IL PRIMO CONFLITTO MONDIALE DALL’ENTRATA DELL’ITALIA IN GUERRA Il conflitto fu innescato dall’assassinio di Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’Austria e della moglie, compiuto a Sarajevo il 28/6/1914 da due nazionalisti serbi. Così, il 28 Luglio l’Austria dichiara guerra alla Serbia. Il conflitto, però, si allarga immediatamente per l’intervento della Germania, della Turchia e della Bulgaria a fianco dell’Austria (Imperi centrali). Dall’altra parte si schierano Russia, Francia, Inghilterra, Giappone ed Italia (1915), Romania (1916), Stati Uniti (1917) (Paesi dell’Intesa). L’Italia, sebbene membro della Triplice Alleanza, si mantenne in un primo tempo neutrale .Nel paese intanto si svolgeva un acceso dibattito tra interventisti e neutralisti, come Giolitti e l’ambiente liberale, anche neutrali erano i socialisti i quali ritenevano improprio partecipare ad una guerra ritenuta un affare borghese e capitalistico. Neutralista era anche l’ambiente cattolico. Tra gli interventisti invece vi erano i ambienti repubblicani, gli irredentisti, che volevano l’intervento dell’Italia a fianco dei paesi dell’Intesa concependo il conflitto come una quarta guerra d’indipendenza. Accanto a questi vi erano pure i nazionalisti come Gabriele D’Annunzio. Tra gli interventisti vi era pure il giovane Benito Mussolini. A favore della guerra erano anche gli ambienti di corte e l’alta borghesia industriale. Mentre si svolgevano queste polemiche il governo in cambiò della neutralità cercò di ottenere dall’Austria le terre irredente, ma poiché non riuscì ad ottenere nulla firmò segretamente il patto di Londra (26 Aprile 1915) con Gran Bretagna, Francia e Russia, in base al quale si impegnava ad entrare in guerra in cambio di compensi territoriali in Trentino, Alto Adige, Istria, Dalmazia, Albania e nel Dodecaneso. Nel marzo del 1915 alle potenze dell’Intesa si affiancarono il Giappone e l’Italia. Così, il governo italiano il 24 maggio 1915 dichiarò guerra all'Austria-Ungheria, impegnando quest'ultima su un secondo fronte. Intanto i paesi dell’Intesa avevano subito numerose sconfitte, così i Russi come pure i Serbi. Nel frattempo erano entrati in guerra anche i paesi arabi del medio oriente guidati da Laurence D’Arabia, che chiedevano l’indipendenza turca. Era iniziata anche la guerra sottomarina ed erano state affondate navi dei paesi neutrali come il transatlantico “Lusitania”, affondato dai tedeschi con a bordo passeggeri americani. Le truppe italiane, comandate dal generale Cadorna, condussero con successo le prime battaglie sull'Isonzo ma alla fine questi successi ebbero un esito incerto per le forze italiane, che fallirono l'obiettivo di conquistare Trieste. Come per tutte le potenze belligeranti, anche per l'Italia la guerra si tradusse in un logorante conflitto di posizioni Nel 1916 gli Imperi Centrali passarono all’offensiva: l'esercito tedesco sferrò un massiccio attacco alla Francia: con una controffensiva in cui comparvero i primo carri armati. Né l'una né l'altra operazione furono tuttavia decisive: la spaventosa carneficina (1.600.000 morti) risultò inutile ai fini della guerra, poiché i Tedeschi non erano riusciti a sfondare le linee francesi. Sul fronte orientale, i russi lanciarono un'offensiva, ma l'operazione si risolse in un fallimento. Gli austriaci allentarono la pressione italiana con una violenta controffensiva in Trentino. La situazione era e ciò spinse il governo Salandra a dimettersi, il suo posto veniva preso dal Borselli. Intanto a Vienna moriva Francesco Giuseppe e gli succedeva il nipote Carlo I che desiderava porre fine al conflitto. Di tale avviso era anche la Germania che invia appelli al papa Benedetto XV. Il 27 agosto 1916 la Romania entrò in guerra al fianco degli Alleati, ma le operazioni militari si risolsero in una netta sconfitta ad opera delle forze austro-tedesche e bulgaro-turche, che assicurò agli Imperi Centrali il controllo della Romania e delle sue risorse (grano e petrolio). Il quarto anno di guerra 1917 fu segnato dall’intervento degli Stati Uniti. La posizione del presidente Wilson riguardo alla guerra mutò decisamente nel gennaio del 1917, quando la Germania annunciò che a partire dal successivo 1° febbraio sarebbe ricorsa alla guerra sottomarina indiscriminata contro le imbarcazioni in arrivo in Gran Bretagna o in partenza da essa, contando in questo modo di poterne piegare la resistenza entro sei mesi. Così che il 3 febbraio il presidente americano decise di sospendere le relazioni diplomatiche con la Germania, 1 seguito da diverse nazioni dell'America latina. Il 6 aprile gli Stati Uniti entrarono in guerra a fianco dei paesi dell’Intesa: Il presidente Woodrun Wilson decise di far intervenire il proprio paese come associato e non come alleato: perché voleva salvare i propri prestiti fatti ai paesi dell’Intesa Suo scopo era inoltre di affermare una democrazia ed una pace duratura come affermato nei suoi “14 punti”. Durante i primi mesi del 1917, nonostante le carenze in effettivi, artiglieria e munizioni, le forze italiane al comando del generale Luigi Cadorna proseguirono gli sforzi per sfondare le linee austriache sul fiume Isonzo e conquistare Trieste, senza che si producessero risultati di rilievo. L'ultimo trimestre dell'anno fu invece segnato da una decisa offensiva tedesca ed austriaca, che, attaccando sulla parte alta dell'Isonzo, riuscì a rompere le linee italiane nella disastrosa battaglia di Caporetto, oltre alle vittime le truppe italiane contarono 300.000 prigionieri e quasi altrettanti disertori, sfiorando la disfatta. Tutto ciò favorì i nemici che riuscirono ad entrare nel Friuli e nel Veneto, costringendoci a ripiegare disordinatamente sul fiume Piave. L’Italia di fronte alla grave situazione affidò il governo a Vittorio Emanuele Orlando mentre Cadorna veniva sostituito dal generale Armando Diaz che sull'estrema linea del Piave fermò la controffensiva che avrebbe potuto costringere l'Italia alla resa definitiva; in novembre truppe inglesi e francesi giunsero di rinforzo. Intanto in Russia la rivoluzione di febbraio portò alla fine dello zarismo ed alla formazione di un governo provvisorio; la successiva rivoluzione d’ottobre portò all’instaurasi di un governo bolscevico che il 3 marzo 1918 firmò l’uscita dalla guerra con la pace di Brest-Litovsk, che poneva ufficialmente fine alla guerra con gli Imperi Centrali in termini decisamente favorevoli a questi ultimi; il 7 maggio fu la Romania a sottoscrivere la pace: il trattato di Bucarest sanciva la cessione della Dobrugia alla Bulgaria e quella dei passi sui monti Carpazi all'Austria-Ungheria, garantendo inoltre alla Germania concessioni a lungo termine sui pozzi di petrolio rumeni. Giungevano intanto i Europa, sempre più numerosi, i reparti americani. Nell’estate del 1918 gli Austriaci, raccogliendo le forze, fecero un ultima grande tentativo cercando di sfondare il fronte italiano del Piave, ma furono respinti. L’offensiva italiana giunge ad una schiacciante vittoria sul nemico nella battaglia di Vittorio Veneto. Il 3 novembre del 1918 le nostre truppe entrarono a Trento e nello stesso giorno la flotta sbarcò a Trieste. Il giorno successivo, il 4 novembre, a Villa Giusti i delegati austro-ungarici firmarono la resa. All'inizio del 1918, rendendosi conto della necessità di portare a conclusione il confronto sul fronte occidentale prima che gli americani potessero avere la meglio, i tedeschi decisero l'attacco finale che avrebbe dovuto portarli fino a Parigi. L'offensiva, iniziata il 21 marzo, fu diretta contro il fronte britannico dislocato a sud di Arras. Da aprile a giugno le forze tedesche avanzarono fino a giungere a 60 km da Parigi, ma furono bloccate e respinte dalle truppe alleate (carri armanti ed aerei americani). Tra la fine di agosto ed i primi di settembre le forze britanniche e francesi conseguirono una serie di vittorie obbligando i tedeschi a retrocedere. La disfatta militare della Germania ebbe ripercussioni gravissime nella situazione politica tedesca: la flotta si ammutinò, l'imperatore Guglielmo II abdicò e in Germania veniva proclamata la Repubblica (9 novembre 1918). Anche in Austria era fuggito l’imperatore Carlo I, il paese chiedeva così la fine della guerra dichiarando la nascita della repubblica. Due giorni dopo la Germania firmava l'armistizio, accettando tutte le condizioni imposte dagli Alleati. Durante la conferenza di pace a Versailles, che vide riunite le 27 nazioni vincitrici della guerra tra il 19 gennaio del 1919 e l'agosto del 1920, furono concluse le paci separate con le potenze sconfitte. In realtà i veri protagonisti furono Oralndo per l’Italia, Wilson per l’America, Clemenceau per la Francia e George per l’Inghilterra. Nella conferenza di pace si affermarono due concezioni opposte Italia, Francia ed Inghilterra che volevano punire militarmente la Germania; dall’altra parte di era Wilson che nei “14 punti” si propose di abolire la diplomazia secreta, rendere libera la navigazione sui mari, eliminare le barriere doganali, ridurre al minimo gli armamenti, rispettare le nazionalità ed il principio di autodecisione dei popoli. Infine proponeva la nascita di una società delle nazioni che nacque nel 1920 a Ginevra. Essa si proponeva di regolare 2 le controversie internazionali, tuttavia non riuscì a svolgere un’azione efficace in quanto strumentalizzata dalla Francia e dall’Inghilterra, gli stessi Stati Uniti non ne fecero parte in quanto all’interno del congresso prevalse la corrente isolazionista. I trattati di pace furono così articolati: 1. Il trattato di Versailles (28 giugno 1919) con la Germania, Il trattato di Versailles impose alla Germania l'abolizione del servizio militare obbligatorio, la riduzione dell'esercito, il divieto di produrre e commerciare armi. Ritenuta responsabile dei danni inflitti alle potenze alleate, la Germania avrebbe dovuto farsi carico di gran parte delle riparazioni necessarie; dovette inoltre cedere circa il 13% del suo territorio europeo, restituendo l'Alsazia-Lorena alla Francia. Danzica fu riconosciuta città libera sotto l'amministrazione della Società delle Nazioni. La Germania, infine, fu privata delle colonie africane e oceaniche divise sotto forma di mandati tra Inghilterra, Francia, Giappone ed Australia che faceva parte del Commonwealth britannico, l’Italia fu così esclusa dalla spartizione. Si trattò di una pace fortemente punitiva, carteginese come fu allora definita, che nell’arco di pochi anni avrebbe creato un forte spirito di rivincita e avrebbe così portato alla II guerra mondiale. 2. Il trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919) con l'Austria, prevedeva che l'Austria riconoscesse la sovranità dell'Ungheria, cedesse alcuni territori al Regno dei serbi, croati e sloveni (in seguito Iugoslavia), alla Cecoslovacchia, alla Polonia, alla Romania e all'Italia. La soluzione diplomatica che prevalse al termine della guerra disegnò un quadro politico dell'Europa completamente differente da quello del 1914. La scomparsa di quattro imperi (russo, tedesco, austro-ungarico ed ottomano) fu colmata dalla creazione di nuove unità statali, entro le quali l'identità nazionale era tutt'altro che omogenea. Si trattò di un autentico terremoto geopolitico che investì particolarmente l'area centrorientale dell'Europa, laddove oltre 250 milioni di persone (russi, tedeschi ed ex sudditi austroungarici) videro modificarsi sotto i loro occhi antichi confini e cadere autorità secolari. La guerra aveva innescato profondi ed ampi sommovimenti in tutte le società coinvolte ed aveva depositato nella coscienza di milioni di uomini il ricordo brutale della violenza. Dal rifiuto morale che molti soldati ed ufficiali elaborarono in risposta ai massacri, scaturì un odio profondo verso la guerra che si tramutò in un impulso di riscatto. Sentimenti simili furono all'origine della Rivoluzione russa del 1917, ma anche delle lotte operaie e contadine che si manifestarono in Germania, in Francia, in Italia tra il 1917 ed il 1922. Al contrario, nei soldati che non avevano avvertito un'opposizione morale alla guerra, l'esperienza sotto le armi aveva lasciato impressioni di forza bruta, abitudini all'uso della violenza, attitudine alla prevaricazione fisica, tutte componenti queste che prepararono il clima psicologico delle forze reazionarie attive in Europa già dal 1919. La crisi del dopoguerra infine, se travolse operai e contadini, agrari ed industriali, turbò ancora di più i ceti medi, esposti ai contraccolpi dell'inflazione ed alla perdita di reddito e di prestigio, predisponendoli a favorire soluzioni autoritarie con le quali liquidare i conflitti ideologici e gli squilibri sociali. 3