Lezione XVI Impulso, forze impulsive e urti 1 Impulso di una forza Sempre nell’ambito della dinamica del punto materiale, dimostriamo il semplice teorema dell’impulso, che discende immediatamente dalla seconda legge del moto di Newton d~ p F~ = dt prendendone l’integrale definito din dt tra un istante t1 e un istante t2 Z t2 F~ dt = p~(t2 ) − p~(t1 ) t1 L’integrale temporale della forza agente su un punto materiale, uguale alla variazione di quantità di moto del punto materiale stesso, si chiama impulso della forza nell’intervallo considerato.1 Naturalmente non è necessario limitarsi al punto materiale. Per un sistema esteso, l’analogo integrale della prima equazione cardinale dà Z t2 ext F~tot dt = p~tot (t2 ) − p~tot (t1 ) t1 L’impulso della forza totale esterna agente su un sistema è uguale alla variazione della quantità di moto totale. 2 Forze impulsive e urti In molte situazioni la forza che agisce su un punto materiale o su un corpo esteso non è conoscibile o misurabile in dettaglio perchè agisce per un intervallo di tempo molto breve, durante il quale assume valori di intensità molto grande. In questi casi non si osserva la forza F~ (t) ma se ne misura l’impulso, cioè l’effetto in termini di variazione netta di quantità di moto. Si parla in questo caso di forze impulsive. 1 Spesso i fisici usano la parola “impulso” per designare la quantità di moto stessa – in particolare in ambiti più avanzati come la meccanica razionale o analitica, la meccanica relativistica o quella quantistica. 1 Consideriamo per esempio il caso (unidimensionale) di un corpo di massa m che scivola senza attrito su un piano orizzontale con velocità iniziale v0 diretta per esempio lungo l’asse x. In corrispondenza di un certo x̄ si trova un respingente costituito da una molla di lunghezza di riposo `0 e costante elastica k, una delle cui estremità è fissata a una parete. Dal momento in cui la massa tocca l’estremità libera della molla inizierà comprimerla. La molla raggiungerà una compressione massima, dopodiché si decomprimerà fino a tornare alla lunghezza di riposo. Se prendiamo come origine delle x la posizione dell’estremità libera della molla quando questa è a riposo, abbiamo x̄ = `0 e l’equazione del moto diventa (supponendo che la massa rimanga attaccata alla molla) mẍ = −k[`0 − (`0 − x)] = −kx (1) la cui soluzione è date le condizioni iniziali x(0) = 0 e ẋ(0) = v0 (all’istante t = 0 la massa tocca l’estremità libera della molla, che si trova in x = 0, con velocità v0 ) v0 sin ωt = v0 x(t) = ω r m sin k r v(t) = v0 cos ωt = v0 cos r k t m k t m ! ! Mantenendo per ora l’ipotesi che la massa rimanga attaccata alla molla durante tutto il moto per t > 0, abbiamo che la forza esercitata dalla molla in funzione del tempo vale √ Fx (t) = mẍ = −mv0 ω sin ωt = −v0 mk sin r k t m ! (2) La forza è negativa p – dunque repulsiva – per il primo semiperiodo dell’oscillazione t < T2 = π m k (e in seguito, se questa prosegue, per tutti i semiperiodi dispari). p pm Nel secondo semiperiodo π m k < t < 2π k , se l’oscillazione prosegue la forza diventa positiva: la molla sta “tirando” la massa, non si limita a respingerla. Consideriamo due casi: 1. Se il problema specifica che si tratta di un respingente, questo significa che la molla è un dispositivo che può solo spingere, non tirare: si oppone alla compressione, non all’allungamento. Questo significa che non può mai imprimere un’accelerazione positiva alla massa m: l’equazione del moto cessa di essere la 1, la forza torna a essere nulla e la massa prosegue con velocità costante uguale a quella che ha al momento del distacco v(t > T /2) = v(T /2) = −v0 2 La massa m ha “rimbalzato” sulla molla e se ne distacca dopo un intervallo di tempo r m T ∆t = =π 2 k avendo invertito la propria velocità. L’impulso fornito dalla molla vale Z ∆t ∆p = F (t)dt = mv(∆t) − mv(0) = −2mv0 0 k m ed è indipendente da (e quindi da ∆t) 2. Se invece il problema specifica che la molla è fatta in maniera tale da “agganciare” la massa e non permettere più che questa si stacchi, si ha che per tutti i t > 0 l’equazione del moto rimane la 1, e l’oscillazione 2 continua a essere la legge oraria della massa m. x t Figura 1: Grafico della posizione in funzione del tempo per la massa m che urta un respingente a molla, nel caso in cui la molla possa solo respingere (in verde) e nel caso in cui la massa non si possa staccare dalla molla (in blu). Consideriamo ora che cosa accade quando prendiamo il limite di molla infinitamente rigida2 k → ∞. Nel primo caso accade che il tempo ∆t di interazione tra massa e molla diventa infinitesimo, a tutti gli effetti pratici nullo, mentre il valore massimo della forza tende a infinito, essendo proporzionale a ω e quindi inversamente proporzionale a T . La molla ha agito per un tempo non misurabile, ma ha fornito un impulso finito e misurabile, pari in valore assoluto al doppio della quantità di moto iniziale della massa m. L’energia meccanica del sistema si è conservata: puramente cinetica prima dell’urto, somma di energia cinetica e potenziale durante il brevissimo tempo dell’urto, di nuovo totalmente cinetica alla fine dell’interazione. Nel secondo caso l’oscillazione della molla continua per t > 0, ma 2 A rigore in fisica non ha senso definire molto grande o molto piccolo (tendente a infinito o a zero) il valore di una quantità dimensionale, nel nostro caso la costante elastica della molla: bisogna sempre riferirsi a una quantità adimensionale, ossia al rapporto tra due quantità con le stesse dimensioni fisiche. Nel nostro caso fare il limite per grandi valori di k significa fare il limite per piccoli valori di ∆T , cioè in realtà del rapporto tra il periodo di oscillazione della molla e gli intervalli di tempo “tipici” del problema, o meglio tra ∆T e i più piccoli intervalli di tempo che riusciamo a misurare o percepire. 3 x t Figura 2: Stessa situazione della figura precedente, per un valore più grande del rapporto k/m. Nel limite in cui questo tende a infinito, la traiettoria verde è un rimbalzo istantaneo (a t = 0) con cambiamento di segno della velocità, mentre la traiettoria blu corrisponde, dal punto di vista macroscopico, all’arresto della massa m nell’istante in cui viene a contatto con il muro. con un periodo che diventa impercettibilmente piccolo e soprattutto un’ampiezza xmax = vω0 che tende a zero. A tutti gli effetti macroscopici osservabili la massa si è fermata, ha una velocità finale nulla.3 Anche in questo caso dal punto di vista rigoroso l’energia si è conservata: puramente cinetica prima dell’interazione (t < 0), somma di energia cinetica e potenziale per t > 0. Dal punto di vista macroscopico, tuttavia, l’energia appare non conservarsi: per t < 0 l’energia del sistema (la massa m, o se si vuole il sistema massa+molla+muro) era l’energia cinetica della massa. Dopo l’urto con la molla, dal punto di vista macroscopico quel che vediamo è la massa ferma attaccata al muro: per noi l’energia cinetica iniziale si è persa (non vediamo la microscopica compressione della molla né il microscopico moto della massa): l’energia si è conservata ma trasformata in energia “invisibile” dal punto di vista meccanico macroscopico (che è quello che ci interessa descrivere). Diciamo quindi che in questo caso l’energia meccanica (che era solo cinetica) non si è conservata. Questo è il limite di forza impulsiva: • la forza della molla, che schematizza la forza di contatto tra massa e muro, ha agito per un tempo brevissimo non misurabile, ma ha fornito un impulso finito e misurabile. Invece, il valore medio della forza Z ∆t 1 ∆~ p ¯ F~ (t) dt = F~ ≡ ∆t 0 ∆t (è un vettore il cui modulo) tende a infinito. • durante il tempo di interazione ∆t il valore della velocità del punto materiale (o del centro di massa del sistema nel caso generale) subisce una 3 In realtà quella che si riesce a misurare è la velocità media su intervalli di tempo grandi rispetto al periodo di oscillazione (troppo piccolo per i nostri strumenti di misura): v̄ = x(t2 )−x(t1 ) : il numeratore vale al massimo 2xmax , che tende a zero, mentre t2 − t1 rimane t2 −t1 piccolo ma finito, facendo tendere a zero la velocità media misurata. 4 variazione finita: nel limite ∆t → 0 la funzione ~v (t) – o meglio, almeno una delle componenti vx (t), vy (t), vz (t) – ha una discontinuità di prima specie (“salto”), mentre le coordinate del punto (o del centro di massa del sistema) non variano apprezzabilmente.4 3 Urti elastici e anelastici I due casi considerati sono esempi, rispettivamente, di urto elastico e urto anelastico. Gli urti sono interazioni tra corpi dovuti a forze di contatto (o di reazione) che agiscono per tempi molto brevi rispetto a quelli misurabili macroscopicamente, e sono dunque forze impulsive, che durante il tempo di azione modificano apprezzabilmente le velocità dei corpi ma non la loro posizione. Poiché l’energia potenziale è una funzione della posizione, e le posizioni dei corpi non variano apprezzabilmente durante un urto, l’unica energia che può variare nel corso di un urto è quella cinetica . L’urto si chiama elastico se l’energia cinetica totale (somma delle energie dei vari costituenti) dei corpi coinvolti nell’urto si conserva – ha cioè lo stesso valore prima e dopo l’urto. In caso contrario l’urto si dice anelastico. 3.1 Urti in presenza di forze non impulsive Se la forza totale agente su un punto materiale è data da forze impulsive e non impulsive, queste ultime non hanno effetto durante il breve tempo in cui le impulsive agiscono. Infatti, se F~tot = F~I + F~NI durante il breve tempo di azione delle impulsive si ha che l’impulso totale Z ∆t Z ∆t Z ∆t ~ ~ F~NI (t) dt FI (t) dt + F (t) dt = 0 0 0 Il primo termine della somma dà un risultato finito al tendere di ∆t a zero, per definizione di forza impulsiva. Il secondo è l’integrale temporale di una forza che, non essendo impulsiva, non può assumere intensità infinitamente grandi, e quindi tende a zero. Per la componente x, per esempio, si ha infatti Z ∆t Z ∆t max max FNIx (t) dt ≤ FNI dt = FNI ∆t → 0 x x 0 0 Dunque durante il tempo infinitesimo di un urto hanno effetto solo le forze impulsive: ai fini della determinazione degli effetti dell’urto (differenza tra un istante immediatamente successivo e un istante immediatamente precedente all’urto) sul moto dei corpi coinvolti le forze non impulsive possono essere trascurate. Una forza non è impulsiva se la sua intensità è limitata superiormente: la forza di una molla ideale con k fissato, per esempio, non è impulsiva, né lo 4 Se la funzione v(t) ha una discontinuità “a salto” non assume mai valori infiniti nell’inR tervallo infinitesimo ∆t attorno al punto di discontinuità, e quindi ∆x = 0∆t v(t), dt tende a zero al tendere a zero di ∆t. 5 è la forza di gravità. Possono essere impulsive in genere le forze di reazione vincolare, lisce o di attrito, e le tensioni delle corde. 6