GIOCO D`AZZARDO PATOLOGICO: UN BEL GIOCO DURA

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GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO: UN BEL GIOCO DURA POCO.
Riflessioni iniziali.
Nella nostra società contemporanea stanno emergendo, con sempre maggior forza, nuove modalità
di competizione, di solitudini e di emarginazione, non sempre esercitate in forma di manifesta ed
eclatante aggressività. In questa fase storica post-ideologica, oltre ad evidenti e brutali espressioni
di violenza presenti nel convivere umano, si stanno sviluppando, a livello di massa, situazioni
esistenziali che si esprimono attraverso un senso diffuso di vuoto, di impotenza, di insoddisfazioni e
di stress che possono essere apparentemente superate sottostando alle leggi di mercato, le quali
danno importanza al soggetto solo se egli risulta strettamente funzionale all’apparato (v. U.
Gallimberti “Psiche e Tecne”).
Nel nostro Servizio pubblico (Informagioco – SerD Aulss 12 Veneziana), afferiscono persone
provenienti da diverse classi sociali (disoccupati, pensionati poveri e pensionati ricchi, ceto medio,
classe dirigente).
Con modalità e caratteristiche diverse, ognuno soffre di un malessere che ha origine nella propria
insoddisfazione a vivere il “qui e ora”. Sostanzialmente, risulta loro difficile esprimere il proprio
“essere con il mondo” con sufficiente soddisfazione, speranza, protagonismo. Ecco allora che,
spesso, viene quasi immediata l’esigenza di costruire dei mondi artificiali e virtuali, nei quali poter
finalmente sognare o “annullare” il pensiero.
Tra i nostri pazienti, quasi sempre, non è presente la pura e sola dipendenza da gioco,
parallelamente risulta in atto una realtà conflittuale, interna al soggetto che non è mai stata
elaborata, anzi è stata accantonata e soffocata nell’arco della vita: ci riferiamo, ad esempio, a lutti
precoci, a traumi infantili.
Da qui, nasce la necessità di aiutare il paziente a guardare alla propria realtà, a prenderne visione,
non per poterla “annullare”, ma per poterla vivere con uno stato mentale diverso, non
nascondendosi e non scappando via nella fuga illusoria rappresentata dal gioco patologico.
Nella ripetizione e nella ritualità del gioco, non risulta importante “vincere o perdere”, ma “…
giocare”, perché quando si gioca non ci si rapporta al reale, a se stessi e agli altri. Si vive senza
pensare. Giocare patologicamente significa, quindi, occupare tanto tempo al gioco, perdere denaro e
non alimentare e sostenere tutta una rete di relazioni con l’altro, dove l’affettività occupa un posto
ed uno spazio privilegiato.
Ne consegue la necessità di offrire un aiuto terapeutico al paziente, affinché raggiunga uno status di
autonomia, di consapevolezza e di responsabilità.
In che senso? Nel senso di appropriarsi della convinzione che, abbandonarsi al gioco, significa
essenzialmente non affrontare il proprio conflitto, ma aggravarne la situazione.
Recupera la dimensione relazionale con se stessi e con gli altri diventa il focus della dipendenza e,
conseguentemente, l’aspetto caratterizzante il trattamento terapeutico.
Gioco d’azzardo come ludopatia.
La ludopatia, termine al quale si riconducono le problematiche della dipendenza da gioco d’azzardo
patologico, costituisce la nuova emergenza socio sanitaria con cui i Servizi per le Dipendenze delle
Aziende Sanitarie hanno iniziato a fare i conti nell’ultimo decennio.
La ludopatia è, a tutti gli effetti, una malattia riconosciuta, sin dagli anni ’80, dall’OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità) come psicopatologia specifica, ed è inserita all’interno del DSM IV
(manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) sotto la categoria dei disturbi del controllo degli
impulsi.
Ovviamente, non tutti coloro i quali giocano d’azzardo possono essere considerati giocatori patologici e, per
giunta, esistono diversi livelli di gravità della patologia a seconda di come la stessa si manifesta in termini di
sintomi e di comportamenti.
Affinché il gioco possa essere riconosciuto nella sua forma patologica è necessario che dalla valutazione
anamnestica si constatino almeno cinque delle seguenti evidenze:
1. l’abitualità nel coinvolgimento nel gioco o nella ricerca di denaro per giocare;
2. l’impegno nel gioco di somme crescenti;
3. i ripetuti, quanto vani, tentativi di smettere di giocare;
4. la presenza, nei periodi d’interruzione del gioco di irrequietezza, tensione, irritabilità;
5. l’alleviare sentimenti penosi attraverso il gioco;
6. il rincorrere le perdite, ritornando ripetutamente a giocare;
7. la comparsa di comportamenti mendaci e reticenti;
8. la commissione di azioni illegali;
9. la perdita o la compromissione di relazioni importanti;
10. l’inadempimento di compiti lavorativi/occupazionali.
Diverse sono le analogie tra il gioco d’azzardo patologico e le altre forme di dipendenza classiche,
dovute all’uso e all’abuso di sostanze psicotrope legali (alcol e tabacco) ed illegali (sostanze
stupefacenti). Queste ultime, tuttavia, sono riconducibili alla necessità dell’organismo di assumere
sostanze chimiche in dosi crescenti, mentre, nella ludopatia, il focus è prettamente psicologico e
sociale e il soggetto pone in essere comportamenti essenzialmente finalizzati al soddisfacimento di
bisogni di natura emotiva (dipendenze non chimiche).
Come nelle più classiche e riconosciute forme di dipendenza da sostanze psicoattive, anche nel
giocatore patologico si rilevano tratti comuni di comportamento come ad esempio il pensiero fisso,
le ricadute, la negazione del problema, l’esigenza di incrementare l’uso e la sua frequenza del gioco,
la perdita di interesse per le relazioni e per le normali occupazioni preesistenti alla comparsa del
disturbo.
Dal racconto che raccogliamo dal giocatore patologico, l’avvicinamento al gioco è graduale, anche
se, da subito, si palesa un crescente grado di eccitazione emotiva che egli non riscontra nell’ambito
dell’ordinaria quotidianità. Nell’ambiente di gioco egli scopre situazioni di benessere che non
ritrova più in una vita sociale e familiare che, via via, percepisce sempre più povera e priva di
stimoli. L’agio è dato dalla ricerca di sensazioni forti, legate ad agiti sempre più rischiosi,
nell’illusoria, quanto magica, convinzione di poter mantenere il pieno controllo del gioco. Il
giocatore patologico, crede, in modo a volte consapevole in modo a volte inconsapevole, di essere
in grado di gestire la sorte, magari attraverso riti propiziatori e scaramantici del tutto irrazionali e
illogici. Il percorso verso la dipendenza è poi costellato dall’episodico riscontro che vincere al gioco
è possibile. La vincita costituisce non solo il riscatto per ciò che si è perso in precedenza, non solo
rappresenta il rinforzo della convinzione di poter dominare il gioco e di poter ripetere l’atto del
gioco con maggiore fiducia nelle proprie possibilità, ma costituisce una vera e propria esaltazione
che provoca sensazioni di benessere e soddisfazione, associabile all’appagamento che può produrre
l’assunzione di una sostanza psicoattiva. In definitiva, nel caso descritto, il gioco d'azzardo
patologico tende a consolidarsi, spesso in poco tempo, come una vera e propria forma di
dipendenza, con sintomi e conseguenze tipiche di chi abusa di una qualche sostanza.
I giocatori e il programma terapeutico.
Il gioco d’azzardo patologico è una malattia che si può curare: tanto prima è diagnosticata, tanto
maggiori sono le possibilità di uscire dal problema senza ulteriori danni finanziari e psichici.
Da un decennio, il nostro Servizio SerD dell’Azienda Ulss 12 Veneziana, ha iniziato a trattare le
problematiche riconducibili al gioco dì’azzardo patologico. In questo arco di tempo, sono stati visti
circa 400 pazienti provenienti non solo dal territorio di competenza, ma anche da altre aree
limitrofe.
Il 78% dei pazienti in trattamento sono maschi, con un’età media di 38 anni ed una range molto
elevato (18 – 78 anni). Nel 39% dei casi è il paziente a contattare direttamente il Servizio, ma quasi
un’analoga percentuale (33%) è data dall’iniziale presenza di uno o più familiari, con i quali il
nostro servizio lavora per facilitare l’accesso della persona che ha bisogno di aiuto. Nei casi restanti
(28%), l’accesso è facilitato dalla segnalazione di altri servizi, sia socio assistenziali, che socio
sanitari.
Nel 68% dei casi il gioco d’azzardo prevalente per il quale si è struttura una forma di dipendenza è
il gioco con le slot machines, praticato presso locali di ristorazione, tabaccherie, sale giochi;
seguono con percentuale inferiore i giochi da Casinò (28%) e altri giochi come il “gratta e vinci” e
le scommesse. Il gioco d’azzardo patologico viene praticato con una frequenza quasi quotidiana. I
giocatori prima di iniziare il trattamento, giocavano praticamente tutti i giorni (nel 41% dei casi
quotidianamente, nel 46% più di una vota la settimana). Più della metà del campione ha speso per il
gioco “sino al punto di doversi indebitare” e, nel 16% dei casi, sono intervenuti problemi legali
riconducibili alla necessità di recuperare danaro (ad es. truffe, furti ecc.).
Il programma proposto dal nostro Servizio SerD prevede i seguenti steps:
1. Primi contatti (paziente – familiari – altri soggetti interessati al caso)
2. Accoglienza e apertura della cartella
3. Valutazione multidimensionale e mappatura delle risorse di rete familiare, sociale e sanitaria
4. Contratto terapeutico
5. Fase del trattamento
a.Individuale
b.Familiare
c.Gruppale
d.Implementazione strategie di rete
6. Follow up a 6 mesi dalla conclusione del programma in tutti i casi inserito nel contratto.
Nel 55% dei casi il programma terapeutico giunge a conclusione con il consenso reciproco dei
soggetti coinvolti (paziente, familiari, servizio, altri servizi ecc.), mentre gli abbandoni sono pari al
25% dei pazienti in trattamento.
Le attività generalmente realizzate con i pazienti possono essere così sinteticamente descritte:
✓ Colloqui mediamente ogni 10 giorni.
✓ Presa in carico della famiglia, nel 71% dei casi.
✓ Controllo del denaro da parte di un familiare, nel 55% dei casi.
✓ Partecipazione al gruppo settimanale, 30% dei casi.
✓ Coinvolgimento della rete dei servizi 32% dei casi..
La durata media di un programma terapeutico concluso in modo concordato è pari a 412 giorni.
Nello studio di valutazione di risultato dei programmi terapeutici posti in essere si evidenzia,
per il 78% dei pazienti in trattamento, un deciso miglioramento dei punteggi testistici individuali di
valutazione della problematica correlata al gioco d’azzardo patologico.
Dalla nostra esperienza, tuttavia, il successo del programma di cura non ricade esclusivamente sul
servizio specialistico, ma vede il coinvolgimento sinergico di tutti i soggetti che possono concorrere
alla realizzazione del percorso di uscita dal problema: la famiglia, i servizi territoriali della rete e,
ovviamente, l’interessato.
Compito del servizio è la mobilitazione e il coordinamento delle risorse relazionali presenti nel
vissuto del giocatore patologico, nell’intento di facilitare il superamento del problema.
Silvano Felisati – Sociologo, Leonardo Duminuco – Educatore
SerD (Informagioco) Azienda Ulss 12 Veneziana
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