2 Sottospazi vettoriali Un primo modo per costruire spazi vettoriali non banali è quello di considerare sottoinsiemi di uno spazio vettoriale assegnato, ereditando quindi le operazioni definite nello spazio vettoriale più grande. Dato uno spazio vettoriale V , si dice che W ⊆ V è un sottospazio vettoriale di V se a sua volta W risulta spazio vettoriale rispetto alle stesse operazioni definite in V , che in modo naturale si restringono a W . Nel seguito per denotare il fatto che W è sottospazio vettoriale di V verrà anche usata la notazione W ≤ V . Si osservi che se W ≤ V necessariamente, per definizione, si deve avere: 1) v1 + v2 ∈ W per ogni v1 , v2 ∈ W . 2) il vettore 0 sta in W . 3) per ogni v ∈ W si ha −v ∈ W . 4) per ogni λ ∈ K e per ogni v ∈ W si ha λv ∈ W . Esempio. Sia V = R2 con le operazioni definite componente per componente (vedi esempi precedenti). Sia W = {(x, y) ∈ V : x2 + y 2 = 1}. Allora W non è sottospazio di V : infatti basta osservare che v1 = (1, 0) ∈ W , v2 = (0, 1) ∈ W ma v1 + v2 = (1, 1) ∈ / W. Appare naturale la necessità di stabilire dei criteri che consentano di dire quando un sottoinsieme di un dato spazio vettoriale V risulti un sottospazio vettoriale. Primo criterio. Sia V uno spazio vettoriale; allora W ⊆ V è sottospazio di V se e solo se W 6= ∅ e 1) per ogni v1 , v2 ∈ W si ha v1 + v2 ∈ W . 2) per ogni λ ∈ K e per ogni v ∈ W si ha λv ∈ W . Dimostrazione. Se W è sottospazio vettoriale allora 1) e 2) sono già state osservate. Siano invece verificate 1) e 2). Allora le operazioni di somma e prodotto per scalare sono interne a W e verificano tutte le proprietà di spazio vettoriale, poichè le verificano in V . Inoltre il vettore 0 sta in W poichè se v ∈ W allora 0 · v = 0 ∈ W . Infine per ogni v ∈ W si ha (−1) · v = −v ∈ W . Esempio. Sia V = K2 ; sia W = {(x, y) ∈ V : x + 2y = 0}. Allora W è sottospazio vettoriale di V . Infatti siano v1 = (x1 , x2 ) e v2 = (y1 , y2 ) due vettori in W ; allora x1 + 2x2 = 0 e y1 + 2y2 = 0. Consideriamo v1 + v2 = (x1 + x2 , y1 + y2 ); allora si ha x1 + x2 + 2(y1 + y2 ) = x1 + 2x2 + y1 + 2y2 = 0 + 0 = 0 4 per cui v1 + v2 ∈ W . Se λ ∈ K e v = (x1 , x2 ) ∈ W allora λv = (λx1 , λx2 ) e λx1 + 2λx2 = λ(x1 + 2x2 ) = 0 da cui λv ∈ W . Per il primo criterio W ≤ V . Secondo criterio. Sia V uno spazio vettoriale; allora W ⊆ V è sottospazio di V se e solo se W 6= ∅ e λ1 v1 + λ2 v2 ∈ W per ogni λ1 , λ2 ∈ K e per ogni v1 , v2 ∈ W . Dimostrazione. Sia W sottospazio vettoriale di V . Allora per il primo criterio λ1 v1 , λ2 v2 ∈ W ; ancora per il primo criterio λ1 v1 + λ2 v2 ∈ W . Viceversa sia λ1 = λ2 = 1; allora per ipotesi si ottiene v1 + v2 ∈ W . Scegliendo λ2 = 0 si trova λ1 v1 ∈ W ; in modo analogo si trova λ2 v2 ∈ W che conclude la dimostrazione. Nell’enunciato del secondo criterio appare l’espressione λ1 v1 + λ2 v2 detta anche combinazione lineare di v1 e v2 . Lo studio delle combinazioni lineari sarà molto importante per una definizione di importanza capitale in algebra lineare, che sarà quella di dimensione di uno spazio vettoriale. 5