G 96 =Mi erko ler, 54 fotografato suo staff di 14 .one, a San assiano. La filosofia è servita IL TRAMONTO SULLE DOLOMITI. LA RAPA ROSSA. IL MAIALINO. I PESCI DI FIUME. GLI INFUSI ALLE ERBE. LE RICETTE DELLA FELICITÀ DI NORBERT NIEDERKOFLER, PLURISTELLATO CHEF DEL ST. HUBERTUS DI GIOIA CAROZZI pRENDE I E UNA PARTE di guru, una buona dose di santone, cucinate in una salsa di sana follia e, infine, sfumate tutto di spirito ecologista. Et voilà, Norbert Niederkofler, executive chef del ristorante St. Hubertus, all'Hotel Rosa Alpina di San Cassiano (Bolzano). Due stelle Michelin e tre forchette del Gambero Rosso. «La terza stella? È mio figlio. Il ristorante è sempre pieno, dovrei cambiare qualcosa?., esordisce. Gentleman lo ha incontrato a San Cassiano, in occasione della prima edizione di Care's, the ethical cbef days, un progetto ideato e promosso da Norbert, che ha riunito 30 chef internazionali con uno scopo: condividere una visione etica e responsabile della cultura enogastronomica. Iniziando dal rispetto per la natura. Aprile 2016 1 Verbena al limone. La sintesi di quello che cerco di fare. Elegante, complessa, dal sapore magico. L'aroma che ricavo da questa pianta per tanti miei piatti (come il famoso risotto con granita di verbena al limone, ndr) è eterico, sembra fluttuare. Per mantenerlo faccio salti mortali. La verbena non si surgela: o si consuma fresca, o si conserva nell'azoto liquido. Metterla nel freezer è come ucciderla. 2 Lavarello. Un pesce di fiume dal corpo lungo, affusolato. La sua tartara è in un piatto che ho chiamato Fiume d'inverno. Rievoca una passeggiata dei sensi lungo un fiume di montagna con la neve. Per ricreare i sassi che sono sul greto del fiume, uso patate piccole, saltate alle erbe e poi avvolte con il caolino e un pizzico di carbone vegetale. la neve è olio di vinaccioli aromatizzato con rafano fresco grattugiato. L'acqua è gelatina di foglie d'ostrica. Il ghiaccio, una cialda di zucchero. La condensa la ottengo coprendo il piatto prima di servirlo con una campana di vetro che trattiene il fumo di ciliegio. 3 Rapa rossa. O si odia o si ama. Io ne faccio degli gnocchi con dentro un cuore di rafano e crema di dàikon. È un piatto che dimostra quanto possa essere perfetto l'equilibrio tra ciò che cresce sopra e sotto la nostra terra. 4 Maialino nostrano. Non è da latte, quando lo prendo dai miei contadini è già di 10-12 chili. È rarissimo. E i piatti che ne faccio sono un inno agli allevatori che me lo danno. Come nella cucina tradizionale, che poi è la base di quello che i cuochi dovrebbero saper fare, non butto via niente. Nemmeno le ossa, che trasformo in salse. 5 Trota di fiume. Così elegante, delicata, forte, perché nelle acque gelide dei nostri fiumi i pesci devono veramente lottare per sopravvivere. Anche in questo caso, l'idea è di usare tutto al meglio. La natura non spreca nulla, perché dovremmo fado noi? Il filetto diventa tartara, leggermente affumicata. Per la salsa uso le lische e la testa. La pelle viene essiccata per renderla croccante e, una volta raffreddata, viene spezzettata sul piatto. Per dare colore, l'olio di aneto (qui non si usa l'olio d'oliva). Niente sale, per dare sapore basta il caviale della trota. 6 Enrosadira. Una parola che amo molto e che deriva dal ladino rosadiira. È come qui chiamiamo il fenomeno del tramonto sulle Dolomiti, che assumono un colore rossastro, a volte tendente al viola. È anche il nome di uno dei miei dolci, a base di frutta e bacche rosse. 7 Gli infusi alle erbe. Sono il simbolo della delicatezza della natura. Per fare un buon infuso, come per un buon piatto, bisogna mettersi in secondo piano e, soprattutto, rispettare la terra. Questo significa invertire il concetto del cuoco che si sente una superstar. Io non sono una star, sono uno strumento, un tecnico al servizio della natura: uso la sua bontà, seguo le sue regole e i suoi tempi. Un buon cuoco? Quello che sa fare un infuso.