Il Romanticismo - tommaso ciccarone

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Romanticismo filosofico tedesco.
Caratteri generali
“L’uomo è un Dio quando sogna; è un mendicante quando pensa!”
(HOLDERLIN, Iperione)
“A rigore, la Filosofia è nostalgia, il desiderio di trovarsi dappertutto come a
casa propria”
(NOVALIS, Frammenti Nuovi)
“E apertamente dedicai il cuore alla terra grave e sofferente e, spesso, nella
notte sacra, promisi d’amarla fedelmente fino alla morte, senza paura, col suo
greve carico di fatalità, e di non spregiare alcuno dei suoi enigmi. Così
m’avvinsi ad essa di un vincolo mortale”
(HOLDERLIN, La Morte di Empedocle)
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Movimento di origine tedesca, con epicentro culturale la città prussiana di Jena,
è originariamente espresso da un circolo di intellettuali, poeti, filosofi che
facevano capo alle figure dei Fratelli Schlegel che nel 1798/1800 fondarono la
rivista “Athaeneum”, il Manifesto filosofico del movimento (come in area
anglosassone lo fu, nello stesso anno, la raccolta di poemi intitolati “Lyrical
Ballads” di William Wordsword e Samuel Taylor Coleridge)
I maggiori esponenti del nuovo fermento poetico-letterario furono: Novalis –
Goethe – Holderlin – Jacobi; per quanto riguarda gli aspetti più squisitamente
filosofici gli esponenti di massimo rilievo furono Fichte – Schelling – Hegel
(quest’ultimo è romantico nella misura in cui critica l’Illuminsmo kantiano, ma
nello stesso tempo, fondando una filosofia incentrata sullo strapotere della
Spirito razionale della Storia, neutralizza l’importanza delle componenti
sentimentali e genuinamente romantiche della nuova filosofia).
Il Romanticismo come movimento culturale organico e consapevole dei propri
temi è preceduto da un periodo preparatorio che, propriamente, segna il
trapasso dall’Illuminismo settecentesco al vero e proprio Romanticismo. Questo
periodo turbolento, impetuoso, irrazionale, anti-illuministico prende il nome
dal titolo di un’opera drammaturgica del poeta Klinger: il cosiddetto “Sturm
und Drang” che, alla lettera, significa “tempesta e Assalto” e in sé, sotto forma
di materia grezza, contiene i motivi e temi ispiratori di tutta la successiva e
matura corrente romantica. Quindi si può dire semplicemente che lo “Sturm
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und Drang” costituisce rispetto al Romanticismo una totale e assoluta pars
denstruens dell’Illuminismo, mentre il Romanticismo cerca di elaborare la
consapevolezza della propria identità culturale e del proprio statuto ideologico;
consapevolezza che si determinerà in maniera lucida e compiuta con
l’Idealismo di Johannes Fichte, Frederich Schelling e George Frederich Hegel.
Il Romanticismo si afferma in pieno XIX sec., mentre lo “Sturm Und Drang”
riguarda soprattutto gli anni ’60 e ’80 del ‘700.
La differenza poggia su una maggiore consapevolezza ed equilibrio, dovuto
all’influsso del culto della bellezza apportato, volente o nolente, dalla corrente
del neoclassicismo (che in Germania aveva avuto in Winckelmann il suo
massimo teorico).
Per ciò che riguarda il contesto storico, l’atmosfera in cui si forma il
romanticismo è cospicuamente connotata dalla delusione storica per il
fallimento degli ideali illuministici della Rivoluzione Francese, il cui depositario
era in linea di principio Napoleone ma il cui traditore fattualmente fu
Napoleone stesso.
Dunque il Romanticismo non nascendo dal nulla ha come cifra essenziale e
retroterra propulsivo proprio la crisi politica della Prussia. Questo è il motivo
per cui si deve leggere il Romanticismo come fenomeno com-plesso, ovvero a
più facce o “plessi” appunto. Qui basterà tener conto di una generale ambiguità:
1) da una parte il Romanticismo testimonia la FUGA di fronte la Crisi e, quindi,
un atteggiamento di chiusura individualistica in una dimensione alternativa
alla realtà oggettiva; chiusura in una dimensione “onirica”, di sogno, nella
quale l’ l’individuo si riscopre nella sua piena potenzialità creativa e metafisica
(cioè non è vincolato ai limiti dei fonemeni nel semplice e rigido campo della
Conoscenza scientifica: il riferimento polemico è esplicitamente il Kant della
Critica della Ragion Pura). Tale dimensione “onirica”, metafisica, è riflessa
dall’approccio del massimo interprete di ciò che è stato chiamato “Idealismo
magico” o “Notturnismo spirituale”: il poeta-filosofo NOVALIS. A questa
posizione caratteristica di Fuga appartiene l’altro grande interprete, in chiave
nettamente più pessimistica di Novalis: il poeta Holderlin che finì i suoi giorni
nella più completa follia e solitudine, rinchiuso in una torre.
2) Dall’altra parte il Romanticismo si apre al discorso della ricerca e tensione
verso una in-definita realtà; una realtà ideale, attraverso un processo che
coinvolga tutta la sfera spirituale dell’uomo e dell’umanità, al di là della povera
ragione matematica. Questo processo o tensione è la ricerca del continuo
superamento dei limiti e ostacoli che si trovano nella storia e realtà oggettiva; si
tratta di un superamento che si impone come il nuovo “costume” (= l’ETHOS)
romantico: la ricerca mai appagata dell’IN-FINITO da parte del FINITO che è
l’uomo. Ovviamente questo “Desiderio di desiderio”, desiderio in-definito, può
essere continuato a vedere come fuga e quindi pessimisticamente, perché
ingenera il sentimento dello SCACCO o FALLIMENTO (l’Infinito è impossibile
da raggiungere): è la cifra “Prometeica” o “titanica” del romanticismo; ma è
anche vero che questa tensione può determinare la “rinascita” di una nuova
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umanità, di una nuova e più ricca concezione dell’uomo e della sua spiritualità
creatrice. In questo orizzonte specifico il filosofo idealista FICHTE, il cui padre
spirituale fu il Kant della Critica della Ragion Pratica, e che aveva circoscritto
nello “SFORZO” (= STREBEN) incessante dello spirito umano la vera missione
morale dell’umanità stessa e della nazione Tedesca (Fichte, infatti, tra l’altro ha
scritto “La Missione del Dotto”/1805 – 11 e “Discorso alla Nazione
Tedesca”/1807; la prima opera è una raccolta di lezioni universitarie in cui si
mette in evidenza che la Missione di cui si parla è il continuo esercizio da parte
dell’IO di superare i suoi continui ostacoli, i cosiddetti NON-IO. Naturalmente
qui Fiche ha sostenuto l’idea fondamentale della morale Kantiana: la
realizzazione dell’Imperativo Categorico costituisce l’ideale di Perfezione, il
Dover essere, l’In-finito che l’io, il Finito, l’essere limitato dell’uomo deve
continuamente perseguire se vuol essere degno e meritevole di essere chiamato
Uomo con la maiuscola). Su Fiche ci saranno altre parole da spendere.
Ritornando al discorso generale ed introduttivo del Romanticismo come
atteggiamento e stabilito che l’oggetto di “ricerca” è l’INFINITO, nel senso che
l’In-dividuum o “Subjectum” di matrice cartesiana, come fondamentum, è un
dogma metafisico che viene dissipato, perché piuttosto è più consono parlare di
un DIVIDUUM perennemente s-fondato, privo di certezze a causa della sua
natura ontologica precaria e finita. Diciamo allora, in generale, che il
“Principiuum Individuationis” che ha caratterizzato tutta la filosofia
razionalistica moderna da Cartesio a Leibniz viene meno, in quanto l’uomo non
fonda, non decide, non domina la realtà conoscitiva, storica e naturale, bensì è
DETERMINATO, è CONDIZIONATO, E’ insomma PARTE DI UN TUTTO; di
un Tutto indefinito che si chiama filosoficamente parlano IN-FINITO e a cui si
può “accedere” per vie nuove e comunque contrarie all’Intelletto (Verstand)
analitico e freddamente classificatore e matematico. Questo In-finito potrà
chiamarsi DIO, se considerato dal punto di vista TEISTICO della FEDE, ossia è
il punto di vista TRASCENDENTE. Può chiamarsi DIO-TUTTO se considerato
dal punto di vista “panteistico” della natura o Universo come manifestazione
dell’Infinito, ossia è il punto di vista IMMANENTISTA (l’Infinito come
immanente, implicito nel Finito). Notate bene che questo è il vero grande
motivo per cui il Romanticismo “ritorna” su un filosofo del ‘600, il portoghese
Baruch SPINOZA il quale, come capiterà di ripetere, in chiave anticartesiana
trasferirà il concetto di “Sostanza” dall’uomo alla Natura, vista quest’ultima
come la Totalità nella quale l’uomo è un singolo e particolare frammento e per
cui affermò che “Omnis Determinatio est negatio” (sancendo la fine o la
negatività assoluta del cartesiano principio Individuationis).
L’In-finito come implicito nel Finito o nell’universo apre oltremodo la strada
alla rivalutazione della visione rinascimentale della natura non vista come
“Natura morta” (approccio matematizzante dell’illuminismo), ma come
“Natura Naturans”, “Organismo vivente” ovvero, usando la corrispettiva
traduzione greca, come PHYSIS. Questo è il motivo per cui alcuni filosofi
romantici che trattarono la Natura come oggetto di ispirazione poeticoletteraria-razionale, “riesumeranno” dal cimitero della cultura che conta un
filosofo internazionale del ‘600, Giordano BRUNO, il primo grande teorico del
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concetto metafisico dell’INFINITO e dell’Infinità stessa dell’Universo (ragion
per cui venne arso vivo dalla Chiesa Cattolica, radicata sul paradigma
pseudoscientifico del sistema FINITO tolemaico).
Per la cronaca, il massimo filosofo IDEALISTA che fa della natura la
dimensione vivente dello Spirito (GEIST) o dell’Infinito, recuperando Spinosa
ma soprattutto Bruno, si chiama SCHELLING (amico di Holderlin e, nella fase
giovanile all’interno del Circolo di Jena, dello stesso HEGEL).
L’Infinito può esser colto, lo abbiamo visto all’inizio, da parte dell’individuo
nella sua sfera intima o creativa dalla facoltà del GENIO artistico; la facoltà che
crea la dimensione ideale, utopica, “notturna”, onirica o mistica dell’Arte
(GOETHE, HOLDERLIN, NOVALIS).
E, in fine, l’In-finito può essere colto, come sosterrà HEGEL, il massimo
interprete dell’Idealismo tedesco nel quale il Romanticismo viene assorbito e
“sistemato” filosoficamente, da parte della potenza del CONCETTO della
filosofia. Ma attenzione sin da ora: il “concetto” di cui parlerà hegel non ha
nulla a che fare con le 12 categorie dell’Intelletto matematico kantiano, bensì
riguarda la capacità della Ragione in generale (Vernunft)di cogliere la Totalità o
l’Infinito assoluto attraverso la sintesi o connessione di tutti i fatti o eventi
particolari e finiti; in breve la potenza del concetto inquadra gli eventi della
storia, i fatti particolari, gli individui particolari, in un quadro sinottico globale
e razionale (che lui chiama Destino logico o Provvidenza razionale della Storia).
Questo modo o capacità di vedere il FINITO all’interno di una rete di rapporti
logici e concettuali che strutturano la Totalità processuale della Storia (che è
considerata il vero Soggetto, con la S maiuscola, e che Hegel chiama con il
termine tedesco di “Geist”, a voler sottolineare l’aspetto processuale dinamico e
soprattutto Meta-umano della Verità storica), questo modo o capacità dicevo, è
chiamata da Hegel la potenza “DIALETTICA” - speculativa della filosofia
idealista.
Riassumendo:
il Romanticismo, in contrapposizione all’Illuminismo, si configura come
FILOSOFIA DELL’INFINITO;
il modo di accedere all’Infinito non è affatto costituito dalla volontà tecnicomatematica dell’Intelletto calcolatore e classificatore, bensì da tre canali dello
spirito:
Attraverso la facoltà del GENIO artistico (oltre ai poeti citati,
filosoficamente sono da ricordare KANT per quanto riguarda il concetto di
“SUBLIME” e, in pieno Romanticismo-Idealismo il filosofo SCHELLING che
vedeva nel Genio la facoltà trascendentale per eccellenza attraverso cui il finito
coglie intuitivamente/im-mediatamente, senza cioè la mediazione dell’intelletto
matematico, il Tutto);
 ARTE:
Attraverso la classica via della FEDE in un Dio-Padre
TRASCENDENTE; ma, in ambito prettamente romantico, attraverso il
 RELIGIONE:
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sentimento IMMANENTE panteistico, SPINOZIANO, della Natura come
manifestazione dell’Infinito. Si tratta dell’approccio MISTICO, che in Germania,
sin dalla fine del medioevo, nel XIV sec., ebbe il suo massimo impulso nel frate
francescano e mistico maister ECKHART.
Attraverso l’approccio della Moralità kantiana che in epoca
romantica è raccolto da FICHTE e che imposta la ricerca dell’Infinito o assoluto
in termini di SFORZO o Tensione dell’IO che si rende sempre più vicino e
partecipe dell’Assoluto attraverso il superamento dei NON-IO. L’Infinità come
luogo di questo continuo sforzo, come SENSUCHT e STREBEN.
Ma, soprattutto, con HEGEL l’Assoluto/Infinito è colto attraverso la “pazienza
del Concetto” che unifica tutte le particolarità e fatti contingenti della storia in
un superiore quadro razionale e concettuale, appunto, tale che il soggetto non è
l’uomo ma lo Spirito (GEIST) DELLA E NELLA STORIA.
Hegel fonda tutta la filosofia dello Spirito storico sull’equazione “TUTTO Ciò
CHE E’ REALE E’ RAZIONALE; TUTTO Ciò CHE E’ RAZIONALE E’ REALE”,
la cui interpretazione possibile la affido al vostro sforzo di riflessione personale.
 FILOSOFIA:
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LEOPARDI e l’Infinito
CITAZIONI TRATTE DALLO “Zibaldone di Pensieri”
(Oscar Mondadori, Vol.1, Frammenti 165 – seguenti)
A - “Il sentimento della nullità, la insufficienza di tutti i piaceri a riempirci
l’animo, e la tendenza nostra verso un infinito che non comprendiamo, forse
proviene da una cagione semplicissima, più materiale che spirituale.
L’anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e
mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicità, che
considerandola bene, è tutt’uno con il piacere. Questo DESIDERIO e questa
TENDENZA non ha limiti, perché è ingenita o congenita coll’esistenza, e perciò
non può avere fine con questo o quel piacere che non può essere infinito, ma
solamente termina con la vita. E non ha limiti: né per durata né per estensione
(…)”
B - “Veniamo all’inclinazione dell’uomo all’infinito. Indipendentemente dal
desiderio del piacere, esiste nell’uomo una facoltà immaginativa, la quale può
concepire le cose che non sono, e in un modo in cui le cose reali non sono.(…) Il
piacere infinito che non si può trovare nella realtà, si trova così
nell’immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni, ecc. Perciò
non è meraviglia: 1) che la speranza sia sempre maggiore del piacere; 2) che la
felicità umana non possa consistere se non nell’immaginazione e nell’illusione.”
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C - “(…) L’immaginazione, come ho detto, è il primo fonte della felicità umana.
Quanto più questa regnerà nell’uomo, tanto più l’uomo sarà felice. Lo vediamo
nei FANCIULLI. Ma questa non può regnare senza l’ignoranza, almeno una
certa ignoranza come quella degli antichi”
(qui, nell’ultima citazione, Leopardi esprime il suo punto di vista nella Disputa
sulla superiorità o differenza tra gli ANTICHI e i MODERNI, denunciando un
timbro critico nei confronti dell’Illuminismo, nel solco di un approccio già
inaugurato da J.J. ROUSSEAU nel 1750 con il celebre “DISCORSO SULLE ARTI
E SULLE SCIENZE”)
D - “La speranza è infinita come il desiderio del piacere, ed ha di più la forza, se
non di soddisfare l’uomo, almeno di riempirlo di CONSOLAZIONE”
E - “(…) Tutti i beni appaiono bellissimi e sommi DA LONTANO, e l’IGNOTO
E’ PIU’ BELLO DEL NOTO. (…) La malinconia, il bello moderno, ecc, perciò
appunto sono così dolci, perché immergono l’anima in un ABISSO di pensieri
INDETERMINATI, de’ quali non sa vedere il fondo né i contorni (…), come
nelle situazioni ROMANTICHE. La cagione è la stessa, cioè il DESIDERIO
DELL’INFINITO. Perché in luogo della vista lavora l’immaginazione e il
fantastico sottentra al reale.”
F - “(…) La vastità quando anche non sia molteplice occupa nell’anima un più
grande spazio, ed è più difficilmente esauribile. La meraviglia similmente rende
l’anima ATTONITA, l’occupa tutta e la rende incapace in quel momento di
desiderare.
(…) Da questa teoria del piacere deducete che la grandezza anche delle cose
non piacevoli per se stesse, diviene piacere in quanto c’è grandezza (…) Posta
detta teoria si viene a conoscere che il desiderio di piacere diviene una PENA, e
una specie di TRAVAGLIO abituale dell’anima.
Quindi: 1) un assopimento dell’anima è piacevole. I turchi se lo procurano con
l’oppio, ed è grato all’anima perché in quei momenti non è affannata dal
desiderio, perché è come un riposo dal desiderio tormentoso, e impossibile da
soddisfare pienamente; un intervallo come il SONNO nel quale sebbene l’anima
forse non lascia di pensare, tuttavia non se ne avvede. 2) La vita continuamente
OCCUPATA è la più felice, quando anche non sieno occupazioni e sensazioni
vive e varie. L’animo umano è distratto DA QUEL DESIDERIO INNATO CHE
NON LO LASCEREBBE IN PACE, O LO RIVOLGE A QUEI PICCOLI FINI
DELLA GIORNATA (il terminare un lavoro, il provvedere ai suoi bisogni
ordinari, ecc, ecc.). Ed osservate come lo spettacolo della vita occupata laboriosa
e domestica, sembri anche oggidì, a chi vive nel mondo, lo spettacolo della
felicità, anche per la mancanza dei dolori, e delle cure e delle afflizioni reali.”
G - “E com’è piacevole lo stupore cagionato dall’oppio (anche relativamente
alla DIMENTICANZA dei mali positivi) così quello cagionato dalla meraviglia,
dalla novità e dalla singolarità.
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(…) Anche l’immagine del DOLORE e delle cose terribili è piacevole, come ne’
drammi e poesie di ogni sorta, spettacoli, ecc, purchè l’uomo non tema e non si
dolga per se, la FORZA DELLA DISTRAZIONE GLI E’ SEMPRE PIACEVOLE.”
ALCUNE OSSERVAZIONI:
Aver parlato di Leopardi significa mantenere aperte delle ipotesi di lavoro o
collegamento “interdisciplinare” connaturale ad una tematica come il
Romanticismo. Infatti Si vedrà come Leopardi abbia evidenziato,
filosoficamente parlando, la nozione romantica di Infinito partendo da una
“Ontologia del Finito” e della natura umana, strutturalmente consegnata al suo
fondamento radicale che consiste nell’ASSENZA DI FONDAMENTO. Sarà una
tematica cara ad un altro filosofo prussiano e “nichilista”: Arthur
SCHOPENHAUER, punto di riferimento ideale di pensatori come NIETZSCHE
e FREUD, per es.
Il Romanticismo filosofico è fatalmente aperto a prospettive multidisciplinari
perché si rivolge contro l’Univocità o Unidirezionalità della Ragione
matematica e scientifica: è comprensibile quindi che lo stesso linguaggio e stile
culturale e filosofico abbia preso binari alternativi, antirazionali, come quelli
della POESIA (che riflette la “Poiesis” dello spirito, la attività creatrice e
produttrice). Da questo punto di vista è più corretto parlare non tanto di canali
anti-razionali o ir-razionali, bensì: IPER-RAZIONALI, perché si tratta di
cogliere lo spirito e le facoltà spirituali dell’uomo come qualcosa di superiore ed
“eccedente” rispetto alle “Colonne d’Ercole” o limiti della scienza (i famosi
limiti tracciati da Kant nella Critica della ragion Pura!)
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HOLDERLIN: il disorientamento dell’io
Ammiratore di Fichte, amico di Schelling ed Hegel, Friedrich Hölderlin (17701843) nutrí gli stessi interessi speculativi che alimentarono l'idealismo tedesco.
L'ideale dell'uomo, per Hölderlin, è ritrovarsi in unione col tutto. Poiché la
natura è pervasa da vita infinita, la grandezza dell'uomo si celebra quand'egli
riesce ad identificarsi con questa vita, ad avvertire in sé la vita dell'universo.
L'armonia tra l'uomo e l'universo fu vissuta, in modo immediato, nell'antica
Grecia, in cui l'arte - che è segno distintivo di questa armonia - espresse, nella
bellezza delle forme finite, l'infinito, l'essenza divina della natura.
La storia umana, tuttavia, è la storia della rottura di quell'armonia e dei
tentativi effettuati per riconquistarla. Infatti l'uomo, per conoscere se stesso, si
distacca dall'unità con la natura attraverso la ragione “tecnica”. Nel centrare lo
sguardo su se stesso, al fine di prendere piena consapevolezza cartesiana dei
suoi poteri razionali, della sua capacità di dare ordine e significato «soggettivo»
- con la conoscenza - alla realtà naturale, è costretto a porre la natura di fronte a
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sé, diversa da sé. La Cultura o “Civiltà”, quindi, che consiste nei tentativi che
l'uomo compie per conoscere sé e la natura come realtà autonome e oggettive,
implica la scissione di quella unità originaria e “sacra”. Ma l'uomo è parte della
natura, è egli stesso naturalità; quindi la cultura non può portare al pieno e
integrale compimento dell'umanità. Solo l'arte concilia e armonizza cultura e
natura, perché nella creazione artistica la natura si lascia «formare dall'uomo
mentre l'uomo si lascia `plasmare' dalla natura». Cosí la natura si umanizza e
l'uomo si naturalizza; le distanze vengono annullate e nasce l'armonia come
effetto di un processo di consapevole riconquista. Nell'arte gli opposti perdono i
loro specifici caratteri: la natura non è piú dominatrice assoluta dell'uomo, e
l'uomo la comprende e la assimila nel suo spirito, rendendola realtà spirituale.
Ma nella storia dell'uomo la condizione artistica è un momento eccezionale, non
ordinario. Coincide con la sfera del “Genio”; normalmente l'uomo vive il
disagio della separazione: natura e cultura sembrano mondi inconciliabili. Alla
sua epoca Hölderlin assegna il compito di restaurare il paradiso perduto, la
ricomposizione in unità dell'uomo. Ma questo fine non sarà mai raggiunto. La
storia dell'uomo, infatti, è, sí, segnata dal progresso, ma questo progresso come sosterrà Fichte - è infinito, in quanto l’Umanità ha il dovere
kantianamente morale di aspirare alla perfezione senza mai arrestarsi in una
forma di compiutezza definitiva (come aveva sostenuto dogmaticamente di sé
l’Illuminismo).
Di fronte alla CRISI epocale dell’Europa e, in particolare, della germania,
HOLDERLIN non si pone né come Novalis in un atteggiamento di chiusura
onirica in una dimensione iperrazionale e “magica”; né come Hegel in una
dimensione di comprensione concettuale della storia e della realtà. Egli si pone
in termini di “eroismo” e rifiuto rivoluzionario nei confronti della Crisi: il suo
pensiero poetico è profondamente carico di Titanismo, simboleggiato
dall’eroica figura di EMPEDOCLE che, non capito e non accettato dalla sua
Polis (Agrigento) si getta nell’Etna preferendo affermare se stesso con la Morte
piuttosto che tradire se stesso vivendo in una società e cultura della passività e
dell’ordine imposto dall’alto.
Il sentimento che emerge dal poema “La morte di Empedocle” ma, in genere, da
tutta la poetica filosofica di Holderlin, è il sentimento del TRAGICO, come cifra
tipica ed epocale del Romanticismo. Holderlin profetizza la necessità
innanzitutto di un EROISMO SPIRITUALE di chi è disposto a morire pur di
sottrarsi ad una condizione di passività esportata dall’ILLUMINISMO
NAPOLEONICO! Per questo Holderlin si appella esplicitamente, come ho
accennato prima, a KANT come il “Mosè dell’Età moderna”, in quanto afferma
sotto i termini della maestà sublime dell’Imperativo categorico il celebre
“SAPERE AUDE!” (vedi <“risposta alla domanda “Che cos’è l’Illuminismo?” >
di Kant)
Empedocle, l’eroe filosofico simbolo dell’uomo romantico, è come Gesù: per
sfuggire alla vita formale vuota di contenuti autentici (la forma giudaica di
cultura dogmatica e svuotata di libertà) va incontro alla morte, nella speranza
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che il suo gesto possa assumere il valore simbolico della coesione innanzitutto
spirituale nella nuova Verità.
Questa dimensione autenticamente libera, utopicamente rivoluzionaria e
profetica di un mondo migliore, libera dalle rigide “forme” imposte dall’Alto,
costituisce ciò che Holderlin chiama l’elemento “A-ORGICO” (termine che
deriva dal greco e che alla lettera significa “privo di una forma definitadefinitiva”).
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