La cristallizzazione allo stato solido Lezione 1 Strutture di reazione

La cristallizzazione allo stato solido
Lezione 1
Strutture di reazione, nucleazione, crescita
Introduzione
Le rocce sono materiali naturali assimilabili a sistemi chimici complessi costituiti da
componenti e fasi. Queste ultime hanno campi di stabilità ben precisi che variano in funzione di
pressione (P) - temperatura (T) - composizione del sistema (X) e composizione dei fluidi (Xfl) che
generalmente partecipano alle reazioni chimiche in condizioni di subsolidus. Al variare delle
condizioni P-T le rocce ricristallizzano sviluppando modificazioni tessiturali e mineralogiche che
caratterizzano il processo metamorfico. Le osservazioni geologiche e gli studi petrologici indicano che
la ricristallizzazione di subsolidus dei materiali geologici non è il risultato di esperimenti chimici ben
controllati: tale processo non avviene omogeneamente e pervasivamente a tutte le scale e l’equilibrio
termodinamico in molti casi viene raggiunto a scala locale. I terreni metamorfici sono infatti
caratterizzati dall’associazione spaziale di volumi di rocce riequilibratisi durante eventi metamorfici
avvenuti in età diverse e a condizioni P-T differenti. In ogni volume l’equilibrio termodinamico tra le
fasi mineralogiche cristallizzate durante un ben preciso evento viene raggiunto localmente ed in
dominii ben precisi. Nel basamento cristallino della Norvegia occidentale, volumi di rocce granulitiche
pre-cambriane sono bordati e sovraimpressi da dominii corrispondenti a zone di taglio duttile in cui
paragenesi eclogitiche caledoniane si sviluppano a spese delle precedenti granuliti (Austrheim, 1987).
La carta riportata in Figura 1 consente di visualizzare l’associazione spaziale di eclogiti e granuliti e di
stimare la quantità di trasformazione che accompagna la ricristallizzazione di questi materiali naturali.
L’eterogeneità nello sviluppo delle reazioni e delle trasformazioni tessiturali eclogitiche consente la
preservazione di frammenti della storia precedente sotto forma di relitti metastabili (le granuliti), cioè
di volumi di roccia che non hanno più reagito nonostante le successive variazioni nelle condizioni P-T.
La preservazione avviene a tutte le scale e persino i volumi maggiormente riequilibrati in condizioni
eclogitiche possono preservare i frammenti dello stadio granulitico precedente sotto forma di minerali
relitti. L’associazione spaziale di rocce che registrano eventi metamorfici diversi in termini di età e
grado metamorfico è una caratteristica comune a tutti i terreni metamorfici ed indica che la
ricristallizzazione di subsolidus è quantizzabile mediante la termodinamica dell’equilibrio, ma è
guidata ed innescata da meccanismi cinetici. L’esempio della Norvegia è particolarmente suggestivo
poichè dimostra che l’eclogitizzazione della crosta continentale è controllata dall’infiltrazione di fluidi
all’interno di zone di taglio crostali profonde (Austrheim, 1987) ed è funzione della deformazione e
dell’accesso di fluidi, non solamente di P-T e della composizione delle rocce.
Questo esempio dimostra che i sitemi naturali possono non reagire per problemi cinetici e che
la formazione di associazioni mineralogiche nuove e all’equilibrio avviene dove deformazione e fluidi
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sono particolarmente attivi.
Tali osservazioni a grande scala danno indicazioni sul comportamento dei materiali terrestri
durante un processo di perturbazione dell’equilibrio chimico e fisico legato a un processo tettonico. Le
relazioni tra ricristallizzazione dei materiali e disponibilità di agenti cinetici sono ben visibili alla
microscala: la risoluzione delle microstrutture delle rocce rappresenta un passo fondamentale verso la
comprensione non solo problemi di ordine geologico, ma anche problemi legati alla reologia dei
materiali. Nel caso della transizione granuliti - eclogiti della Norvegia la trasformazione di un granato
granulitico (gnt1) in un nuovo granato (gnt2) stabile in facies eclogitica avviene in corrispondenza di un
reticolo di microfratture che attraversano il vecchio granato. In questo caso il comportamento fragile
del granato rispetto alla matrice cristallina circostante facilita l’infiltrazione del fluido, che innesca la
trasformazione del granato facilitando la diffusione ed il trasporto degli ioni verso le zone di crescita
del granato neoblastico. In questo caso la disponibilità di fluido è essenziale per abbattere le barriere
cinetiche necessarie alla nucleazione e alla crescita del nuovo granato. L’approccio microstrutturale ai
problemi geologici consente quindi di ottenere importanti informazioni sul comportamento reologico
dei materiali terrestri e sui meccanismi che guidano la loro trasformazione. La ricristallizzazione
metamorfica ed il raggiungimento o meno di un equilibrio termodinamico tra fasi costituenti un
sistema naturale sono infatti controllati dalla diffusione degli ioni ai siti di reazione. Il compito del
petrologo è riconoscere la scala a cui l’equilibrio può essere raggiunto nelle rocce, e quindi la scala di
diffusione degli ioni in un sistema naturale e l’individuazione dei fattori che facilitano questo processo
(ad esempio deformazione e disponibilità di fluidi).
Tali aspetti sono comuni anche a materiali sintetici e manufatti. La ricristallizzazione dei
materiali artificiali è assimilabile a quella delle rocce, in confronto le rocce sono sistemi estremamente
più complessi. I problemi affrontati quotidianamente dai petrologi (equilibrio termodinamico,
diffusione, ricristallizzazione, sviluppo di microstrutture e loro significato, fluidi e deformazione),
sono simili a quelli legati alla produzione e all’invecchiamento dei materiali artificiali. Pertanto, una
cultura geologica, intesa come conoscenza del comportamento fisico delle rocce, ed una buona
preparazione microstrutturale, microchimica e petrologica possono essere impiegate per approcciare e
risolvere problemi legati allo studio dei materiali artificiali e possono essere spese in campo
applicativo nelle attività di lavoro e studio dei materiali artificiali.
Questo contributo è volto a identificare i fattori cinetici che consentono o meno il
raggiungimento dell’equilibrio termodinamico e che dominano i processi di ricristallizzazione delle
rocce naturali.
Nucleazione e crescita
Le trasformazioni metamorfiche sono guidate da reazioni chimiche tra le fasi tendenti a
minimizzare l’energia libera di Gibbs. I diagrammi energia di Gibbs (G) composizione (x) sono usati
per visualizzare alcuni aspetti del principio di minimizzazione dell’energia libera all’equilibrio. La
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Figura 2 riporta un diagramma G-x per un sistema binario costituito dai termini puri 1 e 2 e dalle fasi
A, B, C. Le fasi A, C hanno un campo limitato di soluzione solida, mentre la fase B mostra un ampio
intervallo di soluzione tra 1 e 2. Per visualizzare l’associazione di fasi all’equilibrio occorre tracciare
la tangente alle varie curve G-x. I punti in cui la tangente tocca le curve consentono di identificare le
fasi stabili e le loro composizioni. In Figura 2A le fasi stabili sono A e C; considerando tre sistemi a
composizioni totali f, g, h, A e C compaiono in questi sistemi con composizioni fisse, ma in
proporzioni modali variabili (f = 75% A; g = 50% A; h = 25% A). In Figura 2B, la fase B diventa
stabile per reazione tra A e C, di conseguenza la paragenesi all’equilibrio di f è A+B, di g è B, di h è
B+C. Le composizioni delle fasi sono determinate dalle tangenti alle curve G-x ed occorre notare che
la composizione di B è molto diversa nei tre sistemi f, g, h.
Nucleazione e crescita. La nucleazione e la crescita di un minerale avvengono solo se si
abbassa l’energia libera. Comunque, anche se una fase diventa stabile, la sua nucleazione può non
avvenire se non concorrono alcuni fattori cinetici. La cinetica delle reazioni spesso comporta l’
interazione tra i processi di nucleazione e quelli di crescita e dissoluzione. I processi cinetici sono
controllati dalla temperatura, dalla velocità delle variazioni di pressione e temperatura, dalla
deformazione e dalla quantità di fluido presente nella roccia. Molte rocce metamorfiche mostrano
l’evidenza microstrutturale di reazioni incomplete (ad esempio le reazioni di idratazione retrograde)
che possono essere dovute sia a scarsa disponibilità dei reagenti (ad esempio l’acqua), sia a basse
velocità di reazione, anche se i reagenti sono disponibili (i.e. problemi cinetici). Nelle reazioni
metamorfiche la nucleazione di nuove fasi deve avvenire prima che si verifichi la crescita dei cristalli.
La nucleazione è ostacolata dalla presenza di barriere energetiche che possono essere superate
mediante l’apporto di energia necessaria ad attivare il sistema (energia di attivazione; Fig. 3A). Se è
possibile una serie di percorsi di reazione, verrà intrapreso quello che presenta la barriera energetica
più bassa e che comporta l’effetto catalitico di altre fasi (ad esempio un fluido, Fig. 3B). In genere
sono favorite le reazioni che avvengono per stadi successivi attraverso la formazione di composti
intermedi metastabili (cioè una serie di subreazioni), piuttosto che un singolo processo di reazione
(Fig. 3C). Un esempio di questo comportamento è stato documentato sperimentalmente da Greenwood
(1963) che ha descritto la formazione metastabile di antofillite nel campo di stabilità di enstatite +
quarzo durante la destabilizzazione del talco (Fig. 4). Negli esperimenti di più lunga durata l’antofillite
si destabilizza a sua volta in enstatite + quarzo. Di conseguenza la reazione
talco = enstatite + quarzo + vapore
avviene per stadi di trasformazione che comportano la produzione intermedia di antofillite. Gli
esperimenti di scarsa durata (sino a 1500 minuti) sono pertanto caratterizzati dalla formazione di
antofillite come prodotto metastabile. Il tempo è quindi, insieme alla necessità di un surplus di energia,
un fattore importante per lo sviluppo delle reazioni e la formazione di paragenesi all’equilibrio.
Per innescare una reazione metamorfica prograda è necessario superare sensibilmente la
temperatura di equilibrio (cioè la temperatura a cui in teoria scatta la reazione): questo processo viene
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generalmente definito overstepping. La velocità di nucleazione (n), indipendentemente dagli effetti
legati alla pressione e alla variazione di volume, è quindi funzione dell’overstepping della temperatura
di reazione (Teq) secondo la seguente relazione
n prop exp[(T-Teq)2]
(Ridley e Thompson, 1986). Un aumento del 10% di (T-Teq) causa quindi un aumento della velocità di
nucleazione di 6-7 ordini di grandezza. Ciò significa che all’attraversamento progrado delle curve di
reazione nello spazio P-T, la nucleazione comincerà a diventare efficace dopo un certo overstepping
della curva di equilibrio. Occorre sottilineare che esiste una forte dipendenza della nucleazione dalla
presenza del fluido, e tale dipendenza è analoga a quella mostrata nei confronti della temperatura di
overstepping (Ridley e Thompson, 1986). Globalmente, l’overstepping necessario è funzione della
dipendenza dalla temperatura del_∆G di reazione (Fig. 5). La Figura 5A riporta una situazione di forte
dipendenza della reazione dalla temperatura (come nel caso delle reazioni di devolatilizzazione): in
questi casi la temperatura di equilibrio deve essere superata di poco affinchè si inneschi il processo di
nucleazione. La Figura 5B riporta il caso di una reazione in cui il ∆G di reazione è poco dipendente
dalla T (come nel caso di molte reazioni solido-solido), in questo caso la nucleazione richiede un forte
overstepping della temperatura di equilibrio. Nel metamorfismo progrado regionale, sebbene la
quantità di overstepping necessario a far scattare le reazioni sia sconosciuto, si assume che non sia
abbastanza grande da influire in modo drammatico sulla trattazione delle paragenesi mediante la
termodinamica dell’equilibrio. L’andamento costante della zoneografia dei terreni metamorfici
suggerisce infatti che l’overstepping non è mai così elevato da scompaginare la sequenza di comparsa
dei minerali caratteristici delle varie zone e facies.
Nucleazione omogenea. La nucleazione non è solo funzione dei fattori suddetti, ma anche
dell’energia caratteristica dei singoli granuli coinvolti nel processo di ricristallizzazione. La
nucleazione omogenea è la formazione casuale di un nucleo in un materiale omogeneo. La
nucleazione di una nuova fase comporta la formazione di un nuovo reticolo cristallino (Fig. 6) i cui
confini con la fese circostante possono essere coerenti (Fig 6A, B), semicoerenti (Fig. 6C) e incoerenti
(Fig. 6D) in funzione del grado di disorientazione reticolare. Questo fatto compororta la presenza di
altri termini energetici quali l'energia dovuta alla distorsione reticolare e l'energia di superficie. I
contributi positivi e negativi all'energia libera sono mostrati in Figura 7, che indica che lo sviluppo di
un raggio critico rc aumenta l'energia libera totale e che al di sopra del raggio critico la crescita avviene
con decremento di energia libera. La coerenza o meno tra i reticoli cristallini delle fasi (Fig. 6) gioca
un ruolo importante sull'energia di attivazione richiesta per la nucleazione. Il grado di coincidenza tra
reticoli è detto coerenza. Se le fasi hanno struttura simile l'energia di strain è bassa ed è richiesta una
bassa attivazione. Più generalmente non si verifica la coincidenza tra reticoli e i confini di grano sono
spesso semicoerenti (Fig. 6C), e ciò comporta energia di distorsione reticolare, oppure incoerenti (Fig.
6D). In quest'ultimo caso l'energia di distorsione reticolare è bassa, ma l'energia di superficie è elevata.
L'energia di strain e di superficie comportano perciò un innalzamento dell'energia libera del sistema
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rendendo la nucleazione omogenea particolarmente dispendiosa.
Nucleazione eterogenea. La nucleazione eterogenea è facilitata da un agenti che consentono la
nucleazione abbassando l’energia di barriera. Tali agenti sono costituiti sia da germi cristallini (seeds)
corrispondenti a impurità e/o a granuli di minerali preesistenti, sia da porzioni dei granuli
caratterizzate da un alta densità di dislocazioni e difetti reticolari (zone intensamente deformate e
confini tra granuli). Questi ultimi rappresentano microdominii ad alta energia in grado di fornire il
surplus di energia richiesto per la nucleazione, contribuendo così a raggiungere la soglia necessaria per
l’overstepping. Possiamo aspettarci che i prodotti di molte reazioni metamorfiche nucleino in modo
eterogeneo perchè i solidi spesso contengono difetti e dislocazioni reticolari che possono innescare la
nucleazione di nuove fasi e perchè l’esistenza di una struttura cristallina preesistente rende possibile la
nucleazione epitassiale (cioè l’uso della vecchia struttura atomica da parte della nuova fase). Come già
accennato precedentemente, l’energia di Gibbs di una mole di piccoli nuclei è maggiore dell’energia
libera di una mole di cristalli grandi, poichè l’energia di superficie va moltiplicata per le superfici dei
nuclei. Il diagramma G-x di Figura 8 illustra come varia l’energia libera di una fase di neoformazione
(B) in funzione del tipo di situazione microstrutturale in cui B viene a nucleare (grossi cristalli, piccoli
nuclei ai cofini dei granuli, piccoli nuclei lungo dislocazioni, cristalli ben formati e privi di difetti). La
superficie G-x per ciascuna di queste situazioni sarà leggermente differente, e il sito dominante in cui
si sviluppa la nucleazione sarà localizzato in corrispondenza della situazione caratterizzata dalla più
bassa energia di Gibbs (ad es. 1 in Fig. 8). Quindi la nucleazione della fase B è favorita in alcune
situazioni microstrutturali in funzione dell’energia libera di ogni singolo microdominio della roccia: la
formazione di B in ciascuna situazione microstrutturale richiede differenti quantità di overstepping
della curva di equilibrio.
Una misura della quantità di P e T di overstepping può essere approssimativamente
visualizzata per mezzo di vari studi sperimentali (Fig. 9; Ridley e Thompson, 1986). Molti esperimenti
sono sati eseguiti utilizzando materiali sintetici privi dei germi cristallini delle fasi che compaiono tra i
prodotti della reazione (esperimenti unseeded di Fig. 9). In Figura 9 gli esperimenti condotti in assenza
di germi cristallini dei prodotti sono paragonati agli stessi esperimenti in cui il materiale di partenza è
costituito da una mistura di reagenti e germi cristallini dei prodotti (esperimenti seeded): la Figura
mette in risalto un aumento sistematico dell’overstepping delle curve di equilibrio nel caso degli
esperimenti ’unseeded’, derivante da difficoltà di nucleazione da parte dei prodotti delle reazioni.
Diffusione. Affinchè avvenga la crescita dei minerali metamorfici è necessario che gli elementi
e le sostanze che costituiscono il minerale giungano ai siti di reazione. La diffusione è il processo
mediante il quale atomi, molecole o ioni si muovono nei siti di reazione sotto l’influenza di un
gradiente di potenziale chimico. Nei solidi ciò avviene mediante il salto periodico degli atomi da un
sito all’altro di una struttura cristallina, questo movimento è ostacolato dagli atomi adiacenti e la
velocità è fortemente controllata dalla temperatura che fornisce agli atomi l’energia necessaria per
sormontare la barriera energetica. I salti sono casuali, ma in presenza di un gradiente di potenziale
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chimico, ci sarà la tendenza per alcuni atomi a diffondere in una direzione e si verificherà un
trasferimento di materia.
I catalizzatori delle reazioni di subsolidus
Nei paragrafi precedenti sono state esaminate le principali variabili che, insieme a pressione,
temperatura e composizione totale del sistema, governano la ricristallizzazione di una roccia
consentendo sia lo sviluppo di nuove associazioni mineralogiche stabili, sia il raggiungimento
dell’equilibrio chimico tra le fasi. La ricristallizzazione di subsolidus dei materiali geologici avviene
mediante reazioni chimiche che tendono a minimizzare l’energia libera ed il cui sviluppo è
determinato dal concorso di catalizzatori. Questi ultimi consentono sia l’abbassamento delle soglie di
energia di attivazione, e quindi dell’overstepping energetico necessario alla formazione di nuovi nuclei
cristallini, sia la diffusione degli ioni ai siti di reazione. Gli agenti che facilitano la diffusione sono
fondamentali per lo sviluppo di associazioni mineralogiche e di tessiture all’equilibrio. I fluidi e la
deformazione sono tra i più importanti catalizzatori delle reazioni nelle rocce.
Fluidi. I fluidi acquosi sono catalizzatori estremamente efficienti per le reazioni tra minerali e
per il trasporto di massa; essi influenzano inoltre il comportamento delle rocce durante la
deformazione. L’efficienza del fluido come catalizzatore è qualitativamente ben conosciuta ed è
talmente importante da aver portato alcuni studiosi a ipotizzare che sia la disponibilità di acqua,
piuttosto che la temperatura, il fattore più importante nel controllo di reazioni di grande importanza
quali quelle che determinano la trasformazione dei gabbri in eclogiti durante la subduzione (Ahrens e
Schubert, 1975). I fluidi sono generalmente incorporati nei minerali idrati e vengono liberati durante il
riscaldamento delle rocce per mezzo di reazioni di disidratazione. Questa evidenza ha portato a
pensare che la fase fluida sia presente nelle rocce per periodi di tempo limitati corrispondenti agli
eventi di devolatilizzazione dei minerali e di infiltrazione dei fluidi nelle rocce. I fluidi occupano
generalmente gli spazi intergranulari e sono distribuiti eterogeneamente nelle rocce. Le regioni
intergranulari possono essere: (i) anidre, (ii) idrate ma sottosature in acqua, (iii) sature in acqua. Al di
sotto di un certo rapporto critico acqua-roccia, le molecole di H2O vengono incorporate
strutturalmente nei reticoli cristallini disordinati che caratterizzano i bordi dei granuli. In queste
situazioni se i bordi dei granuli sono idrati (wet), ma sottosaturi in acqua, non c'è una fase fluida libera
ed il trasporto di materia avviene per diffusione ai bordi dei granuli (grain boundary diffusion).
L'acqua dissolta nei bordi dei granuli facilita la diffusione in queste regioni, forse sostituendo i legami
Si-O da parte di legami idrogeno più deboli e quindi riducendo efficacemente l'energia dello stato
attivato. Al di sopra del rapporto critico acqua-roccia a cui i bordi dei granuli sono saturati in H2O e
solo in questo caso il fluido acquoso viene a costituire una fase libera. Se la fase fluida costituisce un
film interganulare pressochè continuo, allora il trasporto di massa può avvenire per diffusione
all'interno del film fluido oppure per trasporto durante il movimento del fluido stesso (Fig. 10). Di
conseguenza il meccanismo di trasporto può cambiare da diffusione all'interno di un reticolo allo stato
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solido (processo di grain boundary diffusion) a diffusione attraverso una fase fluida (processo che
avviene lungo le interfacce dei granuli, interface diffusion).
Un esempio di come l'acqua può cambiare la velocità di rezione è documentato da uno studio
della trasfomazione di aragonite in calcite a secco e in condizioni di idratazione (wet) dei granuli (Fig.
11; Brown et al., 1962). In presenza di acqua l'energia di attivazione necessaria per far scattare la
reazione è circa la metà dell'energia necessaria in condizoni secche, e a T< 400_°C l'acqua innalza la
velocità di reazione di alcuni ordini di grandezza. A T > 500_°C la trasformazione in condizioni
secche diventa più veloce di quella a condizioni idrate, per cui gli esperimenti suggeriscono che
l'acqua non ha effetto sulla velocità di reazione a T > 500_°C.
In uno studio sulla cinetica della reazione solido-solido
albite = giadeite + quarzo
in presenza di fluido, Rubie (1986) ha calcolato i tempi di formazione di strutture retrograde ad albite
in assenza e in presenza di fluido. Le osservazioni microstrutturali eseguite su rocce della Zona SesiaLanzo (Alpi Occidentali), equilibrate in condizioni eclogitiche sviluppando giadeite e quarzo e
parzialmente ricristallizzate ad albite durante l'esumazione verso la superficie, indicano che la
destabilizzazione di giadeite + quarzo in albite è avvenuta in risposta ad infiltrazione locale di fluido
lungo sistemi di vene e lungo confini di grano. La reazione può avvenire per dissoluzione e diffusione
di silice nel fluido nelle regioni intergranulari. Figura 12 riporta il tempo verso lo spessore dei layers di
albite prodotti in funzione di processi di: (i) diffusione controllata dalle interfacce, la diffusione
avviene in condizioni di sovrassaturazione in H2O per movimento di silice attraverso una fase fluida
costituente un film intergranulare; (ii) diffusione lungo i grain boundaries, in assenza di fluido
condizioni secche (dry grain boundaries) ed in condizioni di saturazione in fluido (hydrated grain
boundaries). Le curve nello spazio del diagramma relativo ai processi controllati dalla diffusione sono
calcolate per differenti coefficienti di diffusione (max 4x10-8) e per differenti spessori dei bordi dei
granuli (max 100 µm). In situazioni di assenza di fluido, le reazione lungo grain boundaries secchi
porta alla formazione d un layer di albite di 1-10 µm dopo 40 Ma. Se la reazione è invece catalizzata
da un fluido, la formazione di layers di albite è molto piu' veloce. In presenza di un fluido libero
acquoso (e quindi di processi controllati dalla diffusione lungo le interface dei granuli) la formazione
di aggreati di albite da 100 µm a 1 cm può avvenire in un periodo di tempo tra 60 e 6000 anni (Fig.
12). Lo studio di Rubie indica perciò che le reazioni solido-solido possono anche non avvenire se la
cinetica non è innescata ed assistita da una fase fluida che, pur non partecipando alla reazione, facilita
la diffusione dei componenti.
La Fig. 13 riporta un caso di studio di eclogiti Liguri, che mostra come la formazione di
associazioni retrograde ad anfibolo, clinopirosseno e plagioclasio a spese di originaria onfacite
avvenga in corrispondenza dei siti microstrutturali ove sono presenti microinclusioni di fluido che
innescano la reazione retrograda di breakdown del pirosseno sodico eclogitico.
Deformazione. La deformazione è un'altro catalizzatore delle reazioni poichè la distorsione e
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la traslazione nello spazio dei reticoli cristallini facilitano enormemente la diffusione ed il
trasferimento di materia. I dominii deformati delle rocce sono quelli che più facilmente si avvicinano
alle condizioni di equilibrio termodinamico. La deformazione, così come tutti gli altri processi
naturali, si sviluppa in modo eterogeneo. E' infatti comune riconoscere nei materiali geologici
l'associazione spaziale di dominii deformati ed indeformati. Tale associazione è indicativa del fatto
che la deformazione sia preferenzialmente localizzata in zone (zone di taglio duttile) al cui interno si
verifica la rielaborazione tessiturale completa dei materiali terrestri. Al di fuori delle zone di taglio la
ricristallizzazione non è accompagnata da importanti fenomeni deformativi e la rielaborazione
tessiturale dei materiali è solo parziale. In Figura 1 la ricristallzzazione delle rocce granulitiche in
eclogiti avviene preferenzialmente lungo zone di taglo duttile (Austrheim, 1987). La formazione di
una zona di taglio duttile durante un processo di deformazione eterogenea è mostrata in Figura 14A,
dove i cerchi rappresentano le porzioni inattaccate dalla deformazione e le ellissi indicano la
distorsione che avviene all'interno della zona di taglio. Se la deformazione è accompagnata dalla
cristallizzazione di nuove associazioni mineralogiche, i dominii deformati e quelli indeformati
sviluppano tessiture completamente differenti. Nei domini indeformati la ricristallizzazione avviene in
assenza di deformazione, le tessiture precedenti vengono preservate, la diffusione avviene a scala
locale, le trasformazioni sono incomplete e i minerali si sviluppano mantenedo le eterogeneità
tessiturali e chimiche della roccia di partenza. Questi dominii sono caratterizzati dalla formazione di
tessiture coronitiche e di pseudomorfosi. Nei domini deformati la rielaborazione tessiturale è
pressochè completa e porta allo sviluppo di fabrics tettoniticie milonitici in cui i minerali si sviluppano
con composizioni chimiche omogenee indicative del raggiungimento di equilibrio a una scala
maggiore. La Figura 14B mostra una zona di taglio duttile eclogitica che deforma una roccia
granulitica: al di fuori della zona di taglio la granulite preserva le tessiture di partenza ed i granati
eclogitici si sviluppano in corone all'interfaccia tra siti mineralogici diversi della precedente granulite
(Fig. 14C). La Figura 14B mostra come la tessitura e la mineralogia granulitiche siano completamente
cancellate durante la ricristallizzazione eclogitica in presenza di deformazione.
Lo sviluppo eterogeneo della deformazione consente quindi la reservazione di dominii
inattaccati dalla deformazione che fornicscono importanti indicazioni sulla roccia di provenienza e sul
percorso di reazione seguito da un materiale terrestre durante un processo di ricristallizzazione.
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Bibliografia citata e letture consigliate
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