la prostituzione in europa moderna

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La maggior parte delle società (anche quelle più antiche) hanno conosciuto e definito
la prostituzione con connotazioni di genere “ una donna che si offre, mettendo in
vendita il proprio corpo ad un uomo beneficiario di tale offerta in termini
esplicitamente connessi al piacere sessuale”.
In realtà i significati sociali ed epistemologici del termine prostituzione sono
molteplici:
-concedere se stessi all’altro in vista di un sicuro guadagno
-mercificazione di quello che in linea di principio non potrebbe essere ridotto a merce
-farsi comprare
La prostituzione è un fenomeno dinamico ed in continua mutazione:
- Sono cambiati gli scopi: i clienti spesso non cercano il rapporto sessuale ma
cure ed attenzioni affettive necessarie al sostegno identitario
(le “call girl” offrono una sorta di “illusione d’initmità”)
- Sono stati trovati nuovi canali di comunicazione: internet, smatphone, social
network, televisione via cavo
- Sono cambiati e moltiplicati i luoghi degli incontri: club privè, discoteche,
locali dedicati
CAP.1
LA PROSTITUZIONE FEMMINILE NELLA STORIA
Argomento di notevole vastità, a fronte del quale sussiste una bibliografia scarsa e
poco aggiornata.
Infatti gli studi fondamentali esistenti attualmente sono solo due:
- Il lavoro dell’inglese Fernando Henriques (1962-63)
- Il lavoro dello statunitense Vern L. Bullough (1964)
Entrambi gli autori ammettono l’impossibilità di fissare un origine certa per la
prostituzione, ma ritengono plausibile l’ipotesi di una sua genesi remotissima
Bullough constata un dato comune a tutte le società:
“ nelle società in cui si da molta importanza alla verginità femminile e si punisce
l’adultera è più facile assistere allo sviluppo della prostituzione legalizzata”
Le fonti documentarie ed archeologiche sicure si hanno a partire dal II millennio A.C.
IL MONDO ANTICO E LA PROSTITUZIONE
Nel mondo antico Bullough ravvisa la nascita e il consolidamento di quella che è
conosciuta come la “doppia morale”, più elastica per gli uomini e più restrittiva per le
donne: poiché a queste ultime sono preclusi margini di autonomia e di indipendenza
nella società, il loro destino consiste in sintesi nel diventare moglie o prostituta.
MESOPOTAMIA: la fonte storica più importante è il codice di Hammurabi (17041662 a.C.) nel quale Bullough rinviene le prime tracce di “doppia morale” in quanto
il diritto familiare era molto rigido ma fuori dall’ambito domestico
La donna
Si sposava, si prostituiva o
diventava concubina
l’uomo
ha molta libertà sessuale e può
ricorrere a concubine o schiave
esistevano due tipi di prostituzione:
- La prostituzione Sacra: erano sacerdotesse di divinità (il culto ancestrale della
Dea Madre era diffuso nel Medio oriente e nel Mediterraneo, prima di venire
affiancato e soppiantato da divinità maschili); erano rispettate e potevano
diventare oneste mogli e madri.
- La prostituzione Profana: considerate inferiori alle schiave, si riconoscevano
perché non portavano il velo e il copricapo previsto per le donne
EBREI: non esisteva la prostituzione sacra, ma comunque era considerata una
necessità e quindi riconosciuta e regolamentata dalla legge
CIVILTà EGIZIANA: le donne godevano di una posizione privilegiata e legalmente
il loro stato era pari a quello delle donne della Roma imperiale (questa posizione
forse era dovuta al matriarcato esistente nella società egiziana);
per quanto il matrimonio fosse monogamico , ma compensato dal concubinaggio per i
mariti nobili e facoltosi, la donna egiziana era più “emancipata” della donna
mesopotamica o anatolica;
le donne libere si prostituivano legalmente, alternando il mestiere a quello di
danzatrice; esistevano anche prostitute schiave (es: prigioniere di guerra) e prostitute
sacre
GRECIA: il mestiere era accettato moralmente, legalizzato e tassato dalla poleis
Esisteva anche la prostituzione sacra (il tempio di Afrodite a Corinto era meta di una
sorta di turismo sessuale);
è quindi in contrasto con la figura della donna-moglie greca “praticamente reclusa nel
gineceo” e con pochi diritti civili e istruzione.
Sparta: faceva eccezione: le donne della stirpe superiore potevano fare attività
sportiva in abiti succinti (a beneficio esclusivo della razza che in futuro avrebbero
forgiato) ed esercitare la poliandria, ossia la possibilità, se sposate a uomini sterili, di
scegliere, con il permesso di lui, amanti più virili. I maschi Spartiati potevano
possedere le donne degli Oloti (popolo da loro soggiogato in schiavitù).
La prostituzione legalizzata o commerciale era quindi ridotta al minimo.
Atene: città economicamente più evoluta, la prostituzione era fiorente ed esistevano 4
tipi di prostitute: da bordello; passeggiatrici; intrattenitrici (suonatrici di flauto,
acrobate); etère (prostitute “d’alto bordo” di buona educazione e cultura, esperte della
seduzione) privilegiate anche rispetto alle donne “per bene”.
ROMA: la donna romana è considerata inferiore all’uomo: subiva un matrimonio
combinato, aveva il compito di fare figli maschi per perpetuare la gens del marito,
essere fedele senza analogo obbligo da parte maschile; nonostante ciò non viveva
reclusa come quella greca tanto è vero che spesso poteva avere un ruolo importante
nella vita pubblica
La prostituzione è considerata un mestiere necessario, ma non esistevano le prostitute
sacre. La prostituzione serviva a proteggere il matrimonio. Non esisteva l’etère
perché non ce ne era il bisogno: le donne romane, rispetto alle greche, avevano più
possibilità di istruzione. Tre categorie: prostitue da bordello, passeggiatrici,
cortigiane.
LA PROSTITUZIONE IN ESTREMO ORIENTE
INDIA: la donna è considerata una creatura assolutamente inferiore all’uomo: o si
sposa (in età precoce) e accetta di essere fedele, sottomessa al marito (gesto del “sati”
ossia il suicidio sulla pira funebre del marito) o si prostituisce (anche per le vedove
che si erano rifiutate di immolarsi e allontanate dalla famiglia)
CINA: prostituzione riconosciuta e tassata; l’esercito prevedeva la presenza di un
contingente di prostitute al seguito delle truppe.
GIAPPONE: più pragmatici che spirituali; la donna è considerata servitrice assoluta
del maschio; la prostituzione è legalizzata: gli viene riconosciuta una importante
funzione pubblica, distogliendo gli uomini dalle mogli e dalle concubine altrui
Geisha: il termine significa “chi possiede abilità in qualche campo” ed era
inizialmente utilizzato per indicare i servitori maschi dei nobili (spadaccini,
cavallerizzi, cacciatori); successivamente utilizzato per indicare donne, intrattenitrici
abili nel suono, canto e danza che si riservava la scelta dell’uomo (generalmente uno
solo)
LA PROSTITUZIONE NELL’EUROPA CRISTIANA: TARDA ANTICHITà E
MEDIOEVO
Il mutamento più notevole si ha con la diffusione del cristianesimo
Cristianesimo: purezza sessuale: il sesso era la manifestazione della natura corrotta e
peccaminosa dell’uomo, e come tale era un male, ma veniva tollerato all’interno del
matrimonio se serviva per la procreazione
Per Sant’Agostino la prostituzione era un male necessario per evitare mali peggiori
quali l’adulterio
San Tommaso d’Aquino: la prostituzione è paragonabile alle fognature di un palazzo,
sgradevoli ma utili per evitare sporcizia maggiore.
Islam: il sesso è approvato anche se solo per il piacere purchè si tratti di sesso
coniugale; la prostituzione è un male necessario, utile a distogliere le mire degli
uomini dalle donne sposate. Le concubine potevano essere comprate purchè
appartenenti ai tre “popoli del libro” (musulmane, cristiane, ebree)
LA PROSTITUZIONE IN EUROPA MODERNA
1492: scoperta dell’America: fine del medioevo
Questa data rappresenta lo spartiacque anche nella storia della prostituzione perché i
rapporti sessuali fra marinai spagnoli e indigeni comportò l’arrivo in Europa della
sifilide. Avviene una vistosa battuta di arresto della prostituzione ma non da
fermarne del tutto il commercio. Rimedi alla sifilide con il mercurio (ma è velenoso)
oppure un’amante personale (ovviamente solo per i nobili). La prostituzione rifiorisce
soprattutto in Francia e Inghilterra (Parigi e Londra)
Settecento: secolo dei lumi: si sviluppa la letteratura erotica
LA PROSTITUZIONE NELL’OCCIDENTE CONTEMPORANEO (DAL 1800)
Francia (codice napoleonico) e Prussia inaugurano un nuovo metodo di gestione del
fenomeno: vietata prostituzione minorile, prostituzione legalizzata e registrata con
controlli sanitari, sanzioni penali per i lenoni
Regno Unito: anche prostituzione minorile; vuoto legislativo causato da moralismo
religioso della chiesa protestante che vietava agli scrittori di trattare il fenomeno,
cosicché l’opinione pubblica non comprendesse l’entità del fenomeno e le sue cause
economico-sociali: il fenomeno prende piede con l’industrializzazione e le difficili
condizioni di vita dei proletari
Stati Uniti: la prostituzione nasce nel XVIII; uguale al regno Unito con unica
differenza che nelle città si creano i “distretti a luci rosse” illegali ma favoriti dalle
autorità locali e dalla polizia.
CONCLUSIONI GENERALI SUL FENOMENO DELLA PROSTITUZIONE
FEMMINILE.
Teoria di Havelock Ellis: individuava una necessaria e ineludibile consequenzialità
fra restrizioni alla libertà sessuale dei giovani e sviluppo della prostituzione.
Henriques: sfortunatamente non si conosce la conclusione della sua opera. È più
prudente e individuava come cause l’arrivismo delle donne, la crisi della famiglia,
l’urbanizzazione selvaggia, materialismo
Bullough: lo sviluppo del meretricio è legato allì inferiorità morale e giuridica della
donna; assenza di opportunità lavorative; difficoltà di sposarsi o matrimonio
soffocante
CAP. 2
LA PROSTITUZIONE MASCHILE: UN PROFILO STORICO
La codificazione di rigidi ruoli di genere basati sul dimorfismo sessuale e sulla
contrapposizione tra uomo attivo e donna passiva crea la convinzione che la
prostituzione è una caratteristica esclusivamente femminile;
la prostituzione maschile è condannata perché sovverte le regole sociali e di genere:
attraverso l’affermazione sociale determinata dal prestigio, dal successo nel lavoro,
dalla detenzione di potere e ricchezza; quello femminile è invece più legato alla
dimensione esteriore, alla bellezza, alla sensualità, alla sfera dei sentimenti
la prostituzione maschile non è solo ostracizzata ma anche relegata nel sommerso.
Italia: nell’ottocento è meta di turismo sessuale di tanti stranieri; il viaggio educativo
finisce per essere l’iniziazione al sesso. Anche in questo caso la relazione si basa sul
rapporto diseguale tra i due soggetti coinvolti: status, età, censo, cultura, etnia.in italia
c’è particolare arretratezza economica (specie al meridione)
Prostituzione maschile= omossessualità= generalmente i clienti sono uomini
Gli omosessuali sono esclusi dalla società rispettabile: per loro la prostituzione
diviene una scelta obbligata per poter esprimere la loro identità di genere; una società
omofoba tende a favorire la prostituzione maschile
PROSTITUZIONE, TRAVESTITISMO E TRANSESSUALITà
È soprattutto nel mondo del travestitismo che la prostituzione finisce per essere una
scelta quasi obbligata: gli uomini che assumono le caratterisitiche del genere
femminile sono infatti condannati all’emarginazione e alla discriminazione, tanto da
essere spesso esclusi dal mondo del lavoro e quindi costretti a prostituirsi come
unico modo per sopravvivere.
In Italia, nel II dopoguerra accanto alla prostituzione maschile inizia a svilupparsi
quella delle giovani travestite (lontanissime dalle trans gonfiate e iperfemminilizzate
di oggi). Si tratta di ragazzi in abiti da uomo con piccoli tocchi di femminilità (piccoli
tacchi , un ombra di trucco sul viso, una parrucca da sfilare con velocità al primo
segnale di pericolo.
Con l’approvazione della legge n.75 del 20 febbraio 1958 (legge Merlin: decretava
chiusura case di tolleranza, abolizione regolamentazione della prostituzione,
introduzione dei reati di sfruttamento e favoreggiamento ecc….) la prostituzione di
giovani e travesti viene percepita dall’opinione pubblica come un fenomeno in
“allarmante” aumento. Secondo molti l’aver privato gli uomini di sfogare le loro
pulsioni erotiche nelle case chiuse ha comportato un aumento di atti osceni, violenze
carnali ecc… tant’è vero che il caso Feile, scultore tedesco a capo di una
organizzazione di ragazzi squillo genera un tale allarme sociale che il ministro
dell’interno ordina alla polizia di schedare, diffidare, rimpatriare i prostituti maschili
e transessuali.
CAP.3 LA PROSTITUZIONE NELLE SCIENZE SOCIALI: MODELLI E TEORIE
Prostituzione: deriva dal latino e significa “mettere pubblicamente in mostra”;
nell’età moderna significa “vendere servizi sessuali”
Daniela Danna nel definire i vantaggi e gli svantaggi prodotti a livello individuale e
sociale, individua 4 filoni euristici costruiti sulla base di due assi di lettura
(dimensione individuale o sociale, concezione negativa o positiva):
1) Prostituzione come danno sociale in relazione agli aspetti sanitari (malattie
veneree trasmissibili sessualmente)
2) Prostituzione come danno individuale (degradazione morale, perdita di dignità)
3) Prostituzione come una risorsa (una scelta individuale)
4) Prostituzione come un lavoro (sex working)
PROSTITUZIONE E PENSIERO SOCIOLOGICO “CLASSICO”
Fine ottocento-inizio novecento
CESARE LOMBROSO: nel saggio “ la donna delinquente. La prostituta e la donna
normale” (1893) sottolinea la sostanziale inferiorità psichica, fisica, ed etica rispetto
al genere maschile
Individua tre categorie di donne (delinquenti, normali e prostitute) distinguendole su
analisi bio-antropologiche. La prostituzione rappresenta la regressione più profonda
del genere femminile perché assolutamente priva del senso del pudore che è il
sentimento, secondo l’autore, che più contraddistingue le donne normali.
Gli studi lombrosiani si basano sul concetto di atavismo, ovvero quando lo sviluppo
di un individuo si arresta a uno stadio anteriore rispetto allo sviluppo della specie
umana.
La metodologia di ricerca di C. Lombroso fu criticata per:
- Non aver individuato un’anomalia comune in tutti i criminali nati mettendo in
discussione il concetto di atavismo
- Le sue ricerche furono modellate e manipolate per dare conferme ai suoi
assunti
GEORG SIMMEL
Scrive “Riflessioni sul fenomeno della prostituzione” (fine ottocento)
“Il ruolo del denaro nelle relazioni tra i sessi”
Non si limita solo a riprovare l’ipocrisia della condanna morale della prostituta da
parte dei “buoni borghesi che ne fanno uso” ma lega l’esistenza della prostituzione
all’esistenza del legame matrimoniale “poiché finchè esisterà il matrimonio, esisterà
anche la prostituzione”. Questa tesi si basa:
- sulla nota tendenza poligenica del sesso maschile
- sul rilevante fenomeno del crescente ritardo dell’inizio della vita familiare
rispetto al sopraggiungere della maturità sessuale (causato da esigenze
sociali es:allungamento dei tempi della formazione professionale e della
carriera).
La società ha così una doppia prospettiva di indirizzo:
- accettare la prestazione sessuale mercificata come un lavoro normale e
socialmente necessario;
- trasformare, in termini di ruolo, il periodo di infecondità della donna verso
attività intellettuali e professionali divergenti.
Queste due possibilità sono così attualizzate alla luce della relativa liberalizzazione
sessuale come pratica consolidata: infatti la produzione di merci e servizi concernenti
il sesso è divenuta un’impresa socialmente riconosciuta benché la prostituzione vera e
propria resti una professione ai margini della vita sociale.
La prostituzione nella sua natura odierna può essere qualificata come un prodotto
delle nostre condizioni sociali (occidentali) perché definita dannosa e deleteria e
come tale emarginata e giudicata immorale. Di conseguenza la degradazione insita
nella prostituzione riduce a puro mezzo la donna per ottenere vantaggi di tipo
materiale.
Simmel definisce la prostituzione come un’istituzione funzionalmente necessaria
perché soddisfa gli impulsi sessuali maschili (i maschi sono poligamici) che, non
trovando sfogo diversamente, rischierebbero di mettere in crisi altre istituzioni sociali
sane (matrimonio…ecc) nonché l’onore delle donne per bene.
Lo sfruttamento della prostituzione che colpisce non a caso le persone più deboli,
conduce a una svalutazione della persona sia da parte della stessa prostituta, sia da
parte della collettività (anche di coloro che ne usufruiscono)
LA SCUOLA DI CHICAGO
Con la scuola dell’ecologia sociale urbana, fondata negli anni venti da Albion W.
Small, prende avvio un modo alternativo di vedere e di studiare la devianza, ovvero
attraverso un metodo:
-ecologico, cioè il rapporto fra gli organismi e il loro ambiente. Metodo etnografico
ovvero l’osservazione diretta, la ricostruzione di storie individuali, lo studio di singoli
casi
-empatico, cioè non studiare il mondo dei devianti troppo dall’esterno, per evitare
facili giudici moralistici; e nemmeno troppo dall’interno, immergendosi totalmente in
esso, e perdendo quindi il senso della critica: giusto equilibrio tra l’esserne
completamente dentro o fuori dal fenomeno.
Essi ipotizzano che il comportamento deviante possa essere spiegato in relazione alle
zone urbane (contesto cittadino) in cui questo si presenta: l’espansione delle città ha
comportato il costituirsi di quartieri differenziati.
L’indagine etnografica sulla prostituzione è stata attuata da Paul Cressey nello studio
Taxi-Dance Hall (luoghi del vizio):
obiettivo della ricerca: studiare il variegato mondo delle sale da ballo a pagamento
dove le donne marginali e bisognose svolgono un ruolo al confine tra
prostitute e entreneuse ad uso di lavoratori di estrazione per lo più
sottoproletaria.
Metodo della ricerca: l’osservazione partecipante; il ricercatore si inserisce in
maniera diretta, per un periodo di tempo relativamente lungo in un gruppo
sociale ( quindi nel suo ambiente naturale e instaurando un rapporto di
interazione personale con i suoi membri), cercando di comprendere con un
processo di immedesimazione, le motivazioni. Viene approfondito il
contesto familiare, i processi di socializzazione al ruolo sessuale (relazioni
sessuali pregresse)
Risultati della ricerca: la prostituzione deve essere interpretata come il prodotto del
contesto sociale in cui questa ha luogo, il prodotto del cattivo funzionamento
dei sistemi di socializzazione primari (famiglia, scuola, ecc..), ovvero il
riflesso del processo di disgregazione sociale e di demoralizzazione scaturito
nelle città.
IL FUNZIONALISMO E LA LABELING THEORY
il funzionalismo si diffonde in ambito sociologico negli anni Quaranta grazie
all’opera di Comte e Spencer.
Il funzionalismo considera la società come un insieme di più parti che non devono
essere studiate singolarmente ma come parti del sistema sociale in relazione alle
funzioni che svolgono nell’assetto socioculturale.
Da qui nasce la definizione fornita da Durkheim di devianza come “un
comportamento che la maggioranza dei membri giudica come uno scostamento o una
violazione più o meno grave, rispetto alle norme o alle credenze considerate
legittime”.
Ne consegue che il crimine non è solo inevitabile ma anche funzionale perché
necessaria per definire i confini del lecito e dell’illecito. Le norme sociali, utili al fine
di regolare e controllare gli impulsi sessuali, sono viste come leggi in grado di
rendere possibile la convivenza sociale.
Secondo Cohen la prostituzione adempie a questa funzione in quanto valvola di
scarico che tutela l’istituzione della famiglia perché non implica un attaccamento
emotivo tra i soggetti.
Per i teorici dell’etichettamento (Labeling theory) il deviante è tale perché etichettato
come outsider in relazione all’applicazione di certe regole e delle sanzioni correlate
da parte degli etichettatori a danno dei trasgressori. La prostituzione è quindi diretta
conseguenza del sistema morale della società: una donna definita come prostituta
assume così uno status difficilmente cancellabile anche se cambia carriera.
Critiche: il criminale è presentato più come una vittima che un peccatore; il deviante
ha invece un ruolo più attivo in cui la sua identità e specificità non deve
essere ricondotta ad una categorizzazione.
IL MARXISMO
Il crimine è il risultato di una società capitalista che valorizza valori quali l’avidità,
l’interesse individuale e la posizione di classe.
La prostituzione è associata alla società capitalista: il numero eccessivo di ore di
lavoro, la trasformazione in merci di tutti i valori umani e sociali, la degradazione
della famiglia.
Prostituzione dell’operaio, perché vende il proprio lavoro manuale e/o intellettuale in
un meccanismo che non gli permette di poter usufruire a pieno di ciò che produce
Marx paragona il matrimonio alla proprietà privata: il matrimonio è istituzione del
capitalismo in quanto la donna, che alle origini era in comunione a tutti gli uomini,
diventa proprietà privata di un unico uomo che la considera come uno strumento di
guadagno, cioè uno strumento di produzione della prole.
Marx ritiene che gli strumenti di produzione debbano essere usati in comune e quindi
stessa sorte toccherà anche alle donne.
Secondo Engels il comunismo vuol sostituire la comunanza delle donne
ipocritamente mascherata con una comunanza ufficiale, palese, in quanto agli uomini
piace già sedurre le mogli degli altri. La questione sta invece nell’abolire la posizione
della donna come semplice strumento di produzione.
LA CRITICA FEMMINISTA
Duplice posizione in merito
- prostituzione intesa come forma di oppressione. La prostituta diviene un
oggetto a causa di varie forme di coercizione: fisiche, politiche, sociali,
economiche; la prostituta è “una persona che è fisicamente viva ma
socialmente morta” (Julia O’Connell Davidson).
- Prostituzione intesa come risorsa utile a tutti coloro che la esercitano;
Prostituta intesa come attore razionale libero (dalla seconda metà anni
settanta); la prostituzione diviene sex work, da riconoscere come un lavoro al
pari degli altri
CONCLUSIONI: il pensiero e le attribuzioni di significato alla prostituzione sono
mutate nel tempo: si passa dalla inferiorità femminile proposta da Lombroso alla
prostituzione come male necessario fino ad arrivare alla prostituzione come sex work.
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