WORKSHOP
LA DIETA ITALIANA MEDITERRANEA DI RIFERIMENTO:
MODELLO DI PREVENZIONE DELLE MALATTIE CRONICODEGENERATIVE
28 Marzo 2015
Sala “Ambulacro della letteratura” Palazzo dei Congressi
La della dieta mediterranea come modello della Medicina 4P (Predittiva, Preventiva, Personalizzata,
Partecipativa)
Prof.ssa Laura Di Renzo
Sezione di Nutrizione clinica e Nutrigenomica, Università degli studi di Roma Tor Vergata
Nella seduta plenaria del Segretario Generale dell’UNESCO, svoltasi a Nairobi il 17 novembre
2010, la Dieta Mediterranea è stata ufficialmente iscritta nella Lista Rappresentativa del
Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Tale riconoscimento è stato motivato dalla
considerazione che la Dieta Mediterranea è il risultato di una storia millenaria di scambi,
acquisizioni e adattamenti transnazionali, oltreché il frutto di una serie di abilità conoscenze e
tradizioni volte a ottenere il cibo dalla natura per farlo arrivare direttamente sulle tavole.
Inoltre, lo stesso riconoscimento è stato suffragato dal fatto che nei territori transnazionali
prospicienti il bacino del Mediterraneo le pratiche dell’orticultura e della pesca, la cucina, le
modalità di conservazione e di consumo degli alimenti, ma anche le feste e le ritualità a esse
associate, costituiscono i segni di un reciproco riconoscimento tra società distinte ma non
diverse nel loro modello culturale di base. Un modello che, assegnando all’ospitalità, alla
solidarietà e al dialogo una funzione integrativa di primissimo piano e basandosi su
procedimenti di trasmissione generazionale nei quali l’oralità gioca un ruolo importante nel
tramandare e condividere i valori comuni della cultura, è stato considerato meritorio di essere
patrimonializzato.
Purtroppo però le notevoli modificazioni indotte nello stile di vita moderno, con un forte
impatto sul comportamento nutrizionale, verosimilmente per l’acquisizione di modelli
dietetici impropri, concorrono all’aumento delle patologie croniche non trasmissibili, a
dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare in conseguenza del miglioramento degli standard
di vita, dell’espansione e della diversificazione della disponibilità di alimenti, dell’aumento
dell’accesso ai servizi. Per realizzare un’indispensabile, profonda, inversione di tendenza,
considerate le difficoltà (se non l’impossibilità) a tornare agli schemi alimentari del passato,
occorrerebbe innanzitutto diventare consumatori capaci di scegliere perché consapevoli e
informati.
A partire da queste considerazioni con cui l’UNESCO ha ritenuto di dover accogliere la Dieta
Mediterranea come bene comune dell’umanità, l’obiettivo della relazione sarà quello di
dimostrare che, tra gli interventi nutrizionali, la dieta mediterranea, insieme ad un
terapeutico cambiamento dello stile di vita (TLC), assomma il miglior rapporto costi-benefici.
E’ provato dall’evidenza scientifica e si sta radicando nella percezione dei consumatori che
un’alimentazione sana è necessaria per mantenere e raggiungere lo stato di salute. Per
coniugare salute e buona tavola bisogna ricordare che alimentarsi in modo sano vuol dire
prediligere prodotti di qualità, tradizionali, del territorio e possibilmente biologici, aumentare
il consumo di frutta fresca e in guscio, di verdura di stagione, condire con olio extra vergine di
oliva, scegliere vino di qualità e consumarlo quotidianamente con moderazione, ridurre la
quantità di sale, di grassi saturi e di zuccheri raffinati. Solo così è possibile garantire
un’efficace azione per la prevenzione di patologie cronico-degenerative, fondamentale per la
longevità e qualità della vita. La prova scientifica per definire i criteri di qualità e sicurezza di
un’alimentazione ideale viene dai numerosi lavori pubblicati sui risultati delle ricerche
condotte sul ruolo della Dieta Mediterranea Italiana di Riferimento, del gruppo diretto dal
Prof. Antonino De Lorenzo.
Il ruolo preventivo sulle malattie cronico degenerative era stato evidenziato nel ‘57 dallo
Studio Cooperativo Internazionale di Epidemiologia della Cardiopatia Coronarica (Seven
Country Study), successivamente confermato dagli studi negli anni ’60-‘90 del Prof. A. Fidanza
e negli anni ’90-2010 del Prof. A. De Lorenzo, svoltosi in quegli anni nella città di Nicotera
(Vibo Valentia). Gli alimenti considerati nelle Filiere di frutticoltura, olivicoltura, orticoltura e
colture erbacee da pieno campo rappresentano la colonna portante del regime alimentare
noto come “Dieta Mediterranea”, generalmente adottato, sebbene con numerose varianti, nei
paesi che si affacciano sul bacino del Mar Mediterraneo e fra questi l’Italia. L’idonea
combinazione degli alimenti secondo l’Indice di Adeguatezza Mediterranea (IAM: rapporto
tra % energia totale da pane, cereali, legumi, patate, vegetali, frutta, pesce, vino rossa, olio
d’oliva/ latte, formaggio, carne, uova, grassi animali, bevande dolci, dolci e zuccheri), gli Indici
di Qualità Nutrizionale (aterogenicità, trombogenicità, colesterolo saturo, indice glicemico,
rapporto tra protidi vegetali/animali, grassi mono-polinsaturi/ saturi) e la misura della
capacità antiossidante (unità ORAC, TRAP, FRAP), permette di prevenire le inadeguatezze
nutrizionali per eccesso o difetto. I rapporti tra i macronutrienti energetici rispondono a
quelli riconosciuti come adeguati, cioè 12-15% dell’energia totale da proteine, 25-30% da
lipidi e la restante quota da carboidrati.
In tempi recenti il ruolo della medicina è profondamente cambiato, orientandosi in maniera
sempre più decisa verso la prevenzione delle malattie ed il mantenimento dello stato di salute.
Nel corso degli anni la ricerca in campo nutrizionale si è così focalizzata sull’analisi della
relazione tra lo stato di salute della popolazione singoli ed i componenti bioattivi della Dieta
Mediterranea, con proprietà nutraceutiche in grado di influenzare l’aspettativa di vita in base
al profilo genetico e quadro metabolico dell’individuo (De Lorenzo 2006; Hu FB. 2002; Moller
2008).
Un confronto tra diversi modelli dietetici e la dieta mediterranea, dimostra che non è tanto la
distribuzione delle calorie tra i nutrienti a fare la differenza quanto la capacità di questi
modelli di essere mantenuti per lungo tempo e nessuno risulta più gradito, e quindi
mantenuto senza sacrificio, della dieta mediterranea. Numerose evidenze scientifiche
dimostrano l’effetto benefico e preventivo della dieta mediterranea sullo stato infiammatorio
e stress ossidativo, e quindi sul controllo delle patologie cronico degenerative, in particolare
patologie cardiovascolari, metaboliche e tumori, evidenziando una stratta relazione tra dieta e
longevità (Shahar 2006). Una maggiore aderenza al regime dietetico mediterraneo è associata
ad un miglioramento dello stato di salute, come dimostrato da una significativa riduzione
della mortalità totale (9%), della mortalità per malattie cardiovascolari (9%), dell’incidenza di
mortalità per cancro (6%) e dell’incidenza della malattia di Parkinson e di Alzheimer (13%)
(Sofi 2008; Bouckland 2009; Chrysohoou 2004). La perdita di peso dieto-indotta comporta
benefici in termini di composizione corporea, con perdita significativa di massa grassa ma non
magra e riduzioni nei fattori di rischio cardio-metabolici, ovvero insulina, colesterolo totale e
LDL, acido urico e fibrinogeno. Lo stesso intervento nutrizionale, associato ad un programma
di esercizio fisico, determina dopo 4 mesi il mantenimento della massa cellulare
metabolicamente attiva (metodica bioimpedenziometrica, BIA) e una significativa riduzione
del peso e della massa grassa, tale da garantire una riduzione del rischio cardiometabolico (De
Lorenzo 2001).
La promozione della DM nei pazienti affetti da sindrome metabolica (SM) è associata anche al
miglioramento della funzione endoteliale, soprattutto in presenza di obesità addominale, alla
riduzione dello stress ossidativo e miglioramento dell’insulino-sensibilità, significativa
riduzione dei markers di flogosi vascolare e minore progressione dell’insufficienza renale sia
nei soggetti normali che in quelli con avanzata insufficienza renale cronica (Alberti 2006;
Grattagliano 2008, Di Daniele 2014).
In uno studio condotto presso i laboratori di genomica nutrizionale dell’Università degli studi
di Roma “Tor Vergata” abbiamo osservato un’alta riduzione della prevalenza della SM dopo
soli 6 mesi di intervento dietetico (65% negli uomini e 39% nelle donne), senza significativa
implementazione dell’attività fisica. I risultati nettamente migliori rispetto a precedenti studi,
potrebbero essere dovuti in parte ad alcune peculiarità metodologiche, quali frequenti visite
cliniche, la presenza attiva di uno specifico gruppo di personale altamente qualificato e
dedicato, con conseguente alto grado di motivazione a seguire il piano nutrizionale, in parte
all’utilizzo della DM di riferimento, ricca in frutta, vegetali, legumi, pesce e cibi a basso
contenuto lipidico (Di Daniele 2014).
L’efficacia della Dieta Mediterranea Italiana Biologica (Italian Mediterranean Organic Diet,
IMOD) è stata dimostrata in soggetti sani, preobesi/obesi e affetti da insufficienza renale
cronica, nonché nella riduzione del rischio cardiovascolare (De Lorenzo 2006; Di Renzo L.
2007).
Per “Dieta Mediterranea Italiana Biologica” (Italian Mediterranean Organic Diet, IMOD) si
intende una dieta equilibrata in cui prevalgono alcuni gruppi di alimenti tipici mediterranei
provenienti da agricoltura biologica: cereali, legumi, ortaggi, frutta fresca e secca, olio vergine
di oliva, prodotti della pesca, e come bevande alcoliche vino rosso. L’idonea combinazione,
qualitativa e quantitativa, di questi alimenti permette di prevenire le inadeguatezze
nutrizionali per eccesso e per difetto e fornisce nutrienti e componenti alimentari dotati di
elevati effetti protettivi.
I risultati ottenuti dalle ricerche indicano che il consumo di prodotti biologici, in un regime
dietetico mediterraneo, può garantire un’efficace azione antiossidante in grado di contrastare
gli effetti dei radicali liberi e diminuire i processi infiammatori, azioni importanti per la
prevenzione di patologie cronico - degenerative. Un piano alimentare adeguato alla Dieta
Mediterranea Italiana di Riferimento, ben bilanciato e basato solo su alimenti biologici, oltre a
preservarci da concimi e pesticidi, migliora alcuni parametri ematici rispetto ai prodotti
convenzionali: diminuisce i fattori infiammatori (citochine pro-infiammatorie), riduce i
marker di stress ossidativo (lipidi idroperrosidi e metaboliti dell’ossido di azoto) e di rischio
cardiovascolare (omocisteina e profilo lipoproteico).
Diversi studi dimostrano che il cambiamento delle scelte alimentari verso cibi salutari non
comporterebbe una maggiore spesa economica, e non rappresenterebbe, di conseguenza, una
barriera verso l’adozione di stile di vita salutari. In particolare, gli interventi nutrizionali che
promuovono la dieta mediterranea non implicano un aumento della spesa alimentare: la
promozione di una dieta a bassa densità calorica, l’utilizzo prevalente di legumi, cereali, frutta,
verdura, ortaggi, erbe selvatiche, consentirebbero, infatti, una riduzione dei costi della spesa
alimentare giornaliera, determinando una migliore distribuzione del budget monetario tra i
diversi gruppi alimentari.
Analisi economiche, a supporto delle pianificazioni sanitarie, politiche ed economiche,
dimostrano che, tra gli interventi nutrizionali, la dieta mediterranea, insieme al cambiamento
dello stile di vita (TLC), assomma il miglior rapporto costi-benefici. I cambiamenti intensivi di
stile di vita per la prevenzione del diabete hanno un costo differenziale di 604 $ ed un
rapporto costo/beneficio di 7100 $. Gli interventi di prevenzione con la Dieta Mediterranea,
mostrano benefici per tutte le cause di mortalità ed in particolare per patologie cardiache ed
hanno un costo differenziale di 215 $ ed un rapporto costo/beneficio di 2500$ per eventi non
fatali. Il costo per anno di vita è: 1) terapia farmacologica con beta-bloccante o statine 13003900$; 2) bypass coronarico 20.200 $; 3)Dieta Mediterranea 703 $.
In Italia si calcola che oltre il 35% della popolazione generale presenta almeno una patologia
cronico-degenerativa, con percentuali maggiori nelle regioni del Meridione (oltre il 40% in
Basilicata, Sardegna e Calabria), con significative ricadute su maggiori spese sanitarie
sostenute dalle Regioni. Nel 2010 la spesa sanitaria pubblica è stata circa il 7.3% del PIL
nazionale (circa 113,5 miliardi di euro, circa 1.850 euro annui per abitante), con una
previsione al 2050 di un incremento fino al 9.7% del PIL (281,5 miliardi di euro). La
personalizzazione del rischio e della cura apre la porta ad una nuova forma di sanità definita
come “prospective health care”, che incorpora il potere dell’attuale medicina reattiva,
orientata alla cura della malattia, in un approccio proattivo, che definisce un piano di
prevenzione e cura sulla base della accurata predizione del rischio individuale.
Il concetto della medicina 4P (Predittiva, Preventiva, Personalizzata e Proattiva) nasce dal
grande sviluppo delle scienze omiche e dalla potenziale identificazione di tutte le
caratteristiche genetiche di un individuo, nonché dall’innovazione tecnologica che mette a
disposizione sempre più efficienti biomarcatori clinici, rendendo così possibile una efficace
predizione del futuro stato di salute/malattia.
La definizione di “Medicina personalizzata” contiene il concetto della individualizzazione
dell’intervento medico sulla base delle caratteristiche specifiche di ciascun paziente, ma anche
quello del fondamento dell’individualizzazione sulle caratteristiche genetiche dell’individuo,
attraverso una diagnostica basata sulla genomica ed una terapeutica rivolta a bersagli
geneticamente definiti. Come conseguenza vi è la necessità di una partecipazione consapevole
ed attiva, per l’adozione di stili di vita e di comportamenti sanitari virtuosi, anche in termini di
monitoraggio del rischio, spesso unici o i decisivi interventi efficacemente preventivi.
Se la medicina reattiva si dedica alla cura di malattie croniche, piuttosto che ritardarne la
progressione, la medicina predittiva si applica fondamentalmente ad individui sani, ed il suo
scopo non è solo la guarigione come per la classica medicina curativa, quanto piuttosto la
conservazione dello stato di salute. Mentre la medicina preventiva si fonda sull’epidemiologia,
e quindi si applica all’intera popolazione, la medicina predittiva è personalizzata, essendo
rivolta all’individuo, e deve necessariamente operare attraverso il connubio tra la valutazione
obiettiva del soggetto in esame, quale la valutazione della composizione corporea, quella
biochimico clinica e le prove funzionali, e lo studio genetico e genomico.
La costruzione di un piano strategico di mantenimento della salute e di controllo
dell’evoluzione della malattia, nel senso di una prevenzione globale, richiede una precisa
visione teorica e strumenti adeguati. Le conoscenze genetiche e fenotipiche aiutano a definire
una corretta personalizzazione sia della prevenzione che della cura.
I predittori demografici, anamnestici e clinici mantengono un loro valore ma hanno bassa
specificità: accuratezze cliniche, di norma, inferiori al 90%. I predittori genotipici stabili
presenti nel DNA (geni e SNPs), determinati alla nascita, possono identificare gli individui che
necessitano di adeguata sorveglianza. I predittori dinamici (mRNA e biomarcatori proteomici
o metabolici) possono essere utilizzati per predire il tempo della comparsa del rischio,
segnandone la progressione e guidando le scelte terapeutiche.
Tale predizione, e la conseguente definizione dei rischi e della suscettibilità individuale,
consente una concreta prevenzione, intesa sia come diagnosi precoce (screening), sia come
tentativo per evitare o rallentare il passaggio da salute a malattia (prevenzione primaria), sia
come intervento nella malattia conclamata per contrastare le complicanze (prevenzione
secondaria).
Mentre lo screening clinico permette la diagnosi precoce in individui già ammalati, seppur
asintomatici, lo screening genetico permette di individuare soggetti clinicamente sani, ma
suscettibili ad ammalare per una determinata condizione. Permette in altri termini di fare una
diagnosi di probabilità. L’innovazione della medicina predittiva consiste quindi nel poter
conoscere la suscettibilità individuale alle malattie, e di operare per far sì che non si
manifestino, o per procrastinarne l’insorgenza.
La principale applicazione della medicina preventiva nel campo della nutrizione consiste nel
definire le raccomandazioni nutrizionali ottimali per prevenire le patologie e promuovere la
salute nei vari stadi della vita, sia nella popolazione generale che negli individui con un
elevato rischio per specifiche patologie (patologie cardiovascolari, cancro, ipertensione e
diabete).
La medicina predittiva applicata alla Scienza dell’Alimentazione è dunque un approccio
complesso, derivante dall’interazione tra tecnologie laboratoristiche, identificazione dei
fattori di rischio (fenotipici, genetici e ambientali), al fine di delineare la storia clinica del
soggetto e rallentarne e/o abolirne l’insorgenza e la progressione, suggerendo stili di vita e
dietoterapie personalizzate.
I risultati degli studi di Di Renzo et al. mostrano come grazie alle nuove discipline –omiche
(Nutrigenetica, Nutrigenomica,) si ha oggi la possibilità di prevenire l’evento patologico,
partendo dalla somministrazione di piani nutrizionali non più su mere basi empiriche, ma
sulla profonda conoscenza dell’individuo, a partire dallo studio della sua struttura molecolare,
dalla sua genetica e dalla regolazione di geni legati allo stato infiammatorio e alla stress
ossidativo: non più rimedi di una situazione di dissesto biofisico ormai instauratasi, bensì essi
stessi facenti parte di un globale processo di profilassi della malattia.
Bibliografia:
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Libri di testo:
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nell’osteoporosi. PETRAMALA L., DI RENZO L., MONTELEONE G., BIANCHI A.,
SERGI S., JACOANGELI F., RIZZO M., SARLO F., DOMINO E., PERRONE A.,
IACOPINO L., DE LORENZO A. Rivista di Patologia dell’Apparato locomotore. Vol.IX.
Fasc. 1-2010. ISSN: 0394-0772
 Mangiare all'italiana, nutrirsi mediterraneo. Saperi e pratiche alimentari tra cultura, salute e
territorio. Laura Di Renzo, Ernesto Di Renzo, Emilio Dominio, Francesca Sarlo, Francesca
Dragotto, Alberto Carraro, Antonino De Lorenzo. Editore UniversItalia. 2012 ISBN 978-886507-298-1
 Nutrire Per Prevenire. Quali nuovi parametri di rischio nutrizionale? A cura di Antonino De
Lorenzo e Laura Di Renzo. Working paper Progetto SABIO, Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali (D.M. 908001 del 26 maggio 2004). 1° Edizione Novembre 2006.
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 “Ruolo della Dieta Mediterranea biologica sullo stato di salute” a cura di Antonino De
Lorenzo e Laura Di Renzo. Progetto SABIO, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
(D.M. 908001 del 26 maggio 2004). ISBN 978-88-8145-145-6. Giugno 2009. 2° Edizione.
UniversItalia, 2012. ISBN 978-88-6507-297-4.
 “Valorizzazione della qualità Salutare e Nutraceutica della nocciola: la corilicoltura tra
prassi produttivo territoriali, usi gastronomico-alimentari e patrimonializzazione della
memoria locale” a cura di Laura Di Renzo e Antonino De Lorenzo. 2012. Casa editrice
Universitalia. ISBN:9788865074725
 La filiera delle piante officinali, a cura di Maria Laura Colombo, Stefania Dalfrà, Alberto
Manzo, Luisa Pistelli e Laura Di Renzo. UniversItalia, 2014. ISBN 978-88-6507-502-3