tomo-mammografia clinica con luce di sincrotrone

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute
CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DI RADIOLOGIA MEDICA,
PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA
Presidente di corso: Chiar.mo Prof. Emilio Quaia
Tesi di Laurea
TOMO-MAMMOGRAFIA CLINICA
CON LUCE DI SINCROTRONE: DEFINIZIONE
DELLA GEOMETRIA D’ESAME
Laureanda:
Relatore:
Giulia Moro
Dott. Luigi Rigon
Correlatore:
Dott.ssa Maura Tonuti
Dott.ssa Sara Kus
ANNO ACCADEMICO 2014 – 2015
Sommario
Introduzione ............................................................................................... 1
1 La mammella .......................................................................................... 3
1.1 Anatomia ........................................................................................... 3
1.2 Patologia ........................................................................................... 4
2 Tecnica d’esame ..................................................................................... 6
2.1 Mammografia .................................................................................... 6
2.1.1 Esame radiografico.....................................................................7
2.1.2 Il mammografo ............................................................................ 9
2.1.3 Limiti della mammografia ......................................................... 12
2.2 Risonanza magnetica nucleare ...................................................... 13
2.2.1 Struttura tomografo RM ............................................................ 13
2.2.2 Tecnica d’esame per la mammella ..........................................15
2.3 Tomografia computerizzata e Breast-CT .......................................17
2.4 Ecografia ......................................................................................... 20
2.5 Tecniche di imaging di medicina nucleare .....................................21
2.5.1 Mammoscintigrafia ...................................................................21
2.5.2 Linfoscintigrafia per la ricerca del linfonodo sentinella ............22
2.5.3 PET e PET-TC ..........................................................................22
2.6 Biopsia e ago aspirato ....................................................................23
3 Il sincrotrone ......................................................................................... 25
3.1 La luce di sincrotrone .....................................................................25
3.2 La beamline SYRMEP ....................................................................28
3.3 Raggi-X a contrasto di fase ............................................................ 31
3.4 Mammografia planare con luce di sincrotrone ............................... 33
3.4.1 Protocollo d’esame ...................................................................33
3.4.2 Risultati ..................................................................................... 35
4 Il progetto SYRMA-CT ..........................................................................36
4.1 Breast-CT con luce di sincrotrone: studi preliminari ...................... 36
4.2 Il progetto ........................................................................................ 37
4.3 Pixirad ............................................................................................. 38
4.4 Primi risultati ...................................................................................40
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame .................... 41
5.1 Valutazioni preliminari ....................................................................41
5.2 Apparecchiature utilizzate .............................................................. 43
5.3 Metodo di misura della lesione ....................................................... 44
5.3.1 ImageJ ...................................................................................... 45
5.4 Raccolta dati e analisi .....................................................................49
5.4.1 Calcolo errori ............................................................................52
5.5 Conferma risultati ottenuti ............................................................... 53
6 Conclusioni ........................................................................................... 58
Indice delle figure ..................................................................................... 62
Bibliografia ............................................................................................... 64
Introduzione
Introduzione
L’avanzamento delle nuove tecnologie ha avuto un forte impatto in tutti
gli ambienti, anche nel campo medico e soprattutto nell’ambito
radiologico: lo sviluppo di macchine e tecniche sempre più evolute come
la TC (tomografia computerizzata) e la RM (risonanza magnetica) ha
portato alcuni gruppi di ricerca a valutare se si potessero sviluppare
ulteriori tecniche e attrezzature in ambiti specifici, come ad esempio la
mammografia. Nasce così il progetto di ricerca SYRMA-CT (SYnchrotron
Radiation MAmmography – Computed Tomography) finanziato dall’INFN
(Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e dal Sincrotrone – Elettra
S.C.p.A., con la collaborazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria
“Ospedali Riuniti Trieste”: scopo di questo programma clinico è la
creazione di un prototipo di apparecchiatura dedicata alla tomografia al
seno che, sfruttando lo stesso principio di funzionamento delle moderne
tomografie computerizzate e come fascio radiante la luce di sincrotrone,
permetta un'imaging tridimensionale della mammella (Breast Computed
Tomography).
Scopo di questa tesi è la programmazione di una geometria d’esame
standard per l’acquisizione e l’elaborazione di un esame volumetrico e la
1
Introduzione
valutazione della sua fattibilità in base alle diverse condizioni anatomiche
e fisiologiche che
distinguono
ogni
paziente. In
particolare si
analizzeranno le immagini di mammografia e risonanza magnetica con lo
scopo di delineare un metodo che permetta di individuare con precisione
il volume bersaglio, ossia le lesioni tumorali, in quanto il range di
acquisizione della tomo-mammografia con luce di sincrotrone è limitato e
quindi ogni minima differenza o errore di centratura può essere
significativa.
Nel capitolo 1 sarà esposta brevemente l’anatomia del seno, le zone di
drenaggio linfatico e il carcinoma.
Nel capitolo 2 verranno descritte le tecniche e le apparecchiature
utilizzate in ambito radiologico con specifiche note riguardanti lo studio al
seno.
Nel capitolo 3 si descriverà la luce di sincrotrone e la tecnica del
contrasto di fase con raggi X, con riferimento agli studi di mammografia e
tomografia alla mammella.
Nel capitolo 4 si esporrà il progetto SYRMA-CT, con la descrizione del
rivelatore PIXIRAD, dei materiali e delle tecniche utilizzate.
Nel capitolo 5 si descriverà l’obiettivo di questa tesi, il protocollo
ipotizzato per la BREAST-CT, con particolare riguardo alla geometria
della scansione. Si presentano infine tutti i dati raccolti con successiva
valutazione e discussione di questi.
2
1 La mammella
1 La mammella
1.1 Anatomia
La mammella é un organo ghiandolare pari e simmetrico che occupa la
regione anteriore del torace. È situato ai lati della linea mediana,
localizzato tra il terzo e il sesto spazio intercostale. In larghezza si
estende tra la linea parasternale e la linea ascellare media, caudalmente
invece é delimitato dal solco mammario. La ghiandola mammaria ha
forma discoidale con superficie anteriore convessa e superficie
posteriore piatta e un suo prolungamento può estendersi fino alla
regione ascellare; la superficie anteriore del corpo ghiandolare è rivestita
dalla cute, quella posteriore è in rapporto posteriormente con la fascia
superficiale del muscolo grande pettorale.
Il volume, il grado di sviluppo e la forma delle mammelle variano in
rapporto al sesso, al momento funzionale e all’età.
Il drenaggio linfatico della mammella è composto dai vasi e dalle stazioni
linfonodali regionali.
I vasi linfatici della regione mammaria costituiscono una rete a larghe
maglie che avvolge il corpo ghiandolare e presenta diversi linfonodi
3
1 La mammella
intercalati. Come si può notare dalla figura 1.1, la rete linfatica della
mammella è riccamente sviluppata; sono presenti vaste comunicazioni
tra i vasi linfatici superficiali della cute, che costituiscono una rete
linfatica cutanea o superficiale, e il sistema più profondo che drena il
parenchima mammario. La rete cutanea appare più fitta nella zona
areolare, da dove i vasi linfatici superficiali si dirigono verso la periferia
ed in profondità a connettersi con la rete periareolare e subdermica
[Martini, 2010].
Figura 1.1 – Schematizzazione del drenaggio linfatico mammario.
1.2 Patologia
Il carcinoma mammario rappresenta la lesione più importante della
mammella ed è una delle neoplasie più diffuse nel mondo con
un’incidenza elevata nei paesi nord-americani e nell’Europa nordoccidentale [Fondazione ANT, 2009].
Il tumore al seno può essere classificato in due modi: a partire
dall'istologia, ossia in base alla categoria di cellule coinvolte, o a partire
4
1 La mammella
dal grado di infiltrazione che si esprime in base a quanto il tumore si
espande nel tessuto circostante.
Per quanto riguarda la classificazione istologica, le due varianti principali
sono il carcinoma duttale e il carcinoma lobulare, il quale si sviluppa
dalle
cellule
delle
cosidette
unità
duttolobulari
terminali
[http://www.senologia.it].
La diagnosi precoce del cancro al seno viene eseguita tramite esami
definiti di primo livello, i quali sono rispettivamente la mammografia e
l'ecografia mammaria: la scelta di quale dei due esami utilizzare dipende
da più fattori, come ad esempio l’età della paziente, la tipologia di seno,
anche se nella maggior parte dei casi si utilizzano entrambi, in quanto
sono delle tecniche diagnostiche complementari l’una con l’altra.
L'eventuale identificazione di noduli o formazioni sospette porta in
genere il medico a consigliare una biopsia, che può essere eseguita
direttamente in sala operatoria o in ambulatorio con un prelievo mediante
un ago inserito
nel
nodulo
che
consente
un esame
citologico o microistologico. Nel primo caso (esame citologico) si
esaminano le cellule, nel secondo (microistologico) il tessuto: questi
esami consentono sia di stabilire la natura della malattia. Inoltre con la
microistologia, è possibile valutarne le caratteristiche biologiche
[http://www.airc.it/tumori/tumore-al-seno.asp]
5
2 Tecnica d’esame
2 Tecnica d’esame
Nel tumore alla mammella, come in ogni altra neoplasia, la diagnosi
precoce gioca un ruolo fondamentale per determinare le possibilità di
guarigione e la prognosi della paziente. Alcuni studi ritengono che la
crescita tumorale, infatti, abbia un andamento esponenziale, almeno
nella fase iniziale: man mano che il tumore aumenta, aumenta anche la
sua velocità di crescita [IMPACT Working Group, 2011].
Le tecniche per determinare la diagnosi di cancro al seno sono
principalmente due: la mammografia e l'ecografia. A queste due tecniche
si aggiungono spesso, in caso di diagnosi dubbia o per determinare in
maniera più precisa il quadro clinico, la risonanza magnetica nucleare, la
mammoscintigrafia, la linfoscintigrafia, la PET e/o PET-TC, la biopsia e/o
l'agoaspirato. In questa tesi verranno principalmente esaminate le
tecniche diagnostiche di mammografia e risonanza magnetica nucleare.
2.1 Mammografia
La mammografia è una tecnica radiologica che consente di rilevare
precocemente lesioni mammarie. Lo studio accurato delle mammelle
permette di individuare, infatti, sia anomalie di piccole dimensioni, come
6
2 Tecnica d’esame
le microcalcificazioni, sia masse voluminose. La mammella, essendo
formata da tessuti molli di densità simili tra loro, non è studiabile con
apparecchi radiologici tradizionali, ma necessita di appositi mammografi
che hanno caratteristiche funzionali e costruttive particolari al fine di
ottenere un'immagine dell'organo diagnostica e di qualità [Passariello,
2012].
Finora l’esame che soddisfa maggiormente le richieste di alta risoluzione
di contrasto e spaziale è quello mammografico, che viene eseguito
mediante
un’apparecchiatura
appositamente
progettata
detta
mammografo e il cui funzionamento verrà trattato più dettagliatamente in
seguito.
2.1.1 Esame radiografico
L’esame mammografico, essendo acquisito con le radiazioni ionizzanti,
può essere eseguito per radioprotezione dopo un anno dall’ultima
esposizione; solamente sotto richiesta del medico radiologo in casi dubbi
possono essere eseguiti dei controlli mammografici a meno di un anno
dall’ultima mammografia, come ad esempio un controllo a 6 mesi su una
sola mammella.
Per la corretta esecuzione del mammogramma il tecnico posiziona la
mammella sul piano orizzontale del mammografo, applicando una
graduale compressione con l'apposito dispositivo azionato a pedale
[Passariello, 2012]
Le proiezioni fondamentali sono due, eseguite su entrambe le mammelle
(figura 2.1):
 Proiezione cranio-caudale o assiale (a 0°). In tale proiezione lo
scopo è quello di riuscire a privilegiare la visualizzazione dei
quadranti mediali, perché sono quelli che con più difficoltà
vengono rappresentati nelle altre proiezioni. Come criterio di
correttezza è importante visualizzare adeguatamente il tessuto
7
2 Tecnica d’esame
adiposo retro-ghiandolare sino al muscolo grande pettorale.
Questa
proiezione
permette
di
vedere
la
maggior
parte
dell’organo, soprattutto le regioni areolare e centrale.
 Proiezione obliqua medio-laterale (a 45°). In questa proiezione
vengono svolti molto bene il quadrante superoesterno, che è
frequente sede di processi patologici, e i piani profondi. Il
principale criterio di correttezza per questa proiezione è la
visualizzazione del margine del muscolo pettorale, ma anche
un'adeguata
rappresentazione
della
regione
ascellare
e
dell'angolo sotto-mammario (che deve risultare ben disteso) sono
elementi importanti nell'immagine mammografica. [Mazzuccato,
2009]
Figura 2.1 - Tipiche proiezioni mammografiche cranio-caudale e obliqua
In caso di approfondimento diagnostico sono poi possibili ulteriori
proiezioni con diversa incidenza o compressione mirata.
Per esempio, per esaminare particolari porzioni della mammella, si può
ricorrere all’ingrandimento diretto, con cui si ottiene un’immagine
ingrandita riducendo la distanza tra la mammella e la sorgente di
radiazioni (avvicinando la mammella al tubo radiogeno).
8
2 Tecnica d’esame
Oppure, per determinare se una lesione è reale o un artefatto, si può
ricorrere alla compressione mirata, con un compressore di piccole
dimensioni posizionato sopra la zona sospetta, che distende meglio le
componenti fibroghiandolari della mammella [Mazzuccato,2009]
2.1.2 Il mammografo
Il mammografo (figura 2.2) è un’apparecchiatura costituita da un tubo
radiogeno, un compressore, una griglia anti-diffusione e un rivelatore. La
maggior parte dei mammografi attuali utilizza due tipi di anodo,
Molibdeno (Mo) e Rodio (Rh), in combinazione con diversi tipi di filtro,
Mo, Rh o Tungsteno (W), per produrre fasci di radiazione caratterizzati
da diversi spettri energetici. Le moderne apparecchiature sono in grado
di scegliere, attraverso il controllo automatico dell’esposizione (AEC =
Automatic
Exposure
Control)
e
AOP
(Automatic
Optimization
Parameter), la combinazione anodo/filtro più idonea allo studio di ogni
mammella (spessore e densità), con un ragionevole compromesso tra
dose e contrasto. In mammografia la radiazione diffusa è un fattore che
influenza negativamente la qualità dell’immagine e viene limitata
utilizzando una griglia antidiffusione mobile. Quest’ultima è composta da
sottilissime lamelle di piombo separate tra loro da fibre di carbonio ma
l’utilizzo di questo espediente per ridurre la radiazione diffusa ha per
contro l’effetto di aumentare la dose all’organo.
Per quanto concerne poi il sistema di rivelazione, ne esistono di due tipi:
quello analogico, rappresentato dal sistema schermo/pellicola, e quello
digitale che a sua volta si suddivide in digitale diretto e indiretto.
Il sistema di rivelazione analogico è costituito da un sistema schermopellicola creato appositamente per la mammografia, in modo da fornire
immagini con appropriati livelli di contrasto, risoluzione spaziale e
rumore, necessari per consentire la visualizzazione di lesioni molto
9
2 Tecnica d’esame
piccole e alterazioni nella struttura dei tessuti. La pellicola usata è a
singola emulsione ed è accoppiata ad uno schermo di rinforzo
posizionato posteriormente ad essa che permette di ottenere un’ottima
risoluzione spaziale rispetto all’utilizzo di una pellicola bi emulsione.
L’utilizzo di pellicole mono emulsione con un unico schermo di rinforzo,
annulla praticamente la possibilità di avere l’effetto “cross over” , ossia
un effetto alone e di diffusione della luce.
Figura 2.2: esempi di due mammografi: a sinistra il mammografo digitale Giotto, presente nel presidio
Maggiore, e a destra un mammografo digitale GE, presente nel presidio di Cattinara
Nella
mammografia
analogica
acquisizione,
visualizzazione,
archiviazione e documentazione dell’immagine sono tutti racchiusi nella
pellicola con un processo a catena difficilmente separabile. In quella
digitale invece l’acquisizione e la visualizzazione dell’immagine sono due
operazioni separate che possono essere ottimizzate indipendentemente
l’una dall’altra. Però la mammografia analogica, almeno nei paesi più
industrializzati, è stata sostituita con l’avanzamento della tecnologia dalla
mammografia digitale: infatti questa nuova tecnica utilizza un rivelatore
che ha il compito di convertire la radiazione X in un segnale elettrico
proporzionale all’intensità della radiazione incidente, che viene poi
10
2 Tecnica d’esame
digitalizzato in un numero corrispondente ad un certo livello di grigio.
L’immagine quindi corrisponde ad una matrice di numeri dove per ogni
pixel (Picture Element, ossia ciascun quadratino che compone
l’immagine digitale) il numero rappresenta la quantità di radiazione che
ha raggiunto quel punto del rivelatore dopo aver attraversato la
mammella. Esistono diversi approcci tecnologici in mammografia
digitale: la prima consiste nella digitalizzazione diretta che fornisce
immagini in tempo reale, la seconda invece è la digitalizzazione indiretta.
Quest’ultima, la cosiddetta CR (Computed Radiography), utilizza un
plate a fosfori contenuto in una cassetta simile a quella tradizionale.
All’assorbimento di un fotone X, il fosforo si porta su uno stato eccitato a
lunga vita media nel quale rimane, mantenendo così memoria del fotone
X e della sua localizzazione. Tale informazione viene letta illuminando il
fosforo con un raggio laser: tramite il meccanismo dell’emissione
stimolata, esso viene portato su uno stato instabile, dal quale decade
istantaneamente allo stato fondamentale emettendo luce.
Data la differenza tra lunghezza d’onda del laser e quella della luce
emessa, è possibile raccogliere solo la luce in uscita dal fosforo, che
quindi ripete lo schema di arrivo dei raggi X. Un fotomoltiplicatore
raccoglie tale luce collegandola alla posizione spaziale da cui è uscita;
un computer raccoglie poi le informazioni di posizione e intensità e
mostra l’immagine su un monitor.
La digitalizzazione diretta (DR), invece, si può dividere a sua volta in:
 conversione indiretta di energia: l’energia dei raggi X viene
convertita in luce visibile, a sua volta trasformata in segnale
elettrico e infine digitalizzata.
 conversione diretta di energia: l’energia depositata dai raggi X
viene convertita in segnale elettrico senza il passaggio intermedio
della luce visibile, con una più elevata risoluzione spaziale.
11
2 Tecnica d’esame
L’avanzamento tecnologico ha consentito di sviluppare dei rilevatori
all’avanguardia, utilizzati anche nel progetto SYRMA-CT (PIXIRAD) che
sarà descritto successivamente al capitolo 4, i quali utilizzano un sistema
di Single Photon Counting: Il rilevatore Single Photon Counting permette
di contare il numero dei fotoni che incidono su ciascun pixel. Ogni fotone
che incide sul materiale del detector e che deposita un’energia (o una
carica) superiore a una certa soglia produce un conteggio. La possibilità
di selezionare queste soglie permette, quindi, di eliminare il rumore e
perciò si ha un aumento del rapporto segnale rumore e del range
dinamico [Huanjun D. et al. ,2014.]
2.1.3 Limiti della mammografia
La mammografia è l’esame più efficace, attualmente disponibile, per
diagnosticare precocemente il tumore alla mammella ed è utilizzata
come unico test di 1° livello nei programmi di screening.
Sebbene questi programmi abbiano dimostrato che la diagnosi in tempo
utile permette di ridurre la mortalità, le casistiche più recenti riportano
che il 10 – 20% dei tumori non vengono evidenziati (falsi negativi)
[ASL Roma C, 2011] e che in alcuni paesi europei, la percentuale totale
di donne che durante i 20 anni di partecipazione al programma di
screening mammografico incorrono in una diagnosi di falso positivo, è
stata stimata nel 17% per follow-up non invasivi e nel 3% per follow-up
invasivi [http://www.osservatorionazionalescreening.it].
Gli errori diagnostici possono essere legati alla qualità della tecnica, ma
anche all’età della paziente: dopo i 50 anni, infatti, con l’aumentare
dell’età, il test diventa sempre più sensibile e più specifico, e
diminuiscono così sia i “falsi negativi, sia i “falsi positivi”.
Le cause di una mancata diagnosi possono essere varie, ma le più
frequenti sono: tumore troppo piccolo o poco definibile a causa di un
basso contrasto nella regione indagata, o struttura della ghiandola
12
2 Tecnica d’esame
mammaria troppo densa, come avviene per esempio nelle donne giovani
o in quelle che fanno terapia ormonale sostitutiva della menopausa.
2.2 Risonanza magnetica nucleare
La risonanza magnetica nucleare è un esame importante in quanto è
complementare nel caso di mammografia e/o ecografia dubbia: grazie
all’utilizzo di un magnete performante, al continuo sviluppo della
tecnologia e ai mezzi di contrasto chelanti del Gadolinio si può avere
un’elevata qualità di immagine ed un’elevata sensibilità diagnostica. Le
principali indicazioni all'esame sono: il monitoraggio di pazienti con alto
rischio di tumore al seno (generalmente per familiarità), la stadiazione
preoperatoria del carcinoma, lo studio di alterazioni dubbie in pazienti
recentemente operate (diagnosi differenziale fra esiti cicatriziali dopo
chirurgia conservativa e recidive), il sospetto di infiltrazione della parete
toracica, il controllo dell’efficacia della chemioterapia neoadiuvante per
cancro al seno localmente avanzato e lo studio delle protesi (sia per
valutarne l'integrità sia per ricercare recidive) [AIRC]
2.2.1 Struttura tomografo RM
Il magnete è il principale elemento di un tomografo a Risonanza
Magnetica, in quanto deputato alla creazione del campo magnetico
̅0 , la cui intensità è generalmente dell’ordine del Tesla (0,3-3T).
statico B
I magneti possono essere di tre tipi: resistivi, permanenti e super
conduttivi. Un magnete è caratterizzato da determinati parametri, cioè
intensità di campo magnetico, installabilità, Boil-off Rate (per i soli
magneti superconduttivi) e omogeneità di campo. È importante che il
campo magnetico venga schermato allo scopo di mantenere la linea dei
5 Gauss interna alla sala d’esame e per questo sono disponibili due
diversi tipi di schermatura: passiva, ossia schermi di ferro attorno al
13
2 Tecnica d’esame
magnete,
e
attiva,
con
l’utilizzo
di
bobine
addizionali
che
̅0 .
controbilanciano il campo magnetico B
̅0 in
Il sistema di generazione dei gradienti deforma il campo magnetico B
modo controllato per imporre elementi di discriminazione spaziale nella
risposta degli spin. Esso è caratterizzato dal valore massimo di gradiente
producibile e dal tempo necessario per le commutazioni. L'unità di
misura di un gradiente lineare è il Tesla al metro (T/m) ma, per i valori di
gradiente comunemente impiegati nei tomografi, è più conveniente
impiegare il sottomultiplo milliTesla per metro (mT/m) ". (Figura2.3)
Figura2.3: un’apparecchiatura di risonanza magnetica Philips medical system da 1,5T
Il valore del "tempo di salita", ovvero del tempo necessario per instaurare
o eliminare il gradiente stesso, concorre alla definizione dei vincoli cui
dovranno sottostare le sequenze di eccitazione e dì acquisizione: in
particolare concorre a determinare, nelle sequenze spin eco e gradient
eco, il minimo valore di tempo di eco ottenibile. La radiofrequenza viene
utilizzata sia per eccitare gli atomi di idrogeno sia per la ricezione del
14
2 Tecnica d’esame
segnale: la catena di radiofrequenza è composta da tre componenti:
amplificatore RF in trasmissione, antenna di ricezione (la bobina),
amplificatore RF in ricezione. Il trasmettitore a radiofrequenza fornisce la
necessaria energia alla frequenza di risonanza per far si che i protoni
ribaltino i loro spin, rispetto la direzione del campo magnetico principale.
Allo scopo, viene utilizzata un’apposita bobina, di solito integrata al
sistema. Dopo questa fase di eccitazione, i segnali che si originano dai
protoni durante il loro moto di precessione possono essere rilevati da
apposite antenne (bobine), fino al completamento del rilassamento dei
protoni stessi; il debole segnale, rilevato dalle bobine di ricezione, sarà
amplificato tramite l’apposito amplificatore.
2.2.2 Tecnica d’esame per la mammella
La valutazione della mammella con RM si basa sullo studio bilaterale e
simultaneo dell’organo, mediante sequenze che consentano un buon
compromesso tra risoluzione temporale e spaziale, tali da garantire
l’esecuzione dello studio dinamico ottenendo nel contempo immagini di
buona qualità.
I magneti che permettono di ottenere sequenze con tali requisiti possono
avere intensità di campo comprese tra 1 e 1,5 Tesla, devono avere
gradienti ripidi (15-25 mT/m) e rapidi (velocità > di 15 T/m/s) e utilizzare
bobine dedicate che consentano lo studio bilaterale simultaneo. Previo
incannulamento di una vena del braccio, che viene raccordata
all’iniettore automatico tramite una prolunga, applicato il dispositivo di
protezione acustica, la paziente viene posizionata prona, meglio se con
le braccia lungo il corpo, in alternativa sopra la testa, con le mammelle
allocate nella bobina, ed introdotta nel magnete, come si può vedere in
figura 2.4. [P.Panizza et al., 2010]
15
2 Tecnica d’esame
figura 2.4: posizionamento paziente sottoposta a un esame di risonanza magnetica alla mammella
Lo studio ideale è veloce poiché la diminuzione del tempo d’esame
riduce il rischio di artefatti da movimento, pertanto è necessario eseguire
il minor numero possibile di sequenze. Generalmente, una sequenza T2
pesata (fast/turbo Spin Echo T2), possibilmente ad alta risoluzione o, in
alternativa, una sequenza Inversion Recovery (IR) precede lo studio
dinamico. La fase indispensabile per lo studio della mammella è
costituita dallo studio dinamico: le sequenze generalmente adottate sono
Gradient-echo (GE) T1 pesate. Le sequenze GE offrono diversi vantaggi
per lo studio delle mammelle: velocità d’acquisizione che permette studi
dinamici, moderata intensità di segnale del tessuto adiposo spesso
predominante, elevata sensibilità al mezzo di contrasto paramagnetico,
che esalta l’incremento di intensità del segnale delle lesioni con spiccata
neoangiogenesi. Il piano di studio consigliato per lo studio della RM di
mammella è quello coronale che permette di dirigere l’artefatto da
pulsazione cardiaca secondo l’asse z (testa-piedi), evitando che questo
ostacoli la valutazione di mammella e cavo ascellare di sinistra; permette
inoltre di ridurre il tempo di acquisizione, circa 80 secondi, con l’utilizzo di
un FOV (Field Of View) rettangolare ideale considerando l’anatomia
dell’organo. Grazie a questo FOV si ha la possibilità di ottenere un
elevato numero di sezioni, circa 60, a spessore sottile (2-3mm) senza
gap e a matrice elevata.
16
2 Tecnica d’esame
Per un’adeguata pesatura in T1 si utilizzano sequenze con tempo di
ripetizione TR breve e flip angle FA di 25°. Anche il tempo di echo TE, al
fine di ottenere una buona pesatura in T1, deve essere il più breve
possibile. Lo studio dinamico consiste nell’acquisizione di una sequenza
basale ripetuta, dopo infusione di mezzo di contrasto, per almeno 5
volte, senza soluzione di continuo. Ciò consente di valutare nel tempo la
variazione di intensità di segnale delle strutture in esame in base alla
loro vascolarizzazione.
Il mezzo di contrasto (MdC) paramagnetico generalmente utilizzato è il
Gadolionio-DTPA, alla dose di 0,1-0,2 mmol/kg, viene iniettato con una
velocità di flusso di 2-3 ml/sec, seguito da 20 ml di fisiologica, per
spingere quanto residua nella prolunga della connessione tra iniettore e
braccio. Una volta acquisito, perché l’esame possa essere diagnostico,
deve essere elaborato: solo l’elaborazione delle immagini, infatti,
consente di identificare le lesioni, ipotizzare la natura, precisarne sede e
rapporti con le strutture circostanti. Alle immagini con contrasto si sottrae
la stessa serie senza contrasto; questo consente di eliminare l’intensità
di segnale del grasso esaltandole aree di impregnazione di mezzo di
contrasto. Le sottrazioni più importanti sono quelle ottenute dalle prime
due serie dopo contrasto: infatti, entro 3 minuti la maggior parte dei
carcinomi raggiunge il picco di enhancement [P.Panizza et al., 2010]
2.3 Tomografia computerizzata e Breast-CT
La Tomografia Computerizzata (dall’inglese Computed Tomography) è
una tecnica di imaging in cui si fa ruotare attorno al corpo del paziente
un fascio di raggi X strettamente collimato e si misura la radiazione
trasmessa con un sistema di rilevazione ad ogni piccolo grado di
rotazione. Si ottiene così una serie di profili di attenuazione dei raggi X
del
soggetto
esaminato
a
differenti
angoli.
Successivamente
l’elaborazione delle misure mediante speciali algoritmi matematici
17
2 Tecnica d’esame
ricostruisce immagini assiali (da qui il nome iniziale di Tomografia
Assiale Computerizzata, ovvero TAC) libere da sovrapposizioni,
ciascuna delle quali rappresenta una sezione corporea del soggetto
[Mazzuccato, 2009]. Convenzionalmente, l’asse della rotazione viene
indicato come asse z, mentre le sezioni assiali risultano definite sul piano
xy.
La Breast-CT (BCT) è una tecnica diagnostica di recente introduzione e
sotto alcuni aspetti ancora in fase di studio. Essa è una tomografia
computerizzata, generalmente con fascio conico (cone-beam) oppure a
ventaglio (fan-beam), della mammella. Grazie allo sviluppo di rivelatori
digitali sempre più sofisticati, il progetto di una CT dedicata al seno è
stato ripreso negli ultimi anni e vari gruppi di ricerca si sono dedicati allo
studio approfondito delle possibilità che questa nuova tecnica può offrire.
La General Elctric (GE) fabbricò un primo prototipo di breast-CT nel
1975, chiamata CTM (Computed Tomographic Mammography).
Questo prototipo utilizzava un fascio fan-beam, come le comuni CT, e
per acquisire 1 cm di spessore impiegava circa 10 s. La paziente veniva
fatta accomodare prona in un lettino incavato e nel quale era praticato un
foro per far passare il seno, il quale veniva poi tenuto in posizione da un
contenitore con all’interno dell’acqua riscaldata. I dati grezzi delle
proiezioni venivano ricostruiti in matrici da 128x128 e con uno spessore
di fetta di 1 cm.
Nonostante i risultati sembrassero promettenti, la GE decise in ultima
analisi di non procedere ad un ulteriore sviluppo dell’apparecchiatura a
causa dell’alta dose impartita al seno, della limitata risoluzione spaziale
(1,56 mm) e dei costi elevati [Shaw, 2014]. Dopo vari anni di progresso
tecnologico, un nuovo prototipo di breast-CT venne realizzato nel 2001
da un gruppo di ricercatori americani dell’università della California, sotto
la
guida
del
Prof.
J.M.
Boone,
con
l’intento
di
realizzare
18
2 Tecnica d’esame
un’apparecchiatura dedicata allo screening del cancro al seno [Boone,
2001].
Questo prototipo prevedeva l’utilizzo di un tubo radiogeno con anodo in
tungsteno con una macchia focale di 0,4x0,4 mm e una filtrazione
aggiuntiva in rame di 0,3 mm. I parametri di esposizione prevedevano
l’utilizzo quasi esclusivo di una tensione di circa 80 kVp, un prodotto
corrente-tempo di esposizione variabile da 50 a 120 mAs (dipendente
dallo spessore della mammella) e un’energia media del fascio più alta di
quella di un mammografo convenzionale. Il detettore digitale era
costituito da un flat-panel allo Ioduro di Cesio delle dimensioni di 30 cm
di altezza e 40 cm di larghezza [Lindfors et al., 2008]. Come nelle più
comuni CT, la scansione avveniva facendo ruotare il sistema tubodetettori attorno all’oggetto in esame, in questo caso, attorno alla
mammella. Per questo motivo la geometria di acquisizione richiedeva un
preciso
posizionamento
della
paziente,
che
infatti
viene
fatta
accomodare prona nel lettino, e con la mammella in esame pendula,
senza compressione (figura 2.5).
Figura 2.5: Posizione della paziente durante l’acquisizione in BCT.
Attualmente la ricerca sulle apparecchiature BCT si è concentrata
sull’analisi di parametri fondamentali che devono essere ottimizzati per
procedere alle applicazioni cliniche, come ad esempio l’acquisizione di
19
2 Tecnica d’esame
un volume ottimale alla clinica: la risoluzione spaziale, il rumore e i
rapporti
contrasto/rumore
(Contrast-to-noise
ratio
CNR)
e
segnale/rumore (Signal-to-noise ratio SNR) e il suo spettro d’energia e la
correzione degli effetti della radiazione diffusa; sono in atto anche degli
studi di confronto tra mammografia e BCT riguardanti la visualizzazione
e l’analisi delle masse e delle micro calcificazioni del seno e si continua a
valutare e studiare la dose e la sua uniformità al paziente per l’esame
BCT. Gli studi hanno portato a vari risultati: si è notato che la BCT è
capace di mostrare calcificazioni e masse sospette nella loro posizione
anatomica e che la visibilità e cospicuità può essere migliore rispetto al
sistema schermo-pellicola della mammografia [Sarno et al., 2015].
Relazioni di studi clinici e studi di ricerca e sviluppo clinico attualmente in
corso indicano che la BCT è in grado di produrre immagini dell’anatomia
della mammella con qualità eccellente, a livelli di dose comparabili a una
mammografia in doppia proiezione [Sarno et al., 2015]
2.4 Ecografia
L’ecografia è un tipo di indagine, che come la mammografia, è ritenuto
fondamentale per lo studio della patologia mammaria. Pur essendo infatti
complessivamente meno specifico della mammografia, ha il vantaggio di
essere particolarmente sensibile proprio nelle mammelle ad alto
contenuto di tessuto ghiandolare, in cui la mammografia vede ridotto il
proprio potere diagnostico; inoltre l’ecografia, non utilizzando radiazioni
ionizzanti ma ultrasuoni, non dà dose alla paziente: risulta quindi
l’indagine di prima istanza nei seni giovanili (donne di età inferiore a i 35
anni) ed è un utile completamento della mammografia in tutti gli altri casi
di seno “mammograficamente denso” o di riscontro della patologia
all’indagine mammografica [Mazzuccato, 2009].
20
2 Tecnica d’esame
2.5 Tecniche di imaging di medicina nucleare
Le indagini di medicina nucleare si differenziano dalle tecniche di
radiologia diagnostica per il fatto che si basano su caratteristiche di
evidenza o differenziazione di attività funzionali. Si possono considerare
pertanto indicatori di funzione o attività metabolica di tessuti o organi,
mentre raramente hanno riferimenti puramente anatomici.
2.5.1 Mammoscintigrafia
La mammoscintigrafia è una tecnica invasiva che prevede la
somministrazione al paziente, per via endovenosa, di una piccola
quantità di radiofarmaco, cioè un farmaco contenente un radionuclide
che emette radiazione gamma a una data energia. In particolare in
questo esame si usa il 99mTc-Sestamibi (o la 99mTc-Tetrafosmina che
è un suo analogo), che viene captato dalle neoplasie sulla base di due
fattori principali: l'aumentata perfusione tissutale nel tumore e la
tendenza a fissarsi nei mitocondri, che sono molto numerosi nelle cellule
tumorali [Volterrani, 2010].
La radiazione emessa dal radioisotopo in esso contenuto (il 99mTc),
viene rilevata da un’apparecchiatura chiamata Gamma Camera e
l'elettronica dell'apparecchiatura permette la ricostruzione delle immagini
planari. La visualizzazione delle lesioni è condizionata dalle dimensioni,
dal grado di crescita tumorale e relativo fabbisogno energetico, dal grado
di differenziazione e dalle condizioni di vascolarizzazione. Ne consegue
che la mammoscintigrafia ha sensibilità e specificità minori rispetto alla
mammografia, pertanto l'utilizzo di tale indagine diagnostica va
attualmente limitato solo a casi selezionati dopo uno studio integrato con
le altre metodiche di radiodiagnostica che non sono in grado di risolvere
il dubbio benignità/malignità di lesioni primarie [Mazzuccato, 2009]
21
2 Tecnica d’esame
2.5.2 Linfoscintigrafia per la ricerca del linfonodo sentinella
Il linfonodo sentinella è il primo linfonodo, o gruppo di linfonodi, che
riceve la linfa direttamente dal tumore e la sua biopsia rappresenta
un'efficace tecnica nella valutazione delle condizioni linfonodali ascellari.
Numerosi studi, infatti, dimostrano come analizzando questo linfonodo si
possa ragionevolmente prevedere la presenza o assenza di metastasi
nei restanti linfonodi [Mazzuccato, 2009].
La sua localizzazione, pertanto, è estremamente importante e viene
eseguita tramite la linfoscintigrafia. La linfoscintigrafia si basa sull'uso di
radiofarmaci ad attività linfopessica quali l'albumina umana colloidale
marcata con 99mTc. Il radiotracciante viene iniettato in sede
peritumorale e, grazie al diametro delle particelle colloidali (20 – 80 nm),
migra dalla sede di iniezione lungo i dotti linfatici e raggiunge il linfonodo
sentinella [AOUTS].
La ricerca e individuazione del linfonodo sentinella nasce dall’esigenza di
evitare, se possibile, interventi chirurgici eccessivamente demolitivi
(tipicamente lo svuotamento ascellare, cioè l'asportazione di tutti i
linfonodi ascellari) che causano complicazioni immediate e a distanza,
quali linfedema, parestesie e limitazioni funzionali [Volterrani, 2010].
2.5.3 PET e PET-TC
La tomografia a emissione di positroni (PET) è una tecnica di imaging
che fornisce immagini sfruttando la distribuzione di isotopi emittenti
positroni contenuti nel radiofarmaco iniettato. Questa tecnica, a
differenza delle altre metodiche già viste, si distingue per la sua capacità
di studiare le caratteristiche funzionali del cancro mammario, come
flusso ematico, metabolismo del glucosio e stato dei recettori. La PET
per il carcinoma mammario è stata approvata negli USA sin dal 2003,
con tre specifiche indicazioni: stadiazione pre-operatoria (con riferimento
anche ai linfonodi ascellari), diagnosi di recidiva loco-regionale e/o delle
22
2 Tecnica d’esame
metastasi a distanza in fase di ristadiazionie e valutazione della risposta
alla terapia [Volterrani, 2010].
Il radiofarmaco utilizzato nella PET della mammella è il
Fluorodesossi-glucosio marcato con 18F (FDG-18F), che è un tracciante
che permette di valutare il metabolismo glucidico, che nelle cellule
tumorali è aumentato, andando a determinare un maggiore accumulo
dello stesso in sede tumorale. La sensibilità di questo esame è molto
elevata, tuttavia presenta un limite legato alla risoluzione spaziale che
rende difficoltoso lo studio delle lesioni inferiori al cm; inoltre i processi
neoplastici ben differenziati possono dar luogo a falsi negativi, in quanto
il loro metabolismo non è particolarmente aumentato. Per una miglior
qualità delle immagini PET è possibile abbinare alle immagini funzionali
della PET le immagini morfologiche ottenute con una TC (Tomografia
Computerizzata), che quindi non solo aiuta la localizzazione delle lesioni
dando riferimenti anatomici, ma corregge anche l’attenuazione delle
radiazioni causata dal corpo del paziente [Passariello, 2012].
2.6 Biopsia e ago aspirato
Nel caso in cui la mammografia e/o l’ecografia non siano in grado di
formulare con certezza la diagnosi riguardo la natura di un reperto
dubbio o sospetto, si rende necessario ricorrere ad un prelievo di cellule
o di un frammento di tessuto mammario, con successiva analisi
anatomopatologica del materiale prelevato. Le metodiche con cui si
eseguono questi prelievi sono principalmente la biopsia e l'agoaspirato
che si distinguono a seconda della grandezza dell'ago utilizzato. La
prima, chiamata anche NCB (Needle Core Biopsy) consiste nella
raccolta di frustoli di tessuto, tramite un ago di grosso calibro, che
verranno
in
seguito
analizzati
istologicamente,
permettendo
la
conoscenza della sua eventuale invasività e parametri relativi alla sua
23
2 Tecnica d’esame
aggressività. La procedura prevede alcuni accorgimenti particolari come
l'utilizzo di un anestetico locale, un'incisione cutanea con un bisturi per
facilitare il passaggio dell'ago, la compressione manuale per 10-15 min
dopo l'estrazione dell'ago e la radiografia dei campioni. Al giorno d'oggi
sono disponibili diverse metodologie di NCB, tra cui: prelievi multipli con
aghi a ghigliottina di calibro compreso tra i 14 e 20 G e pistola
automatica o semiautomatica e prelievo con aspirazione (Mammotome o
Vacuflash). Generalmente la biopsia viene eseguita sotto guida
ecografica ma può essere eseguita anche sotto guida mammografica
[Mazzuccato, 2009].
L'agoaspirato, chiamato anche FNAC (Fine Needle Aspiration Citology),
è eseguito invece con un ago sottile, dal calibro compreso tra 21 e 27 G,
montato su una siringa apposita e consiste nel prelievo di alcune cellule
che verranno analizzate con un esame citologico. A differenza del NCB,
questa metodica risulta meno difficile, indolore e non richiede
accorgimenti particolari [http://medicalgroupdiagnostica.it].
24
3 Il sincrotrone
3 Il sincrotrone
Il progetto di collaborazione SYRMEP (SYnchrotron Radiation for
Medical Physics) conduce da tempo ricerche nel campo dell’imaging
medico diagnostico utilizzando la radiazione di sincrotrone come
sorgente di raggi X. L’obbiettivo principale è l’ottimizzazione degli esami
in mammografia con il proposito di migliorare la qualità delle immagini
riducendo al tempo stesso la dose di radiazione. A tale scopo è stata
costruita una linea di luce presso il sincrotrone ELETTRA di Trieste che
sfrutta le caratteristiche peculiari della radiazione di sincrotrone.
[Abrami et al.,2005].
3.1 La luce di sincrotrone
Il sincrotrone è una macchina acceleratrice di particelle cariche che sfrutta
simultaneamente i principi di funzionamento del betatrone (campo
magnetico variabile) e del sincrociclotrone (tensione acceleratrice alternata
modulata in frequenza) e consente di raggiungere energie elevatissime.
[http://www.treccani.it]
25
3 Il sincrotrone
La radiazione elettromagnetica che viene emessa, chiamata luce di
sincrotrone, viene prodotta quando queste particelle subiscono delle
deflessioni nella loro traiettoria a causa di campi magnetici. Il sincrotrone
ELETTRA di Trieste utilizza come particelle elettroni di energia pari a
2,0-2,4 GeV che percorrono un condotto quasi circolare di 260 m di
circonferenza [http://www.elettra.trieste.it/]. La sorgente della linea
SYRMEP è uno dei 12 magneti curvanti di Elettra. Il fascio di radiazioni
che ne scaturisce ha le caratteristiche di essere molto intenso, collimato
e con forma a ventaglio, alto qualche millimetro e largo qualche decina di
centimetri, aperto nel piano dell'orbita, come mostrato in figura 3.1
Figura 3.1: Rappresentazione grafica della geometria di un fascio di luce di sincrotrone.
Tuttavia, la geometria del fascio può essere variata mediante l'uso di
determinate fenditure e inoltre, grazie a opportuni cristalli detti
monocromatori, è possibile ottenere fasci praticamente monocromatici
26
3 Il sincrotrone
(monoenergetici) di energia selezionabile a piacere in un ampio spettro
energetico [Astolfo, 2006].
Facendo incidere, infatti, un fascio collimato di raggi X su di un cristallo si
osservano fenomeni di diffrazione causati dall'interazione del fascio con
il reticolo cristallino. Tali fenomeni possono essere utilizzati per isolare
una componente monocromatica dal fascio incidente. Il monocromatore
è quindi un dispositivo in grado di estrarre da un fascio di luce
policromatica un fascio di luce monocromatica facendo variare l'angolo di
incidenza del fascio stesso su reticolo cristallino. I principali vantaggi di
avere un fascio monocromatico sono una migliore qualità dell'immagine
e una riduzione della dose di radiazione [Longo, 2011].
La radiazione emessa dal magnete curvante viene trasportata nelle
postazioni di sperimentazione per mezzo di linee di luce o linee di fascio
(beamline). Tipicamente, la beamline può essere lunga qualche decina
di metri. Questo, unito alle ridotte dimensioni della sorgente (determinate
dalle dimensioni del pacchetto di elettroni che circola all'interno
dell'anello), implica una geometria molto diversa dalla geometria dei tubi
radiogeni. È proprio questa geometria, caratterizzata da una elevata
coerenza spaziale, che permette di applicare la tecnica del contrasto di
fase [Rigon, 2014].
La produzione però ha vari svantaggi: per produrre il fascio necessario
serve un sincrotrone di determinato raggio, questo comporta sia costi
molto elevati, un accesso limitato alle strutture e l’impossibilità,
abbastanza critica nell’ambito di questa ricerca, di ruotare la sorgente
luminosa [G. Margaritondo et al.,1988.]
27
3 Il sincrotrone
3.2 La beamline SYRMEP
La linea di luce SYRMEP è stata negli ultimi anni protagonista di vari
studi sperimentali di imaging. La beamline porta il fascio di luce prodotto
dalla sorgente (uno dei magneti curvanti dell’anello) alla sala paziente,
adibita all’esecuzione dell’esame mammografico; prima di arrivare a tale
postazione il fascio passa attraverso una serie di sale, in cui viene
appositamente modificato in modo tale da poter essere utilizzato [Abrami
et al., 2005].
Figura 3.2: Schema dei vari passaggi che linea di luce SYRMEP attraversa nel suo percorso.
Il fascio prima di tutto entra nella sala ottica, dedicata alla sua
preparazione e prima parte della linea, viaggiando in un ambiente di
ultra-alto vuoto. Qui una finestra in berillio, spessa 2 mm, filtra il fascio
attenuando la parte di radiazione con energia inferiore a 8 keV [Astolfo,
2006]. Successivamente un primo sistema di fenditure in rame (slits),
movimentate con precisione micrometrica da appositi motori, determina
la sezione del fascio incidente sul monocromatore. La selezione
energetica viene effettuata ruotando i cristalli del monocromatore in
modo da variare l’angolo di incidenza del fascio e permettendo la
28
3 Il sincrotrone
disponibilità di energie comprese tra circa gli 8 e i 40 keV, range che
contiene ampiamente l’energia utile per la mammografia [Castelli, 2011].
Dopo una seconda finestra di berillio, il fascio prosegue il suo cammino
in aria, subisce un’eventuale filtrazione di alluminio (per ridurre l’intensità
della radiazione) ed infine entra nella sala sperimentale grazie ad
un’apposita fenditura situata nella parete. Questa sala contiene un altro
sistema di controllo e di preparazione del fascio che consiste in un
secondo dispositivo di sagomatura del fascio detto “slit paziente”, due
camere a ionizzazione per il controllo della dose e tre otturatori detti
“shutters” che hanno la funzione di aprire e chiudere il fascio di raggi X
molto velocemente per garantire la sicurezza della paziente [Longo,
2007].
Il fascio di luce esce quindi dalla sala sperimentale ed entra nella sala
paziente dove avviene l’esame (figure 3.3). Questa sala è quindi dotata
di lettino, sistema di rivelazione ed esposimetro [Tromba et al., 2010].
Inoltre vi è anche un sistema di laser che permette di visualizzare la
posizione del fascio in modo da consentire il corretto centraggio della
mammella.
Figura 3.3: Schema semplificato della Sala Paziente (non in scala)
29
3 Il sincrotrone
Il lettino (figura 3.4) è stato progettato appositamente per lo studio
mammografico e tomografico. Infatti, essendo il fascio di radiazione
laminare e situato ad un’altezza fissa, è necessario che l’oggetto in
esame trasli verticalmente durante l’esposizione. La meccanica che sta
alla base della sua progettazione, infatti, consente un movimento a tre
gradi di libertà: movimenti di traslazione verticale, orizzontale e
movimenti di rotazione, per eventuali proiezioni oblique e per proiezioni
tomografiche [Abrami et al., 2005 – Dreossi et al., 2008].
Figura 3.4: Lettino portapaziente nella sala paziente della linea SYRMEP.
Infine vi sono altre due sale: la sala radiologo e la sala di controllo. La
prima è adiacente a quella paziente e vi si trovano il medico radiologo e
il tecnico radiologo che gestiscono l’esame tramite una consolle; la sala
di controllo, invece, situata al piano superiore della postazione viene
utilizzata durante le altre attività di ricerca e vi sono situati varie
strumentazioni e sistemi di controllo [Abrami et al., 2005].
30
3 Il sincrotrone
3.3 Raggi-X a contrasto di fase
La luce di sincrotrone, con la sua grande coerenza temporale e spaziale,
consente di sfruttare le proprietà ondulatorie del fascio incidente con
particolari tecniche, dette tecniche di fase, particolarmente adatte per
esaminare oggetti con bassi contrasti di assorbimento dei raggi X.
Figura 3.5: Contrasto di fase, esempio schematico.
L’indice di rifrazione per raggi-x è generalmente così espresso:
𝑛 = 1 − 𝛿 + 𝑖𝛽
dove β corrisponde all’indice di assorbimento e δ corrisponde all’indice di
spostamento di fase. Come si vede dalla Figura 3.5 sfruttando un fascio
molto coerente in concomitanza della frontiera di due materiali
(aria/oggetto in questo esempio) le differenti proprietà ottiche (il
cambiamento eterogeneo dell’indice di rifrazione, sia come assorbimento
sia come spostamento di fase) agiranno sull’onda creando un contrasto
di fase che si aggiunge al consueto contrasto dovuto all’assorbimento.
Si noti che l’indice di assorbimento decresce in maniera inversamente
proporzionale al cubo dell’energia, mentre l’indice di rifrazione decresce
in maniera inversamente proporzionale al quadrato dell’energia. Questo
31
3 Il sincrotrone
significa che al crescere dell’energia (frequenza) l’attenuazione causata
dall’assorbimento è minore rispetto al mutamento dell’indice di rifrazione.
A valle del fascio, quindi, si genereranno delle figure d’interferenza
apprezzabili distintamente a una distanza sufficientemente lontana
dall’oggetto. Disponendo di un rivelatore con una risoluzione spaziale
abbastanza elevata da distinguere i picchi della figura di interferenza è
possibile ottenere un’immagine con i bordi delle strutture evidenziati con
maggior dettaglio (edge-enhancement). Tenendo quindi conto che i
tessuti mammari presentano un basso contrasto di solo assorbimento,
questa tipologia di tecniche è indicata particolarmente per essere usata
in campo senologico [Quaia et al., 2012]
Figura 3.6: Figure comparative, a destra normale mammografia planare, a sinistra mammografia con
contrasto di fase
32
3 Il sincrotrone
3.4 Mammografia planare con luce di sincrotrone
Il progetto SYRMA nasce nel 2000 con l’obiettivo di risolvere quei casi
che con una mammografia convenzionale ottengono una diagnosi
dubbia; a questo scopo la beamline dedicata venne profondamente
modificata per permettere lo studio su pazienti [Abrami et al., 2005].
L'inizio della sperimentazione clinica arrivò alla fine di un lungo iter di
autorizzazioni, partito nel 2004, quando il Comitato etico dell'Azienda
Ospedaliero-Universitaria di Trieste si espresse a favore della ricerca,
con il relativo protocollo di arruolamento delle pazienti e nel 2006
vennero eseguite le prima mammografie planari su pazienti che avevano
ricevuto una diagnosi dubbia o sospetta alla mammografia digitale in
ospedale, e che necessitavano quindi di ulteriori approfondimenti, per cui
si poteva ritenere che potessero beneficiare dall’esame al sincrotrone
[Burin, 2014].
3.4.1 Protocollo d’esame
La paziente veniva posizionata prona nel lettino con la mammella
lasciata pendula attraverso un foro di forma e geometria adattate
all'anatomia del seno. La mammella, analogamente a ciò che avviene in
un esame mammografico convenzionale, veniva compressa tramite un
compressore formato da due piastre, una in fibra di carbonio e l'altra in
policarbonato. La compressione era necessaria per fare in modo che lo
spessore della mammella fosse uniforme e che le fibre del tessuto
mammario venissero correttamente distese [Dreossi et al., 2008].
La
mammella
veniva
successivamente
centrata
nel
campo
di
acquisizione per la scansione grazie ai movimenti del lettino. Il sistema di
rilevazione veniva posto a 2 m di distanza dal seno in esame, distanza
considerata ottimale per sfruttare al meglio la tecnica a contrasto di fase.
33
3 Il sincrotrone
In questa prima sperimentazione clinica il tipo di rivelatore utilizzato
riguardava un sistema tradizionale a schermo-pellicola Kodak (modello)
con FOV di 180 x 240 𝑚𝑚2 [Tromba et al., 2010].
L'acquisizione dell'immagine, come già accennato in precedenza,
avveniva grazie al movimento di traslazione verticale a velocità costante
sia del lettino, sia del detettore (figura 3.7).
Figura 3.7: schema dell’acquisizione nella mammografia planare con luce di sincrotrone.
a) fascio di raggi X b) lettino portapaziente c) compressore in posizione aperta d) detettore
e) movimento di traslazione verticale f) movimento di rotazione
Una coppia di camere a ionizzazione venivano utilizzate insieme ad un
esposimetro a stato solido (formato da quattro diodi semiconduttori,
posto a valle della paziente) per determinare i parametri di esposizione
calcolati dopo una breve pre-esposizione a bassa dose [Dreossi et al.,
2008].
34
3 Il sincrotrone
3.4.2 Risultati
Il principale risultato di questo studio è stato un aumentato numero di
veri-negativi. Le pazienti con questo risultato, infatti, hanno beneficiato
dell'esecuzione della mammografia con luce di sincrotrone, e talvolta
essa ha evitato procedure invasive di accertamento della diagnosi. In
altre pazienti esaminate con entrambe le tecniche mammografiche,
convenzionale e con luce di sincrotrone, hanno dato una diagnosi errata
dovuta all'elevata densità del tessuto mammario; quindi l’elevata densità
dell'organo si è quindi dimostrata un limite per entrambe le metodiche
perchè il tessuto mammario sano nasconde possibili alterazioni. La
futura introduzione della mammografia con luce di sincrotrone come
esame di secondo livello nella pratica clinica sembra essere al momento
discutibile a causa della limitata disponibilità della tecnica, tuttavia
eventuali ulteriori soluzioni al problema includono lo sviluppo di unità
mammografiche portatili in grado di produrre un fascio di raggi X con
caratteristiche simili, ma non identiche, alla luce di sincrotrone e unità
con set-up che permettono un certo grado di contrasto di fase [Castelli et
al., 2011 – Rigon et al., 2011].
35
4 Il progetto SYRMA-CT
4 Il progetto SYRMA-CT
Nel 2000 è stato varato il primo progetto in vivo col nome di SYnchrotron
Radiation Mammography (SYRMA). Questo esperimento aveva lo scopo
di risolvere alcuni casi diagnostici la cui la semplice mammografia
convenzionale ed eventuale ecografia avevano dato una diagnosi
dubbia. Gli studi ottenuti con le pazienti nel progetto SYRMA nel periodo
2006-2009 hanno dato risultati eccellenti [Castelli et al, 2011] e
l’interesse ora si è rivolto verso la breast-CT; da questo è nato SYRMACT. In questo capitolo verranno descritti il progetto, gli strumenti utilizzati
e i più recenti risultati.
4.1 Breast-CT con luce di sincrotrone: studi preliminari
Prima dell’esperimento SYRMA-CT sono stati condotti degli studi di
fattibilità con un detettore digitale denominato PICASSO (Phase Imaging
for Clinical Application with Silicon detector and Synchrotron radiatiOn),
un prototipo in grado di sfruttare a pieno le caratteristiche peculiari della
luce di sincrotrone e utilizzabile per effettuare immagini 3D come
appunto quelle tomografiche o di tomosintesi [Lopez et al., 2014].
36
4 Il progetto SYRMA-CT
Lo studio è stato condotto su fantocci creati, appositamente allo scopo di
studiare sia la risoluzione spaziale e di contrasto del detettore, sia la
dose erogata [Tapete, 2008; Rigon et al., 2011].
L'energia considerata ottimale e che è stata utilizzata in questo studio
era di circa 26,5 keV. La valutazione della risoluzione di contrasto con il
fantoccio apposito ha evidenziato la possibilità di rivelare differenze
piuttosto piccole tra strutture simili impartendo però una dose
significativa, calcolata come parametro ESAK (Entrance Surface Air
Kerma), dell'ordine di 10 mGy.
Invece, nell'analisi della risoluzione spaziale, la dose è risultata
sensibilmente ridotta, mostrando dettagli ad alto contrasto (di circa 0,5 –
0,7 mm di diametro) con solo 3 mGy di dose.
L'acquisizione delle immagini è avvenuta grazie alla possibilità di
movimento rotatorio del lettino portapaziente attorno all'asse della
mammella (in questo caso del fantoccio). Un problema che si è
riscontrato, però, è l'impraticabilità dell'acquisizione di tutto l'oggetto: a
causa della natura laminare del fascio di luce di sincrotrone una
rotazione completa consente di acquisire una sezione assiale spessa
solo qualche millimetro; tuttavia, si è ritenuto che la breast-CT potrebbe
essere utilizzata come indagine di secondo livello in seguito alle
immagini planari mammografiche, in modo da individuare con queste
una possibile anomalia e focalizzare lo studio tomografico solo su di un
limitato numero di sezioni assiali [Tapete, 2008; Rigon et al., 2011]. Da
questo presupposto nel 2014 è nato il progetto SYRMA-CT, che verrà
illustrato nel paragrafo seguente.
4.2 Il progetto
L’obiettivo di SYRMA-CT è di mantenere la leadership italiana nella
mammografia in contrasto di fase estendendo il programma clinico della
linea SYRMEP alla tomografia della mammella, per ottenere immagini
37
4 Il progetto SYRMA-CT
CT mammografiche che sfruttino al meglio gli effetti di fase che non sono
osservabili con le attuali Cone-Beam Breast-CT.
Per questo progetto si è deciso di utilizzare, confrontando vari studi e
varie tecniche di indagine [Longo et al., 2015], un volume di ipotesi di
lavoro di 3 centimetri di range e come sistema di rilevazione il detector
Pixirad, un rivelatore photon counting dalle prestazioni ottimali in termini
di efficienza e risoluzione, di cui verrà fornita una descrizione in seguito
[Bellazzini et al., 2013]. Altro aspetto critico per il successo del progetto è
l’ottimizzazione dosimetrica che implica un’opportuna scelta dell’energia
(nel range 20-38 keV), della risoluzione spaziale del detector, della
modalità e dei parametri di acquisizione tomografica.
Nel primo anno di sperimentazione è stata studiata in particolare la
geometria di acquisizione ottimale e l’applicazione di tecniche iterative di
ricostruzione tomografica.
4.3 Pixirad
Pixirad è un innovativo sistema di rivelazione a raggi X, con
caratteristiche digitali intrinseche e di recente sviluppo come citato. Esso
si basa su una tecnologia chormatic photon-counting, cioè è in grado di
contare individualmente i fotoni X incidenti separandoli in base alla loro
energia. La selezione dei fotoni in basealla loro energia avviene in tempo
reale, durante l’esposizione radiografica e la frequenza di conteggio
globale è dell’ordine dei GHz [Bellazzini et al., 2013].
Questo detettore può essere formato da più blocchi. Una singola unità
consiste in un sensore a stato solido, di Tellurio di Cadmio (CdTe),
collegato per la lettura ad un sistema ASIC (Application Specific
Integrated Circuit) CMOS (Complementary Metal-Oxyde Semiconductor)
tramite una tecnica che permette di connettere un dispositivo
semiconduttore a un circuito esterno chiamata “bump bonding”.
38
4 Il progetto SYRMA-CT
Il sistema ha quindi una architettura ibrida in cui il sensore e elettronica
di lettura sono prodotti e trattati separatamente [Bellazzini et al., 2013].
L’ASIC CMOS ha una superficie attiva di 30,7 x 24,8 mm2 , organizzato
come una matrice esagonale di 512 x 476 pixel, che corrispondono ai
pixel sul cristallo di CdTe, dello spessore di 650 micron. Esso si basa su
una logica di discriminazione: particelle interagenti che soddisfano una
data energia richiesta, producono un segnale nel pixel. In genere, la
carica depositata in un sensore, a seguito dell’interazione con le
radiazioni, è amplificata da un preamplificatore e da ciò viene prodotto
un impulso. Successivamente questo impulso viene confrontato con due
soglie tramite due discriminatori. Ogni pixel infatti ha due contatori e due
soglie. In modalità di lettura, i registri delle diverse colonne di pixel
vengono serializzati e il loro contenuto viene estratto dal circuito sotto il
controllo di un segnale di clock esterno [Bellazzini et al., 2013].
In figura 4.1 è riportato uno schema semplificato del funzionamento del
rilevatore Pixirad.
Figura 4.1: schematizzazione del sistema PIXIRAD
39
4 Il progetto SYRMA-CT
Il detettore utilizzato nelle attività del progetto SYRMACT è PIXIRAD-8
cioè con otto unita Pixirad accoppiate.
Questo sistema è particolarmente adatto a SYRMA-CT in quanto:
 il sensore ha efficienza prossima al 100% nel range energetico di
interesse;
 il count-rate superiore a 30 GHz ne permette l’utilizzo con il fascio
di ELETTRA;
 la soglia minima impostabile a partire da 2 keV lo rende
“noiseless”;
 il frame-rate fino a 30 frames/s permette l’utilizzo anche con
rotazione continua della paziente.
4.4 Primi risultati
Nel 2014 l’obiettivo era lo studio di fattibilità per la CT clinica con luce di
sincrotrone e in vista di un traguardo più complesso riguardante la
documentazione per richiesta di autorizzazione al comitato etico: la
tecnica di Breast-CT con luce di sincrotrone, in questo primo approccio,
deve ancora essere ottimizzata. Come già visto, il rivelatore PIXIRAD-8,
dispone di una tecnologia avanzata di tipo single photon counting, che
permette, in linea di principio, di ottenere il massimo dell'informazione
disponibile. Esso, però, al momento presenta delle limitazioni dovute al
fatto di essere un prototipo.
La dose è un fattore fondamentale che va tenuto sempre sotto controllo.
Mammelle più grandi, o particolarmente dense, hanno la caratteristica di
assorbire più radiazioni X rispetto a mammelle piccole e meno dense: ciò
significa che per avere nell'immagine lo stesso rapporto segnale-rumore,
una mammella grande deve ricevere una dose maggiore rispetto ad una
mammella più piccola [Burin, 2014].
40
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
5 La mia esperienza: definizione
della geometria d’esame
Nel 2015, dopo i risultati ottenuti dai precedenti studi, si è iniziato a
definire e implementare protocolli e iter di ottenimento delle certificazioni
ed autorizzazioni.
In questo capitolo verrà descritto il lavoro eseguito per la compilazione di
questa tesi, con riferimento alle tecniche utilizzate e alle analisi eseguite
su immagini di mammografia e risonanza magnetica, al fine di stabilire
una procedura che possa definire una possibile geometria d’esame per
l’acquisizione tramite tomo-mammografia con luce di sincrotrone.
L’obiettivo a lungo termine consiste nel valutare un possibile utilizzo di
questa
tecnica
come
possibile
esame
di
secondo
livello,
successivamente agli esami di mammografia ed ecografia mammaria.
5.1 Valutazioni preliminari
Per questo studio ci siamo concentrati sulle immagini di pazienti che
presentassero lesioni visibili sia in mammografia che in risonanza
41
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
magnetica, considerando determinate caratteristiche sia della lesione sia
della paziente:
 Istologia del tumore: si è deciso di concentrare principalmente lo
studio di questa analisi su un tipo specifico di tumore al seno, ossia
il carcinoma duttale infiltrante, quando si manifesta come opacità
mammografica,
in
quanto
presenta
delle
caratteristiche
radiologiche che ne permettono la misurazione sia in mammografia
che in risonanza magnetica presentandosi come una lesione con
margini netti o leggermente sfumati o in parte spiculati, ottimali per
una misurazione precisa delle dimensioni, aspetto fondamentale
nell’analisi in questa tesi. Il tumore prende questa denominazione
in quanto nasce dai dotti galattofori e rappresenta tra il 70 e l’80%
di tutte le forme di cancro del seno [AIRC]. Oltre ai carcinomi duttali
sono stati considerati altri tumori con caratteristiche morfologiche
differenti, come ad esempio la distorsione dei tessuti ghiandolari
mammari o la presenza di aree con microcalcificazioni più o meno
sparse. Il nostro studio presenta 33 casi di carcinoma duttale, 8
casi di carcinoma lobulare, 2 casi di carcinoma papillare, 1 caso di
carcinoma mucinoso, 1 caso di carcinoma tubulare e 6 casi di
carcinomi infiltranti a pattern solido scarsamente differenziati
(Grading 3).
 Dimensioni dellelesione: tenendo conto dei limiti di scansione
dell’apparecchiatura come citato nel capitolo precedente (ipotesi di
lavoro 3cm) si è cercato di considerare solamente le lesioni che
rientrassero entro questo parametro fino ad arrivare ai casi limite
molto vicini (dai 2,5 cm ai 3cm: 7 casi) o superiori di poco (dai 3 cm
ai 4 cm: 3 casi) al range.
 Posizione delle lesione: Un fattore considerato importante è la
posizione della lesione e la sua rispettiva vicinanza al capezzolo e
42
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
al muscolo pettorale; sono stati comunque considerati dei casi
molto vicini ai punti di riferimento ( 7 casi vicini alla parete del
muscolo pettorale e 3 casi vicini al capezzolo) ma non
rappresentano una grossa percentuale in quanto dalla letteratura
sappiamo che la metà dei casi di tumore del seno si presenta nel
quadrante superiore esterno della mammella [AIRC].
 Tipologia di seno: sono state fatte delle considerazioni qualitative
in base alla componenti fibroghiandolari e adipose dei seni; nelle
pazienti più giovani che presentano un seno tipicamente con una
struttura fibroghiandolare predominante su quella adiposa si è
notato che, confrontando le immagini di mammografia e di
risonanza magnetica, la lesione manteneva più facilmente la
posizione rispetto a lesioni in mammelle con più alta percentuale di
componente adiposa; questo fattore potrebbe condizionare, come
vedremo in seguito, lo scostamento di alcune misure dai valori di
riferimento.
 Interventi e ago aspirato: la modificazione della trama ghiandolare
del seno ad opera di questi interventi possono produrre delle
difficoltà nell’identificazione della lesione e delle sue dimensioni (il
nostro studio presenta 2 casi).
5.2 Apparecchiature utilizzate
Le
immagini
sono
state
acquisite
nelle
radiologie
dell’azienda
ospedaliera universitaria “Ospedali riuniti di Trieste” di Cattinara e del
Maggiore. Per quanto riguarda il presidio di Cattinara il mammografo
utilizzato è un GE Senographe DS versione ADS_54.11 (figura 2.2) con
modalità di controllo dell’esposizione automatica, presenta un rivelatore
al silicio amorfo di 19 cm × 23 cm, con punto focale di 0.1-0.3 mm e con
pixel di dimensione pari a 100 μm. Nel presidio dell’ospedale Maggiore è
43
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
stata utilizzata invece un’apparecchiatura GIOTTO IMAGE 3DL (figura
2.2), anch’esso con modalità di controllo dell’esposizione automatica: è
fornito di rilevatore al Selenio di 24 cm X 30 cm con punto focale di 0.10.3 mm e con dimensione dei pixel di 85 μm.
La seconda apparecchiatura utilizzata, come citato in precedenza, per lo
studio di questa tesi è la risonanza magnetica: l’ospedale di Cattinara
possiede una Achieva 1,5 T (Philips medical system, figura 2.3), fornita
di gradienti da 30 mT/m e velocità pari a 150 mT/m/msec; per l’analisi
dei dati sono state utilizzate le sequenze dinamiche con mezzo di
contrato chiamate THRIVE con voxel d’acquisizione di valore 1X1X2
𝑚𝑚3 , voxel di ricostruzione dell’immagine di 0,79X0,79X1 𝑚𝑚3 , matrice
di acquisizione di 280X340 e matrice di ricostruzione di 432X432;
l’ospedale
Maggiore
invece
utilizza
un’apparecchiatura
Siemens
Magneton area da 1,5 T con gradienti da 40 mT/m e una velocità pari a
125 mT/m/msec: per l’acquisizione dei dati utili alla tesi sono state
utilizzate
delle
d’acquisizione
sequenze
di
dinamiche
0,9X0,83X2,63
𝑚𝑚3
pesate
e
in
voxel
T1
di
con
voxel
ricostruzione
3
dell’immagine di 0,83X0,83X1,70 𝑚𝑚 mentre la matrice di acquisizione
possiede i valori 357X384 con un FOV di ricostruzione di 320X320.
5.3 Metodo di misura della lesione
Lo scopo di questa tesi è individuare una procedura che possa essere
utilizzata nella centratura della lesione con la tomo-mammografia con
luce di sincrotrone, in modo tale da posizionare la massa tumorale al
centro del range di acquisizione. Per poter elaborare tale procedura sono
state utilizzate le immagini acquisite nella proiezione cranio-caudale
(CC) in mammografia e le immagini acquisite in risonanza magnetica sul
piano assiale nelle sequenze dinamiche con mezzo di contrasto
paramagnetico.
44
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
5.3.1 ImageJ
Le immagini da formato DICOM sono state scaricate dal server del
PACS in formato Jpeg e analizzate con ImageJ (figura 5.1), un software
per l’elaborazione di immagini scritto interamente in Java e di pubblico
dominio. ImageJ è in grado di visualizzare, modificare, analizzare
immagini a 8,16,32 bit nei formati più diffusi. Supporta le cosìdette stack
di immagini, ossia una serie di immagini che condividono una singola
finestra. Può calcolare valori e statistiche sui pixel a partire da selezioni
definite dall’utente e può essere utilizzato come supporto per le classiche
operazioni di editing di immagini come miglioramento del contrasto,
sharpening,
trasformazioni
smoothing,
riduzione
geometriche
come
del
rumore;
flipping,
inoltre
scaling
e
applica
rotation
[http://www.di.uniba.it].
Figura 5.1: ImageJ e la schermata con le funzioni per elaborare le immagini di mammografia e risonanza
magnetica
45
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
Le immagini CC di mammografia sono state posizionate in modo da
renderle confrontabili con la risonanza magnetica: per questa ragione
dopo aver caricato l’immagine su ImageJ questa, attraverso l’opzione
Transform, viene ruotata di 90° a destra o sinistra a seconda della
mammella su cui si trova la lesione; essendo l’immagine così ottenuta
speculare alle immagini di risonanza magnetica, viene inoltre selezionata
l’opzione “Flip horizontally” per portare così tutte le immagini sullo stesso
piano di visione (figura 5.2)
Figura 5.2: i passaggi eseguiti per portare le immagini di mammografia sullo stesso piano delle immagini
di risonanza magnetica
Anche le immagini di risonanza magnetica sono state modificate prima di
essere utilizzate per la misurazione. Innanzitutto si ricorda che l’esame di
risonanza magnetica è costituito da un volume formato da più immagini
che variano in numero a seconda del FOV utilizzato.
46
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
Non sempre la lesione si trova sullo stesso piano/sezione dov’è presente
il capezzolo; per questo motivo vengono aperte su ImageJ le due
immagini (sezioni) dove sono presenti rispettivamente la lesione e il
capezzolo, successivamente si utilizza l’opzione “overlay” e in seguito
”add image” con la quale le immagini vengono sovrapposte ottenendo
così un’unica immagine dov’è presente sia il tumore sia il capezzolo
(Figura 5.3).
Figura 5.3: esempio di overlay per le immagini di risonanza magnetica
Abbiamo deciso di utilizzare come riferimento per misurare le distanze
necessarie allo studio un cursore di forma rettangolare, definendo in
questo modo nelle immagini analizzate un sistema di coordinate
cartesiane, in cui l’asse X (ascisse) è orientato in orizzontale come la
base del rettangolo e l’asse Y (ordinate) è orientato in verticale lungo
l’altezza del rettangolo, come si può vedere in figura 5.4.
47
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
Figura 5.4: disposizione del piano cartesiano, costruito tramite il cursore rettangolare, utilizzato su
un’immagine di risonanza magnetica
Attraverso questo cursore rettangolare abbiamo misurato tre distanze di
riferimento sia in mammografia che in risonanza magnetica:
 Distanza capezzolo-parete muscolo pettorale misurata lungo l’asse
delle ordinate: CP H;
 Distanza capezzolo-lesione misurato lungo l’asse delle ordinate:
CL H;
 Distanza laterale capezzolo-lesione misurata lungo l’asse delle
ascisse: CL W. Per convenzione si è deciso che quest’ultima può
avere valore sia positivo sia negativo, a seconda della posizione
della lesione, ossia se si trova nei quadranti interni o esterni.
Dopo aver posizionato correttamente le immagini sia di mammografia
che di risonanza magnetica, è stato utilizzato come punto di partenza per
le misure il capezzolo sul quale è posto uno i vertici del rettangolo e si è
poi trascinato il vertice opposto del cursore rettangolare fino al muscolo
pettorale. In questo modo è stata individuata la prima misura ossia CP H.
48
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
Successivamente mantenendo il primo vertice sul capezzolo, il vertice
opposto del rettangolo è stato portato in corrispondenza del centro della
lesione raccogliendo così le misure CL H e CL W indicate in figura 5.5.
Figura 5.5: immagini di mammografia e risonanza magnetica su ImageJ con indicate le misure acquisite
5.4 Raccolta dati e analisi
I dati raccolti sono stati riportati su un foglio Excel per poter essere
rielaborati e utilizzati per la ricerca di una funzione che interpolasse i
valori misurati su tutte le lesioni. All’inizio avevamo deciso di valutare
come misura di riferimento il valore CL H sia in mammografia sia in
risonanza magnetica. A questo proposito va notato che il valore CL H è
stato ricontrollato prendendo come riferimenti anche i limiti della lesione,
utilizzando come limite superiore della lesione il profilo più vicino al
capezzolo e come limite inferiore il profilo più vicino al muscolo pettorale,
entrambi misurati sempre grazie al cursore rettangolare posizionato con
un vertice al capezzolo. In questo modo siamo riusciti a calcolare anche
la dimensione della lesione (confrontata successivamente con i referti
delle rispettive immagini) e da questa ci siamo ricavati il valore CL H
come valore medio tra i due estremi, superiore ed inferiore. Utilizzando
49
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
tutte le misure (60 pazienti) abbiamo posizionato il valore ottenuto in
mammografia sull’asse delle ascisse e il valore ottenuto in risonanza
magnetica sull’asse delle ordinate ed abbiamo ottenuto il grafico in figura
5.6 con un valore del coefficiente di determinazione 𝑅2 pari a 0,75. Tale
valore, in prima approssimazione, indica che il modello utilizzato rende
conto del 75% della variabilità complessiva osservata per il parametro
RM CL H.
Figura 5.6: grafico con le coordinate CL H in mammografia e in risonanza magnetica con le 60 pazienti
A questo punto abbiamo ritenuto opportuno considerare un altro
parametro,
che
fosse
caratterizzato
da
una
minore
variabilità
complessiva, e che potesse quindi fornire un valore del coefficiente di
determinazione 𝑅2 più elevato. Abbiamo individuato tale parametro nel
rapporto
CL H
. Pertanto, abbiamo utilizzato questo rapporto come
CP H
coordinata dei nostri punti, ponendo nuovamente il valore ottenuto in
mammografia sull’asse delle ascisse e il valore ottenuto in risonanza
magnetica sull’asse delle ordinate. In questo modo, abbiamo ottenuto un
50
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
grafico che mostra una migliore correlazione tra i dati, con un valore di
𝑅2 pari a 0,82. (figura 5.7)
Figura 5.7: grafico del rapporto
𝐂𝐋 𝐇
𝐂𝐏 𝐇
in mammografia e risonanza magnetica con un totale di 60 pazienti
Le lesioni che sono più vicine al capezzolo avranno valori più piccoli del
rapporto
CL H
;, e quindi compariranno nei pressi dell’origine del grafico,
CP H
mentre i tumori che si trovano più vicini alla parete del muscolo pettorale
avranno nel grafico valori più grandi, come si può vedere in figura 5.8.
Figura 5.8: un esempio di confronto tra il grafico e l’immagine di una lesione con valori di coordinata pari
a 0,29;0,29, quindi una lesione molto vicina al capezzolo o retroareolare.
51
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
Come già osservato, il valore di 𝑅2 (0,82) dimostra che il grafico in figura
5.7 rappresenta una funzione più significativa rispetto al grafico
precedentemente elaborato (figura 5.6) e per questo motivo abbiamo
deciso di utilizzare come linea di tendenza la funzione ricavata dal
CL H
grafico con i rapporti CP H.
5.4.1 Calcolo errori
Per il calcolo degli errori di ogni punto abbiamo deciso di eseguire una
stima basandoci sulla differenza della dimensione della lesione misurata
in mammografia (mx) ed in risonanza magnetica (rm). In altre parole, si è
ipotizzato che l’incertezza con cui viene stimato il centro della lesione sia
paragonabile all’incertezza sulla misura delle sue dimensioni. Tale errore
stato quindi calcolato secondo la formula:
2
σ|Dmx-Drm|= √σ2 Dmx + σ2 Drm
dove σDmx e e σDrm possono essere espresse come:
2
√σ2 limite superiore + σ2 limite inferiore
Utilizzando i fattori di conversione in base alle dimensione dei pixel e dei
voxel precedentemente citati e considerando che nelle immagini di
mammografia rielaborate in ImageJ lo scarto minimo è di 4 pixel mentre
in risonanza magnetica è di 1 pixel abbiamo ottenuto un risultato di
1,25 mm come errore minimo di misura di ogni punto. Le barre d’errore
riportate in figura 5.9 rappresentano il maggiore tra il valore ottenuto
dalla formula precedente ed il valore minimo così stimato.
52
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
Figura 5.9: : grafico del rapporto
𝐂𝐋 𝐇
𝐂𝐏 𝐇
con l’inserimento delle barre d’errore
5.5 Conferma risultati ottenuti
Avendo a disposizione un totale di 60 pazienti su cui poter effettuare le
misure, raccolti tra i presidi di Cattinara e Maggiore, abbiamo deciso di
dividerle in 2 gruppi. Questi due gruppi formati entrambi da 30 pazienti
sono stati creati in modo casuale, i dati raccolti sono stati collegati alla
rispettiva paziente e successivamente attraverso la funzione random di
Excel riordinati in modo casuale, in modo tale da avere due gruppi i più
omogenei possibile. Dopo aver riportato i dati del primo gruppo
randomizzato in Excel, sul quale sono stati calcolati i rapporti
mammografia
sia
in
risonanza
magnetica,
abbiamo
CL H
CP H
sia in
ottenuto
un’equazione fondamentale per la seconda parte di questa esperienza,
ossia la conferma dei risultati.
Questa tesi, come già accennato in precedenza, si inserisce in un
progetto teso a valutare il possibile utilizzo della tomo-mammografia con
luce
di
sincrotrone
successivamente
agli
esami
di
screening
mammografia ed ecografia mammaria. È importante per questo scopo
che la paziente sia posizionata correttamente durante l’esecuzione della
53
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
tomo-mammografia, e tale posizionamento può avvenire sulla base della
mammografia precedentemente eseguita dalla paziente. Analizzando il
primo grafico ottenuto dal primo gruppo randomizzato si ottiene come
linea di tendenza, la retta passante per l’origine di equazione Y=0,9127X
( Figura 5.10)
Figura 5.10: grafico del rapporto
𝐂𝐋 𝐇
𝐂𝐏 𝐇
nel primo gruppo randomizzato di 30 pazienti con linea di tendenza
pari a Y=0,9127X
Successivamente, con il secondo gruppo di 30 pazienti randomizzate
abbiamo creato lo stesso grafico, posizionando però come linea di
tendenza la stessa trovata nel grafico del primo gruppo; per valutare
quali punti effettivamente rientravano all’interno del nostro range di 3 cm
di
acquisizione
abbiamo
selezionato
due
bande,
corrispondenti
approssimativamente a punti distanti 15 mm lungo la direzione verticale
dalla linea di tendenza, rispettivamente verso il capezzolo o verso la
parete del muscolo pettorale. In questo modo siamo riusciti a valutare
grazie sempre al rapporto
tutte
le
lesioni
del
CL H
CP H
se, prendendo due gruppi randomizzati,
secondo
gruppo
rientrassero
nel
range
dell’acquisizione estrapolato dai dati del primo gruppo, come si può
vedere in figura 5.11
54
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
Figura 5.11: grafico del secondo gruppo di 30 pazienti con la linea di tendenza del primo gruppo e le
bande dei 3 cm di range prestabiliti
Tuttavia, per poter centrare la lesione nel modo più preciso possibile,
dobbiamo essere in grado di stimare correttamente la distanza
capezzolo-lesione (il parametro CL H) alla tomo mammografia del
sincrotrone. Di norma, le informazioni di risonanza magnetica non
saranno disponibili, e tale stima dovrà quindi essere condotta sulla base
della sola mammografia. Pertanto, abbiamo elaborato la seguente
ipotesi: conosciamo il rapporto
CL H
CP H
in mammografia e grazie al grafico
riusciamo ad avere la funzione che collega questo rapporto all’analogo
rapporto
in
risonanza
magnetica;
quindi
assumiamo
posizionamento della paziente durante l’esame che il rapporto
risonanza magnetica sia uguale al rapporto
CL H
CP H
per
CL H
CP H
il
in
in tomo-mammografia al
sincrotrone. A questo punto supponiamo che il valore CP H del
sincrotrone possa essere misurato direttamente nella sala d’esame
(attraverso un metro o un righello) nel momento in cui la paziente viene
posizionata col seno pendulo: in questo modo il tecnico potrà misurare la
distanza dal capezzolo alla parete toracica che appoggia sul sistema di
55
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
posizionamento del paziente e tale lunghezza L diventerà la nostra
miglior stima per CP H. Stimando, secondo la nostra ipotesi, che il valore
misurato nelle precedenti immagini in risonanza magnetica per CP H sia
assimilabile al valore che si potrebbe misurare direttamente nella sala
esame del sincrotrone, e stimato il rapporto
CL H
CP H
in base al grafico di
figura 5.7, è infine possibile ottenere una stima per
CL H prima di
effettuare la tomo mammografia al sincrotrone. Con il metodo sopra
descritto abbiamo studiato attraverso un grafico la disposizione delle
lesioni del secondo gruppo randomizzato inserendo come barre d’errore
in questo caso l’estensione della lesione lungo la direzione verticale,
come si può vedere nella figura 5.12.
Figura 5.12: grafico del discostamento della posizione ipotizzata della lesione (Y=0) rispetto alla realtà. Le
barre d’errore in questo caso rappresentano l’estensione della lesione lungo la direzione verticale
Come si può notare dal grafico non tutte le lesioni rientrano nel range di
3 cm ipotizzato per l’acquisizione del volume in tomo-mammografia al
seno con luce di sincrotrone: nel totale di 60 pazienti le lesioni che
escono dal range sono 7. Si tratta di pazienti che presentano lesioni di
varie dimensioni e localizzate in quadranti diversi ma con una comune
56
5 La mia esperienza: definizione della geometria d’esame
caratteristica, cioè tutte queste lesioni sono molto vicine alla cute.
Valutando che tutte queste lesioni sono molto vicine alla cute e che
durante l’esame di mammografia la cute della mammella, soprattutto nei
quadranti inferiori, può essere distesa e posizionata in maniera
soggettiva a seconda del tecnico che esegue l’esame, è possibile
pensare che più la lesione è vicina alla cute più è probabile che questa
sia soggetta a un cambiamento di posizione dalla mammografia
all’esame col sincrotrone.
57
6 Conclusioni
6 Conclusioni
Negli ultimi anni, dopo i successi ottenuti dalla mammografia planare con
luce di sincrotrone, è iniziato un lavoro di ricerca sull’utilizzo in un futuro
di una tomo-mammografia al seno con luce di sincrotrone come possibile
esame di secondo livello successivamente gli esami di mammografia ed
ecografia mammaria. Questa tesi si propone con lo scopo di individuare
una geometria che consenta, grazie alle mammografie eseguite
precedentemente dalle pazienti, di posizionare il seno da indagare in
modo corretto e di centrare la lesione in tomo-mammografia nel modo
più ottimale possibile.
Analizzando i dati ottenuti su un gruppo di 60 pazienti che hanno
eseguito esami di mammografia e di risonanza magnetica nucleare nei
presidi dell’azienda ospedaliera-universitaria “Ospedali riuniti di Trieste”
Cattinara
e
Maggiore
abbiamo
riscontrato
i
seguenti
risultati:
supponendo come range d’acquisizione 3 cm ipotizzati all’inizio del
progetto SYRMA-CT abbiamo notato che sulle 60 pazienti analizzate 7 di
queste non rientravano nel range desiderato. Analizzando nei particolari
questi 7 casi che non rientrano nei parametri impostati abbiamo notato
che le lesioni di queste 7 pazienti sono a stretto contatto con la cute del
58
6 Conclusioni
seno, precisamente 3 di queste pazienti presentano una lesione molto
vicina alla cute del quadrante inferiore, 2 al quadrante superiore, 1 al
quadrante interno e 1 al quadrante esterno. Questo fattore di stretto
rapporto con la cute del seno potrebbe essere la causa dei valori
anomali riscontrati, in quanto essendo lesioni molto vicine alla cute
durante la compressione nell’esame mammografico subiscono una
maggior modifica della loro posizione originale e questo può dipendere
sia dalla compressione in sé sia dalla soggettività del tecnico nel
distendere la mammella per l’acquisizione cranio-caudale; questa
variazione della posizione della lesione viene ulteriormente enfatizzata
quando si pone la paziente prona col seno pendulo durante la risonanza
magnetica (stessa posizione in cui la paziente si troverà nella tomomammografia con luce di sincrotrone).
Analizzando il grafico che stima la posizione della lesione stimata col
metodo illustrato in questa tesi rispetto alla sua reale posizione abbiamo
dedotto che una scansione di 3 cm non è sufficiente per poter
comprendere tutti i casi analizzati.
Figura 6.1: confronto dati raccolti con range di 3 cm (BLU) e range di 5 cm (VERDE)
59
6 Conclusioni
Tuttavia, come si può vedere dalla figura 6.1 considerando un range più
ampio (in questo caso abbiamo deciso di dirigere le nostre attenzioni su
un valore di 5cm) tutti i centri delle lesioni rientrano all’interno del nuovo
range; in questo modo anche le 7 lesioni che si trovavano fuori dal range
di scansione rientrerebbero nel volume di acquisizione.
Un problema però da valutare sono le dimensioni delle lesioni: come si
può notare sempre dalla figura 6.1 nonostante sia stato aumentato il
range
d’acquisizione
alcune
lesioni
non
vengono
acquisite
completamente ma solamente in parte e questo è dovuto alle grandi
dimensioni delle lesioni (dai 3 cm in su); per questo motivo bisognerebbe
considerare dei parametri di selezione delle pazienti che presentano
lesioni con grandi dimensioni, cioè valutare se ci sono determinate
pazienti che non possono eseguire la tomo-mammografia al seno con
luce di sincrotrone. Un altro fattore che potrebbe portare a una limitante
nelle pazienti candidate alla tomo-mammografia al seno con luce di
sincrotrone è una mammografia non corretta: soprattutto in pazienti che
presentano dei seni molto difficili da comprimere può succedere che
nella mammografia il capezzolo non risulti perfettamente in asse con il
muscolo pettorale, portando dei problemi nel centraggio in tomomammografia, soprattutto perché abbiamo ipotizzato di prendere la
misura L dal capezzolo all’inizio della mammella pendula come nostra
migliore stima per CP H; quindi è importante valutare se la mammella
della paziente presenta dei particolari che possono andare a complicare
la misura del parametro L in tomo-mammografia con luce di sincrotrone.
In conclusione lo studio effettuato ha portato a risultati significativi
individuando una procedura, che attraverso le immagini di mammografia,
può permettere una centratura ottimale della lesione nella tomomammografia con luce di sincrotrone. Tuttavia, analizzando i casi e
vedendo che circa il 12% di questi non rientravano nel range di
scansione ipotizzato di 3 cm, si ritiene opportuno aumentare il volume
60
6 Conclusioni
d’acquisizione per poter essere certi di eseguire una tomo-mammografia
con luce di sincrotrone completa e precisa.
61
Indice delle figure
Indice delle figure
Figura 1.1 : Schematizzazione del drenaggio linfatico mammario .......................................... 4
Figura 2.1: Tipiche proiezioni mammografiche cranio-caudale e obliqua .............................. 8
Figura 2.2: Esempi di due mammografi ................................................................................ 10
Figura 2.3: Apparecchiatura di risonanza magnetica............................................................. 14
Figura 2.4: Posizionamento paziente sottoposta a un esame di RM alla mammella ............... 16
Figura 2.5: Posizione della paziente durante l’acquisizione BCT .......................................... 19
Figura 3.1: Rappresentazione grafica della geometria di un fascio di luce di sincrotrone ...... 26
Figura 3.2: Schema dei vari passaggi che linea di luce SYRMEP attraversa ......................... 28
Figura 3.3: Schema semplificato della sala paziente ............................................................ 29
Figura 3.4: Lettino portapaziente nella sala paziente della linea SYRMEP ........................... 30
Figura 3.5: Contrasto di fase, esempio schematico ............................................................... 31
Figura 3.6: Figure comparative, a destra normale mammografia planare, a sinistra
mammografia con contrasto di fase ...................................................................................... 32
Figura 3.7: Schema dell’acquisizione nella mammografia planare con lude di sincrotrone .. 34
Figura 4.1: Schematizzazione del sistema PIXIRAD ............................................................ 39
Figura 5.1: ImageJ e la schermata con le funzioni per elaborare le immagini ........................ 45
Figura 5.2: I passaggi eseguiti per portare le immagini di mammografia sullo stesso piano
delle immagini di risonanza magnetica ................................................................................. 46
Figura 5.3: Esempio di overlay per le immagini di risonanza magnetica ............................... 47
Figura 5.4: Disposizione del piano cartesiano, costruito tramite il cursore rettangolare,
utilizzato su un’immagine di risonanza magnetica. ............................................................... 48
Figura 5.5: Immagini di mammografia e risonanza magnetica su ImageJ con indicate le
misure acquisite. .................................................................................................................. 49
Figura 5.6: Grafico con le coordinate CL H in mammografia e in risonanza magnetica con le
60 pazienti ........................................................................................................................... 50
CL H
Figura 5.7: Grafico del rapporto CP H in mammografia e risonanza magnetica con un totale di
60 pazienti ........................................................................................................................... 51
62
Indice delle figure
Figura 5.8: Un esempio di confronto tra il grafico e l’immagine di una lesione con valori di
coordinata pari a 0,29;0,29, quindi una lesione molto vicina al capezzolo o retroareolare ..... 51
Figura 5.9: Grafico del rapporto
CL H
con l’inserimento delle barre d’errore ......................... 53
CP H
CL H
Figura 5.10: grafico del rapporto
CP H
nel primo gruppo randomizzato di 30 pazienti con linea
di tendenza pari a Y=0,9X.................................................................................................... 54
Figura 5.11: grafico del secondo gruppo di 30 pazienti con la linea di tendenza del primo
gruppo e le bande dei 3 cm di range prestabiliti .................................................................... 55
Figura 5.12: grafico del discostamento della posizione ipotizzata della lesione (Y=0) rispetto
alla realtà. Le barre d’errore in questo caso rappresentano l’estensione della lesione lungo la
direzione verticale ................................................................................................................ 56
Figura 6.1: confronto dati raccolti con range di 3 cm (BLU) e range di 5 cm (VERDE) ....... 59
63
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Commentato [A1]: anche questa referenza e’ da sistemare.
Inoltre, mi pare di capire che se trovo una referenza cosi’, poi questa
non compare in Bibliografia, quindi devi pure copiarla in
Bibliografia.
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