa del suo Figlio.
4. PER UNA RIFLESSIONE PASTORALE
La questione del contenuto della fede, come affermato dal Papa, è centrale nella riscoperta
delle fede. In tal senso, può essere importante distinguere la nozione di Contenuto della fede da
quella dei suoi contenuti. Il Contenuto della fede è Gesù Cristo, morto e risorto, è il mistero del
18
Catechismo della Chiesa Cattolica, PiemmeReligio, Casale Monferrato (AL) 2003, 539.
7
Signore Gesù e in Lui la Trinità. La verità cristiana, prima ancora che concetto, è una relazione viva
che investe cuore e mente. Come ogni relazione, la fede cristiana come amore si fa parola. In tale
senso la fede si fa riflessione (teologia), regola di fede (Simboli e dogmi), forma per essere
celebrata (liturgia), orientamento per la vita (Morale). Parliamo così dei contenuti della fede nelle
sue oggettivazioni cognitive, celebrative, etiche. La formulazione chiara, sintetica e sistematica dei
contenuti della fede, è l’espressione ecclesiale del racconto personale dell’incontro con Cristo.
L’essenziale, il tutto della fede, deve potersi dire in formule chiare che permettano la
professione ecclesiale della fede personale, e che orientano l’assenso personale all’incontro con
Cristo. In questo legame, è sancita la relazione intima tra Parola e formule della fede, tra narrazione
evangelica e Simbolo della fede, tra esperienza personale e contenuto della fede, tra fides qua (atto)
e fides quae (contenuto). Il Catechismo, in quanto strumento privilegiato per esporre e ritenere la
fide quae sostiene e accompagna, nella mediazione dell’esperienza ecclesiale, la maturazione della
fides qua:
Il soggetto si accosta alla verità perché accetta di esporsi, di aprirsi ad essa, fino a perdersi in essa per
permetterle di manifestarsi nella sua alterità radicale e inesauribile. C’è certo una organicità della fede, ma essa
riguarda, più che l’esposizione oggettiva della verità di questa fede, l’interazione che si annoda all’interno del
soggetto credente tra l’alterità ineliminabile della fides quae e la fides qua continuamente ricercata. Questa
organicità invia più alla dialettica della fedeltà e dell’infedeltà dell’impegno preso in relazione al dono della
grazia di Dio che alla dialettica del non-sapere e del sapere. Chi dice soggetto, dice vita interiore, capacità di
simbolizzare, di proiettare e di introiettare: in breve, di interpretare e di conferire significati. (…) Bisogna allora
situare la fides quae non come l’origine o la fine dell’atto ma come una mediazione permanente, un’alterità
inesauribile che permette al soggetto credente – fidea qua – di maturare come soggetto. Non si và più dalla fides
quae verso la fides qua né dalla fides qua verso la fides quae, ma dalla fides qua verso la fides qua attraverso la
mediazione della tradizione e della fede della Chiesa. Si tratta di animare una comunicazione vera tra la
tradizione vivente della Chiesa resa presente attraverso dei discepoli e dei soggetti pronti ad esporsi all’incontro
con Cristo.19
Riprendiamo attraverso questa citazione l’osservazione del Santo Padre in PF 10, la mera
conoscenza non è sufficiente se il cuore è chiuso alla Grazia:
A distanza di anni non avrebbero ricordato più la quinta declinazione latina, la formula del nitrato di potassio e la
data della battaglia di Waterloo, ma nella memoria sarebbe rimasto il dono che l’acqua aveva fatto loro: il primo
libro dell’Odissea nel parco vicino la scuola. Come tutti gli uomini avrebbero ripescato dal cuore ciò che era
nato da libertà, dono e passione, e non da semplici conoscenze, che per la memoria non basta. Solo l’amore e il
dolore ricordano.20
Ma il contenuto diventa fondamentale per la chiarezza e per la progressione dell’assenso di
fede. Il CCC è strumento privilegiato per accompagnare la maturazione della fede nelle nostre
comunità, coniugando attenzione all’integrità intensiva del contenuto e all’inculturazione del dato
rivelato. Prima responsabile della sinergia appena descritta è la comunità ecclesiale, nel suo essere
Madre che genera nella fede e Maestra che guida e accompagna la maturazione della fede.
5. CONCLUSIONI
Nella riflessione proposta si è cercato di inquadrare la ricchezza del CCC all’interno della
sfida attuale della Nuova Evangelizzazione, riletta secondo le indicazioni che il Santo Padre ha
offerto alla Chiesa attraverso il Motu Poprio Porta Fidei. In particolare ci si è soffermati ad indicare
il rilancio spirituale proposto dagli Instrumentum Laboris del Sinodo sulla “Nuova
19
INSTITUT SUPÉRIEUR DE PASTORAL CATÉCHÉTIQUE, La catechesi e il contenuto della fede. Atti del quinto colloquio
internazionale dell’Institut Supérieur de Pastorale Catéchétique, (F. MOOG E J. MOLINARO a cura di), elledici, Leumann
(TO) 2012, 26; Cfr. J. HONORÉ, La penseé de John Henry Newman. Une introduction, Ad Solem, Paris 2012, 99-100.
20
A. D’AVENIA, Cose che nessuno sa, Mondadori, Milano 2011, 140.
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Evangelizzazione per la trasmissione della Fede Cristiana” come la necessaria conversione
pastorale per affrontare in modo fecondo la questione del “ridire la fede oggi”. Si è analizzato, poi
cosa si intende per “ridire la fede” nei suoi due dinamismi: ad intra e ad extra. La riflessione su
Porta Fidei ci ha permesso di individuare con chiarezza le coordinate del rinnovamento spirituale
necessario per vivere con fecondità l’azione evangelizzatrice.
La centralità della Parola di Dio e la chiarezza delle formule della fede sono due fulcri di una
circolarità esistente tra la fede accolta e la fede conosciuta. Nel terzo passaggio della riflessione
abbiamo concentrato l’attenzione sul CCC come strumento essenziale all’adesione della fede, e,
quindi, punto di riferimento per un’evangelizzazione intesa come inculturazione della Verità
Rivelata da parte delle comunità locali. In ultima istanza, sono state tratte delle indicazioni di
carattere pastorale per una retta comprensione della relazione tra Contenuto della fede e contenuti
della fede; tra integrità intensiva del contenuto e progressività dell’atto di fede.
La dinamica circolare di proposta-trasmissione indicata come attenzione pastorale nel primo
momento di questa riflessione, necessariamente si apre ad un terzo aspetto della circolarità, che è la
missione. Un’esistenza che integra la fede, maturata nell’accoglienza del deposito rivelato, con la
vita, è avamposto missionario, segno di provocazione che, nel suo agire, è proposta. La dinamica
missionaria è intrinseca alla capacità del battezzato di personalizzare la fede accolta, perché
un’esistenza centrata sulla fede accolta è già annunzio di Verità.
La missione è il contesto vitale in cui prende forma ogni tipo di proposta che rende possibile
una trasmissione graduale e integrale della fede. La circolarità proposta-trasmissione-missione,
investe tutto l’agire pastorale della Chiesa. Un movimento continuo, un dinamismo che attraversa la
vita della comunità ecclesiale quale luogo dell’incontro reale e personale con il Signore accolto,
amato e creduto nella fede.
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