Handout n. 14 Storia romana A Viglietti

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA
Anno accademico 2015/2016
Corso di laurea in Scienze storiche e del patrimonio culturale
Insegnamento di Storia romana A
Handout n. 14
L. MAGISTRATURE, FUNZIONARI E AMMINISTRAZIONE IN ETÀ IMPERIALE
1. Cassio Dione, Storia romana 53.12.7-13.6
Ma siccome [Augusto] voleva apparire democratico, […] dichiarò che non avrebbe governato
personalmente tutte le province e per quanto riguardava le province che avrebbe governato, non lo
avrebbe fatto indefinitamente. E infatti restituì al senato le province meno importanti, per il fatto che
erano pacificate e senza guerre, mentre egli tenne per sé le più importanti, col fatto che erano insicure e
precarie e avevano anche nemici ai loro confini, o avrebbero avuto i mezzi per innescare una rivolta. La
spiegazione esteriore che dava a questa scelta era che il senato avrebbe potuto senza rischi godersi la
migliore porzione dell’impero, mentre lui si sarebbe accollato le asperità e i rischi, ma il suo obiettivo
reale era che con questo compromesso i senatori sarebbero stati disarmati e impreparati per la battaglia,
mentre lui solo aveva armi e manteneva soldati. Augusto stabilì che l’Africa, la Numidia, l’Asia, la
Grecia con l’Epiro, la Dalmazia e la Macedonia, Creta e la parte cirenaica della Libia, la Bitinia e il
Ponto, la Sardegna e la Betica appartenessero al popolo e al senato; mentre egli per sé prese il resto
della Spagna, cioè la zona di Tarraco e la Lusitania, e i Galli tutti, Narbonensi, Lugdunensi, Aquitani e
Belgi […]. Queste province, dunque, con la Siria, la Fenicia, la Cilicia, Cipro e l’Egitto, ricaddero sotto il
potere di Augusto. Più tardi egli dette Cipro e la Gallia Narbonense al popolo, e per sé riprese la
Dalmazia. […]
Per quanto riguarda i governatori delle province senatorie, ordinò che questi fossero annuali e assegnati
a sorte […]; tali governatori dovevano essere inviati nella provincia di destinazione in base al voto
unanime del senato e non dovevano essere armati di spada né dovevano rivestire la divisa militare;
assumevano il titolo di proconsole non solo i due ex consoli, ma anche gli ex pretori […] Per quanto
riguarda invece i governatori delle province imperiali, Augusto decise che venissero scelti direttamente
da lui e che fossero designati col titolo di legati Augusti pro praetore, anche nel caso si trattasse di ex
consoli. […] Stabilì allora che gli uomini da lui scelti governassero avvalendosi del titolo di propretori e
rimanendo in carica anche più di un anno, a sua discrezione; dovevano inoltre indossare la divisa
militare e portare una spada.
2. Svetonio, Vita di Augusto 37.1-2
[Augusto] escogitò anche, perché un maggior numero di cittadini prendesse parte all’amministrazione
dello Stato, nuovi compiti. La cura dei lavori pubblici (cura operum publicorum), delle strade (viarum), delle
acque (aquarum), dell’alveo del Tevere (alvei Tiberis), della distribuzione del grano al popolo (frumenti
populo dividundi); la prefettura urbana (praefectura urbis) […].
3. Frontino, Gli acquedotti della città di Roma 103 e 105.
Aggiungerò ora le norme che il curator aquarum è tenuto ad osservare e la legge e i senatoconsulti che ne
orientano la condotta amministrativa. Riguardo al diritto di derivazione dell’acqua in ambito privato
bisogna badare a che nessuno faccia prelievi senza avere la lettera dell’imperatore, ovverosia che
nessuno prelevi acqua pubblica non ottenuta in concessione e che nessuno ne prelevi più della quantità
spettante. […] Bisogna contrapporre una grande solerzia alle molteplici potenzialità di frode: bisogna
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ispezionare sollecitamente e di continuo i condotti fuori città per accertare l’effettivo sussistere di
concessioni […] per assicurare che l’acqua scorra senza interruzione, giorno e notte.
Chiunque vorrà derivare l’acqua per uso privato dovrà ottenerne la concessione ed esibire al curator la
lettera di autorizzazione del principe; il curator dal canto suo dovrà dare sollecita attuazione alla
concessione imperiale e registrare senza indugi il procurator a detto compito, liberto imperiale. […] Il
procurator, con l’assistenza dei livellatori, badi che il calice sia stampigliato in conformità al calibro
concesso; presti scrupolosa attenzione alla quantità assegnata ai moduli che abbiamo sopra indicato e
prenda conoscenza del posizionamento, perché non sia lasciato all’arbitrio dei livellatori omologare un
calibro di sezione ora maggiore, ora minore, a seconda del prestigio dei beneficianti.
4. Tacito, Annali 13.28
[56 d.C.] Tuttavia un’ombra (imago) del regime repubblicano sopravviveva. Era nata una disputa fra il
pretore Vibullio e il tribuno della plebe Antistio, perché il tribuno aveva dato ordine di rilasciare certi
sfrenati fautori di istrioni, che il pretore aveva fatto incarcerare. Il senato approvò l’atto di questo, e
l’arbitrio di Antistio venne biasimato.
5. Ulpiano, in Digesto di Giustiniano 1.12.1.1-5; 11-14
Il Prefetto dell’Urbe ha giurisdizione su tutti i crimini, non solo quelli commessi nella città, ma anche
fuori da Roma, in Italia […]. Egli dà udienza agli schiavi che hanno da presentare lamentele contro i
loro padroni […]. Egli dà anche udienza a patroni in stato di indigenza che si lamentano contro i propri
liberti […]. Egli ha l’autorità di deportare e relegare su un’isola le persone condannate a questa pena
dall’imperatore. Lo stesso rescritto inizia con queste parole: «avendo affidato la nostra città alla tua
cura»; quindi qualsiasi reato commesso all’interno della città si ritiene essere sotto la giurisdizione del
Prefetto dell’Urbe; e così anche qualsiasi reato commesso entro il centesimo miliario è sotto la
giurisdizione del Prefetto dell’Urbe […]. Spetta alla prefettura il controllo di tutta la carne, affinché
venga venduta al prezzo giusto e quindi è sotto la sua autorità anche il foro suario […]. Il
mantenimento dell’ordine pubblico e la disciplina degli spettacoli sono anch’essi sotto l’autorità del
Prefetto dell’Urbe: e deve quindi avere un numero sufficiente di soldati in vari punti per mantenere
l’ordine e per riferirgli che cosa accade. E il Prefetto può allontanare chiunque dall’Urbe o dalle altre
regioni e può interdire dagli affari o dalla professione, dall’avvocatura e dal foro, sia temporaneamente
che per sempre […]”.
6. Corpus Inscriptionum Latinarum VI 1333
A Lucio Emilio, figlio di Lucio, della tribù Camilia, console, legatus Augusti pro praetore della provincia di
Cappadocia, legatus Augusti pro praetore della provincia Ludgunense, legatus Augusti pro praetore della
provincia di Arabia, curator della Via Flaminia, legato della legione XXX Ulpia Vincitrice, pretore,
tribuno della plebe, questore, augure, tribuno dei soldati della legione VIII Augusta, tribuno dei soldati
della legione VIIII Ispanica, decemvir stilitibus iudicandis, XVvir sacris faciundis.
7. Svetonio, Vita di Claudio 28
Dei liberti, [Claudio] innalzò […]; Polibio, suo segretario per gli studii (ab studiis), che spesso camminava
tra due consoli; ma innanzitutto Narcisso, segretario per la corrispondenza (ab epistulis), e Pallante,
segretario d’amministrazione (a rationibus). Egli permise che questi due […] tanto guadagnassero e
rubassero che, lamentandosi egli un giorno della scarsità del suo tesoro, non senza ragione gli fu
risposto che questo sarebbe diventato abbondante se si fosse messo in società coi suoi due liberti.
8. Paolo, in Digesto di Giustiniano 1.15.3
Augusto ritenne che la protezione della sicurezza pubblica appartenesse a nessun altro se non
l’imperatore e che nessun altro fosse all’altezza della carica. Perciò stazionò sette coorti in luoghi adatti,
in modo che ogni coorte proteggesse due distretti della città; al comando delle coorti vi erano dei
tribuni e a capo di tutto vi era un cavaliere […] chiamatto prefetto dei vigili (praefectus vigilum). Il prefetto
dei vigili indaga sugli incendiari, gli scassinatori, i ladri, i rapinatori e i ricettatori criminali, a meno che
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l’individuo non sia persona tanto efferata e famigerata da dover essere inviata al prefetto urbano. E dato
che gli incendi sono generalmente causati dalla negligenza degli occupanti, punisce a frustate coloro che
sono stati gravemente imprudenti nell’uso del fuoco […]. È da notare il fatto che il prefetto dei vigili
deve essere in servizio per tutta la notte […].
9. Seneca, La brevità della vita 18.3, 19.1
Tu [Pompeo Paolino], gestisci gli interessi del mondo intero: […] vegliare affinché il grano affluisca nei
magazzini senza che avvengano frodi o negligenti alterazioni, senza che l’umidità o l’eccessivo calore lo
guastino, e vedere che nulla manchi nel peso o nella misura.
10. Scrittori dell’Historia Augusta, Settimio Severo 18.3
[Settimio Severo] assicurò in permanenza al popolo romano un’abbondante razione giornaliera gratuita
di olio.
11. Scrittori dell’Historia Augusta, Aureliano 35.1-2, 48.1
Aureliano, mentre si accingeva a partire per l’Oriente, aveva promesso al popolo corone di due libbre,
se fosse ritornato vincitore; ma, mentre la gente se le aspettava d’oro, e lui invece di tale materiale non
poteva o voleva darle, le fece fare di pane, del tipo che oggi chiamiamo siligineo, e le fece distribuire a
ciascun cittadino, in modo che ognuno poteva ricevere il proprio pane siligineo tutti i giorni per l’intera
vita, nonché trasmettere tale diritto ai suoi discendenti. Inoltre Aureliano fece distribuire al popolo
romano anche carne di maiale, come avviene ancora oggi.
[Aureliano] aveva progettato di distribuire gratuitamente al popolo romano anche il vino, di modo che,
come vengono elargiti gratuitamente olio, pane e carne suina, così venisse donato anche il vino […]. Ma
molti affermano che Aureliano fu messo preventivamente nell’impossibilità di attuare il suo piano, altri
che incontrò l’opposizione del suo prefetto del pretorio che, a quanto dicono, avrebbe esclamato «se
diamo al popolo romano anche il vino, ci manca solo che gli regaliamo anche polli e oche!».
12. Cassio Dione, Storia romana 53.13.2
[Augusto] rese noto che fossero i senatori a governare ambedue le classi di province, tranne però
l’Egitto: […] infatti soltanto agli abitanti di questa regione egli prepose un uomo di rango equestre.
13. Tacito, Annali 1.7.2
I consoli Sex. Pompeo e Sex. Apuleio prestarono per primi il giuramento di fedeltà a Tiberio; dopo di
loro, Seio Strabone e C. Turranio, quello prefetto delle coorti pretorie e questo dell’annona; poi, in
ordine, il senato, l’esercito e il popolo.
14. Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche 18.181
Seiano, amico di Tiberio, aveva ordito una grande congiura, proprio lui che aveva un grande potere, in
quanto prefetto delle coorti pretoriane.
15. Corpus Inscriptionum Latinarum IX 1836
A Lucio Petronio Tauro Volusiano, figlio di Lucio, della tribù Sabatina, console ordinario, prefetto del
pretorio […], prefetto dei vigili, […] tribuno della prima coorte di pretoriani, […] tribuno della III
coorte dei pretoriani […], della III dei vigili, delle legioni X e XIV Gemina, della provincia della
Pannonia Superiore […], ammesso nell’ordine equestre […]. La città di Arezzo al suo ottimo patrono.
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M. COMUNITÀ E INDIVIDUI NELLE PROVINCE IMPERIALI
1. Tacito, Annali 4.36
I Ciziceni furono ufficialmente accusati di aver trascurato le cerimonie in onore del Divo Augusto, e di
avere inoltre commesso atti di violenza contro i cittadini Romani. Perdettero così l’indipendenza
(libertas), che avevano ottenuto durante la guerra mitridatica quando, circondati da lui, avevano respinto
il re, più con il proprio tenace coraggio che per merito della difesa di Lucullo.
2. Plinio il Giovane, Lettere 10.93
Traiano a Plinio: se gli abitanti di Amiso [sul Ponto], […] in virtù delle leggi con le quali si governano ,
a norma delle disposizioni che regolano l’alleanza (foedus), sono autorizzati ad avere delle associazioni di
mutua assistenza, non possiamo impedire che le abbiano […]. Però in tutte le altre città, che sono
vincolate al nostro potere, iniziative analoghe vanno vietate.
3. Giuseppe Flavio, La guerra giudaica 2.16.4 §383, 386
La terza parte del mondo abitato [i.e. l’Africa], […] che è delimitata dall’oceano Atlantico e dalle
colonne d’Ercole e che alleva fino al Mar Rosso gli innumerevoli Etiopi, i Romani l’assoggettarono
interamente, e a parte i raccolti annui, con cui nutrono per otto mesi la plebe di Roma, essi pagano
tributi di ogni genere e sono pronti a versare quanto serve ai bisogni dell’impero. […] [L’Egitto] in un
solo mese fornisce ai Romani un tributo superiore a quello che voi versate in un anno e, oltre ai denari,
grano per quattro mesi di distribuzione alla plebe.
4. Corpus Inscriptionum Latinarum XVI.11
I) Noi abbiamo preso conoscenza della richiesta dello Zagrense Giuliano che unita alla tua lettera, e
sebbene non sia abitudine concedere la cittadinanza romana a dei membri di queste tribù (gentes), se
non quando il merito dei servizi resi attiri il favore imperiale, tuttavia, dal momento che tu affermi che
quest’uomo è uno dei notabili del suo popolo e che egli ha dato prova diella sua assoluta fedeltà
manifestando la sua sottomissione ai nostri interessi, considerando d’altra parte che noi possiamo
pensare che non ci siano presso gli Zagrensi molte famiglie capaci di vantare servizi pari ai suoi,
ancorché sia nostro desiderio che moltissimi siano incitati a seguire l’esempio di Giuliano dall’onore che
accordiamo a questa casa, noi non esitiamo a concedere la cittadinanza romana, senza che essi debbano
lasciare il diritto locale, a lui stesso e anche a Ziddina, sua sposa, e ai loro figli Giuliano,
Massimo,Massimino, Diogeniano.
III) Sotto il consolato dell’imperatore Cesare Lucio Aurelio Commodo Augusto e di M. Plauzio
Quintilio […].
Faggura sposa di Giuliano, capo della tribù degli Zagrensi, di ventidue anni, Giuliana di otto anni,
Massima di quattro, Giuliano di tre anni, Diogeniano di due anni, figli del suddetto Giuliano. Su istanza
di Aurelio Giuliano, capo della tribù degli Zagrensi, trasmessa sotto forma di richiesta […] noi
concediamo loro la cittadinanza romana, essendo salvaguardato il diritto locale, senza che siano
diminuiti loro tributi e tasse dovuti al popolo romano e al fisco imperiale […].
5. Seneca, Apocolocyntosis 3.3
[Claudio] aveva deciso di vedere in toga tutti i Greci, i Galli, gli Ispanici e i Britanni.
6. Paolo, in Digesto di Giustiniano 50.15.8.7
Il Divo Vespasiano […] eliminò il tributum capitis ai coloni di Cesarea: ma è noto che il Divo Tito rese
anche il loro suolo immune dalle tasse.
7. Plinio il Vecchio, Storia naturale 5.1.20
Viene poi […] il capo di Apollo, con la celeberrima città di Cesarea, chiamata prima Iol, residenza reale
di Giuba, cui fu concesso dal divo Claudio lo statuto di colonia; per ordine dello stesso Claudio a Città
Nuova si verificò una deduzione di veterani e a Tipasa fu dato il diritto latino.
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8. Plinio il Giovane, Lettere 10.47 e 48
- Gaio Plinio, all’imperatore Traiano: signore (dominus), mentre ad Apamea mi disponevo ad esaminare i
crediti, i proventi e le spese pubblici, mi fu risposto che erano senz’altro tutti desiderosi che io
verificassi i conti della colonia, ma che tuttavia nessuno dei proconsoli li aveva mai verificati, in quanto
essi avevano la concessione speciale (privilegium), che s’innestava su di una antichissima tradizione (mos)
di amministrare la loro città a loro arbitrio.
- Traiano a Plinio: [gli abitanti di Apamea] sappiano fin d’ora che la verifica alla quale procederai
avviene per mio espresso volere (mea voluntate), senza ledere le concessioni speciali di cui sono in
possesso”.
9. Ulpiano, in Digesto di Giustiniano 1.5.17
Coloro che vivono nel mondo romano sono stati fatti cittadini romani da una costituzione
dell’imperatore Antonino.
10. Papiro Giessen 40.1
L’imperatore Cesare Marco Aurelio Severo Antonino Augusto proclama: ora invero […] è necessario
piuttosto cercare, tralasciando le accuse e le calunnie, come io possa rendere grazie agli dèi immortali
[…]. Perciò credo di poter soddisfare la loro maestà il più solennemente e scrupolosamente possibile se
riporterò alle cerimonie religiose in onore degli dèi quegli stranieri che sono entrati tra i miei uomini.
Pertanto io dono a tutti gli stranieri che sono nel mondo (oikoumène) il diritto di cittadinanza dei
Romani, senza danno per i diritti delle loro comunità.
11. Cassio Dione, Storia romana 77 (78).9.4-65
Le tasse, sia quelle nuove da lui istituite, sia la tassa del 10% che egli creò al posto della tassa del 5%
sulla manomissione degli schiavi e su tutti i lasciti testamentari […]: questa fu la ragione per la quale
[Caracalla] rese cittadini romani tutti coloro che abitavano nel suo impero. A parole egli rendeva loro
un onore, ma il suo vero scopo era quello di aumentare in questo modo le sue rendite, poiché coloro
che non avevano la cittadinanza romana non erano soggetti al pagamento della maggior parte di queste
tasse.
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