CONTROCORRENTE FILANTROPIA SOTTO L’ALBERO DI NATALE Editoriale di Dicembre a cura di Marilù Cecere e Martina De Luca Proprietà intelletuale di Net Working, vietata ogni riproduzione senza il consenso della società E’ tempo di luci di natale, di regali sotto l’albero, ma anche di beneficenza e campagne solidali. Infatti, che si tratti dei regali da fare o della vostra wishing list, sono certa che almeno per un istante avrete pensato di contribuire ad una causa sociale attraverso una donazione. La beneficenza, complice anche l’evoluzione e adozione delle più sofisticate strategie di marketing pronte a cucire vestiti su misura” per ogni soggetto, è sempre più accessibile e fruibile a tutti. Gli esempi sono innumerevoli, e senza dover rinunciare al prodotto materiale possiamo contribuire alla tal campagna di solidarietà. Sarà capitato a tutti di vedere tra gli scaffali del supermercato il nome di organizzazioni no profit associato al nostro panettone preferito, o come non pensare al video dei protagonisti, del noto programma televisivo le iene, che in questi giorni è il primo nella classifica di iTunes, e il cui ricavato andrà in beneficenza ai bambini del reparto pediatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. E fin qui nulla di sbagliato, un modo come un altro per unire l’utile al dilettevole, penserete in molti, ma il nostro spirito controcorrente vuole offrirvi un’ulteriore chiave di lettura Le aziende “for profit” da tempo hanno intercettato la crescente attenzione alle cause sociali dei loro consumatori, mettendo in pista delle vere e proprie campagne di co-marketing filantropico, che ovviamente durante il periodo natalizio si accendono come le luci dell’albero, complice il generale buonismo che sottende a tale festa. Una delle prime esperienze tutte italiane risale al 1987 e porta la firma della Procter & Gamble con l’iniziativa Missione Bontà legata al marchio Dash. L’idea dei mattoncini della solidarietà (“mille lire per un mattone” era il claim dell’iniziativa) per la realizzazione di un villaggio per ragazzi in Kenia, colpì positivamente i consumatori italiani, che decretarono il successo dell’iniziativa. Quando parliamo di co-marketing filantropico,infatti, intendiamo riferirci ad una particolare partnership tra aziende for profit e organizzazioni no profit Le prime, sostenendo le attività di organizzazioni no profit mirano consapevolmente a specifici obiettivi di business, come ad esempio il miglioramento dell’immagine di un prodotto/servizio e le relative vendite, l’aumento della fedeltà al brand, o ancora il raggiungimento di nuove nicchie di mercato. In buona sostanza, spogliato di qualsiasi abito e o etichetta anglosassone, trattasi di mera pubblicità d’immagine indiretta, che si appella alla consapevolezza di un consumatore sempre più critico e attento all’etica e ai valori sociali che l’azienda incarna. In altre parole il consumatore sempre più spesso, opera una scelta di appartenenza, premia l'azienda con cui si identifica, di cui condivide le azioni sociali, ecologiche o similari, mentre ha imparato a boicottare quelle aziende che utilizzano i suoi soldi per investire in attività a lui contrarie sotto il profilo etico; l’impresa dal canto suo evidentemente, sostiene iniziative sociali per ragioni di natura “commerciale indiretta”, con l’intento di migliorare il proprio posizionamento competitivo attingendo alle risorse immateriali. E allora, se le cose stanno così, la filantropia è solo un mezzo e non il fine ultimo dell’iniziativa; e oggi come ieri, la filantropia può essere uno strumento per comprarsi una rispettabilità, che tradotta nel linguaggio 2.0 si chiama brand reputation o anche per coprire le proprie malefatte. Innumerevoli i casi di imprenditori che finiti sotto la lente di ingrandimento della giustizia e dei media, per scorrettezze di varia natura, hanno tentato di rilanciare la propria immagine e quella dell’azienda, orchestrando campagne filantropiche sapientemente mediatizzate. Insomma il nome c’è, i buoni propositi anche, ma posta in questi termini, sembra che parlando di marketing filantropico, nulla sia cambiato rispetto ai primi anni novanta quando il concetto di marketing iniziava a diffondersi nelle aziende e nelle business school, accolto da un indubbio successo, ma anche da una buona dose di diffidenza da parte dell’opinione pubblica. Un mondo che affascinava da un lato, ma che mostrava anche un'altra faccia della medaglia, affollata di ‘persuasori occulti’ pronti a far leva sui bisogni, sulle preferenze, e sui meccanismi mentali dei consumatori per rispondere a logiche becere di produttività e consumismo. Pertanto ci domandiamo: perché aspettare Natale per iniziative di co-marketing filantropico? La solidarietà fa bene tutto l’anno, a condizione che tali azioni vengano inserite in una strategia integrata di Responsabilità Sociale dell’azienda, e non una tantum. Le aziende in qualità di soggetti inseriti in un sistema più ampio, e il cui operato impatta in maniera determinante sul benessere economico, sociale e ambientale, non possono sottrarsi a certe responsabilità. Chiamate a contribuire al progresso della società e alla tutela dell’ambiente, devono far proprie tali preoccupazioni nelle proprie politiche aziendali e nelle interazioni con tutti i soggetti esterni coinvolti. Lo scenario che fa da sfondo al rapporto tra imprese e consumatori ha subìto negli ultimi anni una serie di mutamenti, che hanno cambiato profondamente il ruolo degli stessi attori: una forte contrazione della domanda, l’aumento della facilità di fruizione di contenuti web e la diffusione di social network come Facebook, Twitter, Linkedin, Instagram e Pinterest hanno reso le persone sempre più informate e consapevoli e la comunicazione proattiva e partecipativa. La combinazione di queste “forze centrifughe” richiede che il Marketing, affinché l’azienda possa rispondere alla sua mission economico –sociale ambientale - divenga arbitro di eccezione nel dialogo tra etica e produttività, tra valori umani e valori economici. Questa è la nuova sfida a cui il Marketing è chiamato a rispondere. Tuttavia, il salto è possibile solo in quelle aziende che sono capaci di coinvolgere tutte le funzioni sotto il cappello comune della Responsabilità Sociale. Solo se i principi dell’etica del lavoro, della tutela dell’ambiente e della sostenibilità e ancora del benessere sociale saranno stati interiorizzati in maniera diffusa e a tutti i livelli dell’azienda, allora il cambio di paradigma nelle strategie di marketing sarà una conseguenza naturale. Non dimentichiamo che il content marketing è il principale strumento a disposizione delle aziende per parlare con il pubblico, instaurare un dialogo costante e aperto con il proprio ambiente interno ed esterno. Vorremmo aggiungere senza voler fare pubblicità al nuovo libro di Morici, che è possibile ‘fare marketing rimanendo brave persone’. Come? parlando alle persone prima che ai consumatori, sostituendo a uno stile a tutti i costi impositivo, un stile positivo, ispirando e creando nuovo senso e valori attraverso la propria narrazione!