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FACOLTÀ
À
DI LETTERE E FILOS
SOFIA
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Prof. Pasquuale Luigi Di Viggiano
A.A
A. 2011‐201
12
1. Il d
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che danno possibilità all'agire di attualizzarsi e sono capaci di resistere anche in presenza
di comportamenti fattuali deludenti.
In questo modo la sociologia del diritto, che assolve al compito di descrivere il
costituirsi, stabilizzarsi e trasformarsi dell'idea di aspettativa nella semantica del diritto
moderno, può descrivere in modo non tautologico la comunicazione prodotta attraverso il
diritto. Abbiamo riferito l'idea di aspettativa alla normatività del diritto, essa però indica
anche una essenziale possibilità evolutiva della semantica della società. Infatti, mentre si
svolge il processo di affermazione della società moderna, contemporaneamente si verifica
la stabilizzazione dell'idea di aspettativa. Osservare lo svolgersi di questo progetto è
proficuo perché offre la possibilità di capire perché il diritto, mentre si differenzia, si
caratterizzi come sistema sociale che stabilizza, secondo particolari modalità, le
aspettative di comportamento conferendo loro, in questo modo, il carattere della
normatività. Perché questo processo si renda possibile il diritto si serve di strategie che, di
volta in volta, rendono cognitiva la stabilizzazione normativa del sistema delle aspettative.
Questo modo di operare produce quella variabilità strutturale che è presupposto e insieme
condizione dell'evoluzione e stabilizzazione dell'età moderna.
2. Forme delle aspettative.
Per trattare del sistema delle aspettative e dei suoi vari livelli riflessivi è necessario
riferirlo alla complessità e alla contingenza del campo di esperienza, soprattutto in
relazione al suo aspetto concreto e alle astrazioni che lo regolano e lo integrano come
struttura. Centrale per il problema delle aspettative è, dunque, il concetto di struttura di cui
abbiamo più volte parlato, ma senza ulteriori chiarimenti. Cercheremo, allora di
puntualizzare la nostra idea di struttura per una proficua trattazione delle aspettative e per
rendere più trasparenti quegli ambiti concettuali in cui è stato usato il termine in questione,
ma che potrebbero essere rimasti nebulosi a causa della nostra necessaria concisione
nello svolgimento dei concetti.
Per definire la struttura1, in genere, si ricorre ad una sua proprietà, vale a dire alla sua
relativa costanza. Questa apparente contraddizione di termini, pur rendendo bene l'idea di
cosa oggi s'intendente per struttura, tuttavia elude la più interessante questione delle
ragioni per cui si ha bisogno di una costanza relativa. La risposta a questi quesiti può
1
Cfr. C. Baraldi, G. Corsi, E. Esposito, voce Struttura, in Luhmann in glossario, cit..
essere data definendo la struttura mediante la sua funzione più specifica: è operare
selezioni e rafforzare la selettività mediante una doppia selezione.
Diventa vantaggioso, se non indispensabile, in un mondo complesso e contingente,
costituito in base al senso, mettere in rapporto tra loro le diverse fasi in cui si svolge il
processo di selezione. Nel processo quotidiano della comunicazione si sceglie da una
pluralità di possibilità di comunicazione e colui che viene investito dal flusso comunicativo
non recepisce più ciò che è stato comunicato come selezione, ma come premessa delle
proprie selezioni a cui collegare scelte per una nuova selezione. Questo meccanismo, in
gran parte inconscio o, quanto meno non a livelli elevati di coscienza, libera il singolo da
gran parte dell'onere di un esame autonomo delle alternative e dal dover problematizzare,
tutte le volte che opera una selezione, i sedimenti di senso acquisiti.
Riferendo una selezione ad un'altra selezione le strutture potenziano questo effetto di
alleggerimento perché limitano il campo delle possibilità di scelta in quanto scelgono
preliminarmente ciò che deve essere scelto 2 . In questo modo le strutture determinano
l'arbitrario e riducono in un ambito più ristretto e più accessibile le infinite possibilità di
scelta. A suffragio di questa tesi, e a mo’ di esempio, N. Luhmann, parla della funzione del
linguaggio che con la sua struttura e
3
mediante la preselezione di un “codice” di possibili significati, consente ad
ognuno di scegliere il proprio discorso in modo rapido, scorrevole e dotato di
senso.
La prestazione che rende la struttura indefinita e non vincolante risiede nel fatto che la
sua funzione riduttiva si esplica anzitutto come “messa in ombra di alternative”. Questo
modo di essere rende superfluo esplicitare gli assunti strutturanti da cui si prendono le
mosse, cioè non vengono messi continuamente in discussione. L'analisi sociologica deve
superare questo livello di assunzione della struttura considerandone la selettività e la nonovvietà. Quindi essa deve potersi rappresentare la realtà come più complicata e più ricca
di alternative di quanto non appaia a chi, senza problematizzarla, vive in essa. Possibilità
diverse si mostrano in selezioni della struttura allorché subentrano delusioni di
un'aspettativa.
Il riferimento di questa alla realtà risulta proprio dalla sua possibilità di essere delusa,
piuttosto che da una sua regolarità di realizzazione. Poiché le strutture consolidano come
attendibili solo una porzione molto ristretta del possibile, esse “ingannano” sulla vera
2
3
Cfr. N. Luhmann, Sociologia del diritto, cit., p. 50.
Cfr. C. Baraldi, G. Corsi, E. Esposito, voce Codice in Luhmann in glossario, cit., pp. 61-64.
complessità del mondo, correndo il rischio di essere continuamente deluse. Da questo
punto di vista le strutture trasformano il permanente possibile della complessità in
delusioni eventuali contro cui è possibile realmente intraprendere qualcosa: si può dire
così che le strutture (dal punto di vista psichico) regolano la paura4 quindi nel giudicare
l'adeguatezza delle strutture, bisogna sempre tener presente il problema della delusione.
Stabilizzazione delle strutture vuol dire, dunque, oltre che progetto dotato di senso,
anche la messa a punto di meccanismi per l'assorbimento delle delusioni. Questo
intendere la struttura come stabile, e tuttavia suscettibile di delusioni, costringe ad
assumere dei rischi5 che porterebbero a insopportabili tensioni e difficoltà di orientamento
se il sistema sociale della società non disponesse di due possibilità antitetiche per reagire
alla delusione delle aspettative. Nel momento in cui le delusioni si presentano come
oggetto di esperienza nel quadro della realtà, rimane un'alternativa: o cambiare le
aspettative deluse cercando di adattarle alla realtà deludente, oppure mantenerle ferme a
dispetto della realtà deludente6. In base all'atteggiamento che è dominante, in questi casi,
si può parlare di aspettative cognitive o di aspettative normative.
Questa formulazione della distinzione tra cognitivo e normativo si riferisce
funzionalmente alla soluzione di un certo problema e può dare, in questo modo, un
contributo essenziale per la chiarificazione dei meccanismi elementari di formazione del
diritto. La disponibilità ad apprendere (non necessariamente consapevole) caratterizza le
aspettative cognitive; la decisione di non apprendere dalla delusione, per contro, è
l'atteggiamento tipico di un'aspettativa normativa. Di per sé un'aspettativa non è
indifferente al fatto di essere realizzata o meno, quantunque attui processi di
neutralizzazione simbolica in presenza di sempre possibile delusione. Infatti, per
un'aspettativa è importante essere gratificata da un esito positivo oppure essere frustrata
da una delusione.
4
5
Cfr. N. Luhmann, Sociologia del diritto, cit., p. 52.
Il concetto di rischio assume particolare significato per descrivere in modo diverso gli esiti delle attività di
selezione in base a scelte. In tutti i casi in cui tratteremo di rischio, intendiamo per rischio un possibile danno
derivante da scelte soggettive, ma anche come unica possibilità che abbiamo per costruire vincoli per il
futuro; con pericolo ci riferiremo alla possibilità che si verifichi un danno in seguito a scelte di altri. Cfr: R. De
Giorgi, Il rischio nella società contemporanea, in R. De Giorgi, Temi di filosofia del diritto, cit., pp. 55-68. Una
letteratura che diventa sempre più ampia si occupa del rischio nella società, definendo addirittura la società
contemporanea come “società del rischio”. Cfr. N. Luhmann, Sociologia del Rischio, Bruno Mondadori,
Milano 1996; A. Marinelli, La costruzione del rischio, Angeli, Milano 1993; M. Douglas, Rischio e colpa, Il
Mulino, Bologna 1996; U. Beck , Un mondo a rischio, Einaudi, Torino 2003: Id., La società globale del
rischio, Asterios, Trieste 2001; Id., La società del rischio, Carocci, Roma 2006; Id., I rischi della libertà, Il
mulino, Bologna 2000; A. Giddens, Le conseguenze della Modernità, Il Mulino, Bologna 1994.
6 Cfr. N. Luhmann, Sociologia del diritto, cit., p. 53..
Le aspettative di comportamento stabilizzate in modo da resistere a variazioni della
situazione di fatto vengono indicate come norme il cui senso implica una validità
incondizionata perché percepita (istituzionalizzata) come slegata dalla realizzazione
fattuale o dalla mancata realizzazione della norma. Il riferimento simbolico dell'aspettativa
di questo genere viene indicato come “dover essere”. Considerato nella giusta dimensione
il “dover essere”, non si contrappone a “fattuale”, per cui normativo non ha la sua antitesi
in fattuale, ma nel cognitivo. Tuttavia non è possibile spingere fin troppo oltre questa
contrapposizione tra normativo e cognitivo, tra dover essere ed essere, in quanto essi, di
fronte ad una delusione dell'aspettativa, rappresentano una soluzione funzionalmente
equivalente, sebbene frutto di due strategie diverse. Sia apprendere che non apprendere
possono aiutare a superare una situazione deludente realizzando la medesima funzione.
In questi equivalenti funzionali, cioè sul fatto che non solo comportamenti analoghi, ma
anche opposti, riescano a svolgere la medesima funzione, si basa il successo della vita
sociale. Con questo particolare modo di operare viene semplificato il rinvenimento di una
soluzione per ogni caso di delusione per cui, a seconda dell'aspettativa, del suo significato
e della sua importanza, si può decidere se mantenere o abbandonare l'aspettativa stessa.
La società, attraverso questa differenziazione del modo di reagire alla delusione delle
aspettative, può giungere ad un compromesso tra le esigenze dell'adattamento alla realtà
e della costanza delle aspettative, istituzionalizzando reazioni di comportamento cognitive
o normative a seconda che i suoi interessi siano di adattamento o di urgenza di sicurezza.
Partendo da questa doppia strategia, atta ad arginare il rischio riducendolo, in una società
altamente complessa si giunge a capire che la separazione tra essere e dover essere o tra
verità e diritto, non è una struttura immanente al mondo, ma è una conquista evolutiva. In
questa ottica è facile immaginarsi la nascita del diritto dalle delusioni di aspettative e dal
comportamento corrispondente il quale consapevolmente non abbandona l'aspettativa
delusa.
Grosse implicazioni corrono tra deviazione dall'aspettativa e deviazione dalla verità,
specie in campo psichiatrico in cui il trattamento della deviazione dalle aspettative
interpretato
come
comportamento
patologico,
presuppone
una
mancanza
di
differenziazione dei fondamenti delle aspettative. Particolarmente interessanti sono in
questo campo le sovrapposizioni tra psichiatria e morale.
Solo nel campo delle aspettative che non sono ovvie si giunge ad una differenziazione
accentuate tra aspettative cognitive e normative. L'aumento della complessità interna della
struttura delle aspettative nel tentativo di adeguarsi al mondo, costituisce il principio su cui
poggia la conquista evolutiva della differenziazione tra aspettative cognitive e aspettative
normative.
Il sistema delle aspettative, comunque inteso, in presenza di un alto grado di
complessità e di contingenza, elabora delle strategie per diminuire il rischio. Malgrado la
specificità strutturale delle aspettative esiste la possibilità che, tuttavia, un'aspettativa
cognitiva riesca a non apprendere e un'aspettativa normativa attui un processo di
apprendimento. E' abbastanza semplice riuscire ad identificare la riduzione del rischio con
l'introduzione nell'aspettativa di un elemento di stile contrario a quello predominante.
Esiste allora la possibilità di ipotizzare che la soluzione del problema risiede nel consentire
una contraddizione che, come tale, deve rimanere latente.
Questo meccanismo dell'aspettare in modo normativo suscettibile di apprendimento e
dell'aspettare in modo cognitivo che non conduce all'adattamento, si può osservare in
special modo nel sistema giuridico moderno in cui il diritto positivo muta legalmente,
apprendendo quindi legittimamente in maniera normativa. Questo modo di trattare le
delusioni da parte delle aspettative potrebbe portare ad una perdita di orientamento se
non ci fossero delle vie d'uscita accettabili che risiedono in strategie contrarie, ma
funzionalmente equivalenti e vantaggiose per reagire, a seconda delle circostanze, con
l'apprendimento o il non-apprendimento.
Accanto a questo modo di considerare le aspettative ne esiste un altro che riposa sulla
possibilità di aspettare aspettative. Attraverso questo processo si formano catene di
aspettative in cui sono comprese sia possibilità di apprendimento che di nonapprendimento. Di conseguenza, aumentando i livelli di riflessività aumentano anche le
possibilità di combinazione. Si può osservare, da questa prospettiva, che la normazione
della scelta dello stile di aspettativa normativo o cognitivo muta, e che la norma può
passare, successivamente, da uno stile di aspettative più normativo ad uno stile più
cognitivamente
tollerante.
Contrariamente,
una
norma
può
essere
aspettata
cognitivamente da chi aspetta il comportamento. La possibilità di aspettare aspettative
altrui è quindi una conquista fondamentale per la convivenza umana.
Tutto quanto trattato finora, sebbene in maniera schematica, permette di svelare un
campo abbastanza complesso di premesse per la formazione del diritto. Questa maniera
di intendere la struttura della aspettativa ci dà la possibilità di collocare la fondazione della
validità del diritto nei processi riflessivi delle aspettative di aspettative piuttosto che
ricorrere ad una fondazione del diritto servendosi di una gerarchia di fonti del diritto, al
confronto relativamente più semplice7.
3. Organizzazione
Uno degli attributi fondamentali dei sistemi sociali è l’organizzazione8.
I sistemi sociali9 non possono essere definiti semplicemente enumerando i loro elementi
costituenti o tracciandone lo schema. L'attributo che definisce un'entità sistemica è
l'insieme delle relazioni fra componenti che ne delineano la forma in ogni momento dato e
ne determinano la separatezza e la differenza e servono come essenziale “identità”
mantenuta a dispetto dei cambiamenti dinamici nel tempo: questo set di relazioni
definitorie è chiamato organizzazione del sistema.
E' l'organizzazione di un sistema che lo differenzia come sistema e che definisce la sua
identità, le sue proprietà in quanto unità: la cornice entro la quale esso deve essere
assunto come un tutto.
Altro attributo fondamentale dei sistemi è costituito dal concetto di struttura10.
Di fatto, l'organizzazione di un sistema definisce una categoria all'interno della quale
possono darsi molti casi specificatamente realizzati. L'organizzazione di un'unità sistemica
è specificatamente realizzata attraverso la presenza e l'interazione di componenti interni in
uno spazio dato. Queste costituiscono la struttura del sistema.
Una unità può cambiare struttura senza perdita di “identità” fintanto che viene
mantenuta la sua organizzazione. Interessante è la distinzione di Maturana & Varela fra
7
Ivi, p. 65.
8
Cfr. N. Luhmann, R. De Giorgi, Organizzazione e società, in Teoria della società, cit., pp. 327-334; N.
Luhmann, Come è possibile l’ordine sociale, cit.; C. Baraldi, G. Corsi, E. Esposito, voce Organizzazione, in
Luhmann in glossario, cit., pp. 168-170.
9
Cfr. N. Luhmann, Sistemi sociali, cit..
10
Per la teoria dei sistemi sociali, Struttura è il rafforzamento della selettività attraverso un processo che
rende possibile una doppia selettività. La struttura è un codice di significati fissati come invarianti sulla base
della elisione di altre possibilità, significati che designano il quadro di riferimento entro il quale è possibile
operare concretamente delle scelte muovendosi tra alternative prestrutturate. La struttura è essenziale al
sistema. La consistenza, la stabilità del sistema dipendono dalla relativa invarianza della sua struttura
rispetto all'ambiente. La struttura costituisce la misura ed il limite della complessità che può essere
compresa e ridotta all'interno del sistema. Essa indica il grado di complessità che un sistema può elaborare
e delimita altresì il confine tra la complessità interna al sistema e la complessità del mondo (R. De Giorgi,
Scienza del diritto e legittimazione, cit., pp. 215-216). Si intendono per strutture, sotto l'aspetto temporale,
complessi di rapporti che non si risolvono nella stretta successione di eventi sperimentati per una sola volta.
Stanno ad indicare piuttosto durata, stabilità notevole e, ovunque, cambiamenti solo a lungo termine. Sotto
le categorie del medio o lungo periodo vengono formulate, con maggiori pretese temporali, quelle che nel
linguaggio del secolo scorso venivano chiamate “situazioni”. Una struttura può essere solo descritta e non
raccontata se non una volta analizzata e descritta come fattore connettivo di eventi più generali. (R.
Koselleck, Futuro passato, Marietti, Genova 1986, p. 125).
organizzazione e struttura in quanto fornisce una base per classificare le descrizioni dei
sistemi rispetto ai loro aspetti astratti e concreti.
Una vivace illustrazione di questa disitinzione è data ne L'Albero della Conoscenza del
1987. La distinzione complementare fra organizzazione e struttura operata da Maturana e
Varela è utilissima per delineare e analizzare la forma e la funzione dei sistemi; per
esempio, nella descrizione di sistemi che hanno forme generali invarianti a dispetto del
cambiamento di componenti specifiche.
Le acquisizioni e i concetti, il diverso modo di osservare la società nel tentativo di
descriverne il funzionamento che qui utilizziamo trovano cittadinanza teorica e funzionale
transitando attraverso il vaglio di ciò che è stato inteso evolutivamente come “moderno”.
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