841101228 Riti, pratiche e regole dell’elezione imperiale La tradizione costituitasi dal tempo di Ottone I di Sassonia e della sua restaurazione dell’impero (nel 962) aveva reso molto complessa la procedura di assunzione della corona. Il potere dell’imperatore aveva un duplice fondamento di legittimità. Da una parte era un potere costituito da Dio e assegnato per far regnare la pace e la giustizia all’interno della cristianità, dall’altra si richiamava all’eredità dell’antico Impero romano. La formazione del collegio degli elettori imperiali Secondo le formule ufficiali, l’acclamazione del popolo e la consacrazione vescovile ad Aquisgrana erano alla base dell’assunzione dei titoli di re di Germania e di re dei romani. Ma per potersi qualificare imperatore l’eletto era tenuto ancora a compiere due atti simbolici: recarsi a Roma e ricevere qui dalle mani del papa la corona imperiale, che legittimava il titolo essenziale di re dei romani. L’elezione da parte del popolo tedesco fu sin dal principio una semplice finzione giuridica. Il vero potere elettorale si trovava in effetti nelle mani delle maggiori autorità politiche e dei vescovi. Nel 1180 la lista dei detentori del potere elettorale includeva sedici principi laici e novanta ecclesiastici, ma nel XIII secolo il numero degli elettori si ridusse. All’elezione del 1273 parteciparono quattro principi laici e tre ecclesiastici. La definizione formale del collegio elettorale fu uno degli scopi della Bolla d’oro emanata nel 1356 da Carlo IV di Lussemburgo. Il compito di convocare a Francoforte sul Meno gli elettori spettava all’arcivescovo di Magonza. L’elezione doveva avvenire entro trenta giorni; trascorso questo termine senza che fosse stato trovato un accordo, i principi sarebbero stati messi a pane e acqua. La Bolla d’oro includeva anche altre importanti disposizioni, come la trasmissibilità solo per via maschile del titolo di elettore laico e, pur augurandosi elezioni unanimi, il principio dell’elezione a maggioranza. La pratica della spartizione fra diversi eredi aveva condotto alla suddivisione degli antichi ducati tedeschi (dal 1260 esistevano due diversi ducati di Sassonia); la Bolla d’oro stabilì invece l’indivisibilità dei principati elettorali. La fine del “viaggio a Roma” Per secoli i re tedeschi erano stati costretti a interessarsi alle vicende italiane e a tentare di imporre la loro autorità sul Regno d’Italia, restando per anni lontani dalla Germania. Per essere imperatori, si erano messi nella condizione di esercitare con difficoltà i loro poteri di re in Germania. Eletto nel 1346, anche Carlo IV aveva compiuto alcuni anni dopo il viaggio rituale a Roma; qui il giorno di Pasqua del 1355 aveva ricevuto la corona imperiale, non direttamente dal papa, che non si era mosso da Avignone, ma da un suo rappresentante. Ma nella Bolla d’Oro non si trova più alcun cenno della necessità per l’eletto di essere anche incoronato dal papa. L’incoronazione a Roma restava certo un segno di onore e prestigio e nel 1433 Sigismondo, figlio di Carlo IV, si assoggettò ancora al viaggio in Italia. Nel 1452 Federico III d’Asburgo fu l’ultimo eletto “re dei romani” a perfezionare la sua carica con l’incoronazione a Roma. Benché la Bolla d’oro parlasse ancora di elezione del «capo temporale del popolo cristiano», l’impero aveva rinunciato alla sua universalità e i due titoli formalmente distinti di imperatore e re di Germania vennero quasi a coincidere. 1