V POSITIVISMO SOCIALE E UTILITARISMO JOHN STUART MILL In diretta dipendenza dall’utilitarismo di Jeremy Bentham (1748-1832), in Inghilterra il positivismo sociale è rappresentato in John Stuart Mill (1803-1873), che muove una critica radicale all’assolutismo filosofico e sociale su base logica (critica alla logica tradizionale e, in particolare, al sillogismo) per recuperare la dimensione della libertà umana contro le tendenze reazionarie resesi esplicite nelle teorie politiche di Comte. In particolare, la non implicazione deterministica della possibilità di predizione scientifica si riflette sulla non implicazione deterministica della possibilità di previsione del comportamento umano. John Stuart Mill (1806-1873) - System of Logic (1843) - Principles of political economy (1848) - On Liberty (1859) Stuart Mill affronta il problema dell’impedimento della libertà e dello sviluppo dell’uomo. L’ordine fisso appare contro il divenire della realtà; se l’uomo è storia e la realtà è progresso, come mantenere l’ordine? Nega gli universali e assume una posizione di nominalismo. Non esiste essenza comune (pretesa di trovare l’immutabile nella realtà, che invece è diveniente), ma solo l’individuo. Ciò si traduce nella negazione di un punto stabile nella realtà: non c’è una natura umana, che è solo una convenzione (grande problema a cascata della caduta degli universali). L’essere degli individui è isolato dagli altri. Ognuno è natura a sé e deve avocare diritti a sé. Tutti gli elementi e i dati conoscitivi sorgono da constatazioni empiriche. Perfino il principio di non contraddizione è intaccato da questa instabilità empirica, giacché la conoscenza è sempre passaggio da particolare a particolare, con procedura per lo più induttiva, che però non può offrire una conoscenza vera e completa. L’induzione non ha perciò valore veritativo, e non vi è alcuna necessità in alcuna affermazione filosofica e scientifica (e nei loro modelli previsionali); la previsione è operata da una scienza che non può, in ultima analisi, prevedere una realtà che non è stabile. L’intento di Stuart Mill è di salvare, con ciò, il sentimento di libertà, e la dimensione umana del divenire. Nella dimensione etica di questo divenire, Stuart Mill dice che l’uomo tende: - al massimo del piacere; - alla minimizzazione del dolore. La felicità altrui è allora possibile nella misura in cui non lede il mio piacere. Il destino della società è il progresso della società. 23