Flores B, P. Grassi, Castelnuovo M, Bongiovanni M,Metastasi di

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SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
PATOLOGIA IN PILLOLE
Nr. 62
B. Flores, P. Grassi, M. Castelnuovo,
M. Bongiovanni
Storia clinica
Una donna di 49 anni viene sottoposta a cistoscopia e lavaggio vescicale a
seguito della comparsa di ematuria.
All’esame cistoscopio si osserva una
lesione esofitica della parete vescicale
parzialmente rivestita da fibrina (Figura 1A). All’esame microscopico del
lavaggio, su un fondo ematico si rileva
la presenza di cellule di tipo epiteliale
di piccola taglia isolate o in disposizione a fila indiana (Figura 1B) oppure in
aggregati tridimensionali (Figura 1C).
Queste cellule hanno scarso citoplasma che focalmente appare vacuoliz-
zato (Figura 1B e 1C), nucleo ipercromico con cromatina granulare e
nucleolo talvolta evidente. All’esame
immunocitochimico le cellule esprimono la citocheratina 7 e i recettori per
estrogeni (Figura 1D). Due anni prima
la paziente era stata operata per un
carcinoma mammario bilaterale, di
tipo duttale a destra e di tipo lobulare
a sinistra. L’anno successivo erano
comparse metastasi ossee e la paziente veniva operata per metastasi di carcinoma lobulare all’utero, ovaia, peritoneo, appendice, omento e colon
sigmoideo.
1A
1B
1C
1D
Indica la diagnosi corretta:
a
b
c
d
e
Carcinoma uroteliale in situ
Malacoplachia
Metastasi di carcinoma mammario di tipo lobulare
Cistite ghiandolare
Carcinoma uroteliale papillare invasivo della parete vescicale
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
Diagnosi
Metastasi di carcinoma
mammario di tipo lobulare
Commento
Il carcinoma mammario ha un elevato potenziale metastatico per ogni
organo o apparato. Le più comuni
sedi di metastasi sono linfonodi, polmone, fegato, ossa, peritoneo,
ghiandole surrenali, cute e ovaio.
Una localizzazione a carico della
vescica rappresenta un’eventualità
molto rara. In uno studio condotto su
1000 autopsie, tra le 167 pazienti
con carcinoma al seno solo 4 di esse
presentavano metastasi a livello
vescicale. In un altro studio, su una
serie di 6289 tumori vescicali di cui
282 secondari (4.5%), si sono riscontrati solo 7 casi (0.1%) di metastasi di
carcinoma mammario; tutte le
pazienti presentavano una malattia
disseminata. La localizzazione secondaria/metastatica in vescica è quindi
una complicanza tardiva e un indicatore di cattiva prognosi. Le metastasi
alla vescica possono insorgere per
estensione diretta dal retroperitoneo
(come sembra essere più probabile
nel nostro caso, visto il precedente
intervento di resezione di metastasi
nel piccolo bacino, Figura 2A),
oppure da impianti sierosi di emboli
venosi. La direzione di crescita del
tumore in genere parte dagli strati
esterni verso la mucosa. I sintomi urinari compaiono tardivamente, solo
quando il tumore ha già penetrato la
mucosa e consistono in aumento
della frequenza delle minzioni, ematuria, urgenza notturna, incontinenza e disuria. Meno frequenti sono
ritenzione urinaria, dolore pelvico e/o
addominale.
In letteratura non si riporta nessun
caso in cui la diagnosi di metastasi
vescicale di carcinoma mammario sia
stata posta con l’esame citologico del
lavaggio vescicale, come invece è
stato per la paziente che qui descriviamo. L’anamnesi della paziente, la
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disposizione in fila indiana delle cellule con vacuolo citoplasmatico (caratteristica del carcinoma di tipo lobulare della mammella) sono molto suggestive per metastasi del carcinoma
mammario di tipo lobulare (Figura
2B). Lo studio immunocitochimico,
con la forte espressione delle cellule
maligne per la citocheratina 7 e per i
recettori ormonali, ha permesso di
confermare questa ipotesi.
L’esame citologico delle urine, sia per
minzione semplice che per lavaggio
vescicale, è particolarmente indicato
in caso di sintomi urinari, specialmente ematuria, in pazienti con una storia clinica di carcinoma. Le cellule
maligne presenti nelle urine possono
Fig. 2A: aspetto istologico del carcinoma
lobulare della mammella con monotonia cellulare e disposizione a fila
indiana; le cellule sono identiche a
quelle osservate nella Figura 1B.l
reperto si riferisce alla mastectomia
sinistra di due anni prima.
Fig. 2B: cellule metastatiche con infiltrazione
solida e a fila indiana del tessuto
fibro-adiposo retroperitoneale.
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anche derivare da una localizzazione
più alta, come ureteri, bacinetto o
reni. Naturalmente la prima diagnosi
differenziale di cui bisogna tenere
conto è un tumore primitivo della
vescica: dai più comuni tumori/carcinomi uroteliali fino al carcinoma a
piccole cellule e ai linfomi. Tra le
lesioni che infiltrano secondariamente la vescica e possono essere evidenziate nelle urine ricordiamo anche l’adenocarcinoma della prostata, il carcinoma a cellule chiare del rene, l’adenocarcinoma del colon e i tumori
ginecologici. Infine, non solo carcinomi mammari metastatici, ma anche
metastasi di melanomi, tumori ovarici e testicolari possono entrare in diagnosi differenziale con carcinomi uroteliali poco differenziati.
Per la diagnosi di lesioni vescicali uroteliali o metastatiche l’esame citologico delle urine è attualmente il test
migliore disponibile in termini di
costi, velocità di esecuzione e affidabilità. Tutti gli strati cellulari costituenti l’epitelio transazionale della
vescica si riscontrano di solito al
microscopio (Figura 3A). La sensibilità dell’esame delle urine è stretta-
Fig. 3A: aspetto citologico normale di un
lavaggio vescicale: accanto a cellule
più grandi con ampio citoplasma
(che rappresentano le cosiddette cellule superficiali ad “ombrello”) si
osservano cellule più piccole con
nucleo scuro che rappresentano le
cellule degli strati basali e parabasali
dell’epitelio vescicale.
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Fig.3B: cellule uroteliali con atipie nucleari
importanti (nucleo ingrandito e rapporto nucleo citoplasmatico aumentato) in un caso di tumore uroteliale
papillare con displasia importante.
Fig. 3C: un aggregato pseudo-papillare di
cellule uroteliali con leggero aumento del rapporto nucleo citoplasmatico e qualche irregolarità della membrana nucleare in un caso di tumore
uroteliale papillare con displasia
lieve. Questi casi sono molto difficili
da diagnosticare con l’esame citologico, in quanto le cellule atipiche
mimano le cellule parabasali normali.
Fig. 3D: una cellula tubulare renale infettata
dal citomegalovirus presenta il caratteristico incluso basofilo nucleare con
alone chiaro dovuto alla marginazione della cromatina.
mente dipendente dal grado del
tumore: i tumori di alto grado (tumori papillari o carcinomi uroteliali con
displasia di alto grado, tumori infiltranti la parete vescicale, metastasi)
sono diagnosticati nel 79% dei casi
(Figura 3B). Al contrario la sensibilità
di questo esame per le lesioni di
basso grado, quindi i papillomi o i
tumori uroteliali papillari con displasia di basso grado, è molto bassa
(Figura 3C), in quanto le cellule
tumorali non presentano atipie tali
da poter essere identificate ad un
esame microscopico. La citologia urinaria è comunque complementare
alla cistoscopia, in quanto i papillomi
e i tumori uroteliali papillari con displasia di basso grado sono invece ben
visualizzati dalla cistoscopia.
Le principali indicazioni dell’esame
citologico urinario sono:
• l’ematuria (come nel nostro caso) e
in generale, una qualsiasi sintomatologia riferibile alle vie urinarie;
• il follow-up di pazienti già trattati
per carcinoma vescicale;
• il controllo di pazienti a rischio per
sviluppare un carcinoma della
vescica o delle vie urinarie (esposizione ai coloranti a base di anilina,
o alle amine aromatiche nell’industria petrolchimica);
• il controllo di pazienti precedentemente trattati con radiazioni della
regione pelvica o trattati con chemioterapici/immunosoppressori per
la suscettibilità di questi soggetti a
sviluppare infezioni virali (Figura
3D) o malattie neoplastiche.
La citologia urinaria non è per contro
usata per uno screening del carcinoma vescicale nella popolazione generale perché, vista la bassa incidenza
del carcinoma della vescica, i costi
supererebbero i benefici.
Il metodo più semplice per ottenere
un campione di urine è attraverso la
semplice minzione. Di solito si tratta
di prelevare le seconde urine del mattino, dopo un’accurata igiene locale.
Si preferisce non usare le urine della
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notte poiché il pH basso e l’ambiente
particolarmente ipertonico della vescica provocano alterazioni degenerative
a carico delle cellule che sfogliano
nella cavità vescicale durante la notte.
L’esame dovrebbe essere eseguito su
tre campioni, prelevati in 3 giorni consecutivi. Infatti, la sensibilità per una
diagnosi positiva (tumorale) aumenta
quando è esaminato più di un campione consecutivamente. Se si ha la
possibilità, si dovrebbero portare le
urine fresche così raccolte direttamente in laboratorio (al massimo entro 12
ore), conservandole a temperatura
ambiente; altrimenti si possono raccogliere i 3 campioni e poi portarle tutte
insieme, avendo cura però di aggiungere ad ogni prelievo una quantità
uguale di alcool.
Esistono anche altre metodiche di raccolte delle urine, che possono avere
dei vantaggi e degli svantaggi, ma
devono essere effettuate solo in caso
di indicazioni specifiche (esempio:
campionamento selettivo di un uretere se clinicamente si sospetta un
tumore in quell’uretere o in quel rene)
(Tabella 1).
Nel corso degli ultimi anni sono stati
proposti nuovi biomarcatori, sia per lo
screening delle neoplasie vescicali che
per il follow-up di pazienti con precedenti carcinomi uroteliali. Questi test,
approvati dalla FDA (Food and Drug
Administration), sono proposti da soli
o in associazione con l’esame microscopico delle urine. Ricordiamo:
1 test per determinare la presenza
di alcune proteine urinarie, come
NMP22, BTA-stat e BTA-trak;
2 test di immunocitochimica, come
ImmunoCyt;
3 test per determinare l’aneuploidia
per i cromosomi 3, 7, 17 e la perdita del locus 9p21 con metodiche
di ibridizzazione in situ (FISH),
come UroVysion. In passato si è
probabilmente abusato con l’utilizzo della FISH per lo screening di
neoplasie vescicali; tuttavia questo
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Tipo di prelievo
Vantaggi
Svantaggi
Urina minzionale
Non invasivo
Nessuna alterazione strumentale
Scarsa cellularità
Contaminazione vaginale
Scarsa conservazione delle cellule
Cateterismo
Alta cellularità
Invasivo
Artefatti strumentali
Scarsa conservazione delle cellule
Lavaggio vescicale
Alta cellularità
Buona conservazione delle cellule
Invasivo
Artefatti strumentali
Lavaggio ureterale
Alta cellularità
Buona conservazione delle cellule
Campionamento selettivo
Invasivo
Artefatti strumentali
Spazzolato
Campionamento selettivo
Invasivo
Da stomia ileale
(neovescica)
Ottimo screening per carcinoma
vescicale recidivante
Scarsa cellularità
Contaminazione con cellule
intestinali
Scarsa conservazione delle cellule
Tab. 1: Vantaggi e svantaggi dei diversi metodi di raccolta delle urine.
test rimane un ottimo strumento
per il follow-up di pazienti con
precedenti tumori vescicali, specialmente di basso grado. La sensibilità della FISH è notevolmente
migliore di quella del semplice
esame citologico delle urine.
In conclusione: l’esame citologico
delle urine ha una buona sensibilità
per la diagnosi di carcinomi uroteliali
di alto grado e per il follow up di
pazienti che hanno avuto in passato
un tumore delle vie urinarie. L’esame
cistoscopio rimane fondamentale;
l’esame citologico è un utile complemento.
B. Flores1, P. Grassi1, M. Castelnuovo2,
M. Bongiovanni1
1 Istituto Cantonale di Patologia, Locarno
2 Servizio di urologia, Ospedale Beata Vergine,
Mendrisio
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