Un caso dubbio, come si vedrà successivamente, è quello dell

Capitolo iii – L’assemblea dei condomini
57
Un caso dubbio, come si vedrà successivamente, è quello dell’approvazione
delle tabelle millesimali, laddove un parte della dottrina e della giurisprudenza
ritengono che non sussiste una vera e propria competenza assembleare.
4. Lo svolgimento e le decisioni dell’assemblea
Superata la prima fase della convocazione e chiariti i contorni delle competenze dell’assemblea, è consequenziale analizzare la seconda e la terza fase
dell’iter procedimentale sopra descritto; lo svolgimento e la deliberazione.
Queste sono strettamente connesse, rispetto alla prima, in quanto una volta
iniziata una discussione non può non decidersi nulla. Così mentre ad una convocazione non necessariamente deve seguire lo svolgimento dell’assemblea,
poiché come spesso accade potrebbe non presentarsi nessuno49, lo stesso non
può dirsi se l’assise si costituisce e discute sugli argomenti da trattare: in tal
caso è naturale conseguenza che si debba giungere ad una decisione. Pure se
con il consesso dei condomini si invia la trattazione dell’argomento ad una
prossima assemblea, decidendo di non decidere, quella determinazione avrà il
valore di una decisione; le decisioni che l’assemblea adotta al termine di una
discussione sono dette deliberazioni. Come vedremo oltre esse sono obbligatorie per tutti i condomini.
4.1 La regolare costituzione
Il sesto comma dell’art. 1136 recita: “L’assemblea non può deliberare, se non
consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione”.
Ciò significa che il primo adempimento cui si dovrà far fronte è quello
dell’accertamento della regolare costituzione.
Prima di analizzare la portata di questa norma, ossia come si verifica che
l’assemblea sia regolarmente costituita, è necessario capire a chi spetta tale
onere. Sarà buona regola verificare il contenuto del regolamento di condominio, in quanto le disposizioni codicistiche in materia condominiale non disciplinano questo aspetto formale proprio dell’apertura dell’assise. Dalla formulazione dell’art. 67, secondo comma, disp. att. c.c. si desume che l’assemblea
debba nominare un presidente. Non vi è traccia della necessità di nominare un
segretario, cui compete la redazione del verbale. Secondo la dottrina, che aderisce alla interpretazione giurisprudenziale, la mancata nomina del presidente
(e del segretario) non comporta l’invalidità della delibera50.
E’ prassi, tuttavia, che, una volta riunitisi, i condomini nominino un presidente ed un segretario. Spetterà al primo verificare se l’assemblea possa
deliberare. Ciò comporta lo svolgimento di due operazioni; con la prima si
verificherà che tutti i partecipanti al condominio siano stati invitati a parteci La c.d. assemblea andata deserta
Cass. 15 luglio 1980, n.4615
49
50
58
il condominio negli edifici
pare all’assemblea. In buona sostanza, il presidente dovrà verificare che tutti i
condomini abbiano ricevuto l’avviso di convocazione nel termine e nei modi
indicati dalla legge51.
Appurato ciò si dovrà valutare se gli intervenuti rappresentino le maggioranze richieste dalla legge per poter deliberare. Si tratta dei c.d. quorum costitutivi indicati dall’art. 1136, primo e terzo comma, c.c. Il codice civile,
infatti, prevede due tipi di convocazione: la prima e la seconda convocazione.
Nel primo caso sarà necessaria la presenza dei due terzi del valore millesimale dell’edificio52 e dei due terzi dei partecipanti al condominio. In seconda
convocazione, invece, le deliberazioni saranno valide se adottate da un terzo
dei condomini che rappresenti un terzo dei millesimi53. Di queste operazioni
deve rimanere traccia nel verbale al fine di consentire a tutti i partecipanti al
condominio,assenti compresi, una verifica del rispetto delle formalità attinenti
alle verifiche di costituzione dell’assemblea. Il mancato rispetto delle formalità relative alla regolare costituzione dell’assemblea comporta l’annullabilità
delle deliberazioni adottate in quella sede54.
4.2 L’ordine del giorno
Una volta espletati gli adempimenti preliminari, il presidente dell’assemblea
potrà dare inizio alla discussione; per consentire un corretto svolgimento della
riunione e permettere a tutti i condomini d’intervenire, il presidente – nell’ambito dei propri poteri d’indirizzo e controllo dell’assise ed anche in assenza di
una precisa disposizione del regolamento di condominio – potrà contingentare
i tempi dell’intervento purché tale limitazione non comporti una lesione del
diritto di ogni condomino di esprimere le proprie ragione sugli argomenti posti in discussione55.
Il dibattito si svolgerà sui temi indicati nell’avviso di convocazione. Ogni
avviso di convocazione, infatti, deve contenere l’elenco degli argomenti che
verranno affrontati in sede di riunione. Questo elenco prende il nome di ordine
del giorno56. Approfondire il concetto di ordine del giorno significa, sostanzialmente, rispondere a tre domande: a) è obbligatorio comunicare l’ordine
del giorno prima dello svolgimento dell’assemblea?; b) chi ha competenza
a decidere gli argomenti da inserire nell’o.d.g.?; c) che cosa succede se l’assemblea delibera su questioni non riportate nell’o.d.g. indicato nell’avviso di
convocazione?
In prima istanza, dunque, bisogna comprendere se esiste una norma che
imponga la comunicazione dell’o.d.g. prima dello svolgimento dell’assem Supra Par. 2.1
Id est 666 millesimi
53
Cioè 333 millesimi
54
Si veda infra Cap. VI
55
Cfr. Cass. 13 novembre 2009, n. 24132
56
Di seguito anche o.d.g.
51
52
Capitolo iii – L’assemblea dei condomini
59
blea e quale sia la ratio di tale norma. Gli articoli del codice civile dettati in
materia di condominio57 non contengono una esplicita disposizione che si
occupi dell’o.d.g. In virtù del richiamo alle norme dettate in materia di comunione, contenuto nell’art. 1139 c.c., bisogna fare riferimento all’art. 1105,
terzo comma, c.c. a norma del quale: “per la validità delle deliberazioni della
maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente
informati dell’oggetto della deliberazione”. Questa disposizione dà la risposta a due dei tre quesiti posti. Soffermando l’attenzione sul primo dei tre è
possibile rispondere positivamente, ossia: è obbligatorio informare preventivamente i condomini degli argomenti che andranno ad essere discussi in
assemblea. Quest’informazione sarà contenuta nell’avviso di convocazione con lo scopo, evidente, di consentire ai condomini una partecipazione
all’assemblea informata e consapevole58. Appurata, dunque, l’obbligatorietà
di indicare nell’avviso di convocazione gli argomenti che saranno trattati in
assemblea, è consequenziale verificare se esistano delle prescrizioni relative
alla compilazione dell’o.d.g. Al riguardo la giurisprudenza della Suprema
Corte di Cassazione, ribadendo l’obbligatorietà dell’indicazione dell’o.d.g.
nel avviso di convocazione, è costante nell’affermare che lo stesso può essere redatto anche in modo non analitico e minuzioso purché raggiunga il
proprio scopo, ossia quello di informare i condomini59. Allo stesso modo per
il Giudice di legittimità, “l’accertamento della sussistenza della completezza
o meno dell’ordine del giorno di un’assemblea condominiale è demandato
all’apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità,
se congruamente motivato”60.
Compreso come e perché si deve inserire l’o.d.g. nell’avviso di convocazione, bisogna rispondere al secondo quesito, ossia chi decide il contenuto
dell’o.d.g.? Per quanto la risposta più immediata sia l’amministratore, bisogna distinguere tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria, anche al
fine di evidenziare alcune criticità in materia. La legge dice che l’assemblea
ordinaria deve essere convocata annualmente dall’amministratore61 per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 c.c.62. Ciò significa che l’o.d.g. dell’assemblea ordinaria è, quanto meno parzialmente, stabilito ex lege. Tuttavia l’amministratore è legittimato ad inserire nell’elenco degli argomenti da trattare
tutte quelle questioni che ritiene utili affrontare. Si tratta di un potere discrezionale e non vincolato. I condomini, sia in modo informale, sia a livello ufficiale63, possono chiedere l’inserimento di determinate questioni all’o.d.g. Sarà
Artt. 1117-1139 c.c.
Cfr. A. De Renzis, Trattato del condominio, Cedam, 2001
59
Cfr. tra le altre Cass. 22 luglio 2004, n. 13763
60
Cass. 13 ottobre 1999 n. 11526
61
Supra Par. 2
62
Conferma o revoca dell’amministratore, approvazione rendiconto preventivo e consuntivo,
ecc.
63
Es. richiesta scritta
57
58
60
il condominio negli edifici
compito dell’amministratore valutare l’opportunità di una loro trattazione
ed il conseguente inserimento nell’o.d.g. Per ciò che concerne l’o.d.g. relativo all’assemblea straordinaria, si deve evidenziare come lo stesso sia
assolutamente libero da qualunque prescrizione legislativa. In sostanza sarà
l’amministratore a dover indicare gli argomenti che verranno discussi in
assemblea. Su che basi deciderà l’amministratore? La sua scelta è libera o
vincolata? Come si è visto sopra, l’assemblea straordinaria può essere convocata dall’amministratore ogni qual volta ne ravveda la necessità o quando gli venga avanzata richiesta dai condomini64. Stando semplicemente alla
lettera della legge, cioè dell’art. 66 disp. att. c.c., sembrerebbe che, tanto
nella convocazione di propria iniziativa, tanto in quella avvenuta a seguito
di sollecitazione dei condomini, la decisione dell’o.d.g. non soffra vincoli
di sorta e sia atto di competenza esclusiva e vincolata dell’amministratore.
Una pronuncia, inedita, della Suprema Corte afferma che “poiché il codice
civile prevede, all’art. 66 disp. att., che due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio, possono chiedere all’amministratore la
convocazione di una assemblea straordinaria, ovvero possono provvedervi
direttamente in caso di mancato adempimento alla richiesta, deve ritenersi
che alle medesime condizioni possa anche essere richiesto in modo vincolante all’amministratore di inserire argomenti all’ordine del giorno di
una assemblea già convocata”65. Tale decisione, per quanto apparentemente
logica, non può andare esente da critiche. In primo luogo la richiesta dei
condomini ex art. 66 disp. att. c.c. non obbliga l’amministratore a convocare l’assemblea ma crea solamente il presupposto per un’auto-convocazione
in caso di rifiuto dell’amministratore a provvedere. In effetti si potrebbe
obiettare che non avrebbe molto senso dare seguito alla richiesta di convocazione di un’assemblea formulata dai condomini, per discutere determinati
argomenti, inserendo all’o.d.g. altri argomenti, oppure di non inserire quelli richiesti nell’ordine del giorno di un’assemblea già convocata. Tuttavia
non si può tacere, pur nel limite del proprio ruolo ma proprio in ragione di
questo, che l’amministratore abbia il dovere di valutare la legittimità delle richieste dei condomini. Sarebbe giusto procedere alla convocazione di
un’assemblea perché un gruppo di condomini irretiti dal comportamento,
magari discutibile ma lecito, di un vicino voglia deliberarne la “messa al
bando dal condominio”? E’ evidente che, anche in queste circostanze trova
specifica applicazione quel concetto di diligenza del buon padre di famiglia
che accompagna lo svolgimento del mandato dell’amministratore. Attenzione che lo deve portare a valutare l’assoluta incompetenza dell’assemblea
a deliberare su temi del genere e di conseguenza a declinare la richiesta o
quanto meno a non essere vincolato nella scelta dell’o.d.g.
Supra Par. 2
Così Cass. 31 ottobre 2008 n. 26336
64
65
Capitolo iii – L’assemblea dei condomini
61
Infine è utile comprendere che cosa succede qualora l’assemblea decida di porre in discussione e deliberare su argomenti che non siano presenti
nell’o.d.g. Sul punto occorre fare una distinzione; la risposta al quesito sarà
differente a secondo del fatto che in assemblea siano, o meno, presenti tutti
i partecipanti al condominio. Nel caso in cui all’assemblea partecipino tutti i
condomini e la deliberazione si assunta all’unanimità, anche su questioni non
menzionate all’o.d.g., non si potrà parlare di deliberazione viziata in quanto
la decisione presa dall’assemblea deve essere inquadrata come un accordo di
natura negoziale tra i partecipanti al condominio cui non si applicano le regole
previste in tema d’invalidità delle delibere condominiali66. Allo stesso modo,
a parere della giurisprudenza di legittimità, indipendentemente dalla partecipazione alla riunione di tutti i partecipanti al condominio la deliberazione di
un’assemblea che abbia deciso su argomenti non inseriti nell’o.d.g. non è impugnabile dal dissenziente “nel merito, che non ha preliminarmente eccepito
in quella sede l’irregolarità della convocazione”67.
In definitiva, la deliberazione assunta su un punto non inserito all’o.d.g. potrà essere sempre impugnata dal condomino assente che ha deciso di rimanere
tale e che se avesse saputo che si sarebbe deliberato anche su altro argomento
avrebbe optato per presenziare alla riunione68. Per costante giurisprudenza,
ribadita dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 4805/05, l’omessa indicazione di un punto all’o.d.g. comporta l’annullabilità e non la nullità delle
delibera69.
4.3 La partecipazione all’assemblea: personale o per delega
Inquadrate le principali problematiche attinenti all’iter convocazione – svolgimento dell’assemblea è opportuno chiarire chi possa partecipare all’assemblea di condominio. In sostanza, appurato che in una determinata data si svolgerà l’assemblea di condominio, per la quale è stato correttamente convocato,
il condomino avrà a disposizione tre opzioni: non partecipare, partecipare
personalmente, partecipare per delega. Nel primo e nel secondo caso, nulla
quaestio. Nel verbale (infra Par. 6) si darà atto della presenza o dell’assenza.
Sostanzialmente simile, seppur con qualche peculiarità è la situazione relativa
alla partecipazione per delega. Recita il primo comma dell’art. 67 disp. att.
c.c. “Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante”. In pratica il condomino può decidere di partecipare all’assemblea
di condominio facendosi rappresentare da una terza persona70. La legge non
dice nulla sulla forma della delega, ne sulle norme di riferimento. Secondo
Sul punto Cass. 10 ottobre 2007 n. 21298
Così Cass. 20 aprile 2001, n. 5889, in senso conf. Cass. 19 novembre 2009, n. 24456
68
Cfr. Trib. di Napoli 12 ottobre 1995, n. 7020
69
Sui riflessi di tale differenza in tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari si veda
infra Cap. VI
70
Sia esso un altro condomino o un estraneo al condominio
66
67
62
il condominio negli edifici
la giurisprudenza di legittimità il rapporto tra delegante e delegato è regolato
dalle norme sul mandato71. La delega non richiede la forma scritta per quanto
è prassi che la stessa venga concessa in tal modo anche per ragioni di certezza.
Non esiste un limite al numero di deleghe che ogni condomino può assumere
ne sussiste un divieto di delegare l’amministratore. In tal caso, però, per evitare votazioni in conflitto d’interesse72 è opportuno dare indicazioni di voto e
non rilasciare una delega in bianco. Ad ogni modo è stata ritenuta legittima
la clausola di un regolamento di condominio che disciplini e limiti il modo di
concedere la delega73.
4.4 I quorum deliberativi
Si è detto, e si dirà oltre, che la deliberazione assembleare è obbligatoria per
tutti i condomini. Ciò significa che gli assenti, come i dissenzienti, laddove la
decisione si sottragga ad eventuali azioni tese a far accertare l’invalidità, saranno vincolati dalla decisione presa dalla maggioranza. Si pensi, ad esempio,
ai lavori di straordinaria manutenzione di notevole entità che, se deliberati con
le maggioranza richieste dalla legge, obbligano tutti i condomini a partecipare
alle relative spese. Si tratta – è ultroneo sottolinearlo – di un potere in grado di
incidere, e non poco, su ogni partecipante al condominio. Proprio per questo
il codice civile ha inteso sottoporre l’approvazione delle decisioni assembleari al raggiungimento di determinate maggioranze, parametrate all’importanza
dell’argomento oggetto della deliberazione. La scelta del legislatore è stata
quella di prevedere una doppia maggioranza, in termini di quote millesimali
che devono essere espresse dalla maggioranza dei condomini: si tratta dei c.d.
quorum deliberativi. Come è stato efficacemente sottolineato dalla dottrina,
“lo scopo del legislatore era, forse, quello di raggiunger un bilanciamento tra
il valore delle proprietà individuali ed il numero dei condomini, evitando che
la gestione del condominio potesse essere condizionata sia da una minoranza
dei condomini in possesso della maggioranza dei millesimi, sia da una maggioranza dei condomini non in possesso di una maggioranza dei millesimi”74.
Solo in determinate circostanze e per determinati argomenti - anche al fine di
non paralizzare la vita del condominio a causa della scarsa partecipazione di
molti alla gestione della cosa comune - si ritiene sufficiente un quorum inferiore rispetto a quello maggioritario richiesto in quasi tutti i casi75. I quorum
deliberativi sono sostanzialmente contenuti nelle norme codicistiche. Alcune
disposizioni contenute nelle leggi speciali, prevedono delle deroghe alle maggioranze codicistiche. Si tratta di leggi che disciplinano materie di forte impatto socio-economico per le quali il legislatore ha previsto delle agevolazioni in
Cass. 26 aprile 1994, n. 3952
Si pensi alla conferma o revoca
73
Cfr. Trib. di Milano 15 giugno 1989
74
R.Triola e .M Andrighetti – Formaggini, L’assemblea di condominio, Giuffrè, 2006
75
Si veda ad es. art. 1136, terzo comma, c.c. e approvazione rendiconto di gestione
71
72
Capitolo iii – L’assemblea dei condomini
63
termini di maggioranze assembleari76. Fermi restando i c.d. quorum costitutivi
di cui è stato detto nel Par. 4.1 nella tabella sono riportati i quorum deliberativi
più significativi richiesti per l’approvazione di determinati interventi.
Maggioranze richieste
dalla legge
Quorum deliberativi
in prima convocazione
Quorum deliberativi
in seconda convocazione
Nomina, conferma e revoca dell’amministratore
Liti attive e passive eccedenti la competenza
dell’amministratore
Deliberazioni
concernenti la ricostruzione
dell’edificio
Riparazioni straordinarie
di notevole entità
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e due
terzi dei millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
501 millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e
500 millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e
500 millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e
500 millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e
500 millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e
due terzi dei millesimi
Un terzo dei partecipanti
al condominio ed un terzo
dei millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e
500 millesimi
501 millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
Un terzo dei partecipanti
al condominio ed un terzo
dei millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e 500
millesimi
Un terzo dei partecipanti
al condominio ed un terzo
dei millesimi
Un terzo dei partecipanti
al condominio ed un terzo
dei millesimi
Maggioranza degli intervenuti all’assemblea e
500 millesimi
Innovazioni
Approvazione preventivo e consuntivo di gestione
Approvazione del regolamento di condominio
Passaggio da impianto
centralizzato ad impianti autonomi di riscaldamento (l. 10/91)
Eliminazione delle barriere architettoniche (l.
13/89)
Installazione antenna satellitare (l. 66/2001)
Realizzazione parcheggi
sotterranei o al pian terreno (l. 122/88)
Si pensi alla normativa in materia di risparmio energetico, di eliminazione della barriere
architettoniche, di nuove tecnologie, ecc.
76
64
il condominio negli edifici
Non sono state inserite nella tabella quelle deliberazioni che necessitano di
un’approvazioni unanime e che, stando al tenore delle disposizioni legislative,
sembrerebbero sottratte alla competenza dell’assemblea. Si pensi, ad esempio, alle innovazioni che incidono sul decoro architettonico (si veda art. 1120,
secondo comma, c.c.). In questo caso l’assemblea è solo l’occasione in cui si
può raggiungere un accordo, il quale più che una deliberazione deve essere
considerato un vero e proprio negozio giuridico. Un discorso a parte merita
la questione relativa all’approvazione delle tabelle millesimali, per la quale si
rimanda al capitolo V.
4.5 Il resoconto dell’assemblea: il verbale
Recita l’ultimo comma dell’art. 1136 c.c. “Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto
dall’amministratore”77. E’ il c.d. verbale della riunione che l’amministratore deve conservare e consegnare al suo successore in caso di revoca. Si
tratta di un documento importante nella vita del condominio in quanto dai
verbali si desume la volontà dei condomini relativamente alle varie discussioni, cosa utile per accertare, ad esempio, deliberazioni assunte e mai
eseguite ai fini di inquadrare l’operato dell’amministratore78 o, ancora, la
ripartizione delle spese nei casi di cessione di un’unità immobiliare79. Non
solo, infatti secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte di
Cassazione “il verbale dell’assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma in essa essersi verificati, e dunque che spetta
al condomino il quale impugna la deliberazione assembleare, contestando
la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, di provare
il suo assunto”80. In poche parole il condomino che intenda impugnare una
deliberazione assembleare è chiamato a dare prova contraria rispetto a ciò
che è riportato nel verbale.
4.6 La validità delle delibere
Si è detto che l’assemblea può dirsi regolarmente convocata, se tutti i condomini vengono informati, nei termini e nei modi di legge, del luogo, del
giorno, dell’ora e dell’oggetto sui cui sarà incentrata la riunione. Una volta
riunitisi e verificati questi requisiti, i condomini potranno discutere e deliberare sugli argomenti posti all’ordine del giorno. Se si formeranno le maggioranze richieste dalla legge si avrà una deliberazione valida. Questa, in
quanto formalmente e sostanzialmente ineccepibile, sarà obbligatoria per
tutti i condomini81e potrà essere eseguita anche contro la volontà di chi si è
Art. 1136, settimo comma, c.c.
Supra Cap. II
79
Infra Cap. V
80
Cass. 11 novembre 1992, n. 12119, conf. Cass. 13 ottobre 1999 n. 11526
81
Art. 1137, primo comma, c.c.
77
78
Capitolo iii – L’assemblea dei condomini
65
detto contrario. Al solo fine di comprendere la forza che assume una deliberazione assembleare, si pensi che in caso di morosità di uno dei partecipanti
al condominio, l’amministratore sarà legittimato ad agire in giudizio per il
recupero del credito del condominio e potrà ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in base allo stato di ripartizione approvato
dall’assemblea82.
5. La stasi dell’assemblea ed i poteri dell’amministratore
Può accadere che l’amministratore di condominio adempia regolarmente
al suo mandato, convocando regolarmente le assemblee anche quando richiesto dai condomini, ma che l’organo deliberativo condominiale non riesca a
funzionare. I motivi posso essere vari: disinteresse alla gestione dei beni comuni, contrasti tra i condomini, insomma tutte quelle situazioni che generano
una stasi decisionale. Che cosa succede se l’assemblea ordinaria, convocata
più volte, non riesce a confermare l’amministratore? Ferma restando la facoltà, per ogni singolo condomino, di ricorrere all’Autorità Giudiziaria affinché
la stessa proceda alla nomina dell’amministratore c.d. giudiziale (si veda supra Cap. II),egli, come visto, proseguirà nel suo compito in prorogatio. Che
cosa succede se l’assemblea non delibera dei lavori straordinari che risultino
necessari al fine di salvaguardare la sicurezza dello stabile? In questo caso
l’amministratore, ferma restando la necessità di provvedere a rimuovere il
pericolo, non potrà far altro che convocare più e più volte l’assemblea fino alla
regolare deliberazione dei lavori necessari. Come è stato giustamente sottolineato, l’amministratore ha il compito di eliminare gli effetti del pericolo non
anche le cause83. D’altra parte ogni condomino, laddove insoddisfatto dell’attività assembleare potrà sempre adire l’Autorità Giudiziaria; infatti ai sensi
del quarto comma art. 1105 c.c. “se non si prendono i provvedimenti necessari
per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza,
ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante
può ricorrere alla autorità giudiziaria”. In sostanza, lungi dall’avere potere
sostitutivi della volontà assembleare, l’amministratore ha semplicemente il
compito di continuare a svolgere il proprio ruolo nel limite delle proprie attribuzioni, cercando, per quanto in suo potere, di essere d’impulso affinché
l’assemblea svolga regolarmente il proprio ruolo.
6. L’assemblea e la privacy
Partecipare all’assemblea di condominio potrebbe significare venire a conoscenza di questioni e situazione che non tutti i condomini gradiscono che siano
Sul punto si veda infra Cap. VI
Si veda Cass. pen. 21 maggio 2009, n. 21401
82
83
66
il condominio negli edifici
comunicate all’esterno. Si pensi alle assemblee in cui si decide l’affidamento
di lavori di manutenzione dello stabile, o alle questioni attinenti controversie
giudiziarie verso terzi o, ancora, alle azioni contro condomini morosi ecc. Il
problema, dunque, è quello di comprendere quando sia concesso agli esterni prendere parte ad un’assemblea di condominio. Con un proprio provvedimento del 18 maggio 2006 il Garante per la protezione dei dati personali, riprendendo quanto già stabilito nel 2000 ha affermato che “possono comunque
partecipare all’assemblea soggetti terzi (ad esempio, tecnici o consulenti) per
trattare i punti all’ordine del giorno per i quali i partecipanti ne ritengano
necessaria la presenza (cfr. Provv. 19 maggio 2000, cit.); con l’assenso dei
partecipanti o sussistendo le condizioni previste da specifiche disposizioni
normative (quale ad esempio l’art. 10 della legge 27 luglio 1978, n. 392 sulla
disciplina delle locazioni di immobili urbani) potrà partecipare all’assemblea
il conduttore di un immobile del condominio”. Così, ad esempio, un tecnico
potrà partecipare all’assemblea per il tempo necessario ad esporre la relazione
che gli è stato richiesto di redigere e per rispondere alle eventuali domande
di chiarimento. Esaurita la discussione relativamente al punto di sua competenza, salvo l’assenso di tutti i presenti, sarà tenuto ad allontanarsi non sussistendo più ragione alcuna che giustifichi la sua presenza e di conseguenza la
conoscenza di fatti del condominio.
il condominio negli edifici
- Tizio ha acquistato una casa nel condominio Beta sprovvisto di regolamento. Al piano terra, proprio affianco al locale per il portiere vi è una sala
che gli è stato detto essere adibita a sala riunioni condominiali. Dal proprio
atto d’acquisto e da quello degli altri condomini non risulta alcuna indicazione in merito. La sala dovrà considerarsi di proprietà comune?
L’art. 1117 c.c. elenca una serie di beni che devono essere ritenuti di proprietà
di tutti i condomini, salvo che il titolo (vale a dire l’atto d’acquisto o il regolamento allegato) non disponga diversamente. L’elencazione non è tassativa
ma puramente indicativa. Ciò significa che anche altri beni rispetto a quelli
citati possono essere comuni, purché sussista una relazione di accessorietà
funzionale e strutturale di questi rispetto alle unità immobiliari di proprietà
esclusiva.
Nel caso di specie il locale non è tra quelli indicati nell’art. 1117 c.c., pur
tuttavia trattandosi di uno spazio destinato a servizi comuni (lo svolgimento
dell’assemblea di condominio). La non menzione dello stesso negli atti d’acquisto unitamente alla funzione assolta (quella di permettere lo svolgimento
delle adunanze nel condominio) evidenzia come lo stesso debba essere considerato di proprietà comune. Si badi che si tratta di una vera e propria comunione e non di una presunzione di condominialità. La sentenza riportata qui di
seguito chiarisce oltre ogni dubbio tale questione.
Cass. SS.UU. 7 luglio 1993 n. 7449
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 29 ottobre 1980 (...), proprietario dell’appartamento del piano rialzato con ingresso autonomo e annesso giardino, dell’edificio
sito in (...), via (...), n. (..), assumendo che i coniugi (...), ai quali apparteneva
l’intero primo piano, anch’esso con entrata indipendente e adiacente porzione di giardino, avevano costruito su una parte della terrazza di copertura del
fabbricato un manufatto la cui presenza costituiva un impedimento al proprio
libero godimento de, bene comune; convenne i medesimi, davanti al Tribunale
di (...), chiedendo l’emanazione di una sentenza di accertamento del suo dirit-
142
il condominio negli edifici
to di comproprietà della terrazza e di condanna dei convenuti alla demolizione
della sopraelevazione e al risarcimento del danno. Inoltre, dichiarò che aveva
comprato l’immobile, con atto per notaio (...) dell’otto aprile 1978, da (...)il
quale lo aveva acquistato come assegnatario dell’Istituto Autonomo Case Popolari e che ai convenuti la proprietà dell’appartamento - era - stata trasferita
da (…), altro - assegnatario dell’I.A.C.P.
Costituitosi in giudizio il (…) contestarono la pretesa sostenendo di essere
i proprietari esclusivi della terrazza di copertura del fabbricato, sulla quale
avevano il diritto di eseguire sopraelevazioni ai sensi dell’art. 1127 del codice
civile.
Si costituì successivamente (…), chiamata in causa dai convenuti i quali
per essere garantiti avevano citato anche (…), altri eredi del defunto, rimasti
invece contumaci.
Con sentenza del 20 settembre 1986 il Tribunale rigettò sia la domanda
principale, sia quella di garanzia.
Propose impugnazione il soccombente insistendo nell’affermare che la terrazza era di proprietà comune sua e dei convenuti.
Questi ultimi e la (…) resistettero al gravame eccependone l’infondatezza,
mentre la (…) e la (…) non si costituirono neanche in questa fase del processo.
Con sentenza dell’otto aprile 1988 la Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado avendo ritenuto che la presunzione legale di
comunione, sancita dall’art. 1117 del codice civile e basata sulla destinazione
all’uso e al godimento comune del bene, era stata superata perché la terrazza
per le sue caratteristiche strutturali, pur svolgendo la funzione sussidiaria di
copertura dell’intero edificio, costituito soltanto dagli appartamenti delle parti
in causa, era posta al servizio esclusivo dell’immobile degli appellati potendo
accedersi ad essa dalla scala di quest’ultimo e non anche dal piano rialzato.
Il (…) ricorre per cassazione con tre motivi.
Resistono con controricorso il (…).
Non si sono costituiti la (…) la (…) e la (…).
Il ricorso è stato assegnato all’esame delle Sezioni Unite sul presupposto
che si sarebbe formato un contrasto tra le sentenze della Corte di Cassazione
nell’interpretazione dell’art. 1117 del codice civile, perché la comunione del
bene, mentre per alcune di esse sarebbe esclusa dalla sua destinazione all’uso
e al godimento di una sola parte dell’immobile, per altre dovrebbe risultare
sempre da un atto scritto.
Motivi della decisione
Con i tre motivi strettamente connessi, denunziandosi la violazione degli
art. 1117, 1127 1362 e 1371 del codice civile, 205 e 206 del R.D. 28 aprile
1938 n. 1165, 112, 116, 132, 177, 210 e 213 del codice di procedura civile,
in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 di quest’ultimo codice, si censura la senten-
Questioni pratiche
143
za impugnata per avere la Corte d’appello ritenuto la terrazza di copertura
dell’edificio di proprietà esclusiva dei convenuti in base alle seguenti erronee
considerazioni: 1) - la terrazza è destinata soltanto al servizio dell’appartamento del (…) e della (…) e manca un titolo da cui risulti, in contrasto con
tale situazione oggettiva, la sua appartenenza anche al proprietario del piano
rialzato; 2) - la terrazza ha una funzione solo sussidiaria di copertura dell’intero fabbricato; 3) - il Presidente dello I.A.C.P. con la sua nota del 5 marzo 1982
aveva escluso la proprietà comune della scala di accesso alla terrazza e aveva
attestato che le spese dell’energia elettrica per la sua illuminazione devono
essere pagate per intero dai proprietari dell’appartamento del primo piano;
4) - la comproprietà della terrazza non si deduce nemmeno dall’art. 206del
R.D. n. 1165 del 1938, sia perché questa norma fa salvo il caso, come quello
in esame, dell’uso esclusivo della terrazza da parte di uno o più condomini, sia
soprattutto perché la stessa è inapplicabile essendo stata vinta la presunzione
di cui all’art. 1117 del codice civile; 5) - l’art. 10 del regolamento per gli inquilini, richiamato negli atti di acquisto dei due appartamenti, secondo cui “la
terrazza serve a tutti gli inquilini del fabbricato e all’uso di essa sovrintende
il custode delegato dall’I.A.C.P.,” è inoperante nel caso in esame non potendo
accedersi alla terrazza dello appartamento del (…); 6) - la costruzione eseguita
sulla terrazza è legittima non avendo pregiudicato nè la statica del fabbricato,
nè il suo decoro architettonico.
In contrario si sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere che
la norma dell’art. 1117 del codice civile è dispositiva, nel senso che definisce comuni le cose da essa indicate, mentre avrebbe dovuto escludere che la
stessa preveda una presunzione di comunione di dette cose, potendo la proprietà esclusiva di queste risultare solo da un atto scritto. E, pertanto, nella
specie, in assenza di un titolo con cui si fosse attribuita la proprietà esclusiva
della terrazza di copertura dell’intero fabbricato ai convenuti, avrebbe dovuto dichiararne la natura condominiale ai sensi dell’art. 1117 n. 1 del codice
civile.
Si aggiunge che la Corte: a) - non avrebbe potuto ritenere la terrazza di proprietà esclusiva dei coniugi (…) in base alla nota del Presidente dell’I.A.C.P.,
costituendo questa una semplice comunicazione (atto unilaterale) di un soggetto che non aveva partecipato alla conclusione dei contratti di compravendita dei due appartamenti; b) - avrebbe dovuto ravvisare la comproprietà della
terrazza in base allo art. 206 del R.D. n. 1165 del 1938 secondo cui “I lastrici
solari e le terrazze, che non siano state originariamente destinate ai servizi
comuni anche di altri condomini, costituiscono proprietà comune, ma divisibile soltanto tra i condomini dei piani compresi nella colonna di fabbrica
sottostante, a meno che non siano stati in tutto o in parte assegnati in uso o
in proprietà ad uno od a più di essi”; c) - avrebbe dovuto valorizzare l’art.
10 del regolamento inquilini il quale è vincolante per tutti i proprietari dello
stabile essendo stato richiamato espressamente nei rispettivi atti di acquisto;
144
il condominio negli edifici
d) - avrebbe dovuto condannare i convenuti a demolire la sopraelevazione
essendosi con la sua costruzione violato, sia l’art. 10 del regolamento degli
inquilini, per il quale la terrazza è utilizzabile solo per lo “sciorinamento dei
panni”, sia l’art. 1120 del codice civile.
Il ricorso è fondato.
La norma dell’art. 1117 del codice civile stabilendo che: “Sono oggetto
di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un
edificio, se il contrario non risulta dal titolo”, le cose in essa elencate nei nn. 1,
2 e 3, non ha sancito una presunzione legale di comunione delle stesse, come
erroneamente si è affermato in alcune sentenze di questa Corte, ma ha disposto che detti beni sono comuni a meno che non risultino di proprietà esclusiva
in base a un titolo che può essere costituito o dal regolamento contrattuale o
dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche
dall’usucapione. E che la norma non abbia previsto una presunzione risulta
non solo dalla sua chiara lettera che ad essa non accenna affatto, ma anche dalla considerazione che nel codice si parla esplicitamente di presunzione ogni
qual volta con riguardo ad altre situazioni si è voluto richiamare questo mezzo
probatorio (v. art. 880, 881 e 899 cod. civ.). D’altra parte, se con la disposizione dell’art. 1117 si fosse effettivamente prevista la presunzione di comunione,
si sarebbe ammessa la prova della proprietà esclusiva con l’uso di qualsiasi
mezzo e non soltanto con il titolo.
Tuttavia, con le pronunce di questa Corte nelle quali è stato richiamato il
concetto di presunzione, non si è inteso affermare che la prova della proprietà
esclusiva delle cose comuni di cui all’art. 1117 cod. civ. possa essere fornita
con ogni mezzo e non con il solo titolo cui la norma espressamente si riferisce, ma si sono volute escludere dallo stesso complesso delle cose comuni
quelle parti che per le loro caratteristiche strutturali risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari di un determinato edificio. In altri termini, ritenendosi in tali decisioni che “la destinazione
particolare vince la presunzione legale di condominio alla stessa stregua di
un titolo contrario”, benché si sia richiamato erroneamente il concetto di presunzione, del tutto estraneo alla norma dell’art. 1117 civ., s è pero, enunciato
anche il principio, indubbiamente corretto, secondo cui una cosa non può
proprio rientrare nel novero di quelle comuni se serva per le sue caratteristiche strutturali soltanto all’uso e al godimento di una parte dell’immobile
oggetto di un autonomo diritto di proprietà. L’equivoco che dall’espressione
adottata in dette sentenze potrebbe tuttavia derivare, consiste nel ritenere che
la cd. presunzione legale di comunione possa essere vinta sia dalla destinazione particolare del bene, sia dal titolo, mentre è solo da quest’ultimo che
una cosa comune può risultare di proprietà singola, in quanto la destinazione
particolare esclude già all’origine che il bene rientri nella categoria delle cose
comuni, e che ad esso possa quindi riferirsi la norma dell’art. 1117 del codice
Questioni pratiche
145
civile. Come esempio chiarificatore può considerarsi l’ipotesi di una scala
che serva per accedere a un solo appartamento dell’edificio condominiale.
Non può dubitarsi che essa sia di proprietà esclusiva del titolare di questa
unità immobiliare, ma non perché la sua destinazione particolare superi la
presunzione legale di comunione, bensì in quanto in tale caso la scala per
le sue caratteristiche strutturali non rientra proprio nell’ambito delle cose
comuni di cui all’art. 1117 del codice civile.
Pertanto, deve ritenersi che il contrasto giurisprudenziale evidenziato non
sussiste, come è stato giustamente rilevato anche dal difensore del ricorrente, e
si devono solo correggere nei sensi sopra esposti gli errori nei quali le sezioni
semplici di questa Corte sono incorse ogni qual volta hanno affermato che la
norma dell’art. 1117 cod. civ. contempli una presunzione legale di comunione
e che “la destinazione particolare vince la presunzione legale di condominio
alla stessa stregua dell’esistenza di un titolo contrario”.
Ciò premesso, la Corte d’appello ha ritenuto che nella specie la terrazza di
copertura dell’intero edificio è di proprietà esclusiva dei convenuti, sul rilievo
che di essa solo costoro hanno la disponibilità potendo accedervi dalla scala
che conduce al loro appartamento del primo piano, mentre dal piano rialzato
di proprietà del (…) non è possibile salire sulla terrazza stessa in mancanza di
una seconda scala. Ma così decidendo la Corte ‘e incorsa in errore, perché, sia
per l’art. 1117 cod. civ. sia per l’art. 206 del R.D. 28 aprile 1938 n. 1165 (di
contenuto sostanzialmente analogo) i lastrici solari e le terrazze di copertura
(che dai primi si distinguono essendo accessibili e protette), a meno che non
risultino di proprietà esclusiva in base a un titolo, sono sempre comuni esercitando come superfici terminali la indefettibile funzione primaria di protezione
del fabbricato. L’uso della terrazza riservato soltanto ad alcuni condomini non
la rende di proprietà esclusiva dei medesimi, perché non determina il venire
meno della sua insopprimibile, fondamentale destinazione primaria di copertura dell’edificio. La soluzione della Corte del merito sarebbe stata, perciò,
corretta solo se la terrazza si fosse trovata al livello dello appartamento del
primo piano. Infatti, la terrazza a livello, a differenza di quella di copertura, è
costituita da una superficie scoperta posta alla sommità di alcuni vani e sullo
stesso piano di altri dei quali forma parte integrante strutturalmente e funzionalmente, nel senso che per le modalità costruttive, risulta destinata non tanto
e non solo a coprire le verticali del sottostante edificio, quanto e soprattutto a
dare un affaccio un’ulteriore comodità all’appartamento cui è collegata e del
qual costituisce una proiezione verso l’esterno.
Il Giudice d’appello, avendo deciso che, a causa della sua destinazione,
la terrazza di copertura appartiene soltanto ai proprietari del primo piano, ha
omesso di considerare che la medesima svolge la sua funzione fondamentale
di copertura - sia - dell’appartamento - dei convenuti, sia - dell’unità - immobiliare dell’attore. Inoltre, a - sostegno - della - sua statuizione ha dato rilievo
alla nota del 5 marzo 1982 del Presidente dell’I.A.C.P. che non ha, invece,
146
il condominio negli edifici
nessun valore ai fini della prova della proprietà esclusiva, non costituendo la
stessa titolo ai sensi degli art. 1117 cod. civ. e 206 del menzionato R.D. del
1938.
Infine, erronea perché fondata sul presupposto dell’appartenenza esclusiva della terrazza ai convenuti, è la decisione con cui la Corte del merito
ha ritenuto la liceità del manufatto su di - essa - costruito, e - tale - questione dovrà, quindi, essere riesaminata in base al principio secondo cui la
terrazza di copertura dell’intero fabbricato è di proprietà comune di tutti i
condomini.
Consegue - che - si - deve - accogliere - il ricorso, cassare la sentenza impugnata e rinviare la causa per un nuovo esame ad altra sezione della stessa
Corte d’appello, la quale, oltre a provvedere sulle spese di questo giudizio, si
adeguerà, nel decidere, al principio di diritto secondo cui: “Salvo che il contrario non risulti da un titolo, le terrazze di copertura dell’intero edificio sono
oggetto di proprietà comune di tutti i condomini”.
p.q.m.
la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità,
ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.
Roma 21 maggio 1993.
- Chi deve essere considerato condomino al fine della corretta comunicazione delle questioni inerenti la gestione del condominio (es. convocazione
assemblea, richieste di pagamento, ecc.). Che cosa si intende per condomino
apparente?
Per avere certezza di indirizzare correttamente le comunicazioni concernenti
questioni condominiali, è necessario comprendere quale significato si debba
dare al termine condomino e quali siano le situazioni giuridiche riconducibili
al soggetto che viene considerato tale.
A livello tecnico-giuridico con il termine condomino si individua il proprietario dell’appartamento sito in condominio. Ciò significa che l’unico soggetto
legittimato nei rapporti con il condominio è il proprietario. Tale assunto trova
giustificazione anche nella natura delle obbligazioni legate ad un immobile, le
quali vengono dette obbligazioni reali (o propter rem), cioè seguono automaticamente il trasferimento del diritto reale. In sostanza, per fare un esempio, le
spese condominiali non potranno mai essere chieste ad un inquilino in quanto
questo soggetto non potrà essere considerato condomino nell’accezione sopra
specificata (infra Cap. V).
Quando si parla di condomino apparente, si intende riferirsi al soggetto
che, sulla base di un proprio comportamento protratto nel tempo, può indur-
Questioni pratiche
147
re altri soggetti a considerarlo come il proprietario. La Corte di Cassazione
è intervenuta nel 2002 con una pronuncia delle Sezioni Unite chiarendo in
modo preciso e puntuale perché il principio dell’apparenza non possa essere
invocato nei rapporti condominiali. In sostanza ha messo da parte la figura del
c.d. condominio apparente.
Cass. SS.UU. 8 aprile 2002, n. 5035
Motivi della decisione
1. Con i tre motivi di cui si compone la impugnazione i ricorrenti denunciano:
a) violazione degli artt. 1123 c.c., 63 disp. att. c.c., 630 n. 1 c.p.c., nonché
violazione dei principi generali di diritto in ordine alla legittimazione passiva
delle parti. Assumono che in tema di ripartizione delle spese condomi­niali è
passivamente legittimato, rispetto all’azione giudizia­le per il recupero delle
quote di competenza, il vero pro­prietario della porzione immobiliare e non,
anche, chi possa apparire tale, difettando nei rapporti fra condomi­nio, che è
ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività
del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tute­la del terzo in buona fede;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c.;
c) violazione dell’art. 360 n. 5 per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione in ordine ai criteri da adottarsi per pervenire all’interpretazione del
patto di cui all’art 2 dell’atto notaio (…), e alla sua interpretazione;
d) violazio­ne e falsa applicazione degli artt. 1118 e 1123 c.c., 360 n. 1 c.p.c.
Sostengono i ricorrenti che la sentenza non contie­ne motivazione in ordine
alle ragioni per le quali non si potesse, come richiesto, procedere ad interpretazione lette­raria del patto in base al quale è stato escluso tra venditore ed
acquirente il pagamento delle spese di condominio.
e) violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa pro­nuncia in relazione al
punto relativo all’opponibilità al Condominio del patto di cui all’art. 2. Rilevano i ricorrenti che il Tribunale, benché con il secondo motivo di gravame
gli appellanti avessero censurato la sentenza sul punto in cui afferma che
il patto non era opponibile al Condominio, ha omesso ogni pronuncia sul
punto.
2. In relazione alla questione sottesa al primo mezzo impugnatorio - se in
tema di ripartizione delle spese condo­miniali sia passivamente legittimato,
rispetto all’azione giudiziale per il recupero delle quote di competenza, il vero
proprietario della porzione immobiliare ovvero chi possa apparire tale - la
causa è stata, come detto, rimessa all’esa­me di questo Collegio per composizione di contrasto di giurisprudenza.
3. Il denunciato contrasto effettivamente sussiste per­ché mentre un orientamento giurisprudenziale (per la verità più remoto e quasi superato, ma di
148
il condominio negli edifici
recente ripropo­sto unicamente da Cass. 20/3/1999 n. 2617) è nel senso che
debba continuare ad essere sottoposto al pagamento degli oneri condominiali
il venditore di una unità immobi­liare facente parte dell’edificio condominiale,
il quale, pur dopo il trasferimento della proprietà, ha continuato ad esercitare i
diritti apparenti del condomino (Cass. 14/2/1981 n. 907; 16/11/1984 n. 5818;
1/9/1990 n. 9079); altro, e più attuale, indirizzo giurisprudenziale, invece,
al contrario ritiene che obbligato al pagamento delle spese condominiali, e
quindi legittimato passivo, sia il vero proprietario della porzione immobiliare
(Cass. 3/4/2001 n. 4866; 19/4/2000 n. 5122; 8/8/1998 n. 6653; 27/6/1994 n.
6187).
4. L’orientamento giurisprudenziale, che ritiene l’appli­cabilità del principio
dell’apparenza del diritto nei rappor­ti tra condominio e condomino, si fonda
sulle seguenti considerazioni.
4.a. Innanzitutto rileva che lo stesso legislatore ha riconosciuto il principio
in questione alcune volte in modo espresso (come ad es. per gli acquisti a
titolo oneroso dall’erede apparente (art. 933 c.c. abr.; 534 c.c. vigente);per il
matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficia­le dello stato civile (art.
113 c.c.); per il pagamento fatto al creditore apparente (art. 189,1° comma,
c.c.), altre volte per implicito (ad es. negoziazione di titoli di credito, acqui­
sto di beni mobili, obbligazioni assunte dai soci di società apparente etc.).
Il principio è stato, quindi, esteso ed applicato, per ragioni di necessità che
affiorano nella prati­ca, alle situazioni oggettive nelle quali il terzo si sia dimo­
strato inconsapevolmente indotto a confidare nella rispon­denza al diritto della
situazione esteriorizzata. In particola­re, il principio dell’apparenza ha trovato applicazione nel campo dei diritti reali prima ancora che in altri campi,
come dimostra l’istituto del possesso, che ab antiquo è riconosciuto e tutelato,
senza riguardo alla titolarità del diritto, come espressione di un potere di fatto, esercitato come diritto di proprietà o altro diritto reale. Lo stesso si deve
dire per la concessione di ipoteca da parte del pro­prietario apparente, ai fini
dell’iscrizione e della trascrizio­ne, che può prevalere sul diritto dell’effettivo
proprietario.
4.b. Osserva poi l’orientamento in esame che i concetti di pubblicità e di
apparenza, che rilevano nel caso di specie, e, che sembrerebbero inconciliabili, non lo sono, in effetti, in modo assoluto, perché, nonostante la prima
consenta ai terzi di accertare la realtà giuridica di una situazione determinata
che - indipendentemente dall’uso errato o fraudolento degli strumenti pubblicitari - può anche non coincidere con quella effettiva, in ogni caso la pubblicità non impedisce che su di essa possa venire a innestarsi una situazione
derivata che, nel complesso dei suoi elementi costitutivi, consenta di ravvisare l’esistenza di circostanze idonee a generare il legittimo convincimen­
to del terzo di essere entrato in rapporto con l’avente diritto. Esplicitando
meglio tale concetto, l’orientamento giurisprudenziale in esame rileva che
la configurazione del­l’apparenza richiede necessariamente il concorso di
Questioni pratiche
149
due condizioni: quella di uno stato di fatto formalmente rispon­dente a una
realtà giuridica, e l’altra, del giustificato convin­cimento del terzo che le due
situazioni coincidano. A fronte di ciò può dirsi, in generale, che la tutela
dell’appa­renza del diritto non può essere invocata da chi abbia trascurato di
accertare sui pubblici registri, contro ogni norma di avvedutezza, la situazione giuridica, appunto per­ché la pubblicità, dov’è imposta, ha la funzione
di rendere nota ufficialmente la posizione che ne forma oggetto. Que­sto,
tuttavia, quando il nesso sia diretto; quando, invece, il rapporto negoziale non riguarda la situazione giuridica resa pubblica, perché si riconduce
ad, essa solo in via media­ta, il riferimento alle risultanze dei pubblici registri viene a perdere il suo carattere determinante, dal quale deriva l’onere
dell’accertamento, per declassarsi a semplice inda­gine cautelativa, che può
risultare anche ultronea rispetto alle esigenze della pratica del diritto (Cass.
16/11/1984 n. 5818).
4.c. La fattispecie complessa che viene a configurarsi nel caso dei rapporti tra
condominio e condomino per quanto concerne le somme dovute da quest’ultimo, frappo­nendosi tra la pubblicità e la situazione di diritto apparen­te, allenta,
o interrompe, addirittura, il legame fra i due elementi, consentendo di invocare utilmente il principio dell’apparenza come discriminante dell’errore, quando as­sume rilevanza giuridica autonoma (Cass. 1/9/1990 n. 9079; 14/2/1981
n. 907).
5. In dottrina gli autori che sostengono l’applicabilità della tutela dell’apparenza nei rapporti tra condominio e falso condomino, svolgono le seguenti
considerazioni.
5.a. L’apparenza non è un fenomeno patologico che assume rilevanza solo
in ipotesi eccezionali perché, al contrario essa può essere riconosciuta quale
canone gene­rale dell’ordinamento applicabile, quindi, per analogia.
5.b. La certezza del diritto presuppone che sia possibi­le portare a conoscenza
della generalità ogni situazione giuridicamente rilevante, come non è in effetti, e come non appare nemmeno realizzabile, in molti casi, a causa della molteplicità dei rapporti giuridici esistenti e della rigidità insita in ogni sistema
di pubblicità legale. In tal senso è stato osservato che la imperfetta organizzazione del siste­ma di pubblicità nel diritto italiano e l’insufficiente svilup­po
degli strumenti del formalismo giuridico rendono ne­cessario un mezzo che
supplisca a cedeste deficienze, garantendo la tutela di interessi considerati
eminenti.
5.c. L’esigenza di tutelare l’amministrazione condomi­niale che ha fatto ragionevole affidamento su una situazio­ne manifesta ha portato ad attenuare il rigore del collega­mento fra il potere di disposizione del diritto ed il suo titolare,
riconoscendo la rispondenza alla realtà giuridica della situazione apparente
quando l’accertamento della titolarità venga a risolversi in un intralcio alla
circolazione dei beni e alla costituzione dei rapporti giuridici, tanto più che
il comportamento posto in essere da chi si presenta come condomino senza
150
il condominio negli edifici
esserlo si pone in violazione dei doveri di correttezza e di informazione all’interno del condominio.
5.d. Nell’ambito dei diritti reali l’apparenza è di remo­ta applicazione come
dimostra la disciplina del possesso, tutelato anche contro l’effettivo proprietario come espres­sione di un potere di fatto esercitato come diritto di pro­prietà
o altro diritto reale.
5.e. Il mancato controllo nei pubblici registri della posizione di proprietario
del presunto condomino, da par­te dell’amministratore condominiale, non è
di ostacolo alla invocabilità del principio dell’apparenza del diritto, giacché
questa può essere fatta valere anche quando la situazione apparente non
coincide con quella risultante dai pubblici registri, ove non viene in rilievo
direttamente, ma solo come presupposto di una fattispecie complessa, rilevante autonomamente sul piano giuridico, addotta per giustificare l’errore
del terzo di buona fede. La pretesa fatta valere dall’amministratore, infatti, riguarda l’adempi­mento di un’obbligazione pecuniaria connessa con la
tito­larità del diritto di proprietà, e non questo diritto di per sé, o nei suoi
riflessi reali. In altri termini i rapporti relativi al pagamento delle spese
condominiali per l’utilizzazione del­le parti comuni che accedono all’unità
immobiliare di proprietà individuale non concernono in via primaria e diretta l’avvenuto trasferimento della predetta unità immo­biliare, sicché le risultanze dei registri immobiliari sono rilevanti solo in via mediata, perdendo
quel carattere deter­minante dal quale deriva l’onere dell’accertamento che
può anche risultare ultroneo rispetto alle esigenze della gestione delle spese
condominiali.
5.f. Ulteriore riscontro del fatto che la materia degli oneri condominiali, sebbene connessa con il diritto di proprietà, non integra una situazione di diritto
reale, è costituito dal fatto che il pagamento effettuato per più anni in base a
tabelle apparenti, perché non corrispondenti all’effettivo valore delle proprietà individuali, da luogo alla vigenza delle tabelle stesse, approvate per fatta
concludentia, senza alcuna forma ad substantiam e senza dover verificare l’effettiva corrispondenza tra i millesimi corrispo­sti e quelli effettivamente dovuti
in base al valore della proprietà secondo il disposto degli artt. 1123 c.c. e 63
disp. att. dello stesso codice.
6. L’opposto orientamento giurisprudenziale afferma, invece, che in tema
di ripartizione delle spese condominia­li è passivamente legittimato, rispetto all’azione giudiziale per il recupero della quota di competenza, il vero
proprie­tario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale,
difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le
condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, coessenziale alla tutela di terzi in buona fede (Cass. 8/7/1998 n. 6653).
6.a. Si è a tale proposito rilevato che il principio dell’apparenza del diritto
è collegato alla esigenza di tutela­re l’affidamento incolpevole, e, cioè, la
buona fede del terzo, che, senza sua colpa, abbia fatto affidamento su una
Questioni pratiche
151
determinata situazione, esistente però solo in apparenza, alla quale, quindi, al di fuori dell’applicazione del princi­pio in argomento, non potrebbe
collegarsi nessun effetto giuridico, con grave pregiudizio del terzo, cui, in
tesi, non è addebitabile un incauto affidamento. Caso tipico di appli­cazione
del principio suddetto è quello dell’apparente rap­presentato, il quale si sia
comportato nel mondo esterno in maniera tale da ingenerare nel terzo la
convinzione plausi­bile e ragionevole della effettiva sussistenza della rappresentanza: in tal caso, in forza del principio dell’apparenza del diritto,
l’apparente rappresentato è tenuto a far fronte agli obblighi assunti in suo
nome dal falsus procurator (in effetti, al di fuori dell’applicazione del principio dell’ap­parenza del diritto, gli obblighi assunti dal falsus procurator in
nome altrui non sorgerebbero ne in capo al falsus procurator, non avendoli
lo stesso assunti in nome pro­prio, ne in capo all’apparente rappresentato,
mancando la rappresentanza, con la conseguenza che il terzo in buona fede
resterebbe pregiudicato nei suoi diritti e nei suoi interessi, per aver confidato, senza sua colpa, nella validità e nella efficacia di un contratto). Altro
caso tipico di applicazione del principio in discorso è quello della c.d. società di fatto che, ancorché non esistente nella realtà dei rapporti giuridici,
può apparire come tale di fronte ai terzi, quando due o più soggetti agiscano
nel mondo esterno, in modo da determinare la opinione che essi siano soci:
in questo caso, sempre per la esigenza di tutelare la buona fede del terzo,
questi, che senza sua colpa abbia fatto affidamento sulla esistenza effettiva
di un rapporto societa­rio fra alcune persone e sia venuto in rapporto con una
di queste che abbia agito in nome e per conto della società, potrà sempre
invocare la responsabilità illimitata e solida­le di tutte quelle persone che
operavano in modo da apparire legate da un effettivo vincolo sociale (Cass.
27/6/1994 n. 6187).
6.b. Nel caso, invece, del rapporto tra il condominio ed il singolo condomino
(proprietario esclusivo di singole unità immobiliari dello stabile condominiale), in ordine al pagamento, da parte di quest’ultimo, della sua quota di
spese sostenute per la conservazione e per il godimento delle parti comuni
dell’edificio, owero per la prestazione dei servizi nell’interesse comune o
per le innovazioni deli­berate dalla maggioranza, non si pone affatto una
esigenza di tutelare al riguardo l’affidamento incolpevole del condo­minio
e, quindi, di dare, a tal fine, corpo e sostanza ad una situazione apparente
per non pregiudicare il condominio medesimo (Cass. 19/4/2000 n. 5122).
Invero, a prescinde­re dalla considerazione che il condominio non è terzo ma
una parte del rapporto, in tal caso, non può, ai fini della tutela della buona
fede del condominio, sorgere la necessi­tà di collegare effetti giuridici ad una
situazione apparente, come è nei casi esemplificati sopra, nei quali, se non
si collegassero effetti giuridici alla situazione apparente, il terzo incolpevole
non vedrebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validità aveva senza sua colpa confidato. Il rapporto giuridico tra il condominio e l’effettivo
152
il condominio negli edifici
singolo condomino, proprietario esclusivo della unità immobilia­re, esiste,
infatti, in ogni caso nella realtà, essendo previsto dagli artt. 1123 c.c. e 63
disp. att. di detto codice, e trattasi di un rapporto che, risultando da una situazione obiettiva quale è quella della proprietà delle varie unità immobilia­
ri, non può essere influenzato dal comportamento di alcu­no, rispetto al quale
è oltretutto anteriore.
6c. Si è pure osservato che paradossalmente, nel caso di rapporti tra condominio e condomino, con la pretesa applicazione del principio dell’apparenza
del diritto, si determinerebbe una situazione in un certo senso opposta a quella
che si verifica nei casi della società apparente e dell’apparente rappresentato: in questi, infatti, non esiste un valido ed effettivo rapporto e, per la tutela
dell’affida­mento e della buona fede del terzo incolpevole, si deve attribuire
rilevanza giuridica ad una situazione meramente apparente; nel caso in esame,
invece, esiste, nella realtà giuridica un effettivo rapporto e lo si mette in non
cale in forza di una situazione meramente apparente, da cui, sen­za necessità
alcuna, si fa discendere un rapporto dello stesso contenuto (peraltro non assistito da garanzie come quello effettivo). Il fatto che il condominio, per errore
determinato da un comportamento altrui, possa avere in­trapreso una iniziativa
giudiziaria, può valere ad altri effetti e determinare semmai altre responsabilità
ed in altre dire­zioni, ma non può portare a porre, a carico di un soggetto un
obbligo che, invece, la legge pone a carico di un altro soggetto, esistente e bene
individuato in base ad un rappor­to oggettivo (Cass. 27/6/1994 n. 6187).
7. La dottrina che commenta favorevolmente l’orienta­mento giurisprudenziale volto a negare la possibilità di applicare il principio dell’apparenza in tema
di pagamento di spese condominiali, chieste dall’amministratore all’ap­parente
condomino, svolge le seguenti considerazioni.
7.a. Innanzitutto sostiene che non è possibile superare il limite sempre riconosciuto dell’operatività del principio dell’apparenza per tutti quei casi in cui
l’ordinamento attribuisce valore costitutivo, probatorio o anche di sempli­ce
notizia ad un particolare sistema di pubblicità diretta a rendere nota ai terzi
una determinata situazione giuridica sulla quale possono fare legittimo affidamento. Pubblicità e apparenza sono infatti istituti che si completano l’un
l’altro, rispondenti alle medesime finalità di tutela dei terzi di buona fede; ma
proprio perché tendenti alle stesse esigenze pratiche, logica vuole che dove
opera la prima non abbia più ragione di operare la seconda. La tutela dell’apparenza non può infatti tradursi in un indebito van­taggio per chi abbia trascurato di accertarsi della realtà delle cose, preferendo affidarsi alla parvenza
dei fatti. La titolarità del diritto reale rimane dunque la posizione giuri­dica
essenziale e maggiormente rilevante, sia pure come presupposto determinante
in una fattispecie più comples­sa; e non si vede come possa riconoscersi rilievo
alcuno alla situazione giuridica apparente, in contrasto con quella risultante
dai pubblici registri, senza mettere in forse la stessa validità e vigenza di tutto
il sistema di pubblicità.
Questioni pratiche
153
7.b. Richiama poi i principi di carattere generale elabo­rati in tema di tutela
dell’apparenza del diritto secondo cui apparenza e pubblicità sono - e insieme
con altri - strumen­ti concorrenti di tutela giuridica di una medesima esigenza
pratica in relazione alla quale la c.d. apparenza assume la funzione di mezzo
complementare, per cui là dove la pubblicità si attua pienamente e compiutamente, deve escludersi ogni autonoma tutela dell’apparenza, comun­que venga
intesa. Infatti, quando la legge con i normali sistemi di pubblicità consente
al contraente di accertarsi del vero stato delle cose, non è necessario alcun
principio che protegge la buona fede del terzo, il quale faccia affida­mento
su di una situazione apparente. Pertanto la pubblici­tà è un limite all’efficacia
dell’apparenza. E questa affermazione trova puntuale riscontro nel costante
orientamento della giurisprudenza secondo il quale il principio dell’ap­parenza
del diritto non può essere invocato quando la situazione che si pretende apparente sia in contrasto con situazioni giuridiche risultanti dalla pubblicità
legale. L’ap­parenza è infatti uno strumento elastico idoneo a penetra­re nei
campi in cui il formalismo giuridico non ha avuto la possibilità di esplicarsi, e
mira a proteggere l’interesse dei terzi tutte le volte in cui essi non hanno una
dichiarazione formale su cui poggiare e tuttavia sono stati tratti in ingan­no da
una situazione di fatto che abbia manifestato come esistente una realtà giuridica inesistente.
7.c. La dottrina che esclude la tutela dell’apparenza del diritto ai rapporti tra
condominio e condomino apparente rileva ulteriormente che non può attribuirsi al conduttore di un’unità immobiliare la qualità di condomino per il
solo fatto di avere egli partecipato alle assemblee condominiali, diritto che,
peraltro, gli è riconosciuto dall’ari 10 della 1. n, 392 del 1978; tale norma si
limita a prevedere solo una legittimazione del conduttore alla partecipazione
alle as­semblee condominiali relative a determinate materie, con diritto di voto
o di intervento nelle relative delibere e non una legittimazione passiva del
conduttore nei confronti del condominio in ordine al pagamento degli oneri
condomi­niali. Il nostro legislatore non prevede una azione diretta del condominio nei confronti del conduttore di una unità immobiliare. L’unico caso in
cui potrebbe sussistere una obbligazione del conduttore nei confronti del condomino sarebbe quello in cui il conduttore, d’accordo con il locato­re, si fosse
accollato (con un accollo esterno) i pagamenti da effettuare periodicamente
all’amministratore, sempreché anch’egli avesse aderito a tale convenzione a
norma dell’ari 1273 c.c. o ne fosse stato comunque a conoscen­za. La legge n.
392 del 1978 non ha, nei confronti del condominio, aggiunto al debitore originario (il condomi­no) un altro debitore (il conduttore), ma ha soltanto voluto
disciplinare i rapporti tra conduttore e locatore.
8. Ritiene il Collegio che, valutate tali opposte prospetta­zioni e le rispettive
argomentazioni, le quali, peraltro, più che fronteggiarsi (come in taluni momenti pur è avvenuto) in termini di radicale contrapposizione hanno, tendenzialmente, piuttosto, espresso una evoluzione, per aggiusta­menti successivi, di
154
il condominio negli edifici
una linea interpretativa, la questione di contrasto, per quanto e nei limiti in cui
episodicamente ancora si ripropone, debba comporsi in conformità del riferito
più recente indirizzo che perviene ad escludere l’applicazione del principio
dell’apparenza del diritto nei rapporti tra condominio e condomino, nel senso
che in tema di ripartizione delle spese condominiali è passiva­mente legittimato, rispetto all’azione giudiziaria promossa dall’amministratore per il recupero
della quota di compe­tenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e
non anche chi possa apparire tale.
E ciò sia in considerazione della suitas dell’apparenza del diritto, sia sulla
base di una corretta interpretazione degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c.,
avuto riguardo alla natura processuale (contenziosa) dell’iniziativa giudiziaria
intrapresa dall’amministratore e al sistema delle garanzie del credito.
8.1. Il principio dell’apparenza del diritto - ancorché rispondente (come ammesso in dottrina, ma soprattutto in giurisprudenza) ad uno schema negoziale
di vasta portata, trascendente l’ambito delle singole figure legislativamente
disciplinate e riconducibile a quello più generale della tutela dell’affidamento
incolpevole - ha, però, una sua innegabile specificità e peculiarità, nel senso
che non è suscettibile di incauti impieghi, specie in relazione a quelle fattispecie che trovano già nella legge una compiuta disci­plina, venendo in considerazione solo in presenza dell’esi­genza di tutelare il terzo in buona fede in ordine
alla corrispondenza fra la situazione apparente e quella reale.
8.2. Nel caso del rapporto tra condominio (che pacifi­camente è ente di gestione) e il singolo condomino (pro­prietario esclusivo di determinate porzioni
di piano o di unità immobiliari dello stabile condominiale) in ordine al pagamento, da parte di quest’ultimo, della sua quota di spese, sostenute per la
conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione di servi­zi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla
maggioranza, una esigenza di tutelare al riguardo l’affidamento incolpevole
del condominio (che terzo non è) e, quindi, di dare a tal fine corpo e sostanza
ad una situazione apparente per non pregiudicare il condominio medesimo,
non si pone affatto.
Come già osservato, innanzitutto il condominio non è terzo ma una parte del rapporto, sicché rispetto ad esso non è possibile convenire la inesistente titolarità del diritto di proprietà nella effettiva titolarità e la inesistente
legittima­zione in una effettiva legittimazione nascente dalla situazio­ne di apparenza. Inoltre, nel caso in esame, è da escludere la necessità, ai fini della
tutela della buona fede del condo­minio, di collegare effetti giuridici ad una
situazione appa­rente, come avviene nelle ipotesi di applicazione del princi­pio
dell’apparenza del diritto, dove, in mancanza di tale collegamento, il terzo incolpevole non vedrebbe sorgere il rapporto sulla cui esistenza e validità aveva
senza sua colpa confidato, perché il rapporto giuridico tra il condominio e il
singolo condomino, proprietario esclusivo di unità im­mobiliari, esiste in ogni
caso nella realtà.
Questioni pratiche
155
8.3. Invero tale rapporto è espressamente previsto dagli artt. 1123 c.c. e
63 disp. att. c.c., che disciplinano compiutamente la materia della ripartizione delle spese e del recupero, da parte dell’amministratore, della quota di competenza del singolo condomino, stabilendo l’art. 1123 c.c. (primo
comma) che «Le spese necessario per la conservazione e per il godimento
delle parti comuni del­l’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse
comu­ne e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute
dai condomini in misura proporzionale ad valo­re della proprietà di ciascuno, salva diversa convenzione» e l’art. 63 disp. att. c.c. (primo comma) che
«Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato
dall’assemblea, l’amministratore può ottenere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante opposizione», aggiungendo (secondo comma) che «Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidal­mente
con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello
precedente».
8.4. L’ipotesi non contenziosa del rapporto va mante­nuta distinta da quella
contenziosa.
Le esigenze di celerità, praticità e funzionalità, addotte a giustificazione
dell’applicazione dell’istituto dell’apparen­za del diritto, valgono per l’ipotesi non contenziosa del rapporto, quando, cioè, l’apparente condomino non
solle­va alcuna contestazione provvedendo al pagamento degli oneri condominiali. In tal caso le violazioni dei rispettivi doveri (quelli di correttezza
e di informazione a carico del condomino apparente e quelli di consultazione dei registri immobiliari a carico dell’amministratore) non rilevano;
in particolare l’amministratore non è tenuto ad effettuare alcuna indagine,
mediante consultazione dei pubblici regi­stri (che può essere anche costosa
e a volte, complessa, con grave nocumento per la gestione condominiale)
circa il vero proprietario dell’unità immobiliare, potendo oltre­tutto il problema essere affrontato anche in termini di adempimento del terzo (art.
1180 c.c.).
Diversa è l’ipotesi contenziosa, quando cioè l’ammini­stratore, in presenza di mancato pagamento, deve agire giudizialmente per il recupero delle
spese condominiali. In tal caso, l’istituto dell’apparenza del diritto, che non
è di natura processuale, bensì di natura sostanziale, non può valere a giustificare un’iniziativa giudiziaria svincolata dalla realtà; mentre la violazione dei rispettivi doveri va conside­rata, esigendo nel contempo un collegato giudizio di com­parazione e bilanciamento tra situazioni contrapposte.
8.5. Nell’ipotesi in cui l’amministratore agisca per il recupero delle spese di
competenza, l’osservanza del dove­re di consultazione dei registri immobiliari presso la con­servatoria assume rilievo ed è preminente (rispetto al contrapposto dovere di correttezza e informativa) per l’in­dividuazione del vero
condomino obbligato, non solo per­ché corrisponde a regola di normale prudenza accertare l’effettivo legittimato passivo allorché si intende dare inizio
156
il condominio negli edifici
ad un’azione giudiziaria, ma anche perché appare confor­me al sistema della
tutela del credito.
Sotto quest’ultimo profilo, ancorché generalmente l’omesso pagamento si
verifica per le spese (consistenti) collegate alle innovazioni deliberate dalla
maggioranza (come nel caso specifico), l’amministratore che agisce contro
il condomino apparente, nell’ipotesi in cui quest’ul­timo sia privo di beni, potrebbe non vedere soddisfatto il credito azionato, con grave pregiudizio per
la gestione condominiale. Laddove, invece, essendo il vero condomi­no proprietario dell’unità immobiliare, l’amministratore che agisce contro di lui può
utilmente esperire tutti i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
(in particola­re chiedere sequestro conservativo: artt. 2905 c.c. e 671 c.p.c.) per
il soddisfacimento del credito.
Il sistema normativo (art. 1123 e art. 63 disp. att. c.c.) che, in tema di
omesso pagamento delle spese condominia­li, consente all’amministratore di ottenere decreto di in­giunzione immediatamente esecutivo, nonostante
opposi­zione, stabilendo altresì che chi subentra nei diritti di un condomino è
obbligato solidalmente con questo al paga­mento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente, è finalizzato non soltanto alla celerilà ma
an­che al rafforzamento e soddisfacimento del credito per il buon andamento e
operatività della gestione condominiale.
9. Conclusivamente deve affermarsi (in tal senso, quin­di, risolvendosi la questione di contrasto) che, in caso di azione giudiziale dell’amministratore del
condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità
immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale.
Alla luce del principio enunciato, la sentenza del Tribu­nale, che da esso si è
discostato, non resiste alle censure formulate con il primo motivo del ricorso,
che va accolto, assorbiti gli altri.
Di conseguenza la sentenza impugnata va cassata; e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, in applicazione dell’ari. 384
c.p.c., decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda proposta dal Condo­
minio (…) e, per l’effetto, revoca l’opposto decreto ingiuntivo (…) del Pretore
di Salerno.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dell’intero
giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite,
accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda,
proposta dal Condominio (…) nei confronti (…), revo­cando l’opposto decreto
ingiuntivo (…).
Roma, 14 febbraio 2002. Depositata in cancelleria in data 8 aprile 2002.
Formulario
313
Lettera di segnalazione di avvenuta lesione
del decoro architettonico
Spett.le Condominio Alfa
In persona dell’amministratore pro tempore
Via _______
Oggetto: segnalazione di lesione del decoro architettonico dell’edificio
Egr. Amministratore,
Il sottoscritto _________ proprietario di un’unità immobiliare posta nel condominio Alfa sito in ______ alla via __________, in relazione a quanto in oggetto specificato Vi significa quanto segue.
A partire dal giorno _________ sulla facciata principale (descrivere in modo preciso e circostanziato il fatto ritenuto lesivo del decoro architettonico dello stabile,
laddove possibile indicando l’autore dello stesso fatto lesivo. Citare, se presenti, le
norme del regolamento condominiale relative al decoro dello stabile).
Tanto premesso lo scrivente fa istanza affinché Ella, nell’esercizio delle funzioni
conferitigli ex art. 1130, primo comma n. 2, c.c. intervenga per ripristinare lo status
quo ante. Fin da ora viene formulata ampia riserva di agire per ottenere quanto di
giustizia.
Distinti saluti
Luogo,______________
Firma
314
il condominio negli edifici
Convocazione dell’assemblea
per la nomina dell’amministratore di condominio
Ai sigg. condomini
Del condominio Alfa
Loro sedi
Oggetto: convocazione dell’assemblea condominiale per la nomina
dell’amministratore di condominio
Il sottoscritto ___________ proprietario di un’unità immobiliare posta nel condominio Alfa sito in ______ alla via __________ , comunica quanto segue.
Il condominio Alfa è composto da _ unità immobiliari per un totale di __ partecipanti. Ciò significa che ai sensi dell’art. 1129, primo comma, c.c. è obbligatorio
nominare un amministratore.
Tanto premesso, il sottoscritto ai sensi dell’art. 66, secondo comma, disp. att. c.c.
convoca l’assemblea di condominio in prima convocazione per il giorno _________
alle ore _______ presso _____________ e qualora questa andasse deserta in seconda
convocazione per il giorno _________ alle ore _______ presso _____________ (ai
fini della fissazione della data di quest’ultima si rammenta che ex art. 1136, terzo
comma, c.c. l’assemblea in seconda convocazione deve svolgersi il giorno successivo
a quella di prima e comunque al massimo entro 10 giorni dalla stessa) per discutere
e deliberare sul seguente ordine del giorno:
- nomina amministratore di condominio;
- varie ed eventuali.
Si rammenta che il mancato svolgimento dell’assemblea e/o comunque l’impossibilità di deliberare per mancanza dei quorum necessari per la nomina dell’amministratore dà facoltà ad ogni condomino, ex art. 1129, primo comma, c.c. di ricorrere
all’Autorità Giudiziaria affinché la stessa provveda, in vece dell’assemblea, alla nomina dell’amministratore.
Distinti saluti
Luogo,______________
Firma
Formulario
315
Convocazione dell’assemblea ordinaria
da parte dell’amministratore
Ai Sigg.Condomini
Oggetto: Assemblea ordinaria
E’ indetta, presso lo studio dell’amministratore sig. ______ alla via ________ in
____, l’assemblea ordinaria dei condomini il giorno _______ ore____ in prima convocazione e il giorno _______ ore ___ in seconda convocazione per discutere e deliberare sul seguente ordine del giorno:
-
-
-
-
approvazione rendiconto ordinario al ________ e del relativo piano di riparto
conferma o revoca e nomina amministratore
approvazione preventivo ordinario _________
eventuali e varie.
Si allega copia del rendiconto ordinario ____ e del preventivo ____. I documenti
giustificativi sono a disposizione dei condomini presso lo studio dell’amministratore
negli orari d’ufficio, fino al _____. Si allega copia (inserire eventuale altra documentazione da allegare).
Distinti saluti.
Luogo,_____
L’Amministratore
316
il condominio negli edifici
Convocazione dell’assemblea straordinaria
da parte dell’amministratore
Ai Sigg. Condomini
Oggetto: Assemblea straordinaria
E’ indetta, presso lo studio dell’amministratore sig. ______ alla via ________ in
____, l’assemblea straordinaria dei condomini il giorno _______ ore____ in prima
convocazione e il giorno _______ ore ___ in seconda convocazione per discutere e
deliberare sul seguente ordine del giorno:
(inserire gli argomenti che l’amministratore intende sottoporre all’attenzione
dell’assemblea)
Si allega copia (inserire eventuale altra documentazione da allegare).
Distinti saluti.
Luogo,_____
L’Amministratore
n.b. se la convocazione viene effettuata a seguito di richiesta dei condomini ex art.
66 disp. att. c.c. pur non essendo obbligatorio e utile fare menzione del fatto nell’avviso.