Intercultural Societies and Glo

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INTERCULTURAL SOCIETIES AND GLO-CAL CITIZENSHIPS
ALUISI TOSOLINI
Premessa
Le società contemporanee si caratterizzano sempre più per essere società multiculturali. Ovvero società che
al loro interno vedono convivere una pluralità di gruppi e persone con riferimenti culturali, valoriali,
religiosi, ecc diversi.
Spesso si ritiene che il processo che rende multiculturali le società contemporanee dipenda dai soli processi
migratori.
Credo che questo approccio sia radicalmente sbagliato. Le società contemporanee sono infatti strutturalmente
multiculturali perché inserite nei processi di globalizzazione che stanno rendendo l’umanità un’unica
comunità di destino. Le società contemporanee, sempre più figlie del paradigma informazionale (cfr Manuel
Castels), sono infatti società in rete e proprio i processi informazionali tipici delle reti (si pensi solo a
internet) rendono le nostre società strutturalmente multiculturali.
Multiculturalità: definizione del termine
Il primo dato da cui occorre partire, dunque, riguarda una necessaria chiarezza terminologica. Cosa diciamo
quando diciamo multiculturale?
In estrema sintesi questa la mia posizione:
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Nel tempo della globalizzazione non è corretto dire che è la dimensione multiculturale delle nostre
attuali società è conseguenza del processo migratorio quanto piuttosto dei processi di globalizzazione
Noi siamo quindi in una società multiculturale perché inseriti nei variegati processi di globalizzazione
che rideterminano il concetto stesso di migrazione e di flussi migratori.
Il tema centrale nelle società multiculturali, e nella società globale vista nel suo insieme, diventa allora
quello che gli studiosi definiscono con la dizione: “come trattare la differenza culturale”? Il che significa,
in altri termini: che progetto di società dobbiamo mettere in campo per gestire le nuove dinamiche?
La dimensione Glo-Cale: i processi di globalizzazione non eliminano, anzi, rafforzano, i processi di
radicamento locale. Ci troviamo così di fronte a società glo-cali all’interno delle quali dobbiamo porci la
domanda su come si possa (sempre che sia possibile) educare il nuovo cittadino glo-cale. Il cittadino
planetario. Dizione questa che risuona ad ogni passo in molti documenti nazionali ed internazionali. In
ambito formativo, ad esempio, si pensi alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del
dicembre 2006 su Competenze chiave per l’apprendimento permanente.
Una doppia sfida, in primo luogo educativa
La risposta alle due sfide (multiculturalità da globalizzazione e multiculturalità da processi migratori) ha
portato la scuola e la società ad elaborare e sperimentare la dimensione interculturale dell’educazione, che
lentamente è venuta ad identificare due diversi processi tra loro intrinsecamente connessi:
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l’accoglienza degli alunni stranieri
l’urgenza e la necessità di trasformare la scuola e la società al fine di renderla capace di formare
“cittadini glo-cali”, siano essi autoctoni o immigrati, per rispondere alle sfide della globalizzazione
I due processi hanno avuto diverse sottolineature, in particolare a motivo dell’emergenza costituita dai primi
ingressi di alunni stranieri nelle scuole.
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In Italia, con il superamento della fase dell’emergenza le scuole, soprattutto quelle del primo ciclo, hanno
iniziato a riflettere con maggiore profondità sul secondo processo interrogandosi, anche a partire dalle
seconde generazioni (ovvero dagli alunni nati in Italia da genitori stranieri e che nella società italiana vedono
il proprio orizzonte di vita futuro), sulla necessità di definire meglio i percorsi che, pur attivati a partire dagli
alunni stranieri, implicano una ridefinizione dell’insieme dell’educazione in vista della cittadinanza glo-cale.
Il doppio binario dell’educazione interculturale in Italia
Il caso italiano è molto interessante perché in Italia i temi della società multiculturale ed interculturale sono
molto recenti. Rispetto alle due prospettive appena delineate, in Italia, a partire dal 1990, si è visto agire una
sorta di doppio binario, che corrisponde alla necessità di porre contemporaneamente attenzione a due
dimensioni tra loro connesse: l’accoglienza e l’integrazione degli alunni non italiani e la necessità di
ridefinire tout court la scuola italiana come scuola interculturale entro un mutato contesto sociale definito dai
processi di globalizzazione che hanno come loro intrinseco portato la dimensione multiculturale.
Educare nelle società globali: la dimensione europea
Nel novembre del 2004 la Commissione Europea pubblica l’Handbook on integration for policy-makers and
practitioners sottolineando come “l’integrazione sia una responsabilità condivisa e implichi la
partecipazione di tutti gli attori. La partecipazione attiva degli immigrati, relativamente a diritti e doveri,
deve essere gradualmente adeguata a quella dei nativi. L’accesso alle istituzioni, ai servizi e il significato
della partecipazione creano le condizioni per l’esercizio della cittadinanza attiva da parte degli immigrati”.
Il Manuale dell’Unione Europea affronta tre ambiti specifici (le azioni positive per immigrati neo arrivati e
rifugiati; la cittadinanza attiva e l’eguaglianza sociale; la ricerca sugli indicatori, ovvero gli strumenti
necessari per valutare il grado ed il livello di “politica inclusiva” di una città e/o di un paese) e si pone
l’obiettivo di una integrazione intesa come pieno ed attivo accesso alla vita sociale da parte di tutti i cittadini.
Qualche mese prima, nel giugno 2004, l'Unità europea di Eurydice pubblicava il rapporto Integrating
Immigrant Children into Schools in Europe che permette di comparare i diversi sistemi scolastici dei paesi
europei in ordine al tema dell’educazione interculturale.
Il rapporto sostiene che in Europa gli obiettivi dell’approccio interculturale si riconducono a tre filoni
principali (Eurydice, 2004, pag. 59):
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l’aspetto dell’apprendimento della diversità culturale, che dovrebbe aiutare gli alunni a sviluppare i
valori di rispetto e di tolleranza;
l’aspetto internazionale che, attraverso lo studio delle problematiche economiche e sociali che
sottostanno alle relazioni internazionali (in particolare nord/sud), così come lo studio della storia del
fenomeno della migrazione e delle sue cause, fornisce la comprensione della diversità culturale odierna
nel suo contesto storico e sociale;
l’aspetto europeo, incentrato sulla comprensione delle caratteristiche culturali dei popoli europei, la
storia dell’integrazione europea e il ruolo svolto in Europa dal paese considerato, che permette agli
alunni di sviluppare un senso di identità europea.
Il rapporto di Eurydice sottolinea tuttavia anche il fatto che
“nella maggior parte dei paesi, l’approccio interculturale è inserito fra gli obiettivi generali dei
curricoli nazionali e/o in altri documenti ufficiali sull’istruzione. Solo in pochi paesi, e precisamente
in Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, questo approccio compare solamente in altre fonti ufficiali. Nei
curricoli dei paesi europei e in altri documenti ufficiali sull’istruzione obbligatoria, l’approccio
interculturale compare, in genere, sotto forma di competenze, di tematiche o di valori che dovrebbero
essere sviluppati su basi transcurricolari o, in altre parole, attraverso i differenti componenti del
curriculum, se questo lo permette. Infatti, circa la metà dei paesi considerati, ha individuato
determinate materie attraverso le quali l’approccio interculturale dovrebbe essere sviluppato”(pag.
61).
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Nel 2006 la citata raccomandazione del Parlamento Europeo sulle competenze chiavi per l’apprendimento
permanente chiarisce con precisione che una delle competenze fondamentali per il cittadino europeo (in
quanto cittadino glo-cale) è la competenza sociale e civica che comprende la competenza interculturale (vedi
scheda).
Lo snodo cruciale: integrazione VS interazione
Le parole chiave, oggetto di discussione, riflessione, confronto e scontro in molte società europee sono due:
integrazione ed interazione.
C’è molta differenza tra una scuola ed una società che punta alla sola integrazione ed una che invece punta
all’inter-azione.
Nel primo caso si ha il sagomare lo studente o il cittadino non autoctono affinchè sia capace di reggere /
sopportare la scuola e la società del paese in cui vive così come è, senza poter in nulla pensare di cambiarla.
Una assimilazione totale ed assoluta. Uno sradicamento. Una rinuncia alla propria identità ed al pro processo
di crescita e di mutamento connessi ad ogni identità.
Nel secondo caso la scuola e la società sono chiamate a cambiare loro stesso modo di pensarsi ed agire come
intellettuale sociale capace di lavorare alla formazione del cittadino glo-cale.
Per comodità utilizzo, nella riflessione, le parole di un documento elaborato dall’osservatorio del ministero
della pubblica istruzione italiano (ottobre 2007) sull’educazione interculturale.
L’integrazione
Il documento scrive che le azioni per l’integrazione sono le “strategie che vedono come destinatari diretti, o
comunque privilegiati, gli alunni di cittadinanza non italiana e le loro famiglie. Sono rivolte in modo
particolare a garantire agli studenti le risorse per il diritto allo studio, la parità nei percorsi di istruzione, la
partecipazione alla vita scolastica. Sono riconducibili a questa area le pratiche di accoglienza e di
inserimento nella scuola, l’apprendimento dell’italiano seconda lingua, la valorizzazione del plurilinguismo,
le relazione con le famiglie straniere e l’ orientamento.”
Si tratta cioè di azioni inclusive che hanno lo scopo di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla piena
realizzazione della cittadinanza attiva e critica da parte di tutti i soggetti che frequentano la scuola.
L’interazione
Le linee di intervento connesse con la dimensione dell’interazione, continua il documento, hanno invece “a
che fare con le gestione pedagogica e didattica dei cambiamenti in atto nella scuola e nella società, con i
processi di incontro, le sfide della coesione sociale, le condizioni dello scambio interculturale e le relazioni
tra uguali e differenti.”
Perché l’integrazione non è sufficiente? Verso valori comuni
Ma la sola dimensione dell’integrazione non è sufficiente. Si tratta, al contrario, di prendere sul serio la
dimensione della differenza, e di tutte le differenze, che deve portare alla relativizzazione delle culture senza
incorrere nel rischio opposto del relativismo assoluto che comporterebbe la chiusura in una sorte di prigione
culturale. È dunque necessario un percorso di interazione, di continuo scambio, confronto e dialogo che apra
a nuove prospettive e alla reciproca trasformazione.
Cruciale diventa così la dimensione dei conflitti. L’interazione tra differenze (a partire da quelle di genere)
non è un incontro irenico da leggersi nell’ottica di un ingenuo buonismo. Si tratta sia di incontri che di
scontri, di fatica, di conflitti, nell’educazione alla soluzione nonviolenta dei conflitti e alla cittadinanza
attiva, critica e democratica.
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Da ultimo, la logica dell’interazione unisce alla capacità di conoscere e apprezzare le differenze la ricerca
della coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dia
particolare attenzione a costruire la convergenza verso valori comuni. È delineato qui sia il compito
essenziale della scuola sia il percorso da compiere. Se infatti occorre convergere verso valori comuni, sarà
necessario che tutti, autoctoni e non, si mettano in cammino verso una società “altra” rispetto alla attuale, i
cui valori comuni siano frutto di negoziazione, co-costruzione, confronto e dialogo. In sostanza una società
che si trasforma e che cambia avviandosi verso una dimensione transculturale capace di tenere assieme
identità, differenze e valori comuni. La scuola deve così essere laboratorio vero di democrazia, di cultura e di
socialità. Il processo di sperimentazione delle indicazioni per il curricolo offre così un’occasione unica e da
non perdere: intrecciare il percorso di ricerca sui traguardi di competenza con la necessità di rileggere in
chiave interculturale tutti i momenti della vita di scuola: relazioni, didattica, stili educativi, saperi,
competenze.
Convergere verso valori comuni.
Da ultimo l’osservatorio sull’educazione interculturale del Minsitero della Pubblica Istruzione Italiano
precisa che “la via italiana all’intercultura unisce alla capacità di conoscere ed apprezzare le differenze la
ricerca della coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza adatta al pluralismo attuale, in cui si dia
particolare attenzione a costruire la convergenza verso valori comuni”. E’ delineato qui sia il compito
essenziale della scuola sia il percorso da compiere. Se infatti occorre convergere verso “valori comuni” sarà
necessario che tutti (italiani e non ) si mettano in cammino verso una società “altra” rispetto alla attuale. Una
società i cui valori comuni siano frutto di negoziazione, co-costruzione, confronto e dialogo. In sostanza una
società che si trasforma e che cambia avviandosi verso una dimensione transculturale capace di tenere
assieme identità, differenze e valori comuni.
Il concetto di convergere verso valori comuni esplicita bene il superamento della sola logica assimilatoria
proponendo la logica di un cammino in cui si costruisce una casa comune (e le regole della stessa) mediante
reciproca negoziazione e reciproco riconoscimento di “cittadinanza” entro la casa comune delle differenze.
Ovvero la “casa” dove le differenze coabitano ed interagiscono entro una “comune e condivisa” rete di
relazioni e regole.
La dimensione glo-cale ed il nuovo significato della cittadinanza
Ciò che risulta necessario ed urgente è dunque un mutamento di punto di vista, un approccio che renda
giustizia a quella che Michel Foucault considera, da una parte, la crescente istituzionalizzazione delle
tecnologie di disciplina e, dall’altra, la capacità delle pratiche sociali di ritagliarsi nuovi spazi in cui, secondo
Michel de Certeau, persino i consumatori, i veri subalterni della società globale, sono capaci di forme di
resistenza e di immaginazione creativa che permette loro di inventare il quotidiano grazie a pratiche e tattiche
di resistenza con cui eludere i vincoli dell’ordine sociale facendo un uso imprevedibile dei prodotti che
vengono imposti.
Non si tratta cioè di aderire ad un ingenuo universalismo assoluto e neppure ad un radicale provincialismo
localista, quanto piuttosto di iniziare a pensare, come suggerisce la filosofa Seyla Benhabib, secondo la
logica di un universalismo interattivo che implica la ricerca di nuovi tipi di etica comunicativa ed
intersoggettiva sul modello sviluppato da Jurgen Habermas.
In questo contesto la sfida dei sistemi formativi è quella di formare ad una nuova dimensione della
cittadinanza che possiamo definire glo-cale.
Sul versante interculturale, uno dei cardini della società globale, se da un lato le società contemporanee sono
interpellate dal processo di globalizzazione “ad allargare la loro prospettiva, (sino) a raggiungere il punto
di vista di una global governance”,dall’altro è necessario chiedersi se e come le società, attraversate dalla
pluralità di storie, culture, esperienze, valori, possano e debbano cambiare, superando il modello
integrazionista ed assimilatorio che chiede alle diversità di diventare cittadine di questa attuale società
piuttosto che di partecipare alla costruzione di una nuova società in cui tutti ed ognuno possano sentirsi a
casa. Il futuro delle società globali non può infatti essere costituito dalla progressiva omogeneizzazione alle
retoriche del mercato e della tecnica che dominano il ricco occidente. Non può ridursi alla
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occidentalizzazione del mondo ed alla conseguente irrilevanza delle altre culture, religioni, esperienze, al
genocidio delle differenze. E neppure ad un sincretismo che neghi ed appiattisca ogni differenza. Si tratta di
uno snodo allo stesso tempo paradossale ed enigmatico. E’ quello che Gerd Baumann definisce enigma
multiculturale la cui soluzione va ricercata non tanto nella moltiplicazione del concetto essenzialista di
cultura per un numero sempre maggiore di gruppi, quanto piuttosto nella ricerca di un concetto nuovo –
dialogico, plurale, processuale, discorsivo – di cultura e società. Soltanto su tali basi sarà possibile, secondo
la Baumann, sviluppare una ricerca sociale capace di cogliere e analizzare a fondo i processi di convergenza
transculturale che oggi caratterizzano la prassi sociale multiculturale che si attua nell’invenzione del
quotidiano urbano da parte di persone che si incontrano e che negoziano continuamente significati e vissuti.
Da questo punto di vista i sistemi educativi sono chiamati sempre più ad interrogarsi alla radice sia per
quanto concerne le proprie finalità ed i propri obiettivi che per quanto riguarda i metodi e le tecniche con cui
operano.
Educare il cittadino glo-cale significa infatti sia disporsi alla formazione di nuove menti che rimettere il
discussione il metodo con cui ciò viene fatto.
Introducendo il suo ultimo lavoro - Five minds for the future - Howard Gardner sottolinea come oggi sia
sempre più urgente un nuovo sistema di insegnamento/apprendimento. Il mondo del futuro ci chiederà di
utilizzare capacità che finora sono state solo opzionali. Per rispondere alle sfide ed alle richieste del futuro
occorre cioè cominciare sin da ora a coltivare nuove capacità, nuove menti:
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la mente disciplinata: la più classica, quella che accoglie i vari input che riceve nel tempo e poi li
indirizza e mette in pratica in un campo particolare, quello dove eccelle.
la mente sintetica, essenziale nell'epoca di Internet e delle reti: chi ha questo tipo di impostazione
raccoglie le informazioni, le seleziona e le sintetizza in maniera originale;
la mente creativa, che coltiva nuove idee e si pone domande insolite, arrivando a risposte inattese;
la mente rispettosa: il modo di pensare di chi accetta le differenze, si sforza di capire gli altri e di
collaborare;
la mente etica, che valuta i bisogni e i desideri della società globale, cercando di spingersi oltre gli
interessi personali.
Sul versante del “come”, del metodo e delle tecniche, è invece necessario che gli insegnanti e gli educatori
escano dalla retorica dell’”esperto” per assumere una nuova modalità di essere. Scrive de Certeau,
riecheggiando Wittgenstein: “non più la posizione dell’esperto che si presume colto fra i selvaggi, bensì
quella che consiste nell’essere estraneo in casa propria, un selvaggio in mezzo alla cultura ordinaria,
sperduto nella complessità di ciò che si dà comunemente per inteso e scontato….[…]. Un essere estranei
presso di sé ma senza un di fuori”. Uno stravolgimento radicale per chi, da insegnante, si è sempre pensato
colto tra i selvaggi e con una chiara missione da compiere: civilizzare gli incivili (i nuovi arrivati, i giovani, i
selvaggi).
Sfide per l’educazione nel tempo della complessità
La scuola, dunque, come laboratorio di democrazia in cui co-costruire il mondo assumendo responsabilità su
di esso e sul suo governo. Un luogo in cui apprendere a negoziare in maniera intersoggettiva la creazione di
una cultura della solidarietà e dei diritti per tutti, una società inclusiva invece che esclusiva ed escludente.
Si tratta cioè di inserirsi in una nuova dinamica sociale e culturale a partire dalla consapevolezza che
apprendere significa sempre “negoziare significati” e quindi co-costruire il mondo all’interno di una
comunità di pratica
La promozione e lo sviluppo di ogni persona deve stimolare in maniera vicendevole la promozione e lo
sviluppo delle altre persone: ognuno impara meglio nella relazione con gli altri. Non basta convivere nella
società, ma questa stessa società bisogna crearla continuamente insieme.
Il sistema educativo deve formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di
collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale. altri tempi
e di altri luoghi. (MPI 2007)
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Dobbiamo metterci in cammino per costruire una nuova cultura capace di essere fondamento di una nuova
cittadinanza, anche essa flessibile, mobile, in costante divenire. Preparandoci nel contempo ad abbandonare
parte di ciò che siamo stati. Si tratta di un processo di crescita.
Non trovo parole migliori per descrivere questo passaggio di quelle del filosofo americano Richard Rorty
che, sulla scorta di Dewey, scrive:
“i tentativi di costruire grandi opposizioni teoretiche fra gli spiriti o le essenze di culture diverse, o
grandi sintesi, sempre teoriche, di questi spiriti o essenze, siano operazioni di brevissimo respiro. Ho
l’impressione che la vera costruzione di un’utopia planetaria multiculturale sarà fatta da persone
che nel corso nei prossimi secoli – non molti – dipaneranno ogni cultura, come si dipana una
matassa, ricavandone una molteplicità di fili che poi tesseranno assieme ad altri, provenienti da
altre culture, promuovendo la varietà nell’unità caratteristica della razionalità. L’arazzo che, con un
po’ di fortuna, ne verrà fuori, sarà qualcosa che oggi non possiamo neppure immaginare, una
cultura che troverà le culture dell’America e dell’India contemporanee altrettanto meritevoli di
essere benevolmente dimenticate di quelle di Harappa o Cartagine” (Rortry R. Verità e progresso,
Milano, Feltrinelli 2003, pag. 189).
E, riflettendo sul femminismo e sulla differenza di genere, Rortry sostiene che il nuovo arazzo non può
svilupparsi a partire da un dato oggettivo e neutrale fissato una volta per tutte, quanto piuttosto dalla
disponibilità alla ricerca intersoggettiva. Non da una strategia che costruisce modelli che successivamente
sovrappone alla realtà pretendendo di ingabbiarla quanto piuttosto da una tattica che cura il processo, ed in
particolare la creazione di un nuovo linguaggio come pratica condivisa:
“sperimentare nuovi modi di parlare per accumulare la forza necessaria per uscire allo scoperto e
cambiare il mondo… facendo diventare il linguaggio creato una parte di quello parlato da tutti”
(Rortry, 2003, pag. 208).
E questo è compito della cultura e dei processi formativi: alfabetizzare e creare/insegnare nuovi linguaggi per
le nuove cittadinanze.
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO
Competenze Chiave Per L’apprendimento Permanente.
Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006.
Cosa sono?
“Dato che la globalizzazione continua a porre l'Unione europea di fronte a nuove sfide, ciascun cittadino
dovrà disporre di un'ampia gamma di competenze chiave per adattarsi in modo flessibile a un mondo in
rapido mutamento e caratterizzato da forte interconnessione.
L'istruzione nel suo duplice ruolo - sociale ed economico - è un elemento determinante per assicurare che i
cittadini europei acquisiscano le competenze chiave necessarie per adattarsi con flessibilità a siffatti
cambiamenti. In particolare, muovendo dalle diverse competenze individuali, occorre rispondere alle diverse
esigenze dei discenti assicurando la parità e l'accesso a quei gruppi che, a causa di svantaggi educativi
determinati da circostanze personali, sociali, culturali o economiche, hanno bisogno di un sostegno
particolare per realizzare le loro potenzialità educative. Esempi di tali gruppi includono le persone con scarse
competenze di base, in particolare con esigue capacità di scrittura, i giovani che abbandonano
prematuramente la scuola, i disoccupati di lunga durata e coloro che tornano al lavoro dopo un lungo periodo
di assenza, gli anziani, i migranti e le persone disabili.”
Quali sono?
1) comunicazione nella madrelingua;
2) comunicazione nelle lingue straniere;
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3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
4) competenza digitale;
5) imparare a imparare;
6) competenze sociali e civiche;
7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; e
8) consapevolezza ed espressione culturale.
Le competenze sociali e civiche
“Queste includono competenze personali, interpersonali e interculturali e riguardano tutte le forme di
comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e
lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più diversificate, come anche a risolvere i conflitti ove
ciò sia necessario. La competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno alla vita
civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopolitici e all’impegno a una partecipazione
attiva e democratica.”.
Conoscenze, abilità e attitudini essenziali legate a tale competenza:
“A. La competenza sociale è collegata al benessere personale e sociale che richiede la consapevolezza di ciò
che gli individui devono fare per conseguire una salute fisica e mentale ottimali, intese anche quali risorse
per se stessi, per la propria famiglia e per l'ambiente sociale immediato di appartenenza e la conoscenza del
modo in cui uno stile di vita sano vi può contribuire. Per un’efficace partecipazione sociale e interpersonale è
essenziale comprendere i codici di comportamento e le maniere generalmente accettati in diversi ambienti e
società (ad esempio sul lavoro). È altresì importante conoscere i concetti di base riguardanti gli individui, i
gruppi, le organizzazioni del lavoro, la parità e la non discriminazione tra i sessi, la società e la cultura. È
essenziale inoltre comprendere le dimensioni multiculturali e socioeconomiche delle società europee e il
modo in cui l’identità culturale nazionale interagisce con l’identità europea.
La base comune di questa competenza comprende la capacità di comunicare in modo costruttivo in ambienti
diversi, di mostrare tolleranza, di esprimere e di comprendere diversi punti di vista, di negoziare con la
capacità di creare fiducia e di essere in consonanza con gli altri. Le persone dovrebbero essere in grado di
venire a capo di stress e frustrazioni e di esprimere questi ultimi in modo costruttivo e dovrebbero anche
distinguere tra la sfera personale e quella professionale.
La competenza si basa sull'attitudine alla collaborazione, l'assertività e l'integrità. Le persone dovrebbero
provare interesse per lo sviluppo socioeconomico e la comunicazione interculturale, e dovrebbero apprezzare
la diversità e rispettare gli altri ed essere pronte a superare i pregiudizi e a cercare compromessi.”
“B. La competenza civica si basa sulla conoscenza dei concetti di democrazia, giustizia, uguaglianza,
cittadinanza e diritti civili, anche nella forma in cui essi sono formulati nella Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea e nelle dichiarazioni internazionali e nella forma in cui sono applicati da diverse
istituzioni a livello locale, regionale, nazionale, europeo e internazionale. Essa comprende la conoscenza
delle vicende contemporanee nonché dei principali eventi e tendenze nella storia nazionale, europea e
mondiale. Si dovrebbe inoltre sviluppare la consapevolezza degli obiettivi, dei valori e delle politiche dei
movimenti sociali e politici. È altresì essenziale la conoscenza dell'integrazione europea, nonché delle
strutture, dei principali obiettivi e dei valori dell'UE, come pure una consapevolezza delle diversità e delle
identità culturali in Europa.
Le abilità in materia di competenza civica riguardano la capacità di impegnarsi in modo efficace con gli altri
nella sfera pubblica nonché di mostrare solidarietà e interesse per risolvere i problemi che riguardano la
collettività locale e la comunità allargata. Ciò comporta una riflessione critica e creativa e la partecipazione
costruttiva alle attività della collettività o del vicinato, come anche la presa di decisioni a tutti i livelli, da
quello locale a quello nazionale ed europeo, in particolare mediante il voto.
Il pieno rispetto dei diritti umani, tra cui anche quello dell'uguaglianza quale base per la democrazia, la
consapevolezza e la comprensione delle differenze tra sistemi di valori di diversi gruppi religiosi o etnici
pongono le basi per un atteggiamento positivo. Ciò significa manifestare sia un senso di appartenenza al
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luogo in cui si vive, al proprio paese, all’UE e all’Europa in generale e al mondo, sia la disponibilità a
partecipare al processo decisionale democratico a tutti i livelli. Vi rientra anche il fatto di dimostrare senso di
responsabilità, nonché comprensione e rispetto per i valori condivisi, necessari ad assicurare la coesione
della comunità, come il rispetto dei principi democratici. La partecipazione costruttiva comporta anche
attività civili, il sostegno alla diversità sociale, alla coesione e allo sviluppo sostenibile e una disponibilità a
rispettare i valori e la sfera privata degli altri.”
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