LE TERAPIE PER IL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO (GAP): ACCESSIBILITA’ E FOCUS DEL TRATTAMENTO Nel 1980 l’Associazione degli Psichiatri Americani (APA) ha riconosciuto il gioco d’azzardo patologico (GAP) come una malattia mentale; è stato altresì classificato tra i disturbi del controllo degli impulsi dal DSM IV. Nonostante sia una delle forme d’intrattenimento più antiche, il gioco d’azzardo è diventato recentemente un problema di proporzioni rilevanti, del quale solo pochi hanno intuito la reale espansione: nel 2011 l’incremento del gioco del poker on-line è stato del 104%. Il “gamblig”, nelle sue numerose varianti continua ad essere percepito dalla popolazione generale come un normale “vizio”. In ogni caso al pari di giocatori “adeguati”, che usano il gioco per divertirsi e socializzare senza che ciò interferisca con la propria vita, sono in aumento quelli che manifestano compulsività ed estrema dipendenza. Il nucleo centrale della patologia sembra rintracciabile nell’obbligatorietà dell’impulso e quindi nell’incapacità di smettere di giocare. Famiglia, amici e lavoro ne sono estremamente influenzati. Nel nostro Paese, il fenomeno si è imposto all’attenzione delle istituzioni e degli addetti alla salute. Ciò che si sospetta viene confermato da diversi studi che hanno evidenziato la correlazione tra la proliferazione dei giochi e l’incremento del gioco patologico. Sono necessarie forme di intervento che siano in grado di rispondere ad una domanda di salute che non solo è in rapida crescita ma appare in certi casi allarmante (nel gioco on-line si riscontrano tassi di dipendenza maggiori rispetto al gioco tradizionale e un decorso della malattia più rapido). Nonostante l’esistenza di terapie specificatamente studiate per queste patologie, solo il 10% dei giocatori patologici richiede un trattamento: la mancanza di terapisti qualificati, i costi e la paura dello stigma sono fattori che influiscono pesantemente. In questo senso, una delle sfide principali è quella di migliorare l’accessibilità dei trattamenti psicologici per i giocatori. Molto spesso poi, il giocatore d’azzardo giunge alla richiesta d’aiuto per tentare di risolvere i problemi che scaturiscono secondariamente dalle perdite economiche, e non perché consapevole di aver sviluppato una dipendenza. Un primo livello di intervento, anche se indiretto, dovrebbe essere di tipo educazionale, attraverso la diffusione di informazioni che possibilmente raggiungano il giocatore nell’ambiente in cui si trova. Terapia cognitiva: individua nei processi cognitivi i fattori determinanti nello sviluppo e nel mantenimento dei problemi di gioco. Il giocatore sviluppa una sorta di “pensiero magico”, attraverso il quale interpreta gli eventi e si illude di poter controllare il caso, nella convinzione di essere capace di predire i risultati del gioco. Il ruolo delle distorsioni cognitive nel gioco patologico (pathological gambling PG) risulta fondamentale nella comprensione del disturbo e nondimeno per il suo trattamento. Ricerche recenti (Fortune, E. E., & Goodie, A. S. 2011) hanno dimostrato che nelle persone che sviluppano una dipendenza da gioco d’azzardo sussistono distorsioni cognitive che necessariamente vanno individuate se si vogliono avere buoni risultati nel trattamento. Il pensiero razionale dei giocatori patologici sembra caratterizzato da tutta una serie di distorsioni ed errori del pensiero che portano a valutazioni errate della realtà e influiscono pesantemente sulla condotta, favorendo la prosecuzione del comportamento dannoso. Trattamenti che ottengono un alto tasso di successo sembrano essere quelli che fanno uso della ristrutturazione cognitiva o, in ogni caso, quei metodi che tendono ad indagare direttamente il contenuto del pensiero (per es. thinking-aloud method). Nella terapia di derivazione cognitivo-comportamentale il terapeuta cerca di aiutare il paziente portando alla luce le distorsioni attive nel pensiero; può avvalersi di tecniche derivate dal problem solving oltre ad implementare un programma di gestione del rischio di ricadute. Si tratta in genere di approcci terapeutici che tendono a procedere per tappe prefissate; sono diverse le procedure e i protocolli testati che consentono un’impostazione particolarmente rigorosa del trattamento. Tecniche che includano l’insegnamento di nozioni di matematica o calcolo delle probabilità non hanno sortito alcun effetto. Terapia sistemico-relazionale il programma terapeutico prende in carico i soggetti sotto tutti gli aspetti, partendo dal presupposto che la dipendenza da gioco è interpretata come un disagio derivante da una disfunzione del sistema familiare, in cui tutti i rapporti devono essere analizzati. Per questo anche la famiglia del giocatore viene coinvolta nel processo di cambiamento. Lo scopo non è solo quello di raggiungere l’astinenza, ma di risolvere ciò che ha portato all’esordio della dipendenza come sintomo funzionale, ad una situazione familiare patologica sottostante. Gruppi di auto-aiuto nel 1957 nasce l’associazione dei Gamblers Anonymous, i Giocatori Anonimi (GA), sull’esempio degli Anonimi Alcolisti. Essi ritengono che il gioco d’azzardo sia una malattia di natura progressiva la quale non può essere curata, ma solo arrestata, attraverso il raggiungimento della totale astinenza. Il recupero si fonda sulla lettura a turno dei “dodici passi dell’unità”, che rappresentano una specie di regolamento dell’associazione, e dei “dodici passi del recupero”, attraverso i quali il giocatore riconosce la propria impotenza di fronte al gioco, si affida ad un Potere più grande di lui, fa un esame della propria vita, riconosce i propri errori e con la meditazione mira a cambiare la propria vita. Sembra che il maggior contributo terapeutico nei gruppi di auto-aiuto sia dato dal forte sentimento di accettazione circolante tra i membri e dal recupero di quel senso di dignità personale che è favorito in un contesto formato da persone con storie simili e problemi comuni. Nelle persone che presentano questa diagnosi sono stati riscontrati alti tassi di depressione, ansia, forti sentimenti di impotenza; qualunque approccio terapeutico si scelga di seguire, questi aspetti non devono passare in secondo piano. Ogni terapia poi, può essere accompagnata da un trattamento farmacologico, soprattutto laddove il gioco d’azzardo presenti comorbidità rilevanti. Bibliografia Albano T., Gulimanoska L. (a cura di) (2006), In-dipendenza: un percorso verso l’autonomia, Angeli, Milano. Fortune, E. E., & Goodie, A. S. (2011) November 28). Cognitive Distortions as a Component and Treatment Focus of Pathological Gambling: A Review. Psychology of Addictive Behaviors. Calbring P., Smith F. (2008) Randomized Trial of Internet-Delivered Self-Help With Telephone Support for Pathological GamblersJournal of Consulting and Clinical Psychology Copyright 2008 by the American Psychological Association. 2008, Vol. 76, No. 6, 1090–1094 Guerreschi, C. (1999) Il gioco d’azzardo patologico:quando il gioco diventa una dipendenza. Città di Bolzano. Assessorato dei Servizi Sociali e Sanità. www.siipac.it