La Conferenza della European Association for the Study of Gambling
Ricerca, responsabilità e regolamentazione
Lo scorso mese di settembre si è tenuta a Lisbona la 11esima European Conference on Gambling Studies and
Policy Issues, Development of the invisible and unknown: Research, Responsibilities and Regulation.
Organizzato dalla European Association for the Study of Gambling (Easg), il convegno ha riunito esperti e
studiosi provenienti da tutto il mondo. FeDerSerD ha preso parte all’importante evento, relazionando sui
primi tre anni di attività della piattaforma terapeutica online del servizio Giocaresponsabile. Scopo
dichiarato dell’Easg è promuovere il dialogo tra gli enti governativi, nazionali e sovranazionali, l’industria
del gioco, gli accademici, i soggetti impegnati nella prevenzione e nel trattamento del gioco patologico,
l’associazionismo e l’opinione pubblica.
L’evento si è articolato in quattro giornate e in decine di sessioni, durante le quali sono state discusse e
analizzate le questioni più disparate e attuali. Se nei due workshop introduttivi si sono approfonditi i temi del
match fixing e i principi basilari da applicare nel colloquio motivazionale con i giocatori problematici e
patologici, nelle giornate successive numerosi studiosi e addetti del settore si sono confrontati sulla
regolamentazione dell’offerta, sugli sviluppi della ricerca e sulle modalità innovative di prevenzione e cura
dei disordini comportamentali legati al gioco d’azzardo, con specifici focus dedicati al gioco giovanile,
all’online e alle strategie messe in campo dall’industria del gioco per limitare gli effetti più negativi del
gambling.
Di notevole interesse le sessioni plenarie, dove alcuni tra i massimi studiosi della materia (tra gli altri,
RachelVolberg, Jeffrey Derevensky, Paul Delfabbro, Max Abbott, David Hodgins e Alex Blaszczynski)
hanno esposto i risultati dei loro più recenti lavori e si sono confrontati sulle direzioni e gli sviluppi futuri
che dovrebbe intraprendere la ricerca.
Rimarchevolel’intervento di Marc Potenza, professore di Psichiatria e Neurobiologia presso la Università di
Yale, che si è concentrato sulle nuove evidenze emerse dagli studi genetici applicati al disturbo da gioco
d’azzardo, con particolare riferimento all’ereditarietà, ai progressi della genetica molecolare e all’analisi
delle variazioni delle frequenze alleliche e delle risposte cerebrali e comportamentali a determinati stimoli. Il
corpus di ricerche presentato, pur confermando il peso della ereditarietà genetica nel favorire comportamenti
di gioco a rischio, problematico e patologico, sottolinea che nascere e crescere in un contesto famigliare e
territoriale deprivato aumenta la probabilità che si manifesti la propensione genetica a giocare d’azzardo e a
sviluppare criticità collegate.
Per Binde, professore presso la School of Global Studies dell’Università di Goteborg, ha invece relazionato
sugli effetti e le conseguenze della pubblicità del gambling, basandosi sui dati di una ricerca finanziata dalla
Agenzia per la Salute pubblica svedese. Nella sua presentazione, Binde ha ricordato che la relazione tra
pubblicità e gioco problematico è più complessa e controversa di quanto possa apparire, poiché la plausibilità
teorica che vi sia un impatto dei messaggi promozionali sul comportamento di gioco viene empiricamente
confermata solo in riferimento a specifiche categorie a rischio. In particolare, l’effetto nocivo della
pubblicità, quando si riscontra, non riguarda la popolazione generale o i giocatori sociali, ma si manifesta nei
confronti degli adolescenti e di quei soggetti che già hanno sviluppato comportamenti di gioco eccessivo
Da parte sua, Mark Griffiths, professore di Dipendenze Comportamentali alla Nottingham Trent University,
ha fatto luce sulle prospettive che l’online apre alla ricerca sul gioco d’azzardo e alla cura delle patologie
correlate. Infatti, se è vero che Internet e le tecnologie connesse stanno cambiando i modi e le opportunità di
gioco, rendendolo pervasivo, esse offrono anche nuove possibilità di protezione e assistenza a chi sviluppa
comportamenti compulsivi.
Il riferimento di Griffiths è in primo luogo al behavioural tracking data, ossia alla raccolta di dati sui
comportamenti degli individui nei siti di gioco online. Un approccio che, oltre a consentire una precoce
identificazione dei giocatori a rischio, fornisce materiale utile per la ricerca poiché i dati raccolti mediante
behavioural tracking non presentano le distorsioni tipiche delle risposte ai questionari, talvolta poco veritiere
in quanto condizionate da paura dello stigma sociale, vergogna e inaffidabilità della memoria. Tra le criticità
del behavioural tracking data, la scarsa rappresentatività dei campioni di popolazione analizzati, l’incertezza
sulla reale identità di chi utilizza l’account di gioco (Un individuo? Più individui?) e la difficoltà di avvalersi
degli attuali criteri diagnostici (si pensi al Dsm-V) nell’interpretazione dei dati. In secondo luogo, lo studioso
britannico ha ricordato il ruolo crescente di helpline e piattaforme terapeutiche online, in grado di attirare
l’attenzione dei giovani adulti e degli adolescenti che in internet possono trovare strumenti più in linea con le
proprie esigenze di anonimato per affrontare i problemi legati gioco d’azzardo.
Brett Abarbanel, direttore della ricerca presso l’International Gaming Studies dell’Università di Nevada Las
Vegas, si è confrontata con il mondo degli eSport e delle competizioni professionali di videogame: una realtà
forse sconosciuta a molti, ma sempre più familiare per i giovani adulti. Infatti, l’età media di chi vi si dedica
è di 28 anni e la fascia di popolazione più interessata è quella compresa tra i 18 e i 34, senza particolari
distinzioni di genere. I giochi più diffusi, continua Abarbanel, sono i First-Person shooter e i cosiddetti
Moba. I First-Person shooter (‘sparatutto in prima persona’) sono videogiochi di stampo militare che
adottano una visuale soggettiva diretta in prima persona e lo scopo è affrontare livelli ambientati in esterni o
interni con la visuale di gioco che simula il punto di vista del personaggio principale. I Moba (‘Multiplayer
Online Battle Arena’) sonoun sottogenere dei giochi di strategia in tempo reale, ma, a differenza di questi
ultimi, dove si controllano interi eserciti o nazioni, il giocatore devegestire un singolo personaggio.
Per quanto la ricerca sulle criticità indotte da questi prodotti sia solo agli inizi, Abarbanel suggerisce che,
anche in considerazione della grande popolarità di cui godono, i videogiochi competitivi potrebbero
costituire uno degli ambiti privilegiati dei futuri studi sulla dipendenza da gioco.