Soluzioni a cura di Nedo Checcaglini e Sandra Evangelisti ESAME DI STATO 2014 Questionario PNI (sessione ordinaria) 1. Applicando il teorema dei seni al triangolo assegnato, si ha: 4 3 4 4 1 2 sen a = sen 30 = ⋅ = . sen a sen30 3 3 2 3 Ne segue: æ2ö a = arcsin (sin a) = arcsin çç ÷÷÷ 41,8103 4149 ' , çè 3 ø l’uso di una calcolatrice scientifica. con 2. Un poliedro regolare è un poliedro le cui facce sono poligoni regolari tutti congruenti tra loro. In ogni suo angoloide devono convergere almeno tre facce (poligoni regolari) e la somma di tutte le facce deve essere strettamente minore di un angolo giro. Poiché ciascun angolo di un esagono regolare misura 120° non può esistere un poliedro regolare a facce esagonali perché la somma delle facce concorrenti in un vertice sarebbe uguale a 360°. 3. Sappiamo che l’estrazione “senza reinserimento” equivale ad una estrazione “in blocco”. Si consideri allora l’evento Ri={la pallina estratta come i-esima è rossa }, per i=1,2,3, e sia P ( Ri ) la relativa probabilità e l’evento Ri ={la pallina estratta come i-esima non è rossa } e sia P ( Ri ) la relativa probabilità. Indicata con P ( R) la probabilità che esattamente una pallina sia rossa, per quanto richiesto nel caso a) si ottiene: ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) P ( R) = P ( R1 ) ⋅ P R2 ⋅ P R3 + P R1 ⋅ P ( R2 ) ⋅ P R3 + P R1 ⋅ P R2 ⋅ P ( R3 ) = P ( R) = æ 5 15 14 ö 5 15 14 15 5 14 15 14 15 35 35 ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ = 3 çç ⋅ ⋅ ÷÷÷ = 3 ⋅ = 46% . çè 20 19 18 ø 20 19 18 20 19 18 20 19 18 228 76 b) I casi favorevoli sono tanti quante le sequenze: RVG RVB RVG RGB (dove ciascuna consonante sta per il colore relativo della pallina), dove ciascuna sequenza si può ottenere in 3!=6 modi. Allora, indicata con P( D) la probabilità di estrarre, senza reinserimento, tre palline di colore diverso, si ha: 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 P( D) = ⋅ ⋅ ⋅ 3!+ ⋅ ⋅ ⋅ 3!+ ⋅ ⋅ ⋅ 3!+ ⋅ ⋅ ⋅ 3! = 20 19 18 20 19 18 20 19 18 20 19 18 æ5 5 5ö 25 25 = çç ⋅ ⋅ ÷÷÷ ⋅ 4 ⋅ 6 = ⋅ 24 = 44% çè 20 19 18 ø 1368 57 OPPURE, considerando i casi favorevoli e i casi possibili (definizione classica di probabilità), con il calcolo combinatorio si ha: caso a) æ15 ⋅ 14 ö÷ 5 ⋅ çç ÷ C5,1 ⋅ C15,2 èç 2! ø÷ 5 ⋅ 15 ⋅ 7 35 = = = P ( R) = 20 ⋅ 19 ⋅ 18 20 ⋅ 19 ⋅ 3 76 C20,3 3! caso b) æ C ⋅ C ⋅ C ö÷ 5⋅5⋅5 4⋅3⋅2 125 25 ⋅ = ⋅ 24 = P( D) = ççç 5,1 5,1 5,1 ÷÷ ⋅ C4,3 = ÷ 20 ⋅ 19 ⋅ 18 C20,3 3! 20 ⋅ 19 ⋅ 18 57 èç ø÷ 3! Soluzioni a cura di Nedo Checcaglini e Sandra Evangelisti 4. Il solido W può essere considerato come la somma di infiniti rettangoli di base f(x) ed altezza h(x) e 1 1 . x2 Il suo volume V ( x) , applicando il cosiddetto “metodo delle fette” si ottiene calcolando il seguente integrale: -1 é 1ù -1 -1 1 -1 1 æ -1 1 æ 1 ö 1 1 ö÷ x x ç x ç ÷ xú ê = V ( x) = ò S ( x) dx = ò e ⋅ 2 dx = -ò e ⋅ ç- 2 ÷ dx = -ò e d ç ÷ = - e ê ú -2 -2 -2 -2 èç x ÷ø èç x ÷ø x ë û -2 1 æ - ö 1 1 = -ççç e-1 - e 2 ÷÷÷ = - 0,24 ÷ èç ø e e quindi di area S ( x) = e x ⋅ 5. Le Geometrie non Euclidee nascono a livello assiomatico dalla negazione del quinto postulato; la sua negazione è legata ai concetti di unicità e di esistenza della retta parallela, quindi le possibili negazioni sono due, una che nega l’unicità della parallela e l’altra che nega la sua esistenza. Nascono così i primi modelli di geometria non euclidea quali per esempio la geometria iperbolica o la geometria ellittica, che devono essere accettate con lo stesso grado di “veridicità” o possibilità logiche che ha la geometria euclidea. In particolare Felix Klein (1849-1925) classificò le geometrie in tre classi fondamentali: Geometria euclidea: è la geometria delle superfici a curvatura nulla (Euclide); in essa vale l’esistenza e unicità della parallela; la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a un angolo piatto. Geometria ellittica (o sferica): è la geometria delle superfici a curvatura positiva (Riemann); in essa non esistono rette parallele; la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di un angolo piatto (triangolo riemanniano). Geometria iperbolica: è la geometria delle superfici a curvatura negativa (Lobačevskij,); per un punto esterno ad una retta vi sono più parallele; la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di un angolo piatto (triangolo iperbolico). Per fare un esempio consideriamo un triangolo disegnato su una superficie sferica (geometria di Riemann), vedi figura. Si prendano cioè due meridiani perpendicolari tra loro che chiameremo principali e si sezioni la sfera con un piano equidistante dai due poli, ottenendo così un terzo cerchio massimo, che chiamiamo equatore. Essi formeranno angoli di: 90° tra essi ed il polo; 90° tra il primo meridiano e l'equatore; 90° tra il secondo meridiano e l'equatore. Il triangolo ABC ha quindi per somma 270° e quindi non 180°, risultato impossibile nella geometria euclidea. 6. Se consideriamo la sezione del solido formato da un cilindro circolare retto inscritto in una sfera di raggio, otteniamo un cerchio con inscritto un rettangolo CDEA. Tenuto conto che OE = R = 3 (raggio della sfera) e osto EA = x (metà altezza del cilindro inscritto con 0 < x < 3 ), si ricava il raggio di base r del cilindro. Si ha: 2 2 OA = r = OE - EA = 3 - x2 e quindi il volume del cilindro stesso: Soluzioni a cura di Nedo Checcaglini e Sandra Evangelisti 2 ( ) V ( x) = p ⋅ OA ⋅ 2⋅EA = p ( 3 - x2 ) (2 x) = 2p x(3 - x ) = 2p (3 x - x ). Rendiamo massimo tale volume. 2 2 3 V ' ( x) = 2p (3 - 3 x2 ) V ' ( x) = 0 per x = 1 , dove la soluzione negativa non è accettabile). Ne segue: V ' ( x) > 0 per 0 < x < 1 e V ' ( x) < 0 per 1 < x < 3 V ' ( x) + - V ( x) x 1 Pertanto il massimo volume del cilindro inscritto in una sfera di raggio 3 si ha quando la sua 2 altezza è ED = 2 x = 2 e il suo raggio è OA = r = 3 - x = 2 . 7. Data una funzione f ( x) , per trovare gli eventuali punti di massimo e minimo relativo dobbiamo studiare il segno della sua derivata prima. In questo caso f ' ( x) = ln x - x + 2 (con x>0) e quindi f ' ( x) = ln x - x + 2 = 0 ln x = x - 2 e f ' ( x) = ln x - x + 2 > 0 per ln x > x - 2 . Studiamola graficamente, rappresentando i grafici delle funzioni: y = ln x e y = x - 2 (vedi figura). y = ln x Si ha: ln x > x - 2 per a < x < b , con a Î (0,1) e b > 2 . f '( x ) f ( x) x y = x-2 + a b Ne segue che si ha un minimo relativo per x = a Î (0,1) e quindi la risposta corretta è la (D). 8. Come ricorda il testo, Dante parla del gioco della “Zara” nella Divina Commedia ed esattamente nel Canto VI del Purgatorio. Un altro importante scritto in cui sono riportati studi probabilistici sui dadi è quello di Galileo Galilei: “Sulla scoperta dei dadi” intorno al 1630; un trattato che gli fu sollecitato da alcuni nobili toscani, accaniti giocatori, che volevano capire come mai nel gioco a tre dadi detto “Zara” uscissero di più (abbiano una frequenza maggiore, diremmo oggi) il 10 e l’11 rispetto al 9 o al 12 nonostante che entrambi i risultati si ottengano da un uguale numero di combinazioni. Galileo calcolò che esistono 27 modi per ottenere il 10 e l’11 da tre dadi contro i soli 25 per il 9 e il 12 (nel nostro caso il testo si riferisce solamente al confronto fra la probabilità di ottenere in un lancio la somma 9 con quella di ottenere la somma 10). Il 9 si ottiene con le sei combinazioni (1,2,6), (1,3,5), (1,4,4), (2,2,5), (2,3,4), (3,3,3), il 10 con le sei combinazioni (1,3,6), (1,4,5), (2,2,6), (2,3,5), (2,4,4), (3,3,4). Tuttavia, mentre una combinazione di tre numeri uguali può presentarsi in un solo modo, una con due numeri uguali può presentarsi in tre modi diversi, una con tre numeri diversi in sei modi diversi. Si può quindi ottenere il 10 in 27 modi (6+6+3+6+3+3), il 9 in 25 modi (6+6+3+3+6+1), e questi rappresentano i casi favorevoli. Poiché i risultati possibili nel lancio di un dado sono 6, nel lancio di tre dadi, i casi possibili sono 6 ´ 6 ´ 6 = 216 e quindi indicata con P(9) la probabilità di ottenere 9 in un lancio e con P(10) la probabilità di ottenere 10 in un lancio, si ha: 25 27 1 P (9) = 11,6% e P (10) = = = 12,5% e quindi è maggiore la probabilità di ottenere 10. 216 216 8 9. Ricordiamo intanto le seguenti definizioni: Soluzioni a cura di Nedo Checcaglini e Sandra Evangelisti “Due insiemi A e B si dicono equipotenti (o di ugual potenza) o equicardinali se fra i loro elementi si può stabilire una corrispondenza biunivoca”; diremo poi che due insiemi equipotenti hanno lo stesso numero cardinale o potenza. Chiameremo potenza del numerabile il numero cardinale (o cardinalità) di , che indichiamo con À0 (aleph-zero),e diremo numerabile un insieme equipotente a . Ricordiamo ancora che: “Un insieme è infinito quando e soltanto quando può essere messo in corrispondenza biunivoca con una sua parte” e quindi un insieme numerabile possiede sottoinsiemi propri numerabili, cioè parti proprie che hanno la potenza dell’intero insieme. Inoltre valgono i teoremi: TEOR.1 “Il prodotto cartesiano di due insiemi numerabili A e B, è numerabile”. TEOR.2 “L’unione di due, tre,.., e anche di una infinità di insiemi numerabili è un insieme numerabile”. Intanto per dimostrare che l’insieme ha la cardinalità del numerabile, basta stabilire la corrispondenza biunivoca riportata in tabella che formalmente è definita come: ìï n ïïse n è pari ï f (n) = ïí 2 ïï n + 1 se n è dispari ïï îï 2 a. b. Anche che l'insieme ℚ dei razionali è numerabile e fu dimostrato da Cantor nel 1874 utilizzando un procedimento, detto metodo diagonale che qui riportiamo (OPPURE: vedi quesito 4 esame pni 2012 sess. ordinaria) 0 0 1 1 2 -1 3 2 4 -2 5 3 6 -3 … … Limitiamoci inizialmente ai razionali positivi. Seguendo le frecce (procedimento diagonale di G. Cantor), possiamo costruire una corrispondenza biunivoca da ´ nel seguente modo: → ´ 0 → (0,0) 1 → (0,1) 2 → (1,0) 3 → (2,0) 4 → (1,1) 5 → (0,2) 6 → (0,3) 7 → (1,2) … → … E quindi, intanto, ´ è numerabile. Ma + (insieme dei razionali positivi) è in corrispondenza biunivoca con un sottoinsieme di ´ e precisamente con il sottoinsieme delle coppie (p, q) composte da numeri primi tra loro. Poiché ´ è numerabile e + è infinito, ne segue che + è numerabile. Ripetendo lo stesso ragionamento per - ed essendo = + È - È { 0 } , per il TEOR.2 anche è numerabile. Soluzioni a cura di Nedo Checcaglini e Sandra Evangelisti Sempre Cantor nel 1874 dimostrò, mediante il secondo metodo diagonale, che invece l’insieme dei numeri reali non è numerabile, cioè che non è possibile introdurre nell'insieme dei numeri reali un ordinamento discreto: l’insieme dei reali ha la cardinalità del continuo, che è maggiore di quella del numerabile (il continuo non può essere ridotto al discreto). La dimostrazione, per assurdo, si basa sul fatto che se fosse numerabile sarebbe numerabile qualunque suo sottoinsieme infinito. Sia allora A il sottoinsieme dei numeri reali compresi tra 0 e 1; cioè i numeri decimali con parte intera 0. Dimostriamo per assurdo che A non è numerabile. Se A fosse numerabile, esisterebbe una corrispondenza biunivoca tra ed A, cioè tutti gli elementi di A potrebbero essere contati: c. x1 = 0,( a11 )( a12 )( a13 )... x2 = 0,( a21 )( a22 )( a23 )... x3 = 0,( a31 )( a32 )( a33 )... .... = ..... xn = 0,( an1 )( an 2 )( an3 )... dove ( ai j ) è la j-esima cifra decimale dell'i-esimo reale di A. Per dimostrare che A non è numerabile ci basta fornire un numero y compreso tra 0 e 1 che sia diverso da tutti gli xi. Sia y = 0,(b1 )(b2 )(b3 )... un numero reale così costruito: la prima cifra decimale di y sia diversa dalla prima cifra decimale di x1, cioè b1 ¹ a11 ; la seconda cifra decimale di y sia diversa dalla seconda cifra decimale di x2: cioè b2 ¹ a22 ; e così via per ogni k: cioè bk ¹ akk . Si conclude allora che il numero reale y appartiene ad A, ma è diverso (perché almeno una cifra è diversa) da tutti gli elementi di A. Dunque A non è numerabile, e neppure lo è chelocontiene. La cardinalità di è detta cardinalità del continuo e poiché = I È e è numerabile, ne consegue che l'insieme I dei numeri irrazionali non è numerabile ed è il "responsabile" del salto di cardinalità. a + bx - 2 = 1 e quindi il limite possa essere finito, è necessario intanto che si x 0 giunga ad una forma indeterminata del tipo e questo si avrà per a = 4 . 0 Successivamente per togliere la “forma di indecisione”, razionalizziamo il numeratore. Si ottiene: æ 4 + bx - 2 öæ bx b b ÷÷çç 4 + bx + 2 ö÷÷ = lim 4 + bx - 4 lim çç = lim = lim = . ÷ ÷ ÷ ÷ x 0 ç x 0 x 0 x 0 ç x è øè 4 + bx + 2 ø x ( 4 + bx + 2 ) x ( 4 + bx + 2 ) 4 + bx + 2 4 10. Affinché lim x 0 Per il valore del limite assegnato si ha quindi b =1 b = 4 . 4