Enigmi su roccia dell'antica Chukotka
ENIGMI SU ROCCIA DELL'ANTICA CHUKOTKA
di Giorgio Samorini
Petroglifi del fiume Pegtymel
(Naskalnye zagadki drevnei Chukotki. Petroglify Pegtymelya)
N.N. Dikov Nauka, Moscow, 1971, pp. 23 e 118
[L’autore, archeologo russo, sta descrivendo le incisioni rupestri del fiume Pegtymel]
Da pag. 23:
Un particolare gruppo di soggetti è formato da svariate figure antropoidi di sesso maschile e
femminile, realizzate in diversi modi stilistici e con maggiore o minore schematicità (fig.18; petr.
ecc.). Tra di esse si distinguono per il loro aspetto insolito delle immagini antropomorfiche di
carattere piuttosto enigmatico, adombrate, non si sa perché, da enormi funghi (fig.19-21).
Ce ne sono moltissime, in tutto 34. Le evidenti sagome a forma di fungo sulle figure umane
rappresentano proprio dei funghi, e non una vaporosa acconciatura o un copricapo. Infatti
queste strane sagome non sono quasi mai incise a contatto della testa nelle raffigurazioni
umane, più spesso si trovano al di sopra di essa oppure la sostituiscono e, quindi, non rivelano
alcun carattere comune a qualsiasi acconciatura o copricapo – essendo quest’ultimi
direttamente congiunti in un tutt’uno alla testa. Questi funghi giganteschi possiedono,
evidentemente, un loro proprio significato a sé stante e sono collegati alla figura umana solo
convenzionalmente e, in qualche modo, simbolicamente. Dando un’occhiata alla guida dei
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funghi a cappella, si può inoltre accertare che questi non sono funghi qualsiasi: la cosa più
probabile è che siano in effetti delle amanite, con il loro caratteristico gambo allargato in basso
e l’ancor giovane cappello convesso (petr. 14, 78, 81) o con quello già dischiuso e piatto (petr.
34,70).
Nella regione dell’Artico non è affatto sorprendente incontrare tale immagine: è risaputo che qui
l’ovulo rosso (Amanita Muscaria), come molti altri funghi a cappella, cresce e si moltiplica.
Benché in Ciukotka oltre il circolo polare, sul Mar Glaciale Artico, l’amanita appaia
sporadicamente, nondimeno qui il suo ruolo, ancora in un passato non lontano, in qualità di
droga inebriante, è stabilito con certezza dai dati etnografici.
Anche il principio ed il modo di unire in un’unica immagine il fungo con la figura umana non
appaiono assolutamente senza precedenti. Essi sono del tutto conformi al conosciuto e comune
fenomeno di antropomorfizzazione di animali o piante, avvenuto a un certo stadio presso i
popoli più disparati. Conosciamo, ad esempio, analoghe sculture sacre antropomorfe,
semi-animali o semivegetali, rinvenute negli scavi dell’antica città di Karmir-Blur, effigi su
specchi di bronzo tra le tribù mansi sul fiume Ob e molte altre già da tempo ben trattate in
letteratura.
Vediamo proprio simili funghi antropoidi (teonanacatl) nella scultura in pietra degli antichi Maya
in America Centrale. Suscita degno stupore il fatto che questi sommamente evidenti funghi di
pietra (fino a 30 cm. di altezza) con visi, figure umane o animali sporgenti dai loro gambi (fig.22,
23) per molto tempo siano stati considerati qualunque cosa, tranne che raffiguranti dei funghi. Il
primo a descriverli (nel 1898) fu il famoso geografo Karl Zapper, che con qualche riserva li
definì "idoli a forma di fungo". Altri ricercatori pensarono che fossero oggetti relativi al culto
fallico e perfino appositi sgabelli. Solo in tempi recenti (1952-1957) il micologo americano
Gordon Wasson riuscì per la prima volta a riconoscervi proprio dei funghi. Insieme all’etnografo
e archeologo ungherese F. Boreghy, egli compì un’entusiasmante spedizione tra gli indios del
Guatemala per cercare di decifrare il senso degli idoli fungiformi. In seguito a ciò,
l’interpretazione micologica dei funghi di pietra venne definitivamente accertata ed essi vennero
collegati al culto dei funghi allucinogeni presente tra gli antichi Maya e tra i loro attuali
discendenti. Trionfava l’ipotesi più semplice e naturale: i funghi di pietra degli antichi Maya
rappresentavano dei funghi.
Qualcosa di simile avvenne anche con la nostra interpretazione micologica delle figure
fungiformi pegtymeliane. La loro comprensione semplice e diretta venne immediatamente
sottoposta al vaglio del dubbio e della critica. Occorre considerare non tanto la convincente
evidenza delle stesse rappresentazioni pegtymeliane, quanto le eventuali comparazioni e
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analogie storiche di natura superiore.
Disponiamo delle indiscutibili testimonianze dell’autorevole etnografo ed esperto delle regioni
nordiche V. G. Bogoraz proprio riguardo alla personificazione – come nelle rocce di Pegtymel –
di amanite in aspetto antropoide nella mitologia dei ciukci. Ecco cosa scrive V. G. Bogoraz sulla
"particolarità delle tribù" che si inebriano con le amanite: "...le amanite appaiono in strane forme
umane alla gente ebbra. Così, per esempio, un’amanita appare con l’aspetto di una persona
monca, mentre un’altra è somigliante al moncherino mancante. Questi non sono spiriti, sono
proprio le amanite come tali. Il numero di esse che viene visto da una persona corrisponde a
quante ne ha mangiate. Se una persona ha mangiato una amanita, vedrà una sola
amanita-persona, se ne ha mangiate due-tre, ne vedrà il numero corrispondente. Le amanite
prendono la persona per mano e la conducono nell’altro mondo, le mostrano tutto ciò che vi si
trova, fanno con lei le cose più incredibili". Secondo le osservazioni di V.G. Bogoraz,
caratteristica dei Ciukci è anche una certa antropomorfizzazione delle cose, in cui gli oggetti
acquisiscono una doppia natura: l’aspetto abituale insieme a quello pienamente umano.
Le immagini pegtymeliane di uomini-funghi corrispondono di certo proprio a questa fase di
antropomorfizzazione. Ciò è particolarmente evidente in quelle composizioni in cui accanto alle
amanite antropoidi troviamo disegnate delle comuni figure umane che danno loro la mano (petr.
2,3,81). Non è escluso che innanzi a noi ci siano degli autentici quadri, pervenutici dai tempi più
remoti, in cui vengono rappresentate le amanite nell’atto di condurre persone viventi dalla
"gente superiore".
Torneremo ancora ad occuparci di queste magiche amanite in un altro ambito. Rileviamo per
ora che per la maggior parte esse sono di sesso femminile, con un paio di trecce (dove è
possibile identificarle), abbigliate con una tuta di pelliccia (fig. 24, petr. 65,79) o completamente
senza abiti; sono molto realistiche (vedi il frontespizio e la prima figura da sinistra nella fig. 21) o
del tutto schematiche. Il loro livello di antropomorfizzazione è vario. Il fungo può essere
disegnato al di sopra della testa o su di essa (fig. 21, prima figura da sinistra), al posto della
testa nelle figure maschili (fig.21, seconda figura da sinistra) e, infine, al posto dell’intera figura
umana: un gambo di fungo con le braccia ed un cappello di fungo al posto della testa (fig.21,
quarta figura da sinistra). A volte il fungo è disegnato doppio e anche triplo (fig. 24, petr. 2,65).
Quasi tutte le figure sono rivolte di faccia, spesso in una posa che richiama un passo di danza.
C’è una sagoma di profilo dall’aspetto di donna nuda avente un fungo mezzo cancellato sulla
testa (petr. 79).
Da pag. 118:
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Immagini originali si trovano sulle rocce degli "uomini-amanite". Queste figure antropomorfe
dalle enormi teste a forma di fungo si incontrano sia nella gola di Sajanskij che fuori dai suoi
limiti, sulle rocce che contornano la collina di Ortaa-Sargol. Nel numero dei soggetti, disposti
nella parte sottostante della già menzionata "iconostasi" del tempio di Mugur-Sargol, si vedono
una figura antropomorfa con un cappello a larghe tese, seduta accovacciata e con le gambe
ben divaricate, e una straordinariamente espressiva figura umana incurvata che si appoggia a
un bastone, ritratta di profilo. E’ probabile che alla cintola del cacciatore penzolasse una sacca
di cuoio simile a quelle raffigurate sugli "uomini-amanite". Non è escluso che questa sacca di
cuoio conservasse un infuso inebriante di amanite, che veniva consumato dai partecipanti alle
cerimonie rituali.
Gli enormi cappelli a larghe teste sono l’immancabile attributo di ognuna di queste immagini
antropomorfe. Le teste degli uomini quasi non mostrano il cerchio con cui solitamente sono
raffigurate nei disegni rupestri. E’ come se il cappello poggiasse sul lungo collo, ricordando un
fungo. In uno dei disegni il cappello è a due piani: sopra l’enorme cappello inferiore se ne leva
un secondo, piccolo, simile a un funghetto sul gambo.
Queste remote immagini provenienti da Tuva sono inaspettatamente in analogia con l’arte degli
antichi abitanti della Ciukotka. Tra i disegni rupestri, scoperti relativamente da poco in Ciukotka
nella valle del fiume Pegtymel, si distinguono per il loro aspetto inusuale delle immagini
antropomorfe, "adombrate da enormi funghi". N.N. Dikov, membro inviato dell’Acc. delle
Scienze dell’URSS e ricercatore dei petroglifi pegtymeliani, interpreta queste figure fungine
come rappresentazioni antropomorfe di amanite, spesso menzionate nella mitologia dei Ciukci.
Il famoso studioso dei popoli nordici V.G. Bogoraz ha scritto che, in conformità alle idee dei
Ciukci, la specialità della tribù è inebriarsi con le amanite. Esse appaiono agli inebriati in una
strana forma umana. "Le amanite prendono la persona per mano e la conducono nell’altro
mondo, mostrandole tutto ciò che vi si trova e facendo con lei le cose più incredibili. Le vie delle
amanite sono tortuose. Esse visitano il paese dove vivono i morti." [Bogoraz-Tan V.G., Ciukci,
Parte 2. Relighja. L., 1939, pag. 5]
Gli uomini-funghi dei petroglifi pegtymeliani (così come nei disegni rupestri di Tuva) vengono
spesso rappresentati in posa danzante. C’è ancora un’interessante analogia: sulle rocce
ciukotke gli antichi artisti disegnarono funghi doppi e anche tripli.
In passato il culto dei funghi tossici era praticato da molti popoli. Il veleno delle amanite rosse
esercita nell’organismo umano un’azione che ricorda l’intossicazione delle bevande alcoliche.
Un tempo molti popoli della Siberia adoperavano le amanite come eccitante. Ecco, per
esempio, ciò che scrisse un etnografo e viaggiatore: "Gli Ostjaki non mangiano assolutamente
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funghi in quanto li considerano particolarmente impuri, ma nessuno di loro sa spiegarne il
perché. Tra i funghi riceve grande attenzione solo l’amanita "maculata", che..., secondo il
parere degli Ostjaki,... trasmette all’uomo uno speciale stato di coscienza nel quale egli "sa
tutto", sa chi gli ha rubato qualcosa, chi lo ha ingannato ecc."
Gli sciamani siberiani utilizzavano le amanite per raggiungere lo stato di estasi durante i riti. Nel
folklore dei mansi lo sciamano era chiamato "mangiatore di amanite". Si riteneva che l’estasi
provocata dalle amanite aiutasse lo sciamano a comprendere la "lingua degli spiriti". Nella
leggenda epica sul mitico eroe dei mansi Ekva-Pyrish si narra di come venne effettuata la
ricerca di uno sciamano per fargli identificare un assassino:
Con ogni probabilità, le immagini di persone danzanti fungiformi della gola di Sajanskij sullo
Jenisej sono legate proprio ad uno dei culti più antichi: il culto delle amanite.
Il ricercatore dei petroglifi ciukotki N.N. Dikov era d’accordo con questa interpretazione dei
disegni rupestri di Tuva, e al riguardo sottolineava la loro affinità con quelli pegtymeliani.
Tuttavia l’accademico A.P. Okladnikov sostiene un’altra ipotesi. Egli presta attenzione al fatto
che tali figure antropomorfe di amanite sono state ritrovate anche in Mongolia, sul monte Tebci
presso l’antica Chobdsomon. "E’ del tutto verosimile, – egli scrive – che con l’aspetto di cappelli
di funghi siano stati rappresentati gli sfarzosi copricapi dei guerrieri dell’età del bronzo. In ogni
caso, la regione dei Gobi-Altaj è più vicina a Tuva di quanto non sia Pegtymel alla Ciukotka".
Riferimenti bibliografici
BOGORAZ V.G., 1904-9, The Chukchee, Memoir of the American Museum of Natural History,
N.Y.
DEVLET M.A., 1982, Petroglify Verchniego Yenisieia, Akademya Nauk SSSR, Moskva, n. 2:
111-120.
DIKOV N.N. 1979, Origini della cultura paleoeschimese, Bollettino Camuno Studi Preistorici,
vol.17, pp. 89-98.
DIKOV N.N., 1971, Naskalnye zagadki drevnei Chukotki. Petroglify Pegtymelya, Nauka,
Moskva
SAAR MARET, 1991, Ethnomycological Data from Siberia and North-East Asia on the Effect of
Amanita muscaria, Journal of Ethnopharmacology, vol. 31, pp. 157-173.
fonte: www.samorini.net
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