Gennaio-Marzo 2014 • Vol. 44 • N. 173 • Pp. 8-12
endocrinologia pediatrica
Le Tiroiditi
M. Loredana Marcovecchio, Francesco Chiarelli
Clinica Pediatrica, Università di Chieti, Chieti
Riassunto
Le tiroiditi sono processi infiammatori a carico della ghiandola tiroidea a carattere acuto, subacuto o cronico. La tiroidite cronica linfocitaria o tiroidite
di Hashimoto è la forma più frequente in età pediatrica, mentre rare sono altre forme. Le tiroiditi possono manifestarsi come una massa del collo in un
bambino asintomatico o come un aumento di volume ghiandolare doloroso ed eritematoso. Le tiroiditi si associano spesso a normale funzionalità tiroidea
anche se spesso possono aversi alterazioni funzionali transitorie o permanenti (ipotiroidismo o ipertiroidismo). La diagnosi di tiroidite di Hashimoto si basa
sul riscontro di autoanticorpi e alterazioni ecografiche. In caso di ipotiroidismo conclamato deve essere instaurata terapia con L-tiroxina. Il follow-up è
fondamentale per valutare la progressione temporale della funzionalità tiroidea, che può essere variabile da paziente a paziente.
Summary
Thyroiditis are characterised by inflammation of the thyroid gland and they can present as acute, subacute or chronic diseases. Thyroiditis may present as a
mass in the neck of an asymptomatic child or as a painful, erythematous goiter in a sick child. Thyroiditis are often associated with normal thyroid function,
although they can also result in transient or permanent thyroid dysfunction (hypothyroidism or hyperthyroidism). Chronic lymphocytic thyroiditis or Hashimoto’s thyroiditis is the most frequent form of thyroiditis during childhood and adolescence, whereas other forms are rare. The diagnosis of Hashimoto’s
thyroiditis is based on the presence of autoantibodies and thyroid ultrasound alterations. When hypothyroidism is present, treatment with L-thyroxin needs
to be started. Follow-up is of paramount importance to assess the evolution of thyroid function over time, which can be variable from patient to patient.
Parole chiave: tiroidite, Hashimoto, bambini, adolescenti, autoanticorpi, ipotiroidismo
Key words: thyroiditis, Hashimoto, children, adolescents, autoantibodies, hypothyroidism
Introduzione
Le tiroiditi sono processi infiammatori a carico della ghiandola tiroidea a carattere acuto, subacuto o cronico (Bachrach e Foley, 1989;
Pearce et al., 2003). Tra le varie forme di tiroiditi (Tab. I), la più comune in età pediatrica è la tiroidite di Hashimoto o tiroidite cronica
linfocitaria (98% dei casi), che rappresenta anche la variante più
frequente di tiroidite cronica autoimmune (Bachrach e Foley, 1989).
Rare sono altre forme, quali la tiroidite acuta suppurativa (circa 2%
dei casi) e la tiroidite subacuta granulomatosa (0,2%) (Bachrach e
Foley, 1989; Pearce et al., 2003).
Obiettivo
L’obiettivo di questo articolo è offrire una revisione della letteratura
recente sulle tiroiditi in età pediatrica, con speciale attenzione alla
forma più frequente, quale la tiroidite di Hashimoto (TA).
Metodologia della ricerca bibliografica
La ricerca degli articoli rilevanti è stata effettuata sulla banca bibliografica
Medline utilizzando il motore di ricerca PubMed. Sono state utilizzate le
seguenti parole chiave: “thyroiditis”, “autoimmune thyroiditis”, “thyroid
disorders” AND “children”, “adolescents”, “childhood”, “adolescence”.
nel 1912 (Hiromatsu et al., 2013) e venne poi riconosciuta quale
malattia dell’ età pediatrica nel 1954, quando venne osservata per
la prima volta in sei bambine (Hiromatsu et al., 2013).
La TA è attualmente la forma più frequente di tiroidite in età pediatrica e rappresenta la causa più frequente di gozzo e ipotiroidismo
acquisito in bambini e adolescenti che vivono in zone con adeguato
apporto di iodio (Brown, 2013; Cappa et al., 2010). La prevalenza
della TA è di circa 0,3-3,3% nei bambini e adolescenti. Si tratta di
una patologia frequente soprattutto durante l’adolescenza, mentre
rare sono le presentazioni in bambini al di sotto di 3 anni. Maggiore
è la frequenza nel sesso femminile rispetto a quello maschile (2-4:1)
(Brown, 2013; Cappa et al., 2010).
La TA si associa spesso con altre patologie autoimmuni, quali il diabete mellito di tipo 1 (T1D) e la malattia celiaca. Inoltre, può essere
una delle malattie caratterizzanti le sindromi poliendocrine (APS),
come la APS-1, caratterizzata da candidiasi mucocutanea cronica,
ipoparatiroidismo autoimmune e insufficienza surrenalica, oltre ad
Tabella I.
Classificazione delle tiroiditi.
Tiroidite di Hashimoto
Tiroidite suppurativa
Tiroidite subacuta dolorosa
Tiroidite di Hashimoto
Tiroidite sporadica non dolorosa
Epidemiologia
Tiroidite indotta da farmaci (amiodarone, litio, interferon-α, interleuchina 2)
La TA, anche nota come tiroidite autoimmune o tiroidite cronica linfocitaria, fu descritta per la prima volta negli adulti da Hashimoto
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Tiroidite pospartum non dolorosa
Tiroidite di Riedel
Ref. (Pearce et al., 2003)
Le Tiroiditi
altre malattie autoimmuni. La TA è anche una componente della
APS-2 (sindrome di Schmidt), caratterizzata da malattia di Addison
associata a tiroidite autoimmune o a T1D. è stata inoltre descritta in
bambini affetti da sindrome IPEX (sindrome da Immunodisregolazione, Poliendocrinopatia, Enteropatia, legata al cromosoma X), una
rara malattia genetica autoimmune causata da mutazioni del gene
FOXP3, e caratterizzata da una severa enteropatia solitamente associata a T1D.
Frequente è il riscontro della TA in pazienti affetti da cromosomopatie, soprattutto da sindrome di Turner e di Down, e in misura minore
in pazienti affetti da sindrome di Noonan e di Klinefelter (Brown,
2013). Casi di TA sono stati riportati in pazienti affetti da orticaria
cronica o, raramente, in quelli affetti da glomerulonefrite da immunocomplessi (Bagnasco et al., 2011; Gurkan et al., 2009).
Comune è anche il riscontro di altri casi di TA o di soli autoanticorpi
tiroidei in altri membri delle famiglie dei bambini affetti (Brown, 2013).
Eziopatogenesi
La TA è una malattia multifattoriale dovuta ad una interazione tra
fattori genetici ed ambientali. La componente genetica spiegherebbe circa il 70% del rischio di sviluppare tale patologia, mentre i fattori ambientali agirebbero come ‘triggers’ in soggetti geneticamente
predisposti (Dittmar et al., 2011; Duntas, 2008; Tomer, 2010).
Diversi geni sono stati chiamati in causa, ed essi possono essere
distinti in due grandi gruppi: geni immuno-modulatori e geni tiroidospecifici (Tomer, 2010). Per quanto riguarda il primo gruppo, un ruolo importante sarebbe svolto dai geni del complesso maggiore di
istocompatibilità ed in particolare dagli aplotipi HLA-DQA1, DQ2 e
DRB1-1401 (Tomer, 2010). Inoltre vi è evidenza di un ruolo di polimorfismi del gene regolatore delle cellule T (CTLA-4), una proteina
transmembrana appartenente alla superfamiglia delle immunoglobuline, che agisce come molecola co-stimolatoria riducendo l’attivazione dei linfociti T (Tomer, 2010). Un altro gene implicato nella
TA è quello codificante la proteina tirosin fosfatasi 22 (PTPN22), che
rappresenta un inibitore del pathway di segnale del recettore delle
cellule T. Il secondo gruppo di geni, ovvero quelli tiroido-specifici,
include i geni codificanti la tireoglobulina e il recettore del TSH (Tomer, 2010).
Per quanto riguarda i fattori ambientali un eccesso di iodio, un deficit di selenio, il fumo, i farmaci (interferone-α, interleuchina 2, litio, amiodarone) sono considerati come potenziali fattori di rischio.
Nello specifico, per quanto riguarda il selenio, esso svolge un ruolo
fondamentale a livello tiroideo, in quanto vari enzimi ampiamente
rappresentati nella ghiandola tiroidea sono selenoproteine: le deiodinasi, la glutatione perossidasi, la tireodossina reduttasi (Drutel et
al., 2013). Pertanto un suo deficit può contribuire alla patogenesi di
alterazioni tiroidee. Anche alcuni farmaci possono giocare un ruolo
nello sviluppo della TA, tra cui i più frequenti sono: l’amiodarone,
l’interferone-α, interleuchina2, il litio, i farmaci antiretrovirali (Tanda
et al., 2009).
È stato anche supposto un ruolo di infezioni virali, dato il riscontro
di componenti di virus, quali virus dell’epatite C, Parvovirus B19,
Coxsackievirus e Herpesvirus, a livello tiroideo in casi di TA (Duntas,
2008; Mori e Yoshida, 2010). L’associazione tra infezioni virali e TA
risulta tuttavia difficile da stabilire, dato che l’intervallo di tempo tra
l’infezione virale e lo sviluppo di tiroidite potrebbe avere una durata variabile, e i dati disponibili sono piuttosto contrastanti (Duntas,
2008; Mori e Yoshida, 2010).
Dal punto di vista patogenetico la malattia si caratterizza per un
infiltrato tiroideo di tipo linfocitario con formazione di centri germinativi e progressiva atrofia follicolare (Pearce et al., 2003). Il danno
è dovuto a distruzione di tipo cellulo-mediata. I linfociti T CD4 sono
considerati le prime cellule del sistema immune implicate nella patogenesi. Una volta attivate, le cellule T CD4 autoreattive reclutano
linfociti T CD8 e linfociti B all’interno della tiroide. I linfociti T svolgono un ruolo chiave attraverso la reazione contro antigeni tiroidei e
la secrezione di citochine infiammatorie. Importante è anche il ruolo
dell’immunità umorale, attraverso la fissazione del complemento e
la tossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente. Autoanticorpi che
si riscontrano in corso di tiroidite sono quelli anti-tireoperossidasi
(TPOAb), anti-tireoglobulina (TgAb). Inoltre si possono riscontrare
anche anticorpi diretti contro il recettore del TSH (TRAb), il simporto
iodio-sodio e la pendrina (Brown, 2009b).
Diagnosi
Dal punto di vista diagnostico importanti sono il dosaggio degli autoanticorpi tiroidei (TPOAb, TgAb e TRAb), e l’ecografia tiroidea.
La malattia viene spesso diagnosticata in bambini apparentemente
sani o con gozzo asintomatico, grazie al riscontro nel sangue di TPOAb
e TgAb, e all’evidenza ecografica di tiroide disomogenea e/o ipoecogena. Gli anticorpi anti-TPO sono emersi essere i marcatori principali
della TA e il loro dosaggio risulta pertanto il test fondamentale per la
diagnosi di laboratorio della TA. Alterazioni ecografiche sono presenti
nel 20-95% dei pazienti e, anche se talora sono assenti al momento
della diagnosi, possono rendersi manifeste durante il follow-up. La
ghiandola è spesso aumentata di dimensioni, e il parenchima risulta
ipoecogeno, e tale ipoecogeneicità si correla alla presenza di ipotiroidismo. Un aspetto micronodulare è altamente diagnostico di TA, con
un valore predittivo positivo del 95%. Talora possono riscontrarsi anche noduli singoli nell’ambito di un parenchima diffusamente disomogeneo o anche nell’ambito di un parenchima ecograficamente nella
norma. L’esame ecocolor-Doppler evidenzia in genere un parenchima
con lieve o marcata ipervascolarizzazione. L’aumentata vascolarizzazione sembra essere associata con lo sviluppo di ipotiroidismo (Anderson et al., 2010; Pedersen et al., 2000).
Per quanto riguarda la funzionalità tiroidea dei pazienti con TA, questa può essere molto variabile, da quadri inziali di eutiroidismo a
ipotiroidismo o talora anche ipertiroidismo (De Luca et al., 2013).
L’ipotiroidismo conclamato si associa a un corteo di segni e sintomi
tipici (Tab. II) in presenza di elevati livelli di TSH e ridotti livelli di
Tabella II.
Segni e sintomi di ipotiroidismo.
Gozzo
Diminuzione della velocità di crescita, ritardo della maturazione ossea e
dentale
Aumento ponderale
Ritardo dello sviluppo puberale o pseudopubertà precoce
Irregolarità mestruali, amenorrea
Pelle secca, pallida, perdita di capelli, irsutismo
Ridotto rendimento scolastico
Astenia, letargia, ipotonia, riflessi torpidi, umore depresso
Stipsi
Intolleranza al freddo, ipotermia
Ritenzione idrica, mixedema
Bradicardia, riduzione dell’output cardiaco
Ref.: Counts and Varma, 2009
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M.L. Marcovecchio et al.
ormoni tiroidei (Counts e Varma, 2009). Tuttavia, l’ipotiroidismo può
essere anche subclinico, ovvero si possono avere quadri caratterizzati da aumentati livelli di TSH associati a normali livelli di ormoni
tiroidei (FT3, FT4).
La funzionalità tiroidea alla diagnosi sembrerebbe essere influenzata dall’età del paziente (Wasniewska et al., 2012b). Frequente è il
deterioramento nel tempo della funzionalità tiroidea sia nei soggetti
che si presentano in eutiroidismo, sia nei soggetti con forme di ipotiroidismo subclinico. Pertanto un costante follow-up è necessario (De
Luca et al., 2013), per la possibile evoluzione verso un ipotiroidismo
conclamato.
Nei soggetti eutiroidei, circa il 50% evolve verso un deterioramento
della funzionalità tiroidea, mentre un 50% restano eutiroidei a distanza di 5 anni di follow-up (Radetti et al., 2006). Fattori predittivi
per lo sviluppo di ipotiroidismo sono la presenza di gozzo e la presenza di TgAb alla diagnosi insieme ad un progressivo aumento nel
tempo di TPOAb e TSH (Radetti et al., 2006).
Nelle forme che si presentano con un ipotiroidismo subclinico, i livelli di TSH alla diagnosi sono considerati come il miglior fattore
predittivo per il rischio futuro di evoluzione verso un ipotiroidismo
(De Luca et al., 2013).
A volte una TA può esordire come ipertiroidismo e questa è nota
come Hashitossicosi e rappresenta la seconda causa più frequente
di ipertiroidismo dopo la malattia di Graves. Questa fase transitoria
di ipertiroidismo, della durata media di 8 mesi, sarebbe dovuta al
rilascio sregolato di ormoni tiroidei durante il processo infiammatorio immuno-mediato della ghiandola. Questa fase di ipertiroidismo
è sempre transitoria, senza recidive ed è seguita da eutiroidismo
o ipotiroidismo (Wasniewska et al., 2012a). L’Hashitossicosi si differenzia dalla malattia di Graves per l’assenza di TRAbs, da ridotta
vascolarizzazione della ghiandola tiroidea all’ecografia e da ipocaptazione alla scintigrafia tiroidea.
La TA può manifestarsi anche come ipertiroidismo subclinico, ovvero
si possono avere livelli di TSH soppressi associati a livelli di ormoni
tiroidei nella norma. Dati recenti indicano che in tali casi, si assiste
ad una normalizzazione del TSH nell’arco di 24 mesi, sebbene un
deterioramento della funzionalità tiroidea possa venificarsi successivamente nel corso del follow-up (Aversa et al., 2014).
Raramente la TA può evolvere verso una malattia di Graves. Tale
evoluzione, che è stata riscontrata in un 3,7% dei bambini e adolescenti con malattia di Graves, potrebbe derivare da una alterazione
degli anticorpi verso il recettore del TSH, da un tipo inzialmente bloccante verso un tipo stimolante (Wasniewska et al., 2010).
Circa il 30% dei bambini con TA sviluppa noduli tiroidei che, tuttavia,
appaiono di natura carcinomatosa solo nel 9,6% dei casi (Corrias et
al., 2008). Estremamente rara è l’encefalopatia di Hashimoto, sindrome caratterizzata da persistenti o fluttuanti deficit neurocognitivi
con buona risposta alla terapia steroidea (Watemberg et al., 2006).
Trattamento
In presenza di ipotiroidismo manifesto è assolutamente necessaria la terapia sostitutiva con L-tiroxina (L-T4), al fine di prevenire lo
scarso accrescimento e gli effetti metabolici avversi legati al deficit
di ormoni tiroidei. I dosaggi giornalieri adattati per fascia di età sono:
4-6 μg/kg tra 1-5 anni; 3-4 μg/kg tra 6-10 anni; e 2-3 μg/kg sopra i
10 anni (Brown, 2009a).
L’obiettivo della terapia è quello di normalizzare i livelli di TSH. Il
controllo della funzionalità tiroidea potrà essere eseguito a distanza
di 6-8 settimane dall’avvio della terapia e, una volta ottenuto l’eutiroidismo clinico e bioumorale, potrà essere effettuato ogni 4-6 mesi
(Brown, 2009a).
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Molto controversa è l’indicazione al trattamento nei bambini con
ipotiroidismo subclinico, per scarsi dati disponibili in età pediatrica e
l’assenza di specifiche linee guida. Una recente revisione sistematica della letteratura sul trattamento dell’ipotiroidismo subclinico conclude che nei bambini e adolescenti, essendo questa una condizione
auto-remittente, il suo trattamento deve essere considerato solo
quando i valori di TSH sono superiori a 10 mUI/L, quando vengono
rilevati segni clinici o sintomi di alterata funzione tiroidea o gozzo,
o quando vi siano altre malattie croniche associate (Monzani et al.,
2013). Nel bambino gli studi sul trattamento dell’ipotiroidismo subclinico sono pochi e non vi sono dati chiari su un potenziale beneficio
in termini di crescita staturale o di riduzione del volume ghiandolare,
mentre è emerso che il trattamento non abbia alcun effetto sulle
funzioni cognitive (Aijaz et al., 2006; Kaplowitz, 2010). Nell’ adulto,
invece, vi sono alcuni dati indicanti effetti benefici sul profilo lipidico,
sul rischio di malattie cardiovascolari e alterazioni neurocomportamentali, mentre tra gli argomenti contro il trattamento viene considerato il rischio di ipertritoidismo iatrogeno (Cooper e Biondi, 2012).
Nell’ambito del trattamento della TA è stata proposta anche la supplementazione con selenio, dato il ruolo chiave di questo minerale
nel regolare l’attività di varie selenoproteine a livello tiroideo. Vari
studi hanno valutato l’uso del selenio in soggetti affetti da patologia
autoimmune tiroidea, anche se ad oggi i dati sui potenziali benefici del selenio sono ancora limitati sia nell’adulto che nel bambino
(Atabek, 2013; van Zuuren et al., 2013). Nell’adulto, una recente
Cochrane ha concluso che non vi è ancora sufficiente evidenza né
per proporre tale supplementazione né per proibirne l’uso (van Zuuren et al., 2013).
Atre tiroiditi in età pediatrica
Tiroidite suppurativa acuta
è una forma rara di infezione della ghiandola tiroidea, ma che talora
può essere anche particolarmente grave (Chi et al., 2002). È spesso
preceduta da una infezione delle vie respiratorie. Gli agenti maggiormente implicati sono batterici aerobi e bacilli Gram negativi (Brook,
2003). Episodi ricorrenti di tiroidite suppurativa o il rilevamento di
una flora batterica mista suggerisce che l’infezione deriva da un
residuo del dotto tireoglosso o, più spesso, da una fistola del seno
piriforme. Dal punto di vista clinico si ha esordio acuto di dolore e
ingrossamento ghiandolare, con arrossamento, eritema e ghiandola tesa. Può aversi febbre, disfagia e limitazione dei movimenti del
collo. La funzionalità tiroidea può essere normale o si può avere un
aumentato rilascio transitorio di ormoni tiroidei (Chi et al., 2002).
Tiroidite non suppurativa subacuta (malattia di de Quervain)
è una forma di tiroidite rara nei bambini. Si ritiene sia dovuta ad
una infezione virale in soggetti geneticamente predisposti. Reperti
patologici tipici sono presenza di aspetti granulomatosi con cellule
giganti nel tessuto tiroideo (Engkakul et al., 2011). È caratterizzata
clinicamente da dolore a livello della ghiandola che si irradia verso
il capo, accompagnata da disfagia e febbricola. Dal punto di vista
della funzionalità tiroidea, ad un iniziale ipertiroidismo fa seguito un
ipotiroidismo transitorio. Si può osservare un aumento degli indici di
flogosi più un modesto e incostante aumento degli TPOAb e TGAb. Il
trattamento è sintomatico, richiedendo analgesici per alleviare il dolore e solo raramente glucocorticoidi. La tiroidite di de Quervain regredisce spontaneamente senza complicanze in 6-12 mesi. Tuttavia,
ipotiroidismo permanente e recidiva di malattia sono stati segnalati
in alcuni pazienti (Engkakul et al., 2011).
Le Tiroiditi
Tiroidite IgG4 associata
Recentemente è anche emersa una nuova entità, definita ‘Tiroidite
IgG4-associata (IgG4-related thyroiditis)’, ovvero lo sviluppo di lesioni tiroidee associate a ipotiroidismo, in presenza di aumentati livelli
di plasmacellule IgG4 positive, che possono manifestarsi nell’ambito
di un disordine sistemico, che include pancreatite autoimmune, malattia di Mikulicz, colangite e patologie di altri organi (Kakudo et al.,
2012; Watanabe et al., 2013). Dal punto di vista istopatologico, tale
entità è caratterizzata da un più alto grado di fibrosi parenchimale,
infiltrazione linfoplasmacitaria e degenerazione delle cellule folicolari rispetto a tiroiditi non IgG4-associate. Riconoscere tale forma
risulta di fondamentale importanza dato che la terapia con il prednisone è in grado di evitarne l’evoluzione verso la fibrosi.
Conclusioni
La TA rappresenta la patologia tiroidea più frequente in età pediatrica; è più comune durante l’adolescenza e nei soggetti di sesso
femminile. Frequente è l’associazione con altre patologie autoimmuni e con cromosomopatie. La presentazione clinica e l’evoluzione temporale possono essere variabili e diverse da un paziente
all’altro. Pertanto un accurato processo diagnostico e di follow-up
sono fondamentali, soprattutto per via della possibilità di sviluppo
di ipotiroidismo conclamato, che richiede trattamento immediato
per evitare effetti negativi su crescita, sviluppo puberale e funzionalità d’organo.
Box di orientamento
Che cosa si sapeva prima
Le tiroidi sono processi infiammatori a carico della ghiandola tiroidea. La TA è la forma più frequente in età pediatrica, mentre molto rare sono altre
forme, quali la tiroidite acuta suppurativa e la tiroidite subacuta.
Che cosa sappiamo adesso
La TA rappresenta non solo la tiroidite più frequente in età pediatrica, ma anche la causa principale di ipotiroidismo acquisito. La sua patogenesi è
multifattoriale e progressi di biologia molecolare stanno elucidando i complessi meccanismi molecolari alla base di tale patologia.
Quali ricadute sulla pratica clinica
Una migliore caratterizzazione di fattori implicati nella patogenesi e progressione della TA sono fondamentali per una impostazione diagnostica e terapeutica sempre più accurata. L’identificazione di fattori prognostici relativi all’evoluzione della tiroidite rappresenterebbe un importante traguardo in
campo medico, per una individualizzazione della terapia e del follow-up.
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Corrispondenza
Francesco Chiarelli, Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Chieti, via dei Vestini 5, 66100 Chieti. Tel.: +39 0871358015. E-mail: [email protected]
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