la prima guerra mondiale - i nostri tempi supplementari

Le cause della guerra
Si parla di "grande guerra" a causa del numero dei paesi belligeranti, del
nuovo tipo di combattimenti e delle nuove armi, la complessità delle
cause, il numero elevatissimo di perdite umane sia militari che civili, le
fratture provocate all'interno di ciascun paese, lo stato di prostrazione
di tutti i contendenti alla fine del conflitto, i grandi mutamenti prodotti
sulla scena internazionale.
La causa occasionale della guerra fu l'eccidio di Sarajevo (28 giugno
1914), in cui trovarono la morte l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al
trono d'Austria, e la moglie, per opera dell'irredentista serbo Gavrilo Princip. Ma
le vere cause della guerra furono più remote e complesse.
1) Il contrasto tra Germania e Inghilterra - Il contrasto tra le ambizioni
dell'imperialismo franco-britannico e quello tedesco per la divisione
delle aree di influenza economica fu la prima fondamentale causa della
guerra. La Germania infatti era impegnata nella penetrazione commerciale
e finanziaria nell'Europa sud-orientale e nell'impero Ottomano; ma la
creazione di un asse di egemonia economica tedesca attraverso l'Europa,
intimoriva Francia e Russia e soprattutto minacciava gli interessi britannici
nel Medio Oriente. Manifestazione della rivalità anglo-tedesca fu il piano di
riarmo e il potenziamento della flotta, con cui la Germania intendeva
insidiare la supremazia navale britannica. Anche l'Inghilterra si impegnò
di conseguenza nella corsa agli armamenti.
2) Il contrasto franco-tedesco - Vi era innanzitutto la volontà di rivincita
della Francia, che mirava a riprendere alla Germania l'Alsazia e la
Lorena, a cui corrispondeva un analogo sentimento da parte tedesca per la
conclusine delle crisi marocchine del 1906 e del 1911. In quel frangente la
guerra tra Francia e Germania venne evitata da un compromesso voluto
dall'Inghilterra, che frustrò le ambizioni dei Tedeschi, costretti a
riconoscere il protettorato francese sul Marocco in cambio di una
piccola porzione del territorio del Congo francese.
3) Il pangermanesimo del Reich - La Germania mirava a estendere la sua
frontiera orientale fino a comprendere i territori sul Mar Baltico e la
Polonia russa in una grande Mitteleuropa tedesca.
4) L'irredentismo italiano - L'Italia era opposta all'Austria per la questione
delle terre irredente di Trento e Trieste e per il controllo dell'Adriatico.
5) Il contrasto austro-russo e l'irredentismo nei Balcani - Il declino
dell'Impero Ottomano nei Balcani alimentava gli appetiti delle varie
potenze, ponendo in contrasto l'espansionismo austroungarico con quello
della Russia, che si atteggiava a protettrice naturale dei popoli slavi. In
quest'area le due guerre balcaniche del 1912-13 portarono al
rafforzamento della Serbia e alimentarono la volontà di rivincita
dell'Austria che si sentiva minacciata.
Prima anno di guerra - 1914
L'ultimatum della Serbia e lo schieramento delle potenze
L'Austria colse l'occasione dell'attentato avvenuto a Sarajevo per una guerra
limitata contro la Serbia, è il 23 luglio presentò un ultimatum a Belgrado,
chiedendo, tra l'altro, la partecipazione di rappresentanti austriaci al processo
contro l'organizzazione nazionalista serba Mano nera, responsabile
dell'attentato; Princip era infatti cittadino bosniaco e, come tale, suddito
austroungarico. Questa richiesta venne respinta dai Serbi e il 28 luglio
l'Austria dichiarò guerra alla Serbia.
La Germania, da tempo orientata a muovere una guerra preventiva alla
Francia per fiaccarne le potenzialità belliche e quindi rivolgersi verso oriente
contro la Russia, assicurò subito pieno appoggio all'alleata Austria.
Il 1 agosto la Germania dichiarò guerra alla Russia, provocando l'entrata
in guerra della Francia, alleata dello zar.
Subito i Tedeschi, mettendo in atto il piano Schlieffen, cercarono di aggirare
le difese francesi invadendo il Lussemburgo e violando la neutralità del
Belgio.
L' Inghilterra, che si era adoperata per la mediazione di fronte alla minaccia
alla propria sicurezza costituita dal passaggio delle coste belghe in mano
tedesca, entrò in guerra il 3 agosto a fianco di Francia e Russia.
L'Italia, ancora legata alla triplice alleanza e quindi a Germania e Austria, si
dichiarò neutrale il 3 agosto, forte del fatto che la triplice aveva carattere
difensivo, mentre non c'era dubbio che in questo caso l'aggressore fosse
l'Austria.
Anche la Turchia, legata agli imperi centrali, dichiarò inizialmente la propria
neutralità, ma nel novembre venne coinvolta nel conflitto dalla
dichiarazione di guerra delle potenze dell'Intesa.
Con il limitato obiettivo di appropriarsi dei possedimenti tedeschi in Cina e
nell'Oceano pacifico, il Giappone dichiarò guerra alla Germania (agosto
1914), dando così dimensione mondiale al conflitto.
L'andamento delle operazioni belliche
Sul fronte occidentale la guerra cominciò con notevoli successi per le truppe
tedesche, che penetrarono in pochi giorni in Francia, assestandosi a 40 km
da Parigi.
Tuttavia la controffensiva delle armate francesi sferrata sulla Marna il 6-12
agosto, interruppero l'avanzata tedesca determinando il fallimento del
piano Schliffen e provocando la sostituzione del comandante.
I primi sei mesi del conflitto sono caratterizzati dalla guerra di movimento,
i restanti 4 anni la guerra diventa di trincea.
La prevista guerra lampo divenne così una logorante guerra di posizione,
con gli eserciti a fronteggiarsi nelle trincee lungo il fronte di circa 750 km tra
il mare del Nord e la Svizzera.
Tutta l'organizzazione economica, tecnica, scientifica e burocratica dei diversi
stati venne mobilitata e resa funzionale al conflitto, costituendo pertanto un
immenso fronte interno, mentre milioni di uomini furono impiegati nei nuovi
eserciti di massa e inviati a combattere nelle linee avanzate che formavano
così il fronte esterno.
Più fluide le operazioni sul vasto fronte orientale, dove le armate tedesche
imposero dure sconfitte al poco organizzato esercito zarista nella zona del
Baltico a Tannenberg (agosto) e nella battaglia dei Laghi Masuri
(settembre); l'offensiva austriaca in Galizia fu invece bloccata dai Russi
che penetrarono in Ungheria.
Le forze dell'Intesa e i loro alleati passarono all'offensiva in Africa, dove la
colonia tedesca del Togo cadde in mano inglese nell'agosto, mentre il
Giappone conquistò i possedimenti tedeschi nel Pacifico (isole Marianne,
Caroline, Marshall) e in Cina.
Secondo anno di guerra - 1915
Durante questo anno l'andamento del conflitto fu globalmente favorevole agli
imperi centrali.
Il fronte occidentale rimase sostanzialmente immobilizzato in una
estenuante guerra di logoramento in trincea lungo la linea tra le Fiandre, la
Marna e la Lorena; i combattimenti più intensi si verificarono a Ypres (aprilemaggio), quando i tedeschi fecero uso per la prima volta di gas tossici.
Più articolate furono invece le operazioni sul fronte orientale in Prussia e nei
Carpazi e soprattutto nei Balcani, teatro della progressiva penetrazione
austro-tedesca, facilitata anche dall'entrata nel conflitto della Bulgaria a
fianco degli imperi centrali.
Nel corso di una seconda offensiva nella zona dei laghi Masuri in febbraio, le
armate tedesche sconfissero duramente l'esercito russo facendo oltre
100.000 prigionieri e completando la conquista della Prussia Orientale.
Nel maggio successivo gli austro-tedeschi intrapresero quindi una più vasta
offensiva in Galizia, segnando con le battaglie di Gorlice e Tarnóv l'inizio
della disfatta dell'esercito russo, che sottoposto in luglio alla pressione di
un'altra offensiva su tutto il fronte, dal Baltico al fiume San in Galizia, si
vide costretto a evacuare la Polonia e la Lituania.
Tra ottobre e dicembre, attaccati contemporaneamente dalle truppe tedesche e
dalla Bulgaria, Serbia e Montenegro furono occupati dagli Imperi
centrali.
Nel tentativo di alleggerire la pressione sul fronte francese e su quello russo, le
forze dell'Intesa tentarono anche un attacco combinato per mare e per
terra alla Turchia per il controllo dei Dardanelli (gennaio-aprile);
l'operazione si rivelò tuttavia un fallimento e gli Inglesi persero la quasi
totalità del loro corpo di spedizione.
Un altro evento di grande importanza durante il 1915 fu l'inizio della guerra
sottomarina da parte della Germania, contro tutte le imbarcazioni che
incrociavano nella zona di guerra, come misura di ritorsione contro il blocco
imposto dalla flotta britannica alle coste tedesche.
Il risultato di maggior rilievo ottenuto dalle forze dell'Intesa nel corso del 1915
fu l'entrata in guerra dell'Italia, che aprì un nuovo fronte tra il Trentino
e il fiume Isonzo.
L'entrata in guerra dell'Italia
In Italia la dichiarazione di neutralità del 3 agosto 1914 provocò le accese
proteste degli interventisti, che costituivano un gruppo composito è
sostanzialmente minoritario dell'opinione pubblica, ma deciso e molto attivo.
L'articolato campo interventista comprendeva innanzitutto i nazionalisti, ma
anche settori liberali, repubblicani e socialisti dissidenti; vi era poi la
tendenza estremista degli interventisti rivoluzionari, tra i quali Mussolini,
i quali ritenevamo che una partecipazione alla guerra a fianco dell'Intesa
potesse accrescere il capitalismo e aprire la strada alla rivoluzione sociale.
Favorevoli al mantenimento della neutralità erano invece i socialisti, i
liberali di Giolitti, la maggior parte dei cattolici, la maggior parte dei
parlamentari e la maggior parte della popolazione.
Intanto il governo di Salandra aveva aperto trattative con l'Intesa, con la
quale stipulò il 26 aprile 1915 il Patto di Londra, concluso dal Ministro degli
Esteri Sonnino, che impegnava l'Italia a entrare in guerra entro un mese a
fianco di Inghilterra, Francia e Russia in cambio dei territori austriaci del
Trentino, Alto Adige, Istria, Dalmazia settentrionale, le città di Trieste,
Gorizia e Gradisca, la piena sovranità sul porto albanese di Valona,
oltre che compensi territoriali nelle colonie.
Per intimidire la Camera dei deputati, chiamata a ratificare il Patto di Londra,
gli interventisti inscenarono violente manifestazioni, così l'Italia, che il 3
maggio si era staccata dalla Triplice Alleanza, dichiarò guerra il 24
maggio all'Austria-Ungheria.
Il comando del fronte italiano fu affidato a Luigi Cadorna, che concentrò le
operazioni militari sul Carso, dove tra giugno e novembre furono combattute
le prime quattro battaglie dell'Isonzo.
Numericamente superiori ma scarsamente dotate di artiglieria e
mitragliatrici, le truppe italiane non riuscirono tuttavia a sfondare le difese
austriache e anche su questo fronte la guerra di movimento divenne presto
una logorante guerra di posizione in trincea.
Terzo anno di guerra - 1916
Dal punto di vista strategico gli avvenimenti bellici del 1916 volsero
leggermente a favore delle truppe dell'Intesa che sul fronte
occidentale, dove venne profuso il maggiore sforzo, contennero con
successo la pressione tedesca.
Sulla Mosa, intorno al saliente fortificato di Verdun, si combatté praticamente
per tutto l'anno la più aspra e sanguinosa battaglia di tutta la guerra, in
un incessante susseguirsi di cannoneggiamenti tedeschi e scontri tra fanterie,
che costarono complessivamente ai due eserciti circa 900.000 morti.
Per alleggerire la pressione su Verdun l'Intesa lanciò un'offensiva sulla Somme
(giugno-novembre), in cui gli Inglesi utilizzarono per la prima volta in modo
massiccio i carri armati e vennero effettuati bombardamenti e battaglie
aeree, senza tuttavia ottenere nessuna significativa conquista
territoriale.
Al largo della penisola dello Jütland si svolse l'unico scontro diretto tra
la marina militare inglese e quella tedesca (31 maggio-1 giugno).
I tedeschi vinsero la battaglia infliggendo perdite superiori ai nemici, tuttavia
l'andamento dello scontro rese evidente l'impossibilità da parte tedesca di
forzare il blocco navale inglese e conquistare la supremazia sui mari.
Sul fronte orientale l'offensiva russa portò alla riconquista di buona parte
della Galizia, ma le difficoltà dei trasporti e l'indisciplina dell'esercito russo non
permisero di avanzare più profondamente.
La favorevole situazione militare indusse la Romania, che vantava pretese
sulla regione asburgica della Transilvania, a entrare in guerra a fianco
dell'Intesa; tuttavia la reazione delle forze armate tedesche fu fulminea e
tra settembre e dicembre la Romania fu occupata.
La pressione dell'Intesa ottenne successi in Africa occidentale, dove la
Germania perse tutte le sue colonie e in Medio Oriente. In quest'area la
Turchia, attaccata dai Russi e dai nazionalisti armeni, fu costretta a ritirarsi
dall'Armenia.
Fronte italiano
Sul fronte italiano si svolsero altre cinque battaglie lungo l'Isonzo,
intervallate in maggio dalla Strafexpedition, spedizione punitiva austriaca
che sfondò le linee italiane in Trentino ma non realizzò l'obiettivo di
dilagare verso la pianura fino a imporre una pace separata all'Italia.
Riconquistate le precedenti posizioni, l'esercito italiano ottenne anche un
rilevante successo con la conquista di Gorizia.
Per dare una svolta alle operazioni militari e rinsaldare il morale delle truppe e
del paese, il governo Salandra fu sostituito da un ministero di unione
nazionale presieduto da Paolo Boselli, in cui entrarono tutti i partiti favorevoli
alla guerra. In agosto il nuovo governo dichiarò guerra anche alla
Germania.
Quarto anno di guerra - 1917
Fu l'anno di svolta decisiva nel conflitto, sia sotto il profilo strategico e
militare che sotto quello sociale, segnato da un drastico peggioramento
delle condizioni di vita delle popolazioni europee.
Gli eventi caratteristici di quest'anno di guerra furono tre:
- la crisi gravissima del fronte interno, che diffuse fenomeni di cedimento e
diserzione in tutti gli eserciti e costituì uno dei momenti scatenanti della
rivoluzione di febbraio in Russia;
- l'intervento militare degli Stati Uniti a fianco dell'Intesa;
- il crollo della Russia, che, dopo la rivoluzione bolscevica, si ritirò dalla
guerra.
Il fronte occidentale rimase in una situazione di stallo: tra febbraio e marzo
i Tedeschi si ritirarono dietro la linea fortificata Sigfrido, che fu oggetto
di diversi infruttuosi attacchi anglo-francesi in aprile e maggio
Un effettivo grande successo per l'Intesa fu l'intervento degli USA, deciso
in risposta agli indiscriminati attacchi dei sottomarini tedeschi alle
navi mercantili neutrali che rifornivano l'Inghilterra e per timore di
perdere, in caso di vittoria tedesca, i forti prestiti fatti ai paesi
dell'Intesa. Lo spiegamento delle forze americane divenne tuttavia completo
ed efficace solo verso la fine dell'anno.
Il vantaggio dell'intervento americano fu quasi neutralizzato dallo scoppio
della rivoluzione russa che provocò nel giro di pochi mesi il crollo del fronte
orientale.
Approfittando del crollo russo, le truppe degli Imperi centrali
avanzarono rapidamente il fronte fin quasi a raggiungere Odessa a sud e
sul Baltico si spinsero sino alla conquista di Riga.
Dopo la rivoluzione di ottobre il governo Sovietico stipulò un armistizio
con gli Imperi centrali (dicembre), convinto che la fine della guerra sarebbe
stata condizione indispensabile per la sopravvivenza della rivoluzione.
Fronte italiano
Gli italiani intrapresero due grandi offensive, ricordate come la decima e
l'undicesima battaglia dell'Isonzo, che portarono a modeste conquiste
territoriali.
Nel frattempo l'Austria ottenne dalla Germania l'impegno di truppe del
Reich sul fronte italiano, intervento reso tatticamente possibile da un
relativo disimpegno tedesco dal fronte orientale, a seguito del crollo
dell'esercito russo. Così gli austro-tedeschi, giovandosi della sorpresa e di un
uso massiccio di gas asfissianti, lanciarono un'offensiva che colse impreparati
gli Italiani, le cui linee vennero sfondate il 24 ottobre nelle località
friulane di Cividale e Caporetto (dodicesima battaglia dell'Isonzo).
La ritirata italiana, che avvenne disordinatamente per il collasso dei comandi
e per l'ostilità dei soldati alla guerra e alla crudele disciplina instaurata da
Cadorna, si arrestò solo sulla linea Monte Grappa-Montello-Piave, dove
l'esercito arrivò dimezzato, avendo perso circa 65.000 uomini.
Il nuovo governo di Orlando decise di sostituire subito Cadorna con un
nuovo capo di stato maggiore Armando Diaz.
La crisi del fronte interno degli Stati belligeranti
La guerra accelerò la dissoluzione dell'impero dello zar e permise lo
scoppio della rivoluzione socialista in Russia, ma i segni di logoramento e
di stanchezza delle popolazioni si fecero evidenti e drammatici in tutti i
paesi belligeranti durante il 1917.
A indebolire il morale del fronte interno dei paesi in guerra fu un
complesso di fattori legati all'andamento delle operazioni belliche (stasi dei
fronti e guerra di logoramento in trincea) e allo sconvolgimento della
vita economica e sociale (militarizzazione della produzione industriale,
sospensione delle libertà politiche, leva di massa, aumento dei prezzi e
rarefazione dei generi di prima necessità).
Manifestazioni di demoralizzazione si verificarono così tra le truppe francesi,
austriache, italiane, mentre manifestazioni contro il carovita e la guerra si
svolsero in Germania e in Italia.
In tutti i paesi aumentò inoltre la propaganda d'opposizione alla guerra
condotta dai socialisti, che dopo la conferenza di Zimmervald in cui fu
chiesta l'immediata cessazione delle ostilità senza annessioni, nella successiva
riunione di Kienthal fecero propria la tesi di Lenin, secondo la quale la
pace non era possibile senza la conquista del potere politico da parte
del proletariato.
E anche papa Benedetto XV chiese la fine della guerra.
I governi dell'Intesa cercarono di contenere la rivolta nei rispettivi paesi e tra
le truppe, alternando la dura repressione con misure per il miglioramento delle
condizioni di vita dei soldati al fronte e aumenti salariali per gli operai
impegnati nella produzione bellica. Fu inoltre rilanciato con la propaganda e
con nuovi governi di coalizione il tema della concordia nazionale.
Anche il nuovo imperatore d'Austria Carlo I cercò di mettersi sulla stessa
strada, riconvocando nel maggio 1917 il Parlamento (la Dieta), chiuso da oltre
tre anni, ma le difficoltà di rinsaldare il fronte interno furono aggravate dalla
decisione dei membri delle nazionalità slave dell'Impero, che formarono dei
governi provvisori, per prepararsi alla dissoluzione ormai prossima dello Stato
multinazionale (luglio 1917: accordo tra serbi, croati e sloveni per la
costituzione della futura Iugoslavia).
Ultimo anno di guerra -1918
Il quinto anno di guerra si aprì con il famoso messaggio del presidente
americano Wilson nel quale erano fissati 14 punti che avrebbero dovuto
servire da base per le trattative di pace (autodecisione dei popoli,
costituzione di una Società delle Nazioni, libertà di navigazione e di
commercio, fine della diplomazia segreta ecc.). Il messaggio non ottenne
nessun risultato concreto, ma valse a suscitare le più vive speranze di
pace tra i popoli in guerra.
La fine delle ostilità sui fronti occidentali
Approfittando del protrarsi delle trattative di pace con la Russia, la Germania
lanciò in febbraio una nuova grande offensiva che giunse a minacciare la
stessa Pietroburgo, costringendo tra l'altro il governo sovietico a trasferirsi a
Mosca. In questa drammatica situazione Lenin vinse le ultime opposizioni
anche di molti bolscevichi e ottenne la pace di Brest-Litovsk (3 marzo)
con gli Imperi centrali, che costò alla Russia la perdita di oltre 800.000
km quadrati di territorio (Stati baltici, Finlandia, Polonia orientale,
Ucraina) e circa il 26% della popolazione del vecchio impero.
Nei mesi successivi però le forze dell'Intesa passarono all'offensiva nei
Balcani e in Medio Oriente: la Bulgaria fu costretta alla resa, mentre
venivano liberate la Romania e la Serbia; un mese più tardi, davanti al
dilagare delle truppe inglesi in Mesopotamia, Siria e Palestina, anche la
Turchia firmò l'armistizio (ottobre).
La sconfitta dell'Austria e la dissoluzione dell'Impero asburgico
Il colpo decisivo all'Austria fu dato dalle truppe italiane sul Piave.
L'arrivo di materiale bellico americano e l'attività di propaganda tesa al
miglioramento del morale delle truppe consentì all'esercito italiano di
resistere a un'ultima offensiva austriaca sul Piave e ingaggiare tra il 24 e il 30
ottobre la vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto, che tagliò in due tronconi
le forze austriache impedendo i contatti e i rifornimenti del nemico. Il 3
novembre l'Austria firmò così l'armistizio di Villa Giusti (presso Padova)
con l'Italia, mente le truppe italiane conquistavano anche Trento e
Trieste.
La vittoria italiana accelerò la dissoluzione dell'impero austriaco. A seguito
dei tumulti scoppiati a Vienna, l'imperatore Carlo I partì in esilio e l'Istria
venne proclamata Repubblica.
Nei giorni seguenti sulle ceneri del vecchio impero austroungarico nacquero
gli Stati nazionali: si costituì la Repubblica di Cecoslovacchia, l'Ungheria si
proclamò Repubblica indipendente, Serbia, Croazia, Slovenia e
Montenegro diedero vita al regno di Iugoslavia.
La sconfitta della Germania e la rivoluzione di novembre
Dopo aver costretto la Russia alla pace, la Germania si concentrò sul fronte
occidentale operando una grande offensiva che mirava a dividere le forze
inglesi nelle Fiandre da quelle francesi sulla Somme e sulla Marna.
Dopo i successi iniziali però la spinta tedesca si esaurì a seguito della vittoria
ottenuta dalle truppe inglesi e americane nella battaglia di Amiens (8
agosto). Tale battaglia fu il vero momento di svolta del conflitto sul fronte
l'occidentale; da allora infatti le forze dell'Intesa avanzarono
rapidamente liberando il Belgio e costringendo i Tedeschi a una ritirata
sul Reno.
La situazione della Germania, già gravemente compromessa sul campo di
battaglia, precipitò per la rivolta del fronte interno. L'opposizione
democratica alla guerra portò infatti all'ammutinamento della flotta e alla
costituzione nelle fabbriche e nell'esercito di Consigli di operai e
soldati, sull'esempio dei soviet russi. In novembre insorse Monaco e in
Baviera venne costituita una repubblica dei Consigli che sarebbe rimasta in
vita fino all'aprile del 1919. La successiva insurrezione di Berlino provocò la
rinuncia al trono tedesco di Guglielmo II e la proclamazione della
Repubblica anche sul resto del territorio tedesco, con un governo
provvisorio guidato dal socialdemocratico Ebert. L'11 novembre il nuovo
governo tedesco firmò l'armistizio con le potenze dell'Intesa che pose
fine alla prima guerra mondiale.
I trattati di pace
La Conferenza di Parigi
Tra il gennaio del 1919 e l'agosto del 1920 si riunirono nella Conferenza
di pace di Parigi i delegati degli Stati vincitori, cioè Lloyd George per
l'Inghilterra, Clemenceau per la Francia, Wilson per gli USA. L'Italia fu
rappresenta dal primo ministro Orlando e dal ministro degli Esteri
Sonnino, i quali tuttavia svolsero un ruolo secondario e abbandonarono
temporaneamente la conferenza di pace per protesta contro il Manifesto al
popolo italiano, nel quale il presidente americano Wilson aveva criticato come
imperialistiche le rivendicazioni di Roma sulla Dalmazia e sui Balcani.
La Conferenza di pace fissò i criteri fondamentali dei trattati di pace e
stabilì la costituzione di una grande Società delle Nazioni con sede a
Ginevra, la quale avrebbe dovuto garantire la libertà e la sicurezza dei
popoli senza ricorrere alle armi. Di questa Società fecero parte inizialmente
solo gli Stati vincitori e i paesi neutrali (la Germania vi sarà ammessa nel
1926 e l'Unione Sovietica nel 1934); tuttavia nel 1919, a seguito della vittoria
dei repubblicani nelle presidenziali americane, gli USA optarono per una
politica isolazionista e uscirono dalla Società delle Nazioni.
Il Trattato di Versailles con la Germania e il problema delle riparazioni
di guerra
Il trattato di Versailles fissò le condizioni di pace con la Germania, che fu
costretta a cedere: l'Alsazia-Lorena alla Francia, lo Schleswig
settentrionale alla Danimarca, i distretti di Eupen e Malmédy al Belgio,
la Posnania e l'Alta Slesia alla Polonia.
Venne inoltre creato il corridoio polacco nei territori già tedeschi della Prussia
Orientale, per consentire alla Polonia uno sbocco sul Mar Baltico presso
Danzica.
Il bacino carbonifero tedesco della Saar venne occupato per 15 anni dalle
truppe francesi, sotto l'egida della Società delle Nazioni, e la Renania venne
smilitarizzata e posta sotto il controllo francese fino al 1930.
La Germania perdette inoltre tutte le colonie.
In contrasto con il principio dell'autodeterminazione, un'eventuale unione
dell'Austria alla Germania venne subordinata al consenso unanime della
Società delle Nazioni.
Altre clausole del trattato imposero limitazioni alle dimensioni e
all'armamento dell'esercito tedesco, previdero la consegna di parte
della flotta mercantile e fissarono l'ammontare delle riparazioni di
guerra dovute ai paesi vincitori che costituirono uno dei motivi di maggior
tensione internazionale negli anni immediatamente successivi al conflitto.
Tali riparazioni, indispensabili in Francia e Inghilterra per pagare i debiti
contratti con gli USA durante la guerra, furono inizialmente fissate in 270
miliardi di marchi oro. Con l'ultimatum di Londra l'Intesa ridusse a 132
miliardi le riparazioni richieste, ma previde in caso di indebolimento
l'occupazione militare della regione industriale tedesca della Ruhr, il che
avvenne nel gennaio del 1923.
Il Patto Dawes, elaborato da un americano, del 1924, avviando un grosso
prestito internazionale, consentì infine alla Germania di cominciare a
pagare il debito che con la Conferenza di Losanna del 1932 venne
definitivamente condonato.
I trattati di pace con Austria e Ungheria
I trattati di Saint-Germain-en-Laye (settembre 1919) e del Trianon (un
palazzo nel parco di Versailles, giugno 1920) fissarono rispettivamente le
condizioni di pace con l'Austria e l'Ungheria, sancendo il definitivo
smembramento dell'impero asburgico.
L'Austria fu ridotta a un piccolo Stato repubblicano di soli 6 milioni di
abitanti, privo di sbocchi sul mare.
L'Italia ottenne Trento, il Tirolo meridionale, Trieste e l'Istria,
annettendosi 700.000 tra Slavi e Tedeschi.
Il territorio dell'Ungheria venne ridotto a un terzo di quello del periodo
imperiale, con consistenti cessioni di territorio a Romania, Cecoslovacchia
e Iugoslavia.
Gli altri trattati di pace
-Con il trattato di Neuilly (novembre 1919) la Bulgaria diede parte della
Macedonia alla Iugoslavia e la Tracia occidentale alla Grecia, e venne
così privata dell'Accesso al Mare Egeo.
-Il trattato di Sèvres (agosto 1920) con la Turchia sancì lo
smembramento definitivo dell'impero ottomano e
l'internazionalizzazione degli Stretti. La Turchia europea venne ridotta
alla regione di Istanbul, mentre in Anatolia si formarono zone di influenza
di Francia, Grecia e Italia, vincitrici della guerra, che verranno abbandonate
solo dopo la guerra di liberazione turca del 1920-22. Dodecanneso e Rodi
passarono all'Italia.
In Medio Oriente al Turchia perse la sovranità su: Siria e Libano (affidati in
mandato alla Francia), Iraq, Arabia e Palestina (in mandato
all'Inghilterra).
In seguito alla dissoluzione dell'impero ottomano, si affermò in Turchia il
movimento nazionalista di Mustafà Kemal, detto Ataturk che nel 1923
divenne il primo presidente della Repubblica.
In Palestina infine non venne realizzato lo stato ebraico promesso dagli
inglesi al movimento sionista; iniziò tuttavia un intenso flusso
migratorio di ebrei dall'Europa verso la Palestina.
La formazione di nuovi stati
Dalla dissoluzione dell'impero asburgico e di quello zarista nacquero nuovi
stati.
Sui territori appartenuti all'Austria nacquero: il regno di Iugoslavia, formato
da Serbia e Montenegro, già indipendenti, e dai territori austroungarico di
Croazia, Bosnia-Erzegovina, Dalmazia e Carniola; la Repubblica di
Cecoslovacchia, comprendente Boemia, Slovacchia, Sudeti e parte della
Ritenia.
Dopo la fine del conflitto si ricostituì anche uno stato indipendente polacco, la
Repubblica di Polonia, nata nel novembre del 1918, sul territorio della
Prussia orientale, della Pomerania e dell'Alta Slesia. Nel 1920 la
Repubblica di Polonia si inserì nell'offensiva delle potenze occidentali contro la
Russia comunista, e al termine della guerra russo-polacca (aprile-ottobre
1920) ottenne con la pace di Riga di spostare molto a est i propri confini,
annettendo i territori di Vilna, Volina, Polessia e Galizia orientale, fino a
comprendere forti minoranze bielorusse e ucraine.
Sempre nel 1920 sui territori baltici appartenuti alla Russia si resero
autonome quattro repubbliche Lituania, Estonia, Lettonia e Finlandia,
riconosciute nel 1920 dalla Russa Sovietica.
La creazione di nuovi stati non pose fine al grave problema dei contrasti
nazionalistici nell'Europa centro orientale, dove l'intreccio delle etnie
rendeva difficile un'applicazione rigorosa del principio di nazionalità. Inoltre i
governi perseguirono una politica discriminatoria nei riguardi delle
minoranze nazionali, che fu causa di instabilità politica interna e di
tensioni internazionali.
Le conseguenze della Grande Guerra
Le conseguenze della guerra furono devastanti sul piano sociale; i morti
furono infatti circa 9 milioni, mentre numerosi altri milioni di ex
combattenti trovarono enormi difficoltà di reinserimento nella vita
civile e produttiva.
Inoltre le privazioni della guerra indebolirono gli organismi e facilitarono la
diffusione di epidemie, la più rilevante delle quali fu l'influenza della
spagnola, che nell'inverno 1918-1919 colpì circa la metà del genere
umano, provocando più morti della guerra, solo in Italia morirono oltre
600.000 persone.
Le difficoltà di riconversione produttiva dell'industria, entrata in crisi
dopo la fine delle commesse belliche, e la grossa crescita del debito
pubblico di tutti gli Stati belligeranti, ebbero disastrosi effetti sul mercato
del lavoro, con l'aumento della disoccupazione e in generale su tutti i
percettori di un reddito fisso (inflazione).
Si innescò così una stagione di intenso ribellismo sociale che trovava
alimento anche nell'esempio rivoluzionario della Russia sovietica.
Le relazioni fra gli stati furono inoltre contraddistinte da una acuta
tensione, dovuta alla tendenza al revisionismo dei trattati di pace, che
interessava soprattutto la Germania, tra i paesi vinti, e l'Italia, tra i
vincitori.
La Germania infatti considerava inquietante le riduzioni al suo territorio, lo
stato di tutela a cui era sottoposta, oltre che troppo onerose le riparazioni di
guerra; d'altro canto la sua principale antagonista, la Francia mantenne un
atteggiamento intransigente dimostrandosi disposta a riprendere il conflitto in
caso di insolvenza tedesca.
La questione Fiume (1914-1924)
Anche in Italia era forte soprattutto tra i nazionalisti la delusione per la
vittoria mutilata, cioè per la mancata espansione in Africa e nei
Balcani.
Diretta conseguenza di questi sentimenti fu il colpo militare con cui un
gruppo di ribelli dell'esercito, guidati da Gabriele D'Annunzio,
occuparono il 12 settembre 1919 la città dal dalmata di Fiume,
proclamandone l'annessione all'Italia.
Dopo difficili trattative tra Italia e Iugoslavia, la questione poté esser regolata
dal trattato di Rapallo (12 novembre 1920), stipulato dal ministro
Giolitti, per il quale Fiume fu riconosciuta Stato indipendente, e l'Italia
rinunciò alla Dalmazia in favore della Iugoslavia.
Il trattato non venne tuttavia riconosciuto dai legionari di Fiume, tanto
che il governo italiano dovette occupare militarmente la città, nella notte
di Natale 1920.
Successivamente il trattato di Roma (27 gennaio 1924) stipulato dal
governo Mussolini, sancì l'annessione di Fiume all'Italia.