Anno I - Numero 3 - 05.04.2000
LO SGUARDO DI ORFEO DENTRO LO SCHERMO
Massimo Marino
Ha debuttato al Kismet di Bari, nell'ambito della rassegna "Fronte del Porto", Orpheus
glance il nuovo spettacolo di Motus
QUATTRO GIORNI A TAORMINA PER L'VIII EDIZIONE DEL PREMIO EUROPA
La prima mondiale di Lev Dodin e quella italiana di Peter Brook tra gli spettacoli in
programma dal 6 al 9 aprile
GERMANIA DI NUOVO ALL'ANNO ZERO
Antonella Chini
La pièce di Antonio Tarantino, al Teatro Grassi di Milano fino al 12 aprile con la regia di
Chérif entra negli anni della lotta armata
IL LAICO E DISPERATO DOLORE DI DUE MADRI
Approda a Roma per il Giubileo La Pietà di Cerami e Piovani. In scena al Quirino le voci di
Rita Cammarano e Ami Stewart
TESTORI-TIEZZI-LOMBARDI, UN TRINOMIO ORMAI INSCINDIBILE
Francesco Bernardini
Accolto con successo il progetto ETI-Magazzini al Teatro Valle di Roma
PRIMO PASSO VERSO
La rivista Art'o ha ospitato a Bologna un primo appuntamento europeo di riflessione
intorno all’utilizzo di Internet per la comunicazione dell’esperienza teatrale
QUADRI VIVENTI CON COSTUMI D'AUTORE
Daniela Delli Noci
Tre stage di lavoro alle vincitrici del Concerto per colori e pennelli Dell'Accademia di
Costume e Moda
MAGGIO FIORENTINO IN CERCA DI UN NUOVO LOOK
Quattro opere in programma e dodici concerti, mentre la danza fa solo capolino
FURORI DI QUORE
Francesco Bernardini
Prosegue il Lavoro in divenire di Raffaella Giordano
ATTI SCENICI DI CORPI IN MUTAZIONE
Opere scritte sul corpo a "Mutanti di fine Millennio", il festival del Teatro Polivalente
Occupato di Bologna, che dal 10 al 15 aprile ospiterà anche Marcel.lì e Ron Athey
LO SGUARDO DI ORFEO DENTRO LO SCHERMO
Massimo Marino
Ha debuttato al Kismet di Bari, nell'ambito della rassegna "Fronte del Porto", Orpheus glance il nuovo
spettacolo di Motus
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È imponente e leggera la struttura costruita da Motus per Orpheus glance, regia di Enrico Casagrande e
drammaturgia di Daniela Nicolò, l’ultimo approdo di una ricerca su Orfeo che dura ormai da tre anni. Ha
debuttato al Teatro Kismet di Bari all’interno di "Fronte del porto", una rassegna che ha messo a
confronto dal 30 marzo al 4 aprile cinque compagnie della nuova scena italiana (oltre ai Motus erano
presenti Marco Manchisi, Fanny & Alexander, Crest-Liberamente, Moretti-Papafava-Redi).
Due torri laterali, un ambiente centrale rientrante, stanze disposte su due piani, un salotto, una cucina,
una stanza da letto, un albero di Natale illuminato, un vano doccia, un telefono... Metallo, minimalismo e
barocco, rosso e nero, segni di vita animale. Specchi sul fondo. In primo piano un trenino deragliato e un
modellino di palazzo proveniente da "Italia in miniatura": Rimini, l’industria del divertimento. E il mistero.
Latrati di cani, mugolii di animali, colpi. E appare Orfeo: un cantore dalla voce roca, di quelle che fanno
venire i brividi, un punk dalle profonde sonorità blues e soul. Orfeo come Nick Cave. Canto incantatorio
che apre le porte di una discesa agli inferi che diventa tensione verso la donna e confronto con un re
dell’Ade abbigliato di nero, come un killer firmato Armani. Irruzioni dell’altro mondo. Un trapezista tatuato
precipitato dalle Elegie duinesi di Rilke a volteggiare in quel cielo di piombo, una pistola, un volo d’uccelli
notturni, una madonna colorata e decorata con fiori di plastica, icona kitsch. In quelle stanze
di tutti i giorni si consuma la vicenda
mitica con una incrinatura di dolore
che ci riguarda, spreco di poesia di
fronte alla morte, alla materia inerte,
insensibile. Una discesa dietro gli
schermi. Atti abitudinari e sconsolati,
sempre sul punto di esplodere, rifratti
in specchi che assorbono e
sdoppiano l’immagine creando fughe
verso presepi amorosi ambientati fra
ghiacciai da cartolina, un poster per
fondale, o verso teche di sepolcri
barocchi.
Lo sguardo dello spettatore diventa protagonista, come già nei lavori che precedevano questo
provvisorio punto di arrivo del percorso di una compagnia che ha nel nome stesso l’idea di un teatro in
movimento continuo. A Sarajevo, dove tutto è iniziato, si leggevano i Sonetti a Orfeo di Rilke in bosniaco,
ma si interpretava anche la voce della città sventrata dalla guerra, suoni e rumori in interferenza con l’
Orfeo di Monteverdi. Poi sono venuti allestimenti dove gli spettatori dovevano penetrare scegliendo le
visioni, entrando con gli occhi in scene che si svolgevano dietro specchi che all’improvviso gli
rimandavano la propria immagine di voyeur. Salotti borghesi che generavano inquietanti fantasmi.
In Orpheus glance la disposizione frontale non elimina la necessità dello spettatore di montare con la
propria visione l’evento, che rifiuta ogni narrazione e si offre come monumento continuamente cangiante,
rapito e moltiplicato dal fremito della transitorietà e dall’estasi della distanza. Orfeo nel teatro moderno è
l’anti-Amleto: il melodramma, l’opera totale che richiama cieli, inferi e l’affettività com-movente della
musica, contro il dramma umano, terreno, dialettico, che ha nello sviluppo la propria chiave. Orfeo vive
nella ripresentazione e nella variazione minuta di uno stesso mitologema, Amleto nell’interpretazione
sempre aperta delle ragioni di una crisi.
I Motus riescono a creare una liturgia non scontata in cui pulsa l’ossessione del tempo e della morte che
incombono sul trascorrere dei giorni. Pistole, crisantemi, corpi irraggiungibili, travestimenti con i panni
dell’amata, freddezza che si scioglie nel suono di uno strumento acustico, ore felici passate su una
spiaggia con l’innamorata rievocate attraverso la
proiezione di diapositive, scoppi di
violenza nel deserto di sentimenti. Mito
e banalità di tutti i giorni. Una nota
folle, una disperata, un riminese guizzo
felliniano. Identità dei personaggi
continuamente in bilico. L’ombra di
Rilke e quella di Jean Cocteau, del suo
film su Orfeo, di una surrealtà che
irrompe nel salotto borghese
dell’artista.
In questi paesaggi i personaggi sono in continuazione assorbiti dagli specchi, che moltiplicano, rivelano,
ingoiano, oscurano. E le situazioni si accendono in una giostra senza centro di sprechi di energia
implosa. Monteverdi si incrocia con una canzone da Querelle di Fassbinder, con ululati, rumori. Solo la
voce calda e la presenza carismatica del corpo di Orfeo riscalda questa glaciale girandola dove niente
rimane uguale a se stesso troppo a lungo, pronto a diffrangersi all’infinito, come le immagini dei
protagonisti nella scena del luna park nella Signora di Shangai di Orson Welles.
Lo sguardo che trova Euridice per un attimo per perderla per sempre è diventato molteplicità, possibilità
infinite, vertigine.
Alla fine resta solo il vento nella scena vuota di esseri umani, a smuovere i veli. Ma poi torna Dany
Greggio, il protagonista, una vera scoperta. Con uno scatto scatena gli applausi per questa performance
che richiede di attivare altre capacità percettive, di sentire, di proiettarsi dentro, dietro lo schermo. Oltre
lo specchio di fondo, nel quale ora siamo riflessi tutti noi spettatori, insieme al protagonista e ai suoi
compagni, ambigui, forti, fragili, bravi: Cristina Negrini, Tommaso Maltoni, Enrico Casagrande.
Dopo il debutto barese lo spettacolo Orpheus glance sarà in scena (il 7 aprile) al Teatro Verdi di
Martina Franca (TA); al Teatro Sanzio di Urbino (il 13 e 14); al Teatro Studio di Scandicci (FI) dal 27 al
29. Poi, al Kampnagel di Amburgo dal 3 al 6 maggio; al Koreja di Lecce (il 12); a Infinito Ltd
Performing Arts Festival di Torino (dal 16 al 18); al Teatro delle Saline di Cagliari (dal 23 al 26); al Crt
Teatro dell’Arte di Milano (dal 30 maggio al 3 giugno); al Teatro Quirino di Roma (15 e 16). Inoltre,
sempre a giugno, lo spettacolo parteciperà a Eurokaz di Zagabria e poi a luglio al Festival di
Santarcangelo.
QUATTRO GIORNI A TAORMINA PER L\'VIII EDIZIONE DEL PREMIO EUROPA
La prima mondiale di Lev Dodin e quella italiana di Peter Brook tra gli spettacoli in programma dal 6 al
9 aprile
Taormina (ME) - E' considerato tra i maggiori riconoscimenti europei il "Premio Europa per il teatro" che
per l'ottava volta raccoglie a Taormina alcuni tra i più grandi protagonisti della scena mondiale. La
manifestazione, organizzata dal Comitato Taormina Arte e sostenuta dall'Unione Europea in
collaborazione con altri organismi teatrali europei, si articola in diverse sezioni, andando a coprire
differenti realtà teatrali.
Dal 1986, anno di nascita del Premio, per la città siciliana sono passati da Ariane Mnouchkine a Peter
Brook, Giorgio Strehler, Heiner Müller, Robert Wilson e Luca Ronconi, fino a Pina Bausch, ai quali
quest'anno si aggiunge Lev Dodin. Al regista e direttore artistico del Maly Drama Teatr di San
Pietroburgo la giuria (presieduta da Erland Josplison) ha assegnato i 60.000 euro (circa 120.000 milioni
di lire) previsti per il vincitore.
Un'altra tranche del Premio, quella dedicata alle "Nuove realtà teatrali", che prevede l'assegnazione di
20.000 euro, quest'anno chiama a Taormina gli olandesi del Theatergroep Hollandia, il regista tedesco
Thomas Ostermeier e gli italiani della Societàs Raffaello Sanzio. Inoltre, un premio speciale sottolinea il
lavoro del Bitef di Belgrado (diretto da Jovan Cirilov), insieme alla menzione speciale che arriva per
Ibrahim Spahic (ex direttore artistico del Festival internazionale di Sarajevo).
Ma l'appuntamento di Taormina non si esaurisce con l'assegnazione dei prestigiosi premi. Al contrario,
esso diventa una vetrina di prelibatezze, che in quattro giorni presenta eventi da non perdere - avendone
la possibilità.
Dal 6 al 9 aprile, sono in programma sette spettacoli, conferenze, proiezioni e incontri con gli artisti. Il
consueto momento di approfondimento monografico con il premiato, prevede quest'anno, oltre agli
incontri dedicati alla figura e all'opera di Dodin (a cura di Franco Quadri), l'allestimento di due
messinscene. La casa di Fijodor Abramov (lavoro con il quale il regista siberiano ha conquistato i
palcoscenici europei) e Molly Sweeney dell'irlandese Brian Friel, che Dodin porterà in prima mondiale
proprio a Taormina, in chiusura della manifestazione.
Altro debutto italiano per il nuovo spettacolo di Peter Brook, tratto da Can Themba (coprodotto dal
Premio Europa per il Teatro Taormina Arte), nella sezione "Ritorni". In esclusiva italiana saranno, inoltre,
presentati due spettacoli del Theatergroep Hollandia, Voice da Pasolini e Ongebluste Kalk (sulla
ribellione al nazismo di Marinus van der Lubbe, nel 1933). La Raffaello Sanzio, invece, ripropone a
Taormina Amleto, la veemente esteriorità della morte di un mollusco (del 1991), mentre Ostermeier
(direttore trentenne della Schaubuhne di Berlino) ripresenterà la sua regia di Crave, scritto da Sarah
Kane, la giovane autrice inglese morta suicida lo scorso anno.
GERMANIA DI NUOVO ALL\'ANNO ZERO
Antonella Chini
La pièce di Antonio Tarantino, al Teatro Grassi di Milano fino al 12 aprile con la regia di Chérif entra
negli anni della lotta armata
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visionaria lucidità Antonio Tarantino, nel suo Materiali per una tragedia te
fino al 12 aprile al Teatro Grassi (ex Piccolo) di Milano con la regia di Ch
ai circa ottanta persona ggi del racconto. Per trasmettere, quel clima di m
internazionali e verità di stato, Tarantino sceglie i modi della farsa, del gr
degli eventi, e la comicità della loro rappresentazione; un balletto macab
di Brecht ma anche al nostro avanspettacolo. Un campione lucido di com
inseguendo i linguaggi della cronaca, ma deformandone il volto, a mostra
logiche di potere, per riflettere su certe pericolose devianze delle nostre d
gettare uno sguardo sarcastico e disincantato sulle intransigenze d'ogni
In una ambientazione ideata dallo scenografo Luigi Serafini (che ha curato anche i costumi), il sipario si
apre sull'immagine di un obitorio: garze in croce alle pareti e la carta geografica delle due Germanie, un
cadavere avvolto in un lenzuolo bianco e un medico legale, o meglio lo psicologo di stato Salewsky,
interpretato da un dosatissimo Gianfranco Mauri, ad illustrare i risultati dell'autopsia. Non sappiamo a chi
appartenga quel corpo senza vita, ma ben presto, dalle crude metafore del resoconto, scopriamo che si
tratta di uno dei componenti del gruppo Baader-Meinhof, i fondatori del movimento terroristico della RAF,
morti in circostanze misteriose nel carcere di Stammheim dove erano reclusi. Ma quel cadavere è, allo
stesso tempo, anche quello della Germania prima della caduta del muro, che nella durezza dello scontro
tra gli opposti schieramenti, tra la ferocia repressiva del potere e l'irriducibile radicalismo della lotta
armata rivoluzionaria, disegna la parabola discend ente di un modello politico colto al suo declino. Le
ultime perdite in un campo di battaglia che si chiama ideologia. L'autopsia è illuminante nella sua
macabra diagnosi: "Qui dentro c'è tutto il meglio che la fabbrica delle illusioni abbia prodotto in cent'anni
d'inganni... un cuore, che prima di cessare di amare per obbedire, deve pure aver creduto: presenta
infatti una lesione dalla parte della buona fede." E ancora "il lobo sinistro, sede dell'égalité, presenta
un'ammaccatura, il lobo destro, sede della fraternité, è praticamente distrutto, l'ipòfisi, sede dell'utopia, si
è come dissolta tra i resti sconvolti di una fraternité passata dall'illegalité alla clandestinité ...
Diagnosi?...Ideologia." Ascoltando queste battute viene in mente la lezione di anatomia del medico
protagonista del testo di Thomas Bernhard L'ignorante e il folle, ma il linguaggio di Antonio Tarantino è
ancor più radicato nella materia, nella cruda verità del corpo con i suoi umori e le sue miserie, con le sue
pulsioni e necessità. Un linguaggio aspro, asciutto, a volte severo, a volte lirico, a volte osceno, che
attinge dalla concretezza della realtà quotidiana, per poi trasfigurarsi in una lingua di personalissima ed
eversiva visionarietà. Esilarante nella sua paradossalità, la scena in cui Giovanni Crippa nei panni
dell'industriale Martin Schleyer, compare in mutande, nella prigione del popolo dove è segregato. Come
incurante della drammatica situazione, concentra la sua lamentazione in un lungo monologo
sull'indecorosità e la scomodità degli slip, o troppo stretti a comprimere e segare, o troppo larghi ad
attorcigliarsi attorno alle parti più sensibili dell'uomo, e quel ridicolo indumento diviene, man mano, la
metafora di una costrizione, di una coercizione inesorabile, come quella prigione dalla quale Schleyer
uscirà solo da morto. E che dire dell'irresistibile parodia del dialogo telefonico tra il cancelliere tedesco
Helmut Schmidt e il presidente somalo Siad Barre, sulla possibilità di far assaltare il Boeing in mano ai
terroristi palestinesi dalle teste di cuoio nell'aeroporto di Mogadiscio. Le battute comiche e le gags
surreali che Giuseppe Pambieri e Riccardo Bini si rilanciano senza sosta in scena, sono pagine degne
della nostra migliore rivista. Funambolici doppi sensi, irresistibili confronti di forza, minacce, corruzioni e
trattative, messi in scena come un teatrino di marionette, un grottesco e sgangherato balletto di potenti.
Perdono colpi la scrittura di Tarantino e l'allestimento del regista Cherif nei quadri dedicati ai terroristi, le
confessioni di fede del commando palestinese affacciato dagli oblò di un aereo sospeso nell'alto della
scena, o le insostenibili torture psicologiche raccontate dai membri del gruppo Baader Meinhof nel
carcere di massima sicurezza dove sono rinchiusi. Qui il dramma si carica di enfasi, e il lirismo si
stempera nella retorica. Qualche taglio alle circa quattro ore di rappresentazione e un'accelerazione del
ritmo gioverebbero all'efficacia di quest'imponente e vivacissimo affresco su questa buia e tragica pagina
della nostra recente storia europea.
IL LAICO E DISPERATO DOLORE DI DUE MADRI
Approda a Roma per il Giubileo La Pietà di Cerami e Piovani. In scena al Quirino le voci di Rita
Cammarano e Ami Stewart
Roma - Era andato in scena lo scorso anno, prima a Orvieto e poi a Betle
firmato da Vincenzo Cerami e Nicola Piovani. Inserita ora nelle programm
nel Festival di Pasqua, La pietà arriva al Teatro Quirino di Roma dall'11 a
sono di Cerami, mentre la musica è di Piovani) che si sviluppa attraverso
Gigi Proietti, nelle prime quattro repliche, e, nelle successive quattro, di M
femminili (Rita Cammarano e Ami Stewart) e orchestra (Aracoeli, diretta
rivisitazione della sequenza liturgica della Madonna davanti alla Croce, a
Iacopone da Todi.
Un soggetto religioso, quindi, che nelle intenzioni degli autori approda in
due madri - una bianca e una nera - piangono la morte dei propri figli, ug
segnata. Si crea così una sovrapposizione di due realtà territoriali e socia
in cui si muore di overdose e l'Africa della malnutrizione e della morte pe
insieme codici alti e popolari, vuole levarsi ad atto d'accusa contro un sis
consuma indifferente ed egoista anche le razioni degli "altri".
L'Orchestra, di venti elementi classici e jazz, accompagna nei sei movim
voce da soprano melodrammatico di Cammarano, fino farle scorrere unit
TESTORI-TIEZZI-LOMBARDI, UN TRINOMIO ORMAI INSCINDIBILE
Francesco Bernardini
Accolto con successo il progetto ETI-Magazzini al Teatro Valle di Roma
Tiezzi o Lombardi? Un po’ di gioco dialettico è magari concesso, visto ch
superstella dei palcoscenici, e Federico Tiezzi è l’allestitore di spettacoli
Giovanni Testori. Sono spettacoli di qualche tempo fa, ma reggono benis
qualcosa man mano che vengono riproposti, suscitando gradimento senz
come sono ormai su un trinomio supercollaudato. Se si parla del Testori
pensa a Lombardi. Se si pensa a quest’ultimo si ha l’immagine di un atto
parola testoriana, l’interprete che, se non ci fosse, bisognerebbe inventar
guanto alle succitate coordinate, avvolge il suo interprete prezioso con le
colore saturo, il salto mortale del kitsch che si riassorbe in gesto curato, l
coniugata senza troppo ferire con qualche tinteggi atura postmoderna ch
è allora gioco armonico, senza che il mattatore giunga a spadroneggiare
sovrapponga schemi suoi di prepotenza.
Il Valle di Roma ha presentato una sorta di pannello incatenato che ha b
un numero, Edipus, che nel ’94 si è meritato due premi Ubu; una serata c
Mater strangosciàs), per la prima volta in scena nel luglio del ’98; una pa
(in realtà cronologicamente anteriore ai Due lai nell’invenzione testoriana
’97.
Il tutto da vedere come
insieme ormai definitiv
Lombardi–Tiezzi. Suon
un’icona di sicura affid
erotico–metateatrali, a
immaginata di una pla
senza trucco, e la Cleo
fassbinderiano.
PRIMO PASSO VERSO
La rivista Art'o ha ospitato a Bologna un primo appuntamento europeo di riflessione intorno
all’utilizzo di Internet per la comunicazione dell’esperienza teatrale
Bologna - Sono stati sollecitati ad interrogarsi sul ruolo della critica teatrale in Italia e in Europa e sulle
modalità di trasmissione del sapere teatrale, oggi che la rete Internet sta frantumando nell’esistenza di
molti le barriere della comunicazione, gli intervenuti al convegno organizzato a Bologna dalla rivista Art'o
. In occasione dell’incontro, sostenuto da Bologna 2000 e dalla Comunità Europea, è stato lanciato
anche il progetto "La rete delle scene" che Art'o svilupperà in collaborazione con Theater der Zeit, Ubu e
Irish Theatre Magazine, tre riviste con sede rispettivamente a Berlino, Parigi e Dublino.
L’idea di Barbara Engelhard, Chantal Boiron, Maura O’Keeffe e Gianni Manzella è quella di creare una
pubblicazione telematica di respiro europeo. Un’esigenza progettuale che ha impostato subito i discorsi
dei partecipanti al convegno nei termini di una riflessione più generale sul senso del teatro, alla luce,
appunto, dei cambiamenti determinati dalle nuove tecnologie.
Davanti al "problema" della comunicazione dell’esperienza teatrale - che è stato il tema dell’incontro oggi, evidentemente, non si può prescindere da uno svolgimento che tenga conto delle potenzialità della
rete Internet, ma anche delle sue connotazioni precipue. Sottolineiamo "potenzialità", perché allo stato
attuale sono ancora scarse, in particolare in Italia, le risorse sul teatro a disposizione dei navigatori. Ma
qui il discorso si complica immediatamente: chi si arrogherà il diritto di "organizzare" l’informazione? Chi
deciderà se un’informazione è "degna" di entrare in uno spazio organizzato e, quindi, più visibile? Così,
allo stato attuale queste risorse atomizzate esprimono proprio l’utopia della rete, la sua democraticità. Il
problema della loro diffusione, è il problema centrale, in particolare ora che istituzioni e grandi poteri
economici si sono accorti della rete.
Il grosso merito che comunque va riconosciuto al direttore di Art'o, Gianni Manzella, è quello di aver
avviato una discussione intorno a questi temi, che auspichiamo possa al più presto toccare anche
l’economia di Internet. Per non morire soffocati tra le maglie di questa rete.
QUADRI VIVENTI CON COSTUMI D\'AUTORE
Daniela Delli Noci
Tre stage di lavoro alle vincitrici del Concerto per colori e pennelli Dell'Accademia di Costume e Moda
Roma - Sullo sfondo, un quadro famoso. Sul palco, la rappresentazione
che l'ha creata. Il lavoro messo in scena dal 30 marzo al 3 aprile nel picc
Costume e Moda - dal titolo Concerto per colori e pennelli - ha costituito
allievi uscenti dal corso di Costume e Moda.
I premi finali, consistenti in stage lavorativi offert
teatrali, sono stati assegnati da una giuria comp
giornalisti, ai tre "quadri viventi" più rappresenta
vincitrici, la coreana Jongye Baik - che con la su
vinto il primo premio - la greca Elina Magkafoss
rispettivamente al secondo e terzo posto con L'o
Schiele; gli stage potrebbero costituire - almeno
per entrare nel mondo del lavoro.
Ogni elemento utile alla messa in scena, dai cos
disegnato e realizzato dagli allievi, che sono sta
sono state curate da Anita Bucchi e Paola Catal
MAGGIO FIORENTINO IN CERCA DI UN NUOVO LOOK
Quattro opere in programma e dodici concerti, mentre la danza fa solo capolino
Firenze - Il Duemila porterà al "Maggio Musicale Fiorentino" un nuovo look, almeno nelle intenzioni degli
organizzatori e del suo nuovo sovrintendente Stefano Merlini. In questa 63a edizione si "oseranno"
accostamenti inediti - dicono ancora i responsabili del festival - nella tradizione del "Maggio", che dal 19
aprile al 29 giugno cercherà una "italianità" tra produzioni contemporanee e del passato. Molto alti
restano purtroppo i prezzi dei biglietti, in particolare delle opere, anche per gli ordini meno pregiati, che
innegabilmente limitano la fruizione di questo genere di spettacoli.
Comunque sia, l’inaugurazione, riservata alla direzione di Zubin Mehta, è con Traviata, spettacolo che
segna il debutto di Cristina Comencini alla regia d’opera. Dodici repliche al Teatro Comunale che si
alterneranno con Impressions d’Afrique (cinque recite dal 14 maggio al Teatro Goldoni), di Giorgio
Battistelli con la regia di Georges Lavaudant. Un lavoro commissionato dal "Maggio" e coprodotto con
l’Opéra du Rhin di Strasburgo, che riunisce la coppia Flattistelli-Lavaudant dopo Prova d’orchestra di
Fellini.
Nuovo allestimento per L’incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi, in occasione del
quattrocentenario della nascita dell’Opera, con la regia di Luca Ronconi, mentre sul podio salirà Ivor
Bolton (al Teatro della Pergola dal 21 maggio). Il programma delle quattro opere - tutte eseguite ed
interpretate dall’Orchestra e dal Coro del Maggio - si chiude al Teatro Comunale con un nuovo
allestimento di Evgenij Onegin di Cajkovskij, con la regia di Alexandr Schulin e la direzione di Semyon
Bychkov (per le prime quattro repliche) e di Kirill Petrenko (per le ultime tre).
A parte il Galà conclusivo del 29 giugno in Piazza della Signoria, la danza a questo 63° Maggio, sarà
presente con le coreografie di Paco Dècima su musiche di Franco Battiato. La nuova creazione dal titolo
Campi magnetici sarà in scena, al Teatro della Pergola per cinque serate dal 13 al 22 giugno.
Nel cartellone fiorentino (la direzione artistica è di Cesare Mazzonis) sono programmati inoltre dodici
concerti, tra i quali, quello del baritono Thomas Hampson (con musiche di Mahler, Berio, Webern e
Brahms) e del pianista Maurizio Pollini (che eseguirà Webem, Schuman e Brahms). Tra gli altri
appuntamenti del "Maggio", che da quest’anno torna ad affidare ad un artista la cura dell’immagine
(riapre la tradizione Piero Vignozzi, che produrrà un’opera ispirata allo stemma mediceo), anche
conferenze, incontri e proiezioni cinematografiche.
FURORI DI QUORE
Francesco Bernardini
Prosegue il Lavoro in divenire di Raffaella Giordano
Bologna - Da una costola della famosa Carolyn Carlson, coreografa e da
che però certo non ama gli Stati Uniti, nacque ormai molti anni fa l’Assoc
come si capisce alla danza, ruotante intorno a due figure cardine del pan
e Raffaella Giordano. Quella che, visti poi gli esiti coreografici (Rossi da
Giordano dall’altra – ma molto più inquieta di lui, sperimentatrice che risc
chiedersi, è grosso modo la seguente: ove si concentrava il punto gravita
esiste ancora, come una società un po’ svuotata, solo nominale)? Su Ro
alle tinte pastello, addirittura lezioso nelle sue prove soliste? Sulla Giorda
misura? L’ultimo episodio che li vide uniti in scena fu uno degli spettacoli
Novanta: Danze.
Sfondi rosa, celesti, un sussurrare poesie, un garbo mai
violato, un porgere il movimento che mai e poi mai scadeva
nell’affettazione o nelle piccolezze fini a se stesse. Pare che
da quell’anno, il ’94, non l’abbiano più replicato. Peccato. Nel
’95 si esibivano già ciascuno per proprio conto: Rossi con le
sue tonalità surreali, bamboleggianti, di teatrino minimo, di
piccolo cabaret ove era opportuna l’anestesia di qualsiasi
sofferenza; la Giordano, col suo Azzurro necessario, offriva
ancora un postespressionismo crepuscolare, camminando in
libertà vigilata su un tappeto di foglie colorate.
Poi la cesura, il dramma, lo squarcio che lascia interdetti. La Giordano si ripresenta in scena con Et
anima mea. Il garbo e la profondità scompaiono, nell’affastellarsi di una danza sempre più immeticciata
col teatro, che però non sembra capace di offrire un gesto risolutore, una qualsiasi stretta finale. Rossi
placidamente continuava con le sue nuvole, le sue piume, la sua realtà senza macula. Il dramma è ormai
tutto dalla parte della Giordano, influenzata, forse, da un geniaccio fai da te come Danio Manfredini
(recente premio Ubu come miglior attore – pienamente meritato) abituato al rimescolio di piani e alle tinte
forti. Si ripresenta in questi giorni (dopo l'anticipo romano a "Le vie dei festival", quando al titolo mancava
quel "Quore"), allora, la Giordano, con il suo ultimo Quore. Per un lavoro in divenire, che finalmente
sembra spianare la strada ad una sorta di grado zero. Niente scena, presentazione artatamente
spartana. Un tavolaccio, un disordine da depressione, storie di ordinaria nullità. Corpi di attori, che con
scarsa credibilità riuscirebbero ad essere danzatori al cento per cento, esibiti nella loro nudità. Niente
trama, o trama per accumulo. Tutto in divenire, appunto. Lei, Raffaella, che qualcuno ha definito come la
migliore danzatrice italiana, è in preda a furori che non hanno trovato ancora risoluzione, ma il suo
rotolarsi nel trash, nella miseria, suona quasi come l’inizio di una liberazione, di una rigenerazione
covata da anni.
Quore. Per un lavoro in divenire sarà in scena al Teatro Laboratorio San Leonardo di Bologna (il 5 e 6
aprile); al Teatro Franco Parenti di Milano (3 e 4 maggio) nell'ambito di "Teatri 90 Danza"; ex Stazione
Leopolda di Firenze (il 6 maggio) a "Fabbrica Europa 2000" e dal 12 al 14 giugno a "Infinito Ltd
Performing Arts Festival" di Torino.
ATTI SCENICI DI CORPI IN MUTAZIONE
Opere scritte sul corpo a "Mutanti di fine Millennio", il festival del Teatro Polivalente Occupato di
Bologna, che dal 10 al 15 aprile ospiterà anche Marcel.lì e Ron Athey
Bologna - Il problema dell’identità nel corpo in mutazione è al centro del
- il nuovo corpo in scena nel caos metropolitano", che il Teatro Polivalen
presenterà nei prossimi giorni. Si tratta di un progetto (sostenuto dalla Re
accoglie artisti e performer di diversi paesi, la cui ricerca teatrale si basa
corpo nell’atto scenico. Una ricerca che, utilizzando linguaggi diversificat
estremamente innovativi.
Al festival del TPO parteciperanno, da 10 al 15 aprile, artisti conosciuti in
hanno trovato scarsi spazi di comunicazione. E’ il caso del nuovo spettac
Afasia, che inaugura la rassegna (il 10 e l’11). Qui il fondatore del noto g
e tra i primi a studiare questi percorsi espressivi del corpo, indaga le pos
ipermediatiche dei linguaggi multimediali e le interfacce corporali. L’italia
scena, giorno 12, con Coppie d’amore. Ricerche e materiali sulla correla
familiari nel panorama dell’eros oggi, un lavoro articolato su body paintin
fotografia e cinema.
Un viaggio attraverso la preparazione di un delitto è Murder in wc, secon
13), opera che segna la terza tappa del percorso di ricerca del bolognese
duello tra attore e immagini.
"Mutanti di fine Millennio" prosegue il 13 aprile con La Winna. Ro‘RanGià
Poli(s)tyle, spettacolo dove spazio e tempo si annullano nel raccontare id
14 con Pinocho della compagnia milanese Estenombre; e con Sala Amle
spettacolare messa a punto da Otto (Marco Mercante). Il festival si chiud
presenterà Suicide/Tattoo Salvation, Sebastian/Zen Garden, Solar Anus.
l’artista di Los Angeles provoca un incontro tra culture, dove, attraverso u
offeso, avviene la riappropriazione di un’identità, scelta e non subita. Lo
compie con la sofferenza del corpo per giungere in fine alla catarsi.