Quando lo scandalo è un affare di famiglia

DIARIO
GIOVEDÌ 16 DICEMBRE 2010
DI REPUBBLICA
■ 44
Le assunzioni clientelari di massa nelle aziende
municipalizzate di Roma dimostrano quanto sia
sempre forte la logica del clan e del nepotismo
PARENTOPOLI
Quando lo scandalo
è un affare di famiglia
FILIPPO CECCARELLI
LIBRI
EDWARD
C. BANFIELD
Le basi
morali di una
società
arretrata
il Mulino
2010
LUCA NINO
Parentopoli
Marsilio 2009
FRANCO
FERRAROTTI
Le figure del
padre
Armando
2001
LOUISE
D. ZINN
La
raccomandazione
Donzelli
2001
LOREDANA
SCIOLLA
Italiani:
stereotipi di
casa nostra
il Mulino
1997
ROBERT
PUTNAM
La tradizione
civica nelle
regioni
italiane
Mondadori
1997
ALBERTO
M. BANTI
Storia della
borghesia
italiana
Donzelli 1996
FRANCIS
FUKUYAMA
Fiducia
Rizzoli 1996
ERIC
J. HOBSBAWM
Le rivoluzioni
borghesi
Laterza
1991
BENEDETTO
CROCE
Etica e
politica
Adelphi
1994
ome l’inizio di un
film, esattamente
un anno fa, si riunirono per un convivio nel Palazzo dei
Congressi dell’Eur, doviziosamente messo in ghingheri natalizi, tutti i protagonisti e i comprimari, i generici e i caratteristi, le macchiette e le comparse
dell’odierna e sciaguratissima
Parentopoli capitolina. Fu la cena detta appunto dei Mille, perché mille erano gli invitati e mille gli euro che ciascuno dei partecipanti aveva dovuto scucire a
beneficio della fondazione di
Alemanno, già allora minacciosamente battezzata “Nuova Italia”.
I poteri vanno per loro natura
alla sostanza. Così, dopo un decennio di pasti etnici e smancerie veltroniane, il menu per i
newcomers ruotava attorno al
guanciale, servito con zucca
gialla o croccante, come si conviene a gente verace, popolo
gajardo e tosto. Ai tavoli sedevano soddisfatti i rappresentanti
di quella che l’altra settimana il
professor Alessandro Campi,
deprecando il familismo amministrativo della chiamata diretta e dell’allegra gestione cameratesca, ha qualificato come:
«Ogni possibile destra, anche la
più eccentrica».
E dunque, davanti al guanciale e a tutto il resto c’erano i figli dei reazionari papalini, i fratelli dei maghetti pagani, le segretarie degli affaristi e le amichette dei palazzinari con il busto del duce sulla scrivania; c’era qualche nipote di
aristocratici in disuso e qualcun
altro giunto invece dalla periferia pasoliniana, ma in entrambi
i casi grati al nuovo comando
perché debitamente “imboccati” in Ama, Atac, Acea o Trambus. E ancora, sotto le volte addobbate del Palacongressi, con
qualche cognizione di causa si
sarebbero potute riconoscere le
mogli degli estremisti della galassia nera divenuti più o meno
pacifici, le sorelle degli ultrà delle curve con l’aquila littoria tatuata sull’avambraccio, i generi
e i nipotini degli ex attivisti dei
Volontari Nazionali, dei paracadutisti ardimentosi e attempati, dei golpisti da operetta, dei
proprietari di palestre e accademie pugilistiche. Ma tutti, e ben
al di là delle reciproche differenze, e abissali, chiamati all’immensa e ghiotta tavola di
Alemanno secondo quell’estensivo e insieme inclusivo criterio che già ai tempi della Roma
del Belli presentava ospiti e
convitati come: «Parenti, e pa-
L’antico criterio
C
Già nella città pontificia
dei tempi del Belli
il criterio era presentare
ospiti e convitati
come “Parenti
e parenti de parenti”
La progettualità
L’abnorme familismo
nero nasce e prospera
all’ombra della più
fantasmagorica
progettualità dai Gran
Premi alle Olimpiadi
renti de parenti».
E si perdoni qui il salto brusco, ma per dire l’inutile pruderie pochi giorni prima la giunta
Alemanno, sinceramente sdegnata e/o magari timorosa di fare brutta figura, comunque aveva cancellato una mostra itinerante di taglio scientifico divulgativo da tenersi al Bioparco
con il titolo: “La cacca. Storia
naturale dell’innominabile”. Il
fatto che dopo appena un anno
quella bassa materia abbia lambito un’amministrazione che
ha puntato tutto sulle politiche
simboliche può dire poco di Parentopoli, in apparenza, ma pa-
SILLABARIO
PARENTOPOLI
recchio dice sulle code di paglia
di un ceto politico ossessionato
dall’immagine, ma proprio per
questo destinato a trovare nell’immagine la sua dissipazione
e in prospettiva la sua rovina.
L’abnorme familismo nero,
in realtà, nasce e prospera all’ombra della più fantasmagorica e dispendiosa progettualità, una specie di veltronismo
alla rovescia, cioè virato a droite, per quanto smosso da non
dissimili modalità megaloespressive. Quindi a parte l’abbattimento dell’Ara Pacis, poi
ridottosi a quello di un muretto,
eccoti la promessa di due-stadi-
NORBERTO BOBBIO
l dibattito sulla questione morale riguarda spesso,
e in Italia prevalentemente, il tema della corruzione, in tutte le sue forme, previste del resto dal codice penale sotto la rubrica di reati quali interesse privato in atti di ufficio, peculato, concussione, eccetera, e
specificatamente, con riferimento quasi esclusivo a
uomini di partito, il tema cosiddetto delle tangenti. Basta una breve riflessione per rendersi conto che ciò che
rende moralmente illecita ogni forma di corruzione
politica (tralasciando l’illecito giuridico), è la fondatissima presunzione che l’uomo politico che si lascia corrompere abbia anteposto l’interesse individuale all’interesse collettivo, il bene proprio al bene comune, la salute della propria persona e della propria famiglia a
quella della patria. E ciò facendo sia venuto meno al dovere di chi si dedica all’esercizio dell’attività politica, e
abbia compiuto un’azione politicamente scorretta.
I
due per il calcio; eccoti pure il
Gran premio di F1; e le Olimpiadi prossime venture, e già; e la
Disneyland sulla romanità, che
stavamo in pena senza; e i casinò a Ostia, capirai; e le isole
pure a Ostia, figurarsele; e l’ecomasterplan affidato a Rifkin,
anvedi; e i grattacieli in periferia, che ci mancavano anche
quelli; e i pannelli solari al centro, ammappete; e la distruzione di Tor Bella Monaca e così
via.
Tutto sempre e rigorosamente sulla carta, o meglio da proiettarsi lungo un radioso futuro –
«Il domani appartiene a noi»,
cantavano del resto i giovani
rautiani – ma senza scuotere
mai nemmeno un sanpietrino.
Tutto implacabilmente confezionato per attrarre un bruscolo d’attenzione –quest’ultima,
s’intende, temperata dal naturale e sublime scetticismo della
città. Ma tutto secondo un dispositivo per cui la super fuffa,
nel frattempo nutritasi anche di
sbornie futuriste, menu quaresimali nelle scuole e mascherate di antichi romani al Circo
Massimo – senza dubbio ha finito per coprire il piccolo cabotaggio dei favoritismi, le assunzioni in barba al risanamento,
gli stipendioni ai collaboratori
del sindaco, le frattaglie e forse
anche la polpa del potere già vaticano, andreottiano, sbardelliano, rutelliano, veltroniano da
riconvertirsi adesso ad uso e
consumo della tribù ex missina.
Ora, fatta salva la storica circostanza che la parola “nepotismo” è fiorita proprio da queste
parti, e che perciò Alemanno
non sarà né il primo né l’ultimo,
è ovvio che governare Roma è
tutt’altra questione. E tanto più
lo è in quanto «a sto paese, già
tutto er busilli – cioè il punto delicato, è sempre il Belli a spiegarlo – sta in ner vive a lo scrocco e fa’ orazzione».
E così, sia pure per la via indiretta delle orazioni, delle abbondanti processioni, delle cerimonie religiose, e chiudendo
un occhio sugli impieghi generosamente assegnati alle cubiste scroccone, converrà concludere ipotizzando il nesso che
esiste tra la logica “sangue e
suolo” e quella, assai più declamata che praticata in Campidoglio, dei “Valori”. Fra i quali, appunto, risalta la famiglia. A Natale del 2008 il sindaco ritenne
di fare gli auguri su YouTube:
«Buon riposo – disse – tra i Sacri
Valori della Famiglia». Che si
stava appunto per catapultare
su Ama, Atac, Acea e Trambus.
Gli autori
IL SILLABARIO di Norberto Bobbio è
tratto da Elogio della mitezza e altri scritti morali (Pratiche Editrice). Il nuovo libro
dello storico Paul Ginsborg è Salviamo
l’Italia (Einaudi). Tra i saggi di Chiara
Saraceno Mutamenti della famiglia e
politiche sociali in Italia (il Mulino).
I Diari online
TUTTI i numeri del “Diario” di Repubblica, comprensivi delle fotografie e dei
testi completi, sono consultabili su Internet in formato Pdf all’indirizzo web
www.repubblica.it. I lettori potranno
accedervi direttamente dalla home page del sito, cliccando sul menu “Supplementi”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Repubblica Nazionale
Edward C. Banfield
Marc Lazar
Giorgio Bocca
Una società di familisti amorali
si preoccupa esclusivamente
di proteggere la propria famiglia
L’uomo politico corruttibile
ha anteposto la salute della
propria famiglia alla patria
Dietro il partito della
meritocrazia c’è la voglia di
partecipare all’ultimo banchetto
Le basi morali di una società arretrata, 1958
Democrazia alla prova, 2007
Piccolo Cesare, 2002
■ 45
L’ANTICA ROMA
IL MEDIOEVO
LO SCANDALO
FASCISMO
OGGI
Già nell’Italia antica
esisteva il clientelismo.
Molti dei termini di oggi
hanno radici latine, tra
cui patronus e clientelae
Il nepotismo dilaga tra
le gerarchie cattoliche:
papi e vescovi
nominano cardinali
i propri nipoti
Lo “scandalo Banca
Romana” coinvolge
politici che ottengono
prestiti in cambio di
coperture alla banca
Dilaga la pratica di
piazzare nei posti
pubblici parenti e amici
come nel caso del clan
della famiglia Ciano
Alemanno è travolto
dallo scandalo
parentopoli: 854
assunzioni all’Atac, tra
cui mogli, figli e nipoti
Le tappe
Nonni e genitori unica risorsa per i giovani Perché il favoritismo si diffonde senza limiti
SE IL WELFARE GLI INTERESSI
NON BASTA
PRIMA DI TUTTO
CHIARA SARACENO
PAUL GINSBORG
metà degli anni Cinquanta del novecento l’antropologo statunitense Edward C. Banfield
avanzò la tesi che alla base del mancato sviluppo
del Mezzogiorno vi fosse un atteggiamento culturale da lui definito “familismo amorale”. Esso sarebbe
caratterizzato dall’attitudine a «massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino
allo stesso modo». La tesi ebbe molta fortuna, fino a diventare, soprattutto all’estero, la spiegazione semplificata di
tutti i mali e le arretratezze italiane: di una società in cui il
“tengo famiglia” è la fonte di legittimazione di ogni piccolo e grande abuso. E dove l’egoismo familiare può allargarsi a comprendere rapporti clientelari, quindi fondati
sul particolarismo degli interessi e delle alleanze, ma sempre a scapito della individuazione di un bene comune per
il quale operare.
La tesi del familismo amorale come spiegazione sia della arretratezza economica e sociale che della mancanza di
civismo è stata periodicamente oggetto di critiche. Tra le
più importanti, e di maggiore attualità, quella che inverte
il rapporto causa-effetto. Il familismo amorale è la conseguenza, non la causa, della mancanza di condizioni materiali e politiche che limitino la necessità di affidarsi solo al-
on impressionante ostinazione il tema del familismo si ripropone a intervalli regolari nella storia della Repubblica, non importa se la
Prima, la Seconda o addirittura la Terza, come l’etichettano con disinvoltura i politici, i giornalisti e i politologi. I meccanismi di fondo sono rimasti sostanzialmente gli stessi da più di sessantacinque anni.
Nel lontano febbraio del 1945 l’allora Governatore
della Banca d’Italia, Luigi Einaudi, annotò nel suo diario l’esistenza di «parecchi clan» nella Banca e «numerose interferenze di parentela tra gli impiegati, con diramazioni varie». Più recentemente, nel 2008, le attività varie del clan di Clemente Mastella nella sfera pubblica campana, regolarmente denunciate dalla magistratura, portarono alle sue dimissioni dalla carica di
Ministro della Giustizia (in ogni caso non la poltrona
più adatta a lui) e addirittura alle dimissioni del Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Adesso scopriamo un’estesa e numerosissima rete di favoritismi parentali e clientelari nel governo municipale di Roma.
Si vede da questi e tanti altri esempi che il delicato rapporto tra famiglia e stato è luogo di fortissime tensioni
nella storia della nostra Repubblica.
Cos’è il familismo? Il termine è alquanto controver-
A
GLI ALBERI GENEALOGICI
Sopra, e in alto a sinistra, due alberi
genealogici di Jean Boutillier
in una miniatura del 1469. Sotto, un ritratto
di famiglia di inizio Novecento
C
Gabbia
Cambiamento
La rete di protezione “casalinga” si rivela
indispensabile tutte le volte che lo stato non offre
l’assistenza necessaria. Ma può anche diventare una
gabbia per gli individui e per la società intera
È sbagliato credere che questa pratica sia talmente
radicata da risultare immodificabile. Ma dalla società
provengono parecchi segni di insofferenza. E la storia
insegna che i cambiamenti sono spesso inevitabili
la propria famiglia come unico ambito su cui si può contare. È l’assenza di uno stato e di sistemi di regolazione sociale ed economica funzionanti sulla base di regole non
idiosincrasiche, particolaristiche, clientelari, che genera
familismo amorale e rafforza i rapporti e atteggiamenti
clientelari, non viceversa.
Non vi è dubbio che in Italia la famiglia (allargata verticalmente a comprendere tre generazioni) è per molte
persone l’unica risorsa certa in assenza di un sistema di
welfare universalistico. Lo è per i giovani dai rapporti di
lavoro incerti, privi di una rete di protezione decente
quando perdono il lavoro. Lo è per le giovani mamme,
che senza l’aiuto delle nonne difficilmente possono rimanere nel mercato del lavoro, stante la scarsità dei servizi per la primissima infanzia e le troppe scuole che funzionano part time. Lo è per le persone non autosufficienti, che possono spesso contare solo sulla disponibilità di un (spesso una) famigliare. È una risorsa preziosa
la solidarietà familiare. Ma può diventare una gabbia.
Per chi non può rifiutare di prestare solidarietà, perché
sa che non ci sono alternative, ma al prezzo di essere dilaniato da conflitti di lealtà o di non farcela a reggere tutto, o di dover rinunciare a legittime aspirazioni. Per chi
soffre una dipendenza coatta che toglie dignità e autonomia. E, naturalmente, non tutti possono contare su
una famiglia che ha risorse e voglia per fornire la solidarietà necessaria. E comunque la solidarietà familiare non
è una risorsa infinita. Tuttavia, in Italia si discute molto
del ruolo principe della solidarietà famigliare come alternativa al welfare state e dei rischi dell’egoismo individualistico che porrebbe limiti a quella solidarietà. Si discute meno dei costi individuali e familiari di tale affidamento esclusivo e sui rischi di rafforzamento delle disuguaglianze sociali che comporta. Ancor meno ci si interroga sui rischi che tale affidamento esclusivo costituisca
un terreno fertile per lo sviluppo del familismo amorale.
Salvo poi sorprendersi quando la solidarietà familiare si
traduce in uso privato di risorse pubbliche a beneficio dei
propri famigliari (e di quelli dei propri “clienti” e alleati).
so ma vorrei suggerire una definizione che mette l’accento sui rapporti che esistono tra famiglia, società (e
dove esiste, società civile) e lo stato. Il familismo è una
forma squilibrata di questi rapporti in cui i valori e gli
interessi della famiglia prendono il sopravvento su
tutti gli altri. Il familismo esiste quando trionfano forme esasperate di privatismo familiare, di perseguimento esclusivo degli interessi familiari, di cecità o
sordità verso i bisogni di gruppi più estesi della ristretta cerchia familiare e amicale, di rifiuto di un rapporto
con lo Stato democratico basato sull’uguaglianza dei
cittadini e sull’obbligo reciproco. Ma le responsabilità
non sono solo delle famiglie. Lo stato, invece di costituirsi storicamente come una sfera pubblica forte, con
le sue regole e codici di comportamento, con i suoi servizi efficienti e il suo comportamento trasparente, ha
delegato alle famiglie tutta una serie di responsabilità
e di oneri che avrebbe dovuto assumersi in proprio.
Stato inefficiente e famiglie prepotenti vengono così a
legarsi in un patto scellerato di lunga durata.
Nei lunghi anni del Berlusconismo nulla è stato fatto per mitigare gli effetti del familismo. Al contrario, le
forme squilibrate di rapporti tra famiglia, società e stato sono state rafforzate: dal trash televisivo, dall’incoraggiamento alla passività e al consumismo delle famiglie, dal miscuglio micidiale tra privato e pubblico,
con un presidente del consiglio “Papi” che non esita a
ricompensare le sue amichette con cariche nel partito
e nello Stato. Viene la tentazione di concludere che il
familismo è talmente radicato da risultare immodificabile. Sarebbe un errore perché se la storia ci insegna
qualcosa, è proprio la possibilità, anzi l’inevitabilità
del cambiamento nel tempo. Nulla è fisso, nulla è predeterminato. Già dalla società civile vengono molti segnali di insofferenza. Per invertire la tendenza però, ci
vorrebbe un riconoscimento teorico e pratico del problema, un’analisi approfondita dei gemelli terribili – il
familismo e il clientelismo – e soprattutto una forza politica lungimirante, decisa ad agire in modo diverso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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LIBRI
F. M.
BATTAGLIA,
P. DI PAOLO
(a cura di)
Scusi, lei si
sente
italiano?
Laterza 2010
EMILIO
GENTILE
Né Stato, né
Nazione.
Italiani senza
meta
Laterza 2010
PAUL
GINSBORG
L’Italia del
tempo
presente
Einaudi 2007
CHRISTOPHER
LASCH
La ribellione
delle élite
Feltrinelli
2001
MARCO
TEODORI
I parenti del
papa
CEDAM 2001
G. LOCATELLI
D. MARTINI
Tengo
famiglia
Longanesi
1997
SANDRO
CAROCCI
Il nepotismo
nel Medioevo
Viella 1999
PIERO
BEVILACQUA
Lezioni
sull’Italia
repubblicana
Donzelli 1994
MANCUR
OLSON
Ascesa e
declino delle
nazioni
il Mulino 1994
JOHN DAVIS
Antropologia
delle società
mediterranee
Rosenberg &
Sellier 1980
Repubblica Nazionale