Carta per l’integrazione partecipata a partire dalla scuola – Cremona e Polesine Parmense, 11 febbraio 2006 Carta dell’integrazione partecipata a partire dalla scuola Bozza A conclusione del seminario di studio “Dalla scuola alla società interculturale” (Cremona – Polesine Parmense 11 febbraio 2006) in cui si sono confrontati enti locali e scuole dell’autonomia in ordine a metodi, pratiche e percorsi di integrazione partecipata, riconosciuto che la società in cui viviamo è strutturalmente multiculturale, ovvero abitata da persone con differenti riferimenti culturali, stili di vita e dimensioni valoriali; e ciò anche a prescindere dai processi migratori in quanto la dimensione multiculturale delle nostra società è in primo luogo definita dai processi di globalizzazione e planetarizzazione la società multiculturale necessita di essere governata a partire da un progetto, da una visione d’insieme, da una condivisa scelta politica finalizzata alla piena cittadinanza di tutti gli abitanti mediante politiche attive di inclusione che favoriscano l’accesso ai diritti di cittadinanza politica, civile, sociale e simbolica l’educazione interculturale si è venuta sempre più definendo in questi anni non solo come la parte dell’educazione che affrontata il tema dei bambini e dei ragazzi immigrati e del loro inserimento scolastico (dimensione questa certo necessaria ma non sufficiente) ma anche e soprattutto piuttosto come la normalità dell’educazione nei tempi della società planetaria e globale la comunità locale ed i servizi sociali si caratterizzano per essere un ambiente di cambiamento e trasformazione della cultura e della società; al suo interno la scuola costituisce una risorsa indispensabile è necessaria una strategia di sistema capace di operare per lo stare-bene di tutti passando dalla logica riparatoria ed emergenziale alla logica di co-costruzione della realtà sociale con l’obiettivo comune di rendere effettiva ed accessibile una nuova dimensione della cittadinanza glocale che tocca sia gli autoctoni che gli immigrati e che richiede lo sforzo di formare nuove competenze e nuove dimensioni culturali che permettano ad ognuno ed a tutti di partecipare in maniera attiva alla costruzione di una nuova e plurale casa comune che renda possibile un reale accesso a tutte le dimensioni. individuano negli elementi seguenti alcune tra le azioni positive e le attenzioni che debbono prioritariamente caratterizzare l’azione della scuola e degli enti locali in ordine alla costruzione di una società interculturale: 1. elaborare ed utilizzare strumenti raffinati di monitoraggio della società multiculturale con particolarmente attenzione ai processi di integrazione attiva e partecipata. Strumenti capaci non solo di fotografare la realtà ma anche e soprattutto di individuare i punti di eccellenza ed i punti critici. A livello di metodologia si sottolinea la necessità di una metodologia partecipata che coinvolga tutti i soggetti delle rete sociale. 2. curare il protagonismo di tutti i soggetti nella scelta della metodologia di azione e di intervento con apertura di tavoli interculturali di progettazione sia a livello sociale che scolastico: sostenere la partecipazione delle comunità immigrate e l’associazionismo delle comunità immigrate; promuovere forme di rappresentanza delle comunità e dei singoli; favorire la dimensione interculturale delle associazioni esistenti sul territorio (sportive, sanitarie, socio-culturali, ecc) favorire la partecipazione agli organi collegiali, di rappresentanza e di gestione a livello scolastico (comitati mensa delle scuole, consigli di sezione, interclasse, classe e istituto) 3. elaborare un patto forte tra istituzioni per la definizione di un comune e condiviso modello di integrazione partecipata e di progettualità condivise curando sia l’apprendimento istituzionale ed Carta per l’integrazione partecipata a partire dalla scuola – Cremona e Polesine Parmense, 11 febbraio 2006 organizzativo (anche mediante una formazione integrata degli operatori dei servizi in chiave interculturale superando la logica dei servizi specifici dedicati) che una piena trasparenza nella destinazione dei fondi specifici. 4. superare una concezione autarchica dell’autonomia scolastica ponendo la scuola al reale servizio dei bisogno formativi e culturali delle comunità locali ed al territorio rendendo effettiva la costruzione partecipata e non formale del POF mediante la partecipazione alla sua elaborazione di tutte le componenti che interagiscono sul territorio; 5. evitare la localizzazione dei diritti rendendoli accessibili a tutti, indistintamente 6. prevenire la cristallizzazione di situazioni di segregazione sociale (scuole e quartieri ghetto) mediante interventi di rete tra enti locali, scuole del territorio, associazioni (protocollo unico di accesso, protocollo tra reti di scuole del territorio ed enti locali, …). 7. favorire la nascita di luoghi di aggregazione meticci che rendano possibile agli adolescenti ed ai giovani di misurarsi con l’identità e la differenza a partire da esperienze condivise a livello sportivo, culturale, artistico… 8. a livello scolastico operare con lungimiranza uscendo da una concezione di perenne emergenza prestando particolare attenzione: alle plurime dimensioni dell’accoglienza che si esplicitano in specifici percorsi (modulistica plurilingue, laboratori di italiano come L2, presenza di mediatori culturali,…) alla necessità di garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, inteso come diritto di cittadinanza, mediante una pluralità di percorsi didattici che pongano al centro dell’azione educativa i bisogni di ogni studende e studentessa alla realizzazione di percorsi e progetti che favoriscano l’interazione con le famiglie degli alunni non italiani rendendole soggetti attivi dei processi di formazione dei figli alla alfabetizzazione degli adulti con particolare attenzione alle fasce deboli delle comunità immigrate ai processi di orientamento degli studenti che si apprestano ad affrontare la scuola superiore elevando il tasso di successo formativo per tutti (in provincia di Parma il 50% degli alunni non italiani iscritti alla scuola superiore nell’anno scolastico 2003/4 sono stati “bocciati”) alla valorizzazione delle lingue e delle culture di appartenenza come momento di crescita condivisa alla necessità di ridefinire il “cosa” ed il “come” del processo di insegnamento/apprendimento mediante una lettura interculturale dei curriculum scolastici e la scelta di una pluralità di approcci metodologici che privilegino la dimensione laboratoriale, i saperi problematici, creativi e costruttivistici che vedono la differenza come una ricchezza ed una opportunità piuttosto che come un limite all’impegno a la scuola come luogo di convivenza democratica e plurale fondata sul riconoscimento di tutte le differenze, in primis di genere 9. curare la dimensione europea dell’educazione alla cittadinanza seguendo il monito di J. Delors che nell’ ”imparare a vivere insieme e nel muoversi alla scoperta dell’altro tendendo verso obiettivi comuni” individua una delle 4 finalità fondamentali dei processi formativi nella società della conoscenza. Se nella società contemporanea la conoscenza, i saperi e le culture sono valore e ricchezza, esse lo sono in quanto plurali, capaci cioè di tenere assieme identità e differenze. E proprio perché plurali esse costituiscono una risorsa ulteriore per la gestione dell’incertezza che caratterizza il nostro tempo 10. riconoscere l’ineludibilità del conflitto entro i processi di inter-azione interculturale. La democrazia si fonda sulla capacità di gestione nonviolenta dei conflitti: la scuola e le istituzioni che governano il territorio sono chiamati ad operare da un lato per ampliare gli spazi e le dimensioni della cittadinanza per tutti, dall’altro a formare alla soluzione non violenta dei conflitti