CAP. 8 UOMINI PER DONNE: LA PROSTITUZIONE MASCHILE ETEROSSESSUALE La prostituzione maschile eterosessuale è oggi diventata una vera e propria professione; diversi sono i termini usati per desinire questa categoria di uomini: gigolò, accompagnatore, massaggiatore, escort, rent boy, hustler. È un fenomeno che gode di scarsa visibilità perchè: -i media mainstream (televisione, giornali, riviste ecc…) trattano generalmente la prostituzione tradizionale (donne verso gli uomini) - la letteratura esistente si è concentrata per lo più sulla prostituzione maschile omosessuale evidenziano i rischi che da essa derivano (malattie, uso di stupefacenti ecc..) La prostituzione maschile eterosessuale, che non sembra avere per nulla questi caratteri “pericolosi”, viene considerata un’esperienza quasi “normale”: l’uomo è il “furbo” che riesce a vivere grazie ai capricci e insoddisfazioni femminili. Questa tolleranza deriva dal fatto che la prostituzione maschile eterosessuale mantiene le aspettative che la società ha verso il rapporto tra i generi, in particolare per l’uomo che per essere adeguato deve dimostrare potenza e prestanza sessuale. La maschilità del gigolò condensa due caratteristiche tipiche che stanno investendo la figura maschile nella tarda o post modernità: il richiamo alla virilità e alla sessualità espresse da un fisico tonico, scolpito e muscoloso e la figura del “principe azzurro” con le sue attenzioni, la sua elenganza, dolcezza e complicità. Il giornalista Mark Simpson conia il termine di metrosexual: l’uomo che cura e valorizza il proprio corpo e che ama essere oggetto dello sguardo altrui, proprio come fanno le donne, ma che incarna lo stesso la maschilità e virilità tipica dell’ “uomo vero” (individua il prototipo del metrosexual il calciatore David Beckham). Tipo di prestazioni: i gigolò (termine francese utilizzato in origine per indicare i ballerini disposti a far danzare le signore non accompagnate) non vendono soltanto prestazioni sessuali, ma anche e soprattutto la propria compagnia, la propria capacità di ammaliare, conquistare, affascinare, esprimere dolcezza. Clientela: appartenenti o aspiranti a classi medio-alte o alte Luoghi di incontro: non ci si incontra per strada o in locali pubblici dove ciò sarebbe manifesto; utilizzano internet, con il quale mantengono il silenzio sociale. I gigolò si definiscono attori, perché devono sempre interpretare personaggi nuovi con le donne, interpretare ruoli diversi; esse sempre pronti a rispondere, dinamicamente, alle esigenze delle donne. Definiscono il loro stile di vita incompatibile con una famiglia, un lavoro parallelo e l’esperienza della genitorialità perché sono sempre in viaggio, disponibili h24, devo dedicare molto tempo alla cura del corpo, ecc… Altre tipologie di servizi offerti: -sexual trainer: insegnare alle donne a diventare delle compagnie fantastiche a letto; - perdere la verginità e prime esperienze (soprattutto per donne non più giovanissime per le quali la verginità diviene imbarazzante) - ingelosimento del partner DIFFERENZE TRA PROSTITUZIONE MASCHILE E FEMMINILE Entrambi vendono il proprio corpo e le proprie prestazioni sessuali in cambio di denaro tuttavia: 1) Differenze terminologiche: il maschio non viene definito “prostituto” o “puttano” ma gigolò o accompagnatore. Anche il termine escort è rifiutato dai maschi perché crea confusione con il mondo femminile, dove intende la prostituzione di un certo livello in contrapposizione con quella di strada. 2) Differenze nella costruzione dell’immagine e nella presentazione del sé: nei siti che promuovono la loro attività gli uomini sono tendenzialmente ben vestiti, mostrano il dorso muscoloso, sguardi accattivanti o dolci, raramente si mostrano nudi, per lo più in slip. Le donne invece quasi sempre nude o con perizomi quasi inesistenti e in posizioni erotiche accattivanti. Con le foto e le descrizioni per l’uomo non vi è un contatto diretto tra immagine e sesso, ma un contesto di eleganza e galanteria, dove il sesso non è il fine ma il centro della relazione; invece l’immagine dell’escort donna è tutta giocata sul suo aspetto fisico e sulla sua carica erotica, quindi totalmente corpo e sessualità. 3) Differenze del prodotto venduto: le donne il corpo e l’azione peccaminosa; gli uomini non esclusivamente il proprio corpo, ma un esperienza, un “servizio” che sembra quasi far del bene alle clienti, un’azione “buona”. 4) Differenze di ruolo col cliente: la prostituta è quasi sempre sottomessa, pronta a soddisfare le sue richieste e indicazioni; viceversa il gigolò è si oggetto della relazione di scambio ma è lui che tira le fila del gioco, che conduce la cliente verso l’indimenticabile esperienza. Pertanto la relazione tradizionale tra i generi che attribuisce all’uomo lo scettro del potere e che regola i rapporti sociali si riflette anche all’interno della relazione cliente-gigolò: è lui che apre la strada e la fa percorrere alla donna che ritorna così ad essere oggetto. 5) Meccanismi di sfruttamento: completamenti assenti nella prostituzione maschile eterosessuale; molto spesso presenti nella prostituzione femminile (protettore/protettrice) 6) I gigolò generalmente non subiscono violenze o maltrattamenti, al contrario delle prostitute o escort che molto spesso le subiscono (rapine, violenze, maltrattamenti, sevizie ecc…) LA DONNA CLIENTE fenomeno in crescita grazie al fatto che sono sempre di più le donne che sono entrate nel mercato del lavoro e si possono permettere di pagare il gigolò; è infatti un rapporto costoso, dai 100 ai 1000 euro e quindi discriminante in base alle condizioni economiche e lavorative della cliente, la clientela femminile è variegata: -donne che si sentono trascurate dal marito; - donne in carriera che investono tutte le loro energie nel lavoro non lasciando spazio a relazioni sentimentali; - donne che si rivolgono ai gigolò non esclusivamente per prestazioni sessuali ma per rispondere a bisogni di carattere sociale: chiedono di interpretare il ruolo del finto fidanzato, marito, fratello (cene in famiglia, di lavoro ecc..)quindi clienti prigioniere di pressioni e ruoli che la società loro impone. CAP. 9: IL SEX WORK MASCHILE (OMOSESSUALE): RAPPRESENTAZIONI, MONDI SOCIALI ED ANALISI Brevi accenni alla storia sociale della “prostituzione” maschile omosessuale La prostituzione maschile è un fenomeno sempre esistito e condannato, sin dalle società antiche. Una pratica quindi che viveva nel sommerso (molly houses cioè ritrovi clandestini per omosessuali all’interno dei più diffusi bordelli con donne), socialmente e giuridicamente condannata ma che vedeva comunque la partecipazione di uomini provenienti da tutte le classi sociali della società: esempio lo scandalo legato alla scoperta avvenuta nel 1889 di un bordello maschile nella Londra vittoriana di un bordello maschile, chiuso dalle autorità ma le cui indagini vennero ostacolate perché la lista dei clienti comprendeva nomi illustri. Nel primo XX secolo negli Stati Uniti nelle grandi città si insediarono le prime “comunità” gay, fatte di luoghi di incontro pubblici, semi-pubblici, di quartieri specifici, teatri, caffetterie, fatti per accogliere, proteggere e contribuire alla socializzazione degli omosessuali e alla creazione di una “cultura alternativa”. Quartieri, come Times Square, divennero territorio di due gruppi (in zone diverse) specifici di prostituzione omosessuale: il primo gruppo di “ben vestiti” e di “buone maniere” per una clientela di classe media (omosessuale); il secondo gruppo composto dai prostituti effeminati (non confondere con i travestiti) con clientela omosessuale e che si presentava come normale. Anche in Italia e in tutta la penisola la “prostituzione” maschile era presente. Sempre contrastata, tanto che il regime fascista, espressione della virilità del maschio, la condannava duramente anche senza ufficializzarla giuridicamente (condannava infatti per oltraggio al pudore) in modo tale da non doverne riconoscere l’esistenza. Gli anni del dopoguerra in Italia diventano l’età d’oro del sesso omosessuale con giovani che scambiavano prestazioni sessuali in cambio di denaro (i “marchettari” romani), fino ad arrivare ad interessare (come prostituti) i soggetti marginali, tossicodipendenti, immigrati meridionali, extracomunitari, maghrebini e uomini provenienti dai paesi dell’est. Rappresentazioni (e distorsioni) del sex work maschile (omosessuale) nell’analisi sociologica e sociologicamente rilevante Sin dalle prime analisi, anche quelle non prettamente sociologiche, la condotta omosessuale è stata sempre associata ad una predisposizione alle attività devianti e delinquenziali. Gli omosessuali erano considerati individui inadeguati alle convenzioni e alle norme sociali, interrotti nel loro sviluppo psicologico, vittime di genitorialità inadeguate e di famiglie in crisi a cause dei repentini mutamenti sociali in atto. La scuola di Chicago, per prima, studia la sessualità all’interno dei contesti sociali: individuarono zone della città dedite al sesso illegale, comunità nonché tipologie: immigrati, prostitute professioniste o occasionali, sfruttatori, travestiti e maniaci. Anderson e Cressey (scuola di Chicago) osservarono che i gruppi di giovani avevano dei luoghi di incontro specifici (le pratiche omosessuali erano assai comuni tra uomini e ragazzi nei vicoli, nei parchi e nei quartieri) e usavano un proprio gergo (argot); con l’opera “THE HOBO” sui senza fissa dimora (gli hobos), Anderson stigmatizza i comportamenti omosessuali come perversi: il giovane veniva rappresentato come possibile preda dei “pervertiti”, cioè dei vagabondi che sotto la pressione determinata dalla completa solitudine sessuale, hanno sostituito alla donna un ragazzo come oggetto dei propri desideri. E. W. Bruce, da studente, individua per primo un “mondo sociale di omosessuali” radicato nel Near North Side di Chicago, una vera e propria comunità di omosessuali che potevano esprimersi liberamente senza essere inibiti da un mondo ostile. Nelle teorizzazioni degli anni Cinquanta-Sessanta la “prostituzione” maschile (omosessuale) divenne un problema da prevenire e controllare perché coinvolgeva soprattutto giovani maschi eterosessuali. Scott sostiene che esistano due approcci principali, quello sociologico concentrato sulle subculture dei delinquenti [Reiss 1961] o degli omosessuali [Humphreys 1970] e quello clinico che patologizzava la prostituzione maschile (omosessuale). Secondo Reiss i “giovani delinquenti” sviluppano un sistema normativo che li isola dall’auto-percezione di sé come omosessuali: i ragazzi intervistati, i peers, non diventano omosessuali perché sfruttano il rapporto sessuale omosessuale (sempre e solo insertivo) per raggiungere finalità pecuniarie e mai per ricavare piacere o tenerezza; lo steso gruppo dei pari punisce coloro i quali non osservano questa regola: tale condotta rafforza e attesta la superiorità dei maschi eterossessuali I mondi sociali del sex work maschile omosessuale: una sintesi Sex work: qualsiasi attività che consista nell’offerta di servizi di tipo sessuale finalizzati principalmente alla remunerazione (finanziaria e non). Si distingue tra la forma diretta (organizzata in luoghi appositi) e quella indiretta (prostituzione come attività secondaria ad altra come massaggiatore, ballerino ecc…) Transactional sex: accordi di scambio di supporto materiale caratterizzati dal coinvolgimento relazionale, l’amicizia, la dimensione romantica, ecc.; Survival Sex: prostituzione come risposta a necessità contingenti (povertà, tossicodipendenti, ragazzi senza fissa dimora ecc…) Tipologia di prostituzione in base ai luoghi: - street hustling: prostituzione di strada; - indoor: prostituzione che a che fare con i servizi offerti in luoghi come bar e locali notturni; - escorting: prostituzione mediata da agenzie ed da altri canali organizzati (internet ecc..) Tipologia di prostituzione in base al grado di coinvolgimento: - Professional: colui che fa del sex work la propria fonte di rendimento; - Amateur: svolge l’attività di prostituzione in maniera sporadica per necessità di denaro o per piacere personale; - Runaway: è il giovane alla “deriva”, che per sopravvivere si ritrova a vendere il proprio corpo. Transazione tra cliente e sex worker Secondo Luckenbill avviene in sette fasi: - Adescamento del cliente e comunicazione della propria disponibilità - Valutazione del cliente e decodifica di ogni informazione potenzialmente pericolosa (es: evitare che si tratti di un poliziotto in borghese) - Decisioni riguardo lo scambio - Contrattatre prezzo e prestazione - Scegliere il luogo in cui eseguire la prestazione - Scambio vero e proprio della prestazione - Conclusione della transazione Luckenbill individua due percorsi principali che portano i giovani maschi alle attività di scambio in strada: a) le indicazioni fornite dal gruppo dei pari, con un “hustler” esperto che insegna al neofita le tecniche e le modalità di gestione dell’ansia durante le prestazioni; vengono imposte anche delle regole quali ( interazione basata esclusivamente sullo scambio di denaro, esclusivamente ruolo attivo ed insertivo nella prestazione sessuale; sono esclusi qualsiasi tipo di coinvolgimento emotivo ed affettivo) b) la scoperta fortuita e situazionale Michel Dorais definisce quattro tipi principali: - Outcast (i “reietti”): soggetti in condizioni di povertà (spesso i tossicodipendenti), che usano la prostituzione per sopravvivere - Part-Timers (gli “sporadici”): prostituzione occasionale per integrare il reddito, pagare l’affitto, pagarsi le rette universitarie; - Insiders: coloro che vivono la prostituzione come mondo primario per identificarsi e socializzare, spesso spinti dalle famiglie per sostenerne le economie; - Liberationists: soggetti omosessuali che attraverso la prostituzione esplorano le proprie fantasie e si sperimentano sviluppando spesso legami affettivi e relazionali. Nei paesi meta di turismo sessuale i rapporti tra i generi e la definizione identitaria definiscono la linea etno-sessuale del sex working: per l’ipotetico turista sessuale bianco e di classe media, pratiche sessuali di penetrazione ed eiaculazione sono rappresentativi di potere e di piacere (esclusivamente) maschili. Chi fa il maschio e chi fa la femmina? Il principio della dicotomia di genere si perpetra anche all’interno delle stratificazioni del sex work maschile omosessuale, il che contribuisce a stabilire forme gerarchiche (maschili) costruito sulla base del dominio del ruolo attivo (il maschio) su quello passivo/ricettivo (i femminilizzati): si riproduce la differenziazione basata su aspetti morali e di stigmatizzazione sociale tra ruolo insertivo e ruolo ricettivo; LA RICERCA SUL SEX WORK MASCHILE OMOSESSUALE IN ITALIA In Italia il numero delle ricerche ed analisi sul tema del sex working maschile (omosessuale) sono in misura assai inferiore rispetto alla produzione angloamericana; comunque recenti ricerche italiane hanno riscontrato: - gli extracomunitari hanno sostituito gli italiani nel mercato dell’offerta dei march ettari, specie maghrebini, rumeni, polacchi e albanesi; - i clienti sono gay che non si accettano socialmente e che non accettano il desiderio; - il “prostituto”, tranne i casi in cui i soggetti sperimentano la propria sessualità, si percepiscono generalmente come eterossessuali ed ostentano la propria maschilità esercitano esclusivamente pratiche sessuali insertive o assumendo comportamenti aggressivi e violenti nei confronti dei propri clienti, considerando quest’ultimi deboli e facilmente vittimizzabili; - solitamente i “prostituti” non sono soggetti allo sfruttamento, che invece è assai presente nei confronti delle prostitute minorenni straniere; si tratta di giovani appartenenti a classi sociali particolarmente disagiate, che si prostituiscono in termini volontari spesso indotti dal gruppo dei pari o dagli adulti conosciuti durante lavori di strada (lava vetri ecc…)