LA DEMOCRAZIA E IL GOVERNO PARLAMENTARE

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LA DEMOCRAZIA E IL GOVERNO PARLAMENTARE
H sistema è sotto processo e i capi di accusa che gli si fanno
non sono per certo lievi. Parlo del sistema di Governo rappresentativo. Dovunque esso venne impiantato senza riallacciarvisi, com?è
il caso segnatamente dei paesi di razza latina, colle tradizioni e
consuetudini politiche locali, esso manifesta dei sintomi di esaurimento e' di una decadenza più o meno evidente. H fenomeno più
tristamente notevole a cui 1' applicazione del sistema dà luogo è
che, con tutta la pretesa eh' esso ha di esprimere il consenso generale e di essere F interpetre più sicuro della sovranità del popolo, crea invece dei corpi politici,! quali non hanno in realtà un
vero affiatamento e una vera corrispondenza di intenti e di pensieri colla gran massa della nazione. Appena una rappresentanza
nazionale è uscita dalle urne, si direbbe che elettori ed eletti non
si riconoscono più, e il paese non si occupa quasi più dei suoi rappresentanti se non per deplorare le loro discordie, i loro pettegolezzi e le loro rivalità di partito, che hanno per risultato finale
la confusione di ogni criterio politico e l'impotenza legislativa.
. Ne la cosa potrebbe correre diversamente. Come avviene infatti
una elezione? Con quali criteri e con quali influenze un deputato
" viene eletto? Ognuno ne ha più o meno esperienza. Non è già un
"bisogno, un interesse ben preciso ed evidente, comune in modo
incontrovertibile a tutto un ordine di persone che anima gli elettori e che li spinge ad affidarne la difesa ad una* persona che
abbia la loro comune fiducia; no, è invece il più spesso il caso,
l'opinione del momento, l'intrigo e la corruzione che in siffatti casi
decidono. In un giorno all' uopo indetto, gli elettori di quelle arbitrarie ed artificiali delimitazioni territoriali che si chiamano collegi elettorali, si "riuniscono per deporre il loro voto. I vari candidati si sono fatti precedere da un programma elettorale, il quale
non è per solito che un riassunto più o meno felice dei luoghi comuni della politica corrente. Gli elettori fanno finta di battersi in
nome di questo programma; in realtà però sono altre le molle che
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li fanno agire. Ogni candidato è raccomandato da un programma
sottinteso che significa: ricompense agli amici, impieghi, onorificenze, favori di ogni sorta, strade, ferrovie, diminuzioni d' imposte, eòe. Chi ha più promesso e ha più probabilità di ottenere,
più facilmente riesce.
Cosa rappresenta questo deputato? Rappresenta la metà più uno
dei votanti, ai. quali egli ha poco o molto promesso, rappresenta
cioè la così detta maggioranza di un collegio, che è una entità
astratta, inetta assolutamente ad ispirare all' eletto una determi-.
nata linea di condotta che sia in armonia co' bisogni organici e
colle necessità concrete del paese. E pure quella maggioranza ha
decapitato la minoranza. P e r questa, la sconfitta ha avuto lo stesso
effetto di una legge che le avesse tolto il diritto di voto. E come
viene poi formata quella maggioranza che per poco o molto tempo
viene investita di un odioso dispotismo? Altro assurdo. Essa si compone degli elementi più fra loro diversi;,entrano a far parte di essa
borghesi, operai, contadini, diversi ordini di elettori aventi interessi, tendenze e bisogni disparatissimi; varietà infinite di individui
per dottrina, posizione sociale, educazione e qualità morali vengono
ad un tratto fuse insieme. L'eletto deve riflettere in se stesso e
nell'opera sua tutte queste varietà di tinte e di aspirazioni sociali.
Evidentemente, malgrado tutti gli sforzi che farà, non potrà riuscirvi.
Immaginate ora •— e qui l'immaginazione ha dovunque sott5 occhio il vero per riscontro — un Parlamento composto in maggioranza di deputati eletti in simil modo e potete facilmente prevedere quello che succederà. In luogo di un' arena nella quale si
discutano con abnegazione e con elevatezza di animo e di pensiero i grandi interessi del paese, avrete dinanzi a voi lo spettacolo di un conflitto permanente di intrighi e di basse influenze e
vedrete i Governi, oppressi da queste e da quelli, affaticarsi, giuocando di destrezza, fra correnti insidiose e piene di pericoli, per
mantenersi in piedi. Ed è naturale; essi si trovano di fronte ai
rappresentanti del popolo nella stessa condizione in cui questi
sono rispetto ai loro costituenti; il grand'affare degli uni e degli
altri è di accaparrarsi i voti di cui hanno bisogno/Questa è la
condizione della loro vita e s'intende che in tutto ciò il bene e
l'interesse del paese ci ha poco o nulla a fare.
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H.
-
Tutto questo deriva da un-grande errore e da un grande malinteso 3 dall' avere cioè preso in modo esclusivo ed assoluto
l'individuo per base fondamentale delle nostre politiche costituzioni. Durante tutto il medio evo e fino alla rivoluzione francese V individuo non aveva, può dirsi, da se solo, una vera personalità politica e sociale; esso scompariva nella casta e nella
corporazione a cui apparteneva, e non aveva diritti e privilegi
se non in quanto faceva parte di quelle. Ma scoppiata la gran
rivoluzione, i cardini di quell'antico ordinamento sociale ne andarono completamente disfatti. L'individuo comparve sull'arena
politica investito di una autorità e forza irresistibile; i resti della
vita collettiva che ancora esistevano vennero distrutti, e in luogo
di essi apparve la nazione composta di una agglomerazione di individui, tutti individualmente investiti di un' autorità^sovrana e
tutti formanti, insieme riuniti, la così detta sovranità del popolo.
La costituzione politica e sociale venne oltre ogni dire semplicizzata. Per avere il consenso del paese e far leggi, bastò riunire
tutti gli individui, raccogliere i loro voti e numerarli; il maggior
numero doveva avere la vittoria.
L'autore di questo nuovo principio di politico ordinamento fu,
lo si sa, Rousseau. È stato il filosofo ginevrino che fece tutto
convergere all'individuo come al centro dell'universo, che lo glorificò come un Dio, come un ente libero, felice, dotato di una ragione sicura, annegandolo, per così dire, in quella gran finzione
del consenso generale e fondando il diritto sociale su questa pura
astrazione: la sovranità del numero.
I rivoluzionari francesi dell'89 non ebbero altra.guida che questo principio di Rousseau nel loro compito di riordinare a nuovo
la società francese. Se non che, per essere semplice, questo principio della sovranità dell'individuo e dell'onnipotenza del numero,
era ben lungi dall'essere da tutti accettato. Esso, anzi, doveva risvegliare in tutti sospetti e diffidenze. Elevando l'individuo alla
apoteosi, era naturale che si svegliasse in esso la tendenza a farsi
ad ogni istante ribelle a qualsiasi autorità, compresa quella del
numero, fosse anche quella dell'assemblea piti numerosa e popolare.
Gli è per questo che si vedono i rivoluzionari francesi continuamente occupati nell'improba fatica di ritemprarsi nell'oceano sempre
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agitato delle volontà individuali. Se nonrche. queste volontà sono
incerte e mobilissime come l'aura che spira. Il voto di un'assemblea non basterà più; esso avrà bisogno di essere controllato da
quello dei clubs1 del popolo riunito in sezioni, come diceva Robespierre. Ad ogni istante una riunione improvvisa di individui messa
insieme a caso potrà occuparsi delle deliberazioni dell'assemblea
legale ed esautorar questa, criticando e condannando i suoi atti.
Perchè non ne avrebbe il diritto, dal momento che è principio fondamentale che l'individuo è tutto? Pochi giorni prima di inaugurare il terrore, Robespierre disse: << Il popolo è sempre buono e
<< i suoi delegati sempre soggetti a corruzione; è nella virtù e
« nella sovranità del popolo che si trova il preservativo contro
« il dispotismo, » enunziato questo che sancisce la ribellione in
permanenza e l'anarchia come lo stato anormale della società.
Conseguenza fra tutte le altre tristissima dell'applicazione dell'enunciata teoria del contratto sociale, è che l'individuo si trova
come affogato nel numero perdendovi ogni qualità sua caratteristica e anche coscienza di se stesso; per modo che dopo di essere stato, per virtù di uno specioso sofisma, elevato al grado
di sovrano, 1' individuo nel fatto ripiomba nel nulla. Le antiche
-monarchie assolute soffocavano l'individualismo, ma le teorie di
Rousseau giungono allo stesso scopo annientandolo sotto il dispotismo impersonale e impalpabile delle moltitudini.
, Il .vero è, che l'uomo come animale politico-non vuole essere
considerato isolato, ma nelle sue necessarie attinenze cogli altri
individui a lui affini e coi gruppi sociali che si compongono di individui avendo fra di loro naturali.e legittime affinità. E in queste
attinenze sociali degli individui che il voler politico di essi necessariamente si'modifica dando luogo a gradazioni diverse di competenze, di diritti e di aspettazioni. Non vi ha in politica una libertà
assoluta né un'eguaglianza assoluta. Stahl ha anzi dimostrato che
^l'esercizio della libertà conduce necessariamente all'ineguaglianza
delle condizioni. « L'eguaglianza completa — scrive il Prins nel
<< libro 1 che esaminai, — sopprimendo ogni differenza di classe, di
«fortuna, di educazione, di attitudine intellettuale, di forza di la« yoro ed anche di salute, è una impossibilità, una parola vuota
« di senso e in diritto una cosa' inutile. Si possono avere dei su« periori e godere dei propri diritti, e non si possono avere che
1
La democrazie et leregime parlementaire,par
ÀDOLPHE P R I N S , professeur
à rUniversité de Bruxelles. — Bruxelles, Librairie C. Muqnardt, ]8S4.
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- ;
« degli eguali rimanendo con essi sottoposti al giogo della forza.
« Due uomini dei quali ciascuno trascina dietro di se una palla
« di egual peso non sono per questo due uomini liberi. E ben
« ragionevole di preferire a due miserabili individui eguali nel
« loro nulla due altri esseri un po'meno eguali, ma dotati tutt'e
« due di una vitalità propria. Col disconoscere V organismo natu«' rale della società, i fini naturali della vita e le naturali condire zioni dell'ordine civile, Rousseau ha concepito la società come
« un informe ammasso di piccoli grani di arena, che sono gli in- d i v i d u i , e ha fatto di essi una grande unità astratta, senza
« gradazioni, senza divisioni, senza raggruppaménti parziali, in
« una parola un semplice totale di tutte le volontà particolari che
- « fuse insieme col contatto sociale si annientano per produrre la
« cosi detta volontà generale. Non v' ha nulla di più inorganico
<< di questo concetto del mondo sociale, »
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Malgrado però tutti gli sforzi fatti dalla scienza per dimostrarne
l'assurdità, il principio della sovranità assoluta dell'individuo e
dell'onnipotenza del numero; ha trionfato in più luoghi1 e tende a
prendere sempre più piede nell' ordinamento politico degli Stati
europei. L'Inghilterra stessa è in via di seguire gli altri paesi
sopra questa stessa strada. Il progetto di legge ora in discussionenel Parlamento inglese è un altro passo verso la generalizzazione
del suffragio politico/
E pure gli inconvenienti del sistema sono evidenti a tutti. Uno
di essi è l'instabilità delle amministrazioni; dipendendo queste
da maggioranze sorte da corpi elettorali animati da tendenze mutabilissime, esse hanno necessariamente l'instabilità di queste e
di quelle. H Prins nota che presentemente il mondo è popolato
di ex ministri condannati all' oblio prima ancora di morire, non
avendo saputo associare il loro nome a nessun notevole atto pubblico. La Erancia sola dal 1870 in poi ha avuto 23 ministri dell'interno. Ma v'ha l'inconveniente maggiore che le moltitudini essendo per natura svogliate, ne potendosi da esse ragionevolmente
aspettare che esercitino il loro diritto con coscienza ed intelligenza, ecco intervenire i mestatori politici, i quali ne accaparrano
i voti a favore di questo b di quel partito; Lo spirito del Governo
rappresentativo ne rimane quindi radicalmente falsato; esso s i r i duce a non essere più altro che Hma menzogna, uno strumento in
mano di pochi politici di mestiere altettanto inetti quanto audaci,
interessati a confiscare l'andamento della cosa pubblica a loro particolare vantaggio.
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ni.
. Non è egli possibile correggere le teorie-invalse, e dare al Governo rappresentativo una base più stabile e più sicura? Il Prins
crede che i pubblicisti moderni siano su una falsa strada ritenendo
che reiezione e la rappresentanza sono due nozioni identiche che
essi confondono a disegno. Essi sono tanto in questa persuasione che non riescono neanche a concepire l'una senza dell'altra
e non ammettono che un cittadino possa rappresentare altri suoi
concittadini, se non è da loro eletto. Il vero per altro, secondo il
citato pubblicista, è che in teoria queste due nozioni dell'elezione
e della rappresentanza sono assolutamente distinte. Così infatti
le concepirono i Comuni e, le Repubbliche del medio evo, presso
le quali la rappresentanza poteva aver luogo anche con pochissimi
elettori, e spesso anche i Magistrati venivano scelti a sorte! L'essenziale presso quelle Repubbliche era la rappresentanza. Noi teniamo invece oltremodo all'* elezione, senza riflettere che i mandatari eletti dalle nostre maggioranze su una questione di principio non rappresentano né la minoranza n é ' t u t t e le frazioni della
maggioranza. E anche per questa ragione il moderno sistema di
Governo rappresentativo si chiarisce incoerente e assurdo.
Ecco, com'erano intese l'elezione e le rappresentanze politiche nel medio evo. Non sarà fuori di proposito fermarsi un
momento sulle consuetudini politiche di quel tempo. Sono consuetudini durate parecchi secoli, e forse potremmo ancora trovare in
esse qualche cosa di buono da applicarsi alle esigenze del tempo
presente.
•
Gli nomini sono portati per istinto ad associarsi, ed è naturale,,
perchè la maggior parte di essi, soli, si sentono deboli; soltanto
raccolti in gruppi sentono di potere qualche cosa. L'isolamento è
proprio soltanto dei forti; in uno stato di società avanzatissima
l'individualismo sarà forse lo stato normale di vita degli uomini,
ma per ora non siamo ancora in questo caso e lo eravamo meno
nel medio evo. In quel tempo l'individuo escluso da un gruppo
sociale non aveva quasi legame alcuno colla società; era Voutcasty
il lawless del diritto inglese, il wildfang del diritto tedesco. Per
questo la struttura delle società medievali ha essenzialmente per
base il ragguppamento, la corporazione, che prende diversi nomi
nei diversi paesi.
500 . Nel X e X I secolo vediamo i proprietari liberi spinti da una
comunanza di pericoli, di occupazioni, di interessi e di vicinato
stringersi insième in alleanza e formare le così dette gilde borghesi o patrizie, che si confondono col Comune stesso. A Londra
si han la Gilda Mercatoria, a* Colonia la HichterzecJieit, a Parigi,
i Mercatores Aqaae, in Fiandra i Geschlechten. Di fronte ad esse
come anticamente la plebe di Roma di fronte ai patrizi, si vedono
associarsi in gruppi quelli che vivono del lavoro e formare i così
detti Corpi di mestieri. A Parigi, a Londra, a Gand, a Bruges,
a Bruxelles,; a Colonia, a Francoforte, .ad Augusta, i lavoratori
oppressi e disprezzati dalla borghesia si rendono forti nella corporazione. Nella stessa guisa che le gilde emanciparono la borghesia, i Corpi di mestieri emanciparono il popolo. Nel secolo X I V
questi sono dapertutto vittoriosi.
.* La democrazia medievale è tutta in questi Gorpi di,* mestieri.
Iij alcuni luoghi essi diventano talmente forti e preponderanti
che il far parte di essi diventa anche per il patrizio condizione
indispensabile dell'esercizio .dei diritti politici. Ciò ha, Jjzogo a Firenze, come a Gand e a Londra. Queste corporazioni di arti e
-mestieri sono altrettante* piccole società che costituiscono ognuna
un organismo dotato di una utilità propria. Esse si amministrano
da sé, hanno tribunali propri e una propria forza pubblica. I n
capo ad ogni corporazione stanno i capi, decani, consoli, giurati,
jprqudhommes, che sono eletti dai soci in comune, o dai padroni
soltanto, secondo i casi e i luoghi, e alla base la riunione di tutti
i soci: l'Assemblea della corporazione o della gilda* Ecco la cellula del, sistema rappresentativo. Notiamo però fin d'ora che elezione e rappresentanza non hanno in quelle corporazioni nessuna
analogìa con quelle due nozioni quali oggi le intendiamo. Nella
corporazione medievale, amministrazione, politica, giustizia sono
cose reali, concrete, per cosi dire tangibili ed evidenti a tutti;
quindi da un lato l'elezione non ha incessa l'importanza che ha
al tempo nostro, e dall'altro non sono possibili gli equivoci a cui
danno luogo i nostri programmi politici moderni, fondati, come
sono* il più spesso, su idee astratte e confuse di politica e di
amministrazione.
j.
Gli è dalla riunione di queste corporazioni che si forma il Comune medievale. — Esso è profondamente distinto dallo Stato
moderno, in quantochè quello si fonda sopra organismi compatti,
mentre lo Stato moderno ha la sua base sopra quelle unità sparse
e incoerenti che sono gli individui. Esisteva una naturale confe-
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derazione fra le. varie corporazioni che compónevano il Còrpo sociale, e quanto alla loro rappresentanza si possono riconoscere i
vari tipi dei Corpi costituiti a certi tratti tutti comuni: presso
tutti la rappresentanza si fonda non sopra le volontà individuali,
ma sulle volontà collettive, e si tratta sempre di assicurare la
manifestazione delle volontà collettive fondando il regime r a p - .
presentativo sul raggruppamento degli interessi. L'individuo come
tale nulla poteva; egli non era un'autorità politica se non come
membro di una corporazione.
*
Ho già notato che nel Comune medievale l'elezione aveva poco
peso, e molto invece la rappresentanza; e ciò era naturale perchè
tutti gli interessi erano di collettività, a rapprentare i quali era
pressoché indifferente che gli elettori fossero pochi o molti; talvolta anzi i magistrati, l'ho già detto più su, erano eletti a sorte,
come a Firenze nel 1323. L'essenziale era che la rappresentanza
fosse reale ed effettiva e che i corpi costituiti fossero legati ai
corpi rappresentati da vincoli forti e sentiti. Per tal modo la sovranità popolare non era una parola vuota < di senso, com'è oggi
nelle nostre società* democratiche, dove il popolo s'immagina di
essere sovrano deliberando sopra cose che non vede, non sente e
non capisce.
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"
Uguali fatti, uguali osservazioni in una cerchia più ampia di
quella del Comune, nella cerchia dello Stato. Non già gli individui,
ma le corporazioni, gli interessi collettivi sono rappresentati nel
Parlamento inglese, negli Stati generali di Erancia, nei Landstànde
tedeschi e nelle Cortes spagnuole. Come in Inghilterra, così anche
in Germania, in Francia e in Spagna l'autorità deve contare con
assemblee o riunioni di diversi ordini di persone, rappresentanti
di- diverse classi sociali, i quali hanno diritto di passare a sindacato l'opera del potere centrale. Se non che per i rappresentanti
delle varie classi sociali nelle assemblee centrali, come per i rappresentanti delle corporazioni entro la cerchia del Comune, l'elezione ha poca importanza. Il diritto elettorale infatti non era
precisato con nessuna regola, fissa. Stubbs * suppone che in I n :
ghilterra, nei primordi del Governo rappresentativo, i mandatari
delle città* si recavano alla Corte della contea e indicavano allo
Sceriffo i nomi dei borghesi che erano stati eletti rappresentanti
dall'Assemblea della città, e talvolta i deputati erano eletti dagli
stessi mandatari delle città che poi ne comunicavano i nomi allo
1
Constitutional
History,
III, 447.
502
Sceriffo. Non vi era in questo alcuna regola certa; il metodo variava secondo le tradizioni del luogo.-Lo stesso avveniva in Francia; l'elezione e i procedimenti elettorali vi erano considerati di
così poco valore che il 15 luglio 1788, quando si trattò di riunire gli Stati generali, si dovette dopo parecchi mesi di ricerche
constatare che « era stato impossibile di rintracciare in modo
preciso la forma delle elezioni, non che il numero e la qualità
degli elettori e degli eletti ». Incerto era anche il numero dei
deputati per ciascun ordine, il loro modo di riunione e delle loro
deliberazioni.
I n compenso però quei rappresentanti di corporazioni e di gruppi
sociali avevano dinanzi a se un compito ben preciso e determinato, che era quello di farsi interpetri e difensori dei voti e dei
bisogni concreti dei loro costituenti, bisogni e voti di cui essi
avevano piena conoscenza perchè chiaramente definiti; Fra essi e
i loro costituenti non v'erano di mezzo nebulose teorie politiche,
progetti di miglioramenti e di riforme indefinite, ma interessi
chiari e facilmente percettibili. Sotto questi aspetti ér«malgrado i
vizi che a poco a poco lo minarono, quell'antico ordinamento aveva
dei pregi incontestabili e rispondeva perfettamente allo stato della
società a cui doveva servire di veste e di manifestazione visibile. '
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Auspice il Contratto sociale, la rivoluzione dell'89 fece man
bassa su queste consuetudini e tradizioni politiche che erano durate
. più. o meno vigorose fino a quell'anno fortunoso. L'autorità politica venne trasportata dalla cima, dove prima era, del corpo sociale, alla base di esso, cioè alle moltitudini. L'elezione che prima
era poco o nulla, diventò tutto. Ogni autorità si vide costretta a
ritemprarsi continuamente di prestigio e di forze nella sovranità
della moltitudine. Tutto questo era perfettamente nel concetto di
Rousseau, il quale aveva più di ogni altro scrittore contribuito ad
alienare il pensiero dei contemporanei dalla nozione di un corpo
sociale organico e ad ispirar loro l'idolatria della sovranità popolare. « Importa, aveva scritto' il filòsofo ginevrino, per avere
esatta l'espressione - della volontà generale, che non ci sia nello
Stato alcuna traccia di società parziali, e che ogni cittadino non
abbia che l'opinione della sua testa, ». Era mettersi agli an-
503
tipodi della costituzione sociale quale 11 medio evo l'aveva concepita. Quind'innanzi il solò Corpo elettorale si doveva ritenere
investito della sovranità, e a rigor di logica essa avrebbe dovuto
sedere in permanenza per fare e .disfare i suoi rappresentanti secondo che si mostravano meritevoli o no della pubblica fiducia.
Infatti è una massima di Rousseau che un popolo cessa di essere
libero dal moménto ch'egli si dà dei rappresentanti. « Il popolo
inglese, egli scrisse, crede di essere libero: egli s'inganna; non lo
è che durante le elezioni dei membri del Parlamento; appena essi
sono eletti, egli ridiventa schiavo, "non è più nulla ».
• A questo estremo è stato spinto Rousseau volendo realizzare
nell' ordine politico la metafisica del diritto. Ma può egli esser
questo lo stato normale di una società bene organizzata?
Tutti vedono gli errori, le incoerenze e le assurdità del suffragio
universale, ma in omaggio alla Sforinola astratta della sovranità
popolare stata bandita un secolo fa esso vive in molte costituzioni
europee e tende a sempre più diffondersi. E pure dovrebbe bastare la storia che ebbe in Francia per alienare da esso la sana
opinione pubblica. Che ha esso prodotto in cento' anni di vita? Il
suffragio universale fece la sua apparizione nel 1793 colla Costituzione che porta la data di quell'anno; sei anni dopo lo stesso
popolo accetta la Costituzione assolutista dell'anno V i l i e consegna la Francia al primo Console. Nel 1848 comincia una seconda
esperienza; dal sistema di un censo elettorale elevatissimo si torna
a quello del 1793. Che uso fa la Francia del suffragio universale ristabilito? Essa deve scegliere fra Cavaignac e Bonaparte. Abbagliata
dalla leggenda napoleonica, la moltitudine non esita; essa va diritta al cesarismo e accorda a Luigi Bonaparte 5 milioni e mezzo
di suffragi sopra a 7 e acclama Napoleone I I I durante diciassette
anni di regno. Nel 1870 essa gli dà a n c o r a i e mezzo milioni di
suffragi. Se non che pochi mesi dopo l'impero è vinto a Sédan. Ed
ecco i r suffragio universale ritorcersi contro il suo idolo e farsi
secondo le impulsioni del movimento radicale, anarchico, conservatore, Da quel momento stesso esso ispira serie apprensioni agli
amici della repubblica e della democrazia.
Egli è che il suffragio universale, o la sovranità del numerose
un trovato irrazionale e conduce necessariamente all'impero della
violenza. Una scienza metafisica che fa astrazione dalle condizioni
reali della vita ha proclamato che politicamente un uomo ne vale
un'altro. Nulla di più falso; non ci sono due uomini che abbiano
le eguali attitudini politiche e sociali. Quale eguaglianza fra un
504
uomo che spende la sua vita nello- indagare i misteri della scienza
o a servire il suo paese nelle missioni più difficili, e un povero
proletario che non è armato che del proprio istinto? L'irrazionalità del sistema appare poi anche più evidente e mostruosa quando
si pensa che gli ignoranti e gli inetti essendo il maggior numero,
esso riesce in ultimo a conseguire a questi il governo della cosa
pubblica. Ponte inesauribile di errori, di disinganni e elei.finale "
imbarbarimento della società. ,
Il Prins ricerca nel suo libro se non sia per avventura possibile di ovviare ai lamentati mali inaugurando un sistema più giusto
e più razionale. Egli ammette che 1' espansione della democrazia
è il gran problema del X I X secolo, e che bisogna tener conto
dell' emancipazione delle classi operaie rispettando i loro diritti
incontestabili e conciliandoli con quelli delle altre classi. Bisogna
soprattutto che questi diritti trovino la loro espressione nel governo parlamentare. Però quei diritti dovrebbero essere fatti va~ lere, non individualmente, ma per classi e per gruppi, accettando
in quanto avevano di buono, le consuetudini politiche *£elle democrazie medievali. Quando si sarà stabilito in massima, egli dice,
che non è • l'individuo, ma il gruppo sociale che essenzialmente
ha interesse di essere rappresentato, si sarà fatto un gran passo
verso un miglioramento sociale. — « L'esclusione di tutti i membri di un gruppo sociale— scrive il Prins — nuoce al gruppo e
lo umilia; il conferimento però del diritto di suffragio, anche ristretto a una parte dei.membri di esso, profitta a tutti e gli nobilita tutti. E verissimo che non si è colla realtà del diritto politico quando non si è difesi e rappresentati in seno dei corpi co-,
stituiti; si può per altro essere perfettamente nel diritto politico,
anche non essendo' elettore. In realtà^ la vita politica consiste in
ben altro che nel semplice fatto di andare, a certi intervalli, a
deporre il proprio voto nell'urna elettorale. Perchè un cittadino
si senta vivere della vita politica, egli deve aver coscienza di se
stesso, come membro di una collettività, e in questo rispetto, i
nostri maggiori coi loro gruppi sociali ben definiti si erano, in
certe epoche dell'antico regime, più avvicinati alla verità, senza
per questo sentire il bisogno di ricorrere al suffragio universale. »
Il Prins si difende anticipatamente dall'accusa che altri gli potrebbe muovere di volere introdurre in pieno secolo X I X un governo di caste al modo del medio evo. Nulla è più contrario al
suo concetto. Egli solo vorrebbe che il voto politico fosse proporzionato alle attitudini e ai varii interessi delle diverse classi
*.
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sociali. Col graduarlo in tal modo esso riacquisterebbe anche più
valore. Lo stesso Proudhqn scrisse: « O g n i dignità rèsa comune
perde di pregio; ciò che appartiene a tutti non è di nessuno..,.
Del resto, F esperienza ha già dato il suo verdetto in proposito;
più il diritto elettorale si è moltiplicato e più esso perdette di
importanza. » Col suffragio universale infatti il numero delle
astensioni è enorme; se il gruppo degli istessi operai avesse
un numero anche limitato di. elettori proprii, è certo che il loro
voto sarebbe tenuto in più alta stima e ne risulterebbe difesa
anche con più efficacia la causa della classe operaia.
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L' argomento è vecchio ed è stato trattato da autorevolissimi
scrittori. Uno di questi, il Guizot *, pone a base del sistema rappresentativo la Ragione. V ' h a , egli dice, nella società una certa
somma d'intelligenza, di saviezza e di idee giuste ; sono elementi
sparsi qua e là; si tratta di raccoglierli, concentrarli e di costituirli in governo fondando l'autorità sulla capacità. Se non che
cos'è la ragione? cosa la capacità? a quali segni si riconoscono?
Nulla di più vago e di più suscettibile di controversia. Se si vuole
riconoscere nel censo, oltre ad una garanzia di libertà e di indi- *
pendenza, anche un segno di capacità, bisogna distinguere se" il
censo è alto o basso ; nel primo caso si sancisce un privilegio ingiusto e mostruoso a favore dei. ricchi; se il censo è basso, non ha
significato di sorta. 0 si riconoscerà la capacità in chi sa semplicemente leggere e scrivere? Fragilissimo argomento di capacità questo, essendo tutto al più la lettura e la scrittura un mezza
di sviluppo intellettuale, non lo sviluppo intellettuale stesso.
A detta del Prins, le sole basi resistenti che si possono dare
al moderno parlamentarismo sono gli interessi sociali. L'interesse
sociale! ecco l'elemento regolare, permanente dell'ordine politico. Vi
hanno nel mondo dei pensatori per i quali le idee sono tutto; se
non che F umanità che agisce, lotta e soifre, non si compone che
di forze sociali e di interessi sociali. « ÀI nostro tempo, nota il
detto scrittore, non si è pensato che a rappresentare dei principi^
il diritto di suffragio rimane come sospeso nel vuoto. Il solo vin* GUIZOT, Histoire des origines du gouv. représentatif en Europe, voi. I. p-73;
e voi. II. p. 170.
-
506.,
colo col quale esso si lega al mondo esistente è quello fittizio di
circoscrizioni elettorali disegnate a caso sulla carta. Ora, la società ha bene altre cose che delle suddivisioni fittizie e delle delimitazioni artificiali; essa ha una membratura organica, certe, basi
naturali, cioè,delle collettività di interessi, gruppi agricoli, urbani,
industriali, economici, artistici, scientifici, ecc. Ebbene, questi
gruppi sono i quadri naturali del diritto elettorale. Il problema
della rappresentanza politica è arduo quando si considera la società nella sua unità metafisica e non si vede in essa che degli
individui, ma è di agevole soluzione quando si tien conto delle
realità, cioè delle collettività uscite per così dire spontaneamente
dalle viscere stesse di un paese ».
I n base a questo principio, che i soli interessi collettivi e i raggruppamenti sociali offrono una base solida al governo rappresentativo, il Prins dice che a risolvere il problema, non v ? ha che a
determinare colla maggior possibile precisione l'importanza di quei
gruppi e la cerchia di quegli interessi, dando loro il posto e la
proporzione conveniente nella rappresentanza dei divitti sociali.
Egli quindi divide gli elettori in altrettante categorie, ciascuna
delle quali avrebbe un collegio e una rappresentanza a parte. Vi
sarebbe, per esempio, il collegio, della proprietà urbana, quello
delle scienze, lettere, arti, (dotti, scrittori, giornalisti, artisti), quello
del diritto (avvocati, funzionari di giustizia, magistrati), quello
dell'industria e commercio, con due gruppi, uno per gl'industriali
e l'altro per i commercianti. E così via via un collegio per il
gruppo degli operai urbani e di campagna, uno dell'igiene e dei
lavori pubblici, il collegio della difesa nazionale, dell'amministrazione dei culti ecc. In tal modo, sostiene il Prins, si avrebbe una
- rappresentanza che rifletterebbe gli interessi e le tendenze del
paese ben più esattamente che non facciano il suffragio del censo,
della capacità o quello universale.
Non si può negare che la scienza politica è da qualche tempo
entrata nella via indicata dal Prins. Senza parlare dei procedimenti elettorali escogitati da Hare e da Stuart Hill, i quali colla
rappresentanza delle minorità e col voto plurale e cumulativo,
tendono a correggere gli assurdi risultati. della maggioranza nu-*
merica, altri scrittori di valore si avvicinano meglio al modo di
vedere dello scrittore belga. Il 1 conte Grey (Parliamentary
Governement) propóne una rappresentaìiza di classi e di interessi.
James Lorimer (Constitutionalism
of the future) crede che il
sistema di elezione deve essere come la fotografia della società e
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diventare un'espressione adeguata di tutte le forze sociali. Bisogna,
egli dice, dividere la società in un certo numero di classi determinate,
secondo Vintelligenza, la rendita, l'impiego, l'età. Bluntschli (La
politiqtie considerée comme sciénce) è anch'egli deciso nemico di
quella falsa eguaglianza che consegna il potere in mano delle
moltitudini ignoranti e inette. Egli condanna il voto individuale
e preconizza le elezioni per classi. Anche Ahrens (Cours de droit
nature!) dichiara che il corpo eletto deve riflettere 1' organismo
sociale e avere per base i grandi raggruppamenti di interessi. E
de Mohl (Staatsrecht and Politile) sviluppando la tesi di Ahrens,
propone tre grandi gruppi di interessi; il gruppo degli interessi
materiali (proprietà fondiaria, industria e commercio); il gruppo
degli interessi spirituali (Chiesa, scienza, arti, istruzione), e il
gruppo degli interessi locali, rappresentati dai Comuni.
.'... Se non che la scienza politicale resa quasi impotente a diffondere e far trionfare quello che essa crede il vero dal cieco.fanatismo della moltitudini .che sono cullate nell'adorazione del'principio delle sovranità popolare da mestatori ed arruffoni politici,
i quali hanno tutto l'interesse a trarle a se e ad averle loro
alleate. L'ignoranza e i pregiudizi delle plebi sono il loro piedestallo. Senza la frase: « sovranità del popolo » essi sarebbero ricacciati nel nulla; quindi si comprende che essi facciano di
tutto per mantenerla viva nel pensiero delle moltitudini. Ma fra il
regime di casta, che vigeva nel medio evo, e che nessun uomo
serio può pensare a rievocare nel tempo presente, e quello di un
individualismo assoluto senza freni e correttivi di sorta, v'ha posto
per una soluzione mediana che facendo la dovuta ragione ai diversi interessi sociali, permetta in pari tempo anche politicamente
la maggiore esplicazione dell'individualismo. Il trovare questa soluzione sarà una delle maggiori glorie dell'epoca nostra.
GIOVANNI BOGLIETTI.