UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DI RADIOLOGIA MEDICA, PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA Presidente di corso: Chiar.mo Prof. Emilio Quaia Tesi di Laurea TOMO-MAMMOGRAFIA CLINICA CON LUCE DI SINCROTRONE: DEFINIZIONE DELLA GEOMETRIA D’ESAME Laureanda: Relatore: Giulia Moro Dott. Luigi Rigon Correlatore: Dott.ssa Maura Tonuti Dott.ssa Sara Kus ANNO ACCADEMICO 2014 – 2015 Sommario Introduzione ............................................................................................... 1 1 La mammella .......................................................................................... 3 1.1 Anatomia ........................................................................................... 3 1.2 Patologia ........................................................................................... 4 2 Tecnica d’esame ..................................................................................... 6 2.1 Mammografia .................................................................................... 6 2.1.1 Esame radiografico.....................................................................7 2.1.2 Il mammografo ............................................................................ 9 2.1.3 Limiti della mammografia ......................................................... 12 2.2 Risonanza magnetica nucleare ...................................................... 13 2.2.1 Struttura tomografo RM ............................................................ 13 2.2.2 Tecnica d’esame per la mammella ..........................................15 2.3 Tomografia computerizzata e Breast-CT .......................................17 2.4 Ecografia ......................................................................................... 20 2.5 Tecniche di imaging di medicina nucleare .....................................21 2.5.1 Mammoscintigrafia ...................................................................21 2.5.2 Linfoscintigrafia per la ricerca del linfonodo sentinella ............22 2.5.3 PET e PET-TC ..........................................................................22 2.6 Biopsia e ago aspirato ....................................................................23 3 Il sincrotrone ......................................................................................... 25 3.1 La luce di sincrotrone .....................................................................25 3.2 La beamline SYRMEP ....................................................................28 3.3 Raggi-X a contrasto di fase ............................................................ 31 3.4 Mammografia planare con luce di sincrotrone ............................... 33 3.4.1 Protocollo d’esame ...................................................................33 3.4.2 Risultati ..................................................................................... 35 4 Il progetto SYRMA-CT ..........................................................................36 4.1 Breast-CT con luce di sincrotrone: studi preliminari ...................... 36 4.2 Il progetto ........................................................................................ 37 4.3 Pixirad ............................................................................................. 38 4.4 Primi risultati ...................................................................................40 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame .................... 41 5.1 Valutazioni preliminari ....................................................................41 5.2 Apparecchiature utilizzate .............................................................. 43 5.3 Metodo di misura della lesione ....................................................... 44 5.3.1 ImageJ ...................................................................................... 45 5.4 Raccolta dati e analisi .....................................................................49 5.4.1 Calcolo errori ............................................................................52 5.5 Conferma risultati ottenuti ............................................................... 53 6 Conclusioni ........................................................................................... 58 Indice delle figure ..................................................................................... 62 Bibliografia ............................................................................................... 64 Introduzione Introduzione L’avanzamento delle nuove tecnologie ha avuto un forte impatto in tutti gli ambienti, anche nel campo medico e soprattutto nell’ambito radiologico: lo sviluppo di macchine e tecniche sempre più evolute come la TC (tomografia computerizzata) e la RM (risonanza magnetica) ha portato alcuni gruppi di ricerca a valutare se si potessero sviluppare ulteriori tecniche e attrezzature in ambiti specifici, come ad esempio la mammografia. Nasce così il progetto di ricerca SYRMA-CT (SYnchrotron Radiation MAmmography – Computed Tomography) finanziato dall’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e dal Sincrotrone – Elettra S.C.p.A., con la collaborazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Ospedali Riuniti Trieste”: scopo di questo programma clinico è la creazione di un prototipo di apparecchiatura dedicata alla tomografia al seno che, sfruttando lo stesso principio di funzionamento delle moderne tomografie computerizzate e come fascio radiante la luce di sincrotrone, permetta un'imaging tridimensionale della mammella (Breast Computed Tomography). Scopo di questa tesi è la programmazione di una geometria d’esame standard per l’acquisizione e l’elaborazione di un esame volumetrico e la 1 Introduzione valutazione della sua fattibilità in base alle diverse condizioni anatomiche e fisiologiche che distinguono ogni paziente. In particolare si analizzeranno le immagini di mammografia e risonanza magnetica con lo scopo di delineare un metodo che permetta di individuare con precisione il volume bersaglio, ossia le lesioni tumorali, in quanto il range di acquisizione della tomo-mammografia con luce di sincrotrone è limitato e quindi ogni minima differenza o errore di centratura può essere significativa. Nel capitolo 1 sarà esposta brevemente l’anatomia del seno, le zone di drenaggio linfatico e il carcinoma. Nel capitolo 2 verranno descritte le tecniche e le apparecchiature utilizzate in ambito radiologico con specifiche note riguardanti lo studio al seno. Nel capitolo 3 si descriverà la luce di sincrotrone e la tecnica del contrasto di fase con raggi X, con riferimento agli studi di mammografia e tomografia alla mammella. Nel capitolo 4 si esporrà il progetto SYRMA-CT, con la descrizione del rivelatore PIXIRAD, dei materiali e delle tecniche utilizzate. Nel capitolo 5 si descriverà l’obiettivo di questa tesi, il protocollo ipotizzato per la BREAST-CT, con particolare riguardo alla geometria della scansione. Si presentano infine tutti i dati raccolti con successiva valutazione e discussione di questi. 2 1 La mammella 1 La mammella 1.1 Anatomia La mammella é un organo ghiandolare pari e simmetrico che occupa la regione anteriore del torace. È situato ai lati della linea mediana, localizzato tra il terzo e il sesto spazio intercostale. In larghezza si estende tra la linea parasternale e la linea ascellare media, caudalmente invece é delimitato dal solco mammario. La ghiandola mammaria ha forma discoidale con superficie anteriore convessa e superficie posteriore piatta e un suo prolungamento può estendersi fino alla regione ascellare; la superficie anteriore del corpo ghiandolare è rivestita dalla cute, quella posteriore è in rapporto posteriormente con la fascia superficiale del muscolo grande pettorale. Il volume, il grado di sviluppo e la forma delle mammelle variano in rapporto al sesso, al momento funzionale e all’età. Il drenaggio linfatico della mammella è composto dai vasi e dalle stazioni linfonodali regionali. I vasi linfatici della regione mammaria costituiscono una rete a larghe maglie che avvolge il corpo ghiandolare e presenta diversi linfonodi 3 1 La mammella intercalati. Come si può notare dalla figura 1.1, la rete linfatica della mammella è riccamente sviluppata; sono presenti vaste comunicazioni tra i vasi linfatici superficiali della cute, che costituiscono una rete linfatica cutanea o superficiale, e il sistema più profondo che drena il parenchima mammario. La rete cutanea appare più fitta nella zona areolare, da dove i vasi linfatici superficiali si dirigono verso la periferia ed in profondità a connettersi con la rete periareolare e subdermica [Martini, 2010]. Figura 1.1 – Schematizzazione del drenaggio linfatico mammario. 1.2 Patologia Il carcinoma mammario rappresenta la lesione più importante della mammella ed è una delle neoplasie più diffuse nel mondo con un’incidenza elevata nei paesi nord-americani e nell’Europa nordoccidentale [Fondazione ANT, 2009]. Il tumore al seno può essere classificato in due modi: a partire dall'istologia, ossia in base alla categoria di cellule coinvolte, o a partire 4 1 La mammella dal grado di infiltrazione che si esprime in base a quanto il tumore si espande nel tessuto circostante. Per quanto riguarda la classificazione istologica, le due varianti principali sono il carcinoma duttale e il carcinoma lobulare, il quale si sviluppa dalle cellule delle cosidette unità duttolobulari terminali [http://www.senologia.it]. La diagnosi precoce del cancro al seno viene eseguita tramite esami definiti di primo livello, i quali sono rispettivamente la mammografia e l'ecografia mammaria: la scelta di quale dei due esami utilizzare dipende da più fattori, come ad esempio l’età della paziente, la tipologia di seno, anche se nella maggior parte dei casi si utilizzano entrambi, in quanto sono delle tecniche diagnostiche complementari l’una con l’altra. L'eventuale identificazione di noduli o formazioni sospette porta in genere il medico a consigliare una biopsia, che può essere eseguita direttamente in sala operatoria o in ambulatorio con un prelievo mediante un ago inserito nel nodulo che consente un esame citologico o microistologico. Nel primo caso (esame citologico) si esaminano le cellule, nel secondo (microistologico) il tessuto: questi esami consentono sia di stabilire la natura della malattia. Inoltre con la microistologia, è possibile valutarne le caratteristiche biologiche [http://www.airc.it/tumori/tumore-al-seno.asp] 5 2 Tecnica d’esame 2 Tecnica d’esame Nel tumore alla mammella, come in ogni altra neoplasia, la diagnosi precoce gioca un ruolo fondamentale per determinare le possibilità di guarigione e la prognosi della paziente. Alcuni studi ritengono che la crescita tumorale, infatti, abbia un andamento esponenziale, almeno nella fase iniziale: man mano che il tumore aumenta, aumenta anche la sua velocità di crescita [IMPACT Working Group, 2011]. Le tecniche per determinare la diagnosi di cancro al seno sono principalmente due: la mammografia e l'ecografia. A queste due tecniche si aggiungono spesso, in caso di diagnosi dubbia o per determinare in maniera più precisa il quadro clinico, la risonanza magnetica nucleare, la mammoscintigrafia, la linfoscintigrafia, la PET e/o PET-TC, la biopsia e/o l'agoaspirato. In questa tesi verranno principalmente esaminate le tecniche diagnostiche di mammografia e risonanza magnetica nucleare. 2.1 Mammografia La mammografia è una tecnica radiologica che consente di rilevare precocemente lesioni mammarie. Lo studio accurato delle mammelle permette di individuare, infatti, sia anomalie di piccole dimensioni, come 6 2 Tecnica d’esame le microcalcificazioni, sia masse voluminose. La mammella, essendo formata da tessuti molli di densità simili tra loro, non è studiabile con apparecchi radiologici tradizionali, ma necessita di appositi mammografi che hanno caratteristiche funzionali e costruttive particolari al fine di ottenere un'immagine dell'organo diagnostica e di qualità [Passariello, 2012]. Finora l’esame che soddisfa maggiormente le richieste di alta risoluzione di contrasto e spaziale è quello mammografico, che viene eseguito mediante un’apparecchiatura appositamente progettata detta mammografo e il cui funzionamento verrà trattato più dettagliatamente in seguito. 2.1.1 Esame radiografico L’esame mammografico, essendo acquisito con le radiazioni ionizzanti, può essere eseguito per radioprotezione dopo un anno dall’ultima esposizione; solamente sotto richiesta del medico radiologo in casi dubbi possono essere eseguiti dei controlli mammografici a meno di un anno dall’ultima mammografia, come ad esempio un controllo a 6 mesi su una sola mammella. Per la corretta esecuzione del mammogramma il tecnico posiziona la mammella sul piano orizzontale del mammografo, applicando una graduale compressione con l'apposito dispositivo azionato a pedale [Passariello, 2012] Le proiezioni fondamentali sono due, eseguite su entrambe le mammelle (figura 2.1): Proiezione cranio-caudale o assiale (a 0°). In tale proiezione lo scopo è quello di riuscire a privilegiare la visualizzazione dei quadranti mediali, perché sono quelli che con più difficoltà vengono rappresentati nelle altre proiezioni. Come criterio di correttezza è importante visualizzare adeguatamente il tessuto 7 2 Tecnica d’esame adiposo retro-ghiandolare sino al muscolo grande pettorale. Questa proiezione permette di vedere la maggior parte dell’organo, soprattutto le regioni areolare e centrale. Proiezione obliqua medio-laterale (a 45°). In questa proiezione vengono svolti molto bene il quadrante superoesterno, che è frequente sede di processi patologici, e i piani profondi. Il principale criterio di correttezza per questa proiezione è la visualizzazione del margine del muscolo pettorale, ma anche un'adeguata rappresentazione della regione ascellare e dell'angolo sotto-mammario (che deve risultare ben disteso) sono elementi importanti nell'immagine mammografica. [Mazzuccato, 2009] Figura 2.1 - Tipiche proiezioni mammografiche cranio-caudale e obliqua In caso di approfondimento diagnostico sono poi possibili ulteriori proiezioni con diversa incidenza o compressione mirata. Per esempio, per esaminare particolari porzioni della mammella, si può ricorrere all’ingrandimento diretto, con cui si ottiene un’immagine ingrandita riducendo la distanza tra la mammella e la sorgente di radiazioni (avvicinando la mammella al tubo radiogeno). 8 2 Tecnica d’esame Oppure, per determinare se una lesione è reale o un artefatto, si può ricorrere alla compressione mirata, con un compressore di piccole dimensioni posizionato sopra la zona sospetta, che distende meglio le componenti fibroghiandolari della mammella [Mazzuccato,2009] 2.1.2 Il mammografo Il mammografo (figura 2.2) è un’apparecchiatura costituita da un tubo radiogeno, un compressore, una griglia anti-diffusione e un rivelatore. La maggior parte dei mammografi attuali utilizza due tipi di anodo, Molibdeno (Mo) e Rodio (Rh), in combinazione con diversi tipi di filtro, Mo, Rh o Tungsteno (W), per produrre fasci di radiazione caratterizzati da diversi spettri energetici. Le moderne apparecchiature sono in grado di scegliere, attraverso il controllo automatico dell’esposizione (AEC = Automatic Exposure Control) e AOP (Automatic Optimization Parameter), la combinazione anodo/filtro più idonea allo studio di ogni mammella (spessore e densità), con un ragionevole compromesso tra dose e contrasto. In mammografia la radiazione diffusa è un fattore che influenza negativamente la qualità dell’immagine e viene limitata utilizzando una griglia antidiffusione mobile. Quest’ultima è composta da sottilissime lamelle di piombo separate tra loro da fibre di carbonio ma l’utilizzo di questo espediente per ridurre la radiazione diffusa ha per contro l’effetto di aumentare la dose all’organo. Per quanto concerne poi il sistema di rivelazione, ne esistono di due tipi: quello analogico, rappresentato dal sistema schermo/pellicola, e quello digitale che a sua volta si suddivide in digitale diretto e indiretto. Il sistema di rivelazione analogico è costituito da un sistema schermopellicola creato appositamente per la mammografia, in modo da fornire immagini con appropriati livelli di contrasto, risoluzione spaziale e rumore, necessari per consentire la visualizzazione di lesioni molto 9 2 Tecnica d’esame piccole e alterazioni nella struttura dei tessuti. La pellicola usata è a singola emulsione ed è accoppiata ad uno schermo di rinforzo posizionato posteriormente ad essa che permette di ottenere un’ottima risoluzione spaziale rispetto all’utilizzo di una pellicola bi emulsione. L’utilizzo di pellicole mono emulsione con un unico schermo di rinforzo, annulla praticamente la possibilità di avere l’effetto “cross over” , ossia un effetto alone e di diffusione della luce. Figura 2.2: esempi di due mammografi: a sinistra il mammografo digitale Giotto, presente nel presidio Maggiore, e a destra un mammografo digitale GE, presente nel presidio di Cattinara Nella mammografia analogica acquisizione, visualizzazione, archiviazione e documentazione dell’immagine sono tutti racchiusi nella pellicola con un processo a catena difficilmente separabile. In quella digitale invece l’acquisizione e la visualizzazione dell’immagine sono due operazioni separate che possono essere ottimizzate indipendentemente l’una dall’altra. Però la mammografia analogica, almeno nei paesi più industrializzati, è stata sostituita con l’avanzamento della tecnologia dalla mammografia digitale: infatti questa nuova tecnica utilizza un rivelatore che ha il compito di convertire la radiazione X in un segnale elettrico proporzionale all’intensità della radiazione incidente, che viene poi 10 2 Tecnica d’esame digitalizzato in un numero corrispondente ad un certo livello di grigio. L’immagine quindi corrisponde ad una matrice di numeri dove per ogni pixel (Picture Element, ossia ciascun quadratino che compone l’immagine digitale) il numero rappresenta la quantità di radiazione che ha raggiunto quel punto del rivelatore dopo aver attraversato la mammella. Esistono diversi approcci tecnologici in mammografia digitale: la prima consiste nella digitalizzazione diretta che fornisce immagini in tempo reale, la seconda invece è la digitalizzazione indiretta. Quest’ultima, la cosiddetta CR (Computed Radiography), utilizza un plate a fosfori contenuto in una cassetta simile a quella tradizionale. All’assorbimento di un fotone X, il fosforo si porta su uno stato eccitato a lunga vita media nel quale rimane, mantenendo così memoria del fotone X e della sua localizzazione. Tale informazione viene letta illuminando il fosforo con un raggio laser: tramite il meccanismo dell’emissione stimolata, esso viene portato su uno stato instabile, dal quale decade istantaneamente allo stato fondamentale emettendo luce. Data la differenza tra lunghezza d’onda del laser e quella della luce emessa, è possibile raccogliere solo la luce in uscita dal fosforo, che quindi ripete lo schema di arrivo dei raggi X. Un fotomoltiplicatore raccoglie tale luce collegandola alla posizione spaziale da cui è uscita; un computer raccoglie poi le informazioni di posizione e intensità e mostra l’immagine su un monitor. La digitalizzazione diretta (DR), invece, si può dividere a sua volta in: conversione indiretta di energia: l’energia dei raggi X viene convertita in luce visibile, a sua volta trasformata in segnale elettrico e infine digitalizzata. conversione diretta di energia: l’energia depositata dai raggi X viene convertita in segnale elettrico senza il passaggio intermedio della luce visibile, con una più elevata risoluzione spaziale. 11 2 Tecnica d’esame L’avanzamento tecnologico ha consentito di sviluppare dei rilevatori all’avanguardia, utilizzati anche nel progetto SYRMA-CT (PIXIRAD) che sarà descritto successivamente al capitolo 4, i quali utilizzano un sistema di Single Photon Counting: Il rilevatore Single Photon Counting permette di contare il numero dei fotoni che incidono su ciascun pixel. Ogni fotone che incide sul materiale del detector e che deposita un’energia (o una carica) superiore a una certa soglia produce un conteggio. La possibilità di selezionare queste soglie permette, quindi, di eliminare il rumore e perciò si ha un aumento del rapporto segnale rumore e del range dinamico [Huanjun D. et al. ,2014.] 2.1.3 Limiti della mammografia La mammografia è l’esame più efficace, attualmente disponibile, per diagnosticare precocemente il tumore alla mammella ed è utilizzata come unico test di 1° livello nei programmi di screening. Sebbene questi programmi abbiano dimostrato che la diagnosi in tempo utile permette di ridurre la mortalità, le casistiche più recenti riportano che il 10 – 20% dei tumori non vengono evidenziati (falsi negativi) [ASL Roma C, 2011] e che in alcuni paesi europei, la percentuale totale di donne che durante i 20 anni di partecipazione al programma di screening mammografico incorrono in una diagnosi di falso positivo, è stata stimata nel 17% per follow-up non invasivi e nel 3% per follow-up invasivi [http://www.osservatorionazionalescreening.it]. Gli errori diagnostici possono essere legati alla qualità della tecnica, ma anche all’età della paziente: dopo i 50 anni, infatti, con l’aumentare dell’età, il test diventa sempre più sensibile e più specifico, e diminuiscono così sia i “falsi negativi, sia i “falsi positivi”. Le cause di una mancata diagnosi possono essere varie, ma le più frequenti sono: tumore troppo piccolo o poco definibile a causa di un basso contrasto nella regione indagata, o struttura della ghiandola 12 2 Tecnica d’esame mammaria troppo densa, come avviene per esempio nelle donne giovani o in quelle che fanno terapia ormonale sostitutiva della menopausa. 2.2 Risonanza magnetica nucleare La risonanza magnetica nucleare è un esame importante in quanto è complementare nel caso di mammografia e/o ecografia dubbia: grazie all’utilizzo di un magnete performante, al continuo sviluppo della tecnologia e ai mezzi di contrasto chelanti del Gadolinio si può avere un’elevata qualità di immagine ed un’elevata sensibilità diagnostica. Le principali indicazioni all'esame sono: il monitoraggio di pazienti con alto rischio di tumore al seno (generalmente per familiarità), la stadiazione preoperatoria del carcinoma, lo studio di alterazioni dubbie in pazienti recentemente operate (diagnosi differenziale fra esiti cicatriziali dopo chirurgia conservativa e recidive), il sospetto di infiltrazione della parete toracica, il controllo dell’efficacia della chemioterapia neoadiuvante per cancro al seno localmente avanzato e lo studio delle protesi (sia per valutarne l'integrità sia per ricercare recidive) [AIRC] 2.2.1 Struttura tomografo RM Il magnete è il principale elemento di un tomografo a Risonanza Magnetica, in quanto deputato alla creazione del campo magnetico ̅0 , la cui intensità è generalmente dell’ordine del Tesla (0,3-3T). statico B I magneti possono essere di tre tipi: resistivi, permanenti e super conduttivi. Un magnete è caratterizzato da determinati parametri, cioè intensità di campo magnetico, installabilità, Boil-off Rate (per i soli magneti superconduttivi) e omogeneità di campo. È importante che il campo magnetico venga schermato allo scopo di mantenere la linea dei 5 Gauss interna alla sala d’esame e per questo sono disponibili due diversi tipi di schermatura: passiva, ossia schermi di ferro attorno al 13 2 Tecnica d’esame magnete, e attiva, con l’utilizzo di bobine addizionali che ̅0 . controbilanciano il campo magnetico B ̅0 in Il sistema di generazione dei gradienti deforma il campo magnetico B modo controllato per imporre elementi di discriminazione spaziale nella risposta degli spin. Esso è caratterizzato dal valore massimo di gradiente producibile e dal tempo necessario per le commutazioni. L'unità di misura di un gradiente lineare è il Tesla al metro (T/m) ma, per i valori di gradiente comunemente impiegati nei tomografi, è più conveniente impiegare il sottomultiplo milliTesla per metro (mT/m) ". (Figura2.3) Figura2.3: un’apparecchiatura di risonanza magnetica Philips medical system da 1,5T Il valore del "tempo di salita", ovvero del tempo necessario per instaurare o eliminare il gradiente stesso, concorre alla definizione dei vincoli cui dovranno sottostare le sequenze di eccitazione e dì acquisizione: in particolare concorre a determinare, nelle sequenze spin eco e gradient eco, il minimo valore di tempo di eco ottenibile. La radiofrequenza viene utilizzata sia per eccitare gli atomi di idrogeno sia per la ricezione del 14 2 Tecnica d’esame segnale: la catena di radiofrequenza è composta da tre componenti: amplificatore RF in trasmissione, antenna di ricezione (la bobina), amplificatore RF in ricezione. Il trasmettitore a radiofrequenza fornisce la necessaria energia alla frequenza di risonanza per far si che i protoni ribaltino i loro spin, rispetto la direzione del campo magnetico principale. Allo scopo, viene utilizzata un’apposita bobina, di solito integrata al sistema. Dopo questa fase di eccitazione, i segnali che si originano dai protoni durante il loro moto di precessione possono essere rilevati da apposite antenne (bobine), fino al completamento del rilassamento dei protoni stessi; il debole segnale, rilevato dalle bobine di ricezione, sarà amplificato tramite l’apposito amplificatore. 2.2.2 Tecnica d’esame per la mammella La valutazione della mammella con RM si basa sullo studio bilaterale e simultaneo dell’organo, mediante sequenze che consentano un buon compromesso tra risoluzione temporale e spaziale, tali da garantire l’esecuzione dello studio dinamico ottenendo nel contempo immagini di buona qualità. I magneti che permettono di ottenere sequenze con tali requisiti possono avere intensità di campo comprese tra 1 e 1,5 Tesla, devono avere gradienti ripidi (15-25 mT/m) e rapidi (velocità > di 15 T/m/s) e utilizzare bobine dedicate che consentano lo studio bilaterale simultaneo. Previo incannulamento di una vena del braccio, che viene raccordata all’iniettore automatico tramite una prolunga, applicato il dispositivo di protezione acustica, la paziente viene posizionata prona, meglio se con le braccia lungo il corpo, in alternativa sopra la testa, con le mammelle allocate nella bobina, ed introdotta nel magnete, come si può vedere in figura 2.4. [P.Panizza et al., 2010] 15 2 Tecnica d’esame figura 2.4: posizionamento paziente sottoposta a un esame di risonanza magnetica alla mammella Lo studio ideale è veloce poiché la diminuzione del tempo d’esame riduce il rischio di artefatti da movimento, pertanto è necessario eseguire il minor numero possibile di sequenze. Generalmente, una sequenza T2 pesata (fast/turbo Spin Echo T2), possibilmente ad alta risoluzione o, in alternativa, una sequenza Inversion Recovery (IR) precede lo studio dinamico. La fase indispensabile per lo studio della mammella è costituita dallo studio dinamico: le sequenze generalmente adottate sono Gradient-echo (GE) T1 pesate. Le sequenze GE offrono diversi vantaggi per lo studio delle mammelle: velocità d’acquisizione che permette studi dinamici, moderata intensità di segnale del tessuto adiposo spesso predominante, elevata sensibilità al mezzo di contrasto paramagnetico, che esalta l’incremento di intensità del segnale delle lesioni con spiccata neoangiogenesi. Il piano di studio consigliato per lo studio della RM di mammella è quello coronale che permette di dirigere l’artefatto da pulsazione cardiaca secondo l’asse z (testa-piedi), evitando che questo ostacoli la valutazione di mammella e cavo ascellare di sinistra; permette inoltre di ridurre il tempo di acquisizione, circa 80 secondi, con l’utilizzo di un FOV (Field Of View) rettangolare ideale considerando l’anatomia dell’organo. Grazie a questo FOV si ha la possibilità di ottenere un elevato numero di sezioni, circa 60, a spessore sottile (2-3mm) senza gap e a matrice elevata. 16 2 Tecnica d’esame Per un’adeguata pesatura in T1 si utilizzano sequenze con tempo di ripetizione TR breve e flip angle FA di 25°. Anche il tempo di echo TE, al fine di ottenere una buona pesatura in T1, deve essere il più breve possibile. Lo studio dinamico consiste nell’acquisizione di una sequenza basale ripetuta, dopo infusione di mezzo di contrasto, per almeno 5 volte, senza soluzione di continuo. Ciò consente di valutare nel tempo la variazione di intensità di segnale delle strutture in esame in base alla loro vascolarizzazione. Il mezzo di contrasto (MdC) paramagnetico generalmente utilizzato è il Gadolionio-DTPA, alla dose di 0,1-0,2 mmol/kg, viene iniettato con una velocità di flusso di 2-3 ml/sec, seguito da 20 ml di fisiologica, per spingere quanto residua nella prolunga della connessione tra iniettore e braccio. Una volta acquisito, perché l’esame possa essere diagnostico, deve essere elaborato: solo l’elaborazione delle immagini, infatti, consente di identificare le lesioni, ipotizzare la natura, precisarne sede e rapporti con le strutture circostanti. Alle immagini con contrasto si sottrae la stessa serie senza contrasto; questo consente di eliminare l’intensità di segnale del grasso esaltandole aree di impregnazione di mezzo di contrasto. Le sottrazioni più importanti sono quelle ottenute dalle prime due serie dopo contrasto: infatti, entro 3 minuti la maggior parte dei carcinomi raggiunge il picco di enhancement [P.Panizza et al., 2010] 2.3 Tomografia computerizzata e Breast-CT La Tomografia Computerizzata (dall’inglese Computed Tomography) è una tecnica di imaging in cui si fa ruotare attorno al corpo del paziente un fascio di raggi X strettamente collimato e si misura la radiazione trasmessa con un sistema di rilevazione ad ogni piccolo grado di rotazione. Si ottiene così una serie di profili di attenuazione dei raggi X del soggetto esaminato a differenti angoli. Successivamente l’elaborazione delle misure mediante speciali algoritmi matematici 17 2 Tecnica d’esame ricostruisce immagini assiali (da qui il nome iniziale di Tomografia Assiale Computerizzata, ovvero TAC) libere da sovrapposizioni, ciascuna delle quali rappresenta una sezione corporea del soggetto [Mazzuccato, 2009]. Convenzionalmente, l’asse della rotazione viene indicato come asse z, mentre le sezioni assiali risultano definite sul piano xy. La Breast-CT (BCT) è una tecnica diagnostica di recente introduzione e sotto alcuni aspetti ancora in fase di studio. Essa è una tomografia computerizzata, generalmente con fascio conico (cone-beam) oppure a ventaglio (fan-beam), della mammella. Grazie allo sviluppo di rivelatori digitali sempre più sofisticati, il progetto di una CT dedicata al seno è stato ripreso negli ultimi anni e vari gruppi di ricerca si sono dedicati allo studio approfondito delle possibilità che questa nuova tecnica può offrire. La General Elctric (GE) fabbricò un primo prototipo di breast-CT nel 1975, chiamata CTM (Computed Tomographic Mammography). Questo prototipo utilizzava un fascio fan-beam, come le comuni CT, e per acquisire 1 cm di spessore impiegava circa 10 s. La paziente veniva fatta accomodare prona in un lettino incavato e nel quale era praticato un foro per far passare il seno, il quale veniva poi tenuto in posizione da un contenitore con all’interno dell’acqua riscaldata. I dati grezzi delle proiezioni venivano ricostruiti in matrici da 128x128 e con uno spessore di fetta di 1 cm. Nonostante i risultati sembrassero promettenti, la GE decise in ultima analisi di non procedere ad un ulteriore sviluppo dell’apparecchiatura a causa dell’alta dose impartita al seno, della limitata risoluzione spaziale (1,56 mm) e dei costi elevati [Shaw, 2014]. Dopo vari anni di progresso tecnologico, un nuovo prototipo di breast-CT venne realizzato nel 2001 da un gruppo di ricercatori americani dell’università della California, sotto la guida del Prof. J.M. Boone, con l’intento di realizzare 18 2 Tecnica d’esame un’apparecchiatura dedicata allo screening del cancro al seno [Boone, 2001]. Questo prototipo prevedeva l’utilizzo di un tubo radiogeno con anodo in tungsteno con una macchia focale di 0,4x0,4 mm e una filtrazione aggiuntiva in rame di 0,3 mm. I parametri di esposizione prevedevano l’utilizzo quasi esclusivo di una tensione di circa 80 kVp, un prodotto corrente-tempo di esposizione variabile da 50 a 120 mAs (dipendente dallo spessore della mammella) e un’energia media del fascio più alta di quella di un mammografo convenzionale. Il detettore digitale era costituito da un flat-panel allo Ioduro di Cesio delle dimensioni di 30 cm di altezza e 40 cm di larghezza [Lindfors et al., 2008]. Come nelle più comuni CT, la scansione avveniva facendo ruotare il sistema tubodetettori attorno all’oggetto in esame, in questo caso, attorno alla mammella. Per questo motivo la geometria di acquisizione richiedeva un preciso posizionamento della paziente, che infatti viene fatta accomodare prona nel lettino, e con la mammella in esame pendula, senza compressione (figura 2.5). Figura 2.5: Posizione della paziente durante l’acquisizione in BCT. Attualmente la ricerca sulle apparecchiature BCT si è concentrata sull’analisi di parametri fondamentali che devono essere ottimizzati per procedere alle applicazioni cliniche, come ad esempio l’acquisizione di 19 2 Tecnica d’esame un volume ottimale alla clinica: la risoluzione spaziale, il rumore e i rapporti contrasto/rumore (Contrast-to-noise ratio CNR) e segnale/rumore (Signal-to-noise ratio SNR) e il suo spettro d’energia e la correzione degli effetti della radiazione diffusa; sono in atto anche degli studi di confronto tra mammografia e BCT riguardanti la visualizzazione e l’analisi delle masse e delle micro calcificazioni del seno e si continua a valutare e studiare la dose e la sua uniformità al paziente per l’esame BCT. Gli studi hanno portato a vari risultati: si è notato che la BCT è capace di mostrare calcificazioni e masse sospette nella loro posizione anatomica e che la visibilità e cospicuità può essere migliore rispetto al sistema schermo-pellicola della mammografia [Sarno et al., 2015]. Relazioni di studi clinici e studi di ricerca e sviluppo clinico attualmente in corso indicano che la BCT è in grado di produrre immagini dell’anatomia della mammella con qualità eccellente, a livelli di dose comparabili a una mammografia in doppia proiezione [Sarno et al., 2015] 2.4 Ecografia L’ecografia è un tipo di indagine, che come la mammografia, è ritenuto fondamentale per lo studio della patologia mammaria. Pur essendo infatti complessivamente meno specifico della mammografia, ha il vantaggio di essere particolarmente sensibile proprio nelle mammelle ad alto contenuto di tessuto ghiandolare, in cui la mammografia vede ridotto il proprio potere diagnostico; inoltre l’ecografia, non utilizzando radiazioni ionizzanti ma ultrasuoni, non dà dose alla paziente: risulta quindi l’indagine di prima istanza nei seni giovanili (donne di età inferiore a i 35 anni) ed è un utile completamento della mammografia in tutti gli altri casi di seno “mammograficamente denso” o di riscontro della patologia all’indagine mammografica [Mazzuccato, 2009]. 20 2 Tecnica d’esame 2.5 Tecniche di imaging di medicina nucleare Le indagini di medicina nucleare si differenziano dalle tecniche di radiologia diagnostica per il fatto che si basano su caratteristiche di evidenza o differenziazione di attività funzionali. Si possono considerare pertanto indicatori di funzione o attività metabolica di tessuti o organi, mentre raramente hanno riferimenti puramente anatomici. 2.5.1 Mammoscintigrafia La mammoscintigrafia è una tecnica invasiva che prevede la somministrazione al paziente, per via endovenosa, di una piccola quantità di radiofarmaco, cioè un farmaco contenente un radionuclide che emette radiazione gamma a una data energia. In particolare in questo esame si usa il 99mTc-Sestamibi (o la 99mTc-Tetrafosmina che è un suo analogo), che viene captato dalle neoplasie sulla base di due fattori principali: l'aumentata perfusione tissutale nel tumore e la tendenza a fissarsi nei mitocondri, che sono molto numerosi nelle cellule tumorali [Volterrani, 2010]. La radiazione emessa dal radioisotopo in esso contenuto (il 99mTc), viene rilevata da un’apparecchiatura chiamata Gamma Camera e l'elettronica dell'apparecchiatura permette la ricostruzione delle immagini planari. La visualizzazione delle lesioni è condizionata dalle dimensioni, dal grado di crescita tumorale e relativo fabbisogno energetico, dal grado di differenziazione e dalle condizioni di vascolarizzazione. Ne consegue che la mammoscintigrafia ha sensibilità e specificità minori rispetto alla mammografia, pertanto l'utilizzo di tale indagine diagnostica va attualmente limitato solo a casi selezionati dopo uno studio integrato con le altre metodiche di radiodiagnostica che non sono in grado di risolvere il dubbio benignità/malignità di lesioni primarie [Mazzuccato, 2009] 21 2 Tecnica d’esame 2.5.2 Linfoscintigrafia per la ricerca del linfonodo sentinella Il linfonodo sentinella è il primo linfonodo, o gruppo di linfonodi, che riceve la linfa direttamente dal tumore e la sua biopsia rappresenta un'efficace tecnica nella valutazione delle condizioni linfonodali ascellari. Numerosi studi, infatti, dimostrano come analizzando questo linfonodo si possa ragionevolmente prevedere la presenza o assenza di metastasi nei restanti linfonodi [Mazzuccato, 2009]. La sua localizzazione, pertanto, è estremamente importante e viene eseguita tramite la linfoscintigrafia. La linfoscintigrafia si basa sull'uso di radiofarmaci ad attività linfopessica quali l'albumina umana colloidale marcata con 99mTc. Il radiotracciante viene iniettato in sede peritumorale e, grazie al diametro delle particelle colloidali (20 – 80 nm), migra dalla sede di iniezione lungo i dotti linfatici e raggiunge il linfonodo sentinella [AOUTS]. La ricerca e individuazione del linfonodo sentinella nasce dall’esigenza di evitare, se possibile, interventi chirurgici eccessivamente demolitivi (tipicamente lo svuotamento ascellare, cioè l'asportazione di tutti i linfonodi ascellari) che causano complicazioni immediate e a distanza, quali linfedema, parestesie e limitazioni funzionali [Volterrani, 2010]. 2.5.3 PET e PET-TC La tomografia a emissione di positroni (PET) è una tecnica di imaging che fornisce immagini sfruttando la distribuzione di isotopi emittenti positroni contenuti nel radiofarmaco iniettato. Questa tecnica, a differenza delle altre metodiche già viste, si distingue per la sua capacità di studiare le caratteristiche funzionali del cancro mammario, come flusso ematico, metabolismo del glucosio e stato dei recettori. La PET per il carcinoma mammario è stata approvata negli USA sin dal 2003, con tre specifiche indicazioni: stadiazione pre-operatoria (con riferimento anche ai linfonodi ascellari), diagnosi di recidiva loco-regionale e/o delle 22 2 Tecnica d’esame metastasi a distanza in fase di ristadiazionie e valutazione della risposta alla terapia [Volterrani, 2010]. Il radiofarmaco utilizzato nella PET della mammella è il Fluorodesossi-glucosio marcato con 18F (FDG-18F), che è un tracciante che permette di valutare il metabolismo glucidico, che nelle cellule tumorali è aumentato, andando a determinare un maggiore accumulo dello stesso in sede tumorale. La sensibilità di questo esame è molto elevata, tuttavia presenta un limite legato alla risoluzione spaziale che rende difficoltoso lo studio delle lesioni inferiori al cm; inoltre i processi neoplastici ben differenziati possono dar luogo a falsi negativi, in quanto il loro metabolismo non è particolarmente aumentato. Per una miglior qualità delle immagini PET è possibile abbinare alle immagini funzionali della PET le immagini morfologiche ottenute con una TC (Tomografia Computerizzata), che quindi non solo aiuta la localizzazione delle lesioni dando riferimenti anatomici, ma corregge anche l’attenuazione delle radiazioni causata dal corpo del paziente [Passariello, 2012]. 2.6 Biopsia e ago aspirato Nel caso in cui la mammografia e/o l’ecografia non siano in grado di formulare con certezza la diagnosi riguardo la natura di un reperto dubbio o sospetto, si rende necessario ricorrere ad un prelievo di cellule o di un frammento di tessuto mammario, con successiva analisi anatomopatologica del materiale prelevato. Le metodiche con cui si eseguono questi prelievi sono principalmente la biopsia e l'agoaspirato che si distinguono a seconda della grandezza dell'ago utilizzato. La prima, chiamata anche NCB (Needle Core Biopsy) consiste nella raccolta di frustoli di tessuto, tramite un ago di grosso calibro, che verranno in seguito analizzati istologicamente, permettendo la conoscenza della sua eventuale invasività e parametri relativi alla sua 23 2 Tecnica d’esame aggressività. La procedura prevede alcuni accorgimenti particolari come l'utilizzo di un anestetico locale, un'incisione cutanea con un bisturi per facilitare il passaggio dell'ago, la compressione manuale per 10-15 min dopo l'estrazione dell'ago e la radiografia dei campioni. Al giorno d'oggi sono disponibili diverse metodologie di NCB, tra cui: prelievi multipli con aghi a ghigliottina di calibro compreso tra i 14 e 20 G e pistola automatica o semiautomatica e prelievo con aspirazione (Mammotome o Vacuflash). Generalmente la biopsia viene eseguita sotto guida ecografica ma può essere eseguita anche sotto guida mammografica [Mazzuccato, 2009]. L'agoaspirato, chiamato anche FNAC (Fine Needle Aspiration Citology), è eseguito invece con un ago sottile, dal calibro compreso tra 21 e 27 G, montato su una siringa apposita e consiste nel prelievo di alcune cellule che verranno analizzate con un esame citologico. A differenza del NCB, questa metodica risulta meno difficile, indolore e non richiede accorgimenti particolari [http://medicalgroupdiagnostica.it]. 24 3 Il sincrotrone 3 Il sincrotrone Il progetto di collaborazione SYRMEP (SYnchrotron Radiation for Medical Physics) conduce da tempo ricerche nel campo dell’imaging medico diagnostico utilizzando la radiazione di sincrotrone come sorgente di raggi X. L’obbiettivo principale è l’ottimizzazione degli esami in mammografia con il proposito di migliorare la qualità delle immagini riducendo al tempo stesso la dose di radiazione. A tale scopo è stata costruita una linea di luce presso il sincrotrone ELETTRA di Trieste che sfrutta le caratteristiche peculiari della radiazione di sincrotrone. [Abrami et al.,2005]. 3.1 La luce di sincrotrone Il sincrotrone è una macchina acceleratrice di particelle cariche che sfrutta simultaneamente i principi di funzionamento del betatrone (campo magnetico variabile) e del sincrociclotrone (tensione acceleratrice alternata modulata in frequenza) e consente di raggiungere energie elevatissime. [http://www.treccani.it] 25 3 Il sincrotrone La radiazione elettromagnetica che viene emessa, chiamata luce di sincrotrone, viene prodotta quando queste particelle subiscono delle deflessioni nella loro traiettoria a causa di campi magnetici. Il sincrotrone ELETTRA di Trieste utilizza come particelle elettroni di energia pari a 2,0-2,4 GeV che percorrono un condotto quasi circolare di 260 m di circonferenza [http://www.elettra.trieste.it/]. La sorgente della linea SYRMEP è uno dei 12 magneti curvanti di Elettra. Il fascio di radiazioni che ne scaturisce ha le caratteristiche di essere molto intenso, collimato e con forma a ventaglio, alto qualche millimetro e largo qualche decina di centimetri, aperto nel piano dell'orbita, come mostrato in figura 3.1 Figura 3.1: Rappresentazione grafica della geometria di un fascio di luce di sincrotrone. Tuttavia, la geometria del fascio può essere variata mediante l'uso di determinate fenditure e inoltre, grazie a opportuni cristalli detti monocromatori, è possibile ottenere fasci praticamente monocromatici 26 3 Il sincrotrone (monoenergetici) di energia selezionabile a piacere in un ampio spettro energetico [Astolfo, 2006]. Facendo incidere, infatti, un fascio collimato di raggi X su di un cristallo si osservano fenomeni di diffrazione causati dall'interazione del fascio con il reticolo cristallino. Tali fenomeni possono essere utilizzati per isolare una componente monocromatica dal fascio incidente. Il monocromatore è quindi un dispositivo in grado di estrarre da un fascio di luce policromatica un fascio di luce monocromatica facendo variare l'angolo di incidenza del fascio stesso su reticolo cristallino. I principali vantaggi di avere un fascio monocromatico sono una migliore qualità dell'immagine e una riduzione della dose di radiazione [Longo, 2011]. La radiazione emessa dal magnete curvante viene trasportata nelle postazioni di sperimentazione per mezzo di linee di luce o linee di fascio (beamline). Tipicamente, la beamline può essere lunga qualche decina di metri. Questo, unito alle ridotte dimensioni della sorgente (determinate dalle dimensioni del pacchetto di elettroni che circola all'interno dell'anello), implica una geometria molto diversa dalla geometria dei tubi radiogeni. È proprio questa geometria, caratterizzata da una elevata coerenza spaziale, che permette di applicare la tecnica del contrasto di fase [Rigon, 2014]. La produzione però ha vari svantaggi: per produrre il fascio necessario serve un sincrotrone di determinato raggio, questo comporta sia costi molto elevati, un accesso limitato alle strutture e l’impossibilità, abbastanza critica nell’ambito di questa ricerca, di ruotare la sorgente luminosa [G. Margaritondo et al.,1988.] 27 3 Il sincrotrone 3.2 La beamline SYRMEP La linea di luce SYRMEP è stata negli ultimi anni protagonista di vari studi sperimentali di imaging. La beamline porta il fascio di luce prodotto dalla sorgente (uno dei magneti curvanti dell’anello) alla sala paziente, adibita all’esecuzione dell’esame mammografico; prima di arrivare a tale postazione il fascio passa attraverso una serie di sale, in cui viene appositamente modificato in modo tale da poter essere utilizzato [Abrami et al., 2005]. Figura 3.2: Schema dei vari passaggi che linea di luce SYRMEP attraversa nel suo percorso. Il fascio prima di tutto entra nella sala ottica, dedicata alla sua preparazione e prima parte della linea, viaggiando in un ambiente di ultra-alto vuoto. Qui una finestra in berillio, spessa 2 mm, filtra il fascio attenuando la parte di radiazione con energia inferiore a 8 keV [Astolfo, 2006]. Successivamente un primo sistema di fenditure in rame (slits), movimentate con precisione micrometrica da appositi motori, determina la sezione del fascio incidente sul monocromatore. La selezione energetica viene effettuata ruotando i cristalli del monocromatore in modo da variare l’angolo di incidenza del fascio e permettendo la 28 3 Il sincrotrone disponibilità di energie comprese tra circa gli 8 e i 40 keV, range che contiene ampiamente l’energia utile per la mammografia [Castelli, 2011]. Dopo una seconda finestra di berillio, il fascio prosegue il suo cammino in aria, subisce un’eventuale filtrazione di alluminio (per ridurre l’intensità della radiazione) ed infine entra nella sala sperimentale grazie ad un’apposita fenditura situata nella parete. Questa sala contiene un altro sistema di controllo e di preparazione del fascio che consiste in un secondo dispositivo di sagomatura del fascio detto “slit paziente”, due camere a ionizzazione per il controllo della dose e tre otturatori detti “shutters” che hanno la funzione di aprire e chiudere il fascio di raggi X molto velocemente per garantire la sicurezza della paziente [Longo, 2007]. Il fascio di luce esce quindi dalla sala sperimentale ed entra nella sala paziente dove avviene l’esame (figure 3.3). Questa sala è quindi dotata di lettino, sistema di rivelazione ed esposimetro [Tromba et al., 2010]. Inoltre vi è anche un sistema di laser che permette di visualizzare la posizione del fascio in modo da consentire il corretto centraggio della mammella. Figura 3.3: Schema semplificato della Sala Paziente (non in scala) 29 3 Il sincrotrone Il lettino (figura 3.4) è stato progettato appositamente per lo studio mammografico e tomografico. Infatti, essendo il fascio di radiazione laminare e situato ad un’altezza fissa, è necessario che l’oggetto in esame trasli verticalmente durante l’esposizione. La meccanica che sta alla base della sua progettazione, infatti, consente un movimento a tre gradi di libertà: movimenti di traslazione verticale, orizzontale e movimenti di rotazione, per eventuali proiezioni oblique e per proiezioni tomografiche [Abrami et al., 2005 – Dreossi et al., 2008]. Figura 3.4: Lettino portapaziente nella sala paziente della linea SYRMEP. Infine vi sono altre due sale: la sala radiologo e la sala di controllo. La prima è adiacente a quella paziente e vi si trovano il medico radiologo e il tecnico radiologo che gestiscono l’esame tramite una consolle; la sala di controllo, invece, situata al piano superiore della postazione viene utilizzata durante le altre attività di ricerca e vi sono situati varie strumentazioni e sistemi di controllo [Abrami et al., 2005]. 30 3 Il sincrotrone 3.3 Raggi-X a contrasto di fase La luce di sincrotrone, con la sua grande coerenza temporale e spaziale, consente di sfruttare le proprietà ondulatorie del fascio incidente con particolari tecniche, dette tecniche di fase, particolarmente adatte per esaminare oggetti con bassi contrasti di assorbimento dei raggi X. Figura 3.5: Contrasto di fase, esempio schematico. L’indice di rifrazione per raggi-x è generalmente così espresso: 𝑛 = 1 − 𝛿 + 𝑖𝛽 dove β corrisponde all’indice di assorbimento e δ corrisponde all’indice di spostamento di fase. Come si vede dalla Figura 3.5 sfruttando un fascio molto coerente in concomitanza della frontiera di due materiali (aria/oggetto in questo esempio) le differenti proprietà ottiche (il cambiamento eterogeneo dell’indice di rifrazione, sia come assorbimento sia come spostamento di fase) agiranno sull’onda creando un contrasto di fase che si aggiunge al consueto contrasto dovuto all’assorbimento. Si noti che l’indice di assorbimento decresce in maniera inversamente proporzionale al cubo dell’energia, mentre l’indice di rifrazione decresce in maniera inversamente proporzionale al quadrato dell’energia. Questo 31 3 Il sincrotrone significa che al crescere dell’energia (frequenza) l’attenuazione causata dall’assorbimento è minore rispetto al mutamento dell’indice di rifrazione. A valle del fascio, quindi, si genereranno delle figure d’interferenza apprezzabili distintamente a una distanza sufficientemente lontana dall’oggetto. Disponendo di un rivelatore con una risoluzione spaziale abbastanza elevata da distinguere i picchi della figura di interferenza è possibile ottenere un’immagine con i bordi delle strutture evidenziati con maggior dettaglio (edge-enhancement). Tenendo quindi conto che i tessuti mammari presentano un basso contrasto di solo assorbimento, questa tipologia di tecniche è indicata particolarmente per essere usata in campo senologico [Quaia et al., 2012] Figura 3.6: Figure comparative, a destra normale mammografia planare, a sinistra mammografia con contrasto di fase 32 3 Il sincrotrone 3.4 Mammografia planare con luce di sincrotrone Il progetto SYRMA nasce nel 2000 con l’obiettivo di risolvere quei casi che con una mammografia convenzionale ottengono una diagnosi dubbia; a questo scopo la beamline dedicata venne profondamente modificata per permettere lo studio su pazienti [Abrami et al., 2005]. L'inizio della sperimentazione clinica arrivò alla fine di un lungo iter di autorizzazioni, partito nel 2004, quando il Comitato etico dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Trieste si espresse a favore della ricerca, con il relativo protocollo di arruolamento delle pazienti e nel 2006 vennero eseguite le prima mammografie planari su pazienti che avevano ricevuto una diagnosi dubbia o sospetta alla mammografia digitale in ospedale, e che necessitavano quindi di ulteriori approfondimenti, per cui si poteva ritenere che potessero beneficiare dall’esame al sincrotrone [Burin, 2014]. 3.4.1 Protocollo d’esame La paziente veniva posizionata prona nel lettino con la mammella lasciata pendula attraverso un foro di forma e geometria adattate all'anatomia del seno. La mammella, analogamente a ciò che avviene in un esame mammografico convenzionale, veniva compressa tramite un compressore formato da due piastre, una in fibra di carbonio e l'altra in policarbonato. La compressione era necessaria per fare in modo che lo spessore della mammella fosse uniforme e che le fibre del tessuto mammario venissero correttamente distese [Dreossi et al., 2008]. La mammella veniva successivamente centrata nel campo di acquisizione per la scansione grazie ai movimenti del lettino. Il sistema di rilevazione veniva posto a 2 m di distanza dal seno in esame, distanza considerata ottimale per sfruttare al meglio la tecnica a contrasto di fase. 33 3 Il sincrotrone In questa prima sperimentazione clinica il tipo di rivelatore utilizzato riguardava un sistema tradizionale a schermo-pellicola Kodak (modello) con FOV di 180 x 240 𝑚𝑚2 [Tromba et al., 2010]. L'acquisizione dell'immagine, come già accennato in precedenza, avveniva grazie al movimento di traslazione verticale a velocità costante sia del lettino, sia del detettore (figura 3.7). Figura 3.7: schema dell’acquisizione nella mammografia planare con luce di sincrotrone. a) fascio di raggi X b) lettino portapaziente c) compressore in posizione aperta d) detettore e) movimento di traslazione verticale f) movimento di rotazione Una coppia di camere a ionizzazione venivano utilizzate insieme ad un esposimetro a stato solido (formato da quattro diodi semiconduttori, posto a valle della paziente) per determinare i parametri di esposizione calcolati dopo una breve pre-esposizione a bassa dose [Dreossi et al., 2008]. 34 3 Il sincrotrone 3.4.2 Risultati Il principale risultato di questo studio è stato un aumentato numero di veri-negativi. Le pazienti con questo risultato, infatti, hanno beneficiato dell'esecuzione della mammografia con luce di sincrotrone, e talvolta essa ha evitato procedure invasive di accertamento della diagnosi. In altre pazienti esaminate con entrambe le tecniche mammografiche, convenzionale e con luce di sincrotrone, hanno dato una diagnosi errata dovuta all'elevata densità del tessuto mammario; quindi l’elevata densità dell'organo si è quindi dimostrata un limite per entrambe le metodiche perchè il tessuto mammario sano nasconde possibili alterazioni. La futura introduzione della mammografia con luce di sincrotrone come esame di secondo livello nella pratica clinica sembra essere al momento discutibile a causa della limitata disponibilità della tecnica, tuttavia eventuali ulteriori soluzioni al problema includono lo sviluppo di unità mammografiche portatili in grado di produrre un fascio di raggi X con caratteristiche simili, ma non identiche, alla luce di sincrotrone e unità con set-up che permettono un certo grado di contrasto di fase [Castelli et al., 2011 – Rigon et al., 2011]. 35 4 Il progetto SYRMA-CT 4 Il progetto SYRMA-CT Nel 2000 è stato varato il primo progetto in vivo col nome di SYnchrotron Radiation Mammography (SYRMA). Questo esperimento aveva lo scopo di risolvere alcuni casi diagnostici la cui la semplice mammografia convenzionale ed eventuale ecografia avevano dato una diagnosi dubbia. Gli studi ottenuti con le pazienti nel progetto SYRMA nel periodo 2006-2009 hanno dato risultati eccellenti [Castelli et al, 2011] e l’interesse ora si è rivolto verso la breast-CT; da questo è nato SYRMACT. In questo capitolo verranno descritti il progetto, gli strumenti utilizzati e i più recenti risultati. 4.1 Breast-CT con luce di sincrotrone: studi preliminari Prima dell’esperimento SYRMA-CT sono stati condotti degli studi di fattibilità con un detettore digitale denominato PICASSO (Phase Imaging for Clinical Application with Silicon detector and Synchrotron radiatiOn), un prototipo in grado di sfruttare a pieno le caratteristiche peculiari della luce di sincrotrone e utilizzabile per effettuare immagini 3D come appunto quelle tomografiche o di tomosintesi [Lopez et al., 2014]. 36 4 Il progetto SYRMA-CT Lo studio è stato condotto su fantocci creati, appositamente allo scopo di studiare sia la risoluzione spaziale e di contrasto del detettore, sia la dose erogata [Tapete, 2008; Rigon et al., 2011]. L'energia considerata ottimale e che è stata utilizzata in questo studio era di circa 26,5 keV. La valutazione della risoluzione di contrasto con il fantoccio apposito ha evidenziato la possibilità di rivelare differenze piuttosto piccole tra strutture simili impartendo però una dose significativa, calcolata come parametro ESAK (Entrance Surface Air Kerma), dell'ordine di 10 mGy. Invece, nell'analisi della risoluzione spaziale, la dose è risultata sensibilmente ridotta, mostrando dettagli ad alto contrasto (di circa 0,5 – 0,7 mm di diametro) con solo 3 mGy di dose. L'acquisizione delle immagini è avvenuta grazie alla possibilità di movimento rotatorio del lettino portapaziente attorno all'asse della mammella (in questo caso del fantoccio). Un problema che si è riscontrato, però, è l'impraticabilità dell'acquisizione di tutto l'oggetto: a causa della natura laminare del fascio di luce di sincrotrone una rotazione completa consente di acquisire una sezione assiale spessa solo qualche millimetro; tuttavia, si è ritenuto che la breast-CT potrebbe essere utilizzata come indagine di secondo livello in seguito alle immagini planari mammografiche, in modo da individuare con queste una possibile anomalia e focalizzare lo studio tomografico solo su di un limitato numero di sezioni assiali [Tapete, 2008; Rigon et al., 2011]. Da questo presupposto nel 2014 è nato il progetto SYRMA-CT, che verrà illustrato nel paragrafo seguente. 4.2 Il progetto L’obiettivo di SYRMA-CT è di mantenere la leadership italiana nella mammografia in contrasto di fase estendendo il programma clinico della linea SYRMEP alla tomografia della mammella, per ottenere immagini 37 4 Il progetto SYRMA-CT CT mammografiche che sfruttino al meglio gli effetti di fase che non sono osservabili con le attuali Cone-Beam Breast-CT. Per questo progetto si è deciso di utilizzare, confrontando vari studi e varie tecniche di indagine [Longo et al., 2015], un volume di ipotesi di lavoro di 3 centimetri di range e come sistema di rilevazione il detector Pixirad, un rivelatore photon counting dalle prestazioni ottimali in termini di efficienza e risoluzione, di cui verrà fornita una descrizione in seguito [Bellazzini et al., 2013]. Altro aspetto critico per il successo del progetto è l’ottimizzazione dosimetrica che implica un’opportuna scelta dell’energia (nel range 20-38 keV), della risoluzione spaziale del detector, della modalità e dei parametri di acquisizione tomografica. Nel primo anno di sperimentazione è stata studiata in particolare la geometria di acquisizione ottimale e l’applicazione di tecniche iterative di ricostruzione tomografica. 4.3 Pixirad Pixirad è un innovativo sistema di rivelazione a raggi X, con caratteristiche digitali intrinseche e di recente sviluppo come citato. Esso si basa su una tecnologia chormatic photon-counting, cioè è in grado di contare individualmente i fotoni X incidenti separandoli in base alla loro energia. La selezione dei fotoni in basealla loro energia avviene in tempo reale, durante l’esposizione radiografica e la frequenza di conteggio globale è dell’ordine dei GHz [Bellazzini et al., 2013]. Questo detettore può essere formato da più blocchi. Una singola unità consiste in un sensore a stato solido, di Tellurio di Cadmio (CdTe), collegato per la lettura ad un sistema ASIC (Application Specific Integrated Circuit) CMOS (Complementary Metal-Oxyde Semiconductor) tramite una tecnica che permette di connettere un dispositivo semiconduttore a un circuito esterno chiamata “bump bonding”. 38 4 Il progetto SYRMA-CT Il sistema ha quindi una architettura ibrida in cui il sensore e elettronica di lettura sono prodotti e trattati separatamente [Bellazzini et al., 2013]. L’ASIC CMOS ha una superficie attiva di 30,7 x 24,8 mm2 , organizzato come una matrice esagonale di 512 x 476 pixel, che corrispondono ai pixel sul cristallo di CdTe, dello spessore di 650 micron. Esso si basa su una logica di discriminazione: particelle interagenti che soddisfano una data energia richiesta, producono un segnale nel pixel. In genere, la carica depositata in un sensore, a seguito dell’interazione con le radiazioni, è amplificata da un preamplificatore e da ciò viene prodotto un impulso. Successivamente questo impulso viene confrontato con due soglie tramite due discriminatori. Ogni pixel infatti ha due contatori e due soglie. In modalità di lettura, i registri delle diverse colonne di pixel vengono serializzati e il loro contenuto viene estratto dal circuito sotto il controllo di un segnale di clock esterno [Bellazzini et al., 2013]. In figura 4.1 è riportato uno schema semplificato del funzionamento del rilevatore Pixirad. Figura 4.1: schematizzazione del sistema PIXIRAD 39 4 Il progetto SYRMA-CT Il detettore utilizzato nelle attività del progetto SYRMACT è PIXIRAD-8 cioè con otto unita Pixirad accoppiate. Questo sistema è particolarmente adatto a SYRMA-CT in quanto: il sensore ha efficienza prossima al 100% nel range energetico di interesse; il count-rate superiore a 30 GHz ne permette l’utilizzo con il fascio di ELETTRA; la soglia minima impostabile a partire da 2 keV lo rende “noiseless”; il frame-rate fino a 30 frames/s permette l’utilizzo anche con rotazione continua della paziente. 4.4 Primi risultati Nel 2014 l’obiettivo era lo studio di fattibilità per la CT clinica con luce di sincrotrone e in vista di un traguardo più complesso riguardante la documentazione per richiesta di autorizzazione al comitato etico: la tecnica di Breast-CT con luce di sincrotrone, in questo primo approccio, deve ancora essere ottimizzata. Come già visto, il rivelatore PIXIRAD-8, dispone di una tecnologia avanzata di tipo single photon counting, che permette, in linea di principio, di ottenere il massimo dell'informazione disponibile. Esso, però, al momento presenta delle limitazioni dovute al fatto di essere un prototipo. La dose è un fattore fondamentale che va tenuto sempre sotto controllo. Mammelle più grandi, o particolarmente dense, hanno la caratteristica di assorbire più radiazioni X rispetto a mammelle piccole e meno dense: ciò significa che per avere nell'immagine lo stesso rapporto segnale-rumore, una mammella grande deve ricevere una dose maggiore rispetto ad una mammella più piccola [Burin, 2014]. 40 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Nel 2015, dopo i risultati ottenuti dai precedenti studi, si è iniziato a definire e implementare protocolli e iter di ottenimento delle certificazioni ed autorizzazioni. In questo capitolo verrà descritto il lavoro eseguito per la compilazione di questa tesi, con riferimento alle tecniche utilizzate e alle analisi eseguite su immagini di mammografia e risonanza magnetica, al fine di stabilire una procedura che possa definire una possibile geometria d’esame per l’acquisizione tramite tomo-mammografia con luce di sincrotrone. L’obiettivo a lungo termine consiste nel valutare un possibile utilizzo di questa tecnica come possibile esame di secondo livello, successivamente agli esami di mammografia ed ecografia mammaria. 5.1 Valutazioni preliminari Per questo studio ci siamo concentrati sulle immagini di pazienti che presentassero lesioni visibili sia in mammografia che in risonanza 41 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame magnetica, considerando determinate caratteristiche sia della lesione sia della paziente: Istologia del tumore: si è deciso di concentrare principalmente lo studio di questa analisi su un tipo specifico di tumore al seno, ossia il carcinoma duttale infiltrante, quando si manifesta come opacità mammografica, in quanto presenta delle caratteristiche radiologiche che ne permettono la misurazione sia in mammografia che in risonanza magnetica presentandosi come una lesione con margini netti o leggermente sfumati o in parte spiculati, ottimali per una misurazione precisa delle dimensioni, aspetto fondamentale nell’analisi in questa tesi. Il tumore prende questa denominazione in quanto nasce dai dotti galattofori e rappresenta tra il 70 e l’80% di tutte le forme di cancro del seno [AIRC]. Oltre ai carcinomi duttali sono stati considerati altri tumori con caratteristiche morfologiche differenti, come ad esempio la distorsione dei tessuti ghiandolari mammari o la presenza di aree con microcalcificazioni più o meno sparse. Il nostro studio presenta 33 casi di carcinoma duttale, 8 casi di carcinoma lobulare, 2 casi di carcinoma papillare, 1 caso di carcinoma mucinoso, 1 caso di carcinoma tubulare e 6 casi di carcinomi infiltranti a pattern solido scarsamente differenziati (Grading 3). Dimensioni dellelesione: tenendo conto dei limiti di scansione dell’apparecchiatura come citato nel capitolo precedente (ipotesi di lavoro 3cm) si è cercato di considerare solamente le lesioni che rientrassero entro questo parametro fino ad arrivare ai casi limite molto vicini (dai 2,5 cm ai 3cm: 7 casi) o superiori di poco (dai 3 cm ai 4 cm: 3 casi) al range. Posizione delle lesione: Un fattore considerato importante è la posizione della lesione e la sua rispettiva vicinanza al capezzolo e 42 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame al muscolo pettorale; sono stati comunque considerati dei casi molto vicini ai punti di riferimento ( 7 casi vicini alla parete del muscolo pettorale e 3 casi vicini al capezzolo) ma non rappresentano una grossa percentuale in quanto dalla letteratura sappiamo che la metà dei casi di tumore del seno si presenta nel quadrante superiore esterno della mammella [AIRC]. Tipologia di seno: sono state fatte delle considerazioni qualitative in base alla componenti fibroghiandolari e adipose dei seni; nelle pazienti più giovani che presentano un seno tipicamente con una struttura fibroghiandolare predominante su quella adiposa si è notato che, confrontando le immagini di mammografia e di risonanza magnetica, la lesione manteneva più facilmente la posizione rispetto a lesioni in mammelle con più alta percentuale di componente adiposa; questo fattore potrebbe condizionare, come vedremo in seguito, lo scostamento di alcune misure dai valori di riferimento. Interventi e ago aspirato: la modificazione della trama ghiandolare del seno ad opera di questi interventi possono produrre delle difficoltà nell’identificazione della lesione e delle sue dimensioni (il nostro studio presenta 2 casi). 5.2 Apparecchiature utilizzate Le immagini sono state acquisite nelle radiologie dell’azienda ospedaliera universitaria “Ospedali riuniti di Trieste” di Cattinara e del Maggiore. Per quanto riguarda il presidio di Cattinara il mammografo utilizzato è un GE Senographe DS versione ADS_54.11 (figura 2.2) con modalità di controllo dell’esposizione automatica, presenta un rivelatore al silicio amorfo di 19 cm × 23 cm, con punto focale di 0.1-0.3 mm e con pixel di dimensione pari a 100 μm. Nel presidio dell’ospedale Maggiore è 43 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame stata utilizzata invece un’apparecchiatura GIOTTO IMAGE 3DL (figura 2.2), anch’esso con modalità di controllo dell’esposizione automatica: è fornito di rilevatore al Selenio di 24 cm X 30 cm con punto focale di 0.10.3 mm e con dimensione dei pixel di 85 μm. La seconda apparecchiatura utilizzata, come citato in precedenza, per lo studio di questa tesi è la risonanza magnetica: l’ospedale di Cattinara possiede una Achieva 1,5 T (Philips medical system, figura 2.3), fornita di gradienti da 30 mT/m e velocità pari a 150 mT/m/msec; per l’analisi dei dati sono state utilizzate le sequenze dinamiche con mezzo di contrato chiamate THRIVE con voxel d’acquisizione di valore 1X1X2 𝑚𝑚3 , voxel di ricostruzione dell’immagine di 0,79X0,79X1 𝑚𝑚3 , matrice di acquisizione di 280X340 e matrice di ricostruzione di 432X432; l’ospedale Maggiore invece utilizza un’apparecchiatura Siemens Magneton area da 1,5 T con gradienti da 40 mT/m e una velocità pari a 125 mT/m/msec: per l’acquisizione dei dati utili alla tesi sono state utilizzate delle d’acquisizione sequenze di dinamiche 0,9X0,83X2,63 𝑚𝑚3 pesate e in voxel T1 di con voxel ricostruzione 3 dell’immagine di 0,83X0,83X1,70 𝑚𝑚 mentre la matrice di acquisizione possiede i valori 357X384 con un FOV di ricostruzione di 320X320. 5.3 Metodo di misura della lesione Lo scopo di questa tesi è individuare una procedura che possa essere utilizzata nella centratura della lesione con la tomo-mammografia con luce di sincrotrone, in modo tale da posizionare la massa tumorale al centro del range di acquisizione. Per poter elaborare tale procedura sono state utilizzate le immagini acquisite nella proiezione cranio-caudale (CC) in mammografia e le immagini acquisite in risonanza magnetica sul piano assiale nelle sequenze dinamiche con mezzo di contrasto paramagnetico. 44 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame 5.3.1 ImageJ Le immagini da formato DICOM sono state scaricate dal server del PACS in formato Jpeg e analizzate con ImageJ (figura 5.1), un software per l’elaborazione di immagini scritto interamente in Java e di pubblico dominio. ImageJ è in grado di visualizzare, modificare, analizzare immagini a 8,16,32 bit nei formati più diffusi. Supporta le cosìdette stack di immagini, ossia una serie di immagini che condividono una singola finestra. Può calcolare valori e statistiche sui pixel a partire da selezioni definite dall’utente e può essere utilizzato come supporto per le classiche operazioni di editing di immagini come miglioramento del contrasto, sharpening, trasformazioni smoothing, riduzione geometriche come del rumore; flipping, inoltre scaling e applica rotation [http://www.di.uniba.it]. Figura 5.1: ImageJ e la schermata con le funzioni per elaborare le immagini di mammografia e risonanza magnetica 45 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Le immagini CC di mammografia sono state posizionate in modo da renderle confrontabili con la risonanza magnetica: per questa ragione dopo aver caricato l’immagine su ImageJ questa, attraverso l’opzione Transform, viene ruotata di 90° a destra o sinistra a seconda della mammella su cui si trova la lesione; essendo l’immagine così ottenuta speculare alle immagini di risonanza magnetica, viene inoltre selezionata l’opzione “Flip horizontally” per portare così tutte le immagini sullo stesso piano di visione (figura 5.2) Figura 5.2: i passaggi eseguiti per portare le immagini di mammografia sullo stesso piano delle immagini di risonanza magnetica Anche le immagini di risonanza magnetica sono state modificate prima di essere utilizzate per la misurazione. Innanzitutto si ricorda che l’esame di risonanza magnetica è costituito da un volume formato da più immagini che variano in numero a seconda del FOV utilizzato. 46 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Non sempre la lesione si trova sullo stesso piano/sezione dov’è presente il capezzolo; per questo motivo vengono aperte su ImageJ le due immagini (sezioni) dove sono presenti rispettivamente la lesione e il capezzolo, successivamente si utilizza l’opzione “overlay” e in seguito ”add image” con la quale le immagini vengono sovrapposte ottenendo così un’unica immagine dov’è presente sia il tumore sia il capezzolo (Figura 5.3). Figura 5.3: esempio di overlay per le immagini di risonanza magnetica Abbiamo deciso di utilizzare come riferimento per misurare le distanze necessarie allo studio un cursore di forma rettangolare, definendo in questo modo nelle immagini analizzate un sistema di coordinate cartesiane, in cui l’asse X (ascisse) è orientato in orizzontale come la base del rettangolo e l’asse Y (ordinate) è orientato in verticale lungo l’altezza del rettangolo, come si può vedere in figura 5.4. 47 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Figura 5.4: disposizione del piano cartesiano, costruito tramite il cursore rettangolare, utilizzato su un’immagine di risonanza magnetica Attraverso questo cursore rettangolare abbiamo misurato tre distanze di riferimento sia in mammografia che in risonanza magnetica: Distanza capezzolo-parete muscolo pettorale misurata lungo l’asse delle ordinate: CP H; Distanza capezzolo-lesione misurato lungo l’asse delle ordinate: CL H; Distanza laterale capezzolo-lesione misurata lungo l’asse delle ascisse: CL W. Per convenzione si è deciso che quest’ultima può avere valore sia positivo sia negativo, a seconda della posizione della lesione, ossia se si trova nei quadranti interni o esterni. Dopo aver posizionato correttamente le immagini sia di mammografia che di risonanza magnetica, è stato utilizzato come punto di partenza per le misure il capezzolo sul quale è posto uno i vertici del rettangolo e si è poi trascinato il vertice opposto del cursore rettangolare fino al muscolo pettorale. In questo modo è stata individuata la prima misura ossia CP H. 48 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Successivamente mantenendo il primo vertice sul capezzolo, il vertice opposto del rettangolo è stato portato in corrispondenza del centro della lesione raccogliendo così le misure CL H e CL W indicate in figura 5.5. Figura 5.5: immagini di mammografia e risonanza magnetica su ImageJ con indicate le misure acquisite 5.4 Raccolta dati e analisi I dati raccolti sono stati riportati su un foglio Excel per poter essere rielaborati e utilizzati per la ricerca di una funzione che interpolasse i valori misurati su tutte le lesioni. All’inizio avevamo deciso di valutare come misura di riferimento il valore CL H sia in mammografia sia in risonanza magnetica. A questo proposito va notato che il valore CL H è stato ricontrollato prendendo come riferimenti anche i limiti della lesione, utilizzando come limite superiore della lesione il profilo più vicino al capezzolo e come limite inferiore il profilo più vicino al muscolo pettorale, entrambi misurati sempre grazie al cursore rettangolare posizionato con un vertice al capezzolo. In questo modo siamo riusciti a calcolare anche la dimensione della lesione (confrontata successivamente con i referti delle rispettive immagini) e da questa ci siamo ricavati il valore CL H come valore medio tra i due estremi, superiore ed inferiore. Utilizzando 49 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame tutte le misure (60 pazienti) abbiamo posizionato il valore ottenuto in mammografia sull’asse delle ascisse e il valore ottenuto in risonanza magnetica sull’asse delle ordinate ed abbiamo ottenuto il grafico in figura 5.6 con un valore del coefficiente di determinazione 𝑅2 pari a 0,75. Tale valore, in prima approssimazione, indica che il modello utilizzato rende conto del 75% della variabilità complessiva osservata per il parametro RM CL H. Figura 5.6: grafico con le coordinate CL H in mammografia e in risonanza magnetica con le 60 pazienti A questo punto abbiamo ritenuto opportuno considerare un altro parametro, che fosse caratterizzato da una minore variabilità complessiva, e che potesse quindi fornire un valore del coefficiente di determinazione 𝑅2 più elevato. Abbiamo individuato tale parametro nel rapporto CL H . Pertanto, abbiamo utilizzato questo rapporto come CP H coordinata dei nostri punti, ponendo nuovamente il valore ottenuto in mammografia sull’asse delle ascisse e il valore ottenuto in risonanza magnetica sull’asse delle ordinate. In questo modo, abbiamo ottenuto un 50 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame grafico che mostra una migliore correlazione tra i dati, con un valore di 𝑅2 pari a 0,82. (figura 5.7) Figura 5.7: grafico del rapporto 𝐂𝐋 𝐇 𝐂𝐏 𝐇 in mammografia e risonanza magnetica con un totale di 60 pazienti Le lesioni che sono più vicine al capezzolo avranno valori più piccoli del rapporto CL H ;, e quindi compariranno nei pressi dell’origine del grafico, CP H mentre i tumori che si trovano più vicini alla parete del muscolo pettorale avranno nel grafico valori più grandi, come si può vedere in figura 5.8. Figura 5.8: un esempio di confronto tra il grafico e l’immagine di una lesione con valori di coordinata pari a 0,29;0,29, quindi una lesione molto vicina al capezzolo o retroareolare. 51 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Come già osservato, il valore di 𝑅2 (0,82) dimostra che il grafico in figura 5.7 rappresenta una funzione più significativa rispetto al grafico precedentemente elaborato (figura 5.6) e per questo motivo abbiamo deciso di utilizzare come linea di tendenza la funzione ricavata dal CL H grafico con i rapporti CP H. 5.4.1 Calcolo errori Per il calcolo degli errori di ogni punto abbiamo deciso di eseguire una stima basandoci sulla differenza della dimensione della lesione misurata in mammografia (mx) ed in risonanza magnetica (rm). In altre parole, si è ipotizzato che l’incertezza con cui viene stimato il centro della lesione sia paragonabile all’incertezza sulla misura delle sue dimensioni. Tale errore stato quindi calcolato secondo la formula: 2 σ|Dmx-Drm|= √σ2 Dmx + σ2 Drm dove σDmx e e σDrm possono essere espresse come: 2 √σ2 limite superiore + σ2 limite inferiore Utilizzando i fattori di conversione in base alle dimensione dei pixel e dei voxel precedentemente citati e considerando che nelle immagini di mammografia rielaborate in ImageJ lo scarto minimo è di 4 pixel mentre in risonanza magnetica è di 1 pixel abbiamo ottenuto un risultato di 1,25 mm come errore minimo di misura di ogni punto. Le barre d’errore riportate in figura 5.9 rappresentano il maggiore tra il valore ottenuto dalla formula precedente ed il valore minimo così stimato. 52 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Figura 5.9: : grafico del rapporto 𝐂𝐋 𝐇 𝐂𝐏 𝐇 con l’inserimento delle barre d’errore 5.5 Conferma risultati ottenuti Avendo a disposizione un totale di 60 pazienti su cui poter effettuare le misure, raccolti tra i presidi di Cattinara e Maggiore, abbiamo deciso di dividerle in 2 gruppi. Questi due gruppi formati entrambi da 30 pazienti sono stati creati in modo casuale, i dati raccolti sono stati collegati alla rispettiva paziente e successivamente attraverso la funzione random di Excel riordinati in modo casuale, in modo tale da avere due gruppi i più omogenei possibile. Dopo aver riportato i dati del primo gruppo randomizzato in Excel, sul quale sono stati calcolati i rapporti mammografia sia in risonanza magnetica, abbiamo CL H CP H sia in ottenuto un’equazione fondamentale per la seconda parte di questa esperienza, ossia la conferma dei risultati. Questa tesi, come già accennato in precedenza, si inserisce in un progetto teso a valutare il possibile utilizzo della tomo-mammografia con luce di sincrotrone successivamente agli esami di screening mammografia ed ecografia mammaria. È importante per questo scopo che la paziente sia posizionata correttamente durante l’esecuzione della 53 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame tomo-mammografia, e tale posizionamento può avvenire sulla base della mammografia precedentemente eseguita dalla paziente. Analizzando il primo grafico ottenuto dal primo gruppo randomizzato si ottiene come linea di tendenza, la retta passante per l’origine di equazione Y=0,9127X ( Figura 5.10) Figura 5.10: grafico del rapporto 𝐂𝐋 𝐇 𝐂𝐏 𝐇 nel primo gruppo randomizzato di 30 pazienti con linea di tendenza pari a Y=0,9127X Successivamente, con il secondo gruppo di 30 pazienti randomizzate abbiamo creato lo stesso grafico, posizionando però come linea di tendenza la stessa trovata nel grafico del primo gruppo; per valutare quali punti effettivamente rientravano all’interno del nostro range di 3 cm di acquisizione abbiamo selezionato due bande, corrispondenti approssimativamente a punti distanti 15 mm lungo la direzione verticale dalla linea di tendenza, rispettivamente verso il capezzolo o verso la parete del muscolo pettorale. In questo modo siamo riusciti a valutare grazie sempre al rapporto tutte le lesioni del CL H CP H se, prendendo due gruppi randomizzati, secondo gruppo rientrassero nel range dell’acquisizione estrapolato dai dati del primo gruppo, come si può vedere in figura 5.11 54 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame Figura 5.11: grafico del secondo gruppo di 30 pazienti con la linea di tendenza del primo gruppo e le bande dei 3 cm di range prestabiliti Tuttavia, per poter centrare la lesione nel modo più preciso possibile, dobbiamo essere in grado di stimare correttamente la distanza capezzolo-lesione (il parametro CL H) alla tomo mammografia del sincrotrone. Di norma, le informazioni di risonanza magnetica non saranno disponibili, e tale stima dovrà quindi essere condotta sulla base della sola mammografia. Pertanto, abbiamo elaborato la seguente ipotesi: conosciamo il rapporto CL H CP H in mammografia e grazie al grafico riusciamo ad avere la funzione che collega questo rapporto all’analogo rapporto in risonanza magnetica; quindi assumiamo posizionamento della paziente durante l’esame che il rapporto risonanza magnetica sia uguale al rapporto CL H CP H per CL H CP H il in in tomo-mammografia al sincrotrone. A questo punto supponiamo che il valore CP H del sincrotrone possa essere misurato direttamente nella sala d’esame (attraverso un metro o un righello) nel momento in cui la paziente viene posizionata col seno pendulo: in questo modo il tecnico potrà misurare la distanza dal capezzolo alla parete toracica che appoggia sul sistema di 55 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame posizionamento del paziente e tale lunghezza L diventerà la nostra miglior stima per CP H. Stimando, secondo la nostra ipotesi, che il valore misurato nelle precedenti immagini in risonanza magnetica per CP H sia assimilabile al valore che si potrebbe misurare direttamente nella sala esame del sincrotrone, e stimato il rapporto CL H CP H in base al grafico di figura 5.7, è infine possibile ottenere una stima per CL H prima di effettuare la tomo mammografia al sincrotrone. Con il metodo sopra descritto abbiamo studiato attraverso un grafico la disposizione delle lesioni del secondo gruppo randomizzato inserendo come barre d’errore in questo caso l’estensione della lesione lungo la direzione verticale, come si può vedere nella figura 5.12. Figura 5.12: grafico del discostamento della posizione ipotizzata della lesione (Y=0) rispetto alla realtà. Le barre d’errore in questo caso rappresentano l’estensione della lesione lungo la direzione verticale Come si può notare dal grafico non tutte le lesioni rientrano nel range di 3 cm ipotizzato per l’acquisizione del volume in tomo-mammografia al seno con luce di sincrotrone: nel totale di 60 pazienti le lesioni che escono dal range sono 7. Si tratta di pazienti che presentano lesioni di varie dimensioni e localizzate in quadranti diversi ma con una comune 56 5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame caratteristica, cioè tutte queste lesioni sono molto vicine alla cute. Valutando che tutte queste lesioni sono molto vicine alla cute e che durante l’esame di mammografia la cute della mammella, soprattutto nei quadranti inferiori, può essere distesa e posizionata in maniera soggettiva a seconda del tecnico che esegue l’esame, è possibile pensare che più la lesione è vicina alla cute più è probabile che questa sia soggetta a un cambiamento di posizione dalla mammografia all’esame col sincrotrone. 57 6 Conclusioni 6 Conclusioni Negli ultimi anni, dopo i successi ottenuti dalla mammografia planare con luce di sincrotrone, è iniziato un lavoro di ricerca sull’utilizzo in un futuro di una tomo-mammografia al seno con luce di sincrotrone come possibile esame di secondo livello successivamente gli esami di mammografia ed ecografia mammaria. Questa tesi si propone con lo scopo di individuare una geometria che consenta, grazie alle mammografie eseguite precedentemente dalle pazienti, di posizionare il seno da indagare in modo corretto e di centrare la lesione in tomo-mammografia nel modo più ottimale possibile. Analizzando i dati ottenuti su un gruppo di 60 pazienti che hanno eseguito esami di mammografia e di risonanza magnetica nucleare nei presidi dell’azienda ospedaliera-universitaria “Ospedali riuniti di Trieste” Cattinara e Maggiore abbiamo riscontrato i seguenti risultati: supponendo come range d’acquisizione 3 cm ipotizzati all’inizio del progetto SYRMA-CT abbiamo notato che sulle 60 pazienti analizzate 7 di queste non rientravano nel range desiderato. Analizzando nei particolari questi 7 casi che non rientrano nei parametri impostati abbiamo notato che le lesioni di queste 7 pazienti sono a stretto contatto con la cute del 58 6 Conclusioni seno, precisamente 3 di queste pazienti presentano una lesione molto vicina alla cute del quadrante inferiore, 2 al quadrante superiore, 1 al quadrante interno e 1 al quadrante esterno. Questo fattore di stretto rapporto con la cute del seno potrebbe essere la causa dei valori anomali riscontrati, in quanto essendo lesioni molto vicine alla cute durante la compressione nell’esame mammografico subiscono una maggior modifica della loro posizione originale e questo può dipendere sia dalla compressione in sé sia dalla soggettività del tecnico nel distendere la mammella per l’acquisizione cranio-caudale; questa variazione della posizione della lesione viene ulteriormente enfatizzata quando si pone la paziente prona col seno pendulo durante la risonanza magnetica (stessa posizione in cui la paziente si troverà nella tomomammografia con luce di sincrotrone). Analizzando il grafico che stima la posizione della lesione stimata col metodo illustrato in questa tesi rispetto alla sua reale posizione abbiamo dedotto che una scansione di 3 cm non è sufficiente per poter comprendere tutti i casi analizzati. Figura 6.1: confronto dati raccolti con range di 3 cm (BLU) e range di 5 cm (VERDE) 59 6 Conclusioni Tuttavia, come si può vedere dalla figura 6.1 considerando un range più ampio (in questo caso abbiamo deciso di dirigere le nostre attenzioni su un valore di 5cm) tutti i centri delle lesioni rientrano all’interno del nuovo range; in questo modo anche le 7 lesioni che si trovavano fuori dal range di scansione rientrerebbero nel volume di acquisizione. Un problema però da valutare sono le dimensioni delle lesioni: come si può notare sempre dalla figura 6.1 nonostante sia stato aumentato il range d’acquisizione alcune lesioni non vengono acquisite completamente ma solamente in parte e questo è dovuto alle grandi dimensioni delle lesioni (dai 3 cm in su); per questo motivo bisognerebbe considerare dei parametri di selezione delle pazienti che presentano lesioni con grandi dimensioni, cioè valutare se ci sono determinate pazienti che non possono eseguire la tomo-mammografia al seno con luce di sincrotrone. Un altro fattore che potrebbe portare a una limitante nelle pazienti candidate alla tomo-mammografia al seno con luce di sincrotrone è una mammografia non corretta: soprattutto in pazienti che presentano dei seni molto difficili da comprimere può succedere che nella mammografia il capezzolo non risulti perfettamente in asse con il muscolo pettorale, portando dei problemi nel centraggio in tomomammografia, soprattutto perché abbiamo ipotizzato di prendere la misura L dal capezzolo all’inizio della mammella pendula come nostra migliore stima per CP H; quindi è importante valutare se la mammella della paziente presenta dei particolari che possono andare a complicare la misura del parametro L in tomo-mammografia con luce di sincrotrone. In conclusione lo studio effettuato ha portato a risultati significativi individuando una procedura, che attraverso le immagini di mammografia, può permettere una centratura ottimale della lesione nella tomomammografia con luce di sincrotrone. Tuttavia, analizzando i casi e vedendo che circa il 12% di questi non rientravano nel range di scansione ipotizzato di 3 cm, si ritiene opportuno aumentare il volume 60 6 Conclusioni d’acquisizione per poter essere certi di eseguire una tomo-mammografia con luce di sincrotrone completa e precisa. 61 Indice delle figure Indice delle figure Figura 1.1 : Schematizzazione del drenaggio linfatico mammario .......................................... 4 Figura 2.1: Tipiche proiezioni mammografiche cranio-caudale e obliqua .............................. 8 Figura 2.2: Esempi di due mammografi ................................................................................ 10 Figura 2.3: Apparecchiatura di risonanza magnetica............................................................. 14 Figura 2.4: Posizionamento paziente sottoposta a un esame di RM alla mammella ............... 16 Figura 2.5: Posizione della paziente durante l’acquisizione BCT .......................................... 19 Figura 3.1: Rappresentazione grafica della geometria di un fascio di luce di sincrotrone ...... 26 Figura 3.2: Schema dei vari passaggi che linea di luce SYRMEP attraversa ......................... 28 Figura 3.3: Schema semplificato della sala paziente ............................................................ 29 Figura 3.4: Lettino portapaziente nella sala paziente della linea SYRMEP ........................... 30 Figura 3.5: Contrasto di fase, esempio schematico ............................................................... 31 Figura 3.6: Figure comparative, a destra normale mammografia planare, a sinistra mammografia con contrasto di fase ...................................................................................... 32 Figura 3.7: Schema dell’acquisizione nella mammografia planare con lude di sincrotrone .. 34 Figura 4.1: Schematizzazione del sistema PIXIRAD ............................................................ 39 Figura 5.1: ImageJ e la schermata con le funzioni per elaborare le immagini ........................ 45 Figura 5.2: I passaggi eseguiti per portare le immagini di mammografia sullo stesso piano delle immagini di risonanza magnetica ................................................................................. 46 Figura 5.3: Esempio di overlay per le immagini di risonanza magnetica ............................... 47 Figura 5.4: Disposizione del piano cartesiano, costruito tramite il cursore rettangolare, utilizzato su un’immagine di risonanza magnetica. ............................................................... 48 Figura 5.5: Immagini di mammografia e risonanza magnetica su ImageJ con indicate le misure acquisite. .................................................................................................................. 49 Figura 5.6: Grafico con le coordinate CL H in mammografia e in risonanza magnetica con le 60 pazienti ........................................................................................................................... 50 CL H Figura 5.7: Grafico del rapporto CP H in mammografia e risonanza magnetica con un totale di 60 pazienti ........................................................................................................................... 51 62 Indice delle figure Figura 5.8: Un esempio di confronto tra il grafico e l’immagine di una lesione con valori di coordinata pari a 0,29;0,29, quindi una lesione molto vicina al capezzolo o retroareolare ..... 51 Figura 5.9: Grafico del rapporto CL H con l’inserimento delle barre d’errore ......................... 53 CP H CL H Figura 5.10: grafico del rapporto CP H nel primo gruppo randomizzato di 30 pazienti con linea di tendenza pari a Y=0,9X.................................................................................................... 54 Figura 5.11: grafico del secondo gruppo di 30 pazienti con la linea di tendenza del primo gruppo e le bande dei 3 cm di range prestabiliti .................................................................... 55 Figura 5.12: grafico del discostamento della posizione ipotizzata della lesione (Y=0) rispetto alla realtà. Le barre d’errore in questo caso rappresentano l’estensione della lesione lungo la direzione verticale ................................................................................................................ 56 Figura 6.1: confronto dati raccolti con range di 3 cm (BLU) e range di 5 cm (VERDE) ....... 59 63 Bibliografia Bibliografia 1.Abrami A. et al., Medical application of synchrotron radiation at the SYRMEP beamline of ELETTRA – Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, 548 (2005); 221-227 2. AIFM (Associazione Italiana Fisica Medica), Tomografia Computerizzata: descrizione e misura dei parametri caratteristici – Report AIFM, n. 4 (2007) 3. AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) – http://www.airc.it 4. AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), Linee guida. Neoplasia della mammella, Inquadramento diagnostico; pag 11, anno 2013 - http://www.aiom.it 5. 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