Storia e Costume La moda nell’antica Grecia Il dio Efesto, su richiesta di Teti, fabbricò prima uno scudo in ogni parte adorno e diviso in cinque fasce ove incise molti disegni a rilievo. Raffigurò la terra, il cielo, la luna e tutte le costellazioni, due fiorenti e ricche città, l’aratura, la mietitura e la vendemmia, la danza, la caccia e le greggi e, infine, il gran padre Oceano. “Aveva, il divino Odisseo, un mantello di porpora, morbido, doppio, con una fibbia d’oro a duplice scanalatura, e, sopra, un’incisione: un cane che tra le zampe anteriori teneva un cerbiatto maculato e lo guardava dibattersi; stupivano tutti come - pur incisi nell’oro – il cane cercasse di soffocare il cerbiatto e il cerbiatto tentasse di fuggire, agitando le zampe” (Omero, Odissea, XIX, vv. 225 e ss.). A Ulisse, così nel XXIV libro del poema che deriva dal suo nome, dopo la strage dei Proci, si presentava il vecchio padre Laerte: “Vestiva una tunica sporca, logora, indegna, portava legate alle gambe delle gambiere di cuoio per ripararsi dai graffi e guanti sulle mani per evitare le spine; in testa aveva un berretto di pelle di capra”. Dalle descrizioni sopra riportate appare chiaro che gli antichi Greci erano più raffinati artisti ed abili cesellatori di monili, di armi e di utensili che non stilisti di moda 1. Il vestiario, infatti, era molto semplice e costituito da pochi capi, spesso, in comune per i due sessi. I canoni estetici proponevano più la cura per il corpo che la ricercatezza nell’abbigliamento. Un uomo, per essere considerato bello, doveva possedere un fisico massiccio: spalle larghe, gambe muscolose e piedi grandi. Ciò è dimostrato non solo dalla ricca scultura di epoca arcaica, ma anche, e soprattutto, dall’importanza che si attribuiva alla palestra e all’esercizio fisico2. Le donne abitualmente indossavano un chitone (tunica) lungo fino ai piedi, coperto da un himàtion (mantello) che discendeva ampio in numerose pieghe. Le più giovani al posto dell’himàtion portavano il peplo, veste senza maniche che veniva fermata da fibbie sulla spalla e scendeva in pieghe sul petto. Anche gli uomini si coprivano con il chitone, la cui lunghezza dipendeva dall’età; inoltre si avvolgevano un mantello, detto pallio. Quando cavalcavano o viaggiavano portavano un corto mantello, clamide, che lasciava libero un braccio, e, sul capo, il pètaso. Gli uomini portavano i capelli corti; i giovani si radevano la barba, mentre gli anziani se la lasciavano crescere. Calzari e sandali venivano usati solo fuori casa. Le donne curavano molto l’acconciatura con bende - che servivano pure a sollevare il seno - e diademi. La pulizia del corpo avveniva con la lisciva di cenere e polvere di creta o farina di fave. Si usava pure il natron, soda naturale, che proveniva dall’Egitto. Il corpo, inoltre, veniva cosparso di oli profumati con essenze naturali. La depilazione era realizzata con il rasoio e la pietra pomice. Le donne usavano il psimythìon, fondotinta, ottenuto con piombo, aceto, miele o sostanze grasse, per essere facilmente spalmato. L’ombretto, trucco per gli occhi, era ottenuto dalla tintura di nerofumo o di antinomio; il rossetto veniva ricavato da foglie di fuco o dal minio. Le dee si detergevano con ambrosia e oli profumati. Donne e uomini non indossavano biancheria intima. 3 Tra gli accessori femminili, importantissimi erano il ventaglio e l’ombrello; quest’ultimo serviva a ripararsi più dal sole che dalla pioggia. La donna, per mantenere il suo fascino, doveva essere candida: “Elena, candide braccia”. Le vesti (il chitone e il peplo) solitamente erano di lino o di lana (il pallio e l’himàtion); il copricapo, invece, era di pelle di capra, di lana o di feltro. Le donne si coprivano la testa con un lembo del mantello. L’abbigliamento era impreziosito da ricami, colore (porpora) e gioielli, denotava sempre lo status sociale di chi l’indossava ed era tenuto in grande considerazione, tant’è che Priamo, andato da Achille a riscattare il corpo del figlio Ettore, gli dona pure la sua nobile veste. Michele Ciliberti 1 In proposito vedansi le metope ed i fregi degli antichi templi, nonché i bassorilievi ed il vasellame in genere. Famoso è il soprannome Platone, che signinifica largo di spalle, attribuito al filosofo Aristocle (del tutto sconosciuto con tale vero nome). I bronzi di Riace ed altre statue di atleti o di divinità e di eroi rappresentano molto bene questo ideale. 3 La vita quotidiana nell’Atene del V-IV secolo a.C. è mirabilmente presente nei recenti romanzi della scrittrice canadese Margaret Doody: Aristotele detective, Aristotele e il giavellotto fatale, Aristotele e la giustizia poetica, Aristotele e l’anello di bronzo, Aristotele e il mistero della vita, Aristotele e i veleni di Atene, tutti editi, in Italia, dalla Sellerio di Palermo. 2